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31.05.2013 Views

VII CONCORSO MAILING LIST HISTRIA rovignese che vive in Romagna. Ancora una volta alcuni dei frequentatori di questo spazio internet cui danno vita appassionati di ogni età hanno scelto di ritrovarsi nella terra di origine, dando vita ad un concorso letterario dedicato agli alunni delle scuole italiane oggi in territorio sloveno e croato. L’iniziativa si propone di stimolare l’uso della lingua italiana tra i più giovani appartenenti alla minoranza italiana in Istria, a Fiume ed in Dalmazia. Dopo l’edizione del 2008, che si svolse nella Comunità degli Italiani di Palazzo Modello a Fiume, quest’anno l’evento si è svolto in una realtà più piccola, ovvero presso la Comunità Santorio Santorio di Capodistria. Nel periodo precedente erano giunte alla Mailing List Histria circa 150 domande di partecipazione, che si contendevano 15 premi divisi per categorie, accompagnate da altrettanti componimenti. Da segnalare clic la scuola elementare “Bernardo Benussi” di Rovigno si è distinta con il terzo posto del giovane studente Manuel Rabar e con il secondo posto nei lavori di gruppo; il primo, con il racconto “Pescatore”, ha riproposto l’eterno binomio tra pascaduri e sapaduri, che in passato ed in parte ancora oggi si vive a Rovigno; il secondo, con il racconto “Cantastorie ruvignisi”, attraverso uno scambi di battute in dialetto tra rovignesi, ripercorre l’episodio dell’arrivo in città dell’arca di Santa Eufemia. Un premio per il terzo posto è andato anche a Monica Bravar, della scuola media superiore italiana di Rovigno. Altri premi sono andati ad alunni delle scuole elementari “Giuseppina Martinuzzi” di Pola”. “Vincenzo de Castro” di Pirano, “Galileo Galilei” di Umago, nonché delle scuole superiori “Leonardo da Vinci” di Buie e “Dante Alighieri” di Pola. L’iniziativa scelta ormai da vari anni dalla Mailing List Histria, oltre ad essere decisamente originale nel panorama dell’associazionismo degli esuli come nelle comunità dei “rimasti”, è decisamente apprezzabile in quanto dedicata a bambini e ragazzi molto giovani, che rappresentano il futuro della presenza italiana nella regione. Chi scrive apprezza in particolare la volontà di incentivare l’uso della “lingua di Dante” nell’ambiente scolastico della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, fatto tutt’altro che scontato. E’ infatti risaputo che molto spesso nelle scuole italiane d’oltre confine l’italiano non è molto parlato. Molti istituti infatti, anche per ovviare alla carenza di nuovi iscritti e scongiurare la cancellazione di sezioni, già ridotte all’osso, permettono l’iscrizione ad alunni che non hanno molto a che vedere con la nazionalità italiana e che si iscrivono evidentemente per imparare una lingua in più, oppure per altri vantaggi di cui godono le scuole italiane. Nelle classi miste, anche a detta di vari insegnanti, per vergogna, o per semplice omologazione alla lingua nazionale anche gli italiani finiscono per parlare in sloveno. o croato a seconda della