maggio 2012 - I Siciliani giovani

maggio 2012 - I Siciliani giovani maggio 2012 - I Siciliani giovani

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I Siciliani www.isiciliani.it n.5 giovani A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare? QUELLI DI FALCONE Uomini soli? No. Con loro è cresciuta una generazione. E non la fermeranno le bombe ebook ANTIMAFIA/ PERCHE’ MONTI VUOLE CHIUDERE TELEJATO? POLITICA/ IL “NUOVO” GRILLO E IL “VECCHIO” ORLANDO Fior/ Mi-To degli affari Mazzeo/ Sicilia armata Orsatti/ Azienda Beppe Abbagnato Giacalone Mirone De Gennaro Codrignani Caruso Maria Falcone Fumetti/ Libero Grassi Satira/“Mamma!” Jack Daniel D’Amico/ I giorni di Giorgiana CASELLI/ MAFIA E POTERI MAFIOSI DALLA CHIESA/ DOPO BRINDISI DELLA VOLPE/ MORRIONE maggio 2012 omaggio GAPA una storia siciliana ebook omaggio Bitcoin l’altra economia

I <strong>Siciliani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

n.5<br />

<strong>giovani</strong><br />

A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare?<br />

QUELLI DI<br />

FALCONE<br />

Uomini soli? No. Con loro<br />

è cresciuta una generazione.<br />

E non la fermeranno le bombe ebook<br />

ANTIMAFIA/ PERCHE’ MONTI<br />

VUOLE CHIUDERE TELEJATO?<br />

POLITICA/ IL “NUOVO” GRILLO<br />

E IL “VECCHIO” ORLANDO<br />

Fior/ Mi-To degli affari Mazzeo/ Sicilia armata Orsatti/ Azienda Beppe<br />

Abbagnato Giacalone Mirone De Gennaro Codrignani Caruso Maria Falcone<br />

Fumetti/ Libero Grassi Satira/“Mamma!” Jack Daniel D’Amico/ I giorni di Giorgiana<br />

CASELLI/ MAFIA E POTERI MAFIOSI DALLA CHIESA/ DOPO BRINDISI DELLA VOLPE/ MORRIONE<br />

<strong>maggio</strong> <strong>2012</strong><br />

o<strong>maggio</strong><br />

GAPA<br />

una storia<br />

siciliana<br />

ebook<br />

o<strong>maggio</strong><br />

Bitcoin<br />

l’altra<br />

economia


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facciamo<br />

rete<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 2


Noi,<br />

vent'anni<br />

dopo<br />

www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 3<br />

Io avevo dieci anni quando Falcone è stato ucciso, non mi ricordo<br />

dov'ero e cosa stessi facendo, mentre voi si. E vi ricordate<br />

tutte le cose dette, scritte, le immagini. Io le ho ricostruite piano<br />

piano, mescolandole a qualche flash di cose personali. Quello<br />

che so è che in questi venti anni successivi qualsiasi cosa io abbia<br />

fatto collegata alla Sicilia o all'antimafia in senso ampio ho<br />

sempre incontrato quelli che avevano dieci anni quando ci sono<br />

state le stragi. Chi 8, chi 9, ma insomma ci siamo ritrovati in<br />

giro per l'Italia. Ci siamo riconosciuti, toccati, tenuti per mano<br />

(quando abbiamo fatto per una volta gruppo su quel treno) ci<br />

siamo scritti. Ci siamo divisi e spesso ancora oggi non la pensiamo<br />

allo stesso modo sul da farsi. Io non ne avevo consapevolezza<br />

sino ad alcuni anni fa, quando al campeggio di Itaca qualcuno<br />

ci ha detto "siete ciclici".<br />

Allora ho capito che eravamo una generazione (non tanto per<br />

l'età) quanto perchè eravamo stati segnati da un fatto: abbiamo<br />

respirato le stragi, chi da Palermo (Peppe Maggio che oggi vuole<br />

fare il politico e vive all'estero è di Palermo e mi disse un<br />

giorno riferendosi alla strage “io di quel giorno ho un ricordo olfattivo,<br />

la puzza di pelle bruciata che sentivi in tutta Palermo,<br />

non me la dimenticherò mai”) chi da Messina, chi da Agrigento,<br />

chi da Catania. Io ricordo, nei due - tre anni successivi - a scuola<br />

la "pressione" di insegnanti, relatori, gente che veniva a dirci<br />

che la mafia era una cosa brutta e che questi due eroi erano morti<br />

uccisi dai mafiosi.<br />

Una roba di buoni e cattivi era una cosa che provavano a imprimerci<br />

a forza quasi fosse obbligatorio dopo le stragi, in maniera<br />

un po' goffa con i loro atteggiamenti quotidiani (nel senso<br />

che tutto procedeva alla vecchia maniera anche a scuola) ma<br />

sembrava avessero paura di perderla, dentro quelle stragi, la mia<br />

generazione. Così anche i professori più mafiosi sino alle medie<br />

fra film e libri, provavano a farci parlare di mafia. Oggi mi rendo<br />

conto che era solo una risposta isterica in un momento<br />

d'emergenza nazionale che nemmeno i "grandi" sapevano in<br />

realtà gestire.<br />

Noi, vent'anni dopo. Loro hanno ucciso i due magistrati simbolo<br />

della lotta alle mafie mettendo bombe come fossero a Beirut<br />

ma mentre uccidevano loro e una parte della nostra innocenza<br />

forse moriva un po' con loro, siamo nati noi. E siamo diventati<br />

profondamente antimafiosi, in maniera irreversibile. Non siamo<br />

stati abbastanza bravi da chiudere la porta in faccia alla mafia<br />

quando ci ha offerto lavoro, forse.<br />

Non sappiamo riconoscere i mafiosi quando sono in giacca e<br />

cravatta, è possibile, certo. Ma niente è stato più lo stesso dopo<br />

quegli anni, siamo cresciuti diversi dai nostri fratelli e le nostre<br />

sorelle che erano già più grandi di noi, e siamo cresciuti diversi<br />

da quelli successivi che sono arrivati a scuola quando non se ne<br />

parlava più. Lo so forse è un discorso che vale per molte altre<br />

storie che hanno segnato generazioni, la morte di Pippo Fava ha<br />

segnato per esempio la generazione precedente alla nostra.<br />

Poi c'era stato il silenzio. In questi ultimi anni sta tornando<br />

una generazione simile alla nostra e la cosa bella è che non ci<br />

sono state bombe a provocarla. A marchiarla in maniera indelebile,<br />

com'è stato per noi.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />

(norma ferrara)<br />

PS - così scrivevamo sino al 19 <strong>maggio</strong>, prima di Brindisi. Prima di<br />

salutare Melissa.


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

MAGGIO <strong>2012</strong> numero cinque<br />

I giorni di Falcone<br />

Un attacco ferocissimo contro i ragazzi e le loro scuole,<br />

a Brindisi. Una fase politica che va sempre più a<br />

stringersi, alla fine di un ciclo storico lungo quasi<br />

vent'anni.Un'Italia sempre più in crisi, ma dove tuttavia<br />

qua e là spuntano, per lo più nascosti, dei segni di<br />

speranza.<br />

I giorni di Falcone, vent'anni dopo, sono stati questi. I<br />

più vecchi di noi hanno rivissuto momenti che credevano<br />

ormai rimossi per sempre. I <strong>giovani</strong> hanno fatto<br />

esemplarmente il loro dovere, di giornalisti e di militanti<br />

civili. Nelle città sono sorti dei movimenti. E questo è un<br />

altro numero dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

*<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 4<br />

Questo numero<br />

Noi, vent’anni dopo I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> 3<br />

Mafia e poteri mafiosi di Gian Carlo Caselli 6<br />

La favola del killer solitario di Nando dalla Chiesa 7<br />

L’antimafia è una politica, forse la sola di RiccardoOrioles 8<br />

Falcone e i suoi<br />

Generazione Falcone di Norma Ferrara 10<br />

I bambini di allora di Agata Pasqualino 12<br />

Melissa di Anna Bucca 13<br />

Barcellona/ Stravincono gliantimafiosi di Antonio Mazzeo 14<br />

Interviste/ Anna Bucca di Giovanni Abbagnato 16<br />

Palermo / Pronti… Via! di Giovanni Abbagnato 18<br />

Nella Palermo di vent’anni fa di Valeria Grimaldi 20<br />

“In parrocchia arrivò la notizia” di Marcella Giammusso 21<br />

Liberazione/ Il nostro sogno sarà realtà di Giovanni Caruso 22<br />

Accadde Domani di Francesco Feola 24<br />

Inchieste<br />

La Salerno-Reggio del Nord di Paolo Fior 26<br />

Il Muostro e chi ci guadagna di Antonio Mazzeo 28<br />

Mafia e antimafia<br />

Carovana Antimafie 31<br />

Mafie a Bologna di Giancarla Codrignani 32<br />

Storie di Calabria/ Lamezia di Michela Mancini 34<br />

Trapani/ Mafia-padrona di Rino Giacalone 36<br />

Ragusa / “La mafia e i soldi” di Giorgio Ruta 39<br />

Peppe, Librino e lo stadio che non c’è di Luciano Bruno 40<br />

La maestra i camorristi e i Rom di Luca Rossomando 42<br />

Desio/ Un taglio alla mafia di Stefano Paglia 44<br />

Uccisa e calunniata/ Storia Di Mena di Eliana Iuorio 45<br />

Cronachette<br />

“Mussolini? Brava persona” di Leandro Perrotta 46<br />

Maledetti Benedettini di Giulio Pitroso 48<br />

RENATO GUTTUSO


SOMMARIO<br />

Satira/ fumetti<br />

“Mamma!” di Biani Gubitosa Kanjano 49<br />

Fumetti/ Libero Grassi DaSud/ Round Robin 55<br />

“Non aprire quella finestra” di Jack Daniel 60<br />

Immagine<br />

Giorgiana Masi studentessa di Michela Mancini<br />

e Norma Ferrara/ Foto di Tano D’Amico 61<br />

Società<br />

I senatori cavalli di Riccardo De Gennaro 65<br />

Tranfaglia/ La notte della Repubblica di Anna Petrozzi 66<br />

Cinema<br />

Ritorno a Montelepre di Luciano Mirone 70<br />

Storia<br />

Ventiquattro garofani rossi di Elio Camilleri 73<br />

Storie<br />

Un quartiere di Fabio D’Urso 74<br />

Musica<br />

“Suonerò fino a farti morire” di Antonello Oliva 75<br />

Libertà di stampa<br />

Caso Ruta/ Amici e nemici della libertà 76<br />

Appello per Telejato 79<br />

Tecnologie<br />

Arriva il penny elettronico di Fabio Vita 80<br />

Scienze<br />

Una rivoluzione dimenticata? di Diego Gutkowski 82<br />

GIOVANNI CARUSO<br />

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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 5<br />

Politica<br />

Grillo/ Il partito-azienda di Pietro Orsatti 84<br />

Il partito di Falcone e dei ragazzini 86<br />

Napoli, Milano, Palermo 87<br />

“Qui Lombardo non è gradito” di Emanuele Midolo 88<br />

La memoria<br />

Così scrisse Luisa 89<br />

Una giornata in Sicilia di Salvo Vitale 90<br />

Ricordo di Roberto Morrione di Santo Della Volpe 92<br />

Il filo<br />

Perché hanno vinto i comunisti di Giuseppe Fava 93<br />

Due ebook<br />

in o<strong>maggio</strong><br />

con questo<br />

numero<br />

MAURO BIANI


Ricordando Pio La Torre<br />

Mafia e<br />

poteri mafiosi<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

30 aprile 1982. A Palermo la mafia<br />

uccide PIO LA TORRE ed il suo autista<br />

ROSARIO DI SALVO. Secondo<br />

Dalla Chiesa “PER TUTTA LA SUA<br />

VITA, MA DECISIVA LA SUA UL-<br />

TIMA PROPOSTA DI LEGGE”,<br />

quella che La Torre, parlamentare<br />

eletto nelle liste del PCI, presentò nel<br />

1980 (VIII legislatura), raccogliendo i<br />

risultati delle Commissioni parlamentari<br />

antimafia delle legislature precedenti.<br />

Punto di partenza è che la mafia…<br />

esiste. Non è una boutade.<br />

“Non esiste”, si diceva in Cassazione<br />

E’ una conquista. Basti pensare che<br />

ancora a metà degli anni Settanta,<br />

mentre i più negavano l’esistenza stessa<br />

della mafia, altri osavano persino<br />

sostenere: “Si è detto che la mafia disprezza<br />

polizia e magistratura: è una<br />

inesattezza. La mafia ha sempre rispettato<br />

la magistratura, si è inchinata<br />

alle sue sentenze e non ha ostacolato<br />

l’opera del giudice. Nella persecuzione<br />

ai banditi e ai fuorilegge ha affiancato<br />

addirittura le forze dell’ordine”.<br />

Non sono parole in libertà di un<br />

qualche buontempone. Sono parole di<br />

Giuseppe Guido Lo Schiavo, procuratore<br />

generale presso la corte di cassazione.<br />

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Pio La Torre la pensava diversamente<br />

e aveva le idee chiare, non solo<br />

circa l’esistenza della mafia, ma anche<br />

sulla sua struttura complessa, per cui<br />

articola la sua proposta su due versanti:<br />

1) Mafia come gangsterismo, intimidazione,<br />

assoggettamento/omertà;<br />

2) mafia come potere basato sulla<br />

accumulazione illecita di ricchezze.<br />

Ne consegue che la STRATEGIA<br />

della LEGALITA’ ANTIMAFIA, nel<br />

progetto La Torre, si sviluppa lungo<br />

due binari:<br />

- la repressione sul versante che potremmo<br />

definire delle “manette”;<br />

- e l’ aggressione ai patrimoni illeciti.<br />

Ottimo progetto. Che però resta in<br />

un cassetto. Per varie ragioni: in particolare<br />

l’intreccio perverso fra mafia e<br />

potere che soffoca e stritola, e può arrivare<br />

ad uccidere. Come appunto,<br />

purtroppo, nel caso di La Torre.<br />

Quattro mesi dopo (3 settembre<br />

1982) la mafia uccide il gen. Dalla<br />

Chiesa. L’effetto di due spietati omicidi<br />

“eccellenti”, così ravvicinati, equivale<br />

ad una specie di “uno-due” pugilistico.<br />

Costringe il nostro Paese a misurarsi<br />

finalmente con la tremenda<br />

realtà della mafia. Il progetto di Pio<br />

La Torre viene “recuperato” e approvato<br />

dando vita alla LEGGE RO-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.6<br />

GNONI-LATORRE. La Torre,<br />

appunto, e Rognoni, allora Ministro<br />

dell’interno.<br />

Così, sono legge dello stato:<br />

1) l’art. 416 bis codice penale – per<br />

la prima volta la mafia è riconosciuta<br />

come comportamento penalmente vietato<br />

e punito dal grande libro dei<br />

delitti e delle pene, il codice penale<br />

appunto;<br />

2) le misure antimafia di prevenzione<br />

patrimoniale, che in sostanza consentono<br />

di sequestrare e confiscare a<br />

chi sia considerato mafioso i suoi<br />

beni, salvo che egli ne dimostri la provenienza<br />

lecita.<br />

Solo dopo due omicidi eccellenti<br />

Due capisaldi - anche oggi - della<br />

legislazione antimafia. Che ancora<br />

una volta dimostra di essere LEGI-<br />

SLAZIONE DEL GIORNO DOPO<br />

(in questo caso due volte del giorno<br />

dopo, essendoci voluti ben due omicidi<br />

“eccellenti” perché ci svegliassimo<br />

da un sonno della ragione che favoriva<br />

e alimentava il mostro mafioso). E tuttavia,<br />

sia pure in ritardo, si compiono<br />

- sulla strada dell’efficacia del contrasto<br />

del crimine mafioso - passi per la<br />

prima volta davvero decisivi, l’uno e<br />

l’altro dovuti all’intelligenza di Pio La<br />

Torre e intrisi del suo sangue.


Ma insomma, adesso hanno scoperto<br />

la figura dell’anarco-mafioso. Del<br />

mafioso solo, del cane sciolto che si<br />

fa l’attentato per i fatti suoi. Ho sentito<br />

alla radio questa incredibile notizia:<br />

“forse aveva un complice il killer<br />

di Brindisi”.<br />

Ragazzi, ma dove pensiamo di essere?<br />

“Forse aveva un complice” ?!<br />

Ma perché, ce l’immaginiamo uno<br />

che arriva al mattino presto tutto solo<br />

con tre bombole in mano guardandosi<br />

in giro con circospezione, la testa rivolta<br />

all’indietro e poi davanti e poi<br />

di lato e poi ancora all’indietro, e intanto<br />

maneggia il timer?<br />

“Forse” aveva un compice?!<br />

Il guaio è che qui è partito l’ordine<br />

di dire che non è stata la mafia, che è<br />

stato un pazzo, o un piccolo gruppo<br />

di pazzi.Ma che io sappia, quando<br />

entrano in azione i pazzi lo fanno<br />

sempre usando le armi, non le bombe<br />

con il timer. I pazzi nelle scuole, nelle<br />

università, nei caseggiati, nelle banche<br />

hanno sempre fatto le stragi con<br />

le pistole o con i mitra. O no?<br />

Depistare, depistare, depistare<br />

Perciò suggerisco a tutti di tenere<br />

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Italia<br />

La favola di Brindisi<br />

e del killer solitario<br />

di Nando dalla Chiesa<br />

sempre presente una regola aurea dei<br />

poteri criminali, qualunque faccia abbiano:<br />

allontanare il più possibile il<br />

momento della verità dal momento<br />

della grande emozione collettiva.<br />

Dunque depistare, depistare, depistare.<br />

E’ quello che stanno facendo.<br />

Quanto al celebre “cui prodest” (rispondo<br />

al tag di Mattia), farei questa<br />

osservazione. La mafia commette anche<br />

i delitti che le possono procurare<br />

effetti dannosi, pure molto dannosi.<br />

Lo fa quando sono in gioco esigenze<br />

strategiche.<br />

La mafia conosce i suoi polli<br />

Il delitto dalla Chiesa non le costò<br />

l’alto commissariato e la legge La<br />

Torre, che temeva come poche altre<br />

cose? Il delitto Falcone e il delitto<br />

Borsellino non le costarono una reazione<br />

dell’opinione pubblica come<br />

mai ce n’erano state, e in più le leggi<br />

sui pentiti e quella stramaledetta sul<br />

carcere duro?<br />

Il fatto è che la mafia conosce la<br />

società e lo Stato. Sa che poi le cose<br />

si assestano, che potrà rimettere fuori<br />

la testa e mandare lo stesso i suoi<br />

amici a fare i ministri. Dunque scommette<br />

sulle debolezze altrui. E dal suo<br />

punto di vista fa bene.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.7<br />

nche perché quando commette quel<br />

tipo di delitti è forte di qualche alleanza<br />

inconfessabile. E infatti, oggi,<br />

si trova già davanti delle istituzioni<br />

pronte a giurare (e una società pronta<br />

a credere) che a Brindisi abbiamo<br />

avuto il gesto di un folle, o al massimo<br />

di una banda locale che voleva<br />

accreditarsi nel contesto criminale.<br />

La storia d'Italia insegna<br />

Ma queste cose - ecco il mio modesto<br />

consiglio - vanno lette guardando,<br />

insieme, alla storia d’Italia e alla storia<br />

della mafia. Usando lenti brindisine<br />

non se ne capirà nulla.<br />

Piazza Fontana: gli anarchici. Impastato:<br />

saltato in aria mentre stava<br />

facendo un attentato. Dalla Chiesa:<br />

una vendetta del terrorismo, la mafia<br />

non ha mai ucciso le donne. Fava: un<br />

delitto passionale. Rostagno: tradimenti<br />

di amicizie e di coppia. Borsellino:<br />

si autoaccusò Scarantino, che si<br />

fece mandare all’ergastolo (all’ergastolo!)<br />

senza aver preso parte alla<br />

strage. Vogliamo continuare?<br />

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Dopo il Ventennio<br />

L'antimafia è una politica<br />

Forse la sola<br />

Sta crollando un regime.<br />

E dopo? Gattopardi<br />

o rinnovamento?<br />

di Riccardo Orioles<br />

Dopo vent’anni è crollata fragorosamente<br />

la destra. In Italia essa aveva<br />

aspetti particolarmente odiosi, esaltando<br />

il razzismo e la prostituzione. Inoltre<br />

- ciò che ci riguarda più diretttamente<br />

- aveva comunanze d’interessi,<br />

almeno occasionali, con l'area del potere<br />

mafioso.<br />

Per la mafia dunque comincia, annunciata<br />

da tempo, un’emergenza. Come<br />

reagirà (o ha già reagito)? Non lo sappiamo.<br />

Ma sappiamo che nel suo imprinting<br />

c’è, fin dalle prime stragi, un disprezzo<br />

totale per la vita umana. Spesso queste<br />

stragi (Portella, via Carini) sono rimaste<br />

in tutto o in parte impunite per ragion di<br />

Stato. La mafia può dunque credere di<br />

poter contare, in qualsiasi momento su<br />

una possibile speranza d’impunità. Questo<br />

va messo nel conto, e acuisce i rischi.<br />

Brindisi, col suo orrore, rientra in questo?<br />

Potrebbe. L'elettronica usata è sofisticata;<br />

i messaggi di Cosa Nostra, come<br />

il gesto dimostrativo di Provenzano<br />

(spettacolarizzato dai media), sono inquietanti.<br />

Le indagini, da poco seriamente<br />

coordinate, daranno forse elementi.<br />

L'inizio era stato pessimo: notizie date e<br />

smentite, ipotesi contrastanti, persino il<br />

classico “mostro in prima pagina” su cui<br />

si sono avidamente gettati i giornalisti.<br />

Aspettiamo con pazienza. Ma con le<br />

armi al piede e con le idee chiare. Per noi<br />

Falcone non è una cerimonia ma una militanza;<br />

non ci commuovono le celebrazioni.<br />

Commemorate Falcone, e intanto<br />

annullate il cuore stesso del suo lavoro<br />

giuridico, il concorso esterno e l'associazione<br />

mafiosa! Noi preferiamo seguire<br />

un'altra strada.<br />

Politica, antipolitica...<br />

Adesso la politica è diventata davvero<br />

complicata. C'è la politica, c'è l'antipolitica,<br />

ci sono gli industriali che scalpitano,<br />

c'è un governo forte; c'è una sinistra fortissima,<br />

divisa fra un partito principale e<br />

tre minori, che sicuramente andrà al governo<br />

– lo voglia o no – l'anno venturo, e<br />

che farebbe carte false per non andarci.<br />

Il principale partito difende la democrazia<br />

ma non gli operai (che pure sono<br />

la base della democrazia). I partiti minori<br />

dichiarano, prima di tutto, di non essere<br />

dei partiti veri e propri, dei banali partiti,<br />

ma un'altra cosa; l'ultimo lo grida più di<br />

tutti, e poiché è il turno suo viene preso<br />

in parola.<br />

Composti da persone perbene (forse le<br />

migliori del paese), questi partiti eredita-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 8<br />

no tuttavia dal ventennio il Culto del Carisma,<br />

e appartengono a una persona.<br />

Questo li rende deboli, ma non impedisce<br />

la presenza, al loro interno, di idee<br />

giuste e a volte anche sofisticate. Si alleeranno<br />

fra loro, e con Bersani (proclamando<br />

a gran voce che non lo faranno<br />

mai) perché l'alternativa sarebbe puramente<br />

e semplicemente l'ancient régime.<br />

Gli toccherà governare questo Paese,<br />

con mezzi inadeguati e senza esserne<br />

all'altezza; ma toccherà a loro, e forse -<br />

poiché sono buona gente - impareranno<br />

lungo la strada, se riusciranno a garbatamente<br />

sbarazzarsi dei rispettivi ingombranti<br />

padri-padroni.<br />

Di Pietro, Vendola, Grillo. De Magistris,<br />

Pisapia, Orlando. Due serie di nomi<br />

simili, ma in realtà profondamente allternativi<br />

e differenti. Prevarrà l'una o<br />

l'altra? La battaglia mediatica o la ricostruzione<br />

delle città? Da questo dipenderà<br />

moltissimo: non solo il destino di alcuni<br />

piccoli partiti, ma l'humus per una<br />

nuova classe dirigente, giovane non solo<br />

d'anagrafe, definitivamente svincolata<br />

dal ventennio e proiettata altrove.<br />

Il ventennio<br />

Il ventennio è stato per la società, nel<br />

variare dei governi, essenzialmente un<br />

unico regime. Il regno degli imprenditori<br />

e della tv. Berlusconi non è stato Prodi –<br />

ci mancherebbe – né Vespa è uguale a<br />

Santoro. Ma alcuni valori di fondo, introiettati<br />

da tutti, non sono più stati messi in<br />

discussione.<br />

Uno è la “precarietà”, vale a dire l'abolizione<br />

dei naturali conflitti di classe –<br />

sul piano economico – e l'affidamento


delle decisioni ultime ai padroni. Non<br />

sembra che abbia funzionato. Rinnegare<br />

Keynes ha portato semplicemente alla<br />

crisi generale.<br />

Ancora di più, “precariato” ha significato<br />

- sul piano antropologico - l'interruzione<br />

violenta del normale processo di<br />

crescita dei <strong>giovani</strong>, il relegamento in<br />

un'indefinita interminabile adolescenza,<br />

la cristallizzazione dei poteri nei maschi<br />

adulti. Il ritorno, apertamente teorizzato,<br />

a prima degli anni Settanta.<br />

Non ha funzionato neanche questo,<br />

perché anche questo era profondamente<br />

innaturale. E ora ci troviamo tutti ad affrontare<br />

il fallimento di queste due avventure,<br />

di queste due brusche interruzioni<br />

del processo umano. E intanto il mondo<br />

è andato avanti - Cina, India,<br />

Brasile... Noi lo guardiamo da lontano,<br />

non più con l'ottimismo benevolo dei nostri<br />

primi anni ma coi timori stizziti di un<br />

paese invecchiato male.<br />

Invecchiati male<br />

Ma noi che siamo <strong>giovani</strong>, dove dobbiamo<br />

andare? Dobbiamo continuare a<br />

“far politica” come sempre, ma a modo<br />

nostro. Lasciamo che i media si accapiglino<br />

su Grillo o non Grillo, politica o<br />

antipolitica, a modo loro. Per noi, i “grillini”<br />

sono una cosa buona (ma anche i<br />

<strong>giovani</strong> Idv di qualche anno fa, anche<br />

quelli di Vendola, o i <strong>giovani</strong> PD della<br />

Campania o della Calabria) non per il<br />

loro leader, che francamente non ci affascina<br />

(noi abbiamo visto Berlinguer e<br />

Pertini), ma proprio per quello che cercano,<br />

proprio per ciò che sono.<br />

E' bello che degli esseri umani, in tem-<br />

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pi di medioevo politico, si appassionino<br />

a queste cose, che sono – alla loro maniera<br />

– l'antico “bene comune”. E' la politica<br />

che rinasce, dopo vent'anni. La bella<br />

addormentata, risvegliandosi, non dà<br />

baci in fronte, ma strilla e inveisce: e che<br />

volete?<br />

Dove succedono le cose importanti<br />

Noi, però, ne sappiamo di più. Sappiamo<br />

che l'elezione importante non è stata<br />

a Parma, dove un elettorato grasso e borghese,<br />

dopo tante cazzate andate a male,<br />

ha finalmente avuto un po' di buon senso<br />

e ha votato civile; ma a Barcellona Pozzo<br />

di Gotto, dove una città disperata, occupata<br />

dalla mafia per sessant'anni, profondamente<br />

intrisa (e vorrei vedere) di cultura<br />

mafiosa, alla fine s'è ribellata e ha<br />

votato una sindaca che, con tutti i suoi limiti,<br />

è almeno una persona umana e antimafiosa.<br />

Lo stesso, in varia misura, è avvenuto<br />

a Palagonia, Caltagirone, Paternò,<br />

Misterbianco. E naturalmente a Palermo.<br />

Certo, sui grandi media non leggerete<br />

questo: è molto più mediatica Parma. Ma<br />

noi – Falcone, Pertini – abbiamo altri<br />

maestri e guardiamo più lontano.<br />

Sappiamo che qui, e ora, c'è un terreno<br />

preciso su cui si può tenere insieme il<br />

paese, effettuare la transizione su un terreno<br />

solido, ed è l'antimafia. Antimafia<br />

non vuol dire fare una celebrazione ogni<br />

anno. Antimafia vuol dire spazzare via il<br />

potere mafioso e tutti i suoi interlocutori<br />

imprendoriali e politici, e non solo al<br />

Sud. Avere uno Stato sociale efficiente,<br />

una scuola pubblica che funzioni, una<br />

produzione industriale che non sfugga<br />

più, come ora, nei poco chiari rivoli della<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 9<br />

“Cambiamento:<br />

ce n'è di più<br />

a Parma o nei<br />

paesi liberati<br />

in Sicilia?”<br />

A sinistra:<br />

la redazione di Telejato<br />

finanza “moderna”. Riportare la<br />

soluzione dei conflitti sociali sul terreno<br />

naturale del contratto e non della<br />

dittatura. Dividere i sacrifici, spremere<br />

dalla borghesia mafiosa l'illecito<br />

accumulato. Confiscare i patrimoni<br />

illeciti – da mafia e da corruzione – e<br />

darli in gestione a <strong>giovani</strong> lavoratori.<br />

E' una precisa politica, non un insieme<br />

di buone intenzioni. Non chiede una terza<br />

repubblica, o una seconda o una quarta,<br />

ma semplicemente la nostra vecchia<br />

Repubblica del '46, quella che ci ha fatto<br />

Nazione.<br />

Su questa strada, alla fine, crediamo di<br />

ritrovarci coi <strong>giovani</strong> che, oggi come nella<br />

Palermo di Falcone, sono il vero presidio<br />

democratico, l'antimafia reale. Agli<br />

altri non abbiamo molto da dire, né in<br />

bene né in male, perché tutto sommato,<br />

per potenti che siano, di concreto e di utile<br />

possono fare ben poco.<br />

Per esempio, Telejato<br />

Fra un mese chiuderà Telejato, voce<br />

dell'antimafia in uno dei settori più esposti.<br />

Chiuderà nel silenzio di tutti, fra una<br />

grande commemorazione antimafia e<br />

l'altra, ad opera di una legge voluta da<br />

Berlusconi e confermata da Monti.<br />

Questo spiega più di mille discorsi<br />

cosa succede. Il vecchio regime non ce la<br />

fa più, coi gerarchi travolti da scandali<br />

vergognosi. Il nuovo vorrebbe cambiare,<br />

ma nei limiti dei gattopardi. Nulla cambierà<br />

davvero se non dal basso, ed è la<br />

lotta antimafia, non quella di improbabili<br />

santoni, il luogo su cui il “dal basso” può<br />

contare senza strumentalizzazioni, senza<br />

mezze misure e per davvero.


www.isiciliani.it<br />

ITALIA<br />

<strong>2012</strong>/<br />

Generazione<br />

Falcone<br />

Vent'anni sono una vita, anzi tante vite – Rocco, Ludovica, Marika, Carme-<br />

lo – di <strong>giovani</strong> esseri umani che in quel giorno terribile hanno avuto il mo-<br />

mento di svolta dell'esistenza. “Uomini soli”, è stato scritto in questi gior-<br />

ni di Falcone e degli altri. Soli? Di fronte alle “istituzioni”, alle persone<br />

importanti, forse sì. Ma non di fronte a questi ragazzi, alle migliaia di altri<br />

