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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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20<br />

Mario Casalinuovo<br />

santa gra<strong>di</strong>: e nel senso più ampio, soggettivo ed oggettivo del genitivo,<br />

comprendente intanto l’Università come sede fisica–architettonica e tecnico–istituzionale<br />

delle funzioni scientifiche e <strong>di</strong>dattiche proprie della<br />

vecchia “Sapienza” nel trentennio 1874–1904; ma inclusiva anche dell’Università<br />

come luogo mentale–ideale e pratico–educativo perpetuo, in<br />

cui si rispecchia la complessiva esperienza culturale e pedagogica labriolana<br />

nella società civile», come ha ritenuto e specificato nella Premessa il<br />

curatore dell’opera.<br />

L’In<strong>di</strong>ce analitico consente <strong>di</strong> avere presenti tutti gli approfon<strong>di</strong>menti<br />

che, nel tempo, sono stati fatti sulla figura e sull’opera <strong>di</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong><br />

ed anche della sua esperienza <strong>di</strong> ispettore delle “scuole normali”,<br />

le scuole destinate alla preparazione dei maestri elementari, per conto<br />

del Ministero della pubblica istruzione, con il suo appassionato contributo<br />

per lo stu<strong>di</strong>o ed allo stu<strong>di</strong>o della “storia” nelle scuole elementari.<br />

Tra gli altri approfon<strong>di</strong>menti sull’opera del <strong>Labriola</strong>, tutti <strong>di</strong> grande<br />

importanza, ci sono quelli dell’Autore–curatore del volume–catalogo che<br />

ritengo <strong>di</strong> particolare interesse, anche per i riferimenti politici. In <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Labriola</strong>, a centosessanta anni dalla nascita (p. 165), il prof. Nicola Siciliani<br />

de Cumis analizza, tra l’altro, le lezioni conclusive del <strong>Labriola</strong> all’Università<br />

<strong>di</strong> Roma, con oggetto anche tanti ricor<strong>di</strong> autobiografici. E, tra<br />

questi, ci sono brani <strong>di</strong> due lettere: una lettera aperta a Ettore Socci ed<br />

un’altra a Filippo Turati. Nella prima, il <strong>Labriola</strong> affermò: «Da alcuni<br />

anni in qua, ch’io mi professo pubblicamente socialista, dopo d’aver maturata<br />

già innanzi, nella mente e nell’animo, cotesta dottrina e cotesta<br />

persuasione, ho chiuso sempre gli occhi alla critica poco seria, poco garbata,<br />

poco ragionevole <strong>di</strong> quelli i quali credono <strong>di</strong> cogliere in fallo un<br />

uomo se affermano che le idee alle quali è giunto non sian quelle dalle<br />

qual è partito… senza aver letto e u<strong>di</strong>to quello che ho scritto, insegnato e<br />

detto da vent’anni in qua, da che punto, davvero io sia partito, e a che<br />

punto io sia davvero arrivato». Nella seconda, a Filippo Turati, evidentemente<br />

rispondendo ad altre critiche, <strong>di</strong>sse ancora: «Ma v’ingannate<br />

quando credete che io non viva il contatto con gli operai. Ho menato a<br />

Roma vita rumorosa dal 1888 al 1° maggio 91, avrò fatto duecento <strong>di</strong>scorsi<br />

ed ho preso parte ad altrettante riunioni, ho ideato circoli, federazioni<br />

e cooperative…

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