Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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31.05.2013 Views

70 2. Spiegazioni ∗ Franco Ferrarotti […] Ho molto rispetto per Antonio Labriola. Ho molto rispetto, in generale, per il marxismo italiano così come stato pensato e rivissuto da Antonio Gramsci in termini di egemonia sociale; ma io vedo Gramsci come un marxista che si discosta da Lenin, in tema di classe rivoluzionaria. Per Lenin il partito è l’avanguardia organizzata e cosciente della classe operaia e, quindi, è su una posizione elitaria. La classe operaia, per quanto sia indubbiamente una “massa”, risulta guidata. Per Gramsci, al contrario, abbiamo soprattutto l’idea del partito come uno strumento di acculturazione delle masse popolari, le quali, a poco a poco, stabiliscono un rapporto di effettiva padronanza sulla società. Egemonia non è dittatura. Egemonia è una guida accettata liberamente, non imposta. Queste idee fanno parte della tradizione del marxismo italiano. E non dimentichiamo che una siffatta tradizione ha certamente in Antonio Labriola uno dei suoi grandi autori. Non si deve infatti dimenticare il suo libro fondamentale, La concezione materialistica della storia: che è un libro di grande interesse. Né si può tralasciare il fatto che Labriola fu forse l’unico maestro riconosciuto da Benedetto Croce (che non era laureato). I grandi meriti del marxismo italiano hanno anche avuto, però, un prezzo alto. Il marxismo italiano, cioè, è rimasto un marxismo, come ha detto Lucio Lombardo Radice, imbevuto di idealismo e di soggettivismo. Un marxismo, che spiega ciò che io rimprovero in qualche modo anche al partito comunista di Togliatti, che non ha mai avuto un grande interesse per le ricerche sul campo, supponendo intellettuali marxisti seguaci di Marx e Engels, i quali riflettano sulla storia e facciano da guida ∗ Ciò che segue corrisponde ad alcuni stralci di un’intervista concessa da Franco Ferrarotti a Olena Konovalenko, nel maggio 2005 e uscita su «Slavia» di gennaio– marzo 2006, pp. 3–23. Titolo dell’intervista: Conversando con Franco Ferrarotti di “sociologia critica” e dintorni. Argomento della conversazione: La polemica Efirov–Ferrarotti su «Rassegna Sovietica» del novembre–dicembre 1976. L’intervista, soprattutto nelle pagine qui riproposte, è, da diversi punti di vista, un ulteriore intervento su Antonio Labriola e la sua Università: e ne riprende, direttamente o indirettamente, i temi e problemi, in particolare a proposito di Labriola e le scienze sociali, dei rapporti Labriola–Croce, della “linea” Labriola–Gramsci–Togliatti e, dunque, di Labriola e la “sociologia critica” di Ferrarotti.

Antonio Labriola e le scienze sociali al proletariato, ma senza interrogarlo, senza avvertirne direttamente le esigenze “di base”. Qui, a mio parere, Labriola ha avuto una grandissima funzione, nel criticare i socialisti riformisti e sociologi italiani della fine dell’’800. Stranamente, però, le sue critiche ricordano un po’ quelle che Efirov ha rivolto a me molti anni dopo. Di che si tratta? Si tratta, sembra, di critiche superficiali, ad orecchio, intellettualmente arbitrarie, politicamente disorientanti. E poi su queste critiche si innestano quelle di Benedetto Croce, all’inizio del ‘900, quando comincia a pubblicare la rivista «La Critica». E, in tal caso, si tratterà di critiche che Croce per così dire capitalizza contro le scienze sociali, e specialmente contro la sociologia, da lui definita addirittura “inferma scienza”, mezzo inferiore di vita intellettuale. Perché inferiore? Perché non dà vere conoscenze, ma soltanto pseudo–concetti. E questo, che cosa significa in definitiva? Significa che in fondo il marxismo italiano resta un marxismo da professori, un marxismo che presume di sapere cosa la gente pensa senza che la gente, interrogata, dica la sua. È ancora la vecchia cultura dominante dell’Italia liberale. Io trovo che Antonio Labriola per il suo tempo ha fatto cose eccellenti. Ho molto rispetto per Labriola, ma Labriola non ha mai fatto ricerche di prima mano, sul campo. Faceva le lezioni nell’agro romano, parlava agli operai, ma non ha mai interrogato, ascoltato gli operai. Questo vale per tutta la cultura italiana, che è quindi rimasta profondamente asociologica, antisociologica e paternalistica, non aperta assolutamente alle istanze del “sociale”. Chi ha mai visto un professore fare le ricerche nelle borgate di Roma? […] Mi sento molto vicino a Nicola Siciliani de Cumis, devo dire non tanto per gli studi pedagogico–educativi, che non ho… Come sociologo, ho conosciuto in America (dove sono rimasto tre anni) le opere di John Dewey, a Chicago. Dove c’era anche la scuola progressiva montessoriana. Ora, ammiro molto il professor Siciliani per ciò che ha fatto per il recupero critico di Antonio Labriola. Ha fatto moltissimo: e Labriola, nonostante le critiche che io gli rivolgo, resta indubbiamente un punto fondamentale nella storia del marxismo e nella cultura italiana… Quanto a Siciliani, io lo ammiro soprattutto per quello che egli ha fatto con la figura di Socrate. A mio parere, il suo volume A scuola con Socrate non è solo una lunga intervista con Eugenio Garin. Più che un’intervista, è un 71