<strong>giovani</strong> così. Loro hanno capito. Sono una generazione<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 10<br />

di Norma Ferrara


Questa è la storia di un bambino che<br />

gioca a calcio. E per una volta sta per<br />

vincere la partita quando tutto si ferma<br />

intorno, la gente smette di parlare per<br />

strada e rientra nelle case. Si sentono<br />

solo le voci dei giornalisti che dai telegiornali<br />

commentano tutti la stessa immagine.<br />

Muovono le labbra ma lui non li<br />

capisce. Sbircia dalla finestra di una signora<br />

del quartiere, dietro di loro sembra<br />

di vedere un incendio. Torna a casa e la<br />

mamma ha la faccia di chi ha perso un<br />

parente, uno di “famiglia”. Così comincia<br />

un'altra età, una nuova generazione<br />

* * *<br />

«Spesso mi sono chiesta che fine avessero<br />

fatto le migliaia di ragazzi e ragazze<br />

che manifestavano ostilità alla mafia, nel<br />

‘92-93, dopo gli attentati a Falcone e<br />

Borsellino. Spesso mi sono domandata a<br />

cosa pensano e credono oggi; se hanno<br />

dimenticato la loro rabbia di ieri; se hanno<br />

trovato un lavoro; se resiste alle mille<br />

insidie della vita quotidiana la loro scoperta<br />

della legalità» dice la giornalista<br />

Marcelle Padovani, nel suo “Cose di<br />

Cosa nostra”, presentando anni dopo<br />

quel libro-intervista a Giovanni Falcone.<br />

La generazione che ha “respirato” le<br />

stragi è oggi sotto gli occhi di tutti. La si<br />

può vedere, vent’anni dopo, criticare,<br />

giudicare. Ma non ignorare. Sono precari,<br />

sono spesso fuori sede, sono “resistenti”,<br />

sono l’Italia che è nata su quelle macerie.<br />

In pochi la raccontano, eccetto<br />

quando le loro bandiere e i volti sono<br />

corredo per quelle belle foto colorate delle<br />

manifestazioni, perfette per lanciare<br />

Tg o copertine dei settimanali. Molti di<br />

loro sono stati antimafiosi nel privato, in<br />

questi lunghissimi vent’anni, altri non<br />

hanno mai smesso di fare antimafia, anche<br />

quando hanno fatto tutt’altro.<br />

Solo una partita di pallone<br />

Per molti di quella generazione, quelli<br />

che avevano dieci – quindici anni quando<br />

allo svincolo fra Palermo e Capaci<br />

Cosa nostra metteva fine alla vita del<br />

giudice, Giovanni Falcone e dei suoi collaboratori,<br />

Vito Schifani, Antonino Montinaro,<br />

Rocco Di Cillo, quel giorno è fat-<br />

www.isiciliani.it<br />

to di frammenti di memoria. Ma<br />

quell’esplosione crudele fu per molti di<br />

loro la perdita dell’innocenza, niente è<br />

stato più come prima. Come per Carmelo,<br />

trent’anni compiuti da poco (ci tiene a<br />

precisarlo …) ha studiato matematica “al<br />

Nord” perché spiega - « pensavo che<br />

qualsiasi posto là fosse meglio di qua» e<br />

quel «qua» è Caltanissetta una delle poche<br />

città della Sicilia che non hanno il<br />

mare.<br />

Dieci anni fuori dall’Isola, direzione<br />

Continente e nella mente il ricordo degli<br />

omicidi di mafia, compiuti a pochi chilometri<br />

dalla sua città.<br />

«Mi ricordo che un giorno stavo giocando<br />

a pallone, nella strada con gli atri<br />

compagni. Piano piano intorno a noi le<br />

tante voci di sottofondo che sempre<br />

c’erano, scomparvero. Come se avessero<br />

abbassato il volume, tutto d’un tratto.<br />

Così almeno l’ho fotografato quel momento<br />

nella mia mente – dice Melo,<br />

come lo chiamano gli amici - Allora ci<br />

fermammo e io mi lamentai, non c’era<br />

mica bisogno di fermarsi! c’era una partita<br />

in corso e io stavo anche vincendo.<br />

Mi arrabbiai e corsi verso Giovanni che<br />

aveva il pallone in mano, lo tirai verso<br />

gli altri e dissi “picciò camma fari? Chi<br />

succidiu?” (che dobbiamo fare, cos’è<br />

successo?). Ma nessuno mi stette a sentire<br />

mentre lentamente cresceva il volume<br />

dei telegiornali dalle case che avevano le<br />

finestre aperte sulla strada. Prima uno,<br />

poi un altro e poi un altro ancora. Ci arrampicammo<br />

dalla finestra della signora<br />

Di Bella per vederlo anche noi ».<br />

Carmelo tornò a casa quel pomeriggio<br />

pensando che solo in quella stradina la<br />

gente si fosse messa in testa di vedere il<br />

Tg proprio mentre lui stava vincendo la<br />

partita che solitamente perdeva, perché<br />

stava nella squadra di quelli lenti, di<br />

quelli “scarsi”.<br />

Le mafie si spostarono al nord, come me<br />

E invece anche a casa sua, il notiziario<br />

faceva vedere quell’incendio e dalla faccia<br />

della mamma, Melo ricorda di aver<br />

pensato, per tanti anni, che un parente<br />

fosse morto lì. « Solo dopo capii, non so<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 11<br />

“Tutto si ferma intorno...”<br />

come ricostruii tutto. Per due – tre anni si<br />

parlò di mafia, anche in tv. Mi ricordo un<br />

po’ qualche immagine. Tanto mi bastò a<br />

decidere che ero nato nel posto sbagliato<br />

e semplicemente me ne dovevo andare».<br />

Era vent’anni fa, era la mafia in diretta,<br />

la strage di Capaci, vista dai ragazzini di<br />

Caltanissetta. Intravista dai Tg, che di<br />

solito guardavano con noia e fastidio.<br />

Carmelo poi si iscrive all’Università e<br />

trasferisce a Siena. Dieci anni fa scopre<br />

che sotto la casa in cui vive, ormai da radical<br />

chic di provincia, si rompono spesso<br />

le vetrine di un negozio.<br />

«I proprietari non facevano in tempo a<br />

cambiarle che le distruggevano di<br />

nuovo». «Sembravano i segnali di un<br />

chiaro tentativo di estorsione ma io pensai<br />

di essere il solito siciliano che vede la<br />

mafia ovunque; la verità era che più passavano<br />

i giorni più mi sembrava che i cittadini<br />

di Siena, per molti aspetti così lontani<br />

da noi, assomigliassero a quella categoria<br />

di siciliani che per paura o viltà<br />

non vuole vederla la mafia, da nessuna<br />

parte. Io mi ero trasferito ma non ero<br />

stato il solo, anche le mafie non erano<br />

più soltanto a Palermo o a Caltanissetta,<br />

come pensavo da ragazzino. Erano ovunque».<br />

Chi sono i mafiosi?<br />

«Avevo 9 anni. Stavo piangendo perché<br />

il giorno dopo c'era la mia prima comunione<br />

e avevo appena saputo che le<br />

mie cugine di Messina non sarebbero potute<br />

venire a Capo d'Orlando a festeggiare<br />

con me – racconta Ludovica, siciliana<br />

che vive a Roma. «Ad un certo punto<br />

venne mio padre da me e disse che non<br />

dovevo piangere per questi motivi futili,<br />

perché quel giorno a Palermo era morto<br />

il giudice Giovanni Falcone. Quello …<br />

era un motivo serio per cui piangere. Il<br />

lunedì successivo a scuola la nostra maestra<br />

ci chiese se avevamo saputo la notizia<br />

della strage di Capaci e di raccontare<br />

quali fossero le nostre impressioni. Ero<br />

rimasta molto colpita dalle parole di mio<br />

padre e anche dall'espressione affranta<br />

della maestra ma non capivo bene la gravità<br />

di quanto accaduto».


Falcone<br />

I BAMBINI DI ALLORA<br />

Ludovica vive e cresce in provincia di<br />

Messina a Capo D’Orlando, un paesino<br />

di turisti e commercianti, Cosa nostra<br />

sino a quel 1992 l’ha conosciuta così,<br />

con l’ammonimento di un padre e i ricordi<br />

di scuola. Ma prima delle stragi erano<br />

arrivati altri segnali, i mafiosi erano anche<br />

nel suo paese, anche vicino a lei.<br />

«Un giorno a scuola una mia compagna<br />

era stata chiamata dalla maestra per<br />

uscire prima della fine dell'orario scolastico.<br />

Solo dopo qualche giorno ho saputo<br />

che suo padre era stato gambizzato».<br />

Ludovica non mette subito insieme<br />

queste cose, una sembra così lontana,<br />

l’altra così vicina. Chi sono i mafiosi? Le<br />

chiedono spesso a scuola di parlarne, ne<br />

parlano in tanti, ci sono le fiaccolate per<br />

le strade del paese. Nasce proprio lì la<br />

prima associazione antiracket d’Italia.<br />

La strage vista dal Nord<br />

Marika, che nel '92 ha 13 anni, invece<br />

è valdostana. Di quel giorno ricorda le<br />

immagini che in televisione trasmettono<br />

“Scommettiamo che?”, il varietà della<br />

prima rete Rai, «non viene sospeso, nemmeno<br />

di fronte a questa tragedia».<br />

www.isiciliani.it<br />

Quando nel 1992 il giudice Giovanni Falcone fu ucciso dalla<br />

mafia insieme alla moglie e a tre agenti della scorta, i giornalisti<br />

della redazione di CTzen frequentavano asilo ed elementari ma<br />

quel 23 <strong>maggio</strong> di vent’anni fa ha cambiato e influenzato la vita<br />

di quei bambini e di tanti altri come loro, oggi <strong>giovani</strong> adulti. Il<br />

perché quella data è così importante lo racconta in questo<br />

intervento la redattrice più anziana del giornale, allora undicenne<br />

Vent’anni. Da quando sono capace di pensare con la mia testa<br />

e capire cosa vuol dire mafia, strage mafiosa ed essere una<br />

siciliana onesta il 23 <strong>maggio</strong> non è mai stato un giorno qualsiasi,<br />

un anniversario come altri. È stato un giorno di lutto, di un dolore<br />

vivo molto più di quello che può provocare un semplice ricordo,<br />

un fatto che ho vissuto ma che ho capito solo attraverso il<br />

racconto. Un giorno di lacrime e rabbia, ma anche di coraggio,<br />

forza e vicinanza con tutti i ragazzi per cui quel giorno ha lo<br />

stesso significato. Ed ho la fortuna di conoscerne molti di <strong>giovani</strong><br />

così.<br />

Quando il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca<br />

Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e<br />

Antonio Montinaro sono stati fatti saltare in aria lungo<br />

l’autostrada per Palermo nei pressi dello svincolo per Capaci<br />

avevo solo 11 anni. Ero a casa della mia amica del cuore<br />

dell’epoca a festeggiare il suo compleanno. Non capii. L’unica<br />

cosa che colsi, da bambina quale ero, era che doveva essere<br />

successa una cosa molto grave. Doveva essere gravissima se si<br />

accendeva la Tv per vedere il telegiornale nel bel mezzo di una<br />

festa. Fui consapevole di quella gravità solo molti anni dopo. E<br />

da allora quella data non fu più, nella mia testa e nel mio cuore,<br />

Durante i Tg i giornalisti hanno tutti il<br />

volto tirato, la voce bassa. Le immagini<br />

sono strazianti ma lo show va avanti lo<br />

stesso. Ripartono i giochi e da piccola<br />

non sai distinguere se è stata una cosa<br />

grave o meno. E’ morto qualcuno e solo<br />

più in là Marika capirà chi.<br />

Trentatré anni dopo si trova al tribunale<br />

di Milano a seguire per un giornale un<br />

processo di mafia. Si chiama ‘ndrangheta<br />

la mafia che oggi uccide con la stessa<br />

violenza che nel ‘92 colpì Falcone e Borsellino<br />

a 57 giorni l’uno dall’altro. Questa<br />

volta ha ucciso una donna, Lea Garofalo:<br />

aveva la colpa di<br />

voler essere libera dal<br />

marito e dalla mafia.<br />

Marika oggi fa la<br />

giornalista e combatte<br />

da anni il pregiudizio<br />

che vede la mafia “solo<br />

al sud”. «Al nord - dice<br />

Marika - ci sarebbero<br />

solo i soldi. Ma è solo<br />

un modo per non vedere<br />

le cose come stanno,<br />

perché dopo il denaro<br />

arrivano i mafiosi». Anche<br />

in Valle D’Aosta,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 12<br />

il giorno del compleanno di un’amica. Quello è il giorno in cui<br />

ricorre l’anniversario della scomparsa di persone che sono morte<br />

per la mia terra, per il mio futuro, per me.<br />

Quando avevo 11 anni non sapevo neanche chi fosse<br />

Giovanni Falcone. L’ho conosciuto parecchio tempo dopo, per il<br />

suo lavoro, le sue idee e le sue analisi sulla mafia. Per questo lo<br />

ricordo e gli sono grata. Grazie a lui nessuno ha potuto prendere<br />

in giro me e i <strong>giovani</strong> della mia generazione dicendoci che la<br />

mafia non esiste. Grazie a lui abbiamo sempre avuto chiaro<br />

contro cosa lottare. La sua faccia, il suo sguardo, il suo sorriso<br />

sono diventati la faccia, lo sguardo e il sorriso di uno di famiglia.<br />

Ricordo quel sorriso mentre risponde alle domande di una<br />

giornalista francese, mentre parla di mafia, di paura. Quel<br />

sorriso che mi ha sorpreso, che mi ha sempre colpito e fatto<br />

pensare che era speciale.<br />

Chi l’ha ucciso ci ha tolto qualcosa. E quel lutto ci appartiene.<br />

Per questo non potrei mai, per esempio, sposarmi il 23 <strong>maggio</strong>.<br />

Né il 19 luglio. Ma chiamerò mio figlio con il nome di un<br />

magistrato. Come si fa con i papà, con gli uomini che ti<br />

insegnano qualcosa sulla vita che ti resta dentro per sempre e ai<br />

quali sarai grato in eterno. Falcone mi ha insegnato cosa vuol<br />

dire lottare per un futuro migliore, a non essere indifferente.<br />

Cosa vuol dire essere siciliana ed esserne orgogliosa. E a non<br />

arrendermi. Neanche quando vedo un bambino spacciare invece<br />

di giocare, o un ragazzo che pensa di trovare nella malavita<br />

un’alternativa distruggendo la serenità di genitori onesti.<br />

Neanche quando appare chiaro che il confine tra mafia e politica<br />

è sottile. Falcone mi ha insegnato che io posso fare la mia parte<br />

e che ci sono uomini giusti, che non si piegano, uomini come lui<br />

per cui io oggi continuo a restare e a lottare.<br />

Agata Pasqualino, CtZen<br />

come tenta di dimostrare con le sue<br />

cronache quotidiane.<br />

Non fuggire ma lottare<br />

Vi ricordate Carmelo, quello che giocava<br />

a calcio per le strade di Caltanissetta<br />

il giorno della strage di Capaci? Due<br />

anni fa ha smesso di odiare la sua terra,<br />

ha capito che vittime e carnefici a volte<br />

sono due facce della stessa medaglia ma<br />

che la risposta non è fuggire ma lottare.<br />

Che i mafiosi sono una minoranza ma la<br />

mafiosità tende ad affermarsi nella <strong>maggio</strong>ranza<br />

del Paese.


Melissa<br />

FORSE NE PARLAVANO QUELLA MATTINA<br />

Da Mesagne a Brindisi ci sono meno di 20 km e poco più di 20<br />

minuti di autobus. Melissa faceva questo tragitto ogni giorno da<br />

3 anni, insieme alle sue amiche e ai suoi amici, e probabilmente,<br />

come ogni ragazza della sua età che si alza presto la mattina<br />

per andare a scuola, ogni mattina si sedeva con la stessa amica<br />

e cercavano di guadagnare 5 minuti di sonno, parlavano di<br />

scuola e interrogazioni imminenti, condividevano ansie da adolescenti,<br />

si emozionavano per i primi amori, piangevano per le prime<br />

delusioni. Chissà se qualche volta in questi tragitti mattutini<br />

avranno parlato anche della propria scuola e di chi era Francesca<br />

Morvillo, del perché l’istituto da loro frequentato si chiamasse<br />

cosi. Penso che almeno quest’anno a scuola ne avranno discusso,<br />

considerato che è il ventennale della strage di Capaci e<br />

non c’è scuola che non ricordi Francesca, Giovanni, Rocco, Vito,<br />

Antonio, anche fosse solo per dovere istituzionale.<br />

Forse ne parlavano quella mattina, o forse – più probabile -<br />

quella mattina parlavano del sabato sera che arrivava, dell’uscita<br />

serale, di cosa avrebbero fatto nel pomeriggio, della domenica di<br />

vacanza sospirata dopo 6 giorni di scuola. Magari alle 7.44 stavano<br />

ancora discutendo di come vestirsi la sera. Di certo alle<br />

7.45 non lo facevano più, e i loro sorrisi, la loro voglia di vivere,<br />

le loro chiacchiere saltavano insieme agli zaini, ai libri e ai quaderni,<br />

ai loro 16 anni.<br />

Melissa adesso non c’è più, Veronica non sarà più la stessa e<br />

penso ci vorrà tempo prima che un sorriso sereno ritorni sui volti<br />

Ed è su questo che ha scelto di impegnarsi<br />

a scuola, e anche fuori, facendo<br />

l’educatore di strada, presso parrocchie,<br />

scuole di periferia, doposcuola.<br />

«Togliere il consenso dei <strong>giovani</strong>, dei<br />

più piccoli, è l’unica strada. Noi della generazione<br />

“delle stragi” ce ne siamo andati<br />

per non concederglielo. E’ stata una<br />

scelta legittima, io la rivendico. E molti<br />

di noi sono rimasti e gliel’hanno negato<br />

ma hanno pagato con l’assenza di lavoro,<br />

con l’insicurezza di un futuro incerto,<br />

questa scelta. Altri hanno ceduto, hanno<br />

tradito Giovanni Prima li ho giudicati,<br />

ma dopo li ho capiti. Da pochi anni sono<br />

tornato in Sicilia, in fondo era quello che<br />

pensavo di fare da un po’ di tempo e trovo<br />

che noi, tutto sommato, siamo rimasti<br />

fedeli a quel giorno, a quell’orrore visto<br />

come fosse un film».<br />

“Non li abbiamo traditi”<br />

«Penso di poter dire che non abbiamo<br />

tradito Giovanni e Paolo – dice Carmelo<br />

- L’ha fatto una parte della magistratura,<br />

una parte della politica, una parte del<br />

mondo affaristico ma non i <strong>giovani</strong> che<br />

erano adolescenti quando quel 1992 arrivò<br />

a spazzare via l’innocenza di tutti»,<br />

Anche Ludovica, la giovane di Capo<br />

d’Orlando (Me) ha preso impegni precisi<br />

www.isiciliani.it<br />

con il suo passato. Oggi è una ricercatrice<br />

universitaria, ha studiato sociologia e<br />

si sta specializzando proprio nello studio<br />

della criminalità organizzata in Italia e<br />

nel mondo.<br />

Da alcuni anni è impegnata con la rete<br />

di associazioni di Libera, si occupa di ricerca<br />

e università. Lo scorso anno ha<br />

promosso uno studio sulla percezione<br />

che i <strong>giovani</strong> hanno delle mafie, come la<br />

vedono oggi. Ricordandosi spesso degli<br />

occhi con i quali la vide lei, per la prima<br />

volta. E la continua a vedere, anche qui,<br />

nella Capitale.<br />

Un movimento che non si arrende<br />

Le loro storie sono solo alcuni ritratti<br />

privati del quadro di un movimento antimafia<br />

che non si arrende. Sono i ragazzi<br />

di Addipizzo, nati sotto la spinta della<br />

battaglia antiracket e quasi tutti adolescenti<br />

nel periodo delle stragi, proprio a<br />

Palermo. Sono i <strong>giovani</strong> che hanno scelto<br />

di lavorare con le cooperative nate sui<br />

beni confiscati ai boss. Sono i tanti <strong>giovani</strong><br />

che operano nei quartieri periferici<br />

di Catania. Sono i <strong>giovani</strong> docenti che<br />

hanno scelto di far rinascere le scuole a<br />

partire da quelle dislocate nelle periferie<br />

di un Sud, spesso dato per perso. Gli studenti<br />

universitari e i ricercatori che non<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 13<br />

delle loro compagne e dei loro compagni di scuole, quelli feriti e<br />

quelli che si sono trovati l’inferno davanti agli occhi. Un inferno<br />

causato non da un attentato anomalo ma dalla viltà in cui mafia<br />

terrorismo e altro spesso si sono incontrati nella storia d’Italia.<br />

In Melissa, ognuno di noi ha visto la sorella la figlia la cugina<br />

la nipote l’amica la vicina di casa. Io ho visto tutte queste e ho<br />

anche visto altro: soprattutto ho visto Lucia e Federica, Nicole e<br />

Maria Filomena, Alice e Simona, che ogni mattina si alzano un<br />

po’ prima di altre loro compagne, fanno un tragitto simile a Mesagne-Brindisi<br />

ma in Sicilia, poco più di 10 km e poco meno di<br />

20 minuti di autobus, frequentano il terzo anno delle scuole superiori<br />

in un paese diverso da quello in cui abitano e hanno tra i<br />

16 e i 17 anni. Come Melissa. E poi ho visto Clarissa Elisa Giusi<br />

Miriam Paola e Simona che tra meno di un mese sosterranno<br />

l’esame di terza media e da settembre faranno anche loro ogni<br />

mattina un tragitto simile a quello di Melissa e lo stesso tragitto<br />

di tante loro amiche, sullo stesso autobus o su autobus diversi,<br />

per andare a scuola, dove bisognerebbe soprattutto imparare a<br />

diventare cittadine e cittadini consapevoli. Non vittime innocenti<br />

della follia umana. Ciao Melissa, ti hanno salutato le tue compagne<br />

e i tuoi compagni delle reti e degli unioni degli studenti: qualsiasi<br />

cosa farete non ci fermerete, hanno scritto sabato sera e il<br />

26 giugno a Brindisi, in una manifestazione nazionale studentesca<br />

urleranno che non hanno paura, e che vogliono difendere il<br />

loro futuro. Anche per te.<br />

«Muor giovane colui che gli dei amano», così Menandro ha lasciato<br />

scritto in un frammento: sarà un verso sublime, ma io oggi<br />

non ce la faccio a crederci.<br />

Anna Bucca, Arci Sicilia<br />

hanno mai smesso di promuovere percorsi<br />

di studio e conoscenza su questi temi.<br />

Sono i tanti <strong>giovani</strong> che sono cresciuti<br />

con il “mito” degli inviati di guerra ma<br />

non quelli in collegamento dall’Iraq o<br />

dall’India, ma quelli che raccontavano<br />

Ballarò e la Vucciria, Scampia e l’Aspromonte.<br />

E poi hanno scelto di farlo quel<br />

mestiere. Sperando di non dover mai raccontare,<br />

da giornalisti, quello che nel<br />

1992 videro attraverso gli occhi degli<br />

adulti e che li fece diventare grandi, prima<br />

dei loro fratelli <strong>maggio</strong>ri. Quella storia<br />

che appartiene a loro prima che ad altri,<br />

perché lì si è giocato il loro futuro.<br />

* * *<br />

«Che fine hanno fatto le migliaia di<br />

ragazzi e ragazze che manifestavano ostilità<br />

alla mafia, nel ‘92-93, dopo gli attentati<br />

a Falcone e Borsellino?» – chiedeva<br />

Marcelle Padovani.<br />

Sono impegnati a vincere questa battaglia.<br />

Malgrado la politica, malgrado alcuni<br />

adulti di allora e di oggi, rischiano<br />

di farcela perché sono rimasti liberi. E<br />

buona parte di loro ha scelto di liberare<br />

chi libero non è.e Paolo, perché non avevano<br />

molta scelta.


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Elezioni/ Barcellona P.G.<br />

Nella città dei padrini<br />

stravincono gli antimafiosi<br />

Elezioni in una piccola<br />

e tosta città di mafia.<br />

Città di vecchi padripadroni,<br />

che o stanno<br />

con la mafia o non osano<br />

andarle contro. Se<br />

avessero potuto votare<br />

soltanto loro...<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Solo un paio di anni fa sarebbe stato<br />

pressoché impossibile avvicinarsi<br />

all’onnipotente Senatore nel suo giro<br />

per i seggi. Cortigiani, clienti, vassalli e<br />

galoppini a spintonarsi per una pacca<br />

sulle spalle o una stretta di mano, la<br />

promessa d’intercessione contro l’inferno<br />

della miseria e della disoccupazione.<br />

Ogni volta gli stessi riti, gli stessi bagni<br />

di folla.<br />

Lunedì 21 <strong>maggio</strong>, ore 12,30, di fronte<br />

al Municipio del Longano, la scena è differente.<br />

Manca poco e niente allo sfoglio<br />

dei voti per la scelta del nuovo sindaco di<br />

Barcellona Pozzo di Gotto e Domenico<br />

“Mimmo” Nania discute pacatamente con<br />

Santino Catalano, già deputato regionale<br />

in quota Pid, dichiarato decaduto perché<br />

incandidabile per una pregressa condannata<br />

patteggiata. Accanto ci sono solo altre<br />

due persone. Più in là una volante della<br />

Polizia a monitorare l’ingresso di una<br />

scuola sede elettorale. Un senso di solitudine,<br />

presagio del tramonto di un’era.<br />

Tre ore più tardi la città-palude della legalità,<br />

la città-fortezza dei poteri forti e<br />

della borghesia massomafiosa sarà investita<br />

da un desiderio collettivo di rottura e<br />

cambiamento. Col 61,3% dei consensi e<br />

13.664 voti, Maria Teresa Collica, 42<br />

anni, ricercatrice universitaria e presidente<br />

di Città Aperta, spezza dieci anni di predominio<br />

della destra estrema e moderata.<br />

Candidata di una coalizione di<br />

associazioni di volontariato, Prc, Sel, Socialisti<br />

e Idv, sembrava la vittima sacrificale<br />

per provare a strappare almeno un<br />

consigliere comunale al partito unico dei<br />

nania boys. Invece, a sorpresa, la Collica<br />

ha sbaragliato prima i concorrenti delle<br />

primarie del centrosinistra (snobbate dal<br />

Pd), poi, al primo turno, si è piazzata poco<br />

dietro il candidato unto dal signor-senatore,<br />

Rosario Catalfamo.<br />

Al ballottaggio lo Tsunami. Poi il corteo<br />

gioioso per il centro e le tristissime periferie<br />

barcellonesi di centinaia di ragazze e<br />

ragazzi, studenti universitari e mariateresa<br />

football-fans, i commercianti mosche<br />

bianche dell’antiracket, l’antimafia sociale,<br />

due suore e gli scout cattolici, i dirigenti<br />

dei partiti sostenitori, gli animatori<br />

dei circoli culturali out.<br />

Il corteo gioioso per il centro<br />

La Barcellona che sogna ancora a colori,<br />

che vuole rinnovare e rinnovarsi, che<br />

chiede spazi di agibilità democratica ed<br />

espressione, centri di aggregazione e socializzazione.<br />

Che se la sente di sfidare i<br />

controlli criminali del territorio e l’esercizio<br />

mafioso del potere pubblico e privato.<br />

Che è stanca di pensare al Longano<br />

come lo Stato N (Nania) e a tripla C: la C<br />

di Cattafi (Rosario), l’avvocato superboss<br />

in odor di servizi segreti; la C di Cassata<br />

(Franco), il procuratore generale di Messina<br />

sotto processo a Reggio Calabria per<br />

diffamazione pluriaggravata; la C di Corda<br />

Fratres, il sodalizio paramassonico<br />

scuola e officina dell’intellighenzia e dei<br />

potentati locali. Quella “Corda” creatura<br />

del magistrato Cassata, a cui ha aderito<br />

sino a qualche anno fa la stessa neosindaca<br />

e in cui continuerebbero a militare più<br />

d'uno degli assessori designati.<br />

La prima a parlare di influenze cordafratrine<br />

per spiegare il successo della Collica<br />

è stata l’on. Sonia Alfano, precipitatasi<br />

a Barcellona alla vigilia del primo turno<br />

in compagnia del senatore lombardiano<br />

Beppe Lumia (Pd), per presentare la neo<br />

costituita Commissione europarlamentare<br />

antimafia.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 14<br />

Dopo la pubblicazione dei nomi degli<br />

aspiranti membri di Giunta, l’Alfano ha<br />

emesso una nota al veleno. “L’ufficializzazione<br />

della zavorra cassatiana sulla candidatura<br />

di Maria Teresa Collica traspare<br />

con l’indicazione ad assessore dell’avvocato<br />

David Bongiovanni, legittimamente<br />

difensore di mafiosi di buon calibro”,<br />

scrive l’europarlamentare. “Spetterebbe<br />

alla Collica relegare Cassata e il circolo<br />

Corda Fratres (che, nel frattempo, a Mazzarrà<br />

S. Andrea è riuscito a ottenere l’elezione<br />

del sindaco Bucolo, sotto l’egida<br />

del padre padrone della discarica della<br />

mafia, Pino Innocenti) in un tristo passato<br />

anziché radunarli fra i propri sostenitori”.<br />

“Nessuno dei membri della nuova amministrazione<br />

di Barcellona è espressione<br />

della Corda Fratres o è mai stato indicato<br />

dai vertici dell’associazione”, afferma<br />

Maria Teresa Collica. “Ho scelto Bongiovanni<br />

in assoluta autonomia e indipendenza<br />

per le sue qualità professionali. Lo<br />

stesso vale per la professoressa Lina Panella,<br />

figlia di uno dei co-fondatori della<br />

Corda Fratres. Noi guardiamo esclusivamente<br />

alle capacità personali e alle rispettive<br />

competenze. E oltre agli assessori<br />

conteremo su uno staff di esperti che gratuitamente<br />

si sono messi a disposizione a<br />

beneficio della città”.<br />

Cassatiani e cordafratini<br />

Stando ai denigratori e ai cultori del sospetto,<br />

cassatiani e cordafratrini si sarebbero<br />

mobilitati in blocco per consentire<br />

alla Collica la conquista di Palazzo Longano.<br />

Alla vigilia delle primarie del centrosinistra,<br />

“su iniziativa esclusivamente<br />

personale”, il direttore dell’Ospedale Psichiatrico<br />

Giudiziario (OPG), Nunziante<br />

Rosania, si sarebbe incontrato con “l’amico”<br />

Franco Cassata per caldeggiare la giovane<br />

assistente universitaria. “Si è trattato<br />

di un mero scambio di valutazioni su<br />

quella che ho sempre considerato<br />

un’importante opportunità di cambiamento<br />

politico a Barcellona”, ha spiegato il<br />

Rosania ad alcuni attivisti di Città Aperta.<br />

“Quell’incontro è avvenuto a totale mia<br />

insaputa”, replica Maria Teresa Collica.


“Appena ne sono venuta a conoscenza,<br />

ho manifestato le mie perplessità sull’iniziativa,<br />

anche se so essere stata fatta dal<br />

dottore Rosania in totale buona fede. Ho<br />

detto che si trattava di una scelta infelice<br />

che poteva rilevarsi un boomerang per tutti<br />

noi. Dopo che sono emersi in sede giudiziaria<br />

alcuni particolari sulla figura del<br />

giudice Cassata, per continuare a portare<br />

aventi certe battaglie in campo politico e<br />

sociale, ho ritenuto doveroso allontanarmi<br />

dal suo entourage e da quello della Corda<br />

Fratres. Perché aldilà di eventuali responsabilità<br />

che devono essere accertate dalla<br />

magistratura, ritengo che i rapporti personali<br />

debbano basarsi su nette valutazioni<br />

di opportunità”.<br />

C'è chi parla di gattopardi<br />

La vicenda ha avuto un eco doloroso<br />

all’interno di Città Aperta. Due dei suoi<br />

co-fondatori hanno deciso di prendere le<br />

distanze dalla Collica, arrivando perfino<br />

ad accusare il suo progetto di trasformismo.<br />

“Questo nuovo non mi piace”, scrive<br />

la professoressa Patrizia Zangla. “Con la<br />

vostra condotta consentite ai gattopardi,<br />

da cui vi fate manipolare, di adagiarsi sornioni<br />

e guardare compiaciuti il sistema<br />

messo a punto. Guardano le pedine che<br />

muovono sulla scacchiera. Il re e la regina,<br />

il fante… Siete dei tracotanti del potere.<br />

Persino quando rispondete alle critiche<br />

vince il pensiero omologato, questi i vostri<br />

argomenti: fango, invidia, abiura alle<br />

proprie idee politiche. Siete antidemocratici:<br />

o con voi o contro di voi”.<br />

Accuse fermamente respinte dalla sindaca<br />

che ricorda invece come l’intero programma<br />

della coalizione, i contenuti e le<br />

iniziative della campagna elettorale siano<br />

stati costruiti dal basso con tutti gli aderenti<br />

e i sostenitori di Voltiamo pagina.<br />

“Tutti insieme abbiamo deciso di rifiutare<br />

apparentamenti o accordi con le coalizioni<br />

dei candidati sconfitti al primo turno”,<br />

spiega Collica. “Non lo abbiamo fatto<br />

certo per superbia, ma perché con la<br />

gente abbiamo capito che queste scelte<br />

non sarebbero state assolutamente comprese<br />

e apprezzate. E anche questi sono<br />

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processi di costruzione della democrazia<br />

dal basso…”.<br />

Digeriti i colpi e archiviato lo storico<br />

successo, i compiti e le difficoltà da affrontare<br />

appaiono veramente enormi per<br />

la nuova amministrazione. Si teme innanzitutto<br />

che spulciando tra le carte e le delibere<br />

della ex giunta Nania vengano alla<br />

luce buchi di bilancio insostenibili.<br />

C’è poi il fuoco di sbarramento dei consiglieri<br />

comunali, in buona parte eletti<br />

nelle liste anti-Collica. Riconoscendo<br />

sportivamente il tracollo, il Senatore ha<br />

però inviato segnali di disponibilità al dialogo,<br />

prontamente raccolti dalla sindaca.<br />

“Confido nel ricambio generazionale<br />

del Consiglio che può favorire l’ingresso<br />

di nuove energie”, afferma la Collica.<br />

“Cercherò di volta in volta il consenso<br />

sulle singole determinazioni e paleserò il<br />

risultato del voto in modo che i barcellonesi<br />

sappiano se i consiglieri rispondono<br />

agli interessi della città o a quelli personali”.<br />

I devastanti progetti di Cattafi<br />

L’impegno alla pubblicità e alla trasparenza<br />

potrebbe però non bastare ad evitare<br />

tra meno di un mese che il governo Monti<br />

risponda favorevolmente alla richiesta di<br />

scioglimento per mafia degli organi elettivi<br />

e di azzeramento della macchina burocratica<br />

amministrativa, fatta prima del<br />

voto dalla Prefettura di Messina. La rielezione<br />

in questa tornata di undici consiglieri<br />

che sostenevano la giunta Nania potrebbe<br />

infatti pesare a favore del commissariamento<br />

di Palazzo Longano.<br />

“Abbiamo scelto di non apparentarci<br />

con nessuno proprio perché fosse chiaro<br />

che siamo del tutto sganciati dall’amministrazione<br />

uscente”, spiega Maria Teresa<br />

Collica.<br />

“Riteniamo questa l’unica strada per<br />

tentare di evitare lo scioglimento che<br />

avrebbe senso solo se ci fosse una palese<br />

continuità o contiguità con essa. Cosa diversa<br />

è la macchina amministrativa. Abbiamo<br />

già annunciato una riorganizzazione<br />

degli uffici comunali che dovrà tenere<br />

conto delle inchieste giudiziarie in atto.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 15<br />

“E' un'occasione<br />

storica<br />

e non si deve<br />

sprecare”<br />

Purtroppo esiste il cosiddetto patto di stabilità<br />

che non permette nuove assunzioni.<br />

Così per avere un turn over a livello dirigenziale<br />

bisognerà attendere i pensionamenti”.<br />

La nuova giunta eredita poi tutto il peso<br />

del devastante progetto di realizzazione di<br />

un megaparco commerciale di oltre 19 ettari<br />

in contrada Siena, un’operazione ordita<br />

dal pluripregiudicato Rosario Cattafi.<br />

L’ispezione prefettizia sulle presunte infiltrazioni<br />

criminali nella vita amministrativa<br />

di Barcellona Pozzo di Gotto aveva<br />

preso spunto da questa vicenda, a seguito<br />

dagli esposti firmati proprio da Città<br />

Aperta e dall’Associazione antimafie<br />

“Rita Atria”. “Personalmente continuo ad<br />

essere del tutto contraria a questa scelta<br />

anche per motivi di ordine economico e<br />

sociale”, afferma Maria Teresa Collica.<br />

“Senza più Cattafi a capo dell’operazione,<br />

ritengo che la città tutta vada coinvolta<br />

sull’opportunità di una simile realizzazione.<br />

Il coinvolgimento diretto dei cittadini<br />

sarà il modo con cui vogliamo amministrare”.<br />

La fine dell'era Nania<br />

La nuova amministrazione di Barcellona<br />

è fatta innanzitutto dell’entusiasmo dei<br />

<strong>giovani</strong> volontari che la liberarono in autunno<br />

dai fiumi di fango che l’avevano<br />

sommersa. Ma vede anche aleggiare alcuni<br />

fantasmi ingombranti, desiderosi di riciclare<br />

la propria immagine e deviare magari<br />

il corso degli eventi.<br />

Uno di essi, l’on. Dino Madaudo, già<br />

sottosegretario Psdi alla difesa e frequentatore<br />

del Cattafi al tempo delle sue spericolate<br />

operazioni nel gran mercato delle<br />

armi da guerra (1992-93), ha avuto l’ardire<br />

di presentarsi nel Longano e offrire il<br />

suo supporto al progetto Collica. La grande<br />

scommessa è se quei fantasmi saranno<br />

respinti, ostacolati, sconfitti. O se almeno<br />

ci sarà la volontà di farlo, sino in fondo.<br />

La fine dell’era Nania è un’occasione<br />

storica, unica, per trasformare il tessuto<br />

sociale barcellonese. Maria Teresa e gli<br />

assessori non possono né devono sprecarla.


