Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia
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350 Nicola Siciliani de Cumis Si sa che la propria vita è simile a quella di mille altre vite, ma che per un «caso» essa ha avuto uno sbocco che le altre molte non potevano avere e non ebbero di fatto. Raccontando si crea questa possibiltà, si suggerisce il processo, si indica lo sbocco. L’autobiografia sostituisce quindi il «saggio politico» o «filosofico»: si descrive in atto ciò che altrimenti si deduce logicamente. È certo che l’autobiografia ha un grande valore storico, in quanto mostra la vita in atto e non solo come dovrebbe essere secondo le leggi scritte o i principi morali dominanti […] solo attraverso l’autobiografia si vede il meccanismo in atto, nella sua funzione effettuale che molto spesso non corrisponde per nulla alla legge scritta. Eppure la storia, nelle sue linee generali, si fa sulla legge scritta: quando poi nascono fatti nuovi che rovesciano la situazione, si pongono delle domande vane, o per lo meno manca il documento del come si è preparato il mutamento «molecolarmente», finché è esploso il mutamento […] le autobiografie […] 22 . Il dove D’altro canto, in quale spazio si situa l’indagine storico–critica, relativamente al suo uso empirico–educativo? Se c’è un luogo in cui l’ipotetica storicizzazione avviene, e c’è un luogo dove si colloca, distanziandosene la materia oggetto di analisi storica, in che rapporto stanno le due «sedi» tra lontananza ed avvicinamento nel qui o lì dell’esperienza formativa, pedagogica? In che misura è ammissibile, e con quali cautele, nel corso di una sperimentazione sul campo ed in presenza delle sue proprie tecniche, prescindere con cognizione di causa dalla effettiva localizzazione di un fatto storico complessivo e complesso? In altre parole occorre, dovunque, ricollocarsi extralocalizzandosi (per adoperare la terminologia di un Bachtin, ma già Gramsci diceva che bisogna pensare mondialmente): e quindi riuscire ad agire, in quanto storici ed in quanto educatori, di conseguenza. È una specie di ginnastica della mente, che comporta costruzione di abiti storicamente nuovi, interiorizzazioni inedite, tuttavia sempre relative, parziali, ri- 22 GRAMSCI, Quaderni del carcere, cit., p. 1718 e pp. 1723–1724. È questa la chiave di lettura di una serie di testi individuali e collettivi, prodotti a vari livelli d’indagine in oltre venticinque anni di insegnamento sia scolastico sia universitario: ed infine, recensendo il Poema pedagogico di Makarenko come documento storico–autobiografico a forte valenza educativa; e dunque «antipedagogico», nei modi spiegati dall’autore stesso.
Il «punto di vista» del recensore tra storiografia e educazione schiose. Vale tuttavia la pena di osservare «sul campo», però storicizzandola, un’indicazione metodologicamente innovativa in questo genere «dialogico»: Una cultura straniera solo agli occhi di un’altra cultura si rivela più pienamente e profondamente (non però in tutta la pienezza, perché sorgeranno anche altre culture, che vedranno e capiranno ancora di più). Un senso rivela le sue profondità, dopo essersi incontrato ed essere entrato in rapporto con un altro senso, straniero: fra di essi comincia una specie di dialogo, che supera la chiusura e l’unilateralità di questi sensi di queste culture. Noi poniamo alla cultura straniera nuove domande, quali essa stessa non si poneva, cerchiamo in essa risposta a queste nostre domande, e la cultura straniera ci risponde, scoprendo davanti a noi nuovi suoi aspetti, nuove profondità di senso. Senza le nostre domande (ma certo, domande serie, autentiche) non si può creativamente capire niente di altro e di straniero. In un tale incontro dialogico di due culture esse non si fondono e non si confondono, ognuna conserva la sua unità e aperta interezza, ma esse si arricchiscono reciprocamente 23 . Il quando Non è un caso, d’altra parte, che sia lo stesso menzionato Bachtin a fornirci lo strumento concettuale di una cautela storico–critica ulteriore, a proposito del «tempo» (la hora di cui parla Dewey): una cautela