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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Le parole <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong> e quelle <strong>di</strong> Makarenko<br />

obiettando contro l’efficacia della Pedagogia. “Provvisoriamente (rispose con<br />

vichiana e hegeliana asprezza l’herbartiano professore), provvisoriamente lo<br />

farei schiavo; e questa sarebbe la pedagogia del caso, salvo a vedere se pei suoi<br />

nipoti e pronipoti si potrà cominciare ad adoperare qualcosa della pedagogia<br />

nostra” 12 .<br />

Con tale episo<strong>di</strong>o <strong>Labriola</strong> sembra esprime in forma singolare il concetto<br />

che l’educazione presuppone uno sforzo prolungato ed un impegno<br />

rigoroso. Inoltre, il farlo schiavo può rientrare nel gusto del paradosso<br />

labrioliano, che lo portava spesso a chiarire i problemi con le battute,<br />

ma al <strong>di</strong> là dell’apparenza egli è comunque sensibile alla situazione. In<br />

questo aneddoto è possibile rintracciare la <strong>di</strong>stinzione che <strong>Labriola</strong> opera<br />

tra l’attività del pensare e quella dell’educare. La risposta segue una<br />

“logica della separazione”, egli <strong>di</strong>stingue una “cultura alta” che ha fini<br />

pedagogici, da ciò che è pedagogia, che è, a suo avviso, qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

dalla cultura; quin<strong>di</strong> da un lato c’è l’idea <strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong> cultura<br />

per pochi e dall’altro la pratica pedagogica, come istruzione destinabile<br />

ai molti.<br />

Più volte ritorna nel catalogo il noto aneddoto del papuano, ci fa intendere<br />

l’inclinazione labrioliana al paradosso, ci introduce inconsciamente<br />

ma pienamente in quel momento, e ci chiama in causa. Ci induce<br />

a sviluppare la nostra capacità critica, il nostro punto <strong>di</strong> vista, e noi generazioni<br />

future, cogliamo lo stimolo che ci offre l’autore. Esaminiamo, analizziamo,<br />

scandagliamo, vagliamo, ogni ipotesi, <strong>di</strong>amo <strong>di</strong>verse interpretazioni,<br />

come lui avrebbe voluto che fosse. In prospettiva, ci sentiamo<br />

suoi allievi, e lui sembra stimolarci, ci porta al confronto, alla <strong>di</strong>scussione,<br />

che è con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per l’apprendere, grazie a lui cresciamo,<br />

progre<strong>di</strong>amo, mentalmente, intellettualmente, moralmente. La<br />

sua teoria giunge a noi nipoti o pronipoti. E avvaloriamo in tal modo la<br />

sua ipotesi per cui prima o poi, ma lentamente, senza bruciare le tappe,<br />

dando tempo al tempo, tutte le culture dovranno passare attraverso una<br />

cultura più alta, che conduce innanzi alla storia, unica reale signora.<br />

12 N. SICILIANI DE CUMIS, <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> a centosessant’anni dalla nascita, in <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Labriola</strong> e la sua Università, cit., p. 170.<br />

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