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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Ancora su <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e Luigi Credaro<br />

d’integrazione–neutralizzazione delle masse, ed ai pedagogisti del perio<strong>di</strong>co<br />

sfuggono, per così <strong>di</strong>re, preoccupati accenti, che tra<strong>di</strong>scono un<br />

netto conservatorismo, al <strong>di</strong> là delle loro nobili (e sincere) idealità umanitarie.<br />

Inevitabilmente, pertanto — in conseguenza <strong>di</strong> un retroterra ideologico<br />

che pur non avvertito e formulato, per lo più, consapevolmente, in<br />

ogni caso influì decisamente sugli orientamenti <strong>di</strong> questo nucleo intellettuale<br />

— i collaboratori della «Rivista» finirono per concentrare i loro<br />

sforzi nel contrastare l’avanzata del socialismo, che nella contingenze<br />

politico–sociali in cui si trovarono ad operare (almeno sino al ‘23) dovette<br />

apparire loro come il “pericolo” più imminente e gravoso: <strong>di</strong> conseguenza,<br />

la vena laicista (ed in alcuni casi propriamente anticlericale) che<br />

almeno in origine costituiva la nota precipuamente “ra<strong>di</strong>cale” del perio<strong>di</strong>co<br />

venne progressivamente ad affievolirsi, a perdere <strong>di</strong> mordente. È<br />

evidente che una completa rottura con la Chiesa cattolica avrebbe indebolito<br />

il blocco che si opponeva al <strong>di</strong>lagare del marxismo, nel quale volente<br />

o nolente venivano a collocarsi questi intellettuali; e Giolitti, in effetti,<br />

il loro “modello” (anche ben al <strong>di</strong> là del periodo in cui lo statista <strong>di</strong><br />

Dronero fu a capo dell’esecutivo), ben conscio <strong>di</strong> ciò perseguì la via del<br />

riavvicinamento fra borghesia e clero; se ricor<strong>di</strong>amo, ancora una volta, le<br />

prese <strong>di</strong> posizione sfumate ed incolori assunte più volte da Credaro in<br />

tutti i casi in cui era in gioco la sensibilità delle masse cattoliche nei confronti<br />

dello Stato liberale, abbiamo una immagine abbastanza esatta del<br />

tenore che venne ad assumere l’anticlericalismo della «Rivista». Certo la<br />

coscienza “ra<strong>di</strong>cale” <strong>di</strong> questi intellettuali non poteva non insorgere allorquando<br />

si manifestava palesemente l’intenzionalità della Curia <strong>di</strong> ingerirsi<br />

nell’istruzione pubblica (o si ravvisava la debolezza del Governo,<br />

la sua accon<strong>di</strong>scendenza sul tema delle scuole private confessionali): ma<br />

all’iniziale, accesa “ribellione” seguiva quasi sempre un fermarsi a mezza<br />

strada. Il gruppo della «Rivista» non oltrepassò mai un atteggiamento<br />

sostanzialmente passivo e “<strong>di</strong>fensivo” nei confronti della cultura cattolica;<br />

occorreva in altre parole che la parte avversa sferrasse un “attacco” in<br />

forze per poter registrare delle consistenti, definite, marcate prese <strong>di</strong> posizione<br />

da parte <strong>di</strong> questi intellettuali — e quando ciò si verificava, per la<br />

verità, la reazione appariva <strong>di</strong> un’intensità tale da far pensare ad una<br />

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