perfettamente trasferibile, a mio avviso, sul piano della ricerca empirica in educazione. È sufficiente, nella citazione dialogica che segue, sostituire alla parola «opera» la parola «essere umano», al termine «autore» il termine «educatore», ai «testi» le «teste» e (perché no?) il testing — conservando però, in ogni caso, il senso ed il valore dei limiti, del contesto, della differenza (categoria storico–critica per eccellenza). E allora: Il primo problema è capire l’opera così come la capiva l’autore stesso, andare oltre i limiti della sua comprensione […]. Il secondo problema è l’inserimento nel nostro contesto (estraneo all’autore). Si tratta di mantenere la differenza fra due testi. 23 M.M. BACHTIN, Otvet na vapros redakcij «Novago mira» [Risposta a una domanda della redazione di «Novyj Mir», in «Novyj Mir», n. 11, 1970, p. 240 (trad. it. di G. Mastroianni, Pensatori russi del Novecento, Napoli, L’Officina tipografica, 1993, p. 5). Cfr. quindi N. SICILIANI DE CUMIS, I filosofi russi e il «Giano bifronte» di Bachtin (Note di culturologia tra Italia e Russia/URSS/Csi, 4), in «Slavia», aprile–giugno 1994, pp. 42–49. 351
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Nicola Siciliani de Cumis<br />
Si sa che la propria vita è simile a quella <strong>di</strong> mille altre vite, ma che per un<br />
«caso» essa ha avuto uno sbocco che le altre molte non potevano avere e non<br />
ebbero <strong>di</strong> fatto. Raccontando si crea questa possibiltà, si suggerisce il processo,<br />
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si descrive in atto ciò che altrimenti si deduce logicamente.<br />
È certo che l’autobiografia ha un grande valore storico, in quanto mostra la<br />
vita in atto e non solo come dovrebbe essere secondo le leggi scritte o i principi<br />
morali dominanti […] solo attraverso l’autobiografia si vede il meccanismo in<br />
atto, nella sua funzione effettuale che molto spesso non corrisponde per nulla<br />
alla legge scritta. Eppure la storia, nelle sue linee generali, si fa sulla legge scritta:<br />
quando poi nascono fatti nuovi che rovesciano la situazione, si pongono delle<br />
domande vane, o per lo meno manca il documento del come si è preparato il<br />
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Il dove<br />
D’altro canto, in quale spazio si situa l’indagine storico–critica, relativamente<br />
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storicizzazione avviene, e c’è un luogo dove si colloca, <strong>di</strong>stanziandosene<br />
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formativa, pedagogica? In che misura è ammissibile, e con quali cautele,<br />
nel corso <strong>di</strong> una sperimentazione sul campo ed in presenza delle sue<br />
proprie tecniche, prescindere con cognizione <strong>di</strong> causa dalla effettiva localizzazione<br />
<strong>di</strong> un fatto storico complessivo e complesso?<br />
In altre parole occorre, dovunque, ricollocarsi extralocalizzandosi<br />
(per adoperare la terminologia <strong>di</strong> un Bachtin, ma già Gramsci <strong>di</strong>ceva<br />
che bisogna pensare mon<strong>di</strong>almente): e quin<strong>di</strong> riuscire ad agire, in quanto<br />
storici ed in quanto educatori, <strong>di</strong> conseguenza. È una specie <strong>di</strong> ginnastica<br />
della mente, che comporta costruzione <strong>di</strong> abiti storicamente<br />
nuovi, interiorizzazioni ine<strong>di</strong>te, tuttavia sempre relative, parziali, ri-<br />
22 GRAMSCI, Quaderni del carcere, cit., p. 1718 e pp. 1723–1724. È questa la chiave <strong>di</strong><br />
lettura <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> testi in<strong>di</strong>viduali e collettivi, prodotti a vari livelli d’indagine<br />
in oltre venticinque anni <strong>di</strong> insegnamento sia scolastico sia universitario: ed infine,<br />
recensendo il Poema pedagogico <strong>di</strong> Makarenko come documento storico–autobiografico<br />
a forte valenza educativa; e dunque «antipedagogico», nei mo<strong>di</strong> spiegati<br />
dall’autore stesso.