Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia
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340 Nicola Siciliani de Cumis c) Discorso a parte, benché organicamente connesso alla recensione, meriterebbe, anche in questo quadro, la stroncatura 15 . 15 La stroncatura. Ricerca necessaria. E l’indagine non potrà per prudenza, che incominciare con il considerare l’ipotesi descritta da Edgar Allan Poe, nelle Regole di critica letteraria (ora in Scritti ritrovati, a cura di F. Mei, con sette disegni di F. Clerici, Brescia, Shakespeare and Company, 1984, pp. 164–165), allo scopo di accertare subito il senso e i limiti della «cosa». Lo humour nero di Poe si colora, qui, di ben altre tinte: «[…] Lasciate che lo spirito del libro in se stesso prenda cura di sé, o che sia oggetto d’attenzione di qualche mano più competente, e per parte vostra procedete ad enumerare gli errori verbali: ogni libro ne contiene abbastanza per farlo condannare, se dovesse essere giudicato solo in base ad essi. Sarà veramente un caso raro se non troverete una dozzina di proposizioni e anche più usate in modo poco corretto, o se non riuscirete a pizzicare una congiunzione o due piuttosto superflua. Quando avrete finito lo spoglio […] ci saranno errori tipografici in abbondanza su cui appuntare l’attenzione; dopodiché se la vostra recensione è ancora difettosa per lunghezza o non è ancora abbastanza cattiva, avete […] il titolo, il tipo dei caratteri, il taglio del volume, la rilegatura e l’editore a cui fare ricorso. Ogni errore scoperto in un libro aiuta a ostacolare la sua vendita e risponde al fine precipuo della critica letteraria, che è quello di mettere il critico, e non l’autore recensito, in una posizione di vantaggio […]. La miglior linea di condotta è di giudicare un libro non per quello che è effettivamente e che vuol essere, ma per quello che non è e che l’autore non ha mai inteso che fosse; in base a questo, pronunciare ma condanna irrevocabile. Con questo sistema costringete l’autore stesso a riconoscere la verità della vostra critica; e di fronte a coloro che si affidano a voi per farsi la loro opinione, sarete considerato un recensore profondo, splendido e brillante. Di tutti i vari modi di recensire un libro, questo offre il più ampio margine di estro, perché non vi costringe a limitarvi all’opera in esame, ma vi permette di citare liberamente dall’ultimo libro che avete letto. Se il libro da cui citate, dovesse trattare un argomento diverso da quello che state recensendo, vi servirà a far apparire l’autore molto ridicolo mostrando quanto egli sia diverso da qualcun altro […]. Niente è più facile che far apparire ridicola un’altra persona, ma non è sempre facile al tempo stesso riuscire a non apparire tali. Perciò, si deve esser sempre molto cauti, nel fare a pezzi un autore, a non infliggere delle ferite a se stessi. In una recensione, lo scopo principale è di far sì che il recensore, non il recensito, appaia in una posizione di vantaggio. Il critico perciò deve spulciare tutte le notizie e le idee brillanti che può, dal libro che sta recensendo, e sporgerle qua e là nel suo articolo, senza rivelare la fonte della loro origine. Il più grande sforzo che deve prefiggersi un recensore è di mettere se stesso tra il pubblico e l’autore, cosicché l’autore viene perso completamente di vista quando l’articolo arriva alla fine».
Il «punto di vista» del recensore tra storiografia e educazione 4. Proprio Gramsci del resto, tutto Gramsci, quello dei Quaderni del carcere e quell’altro che precede (nonostante i necessari distinguo), è un invito alla riflessione sull’argomento nelle sue articolazioni pedagogico– antipedagogiche, didattiche–antididattiche, nel senso appunto della ricerca: e quindi della recensione come indagine innovativa, perspicua, segno di vitalità intellettuale e morale, produttiva a sua volta di nuova vita tecnico–etica, e storico–politica. Né è un caso che l’antica convinzione marxiana sull’educazione, che «le circostanze sono modificate dagli uomini e che l’educatore stesso deve essere educato» (K. Marx, 3 a Tesi su Feuerbach, 1845), rispunti nella sostanza in Gramsci: coniugandosi poi variamente all’idea di una quotidianità formativa, pedagogica, didattica, da riconoscere e da far valere nella complessità delle situazioni di insegnamento–apprendimento. La recensione, a questo livello, è strumento educativo elementare, essenziale: e si ripropone metodologicamente come leva della crescita della volontà e dell’intelligenza individuale e sociale (e quindi di massa). Le «armi della critica», innanzi tutto. Le riviste, i giornali, sedi privilegiate, accanto ai libri, alla scuola, alle altre intermediazioni istituzionali della trasmissione e della produzione di cultura, di sapere, di competenza, all’incrocio di quantità e qualità (Gramsci vi insiste). La recensione, in questo senso, può essere essa stessa ricerca storica di prima mano, esemplificazione minima di indagine storiografica; veicolo, dunque, di abiti critici ed autocritici in sviluppo. Il recensire altro non è, in un’ottica