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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Ancora su <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e Luigi Credaro<br />

l’illuministica, laica «tolleranza» 32 ; pure, egli conservava all’elemento religioso,<br />

nel novero delle espressioni della spiritualità, un’inalienabile autonomia,<br />

un’insostituibile funzione (e <strong>di</strong> conseguenza gli assegnava un<br />

ruolo centrale in ambito educativo). Si allontanava così, sensibilmente,<br />

dal concetto d’una “fede” laica, pur senza rinnegare, ed anzi riproponendo<br />

con vigore, idealità caratteristiche della tra<strong>di</strong>zione del pensiero<br />

moderno. Un’impostazione, la sua, contrassegnata da un pieno rispetto e<br />

da un’attenta considerazione dei più <strong>di</strong>vergenti punti <strong>di</strong> vista — come<br />

del resto da un’acuta sensibilità nei confronti delle <strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong><br />

manifestazione dell’attività spirituale: le sue conclusioni, tuttavia, apparivano<br />

sostanzialmente deboli e senz’altro esposte ad una efficace controreplica<br />

da parte cattolica.<br />

Vorremmo ancora segnalare, in Poggi, la conquista della <strong>di</strong>mensione<br />

dell’analisi formale (che fu sua come del nostro neocriticismo pedagogico<br />

in generale, e che se pure risultò limitata all’analisi <strong>di</strong> specifici settori<br />

dell’esperienza, segnò indubbiamente un cospicuo progresso nei confronti<br />

del “sostanzialismo” della generazione precedente — che non<br />

venne però oltrepassato, come già precisato, in sede metafisica). Allu<strong>di</strong>amo<br />

a Lineamenti <strong>di</strong> una fondazione pura della teoria educativa, apparso<br />

sulla «Rivista» sul finire del ‘26, in cui (evidenziando un parziale influsso<br />

herbartiano) «la pedagogia» veniva definita una «scienza etica» fondata<br />

«sulla persona e sul suo rapporto con gli altri», incentrata sulla «dualità<br />

dei soggetti» e sullo «sforzo del dovere», risolvendosi così in «etica<br />

applicata». L’educazione si configurava in questo quadro «fatto umano<br />

che implicava l’azione dell’altro sull’io, orientata però secondo “fini”<br />

che» dovevano «essere razionali, cioè universali» in <strong>di</strong>rezione della costruzione<br />

<strong>di</strong> una «società <strong>di</strong> esseri ragionevoli, fondata sul principio della<br />

libertà». A ciò Poggi saldava «una concezione laica della scuola, anche<br />

se non irreligiosa» (come abbiamo già intravisto), contraria però ad ogni<br />

«catechismo» nocivo allo «spirito autonomo dell’insegnamento morale»<br />

ed in contrasto con «tutto quanto d’educazione si» poteva «trarre<br />

dall’insegnamento scientifico» 33 .<br />

32 Ivi, p. 356.<br />

33 CAMBI, L’educazione tra ragione e ideologia, cit., p. 47.<br />

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