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2. Spiegazioni ∗<br />

Franco Ferrarotti<br />

[…] Ho molto rispetto per <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong>. Ho molto rispetto, in<br />

generale, per il marxismo italiano così come stato pensato e rivissuto da<br />

<strong>Antonio</strong> Gramsci in termini <strong>di</strong> egemonia sociale; ma io vedo Gramsci<br />

come un marxista che si <strong>di</strong>scosta da Lenin, in tema <strong>di</strong> classe rivoluzionaria.<br />

Per Lenin il partito è l’avanguar<strong>di</strong>a organizzata e cosciente della<br />

classe operaia e, quin<strong>di</strong>, è su una posizione elitaria. La classe operaia,<br />

per quanto sia indubbiamente una “massa”, risulta guidata. Per Gramsci,<br />

al contrario, abbiamo soprattutto l’idea del partito come uno strumento<br />

<strong>di</strong> acculturazione delle masse popolari, le quali, a poco a poco,<br />

stabiliscono un rapporto <strong>di</strong> effettiva padronanza sulla società. Egemonia<br />

non è <strong>di</strong>ttatura. Egemonia è una guida accettata liberamente, non imposta.<br />

Queste idee fanno parte della tra<strong>di</strong>zione del marxismo italiano. E<br />

non <strong>di</strong>mentichiamo che una siffatta tra<strong>di</strong>zione ha certamente in <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Labriola</strong> uno dei suoi gran<strong>di</strong> autori. Non si deve infatti <strong>di</strong>menticare il<br />

suo libro fondamentale, La concezione materialistica della storia: che è un<br />

libro <strong>di</strong> grande interesse. Né si può tralasciare il fatto che <strong>Labriola</strong> fu<br />

forse l’unico maestro riconosciuto da Benedetto Croce (che non era laureato).<br />

I gran<strong>di</strong> meriti del marxismo italiano hanno anche avuto, però,<br />

un prezzo alto. Il marxismo italiano, cioè, è rimasto un marxismo, come<br />

ha detto Lucio Lombardo Ra<strong>di</strong>ce, imbevuto <strong>di</strong> idealismo e <strong>di</strong> soggettivismo.<br />

Un marxismo, che spiega ciò che io rimprovero in qualche modo<br />

anche al partito comunista <strong>di</strong> Togliatti, che non ha mai avuto un grande<br />

interesse per le ricerche sul campo, supponendo intellettuali marxisti seguaci<br />

<strong>di</strong> Marx e Engels, i quali riflettano sulla storia e facciano da guida<br />

∗ Ciò che segue corrisponde ad alcuni stralci <strong>di</strong> un’intervista concessa da Franco<br />

Ferrarotti a Olena Konovalenko, nel maggio 2005 e uscita su «Slavia» <strong>di</strong> gennaio–<br />

marzo 2006, pp. 3–23. Titolo dell’intervista: Conversando con Franco Ferrarotti <strong>di</strong> “sociologia<br />

critica” e <strong>di</strong>ntorni. Argomento della conversazione: La polemica Efirov–Ferrarotti<br />

su «Rassegna Sovietica» del novembre–<strong>di</strong>cembre 1976. L’intervista, soprattutto nelle<br />

pagine qui riproposte, è, da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista, un ulteriore intervento su <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Labriola</strong> e la sua Università: e ne riprende, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, i temi e<br />

problemi, in particolare a proposito <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong> e le scienze sociali, dei rapporti <strong>Labriola</strong>–Croce,<br />

della “linea” <strong>Labriola</strong>–Gramsci–Togliatti e, dunque, <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong> e la<br />

“sociologia critica” <strong>di</strong> Ferrarotti.

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