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Palermo<br />

“Fuori dal palazzo<br />

e per le strade”<br />

Abbiamo chiesto ad<br />

Anna Bucca, presidente<br />

regionale dell’Arci, di<br />

parlarci delle sue<br />

aspettative, dei suoi desideri<br />

e delle sue speranze<br />

all’indomani del<br />

voto del 20 <strong>maggio</strong><br />

di Giovanni Abbagnato<br />

- Dal tuo osservatorio di associazionismo<br />

sociale, qual è la tua valutazione<br />

della svolta di Palermo dopo il decennio<br />

della sindacatura Cammarata che sicuramente<br />

non rimpiange nessuno?<br />

- La valutazione è positiva, sia per il<br />

messaggio che riceve il centro destra e le<br />

forze più conservative da questo risultato,<br />

sia per la lezione che spero colga l’area<br />

politica del centro sinistra palermitano, e<br />

anche quello siciliano e nazionale, che è<br />

arrivata a queste elezioni spaccata, e che<br />

“brillava” per idee poche e confuse.<br />

D’altronde le primarie raccontavano già<br />

di un’apertura verso strane alleanze e laboratori<br />

sperimentali, principalmente con<br />

l'Mpa di Lombardo, che non sembravano<br />

incontrare il favore dell’elettore medio di<br />

centro sinistra.<br />

I risultati di giorno 20 e 21 <strong>maggio</strong>, con<br />

la vittoria schiacciante di Orlando, testimoniano<br />

il fatto che quando il centro sinistra<br />

non è capace neanche di ascoltare le<br />

istanze che vengono dal territorio, la sconfitta<br />

è probabile.<br />

Gli interventi pubblici di Orlando hanno<br />

posto questioni di contenuto rilevanti:<br />

le tematiche dei beni pubblici materiali e<br />

immateriali (istruzione, salute, acqua), la<br />

gestione delle ex municipalizzate, i diritti<br />

di cittadinanza per tutte e tutti, il risanamento<br />

della città, la condivisione di risposte<br />

alla crisi date dal governo nazionale<br />

che hanno finito per penalizzare i soliti<br />

noti, e che non hanno mai intaccato i patrimoni<br />

veri di questo Paese.<br />

- Non è pensabile immaginare che il<br />

Sindaco Orlando non possa che ripartire<br />

dalla disastrosa situazione finanziaria<br />

ereditata che, al di là del fatto che ci siano<br />

già le condizioni tecniche della dichiarazione<br />

ufficiale del dissesto, è certamente<br />

esplosiva. In queste condizioni<br />

ci sarà spazio e risorse per lanciare un<br />

nuovo progetto per la città con delle<br />

“idee forza”in grado di valorizzare tutti<br />

gli interventi e finalizzarli a un complessivo<br />

rilancio?<br />

- Se ci sarà la volontà politica, ci saranno<br />

anche gli spazi e le risorse per rilanciare<br />

un progetto per la città, nonostante il dissesto<br />

. C’è un sapere diffuso nel territorio<br />

che può contribuire a definire le “idee forza<br />

“ di cui tu parli, e si tratta di un sapere<br />

capace anche di intercettare risorse economiche.<br />

D’altronde, nonostante l’insipienza<br />

dell’amministrazione precedente, alcune<br />

cose sono avvenute a Palermo, e il mondo<br />

dell’associazionismo, del volontariato, dei<br />

movimenti ha cercato di fare un faticoso<br />

lavoro di rete.<br />

E nonostante la litigiosità che purtroppo<br />

caratterizza anche questo nostro mondo, si<br />

è riusciti ad avviare coordinamenti e forum,<br />

ancora da ampliare, che hanno provato<br />

a dare risposte le tante volte che la politica<br />

istituzionale è stata assente.<br />

Penso per esempio alle iniziate contro il<br />

razzismo che in città sembra crescere<br />

mese dopo mese, o alle iniziative di rilancio<br />

degli spazi culturali della città come i<br />

Cantieri della Zisa, o il teatro Garibaldi.<br />

- Pur nella considerazione dell’ineludibile<br />

stretta imposta dall’azione del governo<br />

centrale alla finanza locale, c’è<br />

spazio per rilanciare il segmento impor-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 16<br />

tantissimo del welfare che sta in capo<br />

alle politiche del Comune?<br />

- Penso di si e gli appelli che già dalla<br />

prima conferenza stampa sono stati lanciati<br />

dal sindaco Orlando al governo nazionale,<br />

con la domanda esplicita al presidente<br />

Monti se vuole continuare ad essere un<br />

tecnico senza anima o se pensa di cominciare<br />

a occuparsi e preoccuparsi dei problemi<br />

sociali del Paese, fanno ben sperare.<br />

Certo, questo impatta con scelte pesantissime<br />

di tagli al welfare, ai trasferimenti<br />

e in generale a tutto il sistema di protezione<br />

sociale avviate dall’ex governo Berlusconi<br />

e non corretti dall’attuale governo riguardanti<br />

la riduzione drastica e in alcuni<br />

casi l’azzeramento delle spese relative alle<br />

politiche migratorie, alle disabilità, il colpo<br />

mortale inflitto alla scuola, e cosi via.<br />

Ma è anche vero che con un sapiente<br />

uso delle risorse europee, si può “aggiustare”<br />

la direzione di marcia. Penso per<br />

esempio alle risorse del Fondo Europeo<br />

per l’integrazione dei migranti, che possono<br />

essere utili a sostenere politiche di cittadinanza<br />

per tutti, o a fondi allocati presso<br />

le Direzioni Generali delle Commissioni<br />

Europee.<br />

Orlando conosce bene questi meccanismi,<br />

anche per la sua esperienza di deputato<br />

europeo e per il suo profilo internazionale,<br />

dunque spero che sull’attivazione di queste<br />

risorse venga posta la giusta attenzione,<br />

che deve passare da un coinvolgimento<br />

attivo e reale della cittadinanza organizzata<br />

o meno in strutture collettive.<br />

- C'è il rischio di un eccesso di delega<br />

concessa al Sindaco “trionfatore” Orlando,<br />

non solo dalle forze politiche -<br />

palermitane e siciliane - teoricamente<br />

sostenitrici di questa avventura amministrativa,<br />

ma che appaiono francamente<br />

allo sbando - ma anche del mondo<br />

dell’associazionismo e del volontariato<br />

che non sembra stia vivendo la sua fase<br />

migliore?


- Si, ed è proprio il rischio che corre<br />

questa città, come altre città. Non dobbiamo<br />

pensare che il Sindaco e la sua giunta<br />

siano una sorta di presenza salvifica che ci<br />

libera da tutti i mali: credo che Orlando<br />

abbia anche piena coscienza del fatto che i<br />

voti sono stati dati soprattutto a lui e non a<br />

sostegno di un progetto politico organizzato<br />

e di una coalizione coesa. Non è una<br />

nota positiva una <strong>maggio</strong>ranza monocolore<br />

in consiglio comunale (30 consiglieri di<br />

Italia dei Valori), e questo comunque non<br />

è riconducibile a una scelta di Orlando ma<br />

è frutto anche della politica miope di Sel e<br />

del PD che ha indirettamente danneggiato<br />

anche la Federazione della Sinistra. E’ la<br />

maledizione del 4,8% che perseguita da<br />

qualche anno i movimenti del centro sinistra<br />

: alle regionali del 2006 ha colpito la<br />

lista a sostegno di Rita Borsellino, alle regionali<br />

del 2008 ha colpito la lista di Sinistra<br />

Arcobaleno, e ora la vittima è stata la<br />

FDS.<br />

Sarebbe anche ora che le cosiddette forze<br />

autorganizzate della società, esterne ai<br />

partiti, facessero sentire la propria voce e<br />

fornissero il proprio contributo in termini<br />

di idee e proposte: anzi sarebbe proprio il<br />

tempo che -messe da parte le timidezze- ci<br />

si comportasse proprio da soggetti politici<br />

autonomi e radicati territorialmente, se lo<br />

siamo davvero, e si provasse a limitare lo<br />

strapotere della politica dei “politicanti”<br />

attraverso anche la gestione diretta di pezzi<br />

della cosa pubblica. Sarebbe una prova<br />

di maturità anche da parte nostra. Penso<br />

che si può chiedere più coscienza e maturità<br />

alla politica istituzionale se siamo capaci<br />

di pretenderla da noi stessi.<br />

- Quale pensi possa essere l’atteggiamento<br />

più costruttivo che il Sindaco Orlando<br />

può mettere in campo per contribuire,<br />

per la sua parte, a costruire una<br />

proficua collaborazione con il mondo<br />

dell’associazionismo socio-culturale e<br />

ambientale?<br />

- Il sindaco Orlando e la sua giunta devono<br />

mettersi in una posizione di ascolto<br />

reale della città e devono cercare di vivere<br />

il più possibile fuori dal palazzo e in giro<br />

per le strade. Immagino che Palazzo delle<br />

Aquile tornerà finalmente ad essere un<br />

luogo aperto e non più il fortino inaccessibile<br />

che Cammarata aveva creato, ma è<br />

importante che Sindaco e Assessori incon-<br />

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trino la città fuori da quel luogo, nelle<br />

piazze, nei vicoli, nei quartieri. Andare incontro<br />

alla gente con atteggiamento non<br />

populistico: penso sia questo l’atteggiamento<br />

da attivare. Un andare incontro che<br />

non incroci solo l’associazionismo ma anche<br />

i singoli cittadini.<br />

- Una delle deleghe attribuita riguarda<br />

la partecipazione, termine e pratica<br />

politica spesso declinati con significati<br />

diversi. Cosa ti aspetti tu da un’iniziativa<br />

dell’amministrazione comunale per<br />

la realizzazione di un sistema di partecipazione<br />

popolare alle scelte di governo<br />

della città?<br />

- La delega alla partecipazione può essere<br />

la chiave di volta di questa esperienza<br />

amministrativa. Ma partecipazione deve<br />

significare che la città è veramente resa<br />

partecipe. C’è una questione di metodo<br />

che ci riguarda tutti: io spero che partecipare<br />

significhi per questa giunta prendere a<br />

esempio il modello del bilancio partecipativo<br />

di Porto Alegre e di diversi comuni,<br />

principalmente brasiliani ma anche di altri<br />

Stati, in cui il processo partecipativo non è<br />

slogan da campagna elettorale ma percorso<br />

condiviso che dura tutto l’anno.<br />

E mettere i cittadini tutti, e le cittadine<br />

tutte, in condizione di partecipare significa<br />

pensare anche, giusto per fare esempio,<br />

che ci sono donne che per partecipare<br />

avrebbero bisogno di qualcuno/a che per il<br />

tempo necessario si occupi dei loro figli:<br />

dunque questo significa pensare che quando<br />

si fanno le assemblee partecipative, va<br />

anche predisposto un servizio di “babysitteraggio”<br />

per chi non ha mamme e papà,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 17<br />

FOTO DI FABIO D'URSO<br />

nonne o nonni, o amiche/amici disponibili<br />

a occuparsi dei figli per consentire loro di<br />

andare a discutere i destini della città. E<br />

predisporre assemblee partecipative<br />

significa costruire le condizioni perché i<br />

cittadini decidano davvero come si spendono<br />

i soldi della città, per dare vita una<br />

volta per tutte a processi reali di coinvolgimento<br />

e di cambiamento.<br />

- Infine quali gli assi strategici che<br />

possono rappresentare una prospettica<br />

si futuro per la città?<br />

- Io ne vedo un paio. Il primo: una rete<br />

di città, e dunque Palermo come nodo di<br />

un sistema di relazioni tra realtà urbane sia<br />

locali che nazionali che europee. Sarebbe<br />

interessante che la città entrasse nel network<br />

europeo delle “Intercultural Cities”<br />

promosso nel 2008 dal Consiglio d’Europa<br />

e che oggi vede come capofila nazionale il<br />

comune di Reggio Emilia, il cui attuale<br />

sindaco, Graziano Del Rio, è anche il portavoce<br />

de “L’Italia sono anche io”, campagna<br />

nazionale per l’allargamento dei diritti<br />

di cittadinanza e per la concessione del<br />

voto amministrativo a beneficio delle persone<br />

di origine straniera.<br />

Orlando ha dichiarato un impegno preciso<br />

su questo tema, impegno d’altronde già<br />

ufficializzato dal Commissario straordinario<br />

Luisa Latella, e mi aspetto che le azioni<br />

di Orlando siano conseguenti e si sviluppino<br />

in tempi brevi.<br />

Il secondo asse strategico riguarda la nostra<br />

posizione geografica: Palermo deve<br />

avere uno sguardo strabico, da un lato rivolgendosi<br />

all’Europa e dall’altro incrociando<br />

il Mediterraneo.<br />

Il vento apparentemente nuovo che spira<br />

dal Nord Africa, con potenzialità e contraddizioni,<br />

il contrasto più che quarantennale<br />

che attraversa Palestina e Israele possono<br />

essere basi su cui costruire la nostra<br />

indentità di città euromediterranea o mediteuropea,<br />

se preferiamo.<br />

A partire dal riconoscimento della pari<br />

dignità di ognuno di noi, che va di pari<br />

passo con il rispetto della parità dei diritti.<br />

C’è una frase molto bella che cita spesso<br />

Luciana Castellina che l’ha mutuata dal filosofo<br />

Maurizio Iacono, che a sua volta<br />

cita Laocoonte : “Un dialogo tra diversi<br />

non è la stessa cosa che un dialogo tra diseguali”.<br />

Ecco, a me piacerebbe che Palermo<br />

diventasse davvero la città delle differenze<br />

e dei diritti.


Palermo<br />

Pronti... Via!<br />

Non sono elezioni<br />

come tutte le altre: in<br />

un clima di crisi pesantissima,<br />

e mentre il<br />

potere mafioso in città<br />

sembra invincibile, il<br />

popolo palermitano ha<br />

dato un segnale preciso:<br />

rivogliamo la Primavera.<br />

Ce la farà Orlando<br />

a non cadere<br />

nella “politica”, ad essere<br />

il sindaco Orlando<br />

– non un banale<br />

leader, ma molto di<br />

più: un cittadino - del<br />

mito popolare? Lo vedremo<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

L’inusuale ballottaggio alle amministrative<br />

di Palermo tra i due candidati<br />

del centro-sinistra ha dato il suo prevedibile<br />

responso con il plebiscito a favore<br />

di Leoluca Orlando contrapposto<br />

al giovane Fabrizio Ferrandelli.<br />

www.isiciliani.it<br />

L’impressione è che l’affidamento ad<br />

un uomo - perché di questo si è trattato -<br />

di una città visibilmente in ginocchio<br />

dopo la disastrosa sindacatura Cammarata,<br />

contiene in sé un senso di quasi ineluttabilità<br />

avvertita, probabilmente con<br />

motivazioni diverse, dalla stragrande<br />

<strong>maggio</strong>ranza dei votanti.<br />

L'unica scelta possibile<br />

L’evidenza del clima e delle opinioni<br />

che si registrano in città all’indomani del<br />

nuovo trionfo di Orlando sono un positivo<br />

misto tra la consapevolezza della gravità<br />

della situazione e la convinzione<br />

che, comunque, la scelta fatta era l’unica<br />

possibile.<br />

Tutti gli slogan dello sfidante Ferrandelli<br />

che invitavano ad avere il coraggio<br />

di cambiare sembravano favorire il montare<br />

di un’opinione pubblica che vedeva<br />

in Orlando l’unica possibilità di invertire<br />

la tendenza rispetto al degrado complessivo<br />

della città.<br />

Una capacità di volare alto<br />

D’altra parte, l’aspirazione al cambiamento<br />

è qualcosa che si declina in modo<br />

diverso secondo i tempi e le condizioni,<br />

come sa bene chi, al di là degli interessi<br />

specifici, ha pensato di potere affidare a<br />

Berlusconi e a Bossi, e a tutto quello che<br />

loro rappresentavano, un’istanza di cambiamento<br />

di un Paese per molti versi<br />

bloccato da anacronistici riti.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 18<br />

Via via che il trionfo di Orlando si delineava<br />

perdevano consistenza tutte le<br />

perplessità, anche quando fondate e riconducibili<br />

alla percezione dell’incapacità<br />

della città di proporre un’alternativa<br />

valida a quello che a Palermo, da più di<br />

un ventennio, si dice in una parola sola<br />

sinnacuorlandu. Come non scalfivano<br />

l’immagine di Orlando i riferimenti al<br />

suo “populismo”, rintuzzati dalla sua oggettiva<br />

capacità di “volare alto” nel disegnare<br />

un’ipotesi di governo della città da<br />

rendere degna di considerazione in un<br />

contesto nazionale e internazionale.<br />

Da far tremare i polsi a chiunque<br />

Questo perché Orlando sa bene che a<br />

Palermo i problemi sono maledettamente<br />

seri è quindi c’è da mettersi subito a lavorare<br />

per mettere mano, solo per fare<br />

qualche esempio, a delle situazioni in<br />

grado di fare tremare i polsi a chiunque.<br />

Si parla del sostanziale dissesto finanziario<br />

del Comune, dell’implosione delle<br />

aziende speciali che dovrebbero assicurare<br />

l’espletamento di servizi essenziali<br />

come i trasporti e la raccolta dei rifiuti,<br />

dell’incredibile stallo dell’intero sistema<br />

dei servizi sociali comunali, compreso<br />

quelli dedicati al grave handicap.<br />

Orlando, che ha certamente spessore<br />

politico-amministrativo e relazioni nazionali<br />

ed internazionali per provare a invertire<br />

una disastrosa tendenza, sa anche che<br />

è necessario, prima possibile, lanciare un<br />

progetto che, riguardando la quinta città<br />

d’Italia, non può che essere ambizioso.


Tutto questo, è appena il caso di ricordarlo,<br />

nonostante le gravi difficoltà che<br />

attraversa il Paese e la crisi, ormai evidente,<br />

di un sistema politico – economico<br />

come quello Europeo che mai ha voluto<br />

assumere un proprio profilo uscendo<br />

dal protettorato, prepotentemente asfissiante,<br />

dei Paesi più forti.<br />

Ce la farà la società civile?<br />

La scommessa non è di poco momento<br />

e non solo per l’oggettiva pesantezza dei<br />

problemi di Palermo. Si tratta di capire<br />

se la classe politica progressista e la cosiddetta<br />

società civile impegnata , in tutte<br />

le loro articolazioni e ispirazioni, saranno<br />

in grado di non rimanere schiacciati tra<br />

un’ipotesi di immobilismo dai veti incrociati<br />

e il dominio assoluto di una sorta di<br />

demiurgo che nella sua visionaria solitudine<br />

trovi le soluzioni a tutti i problemi.<br />

Palermo ha bisogno di un’amministrazione<br />

che, pur assumendosi la responsabilità<br />

di una proposta politica complessiva<br />

di alto profilo generale, trovi concretezza<br />

attuativa in tutti i settori vitali della<br />

città.<br />

In queste senso peseranno molto le<br />

scelte realistiche, ma anche coraggiose,<br />

che riguarderanno l’esercito di lavoratori<br />

dei servizi che dipendono dal Comune e<br />

la loro ricollocazione all’interno di un<br />

progetto per la bonifica di una città. Una<br />

www.isiciliani.it<br />

città da tempo al collasso, che lascia registrare<br />

indici di qualità della vita assolutamente<br />

insostenibili anche nel breve periodo.<br />

Allora, non si può considerare un optional<br />

il recupero del tempo che<br />

un’insensata campagna elettorale, anche<br />

nel campo dell’area politica nettamente<br />

vincitrice, ha tolto all’elaborazione e alla<br />

proposta di idee per un’amministrazione<br />

adeguata al livello di emergenza che, prima<br />

che registrato dagli indicatori, è respirabile<br />

in tutti gli ambiti della città.<br />

L'invadenza dei comitati d'affari<br />

Grandi progetti come il fronte a mare,<br />

la riqualificazione del Parco della Favorita<br />

e altre grandi iniziative strategicoinfrastrutturali<br />

devono essere liberati<br />

dalla probabile invadenza interessata dei<br />

comitati di affari per essere armonizzati<br />

con l’ordinaria qualità di una città che ha<br />

necessità impellente di diventare più bella<br />

e funzionale.<br />

Questo lo deve tenere bene in conto<br />

tutto il sistema della classe dirigente palermitana<br />

- dalla politica, alle organizzazioni<br />

sindacali, imprenditoriali e<br />

dell’associazionismo sociale - che senza<br />

la volontà di uscire da una logica di rendita<br />

di posizione, nella più praticabile<br />

delle ipotesi, porterebbe ad una sterile<br />

gestione dell’esistente.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 19<br />

“Il momentaneo<br />

disorientamento<br />

degli ordinari<br />

padroni<br />

della città”<br />

FOTO DI FABIO D'URSO<br />

Ma a Palermo tutto è stato dilapidato,<br />

compresi i frutti di una stagione come la<br />

“primavera palermitana” di qualche decennio<br />

fa che può e deve rimanere riferimento<br />

ideale, ma senza disconoscerne i<br />

limiti di un tempo e quelli inevitabilmente<br />

dettati dalle mutate condizioni sociali<br />

e temporali.<br />

Forse c’è ancora più di qualche speranza,<br />

ma solo se la parte autenticamente<br />

democratica e progressista della città, riconoscendo<br />

tutti i suoi limiti e le sue<br />

contraddizioni, saprà politicamente e amministrativamente<br />

approfittare del momentaneo<br />

disorientamento degli ordinari<br />

padroni della città, compresi i mafiosi da<br />

tempo alla finestra per avvistare nuovi<br />

scenari.<br />

Non basta la delega a un uomo<br />

Giovanni Falcone, con la lucidità di<br />

analisi che lo caratterizzava, registrava<br />

un’intuizione sempre attuale a Palermo:<br />

“mi sembra che questa città stia alla finestra<br />

a vedere come finisce alla corrida”.<br />

Speriamo che gli uomini e le donne di<br />

buona volontà di questa città, che si assumeranno<br />

la pesante responsabilità di rilanciarla<br />

- non solo con la delega ad un<br />

sindaco, ma con il loro protagonismo -<br />

potranno presto dire con Paolo Borsellino<br />

“tifano per noi”.


www.isiciliani.it<br />

Interviste/ Antonio Cimino<br />

“Il mio 23 <strong>maggio</strong><br />

nella Palermo<br />

di vent'anni fa”<br />

Antonio Cimino era a<br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong> nel<br />

1985, è stato vicepresidente<br />

del Coordinamento<br />

Antimafia. Ci<br />

racconta la Palermo di<br />

quegli anni, il suo 23<br />

<strong>maggio</strong> 1992<br />

di Valeria Grimaldi<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Che aria si respirava a Palermo?<br />

Era dura, avevamo tutti contro. Il Pci<br />

con noi ce l'aveva a morte, per non parlare<br />

degli altri partiti! Eravamo volontari,<br />

ognuno con il suo lavoro: quando si aveva<br />

tempo organizzavamo convegni, assemblee<br />

nelle scuole. Alcuni di noi cominciarono<br />

ad avere minacce.<br />

Quindi da parte dell'opinione pubblica<br />

una risposta c'era ma non dalle<br />

istituzioni politiche...<br />

Ci mettevano i bastoni tra le ruote. Venimmo<br />

a sapere che un signore, ancora<br />

oggi dopo trent'anni vicedirettore del<br />

Giornale di Sicilia (Giovanni Pepi) diceva<br />

che eravamo dei fanatici che vedevamo<br />

mafia dappertutto.<br />

Il nostro obiettivo era il livello più alto<br />

della mafia, il comando politico.<br />

Ha mai incontrato di persona Giovanni<br />

Falcone?<br />

Lo vidi qualche volta a Palermo, non<br />

spesso perché era un personaggio piuttosto<br />

schivo visto che ce l'avevano tutti con<br />

lui. Gli parlai due volte a telefono: la prima<br />

volta era impegnato, la seconda volta<br />

mi disse che stava andando negli Stati<br />

Uniti per lavoro, poi andò via da Palermo.<br />

La stampa del tempo non era molto<br />

propensa nei suoi confronti...<br />

Gliene dicevano di tutti i colori. Addirittura<br />

ci fu una signora che inviò una<br />

lettera al Giornale di Sicilia proponendo<br />

che questi magistrati venissero isolati in<br />

un posto fuori la città dove non potevano<br />

disturbare nessuno.<br />

Il clima era questo a Palermo.<br />

23 <strong>maggio</strong> 1992. Lei dov'era, come<br />

ha appreso la notizia, la sua reazione.<br />

Ero davanti la Questura. La cosa che<br />

mi colpì è che per uccidere una persona<br />

fecero saltare in aria un pezzo di autostrada<br />

con un quantitativo di tritolo impressionante.<br />

Si è voluto affermare "Qui<br />

noi comandiamo, siamo in grado di fare<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 20<br />

saltare in aria una città!".<br />

Sono passati 65 anni dalla strage di<br />

Portella della Ginestra e siamo sempre al<br />

punto di partenza. Non si è mai saputo<br />

chi sono stati i mandanti di tutte queste<br />

stragi.<br />

Ogni anno vengono svolte le commemorazioni.<br />

Hanno utilità oppure sono<br />

spazio pubblicitario per le istituzioni<br />

politiche?<br />

Purtroppo è così. Arrivati ad un certo<br />

punto non ci andavamo più. Potevi incontrare<br />

i fiancheggiatori, anche qualcuno<br />

dei mandanti. Certo, dal punto di vista<br />

dei familiari è sempre importante ricordare,<br />

quello è fondamentale.<br />

Magari non solo in quei giorni...<br />

Esatto, il problema è soltanto lì. Ci<br />

sono state altre vittime che hanno pagato<br />

con la vita e molta gente non sa chi sono.<br />

Per il potere politico, per i giornali, meno<br />

se ne parla e meglio è. Tutte queste persone<br />

vengono uccise perchè isolati. I colleghi<br />

che accusò Borsellino oggi ricoprono<br />

posti importanti, sia nel Tribunale di<br />

Palermo sia a Roma: alcuni sono diventati<br />

giudici di Cassazione.<br />

Quale messaggio ha lasciato Giovanni<br />

Falcone?<br />

Ai <strong>giovani</strong> è rimasto qualcosa. Tutte le<br />

persone che sono state uccise erano coscienti<br />

che avrebbero fatto quella fine:<br />

C'è una affermazione di Giuseppe Fava<br />

che dice "A che serve essere vivi se non<br />

c'è il coraggio di lottare?".


www.isiciliani.it<br />

Testimonianze<br />

“Il mio 23 <strong>maggio</strong><br />

Ero in parrocchia<br />

con mio marito. E poi...”<br />

“Era un tranquillo pomeriggio<br />

come tanti.<br />

All'improvviso, arrivò<br />

la notizia da<br />

Palermo...”<br />

di Marcella Giammusso<br />

i Cordai<br />

Dov’ero quel giorno? Cosa stavo facendo?<br />

Non posso proprio dimenticarlo,<br />

ce l’ho scolpito nella mente proprio<br />

come fosse ieri!<br />

Era un sabato pomeriggio, io e mio<br />

marito ci trovavamo nella nostra Parrocchia.<br />

Eravamo stati invitati al corso di<br />

preparazione dei fidanzati per avere un<br />

confronto con le <strong>giovani</strong> coppie che dovevano<br />

sposarsi.<br />

Non avevamo ancora iniziato, c’era chi<br />

scambiava ancora qualche parola, quando<br />

il prete che doveva condurre l’incontro<br />

ricevette una telefonata. Non appena<br />

rispose al telefono lo vedemmo sbiancare<br />

in viso ed avere una espressione di rabbia<br />

e di dolore.<br />

Immediatamente ci comunicò la terribile<br />

notizia che aveva ricevuto: era stata<br />

fatta una strage a Palermo in cui avevano<br />

perso la vita il giudice Giovanni Falcone,<br />

la moglie Francesca Morvillo e tre<br />

uomini della sua scorta.<br />

Ci fu un attimo di silenzio e di incredulità<br />

fra tutti i presenti. Poi scuotendoci un<br />

po’ cominciammo a commentare<br />

l’accaduto e discutemmo su come reagire<br />

a quel terribile atto di violenza. Cosa<br />

potevamo fare? Volevamo dimostrare il<br />

nostro sdegno verso le persone che<br />

avevano messo in atto quella terribile<br />

strage e nello stesso tempo dimostrare la<br />

nostra solidarietà ed il nostro dolore alle<br />

vittime.<br />

Pensammo che l’unica cosa da fare in<br />

quel momento, subito, all’istante era<br />

quella di scendere in strada. Facemmo<br />

alcune telefonate e ci organizzammo per<br />

fare un presidio in Piazza Università.<br />

Quando arrivammo sul luogo, qualcuno<br />

prese la parola e commentò i fatti. Altri<br />

stavano lì fermi, ammutoliti dal terribile<br />

evento, altri imprecavano contro i<br />

macellai che avevano compiuto la carneficina.<br />

Subito dopo tanta gente si riversò in<br />

strada e si unì a noi per dimostrare la<br />

propria indignazione per quello che era<br />

avvenuto.<br />

Non potevamo fare altro. Il resto dovevano<br />

farlo le istituzioni, le procure, la<br />

polizia, i carabinieri per cercare i colpevoli<br />

e fare verità e giustizia.<br />

Non potevamo fare altro<br />

Palermo, sono circa le ore 17,59 del 23<br />

<strong>maggio</strong> 1992. Autostrada A29 che collega<br />

Palermo a Trapani in prossimità dello<br />

svincolo di Capaci.<br />

Cinque uomini, fra cui Giovanni Brusca<br />

e Pietro Rampolla, hanno posizionato<br />

circa 500 Kg di tritolo in una galleria sotto<br />

l’autostrada. Il loro obiettivo sono pro-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 21<br />

prio quelle tre auto che portano il giudice<br />

Giovanni Falcone, la moglie Francesca<br />

Morvillo e la sua scorta. Provengono<br />

dall’aeroporto di Punta Raisi (oggi “Aeroporto<br />

Falcone-Borsellino) e vanno<br />

verso Palermo.<br />

E’ questione di un attimo, Giovanni<br />

Brusca aziona il radiocomando e quei<br />

500 Kg. di tritolo esplodono facendo saltare<br />

in aria le tre auto con i loro passeggeri.<br />

In un attimo cinque persone perdono<br />

la vita in modo straziante.<br />

Due mesi più tardi il 19 luglio 1992,<br />

in un altro attentato sempre a Palermo in<br />

via D’Amelio, viene fatta esplodere una<br />

Fiat 126 con circa 100 Kg. di esplosivo a<br />

bordo. Muore il giudice Paolo Borsellino,<br />

amico e collega di Giovanni Falcone,<br />

con cinque uomini della sua scorta.<br />

Queste furono le prime di una lunga<br />

serie di Stragi di Stato, così vennero definite,<br />

che colpirono l’Italia nel biennio<br />

1992/1993, aggredendo uno stato democratico<br />

che faticosamente voleva attuare<br />

la sua costituzione.<br />

Sono passati venti anni da quel 1992.<br />

Sono cambiate molte cose. La gente, che<br />

in quel giorno si è sentita coinvolta emotivamente<br />

dal terribile crimine, ha dimenticato.<br />

Inoltre ancora oggi non si conoscono<br />

i nomi dei veri colpevoli e<br />

mandanti delle stragi, non è stata ancora<br />

fatta verità e giustizia.<br />

Forse tanti uomini che sono a conoscenza<br />

dei fatti hanno paura e non parlano.<br />

La paura spesso ci impedisce di affrontare<br />

le proprie responsabilità, ci impedisce<br />

di essere veri uomini.<br />

Ma come diceva Paolo Borsellino<br />

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi<br />

non ha paura muore una volta sola”.


