Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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148 Vincenzo Orsomarso Per il Labriola la questione si presenta in termini ben più complessi, perché la storia «è storia del lavoro», che «è il nerbo del vivere umano, l’uomo stesso che si svolge» 50 . Ma «da premessa di ogni umana esistenza», «di ogni progresso», il lavoro diventa condizione di «soggezione del più gran numero degli uomini» alla «comodidi pochi» 51 . L’articolazione fondamentale della società poggia sui rapporti che «intercedono tra coloro, i quali direttamente producono col lavoro e coi suoi strumenti i beni materiali» 52 . Nel «concetto di storia del lavoro è implicita la forma sempre sociale del lavoro stesso, e il variare di tale forma: ― l’uomo storico è sempre l’uomo sociale, e il presunto uomo presociale, o supersociale, è un parto della fantasia». In Labriola la «produzione materiale» nel senso stretto della parola non è dissociata da quell’altra e simultanea produzione che gli uomini compiono dei loro stessi rapporti. Nella produzione gli uomini non agiscono solo sulla natura per creare un «ambiente artificiale», ma agiscono anche gli uni sugli altri. Per produrre stabiliscono legami e rapporti e la loro azione sulla natura, la produzione, ha luogo soltanto nel quadro dei rapporti sociali stabiliti. Siamo ben lontani da un concetto naturalistico di economia propria del marginalismo, la storia come storia del lavoro è un conoscere operando, è la prassi; il che implica «lo sviluppo rispettivamente proporzionato e proporzionale delle attitudini mentali e delle attitudini operative» 53 . D’altronde una formazione storico–sociale nuova va ipotizzata, studiata, preparata, organizzata, voluta da quanti nel tempo, concorrono alla sua genesi; ma per esistere e durare in qualche modo storicamente e politicamente, deve arrivare ad essere forma reale necessaria dei suoi contenuti di oggettiva razionalità. Deve cioè vivere socialmente nei fatti allo stesso modo in cui riesce a vivere filosoficamente nella teoria, per farsi quindi movimento reale e coscienza di classe: capacità di produrre la trasformazione morfologica richiesta dalle dinamiche conflittuali di classe. 50 LABRIOLA, Discorrendo di filosofia e di socialismo, cit., p. 232. 51 Ivi, p. 251. 52 Ivi, p. 214. 53 Ivi, p. 204.

Labriola, la filosofia, l’Università e il socialismo 2. L’«arbitrio soggettivo» La storia così integralmente intesa «è il fatto dell’uomo» 54 ma non cede «all’arbitrio soggettivo, che annunci una correzione, proclami una riforma, o formuli un progetto». La «relatività» delle formazioni economico–sociali sta nel fatto che si costituiscono in determinate situazioni, ma non può essere ridotta a «fugacità», a «mera apparenza». Da qui la ragione della lunga citazione della Prefazione del ‘59 a Per la critica dell’economia politica e il frequente riecheggiare nelle argomentazioni labrioliane delle affermazioni marxiane intorno alla «formazione sociale» che «non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive per le quali essa ha spazio sufficiente» 55 . Più forze di produzione «il mago va evocando, e più forze di ribellione contro di sé stesso suscita e prepara». Più «larghi si fanno i confini del mondo borghese, più popoli vi entrano, abbandonando e sorpassando le forme inferiori di produzione, ed ecco che più precise e sicure divengono le aspettative del comunismo» 56 . Su questa base il «socialismo scientifico […] non è più la critica soggettiva applicata alle cose» 57 , non è quel «socialismo» che «per lungo tempo» è stato «utopistico, progettistico, estemporaneo e visionario» 58 , «ma è il ritrovamento dell’autocritica che è nelle cose stesse». La critica vera della società esercitata dalla «società stessa, che per condizioni antitetiche dei contrasti su i quali poggia genera da sé in se stessa le contraddizioni» 59 . Ma se nel primo saggio la previsione del socialismo corre sicura nel suo carattere morfologico, nel terzo saggio Labriola va precisando come l’esperienza di questi ultimi cinquant’anni deve indurre a pensare ad un processo di trasformazione sociale in termini di lunga durata, il che rende la previsione «morfologica» incerta, dato il complicarsi e l’ampliarsi 54 LABRIOLA, Del materialismo storico, cit., p. 76. 55 LABRIOLA, In memoria del Manifesto dei comunisti, cit., p. 30. 56 Ivi, p. 55. 57 LABRIOLA, Del materialismo storico, cit., p. 105. 58 LABRIOLA, Discorrendo di filosofia e di socialismo, cit., p. 285. 59 LABRIOLA, Del materialismo storico, cit., p. 105. 149

