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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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124<br />

Stefano Miccolis<br />

Alle relazioni, redatte da altra mano (quella dello scrivano Oreste De<br />

Dominicis), <strong>Labriola</strong> appose note marginali e postille autografe, che avrebbero<br />

meritato maggiore attenzione e una più scrupolosa trascrizione.<br />

Della postilla alla relazione sulla scuola normale femminile <strong>di</strong> Ancona,<br />

si legge sorprendentemente in nota (519), a proposito del cognome<br />

errato <strong>di</strong> un docente: «Il copista ha male interpretato la calligrafia del<br />

<strong>Labriola</strong>». Sicché sorge il dubbio che l’autore del testo non abbia visto<br />

con i suoi occhi il manoscritto, dovendosi escludere che «uno dei più<br />

precisi, assidui ed esperti stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong>» (652) non riconosca la<br />

grafia <strong>di</strong> una persona così lungamente indagata. La postilla si chiude<br />

(520) con una considerazione riguardante un altro docente (al quale <strong>Labriola</strong><br />

addebitava sarcasticamente d’essersi esibito «in presenza <strong>di</strong> alunne»<br />

in un «bel saggio <strong>di</strong> moralità»): «Il De Bernardo […] fa conto che il<br />

Ministero si limiterà a traslocarlo» (non, come si legge, trascurarla). Lo<br />

<strong>di</strong>ciamo anche per facilitare quelle «indagini», che si assicura (520, nota<br />

29) essere «in corso», «per saperne <strong>di</strong> più» sul «caso De Bernardo».<br />

Dell’ispezione alla scuola normale femminile <strong>di</strong> Roma (la «Vittoria Colonna»),<br />

esiste il verbale dei consiglio dei docenti, avendo <strong>Labriola</strong> «stimato<br />

opportuno» (avvertiva in una nota autografa) «<strong>di</strong> esporre<br />

agl’insegnanti stessi le sue osservazioni». Qui sono più numerose le note<br />

a margine del filosofo, e molte sono rimaste vittime <strong>di</strong> errori <strong>di</strong> decifrazione<br />

che rendono oscura la comprensione <strong>di</strong> alcuni passi. Ci limiteremo<br />

a segnalare quelli presenti in una <strong>di</strong> esse (537–38), che ne stravolgono<br />

non poco il senso: «L’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> far compilare dalle alunne dei manuali<br />

[non «normali»] manoscritti <strong>di</strong> tutte le materie, compresa l’aritmetica, ha<br />

raggiunto nella scuola <strong>di</strong> Roma le proporzioni <strong>di</strong> una frenesia» [non<br />

«porcheria»]. Quest’ultimo errore si sarebbe potuto evitare, se solo si<br />

fosse posta attenzione alla ricorrenza <strong>di</strong> certuni rilievi nelle relazioni. In<br />

quella riguardante la scuola normale <strong>di</strong> Chieti, <strong>Labriola</strong> lamentava (531)<br />

che una docente avesse «l’abitu<strong>di</strong>ne poco lodevole <strong>di</strong> far compilare dalle<br />

alunne dei veri trattati manoscritti»: e aggiungeva che «nella normale <strong>di</strong><br />

Roma cotesta bella usanza» aveva «assunto la forma <strong>di</strong> una frenesia».<br />

Il curatore coltiva da tempo l’intento <strong>di</strong> realizzare un film sulla vita e<br />

sulla figura <strong>di</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong>. Ne scrisse anni fa (1995) su <strong>di</strong> una rivista<br />

cinematografica, sotto forma <strong>di</strong> una lettera a Eugenio Garin; articolo

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