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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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<strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e le scienze sociali<br />

al proletariato, ma senza interrogarlo, senza avvertirne <strong>di</strong>rettamente le<br />

esigenze “<strong>di</strong> base”. Qui, a mio parere, <strong>Labriola</strong> ha avuto una gran<strong>di</strong>ssima<br />

funzione, nel criticare i socialisti riformisti e sociologi italiani della<br />

fine dell’’800. Stranamente, però, le sue critiche ricordano un po’ quelle<br />

che Efirov ha rivolto a me molti anni dopo. Di che si tratta? Si tratta,<br />

sembra, <strong>di</strong> critiche superficiali, ad orecchio, intellettualmente arbitrarie,<br />

politicamente <strong>di</strong>sorientanti. E poi su queste critiche si innestano quelle<br />

<strong>di</strong> Benedetto Croce, all’inizio del ‘900, quando comincia a pubblicare la<br />

rivista <strong>«La</strong> Critica». E, in tal caso, si tratterà <strong>di</strong> critiche che Croce per così<br />

<strong>di</strong>re capitalizza contro le scienze sociali, e specialmente contro la sociologia,<br />

da lui definita ad<strong>di</strong>rittura “inferma scienza”, mezzo inferiore <strong>di</strong><br />

vita intellettuale. Perché inferiore? Perché non dà vere conoscenze, ma<br />

soltanto pseudo–concetti. E questo, che cosa significa in definitiva? Significa<br />

che in fondo il marxismo italiano resta un marxismo da professori,<br />

un marxismo che presume <strong>di</strong> sapere cosa la gente pensa senza che la<br />

gente, interrogata, <strong>di</strong>ca la sua. È ancora la vecchia cultura dominante<br />

dell’Italia liberale. Io trovo che <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> per il suo tempo ha fatto<br />

cose eccellenti. Ho molto rispetto per <strong>Labriola</strong>, ma <strong>Labriola</strong> non ha<br />

mai fatto ricerche <strong>di</strong> prima mano, sul campo. Faceva le lezioni nell’agro<br />

romano, parlava agli operai, ma non ha mai interrogato, ascoltato gli operai.<br />

Questo vale per tutta la cultura italiana, che è quin<strong>di</strong> rimasta profondamente<br />

asociologica, antisociologica e paternalistica, non aperta assolutamente<br />

alle istanze del “sociale”. Chi ha mai visto un professore fare<br />

le ricerche nelle borgate <strong>di</strong> Roma?<br />

[…] Mi sento molto vicino a Nicola Siciliani de Cumis, devo <strong>di</strong>re non<br />

tanto per gli stu<strong>di</strong> pedagogico–educativi, che non ho… Come sociologo,<br />

ho conosciuto in America (dove sono rimasto tre anni) le opere <strong>di</strong> John<br />

Dewey, a Chicago. Dove c’era anche la scuola progressiva montessoriana.<br />

Ora, ammiro molto il professor Siciliani per ciò che ha fatto per il recupero<br />

critico <strong>di</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong>. Ha fatto moltissimo: e <strong>Labriola</strong>, nonostante<br />

le critiche che io gli rivolgo, resta indubbiamente un punto<br />

fondamentale nella storia del marxismo e nella cultura italiana… Quanto<br />

a Siciliani, io lo ammiro soprattutto per quello che egli ha fatto con la<br />

figura <strong>di</strong> Socrate. A mio parere, il suo volume A scuola con Socrate non è<br />

solo una lunga intervista con Eugenio Garin. Più che un’intervista, è un<br />

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