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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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192<br />

Clau<strong>di</strong>a Pinci<br />

Siamo quin<strong>di</strong> nella storia, ne assecon<strong>di</strong>amo l’andamento ciclico, ma<br />

cerchiamo <strong>di</strong> farlo polemicamente, o meglio criticamente. Come <strong>Labriola</strong><br />

ci ha insegnato.<br />

Il filo della vita <strong>di</strong> lui fu tagliato troppo presto e troppo rapidamente, perché<br />

Egli potesse compiere la grande opera definitiva che raccogliesse ed esprimesse<br />

il pensiero Suo, giunto alla piena maturità. Per un processo <strong>di</strong> sviluppo interiore,<br />

continuo, e alle volte affannoso, Egli dall’animo mobilissimo, cambiò più<br />

volte <strong>di</strong> atteggiamento e <strong>di</strong> stile, cosicché sembrò che vivesse in una perpetua<br />

giovinezza. Fu caro ai giovani per questo perenne rinnovarsi, per questa instabilità,<br />

nella quale trovava meravigliosa espressione la vita, nel suo corso incessante.<br />

Egli era un atleta della polemica: così fu detto. E tale fu per davvero. Addestrò<br />

gli spiriti giovanili a questa ginnastica da atleti, togliendo gli appoggi, le<br />

impalcature e i sostegni, le formule e le definizioni, in quelle geniali corse attraverso<br />

la storia delle cose e delle idee, che Egli faceva con tanto <strong>di</strong>letto e con tanto<br />

profitto. Sì Egli fu, in questo senso, un atleta e insieme suscitatore abilissimo, <strong>di</strong><br />

una folla <strong>di</strong> pensieri, arguto e mordente, passionale sì, ma pur sempre organico<br />

ed or<strong>di</strong>nato nella esposizione, nell’apparente <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sciplina<br />

13 .<br />

Nella <strong>di</strong>menticanza collettiva, qualcuno ha continuato a lavorare su<br />

<strong>Labriola</strong>, sulle questioni <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> politica, <strong>di</strong> formazione, <strong>di</strong> società<br />

proprie della sua riflessione, dapprima lo ha mantenuto vivo, certo che<br />

potesse ancora appassionare, e poi gli ha concesso la possibilità <strong>di</strong> crescita<br />

attraverso l’aspettativa <strong>di</strong> riflessioni ulteriori.<br />

<strong>Labriola</strong> non c’è più, per lui il catalogo, che oltre a <strong>di</strong>re, può far <strong>di</strong>re,<br />

molto ancora. Non è un utopia, se oggi siamo qui a scrivere, questa lettura<br />

ha suscitato qualcosa. Il lungo lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi, studenti e neolaureati,<br />

fatto <strong>di</strong> ricerche, analisi, confronti, <strong>di</strong>scussioni, prove, ripetizioni, è<br />

riuscito nell’intento <strong>di</strong> lasciare un segno, se non ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> trasmettere<br />

compiutamente il pensiero <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong>, poiché il suo fare <strong>di</strong>latato e<br />

ammaliante appassiona.<br />

Il catalogo ha come obiettivo quello <strong>di</strong> tracciare un impronta, non necessariamente<br />

indelebile. Tuttavia, attraverso l’uso <strong>di</strong> ragione e senti-<br />

13 Da T. LABRIOLA, Mio padre, in «Scintilla <strong>di</strong> Calen<strong>di</strong>maggio», 1913. pp. 21–32. Citato<br />

in Il Mondo <strong>di</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e il Laboratorio <strong>Labriola</strong>, in <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e la sua<br />

Università, cit., p. 137.

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