www.isiciliani.it<br />

Liberazione<br />

Il nostro sogno...<br />

sarà realtà<br />

Un gruppo di amici che allora<br />

erano <strong>giovani</strong> cominciò a fare<br />

doposcuola nel povero quartiere<br />

di San Cristoforo a Catania.<br />

Tanto <strong>giovani</strong> si sentivano, e<br />

spavaldi e pronti all'azione, da<br />

metterlo orgogliosamente sulla<br />

bandiera: “Giovani Assolutamente<br />

Per Agire”: brevemente,<br />

il Gapa. Da allora sono passati<br />

venticinque anni. Al doposcuola<br />

negli anni si sono affiancati<br />

parecchi altri strumenti di liberazione<br />

(uno è il giornale che<br />

state leggendo), e ai <strong>giovani</strong> di<br />

allora si sono uniti le ragazze e<br />

i ragazzi della seconda e terza<br />

generazione. La lotta alla<br />

mafia, nei quartieri e per strada,<br />

si fa così, come insegnavano<br />

Caponnetto e Fava. Essi<br />

adesso sperano ragionevolmente<br />

di vincerla, in un futuro non<br />

eccessivamente lontano. Ma è<br />

bene ricordarsi sempre da<br />

dove questo cammino è<br />

cominciato: dal fondare, in<br />

mezzo ai poveri, una scuola<br />

di Giovanni Caruso<br />

I Cordai<br />

San Cristoforo, febbraio 1988<br />

Seduti in quei gradini delle “scuole<br />

rosse”, in via della Concordia discutevamo<br />

con Luca, un bambino dagli occhi e<br />

le mani grandi, lo sguardo era imperninente,<br />

con una vivacità arrogante, irrequieta<br />

che ostentava “spacchiosaggine”.<br />

Cercavamo di convincerlo che era importante<br />

fare i compiti e che il nostro doposcuola<br />

era anche per lui. Lui ci rispondeva<br />

che non gliene fregava nulla della<br />

scuola, che la sua scuola erano le strade<br />

di San Cristoforo.<br />

Luca aveva dieci anni, e un padre detenuto<br />

perché soldato della mafia, appartenente<br />

alla cosca Santo Mazzei, detto "’u<br />

carcagnusu" collegato con la famiglia<br />

Santapaola.<br />

E si sa, quando un membro della cosca<br />

è detenuto, è questa stessa che pensa al<br />

mantenimento della famiglia e di far da<br />

“tutori” ai figli.<br />

Luca si voleva fare bello davanti a noi<br />

e ci disse: “’a scola è ppe fissa! Ammia<br />

m’interessa ‘u motorino e i soddi”.<br />

E quando noi ribattemmo che la scuola<br />

poteva essere un modo per avere un lavoro<br />

onesto e guadagnare rispose: “Magari<br />

‘u travagghiu è ppe fissa!”<br />

E poi con un sorriso indisponente ribattè:<br />

“appena aju ‘u motorino minni<br />

vaiu a fari rapini, tanto a pistola asacciu<br />

maniari”, restammo di stucco a tale dichiarazione<br />

e venne spontaneo dire: "ma<br />

cosa dici?" “ìu ti dicu ca ‘a pistola ‘a<br />

sacciu maniari, l’amici di me patri mu<br />

‘n’insignanu. L’autra vota mi puttaru<br />

n’a sciara vicinu ‘a via Barcellona e mi<br />

ficiru avvidiri comu si spara e poi mi resuru<br />

‘a calibru trentottu n’de manu…<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 22<br />

Assemblea GAPA, giugno 1992<br />

… “La voce calma e trepidante di uno<br />

di noi, che prende la parola quando<br />

l'assemblea sta per sciogliersi, ci richiama<br />

bruscamente alla mente le immagini<br />

di quel drammatico 23 <strong>maggio</strong> e, per<br />

un'associazione di idee lontane ma non<br />

troppo, i volti dei nostri bambini e i loro<br />

occhi costretti a vedere tutti i giorni<br />

drammi di ogni genere: cumuli di immondizia<br />

al posto degli spazi verdi, scuole<br />

senza aule, adolescenti in tuta da meccanico,<br />

piccoli rapinatori, spietati assassini.<br />

Davvero abbiamo fatto per loro tutto<br />

quanto si poteva?<br />

Ho pensato molto, in quest'ultimo periodo,<br />

a quello che facciamo, a quello<br />

che potremmo fare, a quello che siamo.<br />

In questi anni di rapporti con questi bambini,<br />

con il quartiere, abbiamo capito tante<br />

cose, abbiamo toccato con mano come<br />

vivono e cosa pensano i suoi abitanti. Ho<br />

avvertito, parlando con alcuni di voi, il<br />

disagio, la rabbia, la voglia di fare qualcosa<br />

di diverso.<br />

Scommettere di più, in prima persona<br />

E' arrivato il momento di scommettere<br />

di più in prima persona, per cambiare veramente<br />

qualcosa. La strage di Capaci ha<br />

solo confermato, per chi non se ne fosse<br />

accorto, che così non si può più continuare.<br />

Bisogna vivere nel quartiere 24 ore su<br />

24. Potremmo utilizzare i locali della<br />

scuola A. Doria di Via delle Calcare, abitandoli<br />

e facendoli diventare un punto di<br />

riferimento per quelli che ancora ci credono.<br />

Vi prego non fate calcoli e non pianificate<br />

tutto per ora. Ragionate molto<br />

con il cuore e poco con la testa".


Il 22 giugno 1992 alle 16.30 entriamo,<br />

quasi come dei ladri, e facciamo diventare<br />

la scuola la nostra nuova casa. “Il nostro<br />

sogno”, così dopo una lunga riunione,<br />

i bambini decidono di chiamare questa<br />

esperienza.<br />

I settanta giorni del "nostro sogno",<br />

non segnarono la fine di un'esperienza di<br />

lotta civile, ma l'inizio di un percorso<br />

nuovo lungo vent'anni.<br />

www.isiciliani.it<br />

Quel <strong>maggio</strong> del '92 fu "bruciato" da<br />

una strage, quella di Capaci dove furono<br />

uccisi il magistrato Falcone, la moglie e<br />

l'intera scorta. Una strage che noi non<br />

volemmo accettare, che vivemmo come<br />

un evento insopportabile e che ci spinse<br />

a reagire con passione civile, umiliando<br />

la cattiveria umana, con lo strumento<br />

della parola e del fare, partendo dal basso,<br />

partendo da una società reale.<br />

Infatti, quando quel 30 agosto del '92,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 23<br />

“Quel <strong>maggio</strong><br />

del '92<br />

bruciato<br />

da una strage”<br />

chiudemmo, alle nostre spalle il portone<br />

della scuola Doria di via Delle Calcare,<br />

sapevamo in pochi, che nel riaprirlo, tutto<br />

sarebbe cambiato.<br />

Fu così che le riunioni mensili si svolsero<br />

sempre in quelle aule, fu così che le<br />

relazioni con i ragazzini e gli uomini e le<br />

donne del quartiere di San Cristoforo, si<br />

strinsero in una reciproca comprensione.<br />

Imparammo a cnoscere<br />

la “lingua” del quartiere<br />

Imparammo, a conoscere la "lingua"<br />

del quartiere, i modi comportamentali,<br />

l’ingiustizia sociale, la mafiosità indotta<br />

verso gli abitanti del quartiere per renderli<br />

schiavi della cattiva politica.<br />

L'ambiente, con le sue strade, le sue<br />

case, le sue piazze abbandonate e regalate<br />

allo spaccio, una opprimente illegalità<br />

istituzionale portatrice di disoccupazione<br />

e povertà. Era inaccettabile: e per tutto<br />

questo saltammo il muro!<br />

“Per immergerci fra le nebbie” di San<br />

Cristoforo<br />

* * *<br />

Quartiere di San Cristoforo 30 ottobre<br />

2001 ore 15:30<br />

Luca Grillo di anni 23 viene abbattuto<br />

sul selciato di via delle Salette.


“Terrorista”<br />

A DICIOTTO MESI<br />

Il 10 <strong>maggio</strong> una coppia americana<br />

di origine araba ma residente in Florida<br />

si imbarca su un aereo della JetBlue<br />

con la figlia di 18 mesi per andare nel<br />

New Jersey a trovare dei parenti. Poco<br />

prima del decollo un addetto alla sicurezza<br />

li invita a scendere: il nome della<br />

bambina, Riyanna, figura infatti su una<br />

lista di presunti terroristi preparata dalla<br />

dall’Agenzia per la sicurezza dei trasporti<br />

(Tsa). Dopo qualche ora l’equivoco<br />

viene chiarito e la bambina cancellata<br />

dalla lista nera.<br />

Fame in Africa:<br />

NON NE PARLA LA TV<br />

Il 14 <strong>maggio</strong> un rapporto di Medici<br />

senza frontiere mette in evidenza le<br />

“Crisi dimenticate” del 2011: la fame<br />

nel Corno d’Africa, le migliaia di rifugiati<br />

che dal Mali fuggono in Burkina<br />

Faso, Mauritania e Niger, le violenze<br />

in Congo. Di tutto ciò c’è scarsa traccia<br />

nei telegiornali italiani, che nel corso<br />

dell’anno hanno dedicato 41 servizi<br />

alla fame nel Corno d’Africa e 413 al<br />

matrimonio di William d’Inghilterra e<br />

Kate Middletone. Nel rapporto si sottolinea<br />

anche il fatto che nei servizi giornalistici<br />

che riguardano i migranti, solo<br />

il 14% dello spazio viene dato alle testimonianze<br />

dirette degli immigrati,<br />

www.isiciliani.it<br />

accadrà ieri . . . . . . REWIND<br />

a cura di<br />

mentre il 65% viene occupato dalle<br />

opinioni dei politici.<br />

www.medicisenzafrontiere.it/cosafacciamo/crisi_dimenticate/rapporto.asp?<br />

ref=testataHomepage1<br />

Bambini poveri<br />

IN ITALIA, UNO SU QUATTRO<br />

Il giorno dopo l’ong Save the Children<br />

pubblica il rapporto “Il paese di<br />

Pollicino”, sulla condizione dell’infanzia<br />

in Italia. Un bambino su quattro è a<br />

rischio povertà, cioè vive in famiglie<br />

che non possono garantirgli un adeguato<br />

sviluppo psichico, intellettuale e sociale.<br />

In caso dei figli di madri sole il<br />

rapporto diventa di uno su tre.<br />

Ma i bambini più a rischio si trovano<br />

al Sud e nelle isole: in questi casi quasi<br />

uno su due è a rischio povertà. Il dossier<br />

sottolinea anche come l’Italia sia<br />

agli ultimi posti in Europa per i finanziamenti<br />

a favore di famiglie, infanzia<br />

e maternità, che rappresentano l’1,3%<br />

del prodotto interno lordo (Pil) contro<br />

il 2,2% della media europea.<br />

www.savethechildren.it/IT/Tool/Press/<br />

Single?id_press=478&year=<strong>2012</strong><br />

Gaza<br />

SCIOPERO DELLA FAME<br />

Il 14 <strong>maggio</strong> è anche il giorno in cui<br />

1600 palestinesi detenuti nelle carceri<br />

israeliane interrompono lo sciopero<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 24<br />

Francesco Feola<br />

della fame cominciato il 17 aprile per<br />

protestare contro la detenzione amministrativa,<br />

in base alla quale si può essere<br />

imprigionati senza processo.<br />

I prigionieri hanno infatti accettato le<br />

offerte delle autorità israeliane, che<br />

prevedono la revoca dell’isolamento<br />

prolungato imposto a venti detenuti, la<br />

liberazione di cinque malati gravi, la<br />

ripresa delle visite dei familiari di primo<br />

grado dei detenuti di Gaza, sospese<br />

da alcuni anni. Le autorità si sono anche<br />

impegnate a migliorare le condizioni<br />

generali di reclusione.<br />

Maltrattati<br />

ANCHE I CANI<br />

Nelle stesse ore un’ong che si batte<br />

per i diritti degli animali, Let the Animals<br />

Live, denuncia le crudeli condizioni<br />

in cui l’esercito israeliano tiene i<br />

cani da guardia, ai quali non verrebbe<br />

garantito spazio sufficiente. L’organizzazione<br />

ha citato in giudizio l’esercito,<br />

chiedendo che venga multato di 1.000<br />

shekel (200 euro circa) per ogni cane<br />

maltrattato. Un avvocato dell’esercito<br />

ha sostenuto che sono già stati spesi<br />

500.000 shekel (circa 100.000 euro)<br />

per l’acquisto di nuove cucce, che saranno<br />

installate nelle prossime settimane.<br />

Già nel luglio dell’anno scorso un<br />

tribunale aveva chiesto alle forze armate<br />

di garantire almeno 3 metri quadrati<br />

di spazio, senza contare la cuccia.


www.isiciliani.it<br />

FORWARD . . . . accadde domani<br />

Le immagini<br />

DELLE DONNE<br />

È in corso a Padova presso la Galleria<br />

Samonà (via Roma), la mostra fotografica<br />

Women through my lens, della<br />

fotografa italo-giordano-palestinese<br />

Fatima Abbadi (fino al 3 giugno). Le<br />

fotografie ritraggono le donne nella<br />

loro vita quotidiana sia in Europa che<br />

in Medio Oriente, con lo scopo di mettere<br />

in risalto le somiglianze tra le donne<br />

arabe e quelle europee. La mostra è<br />

anche l’occasione per presentare tre<br />

storie di donne pioniere della cultura<br />

palestinese del ventesimo secolo.<br />

Si tratta di Karimeh Abbud, la prima<br />

fotografa donna della Palestina e del<br />

Medioriente, Kulthum Odeh, la prima<br />

donna accademica (ebbe una cattedra a<br />

Mosca), Hind Husseini, fondatrice di<br />

un istituto per i bambini scampati alla<br />

distruzione del villaggio di Deir Yassin,<br />

avvenuta il 9 aprile 1948.<br />

http://www.forumpalestina.org/news/2<br />

012/Maggio12/16PadovaMostraFotografica.pdf<br />

Una partita<br />

CONTRO LA VIOLENZA<br />

Il 29 <strong>maggio</strong> le donne potranno assistere<br />

gratuitamente alla partita amichevole<br />

tra la nazionale italiana di calcio e<br />

il Lussemburgo in programma a Parma.<br />

La Federazione italiana gioco calcio<br />

(Figc) ha aderito infatti alla campagna<br />

contro la violenza sulle donne lanciata<br />

dall’associazione Se non ora<br />

quando, adottando lo slogan “La violenza<br />

sulle donne è un problema degli<br />

uomini. Insieme possiamo vincere questa<br />

partita”.<br />

http://www.senonoraquando.eu/?<br />

p=10203<br />

Piazza precaria<br />

“IL NOSTRO TEMPO E' ADESSO”<br />

Sabato 26 <strong>maggio</strong> i precari della rete<br />

Il nostro tempo è adesso in piazza per<br />

chiedere al governo di mettere al centro<br />

della propria azione il tema della<br />

precarietà. Il punto di partenza è un appello<br />

lanciato in rete, dal titolo La meglio<br />

gioventù, che ha raccolto in poco<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 25<br />

tempo migliaia di adesioni.<br />

Estremamente critico verso le misure<br />

varate dal governo Monti, che non<br />

hanno scalfito la giungla delle 46 forme<br />

contrattuali né introdotto un reddito<br />

minimo, l’appello contiene invece la<br />

richiesta di investire sull’istruzione e la<br />

ricerca e di riconvertire ecologicamente<br />

il sistema industriale italiano. Tra le<br />

altre richieste figurano il diritto ad un<br />

equo compenso, il diritto alla maternità-paternità<br />

e alla malattia, il diritto a<br />

una pensione dignitosa, i diritti sindacali.<br />

http://lamegliogioventu.org/<br />

I nostri nuovi<br />

CONCITTADINI<br />

Il 2 giugno, festa della Repubblica,<br />

tutti i bambini e i ragazzi stranieri tra i<br />

6 e i 18 anni residenti a Scandicci (Firenze)<br />

riceveranno la cittadinanza onoraria.<br />

Non è la prima volta che<br />

un’amministrazione comunale ricorre a<br />

questo gesto, che ha solo un valore<br />

simbolico e non giuridico. Nelle intenzioni<br />

del consiglio comunale, si tratta<br />

di una presa di posizione a favore dello<br />

ius soli, ovvero il conferimento della<br />

cittadinanza al momento della nascita<br />

in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza<br />

dei propri genitori.<br />

http://www.comune.scandicci.fi.it/index.php/notizie/2566-ius-soli-il-2giugno-cittadinanza-onoraria-airagazzi-stranieri-nati-in-italia.html


www.isiciliani.it<br />

I 130 km più “lunghi” d'Italia<br />

La Salerno-Reggio Calabria<br />

del Nord parte da Milano<br />

Più di 10 anni di cantieri<br />

e un mare di soldi<br />

arrivati con l'alta velocità.<br />

Dalle tangenti<br />

“bianche”, al rischio<br />

'ndrangheta passando<br />

per una famiglia discussa<br />

e potente: i<br />

Gavio<br />

di Paolo Fior<br />

Anche il Nord ha la sua “Salerno-<br />

Reggio Calabria”, ma a parte la durata<br />

infinita dei cantieri, le dissonanze<br />

sono tali e tante che, nel suo piccolo, il<br />

caso settentrionale suona persino più<br />

scandaloso.<br />

Stiamo parlando di una striscia d'asfalto<br />

lunga appena 130 chilometri che corre<br />

lungo una pianura che più pianura non si<br />

può: niente viadotti, niente trafori, nessun<br />

problema di carattere orografico,<br />

zero rischio geologico. Eppure i lavori di<br />

ampliamento iniziati nel 2002 sono ben<br />

lungi dall'essere terminati, nonostante si<br />

tratti di un asse viabilistico e logistico tra<br />

i più importanti per l'economia italiana:<br />

la Torino-Milano.<br />

A differenza della Salerno-Reggio, che<br />

fa capo all'Anas e i cui cantieri sono alimentati<br />

dai soldi pubblici, questa è<br />

un'autostrada a pedaggio in concessione<br />

a un gruppo privato (il gruppo Gavio) al<br />

quale vengono annualmente riconosciuti<br />

aumenti tariffari a fronte degli investimenti<br />

effettuati per il potenziamento<br />

dell'autostrada.<br />

Un'anomalia nell'anomalia dunque, visto<br />

che almeno in linea teorica il concessionario<br />

privato avrebbe tutto l'interesse<br />

a terminare quanto prima i lavori in<br />

modo da beneficiare dell' aumento del<br />

traffico e incassare di più. Invece i cantieri<br />

vanno al rallentatore e, in qualche<br />

caso, sono del tutto fermi.<br />

L'autostrada e l'Alta Velocità<br />

Spiegazioni e scuse non mancano e si<br />

intrecciano inevitabilmente alla storia<br />

dell'alta velocità ferroviaria che per un<br />

lungo tratto corre parallela all'autostrada.<br />

Anche i cantieri della Tav tra Torino e<br />

Milano sono durati molto più del dovuto<br />

(il servizio è stato inaugurato nel dicembre<br />

2009) e soprattutto sono costati molto<br />

più di quanto preventivato: oltre 10<br />

miliardi di euro contro il miliardo previsto<br />

nel 1991, per un costo di circa 74 milioni<br />

al chilometro per la Novara-Milano<br />

a fronte degli 84,8 milioni al chilometro<br />

spesi per la tratta appenninica Bologna-<br />

Firenze.<br />

Di fronte a queste cifre clamorose, vale<br />

la pena chiedersi che cosa hanno di tanto<br />

particolare i 130 chilometri che separano<br />

Torino da Milano. Una prima, parziale,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 26<br />

risposta l'ha data nel marzo 2007 l'amministratore<br />

delegato delle Ferrovie, Mauro<br />

Moretti, che in un'audizione presso la<br />

Commissione lavori pubblici del Senato<br />

così dichiarava: “La sezione dell'autostrada<br />

è una sezione normale. Noi invece<br />

abbiamo dovuto realizzare prima una<br />

duna di protezione, molto spesso con<br />

pannelli fonoassorbenti rivolti verso<br />

l'autostrada, come se questa si dovesse<br />

proteggere dalla ferrovia. […]<br />

Rifare tutti i cavalcavia<br />

Le stesse autorità poi ci hanno chiesto<br />

di realizzare una strada per la protezione<br />

civile tra l'autostrada e la ferrovia. Non<br />

conosco altri casi simili al mondo e francamente<br />

costruire una strada da Torino a<br />

Novara solamente ad uso della protezione<br />

civile ha comportato un costo: si tratta<br />

di decine di chilometri. Infine vi è la ferrovia<br />

con le relative opere di contorno e<br />

sovrappassi. Inoltre, una previsione locale<br />

ha imposto che la pendenza dei cavalcavia<br />

fosse del 3-4 per cento invece del 6<br />

per cento preesistente […]. Questa previsione<br />

da sola ci ha obbligato a rifare tutti<br />

i cavalcavia per l'autostrada perché non<br />

si potevano più raccordare i vecchi cavalcavia<br />

con i nuovi”.<br />

E ancora: “Altre autorità – proseguiva<br />

Moretti nel corso dell'audizione – impongono<br />

anche di garantire la permeabilità<br />

delle strutture alle risaie, che noi abbiamo<br />

dovuto consentire aprendo finestre<br />

ogni 50 metri; peccato che non ve ne siano<br />

di corrispondenti per l'autostrada, che<br />

quindi rappresenta una diga”.


Di tutti i costi sostenuti per la realizzazione<br />

dell'alta velocità Torino-Milano,<br />

circa un terzo (oltre 3 miliardi di euro) è<br />

rappresentato dalle cosiddette “opere<br />

compensative” ossia da strade, asili,<br />

scuole (ma a volte anche stadi e amenità<br />

varie) realizzati dalle Ferrovie per compensare<br />

comuni e province il cui territorio<br />

è attraversato o anche solo indirettamente<br />

interessato dall' infrastruttura ferroviaria<br />

e dai suoi cantieri.<br />

Una pioggia di soldi pubblici<br />

Opere concordate con gli enti locali in<br />

sede di Conferenza dei servizi e al di<br />

fuori dei contratti affidati al general contractor:<br />

in pratica sul territorio è arrivata<br />

una vera e propria pioggia di soldi pubblici<br />

con amministratori e imprese locali<br />

a spartirsi la torta. Qualcuno le chiama<br />

“tangenti bianche”, ma bisognerebbe vedere<br />

quanto di “bianco” c'è davvero in<br />

territori dove la presenza della 'ndrangheta<br />

è pervasiva, come testimoniano numerose<br />

inchieste.<br />

Ma torniamo all'oggi e all'autostrada.<br />

Nella tratta Milano-Boffalora è prevista<br />

la realizzazione della quarta corsia per il<br />

collegamento con l'aeroporto di Malpensa<br />

e nonostante il progetto sia stato definitivamente<br />

approvato dal Cipe (Comitato<br />

interministeriale per la programmazione<br />

economica) nel 2008, i lavori non<br />

sono iniziati perché non sono ancora stati<br />

sottoscritti gli atti integrativi tra governo<br />

e regione Lombardia (siamo a metà<br />

<strong>2012</strong>).<br />

Il costo dell'ampliamento della Torino-<br />

www.isiciliani.it<br />

Milano era previsto in poco più di 1,3<br />

miliardi, cifra che tende a crescere con il<br />

passare degli anni, ma il concessionario<br />

privato non sembra troppo preoccupato e<br />

a guardare bilanci e relazioni si capisce<br />

anche il perché.<br />

Nel 2011 è stato riconosciuto un incremento<br />

tariffario del 12,38% sulla Torino-<br />

Novara e del 12,95% sulla Novara-Milano,<br />

mentre dal primo gennaio <strong>2012</strong><br />

l'incremento riconosciuto è rispettivamente<br />

del 6,32 e del 6,80%.<br />

“Tale riduzione – si legge nella relazione<br />

di bilancio – è da imputare ad un ritardato<br />

perfezionamento dell'intesa Stato-<br />

Regione, il quale ha comportato una posticipazione<br />

nell'esecuzione dei lavori di<br />

ammodernamento dell'autostrada nel<br />

tratto lombardo. Il differenziale tariffario<br />

verrà progressivamente recuperato nei<br />

futuri esercizi con il progredire degli investimenti”.<br />

Insomma, massima tranquillità, tanto<br />

più che il gruppo Gavio, che possiede la<br />

concessione della Torino-Milano e di<br />

molte altre autostrade del Nord (con circa<br />

1.000 km di rete è il secondo operatore<br />

dopo Autostrade per l'Italia), controlla<br />

anche Itinera, una delle <strong>maggio</strong>ri imprese<br />

di costruzioni italiane. Cosa significa<br />

questo? Per legge le concessionarie autostradali<br />

possono affidare fino al 60%<br />

(50% dal 2015) dei lavori di ammodernamento<br />

alle imprese del gruppo di appartenenza.<br />

Ritardi o non ritardi, la torta resta<br />

tutta in famiglia o quasi e se il costo<br />

dell'opera aumenta è sempre la famiglia<br />

Gavio a guadagnarci.<br />

Questo spiega molte cose e, a ben ve-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 27<br />

“Ligresti,<br />

Benetton,<br />

Alitalia...”<br />

dere, anche il silenzio un po' omertoso<br />

dei media sulle vicende autostradali e<br />

ferroviarie della Torino-Milano. Il<br />

gruppo Gavio, al centro di diverse<br />

inchieste della magistratura fin dai tempi<br />

di Tangentopoli e più di recente tornato<br />

alla ribalta con il caso Penati, è infatti<br />

uno dei cardini del potere economico e<br />

politico al Nord.<br />

E la popolazione? Dorme<br />

Da sempre vicino a Mediobanca (è<br />

azionista ed è nel patto di sindacato), il<br />

gruppo ha partecipato alla cordata per il<br />

“salvataggio” di Alitalia e proprio in<br />

questi mesi ha rilevato le quote di<br />

Ligresti e Benetton salendo al 30% di<br />

Impregilo, la <strong>maggio</strong>re impresa di<br />

costruzioni italiana. Insomma, un peso<br />

massimo.<br />

Ma, giornali a parte, viene da chiedersi<br />

come mai la popolazione locale non protesta.<br />

Non è che - un po' come è successo<br />

con l'alta velocità (10 treni al giorno per<br />

oltre 10 miliardi di spesa) - alla fine<br />

qualche briciola arriva pure giù in basso,<br />

alla “zona grigia”?<br />

PER SAPERNE DI PIU:<br />

l'audizione in Senato di Mauro Moretti :<br />

http://www.senato.it/documenti/repository/com<br />

missioni/stenografici/15/comm08/08a-<br />

20070321p-IC-0340.pdf<br />

Il sito dell'Autostrada Torino Milano:<br />

www.autostradatomi.it<br />

Un articolo di Gianni Barbacetto che ripercorre<br />

la storia di Gavio:<br />

http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/<br />

Gavio.html


www.isiciliani.it<br />

Sicilia armata/ Niscemi<br />

Il Muostro, chi ci<br />

guadagna e chi vuole<br />

imporlo per forza<br />

Chi è contro il Muos<br />

(l'inquinantissima base<br />

elettronica dell'Us<br />

Navy)? I soliti “professionisti<br />

dell'antimafia”,<br />

naturalmente. Che vogliono<br />

ridurre in miseria<br />

tutte le imprese...<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Niscemi, Caltanissetta, tarda mattinata<br />

del 7 <strong>maggio</strong>. Caldo torrido, sembra<br />

agosto. La piazza centrale è però<br />

viva, i bar pieni, i capannelli di avventori<br />

discutono della Juve scudetto e del<br />

totosindaco. Le urne sono ancora<br />

aperte, si rinnova l’amministrazione e<br />

il consiglio comunale. D’un tratto una<br />

ruspa viola l’isola pedonale. Ha le insegne<br />

della Calcestruzzi Piazza Srl,<br />

l’azienda che ha spianato mezza collina<br />

di contrada Ulmo, nella riserva naturale<br />

“Sughereta”, per realizzare le<br />

piattaforme in cemento su cui poggeranno<br />

le maxiantenne del MUOS, il<br />

nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari<br />

della Marina militare degli<br />

Stati Uniti d’America.<br />

Dalla cabina esce il titolare, Francesco<br />

Piazza. Trasuda rabbia da tutti i pori, impreca,<br />

si dimena. Impugna una tanica<br />

piena di benzina. Poi si posiziona<br />

all’interno di una pala meccanica che lo<br />

solleva in alto sino a dominare la piazza.<br />

Eleva la tanica, la inclina sul capo e minaccia<br />

di cospargersi col liquido il corpo<br />

e gli indumenti. E darsi fuoco con la benzina.<br />

“Andrò ad infoltire l’elenco degli<br />

imprenditori suicidi”, urla il Piazza ai<br />

presenti attoniti.<br />

L’uomo sostiene di essere rimasto senza<br />

lavoro perché la sua azienda è stata infangata<br />

dagli onnipotenti e onnipresenti<br />

professionisti dell’antimafia. “È stata<br />

lanciata una campagna diffamatoria senza<br />

frontiere nei nostri confronti, attuata<br />

con vari articoli che hanno determinato<br />

gradualmente un calo di richieste di lavoro<br />

nei confronti della nostra ditta, fino al<br />

punto che dopo aver ultimato la fornitura<br />

del calcestruzzo per i tralicci del MUOS,<br />

ci ritroviamo senza più richieste di forniture”.<br />

Una versione dei fatti di parte quella di<br />

Francesco Pizza. A causare lo stop delle<br />

commesse erano stati infatti la Provincia<br />

regionale di Caltanissetta e il Comune di<br />

Niscemi che avevano escluso l’azienda<br />

dall’Albo dei fornitori di fiducia. Un atto<br />

dovuto dopo che il Prefetto di Caltanissetta,<br />

il 7 novembre 2011, aveva reso<br />

noto che a seguito delle verifiche disposte<br />

dalle normative in materia di certificazione<br />

antimafia erano “emersi allo stato<br />

degli attuali accertamenti e dagli atti<br />

esistenti presso questo ufficio elementi<br />

tali da non potere escludere la sussisten-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 28<br />

za di tentativi di infiltrazione mafiosa<br />

tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi<br />

della società”.<br />

Secondo quando evidenziato in<br />

un’interrogazione parlamentare dal sen.<br />

Giuseppe Lumia (Pd), il titolare de facto,<br />

Vincenzo Piazza (padre di Francesco) apparirebbe<br />

infatti “fortemente legato al<br />

noto esponente mafioso del clan Giugno-<br />

Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente<br />

libero a Niscemi”.<br />

Otto licenziamenti<br />

Dopo il ricorso al Tar contro la Prefettura<br />

e gli enti locali censori, i Piazza avevano<br />

notificato, lo scorso 1 aprile, otto<br />

lettere di licenziamento ai dipendenti assunti<br />

con contratto a tempo indeterminato.<br />

“Siamo spiacenti, ma dobbiamo interrompere<br />

il rapporto di lavoro a causa dei<br />

gravi problemi economici che attraversa<br />

l’azienda per la mancanza di commesse”,<br />

la breve nota in calce alle lettere. E con<br />

un colpo di grande effetto, davanti ai<br />

giornalisti convocati in conferenza stampa,<br />

i Piazza avevano pure affisso<br />

all’ingresso degli impianti di Niscemi un<br />

cartello choc: cantiere chiuso per mafia!<br />

“Credo che sia ora di finirla di accusare<br />

la Calcestruzzi Piazza e infangare il<br />

nostro nome e la nostra dignità”, diceva<br />

il titolare dell’impresa. “Noi Piazza siamo<br />

gente onesta e lavoratori, il pane che<br />

mangiamo ce lo sudiamo col lavoro e<br />

non lo rubiamo. Se tanti sono solo invidiosi<br />

perché abbiamo preso l’appalto del<br />

MUOS, adesso saranno contenti del casino<br />

che stanno scatenando…”.


