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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Franco Ferrarotti<br />

cuni elementi importanti, in primo luogo il carattere fondamentale del<br />

ragionare socratico, che è essenzialmente non sistematico, e quin<strong>di</strong> non<br />

dottrinario. «L’oggetto e la natura della ricerca socratica sono affatto<br />

nuovi», scrive <strong>Labriola</strong>. In che cosa consiste questa novità? Secondo <strong>Labriola</strong>,<br />

«deriva intimamente dai suoi bisogni etici e religiosi, ed è il risultato<br />

<strong>di</strong> un esame che egli ha esercitato su sé medesimo» (p. 19). <strong>Labriola</strong><br />

ha ragione e torto nello stesso tempo. La ricerca socratica parte, come egli<br />

vede correttamente, da un’istanza introspettiva, da un’esigenza interiore,<br />

ma non si esaurisce in una precettistica per la retta vita, in<br />

un’opzione <strong>di</strong> natura morale–pratica. Ha un profilo teoretico a livello pieno.<br />

In<strong>di</strong>ca un modo nuovo, una strada nuova per la formulazione e la costruzione<br />

dei concetti ― una strada che, al limite, mette in crisi la concezione<br />

elitaria della cultura come concetto normativo e capitale privato,<br />

come dote esclusiva del kalòs kaì agathòs, negata ai più, ai pollòi, che sono<br />

uomini solo da un punto <strong>di</strong> vista zoologico, non propriamente umano.<br />

<strong>Labriola</strong> scorge correttamente che «tolta <strong>di</strong> mezzo la posizione pratica<br />

del Socrate senofonteo, tutta la storia della filosofia greca non può più<br />

intendersi» (p. 22). E tuttavia, <strong>Labriola</strong> non esita ad affermare il limite,<br />

probabilmente a suo giu<strong>di</strong>zio invalicabile, della riforma socratica: «[…]<br />

la poca perfezione della sua attitu<strong>di</strong>ne logica non gli permetteva <strong>di</strong> determinare<br />

intrinsecamente il valore obbiettivo delle forme etiche» (p. 27).<br />

C’è da restare sbalor<strong>di</strong>ti! <strong>Labriola</strong> si contenta <strong>di</strong> chiarire: «[…] non sconosciamo<br />

l’influenza socratica nella tendenza riformatrice del platonismo<br />

[…] in fondo non è che la naturale esplicazione <strong>di</strong> quella esigenza<br />

socratica, che facea necessariamente <strong>di</strong>pendere l’attività dal sapere» (p.<br />

27). Temo che si tratti <strong>di</strong> un frainten<strong>di</strong>mento macroscopico. Non solo il<br />

Socrate senofonteo non prepara la strada alla riforma platonica, ma la<br />

démarche <strong>di</strong> Socrate, il suo modo <strong>di</strong> procedere alla costruzione del concetto,<br />

passeggiando e interrogando per strada chi capitasse, dall’agorà al<br />

Pireo, al modo, se non <strong>di</strong> un flâneur, <strong>di</strong> un “per<strong>di</strong>tempo geniale”, come è<br />

stato mirabilmente definito da Siciliani de Cumis interrogando Eugenio<br />

Garin (in A scuola con Socrate), è un’impostazione originale, ammonta a<br />

una ine<strong>di</strong>ta costruzione del concetto non attraverso la deduzione da<br />

principi primi, ma in base all’esame empirico <strong>di</strong> situazioni umane specifiche.<br />

<strong>Labriola</strong> questo non poteva capirlo perché gli mancava la ricerca sul campo,<br />

come mancava a Croce e a tutti gli ipercritici delle scienze sociali,

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