zona, nelle ore di ricreazione o nei rapporti di amicizia tra gli stessi scolari fuori dalla scuola. Essere critici 17 verso questo stato di cose non vuol dire essere biechi nazionalisti, ma semplicemente prendere atto che se non si parla italiano nelle scuole italiane, sarà difficile che la nostra lingua. seppur minoritaria, continuerà ad essere parlata in futuro per le strade, le calli e le piazzette delle cittadine istriane. Lo stesso vale per i vari dialetti, che purtroppo rischiano di scomparire dalla penisola istriana. Eventi come quelli organizzati ogni anno dalla Mailing List Histria possono concretamente stimolare molti alunni italiani ad innamorarsi della lingua dei loro padri, a studiarla, approfondirla, imparare ad usarla anche a livello letterario, addirittura artistico, identificandola come un tratto caratteristico della loro identità, della loro appartenenza nazionale. Dopo le premiazioni ed il pranzo in compagnia. la giornata è proseguita nel pomeriggio con la presentazione del nuovo libro di Guido Rumici ed Olinto Mileta Mattiuz “ Chiudere il Cerchio - Memorie giuliano dalmate”. I due studiosi, già noti per vari lavori storici e demografici riguardanti l’Istria. Fiume e la Dalmazia, hanno raccolto numerose testimonianze riferite a vari eventi e diversi periodi storici. Dalla prima guerra mondiale ed in particolare l’esperienza della deportazione nei campi di prigionia austriaci, alle foibe ed all’esodo durante e dopo il secondo conflitto mondiale, passando anche attraverso le testimonianze di vita nel ventennio fascista. A seguire si è svolto il programmato dibattito sul tema “Memoria condivisa: una possibilità o un’utopia?”. Su tale argomento sono intervenuti, coordinati dal responsabile della ML Histria Famiglini, la prof.ssa Maria Luisa Botteri, Giorgio Varisco, presidente dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo, Lino Vivoda, direttore del periodico “Istria Europa”. Gabriele Bosazzi, a nome dell’Associazione Culturale Cristian Pertan. Rodolfo Ziberna dell’ANVGD, il rovignese Gianclaudio de Angelini in rappresentanza della Società di Studi Fiumani, un rappresentante di Coordinamento adriatico, oltre a Maurizio Tremul, dell’Unione Italiana ed ai responsabili di alcune Comunità italiane di Pirano, Capodistria ed Isola. La maggior parte degli interventi ha evidenziato i molti problemi e gli ostacoli che attualmente si registrano nel processo di analisi della storia contemporanea del confine orientale italiano, oggi cosiddetto “territorio di insediamento storico della minoranza italiana”. Ne è emerso un quadro piuttosto pessimista in merito alla reale possibilità di apprezzare. in tempi brevi, una condivisione della storia da parte delle tre nazioni coinvolte, con il reciproco riconoscimento dei torti subiti dalle varie parti. Appare fin troppo evidente, da recenti fatti e dichiarazioni, che i rappresentanti di Slovenia e Croazia non sono affatto inclini ad ammettere i crimini del comunismo titino, in particolare quelli con compiuti a danno degli Italiani.

