Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia
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286 Roberto Toro sistemi informatici per la costruzione automatizzata e individualizzata di profili di orientamento)» 10 . A tali strumenti pedagogici (ascrivibili, almeno in parte, all’ambito delle nuove tecnologie) possono forse avvicinarsi i più recenti prodotti dello sviluppo multimediale, nella veste di sussidi didattici — e, in senso lato, formativi — ormai indispensabili. Si assiste, in definitiva, alla conferma dell’ipotesi che «la strumentazione tecnologica possa creare nella scuola nuove sintesi di metodi pedagogici; possa cioè consentire, nella pratica, la traduzione dei “criteri di cambiamento” in “nuovi modelli di interazione didattica”» 11 : tale mutamento, lungi dal poter essere definito in modo permanente, risulta determinato dall’intersezione di variabili — l’innovazione del sapere e la medesima possibilità di trasmetterne i contenuti — non riconducibili ad una sintesi definitiva (e, anzi, fondate sul divenire del contesto esperienziale). Se il ricorso a procedimenti informatici o audiovisivi nell’ambito della formazione si inserisce nella dimensione progettuale dell’operare didattico, il significato (tendenzialmente generico 12 ) del termine “multimedialità” appare destinato a precisarsi in relazione agli specifici percorsi progettuali nei quali esso risulta utilizzato; ciò non esclude, peraltro, il possibile configurarsi di un vero e proprio modello di apprendimento multimediale, per così dire “trasversale” rispetto ai singoli itinerari didattici di volta in volta predisposti e resi operativi 13 . 10 Ivi, p. 209. 11 R. ZAVALLONI – M. PARENTE, Formazione degli insegnanti e innovazione educativa, Roma, Antonianum, 1980, p. 250. 12 «La multimedialità rischia di affondare nella multisemanticità. Per galleggiare e per navigare deve liberarsi di alcuni pesi. Tra questi, la genericità» (MARAGLIANO, Nuovo manuale di didattica multimediale, cit., p. 5). 13 «L’uso strutturale di strumenti multimediali preconizza una scuola di nuovo tipo. Antonio Calvani la definisce “Iperscuola”, in un saggio dallo stesso titolo. Non si vuol dire che non sia possibile utilizzare strumenti informatici o multimediali nell’ambito dell’organizzazione attuale, ma che essi tendono a cambiarne la forma, verso un modello che può essere realizzato anche parzialmente, ma che costituisce comunque un punto di riferimento e una tendenza del processo di trasformazione in atto» (E. RUFFALDI, Insegnare filosofia, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1999, pp. 151–152).
Antonio Labriola e la multimedialità È nel delinearsi di una simile prospettiva (considerata nel suo insieme e non soltanto in riferimento agli sviluppi maggiormente avanzati) che possono trovare posto alcune tra le più suggestive intuizioni labrioliane: lo scritto di Boncori ne offre una significativa testimonianza. Pure, la necessità di situare i contributi di Labriola in una collocazione “naturale” — avvertita e resa esplicita dallo stesso Boncori — vale a ricondurre, in modo più generale, la figura di Labriola nel contesto che meglio le si addice: «[…] ciò che degli “scritti pedagogici” sembra più ermeneuticamente attuale, oltre agli aspetti brevemente accennati, è una dimensione trasversale che inserisce quest’autore all’interno dello sviluppo storico tra filosofia e pedagogia, quasi un ponte tra metodologie educative in un processo di fortissimi cambiamenti annunciati, tra teoresi e sperimentazione» 14 . Labriola come “uomo di confine”, dunque, in una visione che potrebbe — in modo, apparentemente, paradossale — presentarsi accanto a quella di un Labriola «pedagogista (nel senso lato della parola) solo fino ad un certo punto attuale» 15 . Non è, qui, in discussione lo spessore educativo dell’intera opera labrioliana 16 : «Il problema è […] di conoscere, alla fine, accanto al come ed al perché dell’attualità di un Labriola rivoluzionario in quanto educatore, il vantaggio che può forse derivare oggi, ancor più, dalla verifica e dall’accertamento dei fatti che sono alla base della sua stessa ipotizzata “inattualità” di filosofo e di marxista della Seconda internazionale» 17 . 