siffatta, che una presa d’atto della realtà nel suo prodursi quotidiano, problematico, non prevedibile e nondimeno da padroneggiare razionalmente. L’atteggiamento del recensore dovrà allora essere senza meno attivo, frontale, alternativo a ragion veduta, oppositivo se serve, nell’interesse dell’oggetto medesimo di recensione: e integrativo, correttivo, modificativo ben oltre l’esistente, in funzione di un’ulteriorità recensiva in formazione, tanto se si guarda all’intervento del recensore, quanto al carattere della «cosa» (come già si diceva più sopra) recensita o recensibile. A cominciare appunto dalla sua relazione con la quotidianità e dai suoi «documenti» giornalieri: al limite dal «giornale in classe» come strumento storiografico–educativo in senso stretto e in senso lato), metodologicamente eletto a rappresentare i termini per così dire «sperimentali» del rapporto, da un certo «punto 341
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Nicola Siciliani de Cumis<br />
c) Discorso a parte, benché organicamente connesso alla recensione, meriterebbe,<br />
anche in questo quadro, la stroncatura 15 .<br />
15 La stroncatura. Ricerca necessaria. E l’indagine non potrà per prudenza, che<br />
incominciare con il considerare l’ipotesi descritta da Edgar Allan Poe, nelle Regole <strong>di</strong><br />
critica letteraria (ora in Scritti ritrovati, a cura <strong>di</strong> F. Mei, con sette <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Clerici,<br />
Brescia, Shakespeare and Company, 1984, pp. 164–165), allo scopo <strong>di</strong> accertare subito<br />
il senso e i limiti della «cosa». Lo humour nero <strong>di</strong> Poe si colora, qui, <strong>di</strong> ben altre<br />
tinte:<br />
«[…] Lasciate che lo spirito del libro in se stesso prenda cura <strong>di</strong> sé, o che sia oggetto<br />
d’attenzione <strong>di</strong> qualche mano più competente, e per parte vostra procedete ad<br />
enumerare gli errori verbali: ogni libro ne contiene abbastanza per farlo condannare,<br />
se dovesse essere giu<strong>di</strong>cato solo in base ad essi. Sarà veramente un caso raro se non<br />
troverete una dozzina <strong>di</strong> proposizioni e anche più usate in modo poco corretto, o se<br />
non riuscirete a pizzicare una congiunzione o due piuttosto superflua. Quando avrete<br />
finito lo spoglio […] ci saranno errori tipografici in abbondanza su cui appuntare<br />
l’attenzione; dopo<strong>di</strong>ché se la vostra recensione è ancora <strong>di</strong>fettosa per lunghezza<br />
o non è ancora abbastanza cattiva, avete […] il titolo, il tipo dei caratteri, il taglio del<br />
volume, la rilegatura e l’e<strong>di</strong>tore a cui fare ricorso. Ogni errore scoperto in un libro<br />
aiuta a ostacolare la sua ven<strong>di</strong>ta e risponde al fine precipuo della critica letteraria,<br />
che è quello <strong>di</strong> mettere il critico, e non l’autore recensito, in una posizione <strong>di</strong> vantaggio<br />
[…].<br />
La miglior linea <strong>di</strong> condotta è <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care un libro non per quello che è effettivamente<br />
e che vuol essere, ma per quello che non è e che l’autore non ha mai inteso<br />
che fosse; in base a questo, pronunciare ma condanna irrevocabile. Con questo sistema<br />
costringete l’autore stesso a riconoscere la verità della vostra critica; e <strong>di</strong> fronte<br />
a coloro che si affidano a voi per farsi la loro opinione, sarete considerato un recensore<br />
profondo, splen<strong>di</strong>do e brillante. Di tutti i vari mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> recensire un libro,<br />
questo offre il più ampio margine <strong>di</strong> estro, perché non vi costringe a limitarvi all’opera<br />
in esame, ma vi permette <strong>di</strong> citare liberamente dall’ultimo libro che avete letto.<br />
Se il libro da cui citate, dovesse trattare un argomento <strong>di</strong>verso da quello che state<br />
recensendo, vi servirà a far apparire l’autore molto ri<strong>di</strong>colo mostrando quanto egli<br />
sia <strong>di</strong>verso da qualcun altro […].<br />
Niente è più facile che far apparire ri<strong>di</strong>cola un’altra persona, ma non è sempre<br />
facile al tempo stesso riuscire a non apparire tali. Perciò, si deve esser sempre molto<br />
cauti, nel fare a pezzi un autore, a non infliggere delle ferite a se stessi. In una recensione,<br />
lo scopo principale è <strong>di</strong> far sì che il recensore, non il recensito, appaia in una<br />
posizione <strong>di</strong> vantaggio. Il critico perciò deve spulciare tutte le notizie e le idee brillanti<br />
che può, dal libro che sta recensendo, e sporgerle qua e là nel suo articolo, senza<br />
rivelare la fonte della loro origine. Il più grande sforzo che deve prefiggersi un<br />
recensore è <strong>di</strong> mettere se stesso tra il pubblico e l’autore, cosicché l’autore viene perso<br />
completamente <strong>di</strong> vista quando l’articolo arriva alla fine».