18 Edizione 2009 Al di là di questa considerazione, molti dei partecipanti al dibattito hanno convenuto sul fatto che sia necessario abbinare il recupero della memoria alla conservazione della cultura e della lingua italiana nell’Adriatico orientale. La raccolta e lo studio di documenti e testimonianze della nostra storia può e deve dare più forza ed orgoglio a coloro che oggi cercano di alimentare la presenza italiana in Istria, smentendo altresì chi vorrebbe far credere che questa sia soltanto un retaggio di una presunta occupazione fascista. La manifestazione si è conclusa con una serie di brindisi collettivi nel bar della comunità, in un clima di grande allegria, al canto di canzoni istriane e triestine. La Mailing List Histria è ormai una bella e consolidata realtà, che unisce istriani di ogni età, esuli, figli e nipoti di esuli, esponenti ed associazioni dei cosiddetti rimasti. Si tratta in questo caso di persone che vivono quasi tutte lontane tra loro e lontane dall’Istria, ma che utilizzano le opportunità offerte dalla rete internet per sentirsi più vicini alla loro terra d’origine, soprattutto per divulgarne la storia e la cultura, per preservarne le tradizioni e la lingua. Kristjan Knez, presidente della Società di studi storici e geografici, Pirano I confini che scompaiono Il terzo millennio rappresenta per le terre adriatiche l’inizio di un nuovo periodo, schiude una dimensione che fa ben sperare e che si manifesta dopo una sorta di “età di mezzo”, contraddistinta dalle divisioni, dalle diffidenze reciproche e dall’incomunicabilità. Sulle nostre coste, non dimentichiamolo, terminava la cortina di ferro, che dal Baltico a Trieste tagliava in due il continente europeo. Tale spaccatura ebbe ripercussioni su ogni aspetto della vita; le ben note vicende del secondo dopoguerra sono la testimonianza tangibile di una lacerazione nonché di una cesura avvenuta tra le popolazioni di una regione sino a qual momento comunicante. Certo, vi erano stati dissapori e scontri tra le varie anime del territorio, a quel punto, però, delle barriere furono innalzate e avrebbero caratterizzato nettamente la realtà dell’una e dell’altra parte, che in non pochi aspetti era diametralmente opposta. Nel caso che più direttamente ci riguarda quell’insieme di situazioni e di drammi portò alla scissione della componente italiana di quelle contrade, trasformandola nella comunità degli esuli e dei rimasti. Per lungo tempo le due parti di un popolo non si sono incontrate, non si sono parlate, e durante l’epoca della Jugoslavia era inoltre tassativamente vietato avere qualsiasi rapporto istituzionale. Le associazioni della diaspora erano viste come l’incarnazione del “male”, erano bollate di irredentismo e di nazionalismo – e implicitamente di fascismo –, in realtà era un alibi per evitare di affrontare i nodi della storia recente, di riconoscere determinati sbagli e far in modo che talune questioni non venissero a galla. Negli ultimi due decenni, però, il mondo ha conosciuto dei cambiamenti radicali. La caduta di quel Muro – simbolo di divisione per antonomasia – è crollato ed ha trascinato dietro di sé anche i regimi comunisti. Nell’Europa centrale e orientale sbocciarono non poche speranze, per quelle popolazioni fu una primavera e l’inizio di un processo nuovo. La transizione però non fu indolore. La dissoluzione dell’impero sovietico accese una serie di conflitti dal mar Nero al Caspio, dal Baltico al Caucaso. La Repubblica federativa di Jugoslavia venne meno e fu toccata dai movimenti indipendentisti che la decomposero. Una serie di violenti e cruenti guerre civili accompagnarono la sua agonia. Per un decennio quelle terre dell’Europa sud-orientale furono travagliate e attraversate dalla violenza, dal fuoco della distruzione e si concluse solo con l’intervento della Nato nella crisi del Kosovo. La lunga esperienza delle guerre jugoslave chiusero, in qualche modo, il Novecento. Il nuovo secolo riservava non poche sorprese. L’allargamento dell’Unione europea a est e l’abbattimento dei confini fu senz’altro un avvenimento storico di non poco conto. Coloro che guardano a quei fatti da lontano non sempre colgono la loro portata ed il loro significato intrinseco. Ed è una cosa alquanto comprensibile, certe aspettative, talune speranze e anche le illusioni appartengono solo a coloro che hanno vissuto quel confine e quindi compresero più di tutti la “rivoluzione” che quell’avvenimento rappresentava. La cesura delle cittadine istriane da Trieste rappresentò un trauma non indifferente; nonostante i limiti, i controlli e la paura che le guardie di confine incutevano, la città giuliana continuava ad essere un punto di riferimento, specialmente per l’acquisto dei beni di prima necessità che poi transitavano dall’“altra parte” eludendo i controlli doganali. Ebbene, quando nel maggio del 2004 le barriere doganali scomparvero, per la popolazione del territorio si aperse veramente una stagione nuova. Il fatto di acquistare e di transitare liberamente senza più rispondere a quel laconico “Cos’ha da dichiarare?” rappresenta una sorta di riscatto. Possiamo parlare di una vera e propria liberazione, e non è assolutamente un’affermazione retorica. Per coloro che dovettero in tante occasioni cozzare contro coloro che stabilivano di loro arbitrio se un capo d’abbigliamento o due borse in più della spesa potevano varcare la frontiera, o per quanti che con 50 o 100 mila lire in tasca si recavano a Trieste per fare qualche piccolo acquisto (all’epoca si poteva avere nel portafoglio una certa somma di valuta estera solo se accompagnata da un certificato bancario che attestava il cambio avvenuto), è chiaro che la scomparsa dei controlli ha segnato effettivamente la fine di un’epoca. La successiva sparizione anche del controllo da parte della polizia (21 dicembre 2007) ha definitivamente cancellato una frontiera che per oltre mezzo secolo aveva diviso.