A fare fronte comune con l’azienda, i<br />

dipendenti licenziati. “Ciò che mi dispiace<br />

di questo e di precedenti articoli scritti<br />

è che voi giornalisti ascoltate, poi scrivete,<br />

giudicate e condannate, solo perché<br />

qualcuno vi ha riempito di storie e storielle”,<br />

commenta uno di essi in coda ad<br />

un’inchiesta sull’Eco MUOStro di Mafia,<br />

pubblicata da una testata on line.<br />

“So che Lei o qualcun altro<br />

risponderà… Le dico che 7 padri e madri<br />

di famiglia oggi sono senza lavoro. Lei<br />

ed altri parlano di infiltrazioni mafiose o<br />

presunte tali come esistenti da tanti anni<br />

all’interno dell’azienda e come mai ve ne<br />

occupate solo ora? Se è vero che sono<br />

sempre esistiti questi illeciti dove siete<br />

stati tutto questo tempo? Perché tutto nasce<br />

in concomitanza all’installazione del<br />

MUOS? Chi è stato quel gran genio che<br />

vi ha acceso i riflettori su questa vicenda<br />

senza preoccuparsi di chi sta vivendo<br />

questa situazione in prima persona? E<br />

pensate davvero che se quei lavori non li<br />

avesse eseguiti la Calcestruzzi Piazza,<br />

Appuntamenti<br />

XV CAROVANA ANTIMAFIE<br />

ROMA 11 APRILE – SICILIA 11 OTTOBRE<br />

Un viaggio internazionale in 100 tappe<br />

A distanza di 18 anni dalla sua fondazione,<br />

Carovana antimafie, promossa da<br />

Arci, Libera e Avviso Pubblico, con Cgil,<br />

Cisl e Uil, rafforza il suo carattere internazionale.<br />

Partita da Roma l’undici aprile, si concluderà<br />

l’undici ottobre in Sicilia, in un<br />

viaggio che per circa 80 giorni attraverserà<br />

tutte le regioni italiane, la Francia<br />

(Nizza, Tolone, Marsiglia, Bastia, Parigi) e<br />

www.isiciliani.it<br />

non si sarebbero mai fatti? Noi oggi siamo<br />

senza lavoro e per questo non sappiamo<br />

chi ringraziare... Di certo non voi che<br />

sparate a zero sulla gente. Colpevole o<br />

no, non sta a me né tantomeno a voi deciderlo”.<br />

Il ricatto occupazionale<br />

Le esternazioni dei titolari e degli ex<br />

lavoratori della Piazza Calcestruzzi non<br />

sono piaciute per nulla all’Associazione<br />

Antimafie “Rita Atria”, che ha subito<br />

emesso un comunicato di solidarietà con<br />

i giornalisti e gli attivisti No MUOS nel<br />

mirino dell’impresa.<br />

“È la solita storia: l’antimafia blocca i<br />

lavori, l’antimafia ferma l’economia,<br />

l’antimafia getta fango sulla brava gente<br />

- scrive il presidente Santo Laganà -<br />

Ogni volta che la mafia mette le mani su<br />

grandi lavori e quindi sui soldi, appena<br />

qualcuno si ribella e cerca di sensibilizzare<br />

sulla inopportunità di quei lavori,<br />

ecco la pronta reazione condita dal soli-<br />

l’Africa settentrionale (Tunisi).<br />

In ognuno dei luoghi raggiunti dalla Carovana<br />

sono previste iniziative, alcune dal<br />

forte valore simbolico, con l’obiettivo di<br />

coinvolgere e sensibilizzare gli abitanti e<br />

le istituzioni locali.<br />

Dibattiti, convegni, testimonianze di familiari<br />

di vittime di mafia, incontri con la<br />

cittadinanza, cene della legalità con i prodotti<br />

delle terre confiscate alle mafie, concerti,<br />

spettacoli, animazione nelle piazze<br />

e nelle scuole e la produzione di una mostra<br />

grafica dedicata alle vittime di mafia,<br />

caratterizzeranno un viaggio civile e sociale.<br />

Momenti salienti della Carovana saran-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 29<br />

“La Carovana<br />

Antimafia<br />

a Niscemi”<br />

to, immancabile, ricatto occupazionale”.<br />

“Se per la Prefettura di Caltanissetta<br />

l’azienda non ha i requisiti di legalità e<br />

trasparenza non può essere certamente<br />

colpa di un giornalista o dei cittadini<br />

onesti di Niscemi”, aggiunge la “Rita<br />

Atria”.<br />

“I giornalisti e i <strong>giovani</strong> niscemesi che<br />

da mesi si battono contro l’installazione<br />

di questo MUOSstro, vengono invece attaccati<br />

subdolamente. Il teorema è sempre<br />

lo stesso: Mafia? Forse! Ma almeno<br />

lavoriamo. Una logica che da sempre ha<br />

consentito alle mafie di fare affari e crescere<br />

sui bisogni della gente e dei lavoratori<br />

in barba a qualunque norma di vivere<br />

civile e soprattutto legale”.<br />

Preoccupati del clima venutosi a creare<br />

con i devastanti lavori del MUOS pure i<br />

promotori della XV Carovana Antimafie<br />

(Arci, Libera e Avviso Pubblico con il<br />

sostegno di Cgil, Cisl e Uil). Così è stato<br />

deciso che proprio Niscemi ospiti una<br />

delle tappe siciliane dell’evento internazionale.<br />

no i passaggi del testimone da tappa a<br />

tappa, rappresentati fisicamente dall’arrivo<br />

e dalla partenza dei due furgoni di Carovana<br />

con a bordo i carovanieri, ovvero i<br />

“narratori” ufficiali del lavoro di antimafia<br />

sociale.<br />

La memoria di ogni tappa verrà fissata<br />

attraverso i diari di bordo giornalieri tenuti<br />

dai carovanieri e i corti di Carovana, realizzati<br />

da video maker o documentaristi<br />

della regione coinvolta, che al termine saranno<br />

raccolti in un unico documentario.<br />

Ad ogni tappa, un pezzo di stoffa con il<br />

nome della città protagonista della tappa<br />

sarà aggiunto alla bandiera della legalità<br />

democratica, simbolo della Carovana”.


Libri<br />

ANTONIO MAZZEO/<br />

UN ECO MUOSTRO A NISCEMI<br />

L'ARMA PERFETTA PER IL XXI SECOLO<br />

In anteprima, l’introduzione al libretto di<br />

controinformazione sul MUOS, il nuovo sistema<br />

di telecomunicazione satellitare<br />

delle forze armate USA in via di realizzazione<br />

a Niscemi (Caltanissetta). Uno strumento<br />

di guerra e di morte dal devastante<br />

impatto ambientale, socio-economico e<br />

criminale.<br />

Famelico e insaziabile, il Dio di tutte le<br />

guerre ha partorito un nuovo Mostro. Per<br />

annientare il pianeta dallo spazio ed eclissare<br />

i Soli e le Lune. Si nutrirà del sangue<br />

di ogni essere vivente. Muterà il Dna delle<br />

specie e degli habitat. Trasformerà i<br />

ghiacciai in deserti, i laghi in paludi, gli<br />

oceani in melma. Fiumi e torrenti di fuoco,<br />

piogge di ceneri, uragani di polveri e<br />

fumo. Il quinto Cavaliere dell’Apocalisse.<br />

Vestale dell’Olocausto. Elogio della Follia<br />

e della Morte.<br />

Lunedì 4 giugno la carovana contro<br />

tutte le mafie raggiungerà la “Sughereta”<br />

di contrada Ulmo per accamparsi proprio<br />

di fronte la collina dove saranno innalzati<br />

i tralicci e le antenne del sistema satellitare<br />

Usa.<br />

Dopo un tour ecologico nel paradiso<br />

delle querce i manifestanti conosceranno<br />

l’inferno delle antenne di guerra. Alle ore<br />

www.isiciliani.it<br />

Il padre Marte ha battezzato il figlio<br />

MUOS, Mobile User Objective System,<br />

perché fosse chiara a tutti la sua natura<br />

infernale. E ne ha donato l’uso esclusivo<br />

alle forze armate degli Stati Uniti d’America<br />

perche possano affermare la loro superiorità<br />

universale. Una rete di mega-antenne<br />

e satelliti per telecomunicazioni veloci<br />

come la luce perché sull’infinito domini<br />

l’oscurità. Sistema per propagare, dilatare,<br />

moltiplicare gli ordini di attacco convenzionale,<br />

chimico, batteriologico e nucleare.<br />

L’arma perfetta per i conflitti del<br />

XXI secolo, quelli con i missili all’uranio<br />

impoverito, gli aerei senza pilota e le armi<br />

atomiche in miniatura. Eserciti fantasma<br />

che si lanciano come avvoltoi su obiettivi<br />

in carne ed ossa, migliaia di chilometri<br />

lontani. Bombardamenti sempre più virtuali,<br />

computerizzati, disumanizzati. E disumanizzanti.<br />

Perché la coscienza degli<br />

assassini non possa incrociare mai gli occhi<br />

e la disperazione delle vittime innocenti.<br />

Il MUOStro incarna le mille contraddizioni<br />

della globalizzazione neoliberista.<br />

Uccide in nome della pace e dell’ordine<br />

sovranazionale. Devasta il clima,<br />

l’ambiente, il territorio. Dilapida risorse<br />

umane e finanziarie infinite. Rigenera le<br />

ingiustizie. Esautora ogni controllo dal<br />

basso. Espropria democrazia. Rafforza il<br />

blocco di potere transnazionale. Inquina<br />

irrimediabilmente la natura e la ragione.<br />

Viola il diritto alla salute di intere popolazioni.<br />

A partire dalla Sicilia, l’isola destinata<br />

ad ospitare uno dei quattro terminali<br />

terrestri del nuovo sistema per le<br />

guerre stellari.<br />

È a Niscemi (Caltanissetta), nel cuore di<br />

un’importante riserva naturale, che fervono<br />

i preparativi per l’installazione di tre<br />

grandi antenne paraboliche dal diametro<br />

di 18,4 metri, funzionanti in banda Ka per<br />

le trasmissioni verso i satelliti geostazionari<br />

e due trasmettitori elicoidali in banda<br />

UHF (Ultra High Frequency), di 149 metri<br />

d’altezza, per il posizionamento geografico.<br />

Mentre le maxi-ante trasmetteranno<br />

con frequenze che raggiungeranno valori<br />

compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due tra-<br />

18, in diretta streaming, don Luigi Ciotti,<br />

i giornalisti Oliverio Beha e Nino Amadore,<br />

i sindaci, gli amministratori e i rappresentanti<br />

dei numerosi comitati No<br />

MUOS sorti nel ragusano e nel nisseno,<br />

spiegheranno le ragioni di una lotta che<br />

sta conquistando sempre di più l’attenzione<br />

dei media regionali.<br />

Poi, alle 20, tutti in piazza a Niscemi<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 30<br />

smettitori elicoidali avranno una frequenza<br />

di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz.<br />

Onde elettromagnetiche che penetreranno<br />

la ionosfera e i tessuti di ogni essere<br />

vivente che avrà l’ardire di sfidare frontalmente<br />

l’Eco MUOStro.<br />

Fa paura il nuovo supersegreto centro<br />

di telecomunicazioni della Marina militare<br />

USA di Niscemi. Gli studiosi che rifiutano<br />

sdegnati le buste paga del Pentagono lo<br />

hanno definito un pericolosissimo maxiforno<br />

a microonde. E la gente, giustamente,<br />

si è indignata di essere stata ignorata,<br />

svenduta, tradita. In migliaia sono scesi in<br />

piazza a manifestare, costringendo sindaci<br />

e consigli comunali e provinciali a votare<br />

delibere ed ordini del giorno No MUOS.<br />

Sono state presentate decine d’interrogazioni<br />

parlamentari, firmate petizioni e appelli<br />

per la revoca delle autorizzazioni ai<br />

lavori. Ci sono stati dibattiti, convegni,<br />

marce, digiuni, sit-in e presidi alla base di<br />

morte di contrada Ulmo. Tutto inutile. I governi<br />

nazionali, prima quello del cavaliere<br />

Berlusconi e dei bunga bunga, oggi quello<br />

dei banchieri dell’unità nazionale, hanno<br />

risposto sempre e solo picche. A Palermo<br />

la stessa musica, gran maestro d’orchestra<br />

il governatore Raffaele Lombardo.<br />

Per lui, il MUOS è come il Ponte sullo<br />

Stretto, costi quel che costi, in termini politici,<br />

sociali ed economici, ma s’ha da fare.<br />

Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista,<br />

ha realizzato numerose inchieste sui processi<br />

di riarmo e militarizzazione in Italia e nel<br />

Mediterraneo. Per Edizioni Punto L, insieme ad<br />

Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006 il<br />

volume Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi<br />

motivi per non costruire il Ponte. Nel 2010 ha<br />

conseguito il Primo premio “Giorgio Bassani” di<br />

Italia Nostra per il giornalismo. È membro della<br />

Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella<br />

e della Rete No Ponte.<br />

Per consultare articoli e pubblicazioni:<br />

http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/<br />

Edito da Sicilia Punto L,Ragusa, 4<br />

euro. Presto disponibile anche in<br />

e-book con Errant Editions.<br />

per un happening di parole, suoni e immagini.<br />

No al MUOS e per un Mediterraneo di<br />

pace, contro la criminalità mafiosa e la<br />

militarizzazione, così come trent’anni fa<br />

a Comiso si manifestò per la pace e contro<br />

i missili nucleari Cruise. Con la stessa<br />

voglia di lottare e sperare che un Altro<br />

mondo sia ancora possibile.


www.isiciliani.it<br />

Carovana internazionale antimafie in Sicilia<br />

31 <strong>maggio</strong> - 5 giugno<br />

MESSINA, BARCELLONA, FURNARI, PALERMO, CASTELLAMARE DEL GOLFO, BIVONA, SUTERA,<br />

CAMPOFRANCO, LEONFORTE, NISCEMI, ACIREALE, CATANIA<br />

IN COLLABORAZIONE CON CGIL – CISL –UIL BANCA POPOLARE ETICA, LIGUE DE L’ENSEIGNEMENT, UCCA<br />

Partner in Sicilia: Arciragazzi, centro Pio La Torre, circoli Arci Città Futura (Barcellona), Senza Confini (Furnari), Strass (Mussomeli),<br />

Liberamente (Niscemi), Mistero Buffo (Acireale), presidi Libera di Castellamare e Leonforte, Festival Siciliambiente, I <strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong>, Movimento NoMuos, Legambiente, Nati a Sud, Professionisti Liberi, Ius Vitae, Agesci, Acli, Rete degli studenti medi<br />

Giovedì 31 <strong>maggio</strong><br />

Mattina: Barcellona<br />

10.30 Ospedale Psichiatrico Giudiziario, sala teatro<br />

“Un errore umano” di e con Gigi Borruso, Transit produzioni<br />

Pomeriggio: Furnari<br />

15-17 scuola media “G.Meli”<br />

Gli studenti delle scuole del circondario (Furnari, Falcone, Terme<br />

Vigliatore, Mazzarrà S’Andrea, Tripi, Novara di Sicilia, Barcellona<br />

p.g., Milazzo) incontrano Calogero Parisi e un magistrato<br />

(da definire)<br />

17.30-19.30 scuola media “G.Meli”<br />

Incontro pubblico: “Ambiente, territorio, tutela della salute,<br />

connivenze mafiose: un caso emblematico, la discarica di Mazzarà”<br />

Modera Manuela Modica, giornalista intervengono: Antonio Mazzeo<br />

(giornalista, peace researcher), Ignazio Marino* (in attesa<br />

di conferma), Guido Lo Forte, Alfio La Rosa (dipartimento Ambiente<br />

e territorio CGIL Sicilia)<br />

20.00 circolo Arci Senza confini<br />

Aperitivo eco-sostenibile della legalità con i prodotti della cooperative<br />

Liberaterra<br />

21.00 Piazza Marconi<br />

Nati a Sud in concerto (Ciudà, Pippo Barrile) + pensieri sulla legalità<br />

democratica e su un mondo migliore senza le mafie<br />

Venerdi 1 giugno<br />

Palermo<br />

10.00 Palazzo Steri<br />

Seminario/laboratorio “Il gioco come percorso educativo e di<br />

interazione sociale”<br />

Intervengono: Lino D’Andrea, presidente nazionale Arciragazzi,<br />

Francesco Camuffo, responsabile politiche infanzia e adolescenza<br />

Arci nazionale, docente universitario, Angela Di Maio, formatrice<br />

A seguire animazione con bambine, bambini, ragazze e ragazzi<br />

11.00 Palazzo Steri<br />

Forum sui Beni confiscati: promozione e utilizzo. Un confronto<br />

tra le esperienze<br />

Intervengono: Agesci, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente, Centro Pio<br />

La Torre, Padre Garau, Coop LiberaTerra Mediterraneo, Acli<br />

18.00 Palazzo Steri<br />

(in collaborazione con Una marina di libri e Libreria Khalesa)<br />

“Diario in circolo”. Reading con gli autori Andrea Bajani, Michela<br />

Murgia, Paolo Nori, Giorgio Vasta.<br />

21.00 Palazzo Steri, sala delle Armi<br />

Interviene: Rita Borsellino<br />

(in collaborazione con Una marina di libri e centro Pio La Torre)<br />

“Un errore umano” di e con Gigi Borruso, Transit produzioni<br />

Sabato 2 giugno<br />

Castellamare del Golfo<br />

11.00 Dibattito su “Porto e Tutela del territorio”<br />

Modera Rino Giacalone, Libera Trapani. Intervengono Emanuele<br />

Nicosia (professionisti liberi), Mimmo Fontana (Legambiente)<br />

Domenica 3 giugno<br />

Mattina: Bivona Iniziativa in piazza<br />

Pomeriggio: Campofranco & Sutera<br />

16.30 Arrivo a Campofranco - allestimento mostre<br />

17.00 Campofranco Animazione con bambine, bambini, ragazze<br />

e ragazzi<br />

18.00 Sutera Arrivo furgoni, allestimento spazi<br />

18.0 Campofranco Esibizione Orchestra Istituto comprensivo<br />

Campofranco-Sutera<br />

19.00 Campofranco - Partenza della Marcia della legalità democratica<br />

20.00 Sutera piazza Calogero Zucchetto - Passaggio della Marcia<br />

della legalità democratica<br />

20.15 Sutera piazza Sant’Agata - Arrivo della Marcia della legalità<br />

democratica<br />

Intervengono: Raffaele Palma (collega di Calogero Zucchetto),<br />

Gero Di Francesco (sindaco di Sutera), un rappresentante della<br />

Carovana Antimafia, Luciano Cirri, (segretario regionale SILP<br />

CGIL Sicilia). Associazioni Soter e Koiros<br />

21.00 Sutera piazza S. Agata<br />

Concerto: Nonò Salomone, Gruppo musicale di Sutera, Gruppo<br />

musicale di Mussomeli, Nati a Sud<br />

Lunedì 4 giugno<br />

Mattina: Leonforte<br />

Pomeriggio: Niscemi<br />

17.00 Sughereta di Niscemi, c.da Ulmo - Passeggiata ecologica<br />

nella sughereta; dal paradiso delle querce all’inferno delle antenne<br />

18.00 Sughereta di Niscemi, c.da Ulmo, di fronte a impianto<br />

MUOS - conferenza stampa (in diretta streaming). Saranno presenti<br />

i giornalisti Oliverio Beha, Antonio Mazzeo, Nino Amadore,<br />

Attilio Bolzoni, i rappresentanti del movimento no muos i sindaci<br />

della zona, deputati italiani e europei<br />

20.00 in piazza - Parole, suoni e immagini per dire No al MUOS,<br />

e per un Mediterraneo di pace<br />

Intervengono:Oliviero Beha, Luigi Ciotti, Elio Germano, Cisco,<br />

Peppe Voltarelli, Raffaella Bolini, Antonio Riolo, segreteria regionale<br />

CGIL Sicilia<br />

Martedì 5 giugno<br />

Mattina: Catania - Incontro con le scuole<br />

Interviene Piergiorgio Morosini<br />

Pomeriggio: Acireale<br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 31


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

Mafie a Bologna<br />

Chi non le vede,<br />

chi le combatte<br />

In una delle regioni<br />

più civili d'Italia la mafia<br />

ormai ha ben più<br />

che delle semplici teste<br />

di ponte. Le istituzioni<br />

reagiscono? Ancora<br />

troppo poco. Ma<br />

soprattutto reagiscono<br />

poco i cittadini, cullati<br />

nell'illusione di “altrove<br />

ma non qui”<br />

di Giancarla Codrignani<br />

Mentre a Parma nel carcere di massima<br />

sicurezza Provenzano inscenava<br />

un tentativo di suicidio, il TAR della<br />

stessa città respingeva il ricorso di due<br />

ditte edili che erano state escluse da<br />

appalti pubblici perché sospettate di<br />

infiltrazioni mafiose. La Prefettura<br />

della città aveva emesso la contestata<br />

interdittiva, confermata ora dai giudici:<br />

rapporti familiari e rapporti societari<br />

con persone malavitose con precedenti<br />

per associazione a delinquere,<br />

estorsione, usura, riciclaggio.<br />

Notizie attuali, assolutamente non eccezionali:<br />

anche in una regione considerata<br />

avanzata e civile (e pure di sinistra)<br />

roba ormai di ordinaria amministrazione.<br />

Sembra non entrarci molto, ma credo<br />

che ci siamo persi l'occasione di rifare<br />

l'educazione collettiva rivedendo politicamente<br />

i 150 anni dell'Unità d'Italia.<br />

Se pensiamo che 150 anni fa per andare<br />

da Bologna a Modena ci voleva il passaporto<br />

(i bolognesi erano soggetti alle<br />

leggi del Legato pontificio diverse da<br />

quelle dei modenesi sudditi del Duca) e<br />

un mercante alla frontiera dava certamente<br />

un aiutino al gabelliere del dazio<br />

perché chiudesse un occhio, ci rendiamo<br />

conto che quelli che realmente interpretano<br />

i diritti di cittadinanza sono gli eredi<br />

delle minoranze illuministe, patriote, socialiste<br />

e, poi, antifasciste e resistenti.<br />

Ancora minoranza.<br />

Prevenire i guai<br />

Senso dello Stato generalizzato? troppo<br />

poco. Ovunque. Siamo, infatti, molto<br />

meno lontani fra di noi di quanto non sia<br />

lunga la catena degli Appennini.<br />

Se il Nord fosse "migliore" o anche<br />

solo del tutto diverso, avrebbe opposto<br />

alla penetrazione mafiosa quella resistenza<br />

morale che si manifesta storicamente<br />

solo nei tempi, poi chiamati "eroici", in<br />

cui va a rischio, oltre alla convivenza, la<br />

sopravvivenza. Tuttavia dovrebbe essere<br />

sempre possibile "prevenire" i guai,<br />

quando si sentono arrivare.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 32<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sanno già molto della<br />

nostra realtà e hanno ricevuto parecchia<br />

informazione da Bologna, dove non<br />

solo le istituzioni democratiche "reggono”,<br />

ma è presente "Libera" e anche<br />

all'Università il problema viene studiato<br />

e a Giurisprudenza funziona un laboratorio,<br />

animato dalla prof. Stefania Pellegrini,<br />

che mette a fuoco le infiltrazioni<br />

nel settore edile, negli esercizi pubblici<br />

(pizzerie, bar, baretti e barettini), nei giochi<br />

e, soprattutto, il fenomeno del decentramento<br />

nella nostra regione dei sorvegliati<br />

speciali.<br />

“La politica ha dormicchiato”<br />

La stessa Procura regionale registra i<br />

delitti di specie, come l'usura, le estorsioni,<br />

la ripulitura di capitali illeciti, l'acquisizione<br />

di quote societarie nelle imprese.<br />

Tuttavia è vero che siamo diventati un<br />

paese ben strano: mi è stato detto che a<br />

Scampia c'è chi si sentirebbe rassicurato<br />

dalla ripresa degli ammazzamenti ("se ricomincia<br />

la faida e si fanno guerra fra di<br />

loro, almeno noi possiamo stare tranquilli");<br />

a Bologna, dove un 5% dei commercianti<br />

paga il pizzo, la gente continua a<br />

far conto di niente e il Presidente di Confindustria<br />

ha candidamente dichiarato di<br />

non aver mai sentito parlare di mafie.<br />

Eppure la Regione ha disposto interventi<br />

importanti (forse meno tempestivi<br />

del dovuto: il giornalista Bombonato dice<br />

che "la politica ha dormicchiato") e il<br />

Prefetto non ha nascosto le sue preoccupazioni.


A Modena Giovanni Tizian - un giovane<br />

giornalista precario che tutti dovrebbero<br />

conoscere - dal 22 dicembre è stato<br />

posto sotto scorta, ultimo segnale di brutte<br />

storie, purtroppo non recenti. E' un<br />

precario che rischiava la vita per 4 euro<br />

al pezzo. Qualcuno potrebbe chiedersi<br />

perché: perché ha il senso corretto della<br />

professione giornalistica: non intervistava<br />

vittime, ma "informava". Deve essere<br />

perché pochi sono come lui se Réporters<br />

Sans Frontières declassa i media italiani,<br />

mentre i cittadini non si rendono conto di<br />

essere diventati meno liberi (Telejato docet)<br />

Bossoli nei cantieri<br />

A Modena, infatti, succedevano cose<br />

strane, come incendi dolosi (contro ignoti?),<br />

seminagione di bossoli nei cantieri,<br />

un Zagaria latitante intercettato sul treno<br />

Modena-Napoli e non catturato (ed era<br />

uno venuto a controllare i suoi affari). A<br />

Parma Saviano ha denunciato l' "aria rarefatta",<br />

irrespirabile perché sa di mafia.<br />

A Castelfranco, dice una magistrata, "nel<br />

viale principale si parla casalese".<br />

Più o meno la stessa aria attorno a<br />

sant'Agata, a Granarolo, a Novellara, a<br />

Nonantola, sulla costiera romagnola (diciamo<br />

un simbolo per tutti, "viale Ceccarini"<br />

di Riccione). Senza contare San<br />

www.isiciliani.it<br />

“Collegamenti<br />

mafiosi<br />

Sud-Nord-<br />

Europa”<br />

Marino, ormai paradiso fiscale e centrale<br />

del riciclaggio. Accade così che per la<br />

ricostruzione dell'Aquila le mafie siano<br />

partite da Reggio Emilia, non da Reggio<br />

Calabria.<br />

Di fatto le organizzazioni interessate a<br />

infiltrare un territorio ricco di quel benessere<br />

che rende insensibili e vulnerabili<br />

sono state attente a non creare traumi<br />

con omicidi e violenze dirette: i reati perseguibili<br />

senza particolare rilevanza sono<br />

droga, sfruttamento della prostituzione,<br />

asservimento.<br />

I padroncini complici<br />

Anche per gli appalti la partecipazione<br />

malavitosa si indirizza alla miriade dei<br />

subappalti e al bisogno dell'imprenditoria<br />

di contare su servizi a basso costo, come<br />

possono essere i trasporti (e i relativi padroncini<br />

complici dei mercanti di droga),<br />

le forniture di calcestruzzo, i rifiuti.<br />

Giova lavorare nel sommerso e nel<br />

nero, inserire propri fiduciari per acquisire<br />

il controllo delle assicurazioni e negli<br />

enti pubblici, impegnarsi nell'usura.<br />

I mafiosi hanno bisogno del silenzio<br />

per poter lavorare nell'indifferenza; per<br />

questo rappresentava una minaccia gravissima<br />

per la magistratura la volontà del<br />

passato governo di limitare le intercettazioni<br />

o il rifiuto del ministro Maroni<br />

della Direzione distrettuale investigativa<br />

antimafia.<br />

Le finestre di vulnerabilità sono state<br />

aperte tutte, a partire dalla scelta del<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 33<br />

Nord per il soggiorno obbligato dei malavitosi,<br />

che ha consentito il radicamento<br />

delle famiglie.<br />

Ormai il collegamento Sud-Nord è diventato<br />

tramite, attraverso l'Emilia-<br />

Romagna e la Lombardia collegate, con<br />

l'Europa.<br />

La crisi rafforza i pericoli<br />

La crisi, in questo contesto, diventa<br />

cruciale e rafforza i pericoli. Mentre cresce<br />

lo spread e l'euro ondeggia, le banche<br />

fanno poco credito, le aziende e gli esercizi<br />

commerciali hanno bisogno di liquidità,<br />

la speculazione immobiliare e perfino<br />

i mutui sono alla resa dei conti, cresce<br />

la disoccupazione.<br />

Si tratta di condizioni che per il potere<br />

occulto che fattura 70 miliardi diventano<br />

opportunità di acquisire <strong>maggio</strong>r potere.<br />

Solo per alto senso del dovere ci diciamo<br />

ottimisti. Tuttavia le normative degli<br />

Enti locali, i sequestri di proprietà e di<br />

beni delle mafie o i grandi sforzi di don<br />

Ciotti e del volontariato non sono diventati<br />

occasione di condivisione collettiva e<br />

di solidarietà comune.<br />

Sarebbe una buona cosa se anche i <strong>Siciliani</strong><br />

allargassero il loro indirizzario ed<br />

entrassero nel nostro territorio con una<br />

controinfiltrazione ausiliaria...


www.isiciliani.it<br />

Storie di Calabria<br />

Lamezia: come<br />

sopravvivere<br />

senza tribunale?<br />

Oggi Lamezia Terme<br />

sta combattendo due<br />

battaglie: una contro la<br />

ndrangheta e una contro<br />

lo Stato. Secondo<br />

una legge delega dalla<br />

terza finanziaria del<br />

governo Berlusconi<br />

del settembre 2011 -<br />

che il governo Monti è<br />

chiamato ad attuare - il<br />

tribunale della terza<br />

città calabrese rischia<br />

di scomparire<br />

di Michela Mancini<br />

Per riempire le casse dello Stato, si<br />

prevede la soppressione in tutta Italia<br />

di trentasette tribunali, e tra questi potrebbe<br />

rientrare quello di Lamezia<br />

Terme; c’è chi ipotizza di accorparlo<br />

agli uffici giudiziari di Vibo Valentia.<br />

Mentre si discute se un tribunale in un<br />

territorio ad alta densità mafiosa sia utile<br />

o meno, nel centro di Lamezia scoppiano<br />

due bombe. È accaduto pochi giorni fa: il<br />

sindaco Gianni Speranza e don Panizza,<br />

il sacerdote diventato il simbolo<br />

dell’antimafia lametina, erano a Reggio<br />

Calabria per incontrare il ministro Cancellieri.<br />

Nel pomeriggio era scoppiato un<br />

ordigno davanti a uno studio fotografico.<br />

Qualche giorno prima, nello stesso posto<br />

e sempre di giorno, era stata data alle<br />

fiamme un’autovettura.<br />

Ventiquattro ore dopo l’incontro con il<br />

Ministro ecco la seconda bomba, questa<br />

volta davanti ad una pizzeria, a pochi<br />

metri dal tribunale.<br />

Ora all’ingresso di quella pizzeria c’è<br />

un cartello: “Cedesi attività”. Lo stesso<br />

cartello qualche mese fa era stato esposto<br />

davanti una pasticceria colpita da<br />

un’altra bomba.<br />

A Lamezia vogliono chiudere il Tribunale.<br />

La città dei due mari, snodo principale<br />

tra le due Calabrie, ha compiuto negli<br />

ultimi anni importanti passi verso la<br />

legalità, lasciandosi alle spalle un passato<br />

ingombrante.<br />

Il comune lametino, infatti, era stato<br />

sciolto per ben due volte per infiltrazione<br />

mafiosa, nel 1991 e nel 2002. L’amministrazione<br />

comunale guidata da Gianni<br />

Speranza non si è lasciata intimidire dalla<br />

ndrangheta, è andata dritta per la sua<br />

strada di rinnovamento, dimostrando che<br />

un cambiamento è possibile.<br />

Lo scorso anno fra quelle stesse strade<br />

dove in pieno giorno scoppiano le bom-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 34<br />

be, si è svolta, ad esempio, la prima edizione<br />

di “Trame”, il festival dei libri<br />

sulle mafie. Fino a tarda notte la gente si<br />

riversava nelle strade. Davanti alla cultura<br />

i lametini non hanno abbassato le serrande,<br />

non hanno avuto paura di pronunciare<br />

ad alta voce quelle parole solitamente<br />

sussurrate.<br />

Perché non è vero che i cittadini sono<br />

indifferenti, anzi hanno fame di cambiamento.<br />

E adesso sono preoccupati, e forse<br />

anche un po’ arrabbiati: «Che è servito<br />

tanto impegno contro la mafia se poi lo<br />

Stato ci toglie addirittura il Tribunale?»<br />

“Sarebbe rinunciare alla giustizia”<br />

Gianni Speranza ha iniziato una battaglia<br />

contro questa legge, e la continuerà<br />

senza desistere: «Se chiudesse il tribunale<br />

di Lamezia vorrebbe dire che stiamo<br />

rinunciando a fare giustizia. Il fatto che<br />

in pieno giorno si mettano due bombe,<br />

con il rischio di mettere in pericolo la<br />

vita dei cittadini, basta per far capire<br />

quanto è assurdo pensare che il tribunale<br />

della città possa essere accorpato a un altro<br />

tribunale. Le bombe in sé smentiscono<br />

la razionalità di un piano che per lo<br />

Stato non prevedrebbe alcun risparmio.<br />

Se l’accorpamento avesse luogo i costi<br />

sarebbero <strong>maggio</strong>ri per i cittadini.<br />

È quel che abbiamo detto al ministro<br />

Cancellieri quando ci ha ricevuti: non c’è<br />

nessun risparmio per lo Stato, c’è solo un<br />

minore presidio di legalità per i cittadini.<br />

Io credo che nessuna parte d’Italia possa


essere insensibile al fatto che bisogna risparmiare,<br />

ma siamo già davanti a un<br />

funzionamento molto cattivo della giustizia<br />

in Italia, se a questo sommiamo delle<br />

scelte sbagliate, è la fine della legalità».<br />

I parametri contenuti nel decreto, che<br />

dovrebbero guidare l’accorpamento giudiziario,<br />

hanno del paradossale se si pensa<br />

di applicarli al territorio lametino.<br />

Uno dei criteri per decidere se un tribunale<br />

abbia ragione di esistere è la densità<br />

mafiosa presente sul territorio. Le cosche<br />

lametine non si sono mai nascoste, nemmeno<br />

davanti ad un governo così cieco.<br />

Sembra un messaggio alla 'ndrangheta<br />

Ma non è solo questo. Lo spiega Gianni<br />

Speranza: «È accettabile che da una<br />

parte si discute di abolire le province e<br />

dall’altra la provincia sia un criterio per<br />

avere il tribunale? C’è un errore del governo<br />

Berlusconi, protratto dal governo<br />

Monti».<br />

I dati del censimento forniti dall’Istat<br />

www.isiciliani.it<br />

parlano chiaro: Lamezia si conferma tra<br />

le città più popolose della regione con<br />

70.523 abitanti. Davanti una Calabria<br />

sempre più spopolata, Lamezia è l’unico<br />

territorio con un leggero aumento demografico.<br />

Questo può significare una sola<br />

cosa: che i cittadini non hanno bisogno<br />

di scappare, che in quel luogo ci vivono<br />

bene.<br />

E se il tribunale dovesse chiudere che<br />

cosa succederà? Chi ci rimarrà a Lamezia?<br />

Sembra un chiaro messaggio alla<br />

ndrangheta: “Venite pure, qui la giustizia<br />

non ve la fa nessuno”.<br />

Il sindaco pesa le parole, ma non gira<br />

attorno alle questioni: «Devo dire che il<br />

ministro Cancellieri si è dimostrata disponibile<br />

al dialogo: il governo esaminerà<br />

con molta attenzione il dossier che abbiamo<br />

consegnato. Però attenzione: se si<br />

decidesse per la chiusura non succedono<br />

cose di poco conto. Perché uno dovrebbe<br />

fare il sindaco al suo comune di fronte ad<br />

un governo che non ti ascolta? Se il governo<br />

non ti ascolta uno se ne va a casa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 35<br />

