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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Il «punto <strong>di</strong> vista» del recensore tra storiografia e educazione<br />

schiose. Vale tuttavia la pena <strong>di</strong> osservare «sul campo», però storicizzandola,<br />

un’in<strong>di</strong>cazione metodologicamente innovativa in questo genere<br />

«<strong>di</strong>alogico»:<br />

Una cultura straniera solo agli occhi <strong>di</strong> un’altra cultura si rivela più pienamente<br />

e profondamente (non però in tutta la pienezza, perché sorgeranno anche<br />

altre culture, che vedranno e capiranno ancora <strong>di</strong> più). Un senso rivela le sue<br />

profon<strong>di</strong>tà, dopo essersi incontrato ed essere entrato in rapporto con un altro<br />

senso, straniero: fra <strong>di</strong> essi comincia una specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo, che supera la chiusura<br />

e l’unilateralità <strong>di</strong> questi sensi <strong>di</strong> queste culture. Noi poniamo alla cultura<br />

straniera nuove domande, quali essa stessa non si poneva, cerchiamo in essa risposta<br />

a queste nostre domande, e la cultura straniera ci risponde, scoprendo<br />

davanti a noi nuovi suoi aspetti, nuove profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> senso. Senza le nostre domande<br />

(ma certo, domande serie, autentiche) non si può creativamente capire<br />

niente <strong>di</strong> altro e <strong>di</strong> straniero. In un tale incontro <strong>di</strong>alogico <strong>di</strong> due culture esse<br />

non si fondono e non si confondono, ognuna conserva la sua unità e aperta interezza,<br />

ma esse si arricchiscono reciprocamente 23 .<br />

Il quando<br />

Non è un caso, d’altra parte, che sia lo stesso menzionato Bachtin a<br />

fornirci lo strumento concettuale <strong>di</strong> una cautela storico–critica ulteriore,<br />

a proposito del «tempo» (la hora <strong>di</strong> cui parla Dewey): una cautela perfettamente<br />

trasferibile, a mio avviso, sul piano della ricerca empirica in<br />

educazione. È sufficiente, nella citazione <strong>di</strong>alogica che segue, sostituire<br />

alla parola «opera» la parola «essere umano», al termine «autore» il termine<br />

«educatore», ai «testi» le «teste» e (perché no?) il testing — conservando<br />

però, in ogni caso, il senso ed il valore dei limiti, del contesto, della<br />

<strong>di</strong>fferenza (categoria storico–critica per eccellenza). E allora:<br />

Il primo problema è capire l’opera così come la capiva l’autore stesso, andare<br />

oltre i limiti della sua comprensione […]. Il secondo problema è l’inserimento<br />

nel nostro contesto (estraneo all’autore).<br />

Si tratta <strong>di</strong> mantenere la <strong>di</strong>fferenza fra due testi.<br />

23 M.M. BACHTIN, Otvet na vapros redakcij «Novago mira» [Risposta a una domanda<br />

della redazione <strong>di</strong> «Novyj Mir», in «Novyj Mir», n. 11, 1970, p. 240 (trad. it. <strong>di</strong> G. Mastroianni,<br />

Pensatori russi del Novecento, Napoli, L’Officina tipografica, 1993, p. 5). Cfr.<br />

quin<strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, I filosofi russi e il «Giano bifronte» <strong>di</strong> Bachtin (Note <strong>di</strong> culturologia<br />

tra Italia e Russia/URSS/Csi, 4), in «Slavia», aprile–giugno 1994, pp. 42–49.<br />

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