Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia
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44 Marco Antonio D’Arcangeli curato la prefazione) 16 ; Socialismo e cultura 17 . Nel “gruppo” della «Rivista Pedagogica» la pregiudiziale ideologica borghese precluse decisamente una seria considerazione delle tematiche marxiane: l’unica — parziale — eccezione fu rappresentata proprio da Poggi. Si è detto della consonanza di posizioni con Rodolfo Mondolfo, che però collaborò col periodico di Credaro solo sporadicamente; i contributi di Poggi furono invece numerosi e la sua impostazione dà conto di uno degli sbocchi possibili del sotteso kantismo che animava la riflessione dei pedagogisti della «Rivista». Negli anni della direzione di Guido Della Valle (1910–16), e anche successivamente, fra la conclusione della Grande Guerra e l’immediato dopoguerra, nella «Rivista» si nota l’avvio di una riflessione e di un dibattito, di natura sia filosofico–pedagogica sia, anche, ideologico– politica, sul socialismo e sul pensiero cattolico. La circostanza di questa considerazione parallela non sorprende, rivelando la volontà di una intellettualità in sostanza legata alla tradizione liberale (benché contraddistinta da un accento radicale) di situarsi e definirsi, elaborando posizioni proprie, rispetto a quelle che si andavano imponendo come le due “culture” maggioritarie nel nostro Paese. Il periodo in questione, peraltro, si segnala come quello nel quale la «Rivista», assai più che in altre fasi della sua storia, “prende posizione” o meglio tenta di farlo, e le ambiguità della sua impostazione vengono più chiaramente alla luce, così come gl’intrinseci suoi limiti, e altresì meglio si intravedono le possibilità e potenzialità, pure presenti, ma non perseguite e fatte emergere (emergono, in altre parole, con la massima nettezza, tutti i suoi a priori ideologici). È proprio il caso del socialismo di Poggi, che esamineremo in un luogo in cui ci è apparso chiaramente formulato, anche se non direttamente da lui, bensì per il tramite di Credaro nella sua citata recensione dell’ottobre 1925 al volume del pedagogista ligure Socialismo e cultura. È indispensabile ricordare e mettere in rilievo come personaggi di spicco della «Rivista», quali Vidari e Resta, avessero nutrito giovanili simpatie per il socialismo, per terminare, entrambi, sia pure per vie e con 16 Cfr. ID., Prefazione, in A. POGGI, I Gesuiti contro lo Stato Liberale, Milano, Unitas, 1925, pp. V–VII. 17 ID., recensione ad A. POGGI, Socialismo e cultura, Torino, Editore Piero Gobetti, 1925, in «Rivista Pedagogica», a. XVIII, n. 8, 15 ottobre 1925, pp. 685–688.
Ancora su Antonio Labriola e Luigi Credaro modalità diverse, fra le braccia del Regime e dell’ideologia fascista. Possiamo soltanto postulare una ricezione affatto adeguata, al più emotiva e sentimentale, del pensiero marxista, per poterci chiarire come ciò si sia potuto verificare. Ma quali possano esser stati i limiti della ipotetica “via kantiana al socialismo” forse può illustrarcelo proprio il pensiero di Poggi, affrontando il quale, contestualmente, getteremo uno sguardo anche al Marx di Mondolfo, cui abbiamo più volte fatto riferimento. Credaro, nell’iniziare il suo resoconto del saggio di Poggi, lo inseriva decisamente nel «vasto movimento» che s’era «sviluppato specialmente nel campo filosofico tedesco» e che tendeva «a rinnovare le teorie fondamentali del socialismo per mostrare il loro intimo spirito etico anzi che economico», attraverso un collegamento tra il «movimento socialista e l’etica Kantiana»; citava a questo proposito Vorländer, e precisava come dal versante marxista il tentativo fosse perseguito attraverso «una critica del formalismo kantiano» che veniva «a sfigurare la dottrina del Kant», mentre nel «campo filosofico» sempre allo stesso fine si finiva per ridurre la «dottrina socialista […] ad una pura questione morale». Poggi, che nel 1904 (Kant e il Socialismo) sosteneva l’impossibilità di un accordo, appunto, fra «formalismo kantiano» e «realismo marxista», pur affermando che «la seconda forma