“Cedesi<br />

attività”<br />

Questa è una battaglia grossa, non di<br />

qualche assemblea. Io sono fiducioso, ma<br />

deve essere chiaro che se le cose<br />

dovessero andar e male, io sono<br />

serenamente determinato ad andar via,<br />

senza retorica o toni campanilistici».<br />

Quello che sta per accadere a Lamezia<br />

non è così diverso da quello che succede<br />

nella vicina Sicilia. A Partinico, a pochi<br />

passi da Palermo, l’emittente Telejato,<br />

piccolo grande presidio di lotta antimafia,<br />

rischia la chiusura per una leggina<br />

del governo Berlusconi.<br />

Ma possiamo contare sullo Stato?<br />

Difendersi dalla mafia non basta, non è<br />

abbastanza faticoso. Combatterla col<br />

buon giornalismo che non trascura di<br />

fare i nomi e i cognomi o con la buona<br />

amministrazione che tutele le imprese,<br />

che si impegna per costruire una cittadinanza<br />

attiva e responsabile, no, non basta.<br />

Adesso bisogna combattere le leggi<br />

dello Stato. E non passerà molto tempo<br />

dal giorno in cui camminando per le strade<br />

di Roma ci imbatteremo in un cartello.<br />

Questa volta esposto davanti al Parlamento.<br />

“Cedesi attività”.


www.isiciliani.it<br />

Trapani<br />

Mafia-padrona<br />

Tre decenni di dominio<br />

fra cosche e logge<br />

Trent’anni (il prossimo<br />

25 gennaio) dal delitto<br />

del magistrato Gian<br />

Giacomo Ciaccio Montalto.<br />

Ventisette anni<br />

dalla strage di Pizzolungo...<br />

di Rino Giacalone<br />

Ventisei anni dalla scoperta della<br />

loggia segreta Iside 2 dove erano scritti<br />

professionisti, colletti bianchi, politici,<br />

mafiosi.<br />

Ventiquattro anni dall’omicidio del<br />

giudice Alberto Giacomelli. Ventiquattro<br />

anni dal delitto di Mauro Rostagno.<br />

Venti anni dalle stragi di Capaci,<br />

via D’Amelio e dal suicidio di Rita<br />

Atria. Venti anni dal tentato omicidio<br />

del vice questore Rino Germanà.<br />

Diciassette anni dal delitto dell’agente<br />

penitenziario Giuseppe Montalto, omicidio<br />

che fu il “regalo di Natale” del capo<br />

mafia Matteo Messina Denaro ai mafiosi<br />

detenuti al 41 bis.<br />

Undici anni dall’arresto dell’ultimo super<br />

latitante trapanese, Vincenzo Virga.<br />

Sette anni dalla cattura dei componenti<br />

dell’ultima cupola mafiosa conosciuta<br />

della provincia di Trapani, quella capeggiata<br />

dall’imprenditore e padrino don<br />

Ciccio Pace.<br />

Che ha governato il rapporto tra la mafia,<br />

la politica e l’impresa, che ha ordinato<br />

l’inabissamento di Cosa nostra come<br />

ha voluto il sanguinario e volgare assassino<br />

Matteo Messina Denaro. Don Ciccio<br />

Pace è forse l’unico dei capi mafia siciliani<br />

che è in carcere a scontare condanne<br />

per associazione mafiosa e non ergastoli<br />

per delitti.<br />

Totò Minore, Vincenzo Virga, Francesco<br />

Pace e oggi Matteo Messina Denaro.<br />

Dal 1982 ad oggi sono stati i capi della<br />

mafia trapanese.<br />

Matteo Messina Denaro oggi guida il<br />

mandamento di Trapani e quello di Castelvetrano,<br />

certamente governa la cupola<br />

provinciale, dall’alto di quella autorità<br />

che gli è stata passata da suo padre, il patriarca<br />

della mafia belicina Francesco<br />

Messina Denaro, ma anche da Totò Riina<br />

e Bernardo Provenzano, testimone del<br />

comando che perché detenuto gli è stato<br />

passato dal più potente dei mafiosi trapanesi,<br />

don Marianino Agate da Mazara del<br />

Vallo.<br />

Se fosse libero lui guiderebbe la mafia<br />

trapanese e non Matteo Messina Denaro.<br />

Omicidi e inciuci<br />

Dal 1982 ad oggi la presenza mafiosa<br />

trapanese è segnata da sangue, morti ammazzati,<br />

faide, ma anche inciuci, crocevia<br />

di misteri, politica, servizi segreti,<br />

italiani e stranieri, Gladio, massoneria.<br />

E’ la storia della mafia che qui in questi<br />

tempi è tornata ad essere sommersa<br />

perché qui era nata sommersa. Infiltrata<br />

nella borghesia, nei salotti della città, nei<br />

circoli nobiliari.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 36<br />

Italia o Messico?<br />

Un giudice<br />

inseguito<br />

dai mafiosi<br />

Poco più di un mese fa, sulla<br />

Palermo-Trapani, un'Audi a vetri<br />

oscurati con cinque uomini a bordo<br />

ha cercato di raggiungere l'auto<br />

blindata del procuratore Marcello<br />

Viola. Dopo un serrato<br />

inseguimento, il magistrato alla fine<br />

è riuscito a rompere il contatto e<br />

fuggire. Viola aveva già ricevuto<br />

varie intimidazioni.<br />

Adesso gli è stata aumentata la<br />

scorta. Ma basta questo? O lo Stato<br />

deve porsi seriamente il problema<br />

di riappropriarsi di un territorio<br />

che non è più suo?<br />

r.o.<br />

Qui a Trapani pochi sono stati gli uomini<br />

d’onore con coppola e lupara, molti<br />

di più quelli che nel frattempo erano nobili,<br />

banchieri, professionisti… borghesi.<br />

Ninni Cassarà che nel 1985 finì ammazzato<br />

a Palermo, andò via da Trapani<br />

dove aveva guidato la Squadra Mobile<br />

dopo un alterco con il questore e dopo<br />

che era andato a bussare alla porta di un<br />

circolo che ancora esiste, in via Palmerio<br />

Abate, a un tiro di schioppo da prefettura,<br />

questura e tribunale.


All’ombra di questi “palazzi” i borghesi<br />

si incontravano, i borghesi non “punciuti”<br />

si vedevano con quelli “punciuti”,<br />

e parlavano, parlavano, parlavano, concordavano<br />

le cose da fare e da far fare.<br />

Fu lì che anni dopo in una intercettazione<br />

gli investigatori guidati da uno dei<br />

successori di Cassarà, il dirigente Giuseppe<br />

Linares, sentirono fare a due persone<br />

un discorso strano, uno chiedeva ad<br />

un altro il consiglio, ma era in realtà la<br />

richiesta di un permesso, a realizzare una<br />

impresa, una attività, gli investigatori<br />

sentirono delle strane parole, una risposta<br />

che li lasciò perplessi, “un fari e un fare<br />

fari”, non fare e non lasciar fare.<br />

All'ombra di questi palazzi<br />

Tempo dopo capirono quegli investigatori,<br />

quando cominciarono a venire fuori<br />

grandi e anche piccoli appalti che giravano<br />

sempre tra le stesse imprese, che quello<br />

non era il momento di fare e non era<br />

nemmeno il momento di lasciar far fare,<br />

tutto doveva restare immobile, in attesa<br />

dei tempi giusti, che arrivarono, quando<br />

mafia, politica e impresa a Trapani riuscirono<br />

ad accomodarsi allo stesso tavolo.<br />

La vicinanza tra affari leciti ed illeciti<br />

fu tale che alla fine il sistema legale divenne<br />

quello illegale, e che la normalità<br />

era quella di vedere, senza farci molto<br />

caso, il mafioso in grisaglia che usciva<br />

dall’ufficio del politico. Don Ciccio Pace<br />

è stato uno di questi. Usciva spesso dalla<br />

segreteria di un deputato regionale di<br />

Forza Italia, in corso Italia, nel cuore di<br />

Trapani. Uno di quei politici che diceva<br />

www.isiciliani.it<br />

di conoscere l’uomo e non il mafioso.<br />

Pace d’altra parte era un mafioso assolto<br />

e ripagato dallo Stato per ingiusta detenzione.<br />

Era anche sorvegliato speciale, ma<br />

mica si può sapere tutto. Certo se poi<br />

qualcuno non consente che il giornalista<br />

possa scrivere bene e in evidenza la<br />

notizia, il gioco è bello e fatto.<br />

Una miriade di sportelli bancari<br />

Trapani nel <strong>2012</strong> resta una provincia in<br />

Italia dove lo Stato da sempre è Cosa<br />

Nostra, anzi “Cosa Loro”. Dove per costruire<br />

il nuovo Palazzo di Giustizia ci<br />

sono voluti decenni. Dove anche i fidanzamenti<br />

e i matrimoni sono regolati dalle<br />

regole dell’onorata società. Figurarsi<br />

l’elezione di un sindaco.<br />

Trapani oggi è la città che ha sempre<br />

una miriade di sportelli bancari, dove<br />

hanno riaperto le finanziarie e dove innumerevoli<br />

sono i negozi che comprano<br />

oro. Dove non mancano le sale bingo e<br />

del poker on linre. Slot machine in ogni<br />

bar.<br />

Paolo Borsellino e Giovanni Falcone<br />

avrebbero avuto l'idea di creare un pool<br />

antimafia a Trapani. Se Palermo è la capitale<br />

della mafia, Trapani resta la capitale<br />

del settore finanziario, lo zoccolo duro<br />

di Cosa Nostra dove il controllo del territorio<br />

è pressocché totale, dove il rapporto<br />

con le istituzioni e con la Massoneria è<br />

tradizionale.<br />

L'organizzazione ha concorso a coordinare<br />

anche la gestione di iniziative imprenditoriali.<br />

Trapani è la città, la provincia,<br />

dove più antichi e collaudati sono i<br />

rapporti tra cosa nostra e le famiglie ma-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 37<br />

“Fa affari con<br />

gli appalti<br />

e si siede<br />

nei salotti”<br />

fiose sparse sui 5 continenti e altre organizzazioni<br />

criminali estere.<br />

La provincia siciliana dove per decenni<br />

si è sparato di meno è anche la più impenetrabile<br />

e quella dove ogni anno finiscono<br />

in manette almeno 100 persone per<br />

associazione mafiosa ma pochi sono i<br />

collaboratori di giustizia le cui rivelazioni<br />

non riescono ad intaccare il nodo imprenditoriale<br />

economico mafioso riguardando<br />

il passato e non le evoluzioni attuali.<br />

Cosa Nostra da queste parti ottiene<br />

quello che vuole senza sparare, fa affari<br />

con gli appalti e si siede nei salotti che<br />

contano.<br />

L'attuale capo di Cosa Nostra, cresciuto<br />

all'ombra del vecchio padrino Provenzano,<br />

è Matteo Messina Denaro di Castelvetrano,<br />

figlio d'arte: suo padre Francesco<br />

è uno degli ultimi anziani boss<br />

morto nel suo letto; il corpo venne fatto<br />

ritrovare nelle campagne di Castelvetrano<br />

vestito con un elegante completo scuro,<br />

la cravatta e le scarpe nere lucide, appoggiato<br />

ad un cancello, in modo che il<br />

primo automobilista di passaggio avvertisse<br />

la polizia. Votato all'ubbidienza<br />

Matteo, ma con alcune manie: le donne, i<br />

bei vestiti, il lusso.<br />

Porsche, Versace e Rolex<br />

A Castelvetrano se lo ricordano ancora<br />

quando correva verso il mare di Selinunte<br />

con la sua Porsche, vestito Versace e al<br />

polso un orologio Rolex.<br />

Un uomo in gamba dato che nel 1991<br />

ebbe il compito da Riina di pedinare a<br />

Roma, Falcone, Martelli e il giornalista<br />

Costanzo.


Trapani vent’anni dopo Capaci. Si dice<br />

che Falcone sia andato via da Palermo<br />

con la curiosità di non aver potuto indagare<br />

sul centro Scorpione della struttura<br />

Gladio.<br />

La base “Scorpione” è una caserma<br />

che si trova arroccata sulle montagne di<br />

un piccolo paese del trapanesi, Makari,<br />

poco distante da S. Vito Lo Capo, e che<br />

aveva anche in uso un piccola pista di atterraggio<br />

sulla costa, in contrada Castelluzzo.<br />

Gladio: la base “Scorpione”<br />

Quando Andreotti nel 1990, il 2 agosto,<br />

raccontò dell'esistenza di Gladio per<br />

la prima volta in parlamento venne fuori<br />

che dal 1987 quel centro del Sismi, di<br />

pertinenza della VII divisione del Sismi,<br />

che appunto gestiva Gladio, era stato<br />

convertito in funzione antimafia.<br />

Falcone morirà con quella curiosità,<br />

cosa avevano fatto i gladiatori contro la<br />

mafia ?<br />

E poi, caso strano, nessuno degli oltre<br />

600 gladiatori ufficiali aveva mai avuto a<br />

che fare con quella storia. Il giudice, trasferitosi<br />

a Roma, incrociava quella vicenda<br />

con altre: ad esempio con i viaggi<br />

fatti in provincia di Trapani dall'agente<br />

Nino Agostino la cui morte avvenuta<br />

nell'agosto del '89 rimaneva densa di mistero,<br />

priva di movente com'era.<br />

Cosa disse Rostagno a Falcone?<br />

E ripensava anche a quanto gli aveva<br />

riferito Mauro Rostagno due mesi prima<br />

di morire su strani voli militari, strani af-<br />

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fari ed affaristi trapanesi.<br />

Ma cosa disse Rostagno al giudice Falcone?<br />

Gli avrebbe detto di seguire una<br />

pista già battuta dal giudice Ciaccio<br />

Montalto che partiva dalla loggia coperta<br />

scoperta dentro al circolo Scontrino per<br />

arrivare agli affari tra le cosche trapanesi,<br />

catanesi e alcuni imprenditori.<br />

“Una piccola storia con dentro tutto”<br />

Vent’anni dopo Capaci. Una caratteristica<br />

di Cosa Nostra a Trapani è stata<br />

l’essere diventata stato, società e mercato.<br />

Parlando di Trapani il procuratore generale<br />

di Caltanissetta, Roberto Scarpinato,<br />

cita Hegel e dice: «Il demonio si<br />

nasconde nel dettaglio», come dire «una<br />

piccola storia dove dentro c'è tutta la storia»,<br />

dell'arroganza mafiosa e di un territorio<br />

che non pensa ad affrancarsi dal fenomeno,<br />

che sceglie «la diserzione civile».<br />

I doveri del “buon” imprenditore<br />

Il sostituto procuratore Andrea Tarondo<br />

spiega così come nel trapanese ci sia<br />

una generale intimidazione dell'imprenditoria<br />

trapanese:<br />

«Una imprenditoria che è restia a<br />

sottrarsi al controllo mafioso, perché<br />

l'attività estorsiva è una delle componenti<br />

di un rapporto più ampio, Cosa Nostra<br />

favorisce gli imprenditori che<br />

acconsentono alle richieste secondo<br />

quella strategia che evita il più possibile<br />

l'atto eclatante, e così il soggetto sottoposto<br />

a estorsione è un soggetto addomesticato,<br />

avvicinato, consapevole di quelli<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 38<br />

“Il sistema<br />

esercita<br />

una funzione<br />

di catalizzatore<br />

sociale”<br />

sono i suoi doveri per la “messa a posto”,<br />

un imprenditore che ha coscienza del fatto<br />

che c'è una mafia in grado di gestire<br />

l'aggiudicazione degli appalti».<br />

Qui perciò non si paga il pizzo, «ma la<br />

quota associativa a Cosa Nostra».<br />

La Trapani del <strong>2012</strong> si presenta diversa<br />

dalla Trapani che 25 anni addietro veniva<br />

raccontata da Mauro Rostagno dagli<br />

schermi di Rtc, oggi la città è cambiata,<br />

ma dietro gli abbellimenti, dietro i tesori<br />

monumentali ed ambientali risorti suscitando<br />

ammirazione e piacere, Cosa Nostra<br />

ci ha guadagnato per colpa di imprese<br />

per nulla virtuose.<br />

Mafia? Mica tanto sommersa<br />

La nuova mafia, almeno quella di Trapani,<br />

raccontata dagli investigatori come<br />

il primo dirigente Giuseppe Linares, non<br />

è mica tanto sommersa, è quella che ha<br />

gli imprenditori che dal carcere continuano<br />

a dirigere le imprese o anche a dirottare<br />

pacchetti di voti alle elezioni.<br />

«Il sistema continua ad esercitare una<br />

funzione di catalizzatore sociale» ha<br />

spiegato più di una volta Linares e lo ha<br />

spiegato parlando e spiegando di come<br />

andare a catturare Matteo Messina Denaro,<br />

ma lui, promosso, adesso non fa più<br />

parte dell’intelligence che dovrebbe catturare<br />

il boss.<br />

Anche questo succede 20 anni dopo<br />

Capaci. Matteo Messina Denaro continua<br />

a tenere bene in mano le fila di molte<br />

cose.


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Parla il colonnello Francesco Fallica<br />

“A Ragusa la mafia si<br />

nasconde dietro ai soldi”<br />

A Ragusa la mafia non<br />

si vede ma si sente la<br />

puzza dei soldi<br />

sporchi. Francesco<br />

Fallica, comandante<br />

della Guardia di<br />

Finanza di Ragusa,<br />

ripete ogni giorno che<br />

qui è una lavanderia.<br />

E le banche devono<br />

fare qualcosa.<br />

di Giorgio Ruta<br />

Il Clandestino<br />

Colonnello Fallica, lei ha fatto della<br />

lotta al riciclaggio a Ragusa una questione<br />

di primaria importanza. Che<br />

succede a Ragusa?<br />

Nessuno deve sentirsi escluso dal cancro<br />

del riciclaggio, tantomeno Ragusa.<br />

Oggi i soldi viaggiano veloce e lo fanno<br />

attraverso flussi non sempre controllabili.<br />

È importante il ruolo delle banche perchè<br />

sono il primo momento in cui i soldi<br />

entrano nel sistema. Quindi se la banca è<br />

attenta, segnalando le operazioni sospette,<br />

il riciclaggio si può attenuare. Incuriosisce<br />

che queste segnalazioni sono poche<br />

nel ragusano, anzi pochissime,<br />

nonostante gli scandali che sono<br />

scoppiati in provincia.<br />

Facciamo parlare le cifre. In un<br />

anno quante segnalazioni sono partite<br />

dalle banche?<br />

Nell'ultimo anno circa 130. Sono poche,<br />

dovrebbero essere molte di più.<br />

Nell'ultimo periodo sono cresciute ma<br />

non basta. La segnalazione è un aspetto<br />

culturale. Molti non segnalano perchè c'è<br />

un rapporto personale con il soggetto che<br />

compie un'operazione sospetta. Solitamente,<br />

abbiamo notato, si segnala quando<br />

il soggetto cambia banca, quasi per<br />

vendetta. I funzionari sanno quello di cui<br />

parlo, e sanno pure perchè non si fanno<br />

le segnalazioni. Ma questo comportamento<br />

arreca un danno a loro stessi con<br />

possibili sanzioni, ma soprattutto perchè<br />

si inquina l'economia.<br />

“Poche segnalazioni dalle banche”<br />

Come e chi ricicla a Ragusa?<br />

Si ricicla attraverso la banca, oppure<br />

attraverso i professionisti o tramite attività<br />

commerciali. Anche se non penso,<br />

quest'ultimo, sia al momento il sistema<br />

principale per pulire il denaro.<br />

Ragusa è stata definita la capitale del<br />

riciclaggio in Sicilia, non penso che questa<br />

definizione sia molto lontana dalla<br />

realtà. La vicinanza con Malta è un fattore<br />

importante. E poi ci sono state e ci<br />

sono presenze di soggetti con precedenti<br />

mafiosi che fanno riflettere. Questo ci incuriosisce<br />

e stiamo compiendo attività su<br />

questo.<br />

Mafia e riciclaggio. Il mito della Ragusa<br />

“babba” si sgretola sempre più.<br />

Le vostre indagini sull'eolico e sul settore<br />

vinicolo sembrerebbero confermare<br />

questa tesi.<br />

Nella zona ci sono stati interessi<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 39<br />

nell'eolico di alcuni personaggi ambigui<br />

con vicinanze mafiose. Questi soggetti si<br />

sono infiltrati in provincia tramite passaggi<br />

societari che abbiamo osservato.<br />

Questo ci fa riflettere e ci stiamo lavorando.<br />

Nel settore del vino io avevo colto, in<br />

tempi non sospetti, alcune intromissioni<br />

di alcuni soggetti che vanno approfonditi.<br />

La Procura ci sta lavorando.<br />

Perchè Ragusa è una zona franca<br />

per gli investimenti sospetti?<br />

Perchè c'è un tessuto economico diverso<br />

dal resto dell'Isola. Perchè il cittadino<br />

ragusano è solitamente per bene, lavoratore,<br />

proprietario. Sta bene curando il<br />

proprio giardino, non ha tendenze distruttive.<br />

Questo aspetto nel tempo è stato<br />

colto da gruppi criminali che hanno<br />

fiutato l'affare che si poteva nascondere<br />

dietro questa tranquillità.<br />

Soggetti nel tempo si sono infiltrati e<br />

hanno fatto determinati interessi. È sotto<br />

gli occhi di tutti la presenza di colonie di<br />

palermitani e trapanesi. Stiamo parlando<br />

di persone con profili criminali interessanti.<br />

Qui non si è immuni ma ancora<br />

non abbiamo capito il quadro generale.<br />

Convinciamoci che qui c'è stata e c'è la<br />

criminalità organizzata. La tranquillità<br />

paga.<br />

Chi comanda a Ragusa? La vicinanza<br />

farebbe pensare ad un'influenza dei<br />

catanesi.<br />

Qualcuno racconta della presenza di<br />

catanesi di massimo livello sul posto. Si<br />

racconta che Santapaola abbia fatto parte<br />

della latitanza qui. Va detto che qui la<br />

mafia non è quella dell'estorsione. È una<br />

mafia esterna fatta con presenze forti e io<br />

penso sia soprattutto palermitana.


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Catania/ L'altra città<br />

Peppe, Librino<br />

e lo stadio<br />

che non c'è<br />

Due uomini dello stesso<br />

quartiere ma di due<br />

generazioni diverse si<br />

parlano; uno è un muratore<br />

sessantenne,<br />

l'altro è un trentenne<br />

precario che vuol fare<br />

il giornalista<br />

di Luciano Bruno<br />

Sono diversi ma si sanno comprendere,<br />

perchè si riconoscono nell'unico<br />

linguaggio comune: quello degli sfruttati.<br />

E discutono della città, del loro<br />

quartiere costruito con quella speculazione<br />

e quei giochi di potere che partono<br />

dalla fine degli anni settanta e arrivano<br />

fino ad oggi. E per domani? Case<br />

popolari? Diritti? Lavoro? Neanche a<br />

parlarne! Nel frattempo la gente comune<br />

a Librino aspetta il Polisportivo<br />

San Teodoro da trent’anni e la cementificazione<br />

della città continua ad aumentare.<br />

Carmelo abita nel vecchio borgo di Librino,<br />

a Catania; ha gli occhi castani, i<br />

capelli brizzolati, è un uomo di una sessantina<br />

d'anni. Alto, un corpo robusto, e<br />

con le mani ruvide. Un muratore.<br />

L’incontro mentre faccio una passeggiata<br />

nel vecchio borgo, a ridosso di questo<br />

quartiere moderno costruito a sud<br />

ovest della città, dagli anni settanta.<br />

- Scusi, si ricorda di me, io qui ci venivo<br />

a giocare da bambino; lei ci abita ancora,<br />

qui?<br />

“Ci venivo a giocare da bambino”<br />

“Sì, cettu, comu no?”.<br />

- Posso farle una domanda?<br />

“Ci mancassi, ma certo”.<br />

Allora continuo a domandare, guardandomi<br />

bene attorno, tra le case basse e le<br />

strade, guardando da qui la parte moderna<br />

del quartiere, e i suoi palazzoni. Così<br />

diversa da questa borgata.<br />

- Ma com’era Librino tempo fa?<br />

“Era un grandissimo territorio con<br />

qualche casa sparsa qua e là. Era bello,<br />

fino agli anni settanta, quando hanno cominciato<br />

a costruire. Io ero carusu, cominciavo<br />

a lavorare nella muratura e guidavo<br />

la ruspa. Allora si guadagnava molto<br />

bene nel settore dell'edilizia. Eravamo<br />

tutti entusiasti di costruire il quartiere.<br />

Ma, a pinsarici ora, abbiamo fatto molto<br />

danno a questo posto”.<br />

- Che cosa è stato fatto di grave?<br />

“Caro mio, chi ti pozzu diri, io ho aiutato<br />

a trasformare tutte queste zone agri-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 40<br />

cole, a fare questo quartiere così come u'<br />

sta virennnu ora. Sugnu uno dei tanti che<br />

ha mantenuto la famiglia così, travaghiannu.<br />

Capisci?”<br />

- Che cosa si diceva fra gli operai<br />

giorno dopo giorno, quando costruivate<br />

tutti questi palazzi?<br />

“E che dovevamo dirci? Quannu si travagghia<br />

non si parra. Ma alcune volte<br />

passavamo dalla contentezza alla tristezza.<br />

Ni taliavumu na l'occhi muti muti,<br />

mentre gli ingegneri ci dicevano che questa<br />

costruzione della città satellite era<br />

una gran cosa, ci fa mangiare a tutti: che<br />

Kenzo Tange , quello che l'ha progettata<br />

era un grande architetto giapponese.”<br />

- Perciò che cosa ha fatto lei, in particolare?<br />

“Ma niente di particolare, per costruire<br />

il quartiere abbiamo dovuto distruggere<br />

interi agrumeti, uliveti e vigneti.”<br />

- Erano belli vero?<br />

“Qualcosa di bello che non c'è più”<br />

“Qualcosa di molto bello che non ci<br />

sarebbe più stato. Come ad esempio, talía<br />

‘ddá - e mi indica un viale - sulla strada<br />

che costeggia borgo Librino c’era un ruscello<br />

d’acqua, poi un bel giorno una colata<br />

di cemento e il ruscello non c’è<br />

cchiù.”<br />

- La tua famiglia ha sempre lavorato<br />

qui?<br />

“Mio padre lavorava in un vigneto di<br />

fronte alla strada che oggi si chiama viale<br />

San Teodoro.