3. Dalla Mostra al Catalogo: idee per un percorso di lettura La presenza, in Antonio Labriola, di un’apprezzabile apertura verso il nuovo (anche nei termini, fin qui introdotti, di un’attitudine in qualche misura sperimentalista) rappresenta, con ogni evidenza, un elemento importante nella delineazione di quel percorso di lettura del quale si è accennato, in vista di una possibile ricostruzione del rapporto Labriola– 14 BONCORI, Metodologia sperimentale…, cit., p. 215. 15 N. SICILIANI DE CUMIS, Laboratorio Labriola. Ricerca, didattica, formazione, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1994, p. 37. 16 Per le osservazioni espresse, in proposito, da Siciliani de Cumis, cfr. ivi, pp. 35 e sgg. 17 Ivi, pp. 39–40. 287
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Roberto Toro<br />
sistemi informatici per la costruzione automatizzata e in<strong>di</strong>vidualizzata<br />
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A tali strumenti pedagogici (ascrivibili, almeno in parte, all’ambito<br />
delle nuove tecnologie) possono forse avvicinarsi i più recenti prodotti<br />
dello sviluppo multime<strong>di</strong>ale, nella veste <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici — e, in senso<br />
lato, formativi — ormai in<strong>di</strong>spensabili. Si assiste, in definitiva, alla conferma<br />
dell’ipotesi che «la strumentazione tecnologica possa creare nella<br />
scuola nuove sintesi <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> pedagogici; possa cioè consentire, nella<br />
pratica, la traduzione dei “criteri <strong>di</strong> cambiamento” in “nuovi modelli <strong>di</strong><br />
interazione <strong>di</strong>dattica”» 11 : tale mutamento, lungi dal poter essere definito<br />
in modo permanente, risulta determinato dall’intersezione <strong>di</strong> variabili —<br />
l’innovazione del sapere e la medesima possibilità <strong>di</strong> trasmetterne i contenuti<br />
— non riconducibili ad una sintesi definitiva (e, anzi, fondate sul<br />
<strong>di</strong>venire del contesto esperienziale).<br />
Se il ricorso a proce<strong>di</strong>menti informatici o au<strong>di</strong>ovisivi nell’ambito della<br />
formazione si inserisce nella <strong>di</strong>mensione progettuale dell’operare <strong>di</strong>dattico,<br />
il significato (tendenzialmente generico 12 ) del termine “multime<strong>di</strong>alità”<br />
appare destinato a precisarsi in relazione agli specifici percorsi progettuali<br />
nei quali esso risulta utilizzato; ciò non esclude, peraltro, il possibile<br />
configurarsi <strong>di</strong> un vero e proprio modello <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento multime<strong>di</strong>ale,<br />
per così <strong>di</strong>re “trasversale” rispetto ai singoli itinerari <strong>di</strong>dattici<br />
<strong>di</strong> volta in volta pre<strong>di</strong>sposti e resi operativi 13 .<br />
10 Ivi, p. 209.<br />
11 R. ZAVALLONI – M. PARENTE, Formazione degli insegnanti e innovazione educativa,<br />
Roma, Antonianum, 1980, p. 250.<br />
12 <strong>«La</strong> multime<strong>di</strong>alità rischia <strong>di</strong> affondare nella multisemanticità. Per galleggiare<br />
e per navigare deve liberarsi <strong>di</strong> alcuni pesi. Tra questi, la genericità» (MARAGLIANO,<br />
Nuovo manuale <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica multime<strong>di</strong>ale, cit., p. 5).<br />
13 «L’uso strutturale <strong>di</strong> strumenti multime<strong>di</strong>ali preconizza una scuola <strong>di</strong> nuovo<br />
tipo. <strong>Antonio</strong> Calvani la definisce “Iperscuola”, in un saggio dallo stesso titolo. Non<br />
si vuol <strong>di</strong>re che non sia possibile utilizzare strumenti informatici o multime<strong>di</strong>ali<br />
nell’ambito dell’organizzazione attuale, ma che essi tendono a cambiarne la forma,<br />
verso un modello che può essere realizzato anche parzialmente, ma che costituisce<br />
comunque un punto <strong>di</strong> riferimento e una tendenza del processo <strong>di</strong> trasformazione<br />
in atto» (E. RUFFALDI, Insegnare filosofia, Scan<strong>di</strong>cci (Firenze), La Nuova Italia, 1999,<br />
pp. 151–152).