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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Il «punto <strong>di</strong> vista» del recensore tra storiografia e educazione<br />

dì <strong>di</strong>vulgazione <strong>di</strong> testi oggi «oscurati» dalla cultura nuovistica. […] Si avverte<br />

oggi con prepotenza l’esigenza <strong>di</strong> mantenere viva la «memoria storica» […].<br />

Non mi illudo che questo compito impervio possa essere esaurito da una rubrica<br />

de<strong>di</strong>cata ai libri e alla pubblicistica politica, ma sono fermamente convinto<br />

che possa essere uno strumento <strong>di</strong> grande utilità per orientare, per invogliare<br />

alla lettura e ad ulteriori approfon<strong>di</strong>menti.<br />

b) Vitaliano Stabilini: Non si può non essere d’accordo con Bruno Pierozzi,<br />

per il rilievo dato all’idea <strong>di</strong> una rubrica <strong>di</strong> recensioni <strong>di</strong> libri, con particolare<br />

attenzione alla tra<strong>di</strong>zione dei classici del marxismo. Personalmente, se la proposta<br />

prendesse quota, vorrei collaborarvi. E comincerei, proprio. da <strong>Antonio</strong><br />

Gramsci e dalla sua teoria (per così <strong>di</strong>re) della recensione. La sintetizzo con le<br />

sue parole stesse: «Ho accennato a <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> recensione, ponendomi dal<br />

punto <strong>di</strong> vista delle esigenze culturali <strong>di</strong> un pubblico ben determinato, che si<br />

vorrebbe suscitare: quin<strong>di</strong> recensioni «riassuntive», per i libri che si pensa non<br />

potranno essere letti e recensioni critiche per i libri che si ritiene necessario in<strong>di</strong>care<br />

alla lettura, ma non così, senz’altro, ma dopo averne fissato i limiti e in<strong>di</strong>cato<br />

le deficienze parziali, ecc. Questa seconda forma è la più importante e scientificamente<br />

degna e deve essere concepita come una collaborazione del recensente<br />

al tema trattato dal libro recensito. Quin<strong>di</strong> la necessità <strong>di</strong> recensori<br />

specializzati e lotta contro l’estemporaneità e la genericità dei giu<strong>di</strong>zi critici».<br />

Che Gramsci! E noi? […] risulterebbe una scelta pedagogicamente essenziale<br />

tentare <strong>di</strong> ragionarci su e <strong>di</strong> mettere socialmente in pratica lo schema del duplice<br />

tipo <strong>di</strong> recensione. Perché non ci proviamo, qui ed ora, fornendo esempi […]?<br />

Ci riusciremo?<br />

Se ci riusciremo è francamente <strong>di</strong>fficile, <strong>di</strong>fficilissimo <strong>di</strong>re. Il <strong>di</strong>scorrere<br />

criticamente <strong>di</strong> recensioni può essere, tuttavia, almeno uno spiraglio sulla<br />

positività dell’intento. E fa parte del «gioco», cioè del lavoro impegnativo<br />

e serio del recensore nella costruzione <strong>di</strong> un ipotetico «punto <strong>di</strong> vista»<br />

tra storiografia ed educazione, il tentare <strong>di</strong> prospettare soluzioni<br />

tecniche, meto<strong>di</strong>che, in un certo qual modo «pedagogiche»: benché si<br />

sappia senza infingimenti che, se i verbi educare, formare, insegnare ecc.<br />

sono grammaticalmente «transitivi», essi però risultano <strong>di</strong> fatto non–<br />

transitivi; nel senso che non serve alcun «complemento» perché l’azione<br />

verbale espressa si compia: giacché ogni educazione, formazione, insegnamento<br />

che si rispetti, non può che essere in ultima analisi che un’auto–educazione,<br />

un’auto–formazione, un’auto–<strong>di</strong>dattica. Si può quin<strong>di</strong><br />

essere pienamente d’accordo con la lezione dei «Maestri», in tal senso.<br />

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