dell’imperativo categorico esprimeva il fine umano, cui il movimento socialista» doveva «ispirarsi», si «manifesta[va] ora», a detta di Credaro, in «Socialismo e cultura, il più deciso Kantiano fra tutti i marxisti, che» s’erano «occupati di questo problema». Egli lo concepiva in termini teorici, non storici: non occorreva per lui andare alla ricerca, in Marx ed Engels, di supposte proposizioni del «problema morale» o cercare di stabilire se la loro dottrina fosse addirittura da far derivare dal kantismo, bensì unicamente se potesse ritenersi insita nel socialismo «una profonda aspirazione morale e se questa aspirazione» fosse «sublimemente espressa dalla morale kantiana». Da ciò si sarebbe potuto comprendere l’atteggiamento finora mantenuto dal movimento socialista nei confronti del «problema culturale, a seconda che» avesse percepito «o no il problema morale, cui obbedi[va]», per Poggi, «lo stesso bisogno economico» 18 . 18 Il corsivo è nostro, e intende sottolineare la direzione prescelta da Poggi nel suo tentativo d’integrazione fra marxismo e criticismo. 45
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Ancora su <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e Luigi Credaro<br />
modalità <strong>di</strong>verse, fra le braccia del Regime e dell’ideologia fascista. Possiamo<br />
soltanto postulare una ricezione affatto adeguata, al più emotiva e<br />
sentimentale, del pensiero marxista, per poterci chiarire come ciò si sia<br />
potuto verificare. Ma quali possano esser stati i limiti della ipotetica “via<br />
kantiana al socialismo” forse può illustrarcelo proprio il pensiero <strong>di</strong><br />
Poggi, affrontando il quale, contestualmente, getteremo uno sguardo anche<br />
al Marx <strong>di</strong> Mondolfo, cui abbiamo più volte fatto riferimento.<br />
Credaro, nell’iniziare il suo resoconto del saggio <strong>di</strong> Poggi, lo inseriva<br />
decisamente nel «vasto movimento» che s’era «sviluppato specialmente<br />
nel campo filosofico tedesco» e che tendeva «a rinnovare le teorie fondamentali<br />
del socialismo per mostrare il loro intimo spirito etico anzi che<br />
economico», attraverso un collegamento tra il «movimento socialista e<br />
l’etica Kantiana»; citava a questo proposito Vorländer, e precisava come<br />
dal versante marxista il tentativo fosse perseguito attraverso «una critica<br />
del formalismo kantiano» che veniva «a sfigurare la dottrina del Kant»,<br />
mentre nel «campo filosofico» sempre allo stesso fine si finiva per ridurre<br />
la «dottrina socialista […] ad una pura questione morale». Poggi, che<br />
nel 1904 (Kant e il Socialismo) sosteneva l’impossibilità <strong>di</strong> un accordo, appunto,<br />
fra «formalismo kantiano» e «realismo marxista», pur affermando<br />
che «la seconda forma dell’imperativo categorico esprimeva il fine<br />
umano, cui il movimento socialista» doveva «ispirarsi», si «manifesta[va]<br />
ora», a detta <strong>di</strong> Credaro, in «Socialismo e cultura, il più deciso<br />
Kantiano fra tutti i marxisti, che» s’erano «occupati <strong>di</strong> questo problema».<br />
Egli lo concepiva in termini teorici, non storici: non occorreva per lui<br />
andare alla ricerca, in Marx ed Engels, <strong>di</strong> supposte proposizioni del<br />
«problema morale» o cercare <strong>di</strong> stabilire se la loro dottrina fosse ad<strong>di</strong>rittura<br />
da far derivare dal kantismo, bensì unicamente se potesse ritenersi<br />
insita nel socialismo «una profonda aspirazione morale e se questa aspirazione»<br />
fosse «sublimemente espressa dalla morale kantiana». Da ciò si<br />
sarebbe potuto comprendere l’atteggiamento finora mantenuto dal movimento<br />
socialista nei confronti del «problema culturale, a seconda che»<br />
avesse percepito «o no il problema morale, cui obbe<strong>di</strong>[va]», per Poggi, «lo<br />
stesso bisogno economico» 18 .<br />
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suo tentativo d’integrazione fra marxismo e criticismo.<br />
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