18 Edizi<strong>on</strong>e<br />

2009<br />

Al di là di questa c<strong>on</strong>siderazi<strong>on</strong>e, molti dei partecipanti al<br />

dibattito hanno c<strong>on</strong>venuto sul fatto che sia necessario<br />

abbinare il recupero della memoria alla c<strong>on</strong>servazi<strong>on</strong>e<br />

della cultura e della lingua italiana nell’<strong>Adriatico</strong> orientale.<br />

La raccolta e lo studio di documenti e testim<strong>on</strong>ianze della<br />

nostra storia può e deve dare più forza ed orgoglio a coloro<br />

che oggi cercano di alimentare la presenza italiana in Istria,<br />

smentendo altresì chi vorrebbe far credere che questa sia<br />

soltanto un retaggio di una presunta occupazi<strong>on</strong>e fascista.<br />

La manifestazi<strong>on</strong>e si è c<strong>on</strong>clusa c<strong>on</strong> una serie di brindisi<br />

collettivi nel bar della comunità, in un clima di grande<br />

allegria, al canto di canz<strong>on</strong>i istriane e triestine.<br />

La Mailing List Histria è ormai una bella e c<strong>on</strong>solidata<br />

realtà, che unisce istriani di ogni età, esuli, figli e nipoti di<br />

esuli, esp<strong>on</strong>enti ed associazi<strong>on</strong>i dei cosiddetti rimasti. Si<br />

tratta in questo caso di pers<strong>on</strong>e che viv<strong>on</strong>o quasi tutte<br />

l<strong>on</strong>tane tra loro e l<strong>on</strong>tane dall’Istria, ma che utilizzano le<br />

opportunità offerte dalla rete internet per sentirsi più vicini<br />

alla loro terra d’origine, soprattutto per divulgarne la storia<br />

e la cultura, per preservarne le tradizi<strong>on</strong>i e la lingua.<br />

Kristjan Knez, presidente della Società di studi storici e<br />

geografici, Pirano<br />

I c<strong>on</strong>fini che scompai<strong>on</strong>o<br />

Il terzo millennio rappresenta per le terre adriatiche<br />

l’inizio di un nuovo periodo, schiude una dimensi<strong>on</strong>e che<br />

fa ben sperare e che si manifesta dopo una sorta di “età<br />

di mezzo”, c<strong>on</strong>traddistinta dalle divisi<strong>on</strong>i, dalle diffidenze<br />

reciproche e dall’incomunicabilità. Sulle nostre coste,<br />

n<strong>on</strong> dimentichiamolo, terminava la cortina di ferro, che<br />

dal Baltico a Trieste tagliava in due il c<strong>on</strong>tinente europeo.<br />

Tale spaccatura ebbe ripercussi<strong>on</strong>i su ogni aspetto della<br />

vita; le ben note vicende del sec<strong>on</strong>do dopoguerra s<strong>on</strong>o la<br />

testim<strong>on</strong>ianza tangibile di una lacerazi<strong>on</strong>e n<strong>on</strong>ché di una<br />

cesura avvenuta tra le popolazi<strong>on</strong>i di una regi<strong>on</strong>e sino a<br />

qual momento comunicante. Certo, vi erano stati dissapori<br />

e sc<strong>on</strong>tri tra le varie anime del territorio, a quel punto, però,<br />

delle barriere fur<strong>on</strong>o innalzate e avrebbero caratterizzato<br />

nettamente la realtà dell’una e dell’altra parte, che in n<strong>on</strong><br />

pochi aspetti era diametralmente opposta. Nel caso che<br />

più direttamente ci riguarda quell’insieme di situazi<strong>on</strong>i e di<br />

drammi portò alla scissi<strong>on</strong>e della comp<strong>on</strong>ente italiana di<br />

quelle c<strong>on</strong>trade, trasformandola nella comunità degli esuli<br />

e dei rimasti. Per lungo tempo le due parti di un popolo<br />

n<strong>on</strong> si s<strong>on</strong>o inc<strong>on</strong>trate, n<strong>on</strong> si s<strong>on</strong>o parlate, e durante<br />

l’epoca della Jugoslavia era inoltre tassativamente vietato<br />

avere qualsiasi rapporto istituzi<strong>on</strong>ale. Le associazi<strong>on</strong>i della<br />

diaspora erano viste come l’incarnazi<strong>on</strong>e del “male”, erano<br />

bollate di irredentismo e di nazi<strong>on</strong>alismo – e implicitamente<br />

di fascismo –, in realtà era un alibi per evitare di affr<strong>on</strong>tare i<br />

nodi della storia recente, di ric<strong>on</strong>oscere determinati sbagli e<br />

far in modo che talune questi<strong>on</strong>i n<strong>on</strong> venissero a galla.<br />

