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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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346<br />

Nicola Siciliani de Cumis<br />

Al recensore, spetta sì il compito <strong>di</strong> una relativa esemplarità metodologica,<br />

in presenza, mai in assenza, del merito delle questioni da lui trattate;<br />

ma un esercizio siffatto è pur sempre imperfetto, incompiuto, aperto<br />

al «nuovo» che esso stesso proceduralmente introduce o almeno prefigura<br />

tra lo «storiografico» e l’«educativo», dal suo «punto <strong>di</strong> vista». Ecco<br />

perché, già solo alla luce <strong>di</strong> quanto detto fin qui, c’è una quantità <strong>di</strong> altri<br />

<strong>di</strong>scorsi non svolti che pur vi si ricollegano e che converrà tentare. C’è<br />

l’obbligo dell’autorecensione. E dunque, in via esemplificativa: va bene il<br />

Gramsci della «recensione»: ma fino a che punto il vero Gramsci, sul tema,<br />

è questo, come si è detto, che ne parla per esplicito e che qui è stato<br />

recensito, e non piuttosto l’altro Gramsci, quello che non ne fa cenno per<br />

esplicito pur mettendo in pratica i suoi criteri <strong>di</strong> recensore? In che misura,<br />

se abbiamo affrontato un argomento così (il «punto <strong>di</strong> vista» storiografico–educativo<br />

del recensore per l’appunto) siamo riusciti ad essere<br />

autocriticamente trasparenti, ed a restituire le «ragioni» della costruzione<br />

della tesi ed il senso delle sue articolazioni? Se la prospettiva da cui ci si è<br />

posti fin qui fosse da ora in avanti un’altra (e le variabili da considerare<br />

sono in realtà numerose e <strong>di</strong>verse), come ripenseremmo alla materia delle<br />

nostre riflessioni in corso? In che consisterebbero i termini ideologici <strong>di</strong><br />

un’autorecensione degli attuali mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> osservazione del «punto <strong>di</strong> vista»,<br />

che vuol essere tratto–<strong>di</strong>–unione, ovvero <strong>di</strong>–<strong>di</strong>sgiunzione tra le attività<br />

storiografiche e quelle educative, intanto, <strong>di</strong> questo singolo ricercatore,<br />

<strong>di</strong> questo solo insegnante 19 ?<br />

19 E poi, in prospettiva (dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> quest’ultima, nell’esercizio della sua<br />

funzione <strong>di</strong> recensore): il <strong>Labriola</strong> che recensì libri, probabilmente e con relativa certezza<br />

su <strong>«La</strong> Cultura» <strong>di</strong> Ruggero Bonghi (con buonapace dei labriolologi acribiosi<br />

epperò ignoranti), nell’86 sognava davvero «volentieri <strong>di</strong> Giordano Bruno nelle logge<br />

massoniche». O almeno sognava <strong>di</strong> sognare <strong>di</strong> lui colà (nonostante gli errori <strong>di</strong><br />

stampa nelle Lettere ad Engels, da correggere, certo). Lo Eugenio Garin totus recensor<br />

<strong>di</strong> questo straor<strong>di</strong>nario volume in fieri dal titolo Minima paedagogica, con i suoi scritti<br />

educativi «minori» <strong>di</strong> oltre un sessantennio, è nella recensione come genere storiografico,<br />

nelle schede critiche, nelle note e chiose e postille che fornisce una chiave<br />

metodologica per entrare nel merito dell’opera maggiore. Forse. E ancora: questo<br />

continuo an<strong>di</strong>rivieni dalle biblioteche e dagli archivi storici, non solo a vantaggio<br />

della propria personale ricerca, ma anche nel quadro <strong>di</strong> un’attività educativa in corso,<br />

è parte essenziale della qualità della concretezza del recensire e libri e film (e delle<br />

recensioni <strong>di</strong> libri e film). Questa ricorrente <strong>di</strong>atriba sulla «realtà» della recensione

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