“In gestione<br />

al Calcio Catania<br />

ma è tutto fermo<br />

da allora”<br />

Morire a Librino<br />

INDAGINI SENZA RISULTATI<br />

PER IL TREDICENNE<br />

INVESTITO E UCCISO<br />

Il 28 gennaio in Viale Castagnola a Librino<br />

è stato trovato in mezzo alla carreggiata<br />

il corpo di Peppe Cunsolo; nessun<br />

segno di frenate, nessuna traccia di<br />

sangue, solo una strana targa d’automobile,<br />

sul presunto luogo d’impatto. Il<br />

vero luogo dell’impatto non è stato possibile<br />

saperlo perché sull’asfalto non vi<br />

erano tracce di frenate, la targa poteva<br />

essere lì per qualsiasi motivo. In quella<br />

via che è la più trafficata del quartiere,<br />

fra macchine in doppia fila, signore con<br />

i pacchi della spesa, la banca, i vari negoz,i<br />

non era possibile che nessuno<br />

non vedesse nulla.<br />

Dal 2006 nella città satellite esiste<br />

l’associazione sportiva A.S.I. Briganti Librino,<br />

che col rugby aiuta i ragazzi del<br />

quartiere ad andare avanti non solo nello<br />

sport ma anche nella vita. “Peppe era<br />

uno di loro – dicono ora i Briganti -<br />

L’abbiamo agganciato nel 2007 dopo un<br />

avvio difficile siamo riusciti ad integrarlo<br />

nel gruppo portandolo in un torneo nazionale<br />

under 11 a Treviso. L’abbiamo<br />

perso quando nel 2009 ci hanno tolto il<br />

San Teodoro per darlo in gestione al<br />

calcio Catania per una scuola Calcio<br />

mai partita”.<br />

Il magistrato di sorveglianza a gennaio<br />

ha negato al padre Orazio Cunsolo e<br />

al fratello Vito Cunsolo il permesso di<br />

partecipare ai funerali. Quando morì<br />

Carmela Minniti, moglie di Nitto Santapaola,<br />

a lui fu concesso di partecipare<br />

ai funerali. Perchè a Santapaola si e ai<br />

Cunsolo no? Forse perché allora come<br />

oggi il nome del boss in questa città ha<br />

un altro peso.<br />

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- In questo terreno dovrebbe nascere<br />

San Teodoro, lo sa?<br />

“Si, è vero, ne ho sentito parlare. Ma tu<br />

come lo sai, perchè t'interessano queste<br />

cose?”<br />

“Ti conoscevo di picciriddu”<br />

- Io mi interesso del quartiere perché,<br />

lo sa, ci sono cresciuto, e mi occupo delle<br />

cose che lo riguardano.<br />

“Ti conoscevo di picciriddu, e sei cresciuto,<br />

tu cchí pensi di tutti ‘sti cosi ca<br />

‘sti putenti vonu fari ora?”.<br />

- La struttura doveva essere composta:<br />

da uno stadio di trenta mila posti, campi<br />

da calcio, palestre attrezzate.<br />

“Mii, troppu bellu, ma ‘a fanu a piddaveru?”<br />

- Purtroppo nel 2003 è stata consegnata<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 41<br />

incompleta, non fu mai assegnata a nessuno;<br />

più volte distrutta con sperpero di<br />

soldi pubblici, lasciata completamente<br />

abbandonata sia dalla sinistra che dalla<br />

destra.<br />

Nel 2009 venne data in gestione al<br />

Calcio Catania da allora tutto è fermo,<br />

l'unico spazio fruibile il campo di calcio<br />

a 5 in erba sintetica. Proprio vicino al<br />

San Teodoro nascerà il nuovo stadio di<br />

Catania.<br />

“Ma non ficiro nenti?” “No” “Cunnuti”<br />

“Ma allura di quello ca c'era no progettu<br />

non ficiru nenti?”<br />

- No signor Carmelo, nulla.<br />

“Cunnuti”.<br />

Foto di Raffaella Carrara


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Periferie/ Napoli, Barra<br />

La maestra, i camorristi<br />

e i bambini Rom<br />

Barra, San Giovanni,<br />

Ponticelli: periferia est<br />

di Napoli<br />

di Luca Rossomando<br />

Napoli Monitor<br />

Un tempo zona industriale, oggi territorio<br />

senza alcuna nuova vocazione,<br />

in cui abita una popolazione più giovane<br />

della media cittadina, ma anche<br />

meno istruita e con un tasso di disoccupazione<br />

più elevato. Negli ultimi<br />

trent’anni l’area ha subito trasformazioni<br />

radicali: nuovi rioni di case popolari,<br />

corpi estranei rispetto al tessuto<br />

sociale storico, torri e palazzine tirate<br />

su con materiali scadenti che la<br />

mancanza di manutenzione ha reso in<br />

breve tempo fatiscenti e insalubri.<br />

I piani di recupero urbano, gli annunci<br />

di nuove infrastrutture (a opera del pubblico<br />

o del privato, ugualmente inconcludenti),<br />

la riconversione delle fabbriche,<br />

le migliorie per l’edilizia, la lotta a una<br />

criminalità di fatto incontrastata, sono diventati<br />

presto stanchi rituali a cui non<br />

crede più nessuno.<br />

Nel frattempo, come accade in altre<br />

periferie metropolitane, nei numerosi interstizi<br />

creati da un’urbanizzazione sregolata<br />

si sono insediate comunità marginali,<br />

che il resto della città tiene accuratamente<br />

lontano da sé.<br />

Marisa Esposito lavora a Barra come<br />

dirigente in una scuola primaria che ospita<br />

novecento alunni. È entrata nella scuola<br />

pubblica negli anni Ottanta, prima<br />

come insegnante in una scuola<br />

dell’infanzia a Ponticelli, poi in una<br />

scuola elementare a san Giorgio a Cremano,<br />

infine in un istituto alberghiero<br />

dove ha insegnato francese per otto anni.<br />

«Ho cominciato a Ponticelli, in una<br />

scuola del Rione Santa Rosa - racconta -<br />

Eravamo insegnanti <strong>giovani</strong>, entusiaste,<br />

quasi tutte della zona. Rompemmo il sistema<br />

delle sezioni e della maestra unica.<br />

I bambini erano divisi in gruppi e giravano<br />

per i laboratori che funzionavano per<br />

tutto il giorno. Erano molto stimolati, anche<br />

se venivano da rioni modesti. Le famiglie<br />

ci rispettavano, ci ascoltavano, e<br />

noi le rispettavamo.<br />

Di questa esperienza decennale non è<br />

rimasto nulla: alcuni insegnanti vinsero il<br />

concorso da dirigenti, altri furono trasferiti.<br />

La platea degli alunni non è cambiata,<br />

quel che è cambiato, e me ne accorgo<br />

anche nella scuola che dirigo a Barra,<br />

sono le famiglie. Spesso alla cura si è sostituito<br />

il “ben avere”, i bambini devono<br />

possedere tutto ma nessuno li ascolta;<br />

hanno genitori bambini ai quali le loro<br />

mamme preparano ancora la prima colazione,<br />

e nei casi più drammatici non riescono<br />

nemmeno ad alzarsi per accompagnarli<br />

a scuola».<br />

Tre diverse comunità<br />

Da vent’anni Marisa collabora con la<br />

Nea, un’associazione che opera nel campo<br />

della cooperazione internazionale e<br />

dello sviluppo umano. Un incontro che<br />

risale ai primi anni Novanta, durante la<br />

crisi del Kosovo, quando a Ponticelli incrociano<br />

i loro destini tre diverse comu-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 42<br />

nità: gli albanesi, i rom di origine jugoslava<br />

e gli africani provenienti dall’Africa<br />

occidentale, in particolare dalla Costa<br />

d’Avorio e dal Burkina Faso.<br />

Si insediano tutti nei cosiddetti Bipiani,<br />

due complessi di container – posti<br />

uno di fronte all’altro sulla stessa strada<br />

– costruiti per accogliere gli sfollati del<br />

terremoto del 1980. Abitazioni fatte con<br />

pavimenti, travi e soffitti in amianto, che<br />

i napoletani abbandonano appena ottenuto<br />

un posto nelle nuove torri di edilizia<br />

popolare. Anche se alcuni, esclusi dalle<br />

assegnazioni, fanno ritorno mescolandosi<br />

con gli stranieri.<br />

Soffitti fatti d'amianto<br />

«La Caritas mi parlò delle condizioni<br />

disastrose di questi immigrati – racconta<br />

Marisa –, così raccolsi cibo e indumenti<br />

e li portai con la mia auto nei Bipiani.<br />

Organizzai una serie di pranzi con le comunità<br />

e cercai di capire come si poteva<br />

aiutarli. Gli africani erano <strong>giovani</strong>, singoli,<br />

con tanta voglia di socializzare. Con<br />

loro cominciammo un corso di italiano.<br />

Gli albanesi invece erano famiglie, più<br />

difficili da avvicinare, i loro figli avevano<br />

imparato l’italiano seguendo la televisione<br />

in Albania».<br />

I bambini rom e quelli albanesi vengono<br />

inseriti a scuola nel 57° circolo. Alla<br />

fine degli anni Novanta i minori stranieri<br />

iscritti nelle scuole elementari e medie di<br />

Ponticelli risultano il 2,6% del totale, la<br />

percentuale più alta degli iscritti in città.<br />

I rom però, dopo un percorso incompleto<br />

alle elementari, si fermano puntualmente<br />

alle medie, non sempre preparate per assicurarne<br />

l’inserimento rispettando la<br />

loro identità e la cultura di provenienza.<br />

Negli anni successivi quasi tutti gli<br />

stranieri, soprattutto gli africani, lasciano


i Bipiani. Ma la voce tra gli immigrati è<br />

girata e i nuovi arrivati vanno a rimpiazzare<br />

i partenti.<br />

Nel frattempo ai rom della ex Jugoslavia<br />

si aggiungono quelli provenienti dalle<br />

aree più povere della Romania. Occupano<br />

interamente uno dei due villaggi di<br />

Bipiani, ma nel 2003 il comune li manda<br />

via per abbattere l’intera struttura.<br />

Sull’area pare che fosse previsto un<br />

complesso di appartamenti con servizi<br />

per la classe media, ma ancora oggi il<br />

terreno risulta abbandonato. Il “villaggio”<br />

superstite invece è sempre al suo<br />

posto, con i container cadenti e imbottiti<br />

di amianto, e una popolazione eterogenea<br />

di albanesi, africani e, in minima parte,<br />

napoletani.<br />

Intolleranza, aggressioni e incendi<br />

I rom, dopo lo sgombero del 2003, si<br />

disperdono lungo via Argine. Sorgono<br />

così nel giro di qualche anno una decina<br />

di campi spontanei, infoltiti periodicamente<br />

dalle ondate di rom sfrattati dalle<br />

altre periferie.<br />

Circa mille persone, quasi la metà dei<br />

rom presenti in città, insediati sotto i cavalcavia<br />

oppure a ridosso di discariche<br />

abusive, in baracche di legno prive di<br />

servizi igienici dove per riscaldarsi si<br />

bruciano materiali recuperati tra i rifiuti<br />

e, quel che è peggio, i pneumatici usati<br />

che i rom smaltiscono in cambio di pochi<br />

soldi, e poi la plastica che riveste il rame<br />

dei fili elettrici, che viene rivenduta a tre<br />

euro al chilo. Dai dintorni dei campi, di<br />

notte e di giorno, si sprigionano alte colonne<br />

di fumi malsani.<br />

Con il tempo la presenza sempre meno<br />

discreta dei rom innesca la reazione di<br />

chi vive intorno. Nascono comitati di cittadini,<br />

vengono presentati esposti, inter-<br />

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rogazioni e anche petizioni al sindaco da<br />

parte dei consiglieri della zona, mentre si<br />

segnalano isolati episodi di intolleranza,<br />

aggressioni e incendi. Le associazioni di<br />

quartiere provano a fare da cuscinetto tra<br />

la popolazione circostante, le istituzioni e<br />

i rom, ma le proposte di individuare<br />

strutture di accoglienza alternative falliscono<br />

a causa di veti incrociati, lentezze<br />

burocratiche o scarsa funzionalità delle<br />

soluzioni.<br />

Gli elementi che preparano l’esplosione<br />

si accumulano giorno dopo giorno. La<br />

scintilla che scatena il pogrom di Ponticelli<br />

è però la notizia che una giovane<br />

rom avrebbe tentato di rapire il figlio<br />

neonato di una donna che risiede in un<br />

complesso di case popolari.<br />

Il 13 <strong>maggio</strong> 2008 si registra il primo<br />

attacco con le molotov nel campo rom di<br />

via Petri. Quel giorno è prevista anche<br />

una manifestazione indetta dai comitati<br />

civici, esasperati dall’inerzia dell’amministrazione.<br />

Sul posto affluiscono le prime telecamere,<br />

qualcuno blocca il traffico mentre<br />

qualcun altro si stacca dalla folla che si<br />

va ingrossando e dà il via agli assalti incendiari.<br />

L’arrivo delle volanti non ferma<br />

i roghi, che continueranno per tutta la<br />

notte e, con sistematicità, nei giorni successivi,<br />

finché delle baracche non resterà<br />

più traccia.<br />

Attacco con le molotov al campo Rom<br />

I rom si danno alla fuga, dopo aver stipato<br />

in fretta sui tre ruote tutti i propri<br />

averi. Nelle stesse ore appaiono sui muri<br />

del quartiere dei manifesti dal titolo eloquente:<br />

“Via gli accampamenti Rom da<br />

Ponticelli!”. Portano la firma del Pd locale.<br />

«Quel giorno ero a scuola – racconta<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 43<br />

“La camorra<br />

usata come<br />

braccio<br />

operativo”<br />

Marisa –, gli operatori della Nea mi chiamarono:<br />

“Qui stanno bruciando tutto”.<br />

Mi precipitai e capimmo subito che c’era<br />

un disegno, non erano azioni spontanee.<br />

Cominciammo a fare il giro dei campi<br />

dicendo a tutti i rom di andarsene. In una<br />

baracca trovammo un gruppo di donne<br />

spaventate che pregavano...<br />

Non erano azioni spontanee<br />

Quella sera il comune reperì degli<br />

alloggi a Poggioreale e a Pianura, dove<br />

molti rom vivono tuttora. La <strong>maggio</strong>r<br />

parte di quelli che abitavano lì, circa<br />

seicento persone, fecero perdere le loro<br />

tracce. Alcuni oggi sono tornati. Solo<br />

nella mia scuola, per esempio, ci sono<br />

trentacinque bambini rom. Dove c’erano<br />

i campi non è sorto nulla, c’erano ipotesi<br />

di valorizzazione che non hanno avuto<br />

seguito. In questo caso, credo che la<br />

camorra sia stata usata da qualcun altro<br />

come braccio operativo. Altrimenti che<br />

problemi avrebbe la camorra con i rom?<br />

La camorra vuole guadagnare, punto e<br />

basta. I rom pagavano anche per<br />

attaccare un filo abusivo…».<br />

La scuola che adesso dirige, Marisa<br />

l’aveva conosciuta in veste di operatrice<br />

della Nea, avendo curato per anni la scolarizzazione<br />

dei bambini rom. Ora è tornata<br />

come direttrice.<br />

«Prima sulla questione dell’integrazione<br />

non c’era molta apertura – dice –.<br />

Adesso si respira un’aria nuova, lo dicono<br />

gli operatori. Le risorse sono poche e<br />

vanno ripartite per l’eccellenza ma anche<br />

per chi ha più bisogno. Il comune spende<br />

i soldi per mandare questi bambini a<br />

scuola ma poi non interviene sul contesto<br />

in cui vivono. In questo modo, i nostri<br />

sforzi rischiano di restare vani».


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Lombardia<br />

Desio/ Un taglio<br />

alla mafia<br />

Nell'anniversario di<br />

Pio La Torre, inaugurato<br />

un bene confiscato<br />

ai mafiosi e assegnato<br />

a un progetto<br />

sociale in Brianza<br />

di Stefano Paglia<br />

Stampoantimafioso<br />

“Un taglio alla mafia ed a tutte le<br />

forme d’illegalità e corruzione”. È<br />

questa la frase che Don Luigi Ciotti<br />

ha pronunciato il 30 aprile al taglio<br />

del nastro per l’inaugurazione di un<br />

bene assegnato a Desio, in via Mulino<br />

Arese. La data non è simbolica.<br />

Cade infatti esattamente trent’anni<br />

dopo l’uccisione di Pio La Torre,<br />

parlamentare e sindacalista che lottò<br />

tutta la vita contro la mafia e promotore<br />

della prima legge sulla confisca<br />

dei beni.<br />

Il terreno assegnato prevede per ora<br />

solamente un immobile destinato ad<br />

ospitare un progetto di residenzialità<br />

leggera per malati psichici.<br />

Ancora recintati invece i campi circostanti,<br />

che essendo stati lottizzati richiederanno<br />

ulteriore tempo per essere<br />

incorporati al nuovo progetto.<br />

La confisca, effettuata nel 2008,<br />

venne eseguita ai danni di Carbone<br />

Lorenzo, membro della famiglia<br />

‘ndranghetista “Iamonte”, per una<br />

stima complessiva di poco inferiore al<br />

milione di euro.<br />

“Dai un calcio all'illegalità”<br />

L’importanza dell’evento è stata sottolineata<br />

dalla presenza di alcuni esponenti<br />

delle istituzioni, quali il nuovo<br />

prefetto della provincia di Monza e<br />

Brianza, Giovanna Villasi, ed il presidente<br />

della provincia Dario Allevi.<br />

Notevole la partecipazione cittadina,<br />

sia al momento del taglio ed inaugurazione<br />

del bene che durante il resto della<br />

giornata.<br />

Si è infatti avuto un gemellaggio tra<br />

la squadra locale, US Aurora Desio, e<br />

lo Sporting Gioiosa, già scuola etica di<br />

Libera nella Locride, al quale è seguito<br />

un piccolo torneo calcistico dal titolo:<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 44<br />

“Dai un calcio all’illegalità”.<br />

La giornata è stata sicuramente positiva<br />

per la cittadina brianzola che recupera<br />

passo dopo passo l’immagine di<br />

onestà che le è sempre appartenuta. La<br />

nuova amministrazione comunale conferma<br />

la sua sensibilità al tema della<br />

legalità.<br />

“Tanti piccoli passi n avanti”<br />

Il sindaco Roberto Corti, il vicesindaco<br />

Lucrezia Ricchiuti e buona parte<br />

del consiglio comunale sono stati presenti<br />

lungo tutta la giornata. Cittadinanza<br />

e istituzioni hanno dato un segnale<br />

inequivocabile, chiaro e forte.<br />

Come ricordato da Don Ciotti, solo<br />

attraverso un percorso fatto di tanti<br />

piccoli passi in avanti verso responsabilità<br />

personale e conoscenza, si riuscirà<br />

a sconfiggere una volta per tutte le<br />

organizzazioni criminali. Questo vale<br />

anche a Desio.


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Camorra infame<br />

Uccisa e calunniata<br />

Storia di Mena<br />

L'obiettivo dell'agguato<br />

era Francesco Bidognetti<br />

(Cicciotto 'e mezzanotte):<br />

si salvò dalla<br />

furia dei killer della<br />

Nco facendosi scudo di<br />

una giovane maestra...<br />

di Eliana Iuorio<br />

La Domenica<br />

Un omicidio efferato sepolto sotto 32<br />

anni di menzogne, omertà e indifferenza.<br />

L'uccisione di Mena Morlando, 25<br />

anni, fu bollata come delitto passionale<br />

Il terremoto aveva lasciato le sue terribili<br />

tracce sul territorio da un mese appena,<br />

quella sera del 1980 e Filomena Morlando,<br />

una ragazza giuglianese di 25 anni,<br />

percorreva la strada che dalla lavanderia –<br />

dove si era recata per ritirare degli abiti –<br />

l’avrebbe ricondotta a casa. Un tragitto<br />

breve, come la sua vita, interrotti dalla furia<br />

degli spari.<br />

Brutta storia, quella delle vittime innocenti<br />

delle mafie. E già. Nessuno vede,<br />

nessuno sente, nessuno parla, se non per<br />

nascondere quanto accaduto e “proteggere”<br />

chi ha ucciso. Poco importa che tecnicamente<br />

questo atteggiamento si definisca<br />

“collusivo” ed integri il reato di favoreggiamento.<br />

Nel popolare quartiere intorno alla<br />

Chiesa di Sant’Anna, a Giugliano (alle<br />

porte di Napoli) ad una settimana dal Natale<br />

di quasi trentadue anni fa, nemmeno<br />

un’anima - di quelle che amano battersi<br />

consuetudinariamente il petto in Chiesa -<br />

ha sentito o visto Francesco Bidognetti,<br />

(Cicciotto ' e mezzanotte) farsi scudo di<br />

una giovane maestra elementare, per evitare<br />

i sicari del padrino della Nco Raffaele<br />

Cutolo. Quello che in seguito sarebbe di-<br />

ventato uno dei capi<br />

del clan della zona casalese<br />

(e che oggi è al<br />

41 bis), alleati al tempo<br />

con la Nuova<br />

Famiglia, si trovava in<br />

soggiorno obbligato<br />

proprio a Giugliano.<br />

E la “colpa” di<br />

Mena, al contrario di<br />

quel che si potrebbe<br />

pensare, è stata di trovarsi<br />

nel posto giusto,<br />

nel momento giusto.<br />

Perché a trovarsi nel<br />

posto sbagliato e nel<br />

tempo (sempre) sbagliato<br />

è stato certamente<br />

il gruppo di fuoco<br />

camorrista.<br />

La storia di Mena<br />

Morlando è tra le tante<br />

storie tragiche,<br />

accadute e dimenticate,<br />

della nostra terra e<br />

del nostro Paese; ad omicidio avvenuto,<br />

oltre all’indifferenza della gente, ben presto<br />

si aggiunse la calunnia. Mena viene<br />

uccisa due volte, come spesso accade tristemente<br />

nei confronti delle vittime innocenti<br />

delle mafie. A cominciare dai giornali<br />

dell’epoca, che liquidano l’episodio<br />

qualificandolo come omicidio di natura<br />

passionale.<br />

In via Monte Sion, dove la ragazza abitava<br />

con la sua famiglia, oggi si trova una<br />

“Ora che il tuo sorriso”<br />

“La mano sporca criminale,<br />

distruttiva e bestiale della<br />

camorra ha cancellato il tuo<br />

sorriso e i tuoi sogni,<br />

strappando la tua giovine vita<br />

a chi ti amava.<br />

L'indifferenza umana e<br />

l'omertà ti hanno fatto<br />

precipitare nell'oscuro oblio<br />

delle coscienze.<br />

Ma tu sei tornata a vivere nel<br />

segno della giustizia.<br />

Ora sono tanti gli occhi per<br />

guardare, le orecchie per<br />

sentire e le voci per parlare.<br />

Ora che il tuo sorriso è<br />

diventato nostro e i tuoi sogni<br />

vivono in tutti noi la camorra<br />

non ha futuro. Per sempre<br />

nel ricordo della tua famiglia<br />

e chi ti porta nel cuore”<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 45<br />

lapide, che nel dicembre dello scorso<br />

anno è stata apposta dalla famiglia di<br />

Mena insieme ai componenti del Movimento<br />

“Contro le mafie”; un momento<br />

importante, vissuto con grande emozione<br />

dai presenti alla cerimonia. Per consegnare<br />

alla memoria della città, di chi non ha<br />

conosciuto la storia di questa ragazza,<br />

quale segno visibile che rompa il muro<br />

dell’indifferenza e dell’omertà, intorno<br />

alla stessa parola “camorra”.<br />

Uno dei fratelli di Filomena<br />

Morlando, Francesco, non ha mai<br />

perso la forza di andare avanti, di<br />

parlare di sua sorella, di chiedere<br />

la verità, di diffondere il valore<br />

della Memoria: “Questa lapide<br />

vuole idealmente ricordare non<br />

solo tutte le vittime innocenti di<br />

camorra, con il disprezzo più assoluto<br />

e convinto nei confronti di<br />

questo sistema, ma anche chi non è<br />

morto e porta con sé quotidianamente<br />

i segni e le sofferenze infertigli<br />

dalla cieca violenza della camorra”.<br />

Mena Morlando, alla quale oggi<br />

è dedicato il Presidio dell’associazione<br />

antimafia Libera a Giugliano<br />

- inaugurato da Don Luigi Ciotti e<br />

dal magistrato Raffaele Cantone,<br />

lo scorso febbraio - trova nuovamente<br />

la vita. Nell’operare quotidiano<br />

di tutti coloro che credono<br />

nella diffusione della cultura, nella<br />

informazione corretta e nella conoscenza<br />

dei fenomeni, quali antidoti necessari<br />

per un cambiamento di mentalità, che<br />

parli di dignità e riscatto, che riesca a<br />

sgretolare il muro di consenso alle mafie e<br />

possa trasformare - nei territori preda delle<br />

mafie - tanti sudditi in Cittadini.<br />

Bisogna rompere il muro dell'omertà e<br />

dell'indifferenza intorno alla parola camorra.<br />

A Mena è dedicato il presidio di Libera a Giugliano<br />

inaugurato da Don Luigi Ciotti.


www.isiciliani.it<br />

Catania/ Una messa per Mussolini<br />

Il sacerdote: “Era<br />

una brava persona”<br />

«Benito ha solo commesso<br />

alcuni errori»<br />

afferma il sacerdote,<br />

che si definisce «non<br />

schierato politicamente».<br />

Mussolini, del resto,<br />

era una brava persona.<br />

«Le leggi razziali,<br />

la guerra: sono errori<br />

che tutti possiamo<br />

commettere»<br />

di Leandro Perrotta<br />

CtZen<br />

Catania, 28 aprile: Facebook in subbuglio<br />

per una «Messa in suffragio di<br />

Mussolini». Alle 19 nella chiesetta di<br />

San Gaetano alle Grotte ci sono una<br />

quarantina di persone, venute con le<br />

famiglie al seguito, per ascoltare la celebrazione<br />

tenuta da padre Antonio Lo<br />

Curto.<br />

«Non ho nessuna posizione politica,<br />

ma per Benito non potevo tirarmi indietro».<br />

Il Rettore della chiesa di San Gaetano<br />

alle Grotte di Catania, ha appena celebrato<br />

una messa in suffragio di Benito<br />

Mussolini, come ogni 28 aprile. Ma non<br />

ha molta voglia di pubblicizzare l’evento,<br />

e vorrebbe restare anonimo. «Ovviamente<br />

la curia sa della messa, ma non<br />

vorrei avere altri tipi di problemi» ci<br />

confida il prete, che teme delle rappresaglie<br />

politiche nei suoi confronti. Cambia<br />

idea solo perché si tratta di un giornale<br />

online: «Non va in stampa l’articolo?<br />

Bene così lo legge solo chi vuole».<br />

Un rito che si celebra ogni anno<br />

Padre Antonio Lo Curto è comunque<br />

un personaggio piuttosto famoso alla<br />

fera o luni, (il mercato popolare che ogni<br />

giorno si tiene a Catania) che alle 19 di<br />

sabato, ora della messa, è in pieno fermento.<br />

«Lo conoscono tutti, è il prete fascista<br />

che fa la messa in greco» dice senza<br />

esitazioni un venditore di piazza Carlo<br />

Alberto, che con la sua bancarella staziona<br />

a poca distanza dalla chiesa. Del resto<br />

quello in onore di Mussolini è un rito che<br />

si celebra ogni anno.<br />

Ma la grande popolarità dell’evento è<br />

arrivata da facebook, imprevista, tra<br />

l’indignazione generale. Sul popolare social<br />

network si è fatto a gara a condividere<br />

un trafiletto del giornale La Sicilia,<br />

che annunciava la messa con «onore e<br />

fedeltà» al dittatore, definito con un più<br />

politicamente corretto «già capo del governo».<br />

Ma di politicamente corretto, alla ceri-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 46<br />

monia c’è ben poco: Mussolini era una<br />

brava persona, magnanimo e giusto<br />

«come Federico II di Svevia».<br />

«Benito ha solo commesso alcuni errori,<br />

come le leggi razziali e la guerra. Ma<br />

sono errori che tutti possiamo fare», declama<br />

il sacerdote nel corso dell’omelia,<br />

che risuona nella piccola chiesa insieme<br />

alle critiche all’attuale governo, alle banche,<br />

a una Italia che «è un Paese sotto la<br />

dittatura della prostituzione della finanza».<br />

Tanto che il sacerdote afferma: «Ho<br />

fatto il sogno di questi personaggi impiccati<br />

all’Altare della patria», riferendosi<br />

agli attuali componenti del governo.<br />

Risate, all’interno della Chiesa, sottolineano<br />

l’eccessivo trasporto del sacerdote.<br />

Che cerca di correggere il tiro «Non auguro<br />

la violenza ma non si può restare<br />

senza far nulla, come dei debosciati».<br />

Una quarantina i presenti<br />

Nella chiesetta di piazza Carlo Alberto,<br />

sono in tutto una quarantina i presenti, e<br />

sembrano conoscersi tutti. Da molti anni<br />

infatti si ritrovano qui per l’anniversario<br />

della morte del Duce, e «prima a celebrare<br />

la messa era padre Spampinato, ora<br />

cappellano al carcere» precisa padre Lo<br />

Curto. Seduti, composti, tutte persone<br />

normalissime quelle che partecipano alla<br />

cerimonia, con la croce celtica al collo.<br />

C’è anche chi è venuto con la famiglia al<br />

completo, ed alcuni volti noti dell’estrema<br />

destra catanese, a cominciare<br />

dall’avvocato Francesco Condorelli Caff,<br />

segretario regionale del partito Fiamma<br />

Tricolore, che ha richiesto la messa in<br />

suffragio.


La Curia<br />

“NESSUNA SANZIONE, NON<br />

SIAMO PIU' A QUEI TEMPI...”<br />

«Fa rabbrividire ogni cristiano!», scrive<br />

Fabrizio Cappuccio. «Una<br />

vergogna», gli fa eco Davide Drago,<br />

mentre Alessandro Cantale chiede alla<br />

Curia: «Prendete le distanze da quel<br />

pazzo». Su facebook, l'indignazione per<br />

la messa in suffragio di Mussolini arriva<br />

anche nella pagina dell'Arcidiocesi catanese,<br />

dove sono in tanti a chiedere una<br />

reazione ufficiale. Ma per la Curia catanese<br />

i saluti romani, l'incitazione alla rivolta<br />

armata e la difesa del dittatore del<br />

fascismo non sono sufficienti per una risposta<br />

ufficiale. «Una sanzione? Non<br />

siamo fascisti» spiega infatti il vicario<br />

generale dell'arcidiocesi di Catania,<br />

monsignor Agatino Caruso. «I tempi<br />

non sono più quelli di cui parla quel prete.<br />

Crediamo sia più convincente un<br />

dialogo fraterno», spiega il prelato che,<br />

fermo restando «la responsabilità personale<br />

del sacerdote» afferma di «non<br />

essere a conoscenza dell'accaduto».<br />

Eppure a Catania sono almeno quindici<br />

anni che la messa in suffragio di Mussolini<br />

viene non solo fatta, ma anche<br />

pubblicizzata sul quotidiano locale "La<br />

Sicilia". «La Catania antifascista solo<br />

adesso, e solo grazie a un articolo si è<br />

accorta che Fiamma Tricolore fa dire,<br />

ogni anno, la messa per Mussolini?»,<br />

sostiene infatti un anonimo lettore di<br />

Ctzen. Che, a sorpresa, non bolla padre<br />

Lo Curto come fascista, ma ne difende<br />

il valore in quanto «prete scomodo, non<br />

allineato». «Padre Lo Curto è solo una<br />

persona dalle opinioni molto, molto instabili<br />

- afferma il lettore - che si appassiona<br />

alle idee più bizzarre ed eterogenee».<br />

Bizzarrie che, come la messa in<br />

rito bizantino, non sarebbe altro che<br />

«possibilità date agli ortodossi, agli anglicani,<br />

a tutti i cristiani, di pregare e celebrare<br />

in quella chiesa così antica, che<br />

accoglie prostitute e zingari». Una posizione<br />

che sembra condividere lo stesso<br />

monsignor Caruso che afferma «La<br />

fede non è più un fatto sociale, ma personale.<br />

La cristianità non esiste più».<br />

www.isiciliani.it<br />

C’è chi prega e chi sta in religioso silenzio,<br />

ma è impossibile non lasciarsi distrarre<br />

dal maleodorante odore che proviene<br />

dall’ingresso.<br />

«E’ stato un atto contro la cerimonia,<br />

hanno lanciato una bottiglia di acido puzzolente»<br />

spiega un uomo. E l’atto vandalico<br />

è stato in effetti rivendicato da un<br />

gruppo che si fa chiamare Antifascisti<br />

catanesi.<br />

Pochi <strong>giovani</strong> in chiesa<br />

Alla fine della cerimonia Condorelli<br />

Caff si alza e prende la parola. «Sono<br />

tempi nei quali non ci rendiamo conto<br />

della dittatura delle banche.<br />

I cittadini stanno bevendo da un amaro<br />

calice» dice il segretario del partito di<br />

estrema destra ai presenti, facendo eco<br />

alle parole del sacerdote, ringraziandolo<br />

pubblicamente.<br />

«Ogni anno questa messa ci unisce, e<br />

c’è bisogno di unità, perché siamo tantissimi»<br />

continua Condorelli, auspicando<br />

una <strong>maggio</strong>re partecipazione dei <strong>giovani</strong><br />

«la nostra speranza per il futuro».<br />

E senza contare i bambini, i <strong>giovani</strong><br />

presenti erano davvero pochi.<br />

“Ho anche altri interessi”<br />

«Io ho anche ben altri interessi» ci dice<br />

però padre Lo Curto. La chiesetta di<br />

piazza Carlo Alberto, e il suo Rettore,<br />

sono in effetti piuttosto noti in città per<br />

l’originalità della messa del sabato.<br />

Messa celebrata «con rito bizantino, in<br />

greco», spiega il sacerdote, che mostra<br />

con orgoglio le quattro bandiere sugli al-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 47<br />

“E alla fine<br />

un bel saluto<br />

romano”<br />

tari laterali: siciliana, spagnola borbonica,<br />

tedesca e greca.<br />

Simboleggiano «le varie anime della<br />

Sicilia» per Lo Curto, che ha però qualche<br />

precisazione da fare in merito alla<br />

cerimonia.<br />

«Mussolini era solo un cristiano battezzato,<br />

tra l’altro onorato dalla Chiesa<br />

cattolica quando era al potere. Per Hitler<br />

o Stalin non l’avrei mai fatta una messa,<br />

ma per qualunque altro personaggio politico<br />

positivo sì».<br />

L’avrebbe fatta anche per un Antonio<br />

Gramsci, morto il 27 aprile come vittima<br />

del fascismo?<br />

«Certo, anche perché non è detto fosse<br />

davvero ateo» spiega. La storia di quegli<br />

anni, secondo il sacerdote, non è stata<br />

scritta correttamente. Si dimentica quanto<br />

di buono Mussolini ha fatto per l’Italia».<br />

“Mussolini...” “Presente!”<br />

Perché ricordare solo lui oggi? Semplice:<br />

«Ricordando lui si ricordano anche le<br />

vittime della Resistenza, i caduti della repubblica<br />

di Salò, le vittime delle foibe e<br />

della guerra in generale».<br />

«Benito Mussolini» grida Condorelli, e<br />

la chiesetta per un attimo trema. Un urlo,<br />

«Presente!», mentre all’unisono tutti alzano<br />

il braccio per un saluto romano.<br />

«E’ anche un bel gesto, Ave!» scherza<br />

padre Lo Curto, alzando il braccio anche<br />

lui.