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Vincenzo Orsomarso<br />

Per il <strong>Labriola</strong> la questione si presenta in termini ben più complessi,<br />

perché la storia «è storia del lavoro», che «è il nerbo del vivere umano,<br />

l’uomo stesso che si svolge» 50 . Ma «da premessa <strong>di</strong> ogni umana esistenza»,<br />

«<strong>di</strong> ogni progresso», il lavoro <strong>di</strong>venta con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> «soggezione del<br />

più gran numero degli uomini» alla «como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> pochi» 51 .<br />

L’articolazione fondamentale della società poggia sui rapporti che<br />

«intercedono tra coloro, i quali <strong>di</strong>rettamente producono col lavoro e coi<br />

suoi strumenti i beni materiali» 52 .<br />

Nel «concetto <strong>di</strong> storia del lavoro è implicita la forma sempre sociale<br />

del lavoro stesso, e il variare <strong>di</strong> tale forma: ― l’uomo storico è sempre<br />

l’uomo sociale, e il presunto uomo presociale, o supersociale, è un parto<br />

della fantasia».<br />

In <strong>Labriola</strong> la «produzione materiale» nel senso stretto della parola<br />

non è <strong>di</strong>ssociata da quell’altra e simultanea produzione che gli uomini<br />

compiono dei loro stessi rapporti. Nella produzione gli uomini non agiscono<br />

solo sulla natura per creare un «ambiente artificiale», ma agiscono<br />

anche gli uni sugli altri. Per produrre stabiliscono legami e rapporti e la<br />

loro azione sulla natura, la produzione, ha luogo soltanto nel quadro dei<br />

rapporti sociali stabiliti.<br />

Siamo ben lontani da un concetto naturalistico <strong>di</strong> economia propria del<br />

marginalismo, la storia come storia del lavoro è un conoscere operando, è<br />

la prassi; il che implica «lo sviluppo rispettivamente proporzionato e proporzionale<br />

delle attitu<strong>di</strong>ni mentali e delle attitu<strong>di</strong>ni operative» 53 .<br />

D’altronde una formazione storico–sociale nuova va ipotizzata, stu<strong>di</strong>ata,<br />

preparata, organizzata, voluta da quanti nel tempo, concorrono alla<br />

sua genesi; ma per esistere e durare in qualche modo storicamente e politicamente,<br />

deve arrivare ad essere forma reale necessaria dei suoi contenuti<br />

<strong>di</strong> oggettiva razionalità. Deve cioè vivere socialmente nei fatti allo stesso<br />

modo in cui riesce a vivere filosoficamente nella teoria, per farsi quin<strong>di</strong><br />

movimento reale e coscienza <strong>di</strong> classe: capacità <strong>di</strong> produrre la trasformazione<br />

morfologica richiesta dalle <strong>di</strong>namiche conflittuali <strong>di</strong> classe.<br />

50 LABRIOLA, Discorrendo <strong>di</strong> filosofia e <strong>di</strong> socialismo, cit., p. 232.<br />

51 Ivi, p. 251.<br />

52 Ivi, p. 214.<br />

53 Ivi, p. 204.

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