Negli ultimi due decenni, però, il m<strong>on</strong>do ha c<strong>on</strong>osciuto dei<br />

cambiamenti radicali. La caduta di quel Muro – simbolo<br />

di divisi<strong>on</strong>e per ant<strong>on</strong>omasia – è crollato ed ha trascinato<br />

dietro di sé anche i regimi comunisti. Nell’Europa centrale<br />

e orientale sbocciar<strong>on</strong>o n<strong>on</strong> poche speranze, per quelle<br />

popolazi<strong>on</strong>i fu una primavera e l’inizio di un processo<br />

nuovo. La transizi<strong>on</strong>e però n<strong>on</strong> fu indolore. La dissoluzi<strong>on</strong>e<br />

dell’impero sovietico accese una serie di c<strong>on</strong>flitti dal mar<br />

Nero al Caspio, dal Baltico al Caucaso. La Repubblica<br />

federativa di Jugoslavia venne meno e fu toccata dai<br />

movimenti indipendentisti che la decomposero. Una<br />

serie di violenti e cruenti guerre civili accompagnar<strong>on</strong>o<br />

la sua ag<strong>on</strong>ia. Per un decennio quelle terre dell’Europa<br />

sud-orientale fur<strong>on</strong>o travagliate e attraversate dalla<br />

violenza, dal fuoco della distruzi<strong>on</strong>e e si c<strong>on</strong>cluse solo<br />

c<strong>on</strong> l’intervento della Nato nella crisi del Kosovo. La lunga<br />

esperienza delle guerre jugoslave chiusero, in qualche<br />

modo, il Novecento.<br />

Il nuovo secolo riservava n<strong>on</strong> poche sorprese.<br />

L’allargamento dell’Uni<strong>on</strong>e europea a est e l’abbattimento<br />

dei c<strong>on</strong>fini fu senz’altro un avvenimento storico di n<strong>on</strong><br />

poco c<strong>on</strong>to. Coloro che guardano a quei fatti da l<strong>on</strong>tano<br />

n<strong>on</strong> sempre colg<strong>on</strong>o la loro portata ed il loro significato<br />

intrinseco. Ed è una cosa alquanto comprensibile,<br />

certe aspettative, talune speranze e anche le illusi<strong>on</strong>i<br />

apparteng<strong>on</strong>o solo a coloro che hanno vissuto quel<br />

c<strong>on</strong>fine e quindi compresero più di tutti la “rivoluzi<strong>on</strong>e” che<br />

quell’avvenimento rappresentava. La cesura delle cittadine<br />

istriane da Trieste rappresentò un trauma n<strong>on</strong> indifferente;<br />

n<strong>on</strong>ostante i limiti, i c<strong>on</strong>trolli e la paura che le guardie di<br />

c<strong>on</strong>fine incutevano, la città giuliana c<strong>on</strong>tinuava ad essere<br />

un punto di riferimento, specialmente per l’acquisto dei<br />

beni di prima necessità che poi transitavano dall’“altra<br />

parte” eludendo i c<strong>on</strong>trolli doganali. Ebbene, quando nel<br />

maggio del 2004 le barriere doganali scomparvero, per la<br />

popolazi<strong>on</strong>e del territorio si aperse veramente una stagi<strong>on</strong>e<br />

nuova. Il fatto di acquistare e di transitare liberamente<br />

senza più risp<strong>on</strong>dere a quel lac<strong>on</strong>ico “Cos’ha da dichiarare?”<br />

rappresenta una sorta di riscatto. Possiamo parlare di<br />

una vera e propria liberazi<strong>on</strong>e, e n<strong>on</strong> è assolutamente<br />

un’affermazi<strong>on</strong>e retorica. Per coloro che dovettero in<br />

tante occasi<strong>on</strong>i cozzare c<strong>on</strong>tro coloro che stabilivano di<br />

loro arbitrio se un capo d’abbigliamento o due borse in<br />

più della spesa potevano varcare la fr<strong>on</strong>tiera, o per quanti<br />

che c<strong>on</strong> 50 o 100 mila lire in tasca si recavano a Trieste<br />

per fare qualche piccolo acquisto (all’epoca si poteva<br />

avere nel portafoglio una certa somma di valuta estera<br />

solo se accompagnata da un certificato bancario che<br />

attestava il cambio avvenuto), è chiaro che la scomparsa<br />

dei c<strong>on</strong>trolli ha segnato effettivamente la fine di un’epoca.<br />

La successiva sparizi<strong>on</strong>e anche del c<strong>on</strong>trollo da parte della<br />

polizia (21 dicembre 2007) ha definitivamente cancellato<br />

una fr<strong>on</strong>tiera che per oltre mezzo secolo aveva diviso.

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