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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Nel centenario della morte <strong>di</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong><br />

Volpe alla rigorosa riflessione libertaria <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi come Banfi, Luporini,<br />

Badaloni e tutti quanti?).<br />

Ma, se quello <strong>di</strong> <strong>Labriola</strong> è un marxismo liberale, uno svolgersi e non<br />

un contrad<strong>di</strong>rsi, che si fonda sulla migliore ere<strong>di</strong>tà dalla destra storica, e<br />

se questa identità dei temi liberali e marxisti è presente nel marxismo teorico<br />

da Marx a <strong>Labriola</strong> e su su fino a quello del secolo XX, non sarà il<br />

caso <strong>di</strong> ripensare seriamente liberalismo e comunismo come movimenti<br />

culturali svoltisi sulla stessa linea della tra<strong>di</strong>zione storica? E <strong>di</strong> pensare il<br />

comunismo sin dalle sue origini come opposizione, sì, ma insieme come<br />

ere<strong>di</strong>tà critica della grande tra<strong>di</strong>zione liberale? Marx non si è davvero<br />

<strong>di</strong>ssociato sui principi <strong>di</strong> libertà dai gran<strong>di</strong> teorici del liberalismo illuministico;<br />

e, come Marx e <strong>Labriola</strong> hanno tessuto l’elogio dello sviluppo<br />

storico promosso dalla borghesia, così ognuno dei gran<strong>di</strong> padri del liberalismo,<br />

da Montesquieu a Tocqueville, avrebbe accettato gli auspici<br />

marxisti <strong>di</strong> un’umanità fatta <strong>di</strong> uomini totalmente sviluppati, dove la libertà<br />

<strong>di</strong> ciascuno fosse la con<strong>di</strong>zione per la libertà <strong>di</strong> tutti. E basta saper<br />

<strong>di</strong>stinguere tra liberalismo e comunismo “ideali” o “teorici”, da una parte,<br />

e liberalismo e comunismo “reali”, dall’altra, per capire che le cose<br />

stanno così. Come per tutti gli eventi della storia, occorre aver presente<br />

la <strong>di</strong>stinzione tra il momento ideale e il movimento reale, non rifiutandosi<br />

<strong>di</strong> vedere che come c’è un socialismo reale, così c’è, nel colonialismo,<br />

nell’imperialismo, nel liberismo, anche un liberalismo reale (come<br />

c’è un cristianesimo ideale e un cattolicesimo o un clericalismo reali, e<br />

così via). Non si tratta, ovviamente, <strong>di</strong> occultare il peso della “critica”<br />

marxista al liberismo economico <strong>di</strong> Smith, Ricardo e tutti quanti (che solo<br />

un incolto nostro ministro della “guerra” — sì, della guerra e non della<br />

“<strong>di</strong>fesa” — come Martino, ha ignorato <strong>di</strong>chiarando che Marx non aveva<br />

fatto che ripetere Smith o Ricardo), ma <strong>di</strong> capire che si tratta <strong>di</strong> una<br />

stessa grande tra<strong>di</strong>zione ideale, <strong>di</strong> liberazione dell’uomo dai ceppi<br />

dell’autoritarismo monarchico, del dogmatismo religioso, e dello sfruttamento<br />

economico. Essersi ispirati nelle scelte politiche al liberalismo<br />

reale, cioè al liberismo, anziché al liberalismo ideale (col quale si era già<br />

d’accordo da un pezzo) è stato un equivoco della recente politica post–<br />

comunista.<br />

Si deve tuttavia riconoscere che al <strong>Labriola</strong> liberale e comunista è<br />

mancato molto del Marx comunista e liberale. In particolare, a parte i te-<br />

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