Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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316 Nicola Siciliani de Cumis stucchevole elencare qui tutti quei luoghi dei miei scritti nei quali, in quarant’anni di studi su Labriola, rifacendomi alle consolidate posizioni e discussioni in proposito, ho cercato di sottolineare la coesistenza di tortuosità e linearità nella formazione labrioliana, tra continuità e rotture, tra pubblico e privato, tra liberalismo e socialismo, tra filosofia, pedagogia e politica, ecc. È inutile, perché proprio nella mostra e nel catalogo non mancano tutta una serie di indicazioni, atte a produrre effettivi motivi di nuove indagini, assai più di quanto non faccia Miccolis nella sua fuorviante tiritela, sulla genesi del passaggio di Labriola dal liberalismo al socialismo. Per non dire dei saggi compresi nel libro (tutti selezionati al fine di illustrare le varie facce del “fenomeno” Labriola), ricordo soltanto il pannello su «Labriola, l’omnimoventesi», quell’altro dal titolo «Non “pregiudizi speculativi”, ma scienze sociali e politica», quell’altro ancora su «Labriola alla Fondazione Gramsci» e quello infine «Per il Labriola di Eugenio Garin», ecc. 3) E vengo all’altrettanto sterile requisitoria del recensore, per l’avere io, nel corso degli anni, attribuito incautamente scritti non di Labriola a Labriola; e, come insegnante, di stare quindi ad “ingannare” con bugie storiografiche i miei ignari, fiduciosi studenti… Non credo, a tal proposito, di avere gran che da dire. E questo, semplicemente perché non mi sembra di avere mai, dico mai, ascritto «con sicure ragioni» testi di dubbia paternità a Labriola. Mi pare invece di essermi sempre limitato a svolgere qualche doveroso, aperto ragionamento, nella forma esplicita dell’illazione, della supposizione, del dubbio, dell’indagine da svolgere, circa la possibilità delle attribuzioni, non scartando mai l’eventualità opposta. E, se talvolta ho ritenuto di avanzare una qualche ipotesi in senso positivo, lo ho fatto convinto come ero e sono che sul Labriola pubblicista e recensore di libri c’era e c’è ancora molto da scoprire; che, accanto al Labriola scrittore, rimane da conoscere il Labriola lettore («dagli elementi della formazione alla cosa formata»); e che, tra l’uno e l’altro, vi sia talvolta una linea di confine assai sottile ed un contesto in movimento da indagare del tutto, o quasi del tutto. Di qui la necessità, nelle diverse situazioni, di distinguere sempre tra testi certamente di Labriola, testi non di Labriola, testi forse di Labriola, testi in

Poe, Labriola, tre mamozii e il Rodimčik di Makarenko qualche modo collegabili a Labriola; e nondimeno l’opportunità di additare, tra gli uni e gli altri, nessi, interferenze, sovrapposizioni, elementi culturali in comune, stili di pensiero, motivi formativi i più diversi. E ciò, ai vari livelli: così sul piano degli scritti di Labriola e delle loro fonti, prossime e meno prossime; sul terreno dei testi, dei contesti e dei pretesti di ciascun momento formativo; nell’ambito della soggettività labrioliana e della collegialità di certe sue esperienze nelle redazioni di giornali e riviste, a scuola e nell’università, nonché nell’ambito di attività culturali di diverso tipo, in congressi, associazioni, circoli, comitati, ambienti di partito, ecc. 4) Quanto alle altre notazioni del severissimo mamozio terzo, mi limiterei a far presente: a) che si può tranquillamente sostenere che un hegeliano come Labriola, marxista in atto tra i cinquanta e i sessantun anni, non può non essere stato, in qualche modo, marxista in fieri anche in precedenza, nei lunghi decenni della vigilia: e questo, purché ci si intenda sul senso complessivo del suo itinerario, del suo sottolineato non–contraddirsi ma svolgersi, del particolare tipo del suo liberalismo (prima) e del suo marxismo (dopo) e, dunque, delle peculiari modalità antiche e nuove del loro farsi; b) che già nel 1876, nonostante la particolarità di quel momento “universitario” ed etico–politico, l’atteggiamento di Labriola verso gli operai e la loro educazione, verso la politica e la «rivoluzione», non è che una risultante, tra le altre, delle continue discontinuità e discontinue continuità della formazione: non a caso accade che Labriola, nel corso della vita, chiami con nomi diversi la stessa cosa («rivoluzione», per l’appunto) e chiami cose diverse con lo stesso nome (ancora «rivoluzione»); c) che se è certo importante stabilire che lo scritto del giovanissimo Labriola in polemica con il neokantiano Eduard Zeller debba non essere dell’inverno 1862 (come lo stesso Labriola attesta), ma della primavera del 1863, è altrettanto importante il fatto che Labriola possa essere caduto proprio in un errore come questo: perché, evidentemente, la polemica contro il “ritorno a Kant”, nella memoria di Labriola, si situa in un contesto altrettanto degno di memoria quanto e forse più dello stesso testo; un contesto, evocativo tanto delle lezioni di Bertrando Spaventa all’Uni- 317

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Nicola Siciliani de Cumis<br />

stucchevole elencare qui tutti quei luoghi dei miei scritti nei quali, in<br />

quarant’anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> su <strong>Labriola</strong>, rifacendomi alle consolidate posizioni<br />

e <strong>di</strong>scussioni in proposito, ho cercato <strong>di</strong> sottolineare la coesistenza <strong>di</strong> tortuosità<br />

e linearità nella formazione labrioliana, tra continuità e rotture,<br />

tra pubblico e privato, tra liberalismo e socialismo, tra filosofia, pedagogia<br />

e politica, ecc.<br />

È inutile, perché proprio nella mostra e nel catalogo non mancano tutta<br />

una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni, atte a produrre effettivi motivi <strong>di</strong> nuove indagini,<br />

assai più <strong>di</strong> quanto non faccia Miccolis nella sua fuorviante tiritela,<br />

sulla genesi del passaggio <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong> dal liberalismo al socialismo.<br />

Per non <strong>di</strong>re dei saggi compresi nel libro (tutti selezionati al fine <strong>di</strong><br />

illustrare le varie facce del “fenomeno” <strong>Labriola</strong>), ricordo soltanto il<br />

pannello su «<strong>Labriola</strong>, l’omnimoventesi», quell’altro dal titolo «Non<br />

“pregiu<strong>di</strong>zi speculativi”, ma scienze sociali e politica», quell’altro ancora<br />

su «<strong>Labriola</strong> alla Fondazione Gramsci» e quello infine «Per il <strong>Labriola</strong> <strong>di</strong><br />

Eugenio Garin», ecc.<br />

3) E vengo all’altrettanto sterile requisitoria del recensore, per l’avere<br />

io, nel corso degli anni, attribuito incautamente scritti non <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong><br />

a <strong>Labriola</strong>; e, come insegnante, <strong>di</strong> stare quin<strong>di</strong> ad “ingannare” con bugie<br />

storiografiche i miei ignari, fiduciosi studenti… Non credo, a tal proposito,<br />

<strong>di</strong> avere gran che da <strong>di</strong>re.<br />

E questo, semplicemente perché non mi sembra <strong>di</strong> avere mai, <strong>di</strong>co<br />

mai, ascritto «con sicure ragioni» testi <strong>di</strong> dubbia paternità a <strong>Labriola</strong>. Mi<br />

pare invece <strong>di</strong> essermi sempre limitato a svolgere qualche doveroso, aperto<br />

ragionamento, nella forma esplicita dell’illazione, della supposizione,<br />

del dubbio, dell’indagine da svolgere, circa la possibilità delle attribuzioni,<br />

non scartando mai l’eventualità opposta. E, se talvolta ho ritenuto<br />

<strong>di</strong> avanzare una qualche ipotesi in senso positivo, lo ho fatto convinto<br />

come ero e sono che sul <strong>Labriola</strong> pubblicista e recensore <strong>di</strong> libri<br />

c’era e c’è ancora molto da scoprire; che, accanto al <strong>Labriola</strong> scrittore,<br />

rimane da conoscere il <strong>Labriola</strong> lettore («dagli elementi della formazione<br />

alla cosa formata»); e che, tra l’uno e l’altro, vi sia talvolta una linea <strong>di</strong><br />

confine assai sottile ed un contesto in movimento da indagare del tutto,<br />

o quasi del tutto.<br />

Di qui la necessità, nelle <strong>di</strong>verse situazioni, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere sempre tra<br />

testi certamente <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong>, testi non <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong>, testi forse <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong>, testi in

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