www.isiciliani.it<br />

Catania/ Caos all'università<br />

Maledetti Benedettini<br />

“E questo sarebbe un<br />

luogo di studio?”<br />

di Marco Urso<br />

GenerazioneZero<br />

Monastero dei Benedettini di San Nicolò<br />

l'Arena. Catania. Un labirinto di<br />

stanze, corridoi, scale e di ampi spazi<br />

aperti, due chiostri, quello di levante e<br />

quello di ponente, un giardino pensile,<br />

quello dei “Novizi”, tante biblioteche.<br />

Un polmone di cultura e di storia.<br />

Dopo le leggi post-unitarie di soppressione<br />

degli Ordini e delle Corporazioni religiose,<br />

nel 1866, l'intero complesso passa<br />

alle istituzioni cittadine catanesi e viene<br />

utilizzato per svariate attività. Nel '77 la<br />

struttura va all'Università degli Studi di<br />

Catania che incaricò l'architetto Giancarlo<br />

De Carlo di pensare e di attuare un piano<br />

di recupero e di restauro.<br />

Oggi il Monastero come se la passa? Ha<br />

veramente trovato pace o subisce giornalmente<br />

delle piccole violenze? Una passeggiata<br />

di poche ore basta a farne un quadro.<br />

C'è una grande piazzetta alberata davanti<br />

al portone principale. C'è una rovina romana<br />

lasciata in rovina- perdonate il gioco<br />

di parole- e una selva di automobili e moto<br />

parcheggiate sopra i marciapiedi vicini<br />

alla struttura. E poi ci sono loro, i parcheggiatori<br />

abusivi. Poche volte l'anno, i<br />

proprietari delle auto escono di corsa dalla<br />

facoltà. "I sbirra ni stanu mittènnu i ganasci<br />

ndè roti" - una soffiata a un cellulare<br />

di un dipendente. Arrivano le volanti, fanno<br />

le multe e poi tutto ritorna nell'oblio.<br />

Entrando, di fronte alla porta, sorge un<br />

ponte, costruito su una vecchia strada romana,<br />

ornata da alcuni moderni monili di<br />

plastica. Tutt'intorno, le mura e la pace del<br />

Monastero. Il bianco della pietra calcare<br />

accompagna il nero lavico e il grigio del<br />

cemento, i bei balconi con sotto le scaramantiche<br />

facce di pietra bianca annerita, le<br />

finestre verdi, la bandiera dell'università<br />

quando è festa. Andando dritto, per<br />

l'ingresso centrale ai locali interni, si offrono<br />

agli occhi le linee dei decori murali,<br />

lungo le scalinate.<br />

Al primo piano, sotto i piedi, un paio di fi-<br />

nestrelle sul pavimento attirano l'attenzione:<br />

cumuli di scatoloni, computer e stampanti<br />

di ere lontane, accatastati in piccole<br />

montagne. Una macchinetta blu futuristica<br />

impolverata e spenta da tempo in un angolo<br />

morto del corridoio, forse una specie di<br />

info point interattivo, simbolo di un futuro<br />

mai arrivato. Il corridoio è una galleria<br />

di estintori, rossi, con le etichette in mostra.<br />

Devono averne sperimentato l'efficacia<br />

i bravi ragazzi che la notte tra del 13<br />

<strong>maggio</strong> hanno lavorato di fiamma ossidrica<br />

per scassinare un bancomat dentro la<br />

facoltà, vicino al quale hanno lasciato un<br />

impotente estintore. L'estintore e lo sportello<br />

mangiato dalle fiamme paiono<br />

un'opera d'arte moderna sembrano nature<br />

morte, come qualche scatolone con vecchie<br />

stampanti, vecchie scrivanie, tavoli,<br />

sedie e altri oggetti che abbelliscono il primo<br />

e il secondo piano.<br />

Giardino dei Novizi, secondo piano.<br />

Una torre in metallo (il D.I.S.Eur), con un<br />

ascensore non a norma attira la mia curiosità.<br />

Unica via per scalare la torre, le scale.<br />

Per i diversamente abili, penso, restano le<br />

ali di Icaro. Dalle scale, lo scenario: bellezza<br />

del monastero e del giardino, i suoi<br />

alberi e la sua terra sotto; immondizia, in<br />

uno spazio rettangolare attiguo all'ospedale<br />

Vittorio Emanuele. Giù dalla torre, proprio<br />

sotto l'osservatore: sedie, tesi, scatoloni,<br />

scaffali, schermi di pc, accatastati.<br />

Qualche studente prende della carta stampata.<br />

"Questo libro, sai quanto ti vale,<br />

poi?... Edizione limitata..." fa uno studente<br />

robusto, biondo e riccio, con fare scherzoso,<br />

indicando un testo malconcio. Alcuni<br />

si lamentano: "Guarda che fine che fanno<br />

le tesi!".<br />

Quasi non vale la pena buttarci sangue,<br />

nello studio, se poi finisce accatastato<br />

come letame. In un altro corridoio vicino<br />

alla discarica, armadi pieni di libri con le<br />

collocazioni, aperti a tutti: chiunque può<br />

rubarne uno. Lo spazio, giù dalla torre,<br />

quello confinante con il Vittorio Emanuele<br />

è un covo di ragazzini e partite di calcio<br />

improvvisate. Forse sono gli stessi simpatici<br />

<strong>giovani</strong> che, mesi addietro, salendo<br />

sull'auditorium dall'ospedale, hanno preso<br />

di mira per mesi gli ignari studenti che stazionano<br />

giornalmente nel cortile interno.<br />

Varie e ripetute sassaiole si sono succedute,<br />

a danno degli universitari: lanci di pietre,<br />

tegole, palloncini pieni d'acqua, uova e<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 48<br />

qualche pentola. Pallone, bambini teppisti,<br />

nessuno spazio ricreativo nel quartiere<br />

dell'Antico Corso, qualche cassonetto incendiato,<br />

qualche scippo. Qualcuno pensa<br />

che lo sgombro dell'Experia, il centro<br />

sociale che operava nel quartiere, sia alla<br />

base della decadenza.<br />

Trovare un bagno pulito ai Benedettini è<br />

davvero un'impresa. Le pulizie del<br />

personale addetto sono giornaliere ma<br />

l'inciviltà generale è degna del famoso<br />

artista Shpalman. Il sapone rosa può<br />

mancare dagli appositi contenitori anche<br />

per mesi e, magicamente, ricomparire, ma<br />

di colore verde, quando i chiostri<br />

accolgono qualche convegno.<br />

Probabilmente il sapone rosa dev'essere di<br />

minor qualità di quello verde.<br />

Grazie ai convegni, il sapone, i sacchetti<br />

sanitari per le donne, la carta igienica tornano<br />

nei bagni. L’acqua invece va a giorni<br />

alterni. C'è gente che si porta il sapone da<br />

casa, dimenticando un flacone sopra un lavandino.<br />

Un bagno femminile al primo<br />

piano è chiuso a chiave o riservato chissà<br />

a quale categoria. Le studentesse sono costrette<br />

ad andare in quello dei disabili.<br />

Ogni tanto spunta qualche siringa abbandonate<br />

in angoli un po' nascosti, vicino<br />

all'auditorium.<br />

D'altronde, la sicurezza, in senso lato, è<br />

un problema. I casi più eclatanti: a febbraio<br />

del 2011 una ragazza si è ritrovata davanti<br />

un maniaco che si masturbava, nel<br />

bagno delle donne; a <strong>maggio</strong> del <strong>2012</strong> un<br />

sedicente professionista del benessere ha<br />

tentato di molestare una studentessa col<br />

pretesto di un massaggio. Il personale della<br />

sicurezza è stato tagliato anni fa<br />

per mancanza di soldi e di contratti.<br />

"La verità è che nell'ordine c'è la noia<br />

frustrante dell'imposizione, mentre nel disordine<br />

c'è la fantasia esaltante della partecipazione"<br />

scriveva Giancarlo De Carlo<br />

ne L'architettura della partecipazione. Sicuramente<br />

ai Benedettini, di noia non si<br />

muore. Semmai di disservizi. L’abitudine<br />

a questi piccoli scempi è ormai l'unico atteggiamento<br />

degli studenti. Le tasse non<br />

diminuiscono, semmai aumentano anno<br />

dopo anno. Se il numero chiuso aveva fatto<br />

sognare per possibili miglioramenti ai<br />

servizi, oggi resta la rassegnazione.<br />

Non c’è più nemmeno la segreteria studenti<br />

nel plesso, ma è stata spostata in altri<br />

lidi, accorpata a quelle di altre facoltà.


MAMMA !<br />

&gubi


no alla guerra,<br />

no al nucleare<br />

Un libro per scoprire che<br />

non esiste un “nucleare<br />

civile” senza applicazioni<br />

militari derivate, non esiste<br />

“energia atomica pulita” senza<br />

rischi inaccettabili, non esistono<br />

“armi sicure” all’uranio impoverito<br />

senza vittime di guerra.<br />

Il figlio di una sopravvissuta alle<br />

radiazioni di Nagasaki ha trasformato<br />

in una appassionata<br />

denuncia a fumetti la cronaca<br />

degli incidenti alle centrali nucleari<br />

giapponesi e statunitensi, che<br />

sono stati nascosti da un velo di<br />

silenzio.<br />

Nana Kobato, studentessa delle<br />

medie, si affaccia sul “lato oscuro<br />

del nucleare”, e scopre i pericoli<br />

delle centrali atomiche, gli effetti<br />

dei proiettili all’uranio impoverito,<br />

le devastazioni ambientali che<br />

uccidono adulti e bambini. In un<br />

racconto a fumetti chiaro e documentato,<br />

Rokuro haku descrive<br />

gli effetti delle guerre moderne<br />

sull’uomo e sull’ambiente, e mette<br />

a nudo i poteri occulti che sostengono<br />

l’energia nucleare.<br />

www.mamma.am/nonuke<br />

ISBN 9788897194002<br />

rokuro aKu g autor d scaricabi e<br />

mP<br />

the Holy Bile<br />

Il libro degli autori di Scarica-<br />

Bile, il “pdf satirico di cattivo<br />

gusto” che ha ridefinito su<br />

internet la soglia dell’indecenza<br />

con 32 numeri di puro genio e<br />

follia, centinaia di pagine maleducate,<br />

migliaia di lettori incoscienti.<br />

Da oggi lo spirito del magazine<br />

più scorretto d’Italia rivive nel libro<br />

“The holy Bile”, una raccolta<br />

differenziata di scritti e fumetti<br />

inediti su qualunquismo, castità,<br />

religione e sondini terapeutici.<br />

Un concentrato purissimo di<br />

anticlericalismo, blasfemia, coprofagia,<br />

incesto, morte, pedofilia,<br />

prostituzione, sessismo, sodomia,<br />

violenza e volgarità gratuite. In<br />

breve, uno specchio perfetto<br />

dell’Italia moderna, per chi non<br />

ha paura di guardare in faccia la<br />

realtà con le lenti deformanti della<br />

satira.<br />

Testi e disegni di Daniele Fabbri,<br />

Pietro Errante, Jonathan Grass,<br />

Tabagista, MelissaP2, Vladimir Stepanovic<br />

Bakunin, Eddie Settembrini,<br />

Blicero, G., Ste, Perrotta,<br />

Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano<br />

Armentaro, Maurizio Boscarol,<br />

Mario Natangelo, Alessio<br />

Spataro, Andy Ventura.<br />

www.mamma.am/bile<br />

ISBN 9788897194026<br />

nicola.<br />

r–esistenza precaria<br />

Certi fumetti non possono<br />

farli i radical chic col culo<br />

parato o gli intellettuali<br />

da salotto. Ci voleva un lavoratore<br />

emigrato come Marco “MP”<br />

Pinna, che si è bruciato due settimane<br />

di ferie per partorire la<br />

saga di Nicola, l’antieroe in tuta<br />

blu del terzo millennio.<br />

Un mondo precario dove Nicola<br />

lotta per salvare la sua fabbrica<br />

dalla chiusura, e scopre i trucchi<br />

più loschi con cui i padroni fregano<br />

le classi medio–basse.<br />

Più spericolato di Batman, più<br />

sfigato di Fantozzi, più ribelle di<br />

Spartacus e più solo di Ulisse:<br />

Nicola è il simbolo della nostra<br />

voglia di resistere alle ingiustizie.<br />

Contro di lui un padrone senza<br />

scrupoli e una famiglia senza vergogna,<br />

incarognita dalle mode più<br />

devastanti del momento.<br />

Uno spietato “reality show” a<br />

fumetti, un micromanuale di economia<br />

finanziaria, un prontuario<br />

di autodifesa sindacale ma soprattutto<br />

lo sfogo di satira rabbiosa<br />

di un “artista–operaio”.<br />

Ottanta pagine di sopravvivenza<br />

proletaria: astenersi perditempo.<br />

www.mamma.am/nicola<br />

ISBN 9788897194019<br />

puoi richiedere i volumi su<br />

www.mamma.am/libri<br />

KaNJaNo & car o gubi osa<br />

La mia terra<br />

la difendo<br />

La storia di Giuseppe Gatì, 22<br />

anni, pastore per vocazione,<br />

produttore di formaggi per<br />

mestiere, attivista antimafia per<br />

passione.<br />

Il suo volto è salito agli onori delle<br />

cronache nel dicembre 2008 per<br />

la contestazione al “pregiudicato<br />

Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la<br />

città di Agrigento al grido di “Viva<br />

Caselli! Viva il pool antimafia!”<br />

Con l’aiuto degli amici e dei familiari<br />

di Giuseppe, Gubi e Kanjano<br />

hanno scoperto gli scritti, le<br />

esperienze e il grande amore<br />

per la terra di Sicilia di questo<br />

ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />

culturale preziosa prima di<br />

morire a 22 anni per un banale<br />

incidente sul lavoro.<br />

Un racconto a fumetti che non<br />

cede alle tentazioni del sentimentalismo<br />

e della commemorazione,<br />

per restituire al lettore tutta la bellezza<br />

di una intensa storia di vita.<br />

www.mamma.am/giuseppe<br />

ISBN 9788897194033


www.isiciliani.it<br />

Libero Grassi<br />

Non sono pazzo<br />

Io mi ribello al racket<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 55<br />

Tratto dalla grafic novel<br />

Libero Grassi<br />

(Cara mafia, io ti sfido)<br />

L. Biffi R. Lupoli R. Innocenti


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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 56


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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 57


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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 58


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Sicili i<strong>giovani</strong><br />

– pag. p 59


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Storie<br />

“Non aprire<br />

quella finestra”<br />

Un dialogo in Italia, al tempo della crisi<br />

di Jack Daniel<br />

«Non aprire le finestre. Per piacere.».<br />

«Ma è tardi, ormai sono le sette e mezza.<br />

La sveglia ha suonato già da un quarto<br />

d’ora. ».<br />

«Non ho sentito nulla, è ancora buio.»<br />

«E’ buio perché ieri sera hai sigillato le<br />

tapparelle. Fuori è già giorno».<br />

«Non c’è nessun giorno là fuori. E’ ancora<br />

notte fonda».<br />

Silenzio preoccupato.<br />

«Ma stai bene?».<br />

«Benissimo. Ma ora riprendiamo a<br />

dormire, dai, la notte è ancora lunga e ho<br />

sonno. Tanto sonno.».<br />

«La notte non è lunga, è finita, è un<br />

nuovo giorno. Guarda la sveglia.».<br />

«Buona notte».<br />

«Ma io non ho sonno.».<br />

«Ah, soffri di insonnia? E da quando?<br />

Buona notte. Puoi leggere, se vuoi, non<br />

mi dai fastidio.».<br />

«Ma io non voglio leggere, è ora di colazione.».<br />

«Uno spuntino di mezzanotte, vuoi<br />

dire. Buon appetito. Io no, comunque,<br />

non ho fame.».<br />

Silenzio.<br />

«Stai, scherzando, vero?».<br />

«Io? Scherzando? No, assolutamente.<br />

E ora lasciami dormire, dai.».<br />

«Stiamo facendo tardi, questa storia è<br />

durata fin troppo.».<br />

«Non alzare le tapparelle, per piacere».<br />

«Hai paura della luce? Sei forse diven-<br />

tato un vampiro?».<br />

«No, niente vampiri. Vedi? I canini<br />

sono normali. Puoi provare con l’aglio,<br />

se non ci credi. Buonanotte».<br />

«Piantala, dai. E’ ora di andare al lavoro,<br />

devi parlare con quello del Personale.».<br />

«No, non ancora. Ho appuntamento<br />

domani.».<br />

«Ma domani è … adesso».<br />

«Non ancora, è ancora notte.».<br />

«Sei stato convocato, è un colloquio<br />

importante…».<br />

«Tanto lo so già cosa mi dirà: mi consegnerà<br />

la lettera della cassa integrazione.<br />

Domani. Ci penserò domani.».<br />

«Vuoi che chiami il dottore?».<br />

«Perché? Non stai bene? E’ per<br />

l’insonnia?».<br />

«Io non soffro di insonnia.».<br />

«Non si direbbe. Hai pure fame.».<br />

«Sto benissimo, io.».<br />

«Mi fa piacere. Ma ora lasciami dormire,<br />

per favore.».<br />

«Non fare lo sciocco, ci sono mille<br />

cose da fare. Devi anche passare in banca.».<br />

«Non credo che siano aperte di notte, a<br />

quest’ora ci sono solo i bancomat.».<br />

«Lo so che non devi prelevare, devi<br />

parlare col Direttore, per quelle rate che<br />

scadono oggi.».<br />

«Non scadono oggi, scadranno domani.».<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 60<br />

dajackdaniel.blogspot.it/<br />

«Come preferisci. Ma devi andarci a<br />

parlare. Se non le paghiamo rischiamo di<br />

perdere la casa.».<br />

«Oh sì, c’è l’ipoteca.».<br />

«Appunto, bisogna vedere se è possibile<br />

rinegoziare il mutuo.».<br />

«Sarà difficile.»<br />

«Proprio per questo devi andarci.».<br />

«Non me lo farà rinegoziare, lo so<br />

già.».<br />

«Comunque devi provarci, è l’unica<br />

cosa che possiamo fare.».<br />

«Sappiamo tutti e due che non servirà.<br />

Ma domani ci andrò lo stesso...».<br />

E cadde addormentato. Respiro profondo,<br />

quasi un russare.<br />

«Dai, devi arrivare presto al lavoro se<br />

vuoi uscire prima per passare in banca.<br />

E’ ora di alzarsi. Forza, finiamola con<br />

questa commedia. Comincio ad andare in<br />

bagno io. Tu ronfa pure per altri dieci<br />

minuti, se vuoi.».<br />

Coperte rialzate, passi scalzi sul pavimento.<br />

Acqua nel lavandino. E poi un rumore<br />

di carta, un frugare nel cestino. Silenzio.<br />

La porta del bagno che si riapre violentemente.<br />

«Ma quante ne hai prese?». Corsa verso<br />

il letto. Il respiro sempre più profondo,<br />

cupo. Di corsa, ancora, verso il telefono.<br />

Tre tasti, tre tasti soli pigiati con affanno<br />

«Un’ambulanza! Presto!<br />

Un’ambulanza!».


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1977<br />

Giorgiana<br />

Masi<br />

Studentessa<br />

Aveva diciotto anni e frequentava il liceo Pasteur di Roma.<br />

Quel pomeriggio del 12 <strong>maggio</strong> 1977 scese in piazza insieme<br />

alle compagne e al fdanzato per ricordare la vittoria<br />

del referendum sul divorzio, avvenuta tre anni prima.<br />

Il presidio, indetto dai radicali, violava il divieto<br />

di manifestare imposto dal Governo<br />

di Norma Ferrara e Michela Mancini, foto di Tano D'Amico<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 61


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Nonostante gli annunci di un sit-in pacifco, lo Stato rispose a quella<br />

manifestazione schierando forze dell'ordine come stesse andando in guerra:<br />

cinquemila agenti presenti nelle strade del centro storico in assetto<br />

antisommossa, in seguito si saprà “rafforzati” da molti altri “infltrati”.<br />

Da Largo Argentina dove era in corso una guerriglia, il lancio di candelotti aveva reso<br />

irrespirabile l'aria, percorrendo le vie<br />

interne si arrivava a fatica vicini a Piazza<br />

Navona dove verso le 18.00 del<br />

pomeriggio erano state le prime<br />

Molotov. Davanti ponte Garibaldi,<br />

invece, nei pressi di Piazza Belli,<br />

due ore dopo: la tragedia.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

an <strong>giovani</strong> – pag. ag. 62<br />

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Giorgiana Masi si trova nei pressi di piazza Belli, quando improvvisa parte una<br />

carica di polizia e carabinieri, preceduta da un lancio di lacrimogeni, da via<br />

Arenula. Pochi minuti prima tre grosse moto, secondo le testimonianze<br />

dell'epoca, arrivarono sul lungotevere degli Anguillara, all'angolo con la piazza<br />

verso la quale si sta dirigendo Giorgiana.<br />

Sopra ci sono tre vigili in divisa e uno in borghese, quest'ultimo scende dalla<br />

motocicletta, impugna la pistola e spara ad altezza d'uomo. Poco dopo, vicino a Piazza<br />

Sonnino, cadono a terra: Giorgiana Masi, colpita da un proiettile calibro 22 all'addome e<br />

una sua compagna, Elena Ascione, ferita a una gamba. Giorgiana, da terra, non si rialzerà<br />

più. Al Tg della Rai il ministro dell'Interno, Cossiga, giurerà che in piazza non vi fossero<br />

agenti in borghese armati. Le foto scattate quel giorno dai fotocronisti lo smentiranno<br />

solo poche ore dopo<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

an <strong>giovani</strong> – pag. ag. 63<br />

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Non fu un caso che gli spari<br />

raggiunsero una donna, vollero<br />

colpire il movimento femminista.<br />

Le donne erano pericolose<br />

perché erano contro tutti i ruoli,<br />

contro il potere. Il governo le<br />

temeva , ma non era il solo: le<br />

donne non chiedevano potere<br />

ma diritti, in un mondo costruito<br />

dagli uomini.<br />

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Chi sparò, avevo mirato sulle <strong>giovani</strong><br />

studentesse perché era l'unico modo<br />

per essere certi di non colpire un<br />

collega. Gli scatti di Tano D'Amico, ma anche di altri, avevano documentato la presenza di uomini dello Stato<br />

“travestiti” da autonomi. Una ragazza moriva a soli diciannove anni: dopo trentacinque anni non si sa ancora chi<br />

sparò quel proiettile. Quel giorno lo Stato fu smascherato. Le foto scattate dai fotoreporter lo costrinsero ad<br />

ammettere che mentiva. Cossiga dovette ammettere che c'erano poliziotti in borghese in tutto il centro storico e<br />

che erano armati. Tuttavia, l'indagine che scaturì grazie anche a quelle foto, fu archiviata: “perché ignoti i<br />

responsabili”. Il delitto di Giorgiana Masi è ancora senza verità e giustizia.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

an <strong>giovani</strong> – pag. ag. 64<br />

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Politica<br />

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I senatori cavalli<br />

Un voto con il paraocchi,<br />

ordine di scuderia,<br />

come se i senatori<br />

fossero equini, discendenti<br />

diretti del loro<br />

leggendario collega, il<br />

senatore Incitatus, il<br />

cavallo di Caligola<br />

di Riccardo De Gennaro<br />

È il voto che il Pd ha espresso in Senato<br />

a sostegno delle pensioni d’oro<br />

dei top manager del settore pubblico ai<br />

primi di <strong>maggio</strong>, dicendo no all’emendamento<br />

dell’Italia dei valori e della<br />

Lega che si opponevano alla riparametrazione<br />

delle pensioni degli alti burocrati<br />

di Stato (non tagli dunque, perché<br />

tagli e sacrifici sono richiesti soltanto<br />

a chi già guadagna una miseria,<br />

ma un vero e proprio aumento).<br />

E così hanno votato per l’incremento<br />

delle pensioni d’oro del presidente<br />

dell’Inps o di quello di Equitalia, ad<br />

esempio, la “leonessa televisiva” dalemiana,<br />

Anna Finocchiaro, come il giuslavorista<br />

Tiziano Treu, che per primo diede<br />

il via alla flessibilità del mercato del lavoro,<br />

il suo collega Pietro Ichino, notoriamente<br />

più aguzzino con i precari dello<br />

stesso Treu, l’economista Nicola Rossi,<br />

che forse aspira a un posto da supermanager<br />

pubblico (si portava avanti), l’intramontabile<br />

Vincenzo Vita, noto a Trastevere<br />

per il gran numero di mani che riesce<br />

a stringere in una sola giornata.<br />

Ma il nome che colpiva <strong>maggio</strong>rmente,<br />

proprio come un pugno, come lo scalciare<br />

di un cavallo, era quello del senatore<br />

Achille Passoni. Qualcuno si chiederà:<br />

Passoni, chi era costui?<br />

Ecco, Passoni era il braccio destro di<br />

Cofferati nella segreteria generale della<br />

Cgil, colui che per anni i cronisti sindacali<br />

hanno celebrato come l’Organizzatore,<br />

“l’uomo che è riuscito a portare tre<br />

milioni di manifestanti in piazza”,<br />

quell’indimenticabile 23 marzo 2002,<br />

quando sei immensi cortei confluirono al<br />

Circo Massimo per la più grande manifestazione<br />

di sempre.<br />

Era in ballo, anche allora, l’articolo 18,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 65<br />

ma quante battaglie la Cgil di Cofferati e<br />

del “fido” Passoni avevano combattuto<br />

fino a quel momento contro le numerose<br />

riforme delle pensioni, a tutela dei trattamenti<br />

previdenziali delle fasce meno abbienti,<br />

a sostegno di una previdenza più<br />

equa? Tante, tantissime.<br />

L'ordine di scuderia<br />

Durante il voto per il benessere a lunga<br />

scadenza dei top manager statali Passoni<br />

le rinnegava tutte. L’ordine di scuderia<br />

era: sostenete il governo Monti! Poteva<br />

disobbedire Passoni? Sì, poteva. Tanto è<br />

vero che sette senatori del Pd hanno votato<br />

con l’opposizione.<br />

Faremo in modo che la cosa non si ripeta<br />

alla Camera, hanno pigolato Finocchiaro<br />

e “compagni” dopo che i nomi dei<br />

senatori-cavalli sono usciti. “Il governo<br />

non ripresenterà la norma sulle pensioni<br />

d’oro dei top manager”, ha aggiunto il<br />

sottosegretario Giarda. Ma quella macchia<br />

non si cancella e la più nera resterà<br />

per sempre sulla coscienza di un ex sindacalista<br />

che in un solo istante è riuscito<br />

a prendere a calci con i suoi zoccoli ferrati<br />

tre milioni di persone.


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Interviste/ Nicola Tranfaglia<br />

La notte<br />

della Repubblica<br />

Un libro-intervista per<br />

tutti gli italiani che si<br />

sono svegliati una mattina<br />

in un Paese in cui<br />

non si riconoscono più.<br />

Il filo di cause e conseguenze<br />

è nascosto nella<br />

storia, in quella che<br />

non si dice e non si insegna<br />

a scuola<br />

di Anna Petrozzi<br />

Antimafia Duemila<br />

“Il nostro Paese avrebbe bisogno di interventi<br />

di governo efficaci e trasparenti<br />

sull’istruzione e sull’educazione civile degli<br />

italiani. Ci vorrebbero classi dirigenti<br />

fatte da persone oneste e competenti, ansiose<br />

di perseguire l’interesse generale e<br />

non i propri interessi privati o di gruppo.<br />

Ma per ora questi gruppi dirigenti in parte<br />

non esistono e comunque sono molto<br />

lontani dalla classe politica di governo”.<br />

Perché appare così difficoltoso per il<br />

nostro Paese fare i conti con il proprio<br />

passato?<br />

La principale ragione probabilmente risiede<br />

nell’incapacità, tuttora persistente,<br />

di consegnare risposte convincenti alla<br />

pressante domanda di verità e giustizia<br />

che riguarda le tante, troppe stragi che<br />

hanno costellato il cammino della Repubblica.<br />

Ancora non sono state superate quelle<br />

resistenze che ci impediscono di individuare<br />

le responsabilità politiche e sociali,<br />

spesso gravi, che hanno determinato<br />

quella che oggi appare una moderna regressione<br />

agli schemi del passato.<br />

Bisognerebbe avere, tanto per cominciare,<br />

l’onestà intellettuale di rivedere alcuni<br />

passaggi cruciali che oggi siamo in<br />

grado di ricostruire grazie a una nuova<br />

documentazione storica e quindi di affermare<br />

pubblicamente che la storia politica<br />

del nostro Paese non è stata, negli ultimi<br />

settant’anni, né lineare né autonoma. Entità<br />

parallele a quelle legittimamente deputate<br />

ad agire in nome del popolo italiano<br />

ne hanno condizionato l’andamento per<br />

soddisfare volontà che non erano quelle<br />

espresse dai cittadini attraverso il voto.<br />

Cosa intende per entità?<br />

Nella mia attività di studioso e di storico<br />

ho potuto accedere, nel corso degli<br />

anni, a molti archivi italiani e stranieri e<br />

consultare migliaia di documenti ufficiali<br />

de-secretati che mi consentono di identificare,<br />

con questa definizione di entità,<br />

quelle agenzie repressive dello Stato pubbliche<br />

e private, associazioni più o meno<br />

segrete come la massoneria e le organizzazioni<br />

criminali di tipo mafioso che, in<br />

determinati momenti della storia repubblicana,<br />

hanno saldato la loro azione per una<br />

sostanziale convergenza di obiettivi.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 66<br />

In che modo hanno svolto la loro influenza?<br />

Ricorrendo per lo più all’intimidazione<br />

e alla violenza, facendo leva sui timori degli<br />

italiani, nel primo dopoguerra, agitando<br />

lo spettro di un nuovo conflitto con tutto<br />

il suo peso di sofferenza e in seguito,<br />

minacciando lo stato di benessere conquistato<br />

negli anni dell’espansione economica<br />

e sociale.<br />

Certo, se non vi fossero state ampie<br />

complicità istituzionali, come invece è<br />

stato appurato anche in sede giudiziaria,<br />

forse questi soggetti non avrebbero avuto<br />

possibilità di interferire così facilmente.<br />

Ma molti politici e altri esponenti delle<br />

classi dirigenti, al contrario, seppero intuire<br />

con pieno tempismo e sfruttare<br />

sapientemente la direzione del vento che<br />

ispirava queste entità e ne hanno tratto<br />

prestigio ed enormi vantaggi economici.<br />

Piani di destabilizzazione controllata<br />

A volte lasciando fare, altre assumendo<br />

atteggiamenti di sottovalutazione, molte<br />

altre partecipando direttamente a piani<br />

specifici di destabilizzazione controllata.<br />

Cioè facendo sì che un caos provocato ad<br />

arte avesse come effetto il mantenimento<br />

dello status quo, accettato da tutti come il<br />

minor male possibile.<br />

Nel nostro Paese si ha la tendenza a<br />

delegare al solo giudizio penale l’unica<br />

facoltà di determinare responsabilità<br />

che invece vanno ben oltre quelle emerse<br />

dalle sentenze. Quindi, da quale punto<br />

di vista abbiamo analizzato questa<br />

storia dell’Italia repubblicana?<br />

Le vicende storiche che si sono svolte<br />

soprattutto negli anni '60 e '70, con l’ascesa<br />

delle mafie da una parte e poi con la<br />

stagione dei terrorismi e delle stragi<br />

dall’altra, hanno generato una confusione


a causa della quale si pongono sullo stesso<br />

piano il giudizio penale, risultante dei<br />

processi, il giudizio politico immediato e<br />

quello storico.<br />

Io credo che si possa parlare chiaramente<br />

di una colpa delle classi dirigenti<br />

italiane in cui tutti i vecchi partiti hanno<br />

una parte di responsabilità, ovviamente<br />

in misura superiore per coloro che sono<br />

stati più tempo, e con <strong>maggio</strong>r potere, al<br />

governo.<br />

In primo luogo dobbiamo riferirci al<br />

partito cattolico che ha molto a lungo governato<br />

e ha intrattenuto rapporti stabili,<br />

per esempio, con le associazioni mafiose<br />

(come ormai è storicamente accertato),<br />

ma anche a quelle forze di destra come i<br />

monarchici e il Movimento sociale italiano<br />

che sono emerse a livello parlamentare<br />

dal 1948 e che hanno acquistato particolare<br />

peso nel ‘94, quando Berlusconi<br />

ha fatto il suo ingresso in politica e sono<br />

tuttora al potere.<br />

Il giudizio storico riguarda determinati<br />

gruppi dirigenti delle classi sociali come,<br />

ad esempio, quella degli imprenditori<br />

che, per i propri fini, hanno collaborato<br />

con i governi di centro e di destra o anche<br />

gran parte dei giornalisti che non<br />

hanno saputo espletare in maniera corretta<br />

il loro mestiere, perché troppo legati<br />

ad assetti proprietari concentrati a difendere<br />

quegli interessi, espressione delle<br />

<strong>maggio</strong>ri forze politiche di governo e<br />

delle loro partecipazioni industriali.<br />

Questa è decisamente la notte della<br />

Repubblica, ma un detto dice che «più<br />

buio di mezzanotte non può fare»…<br />

Purtroppo devo dissentire. Potrebbe<br />

fare ben più buio se la Costituzione repubblicana<br />

venisse distrutta e ci ritrovassimo<br />

con un presidenzialismo autoritario<br />

retto da Berlusconi o da un altro personaggio<br />

della destra peggiore.<br />

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Sarebbe la fine completa della democrazia<br />

e avremmo un ritorno a un autoritarismo<br />

persino peggiore di quello fascista.<br />

La situazione potrebbe quindi anche<br />

peggiorare.<br />

Forse si potrebbe arrestare la discesa<br />

in picchiata se qualcuno dei tanti<br />

che hanno retto il potere per tutto questo<br />

tempo si decidesse a dire la verità.<br />

È un’evenienza molto improbabile. Finora<br />

alcuni uomini delle classi dirigenti<br />

hanno consegnato solo minuscole porzioni<br />

di verità quando ormai non potevano<br />

avere nessuna influenza sulla politica di<br />

oggi.<br />

Hanno continuato a non raccontare<br />

La <strong>maggio</strong>r parte dei personaggi importanti<br />

della politica – per esempio Mariano<br />

Rumor, che è stato presidente del<br />

Consiglio più volte e, in fondo, lo stesso<br />

Andreotti – hanno continuato a non raccontare<br />

cosa è veramente successo, nemmeno<br />

alla fine della propria carriera o<br />

addirittura prima di morire. Oppure,<br />

come faceva Cossiga, elargiscono racconti<br />

di grande cinismo e di distacco dalla<br />

realtà dopo che sono stati implicati in<br />

vicende di enorme gravità.<br />

Noi non abbiamo mai avuto una confessione<br />

da parte dei potenti in Italia che<br />

si assumessero la responsabilità reale degli<br />

errori commessi, né tanto meno il coraggio<br />

di svelare tutti quei misteri rimasti<br />

tali.<br />

Quindi non disponiamo di nulla di significativo<br />

grazie al quale gli italiani potrebbero<br />

cambiare opinione rispetto al<br />

concetto negativo che hanno della politica<br />

e questo è un fatto di per sé preoccupante.<br />

Più la politica viene impersonata<br />

da chi non crede in nulla e più abbiamo<br />

classi dirigenti di scarso livello.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 67<br />

“Imparare la<br />

Costituzione<br />

e realizzzarne<br />

i principi”<br />

Se queste sono le classi dirigenti,<br />

cosa dovrebbero fare gli italiani non<br />

disposti a cedere per invertire la tendenza?<br />

Io non voglio mettere tutti sullo stesso<br />

piano. Credo che vi siano ancora personalità<br />

sane che possano unire le forze di<br />

opposizione e compattarle per raggiungere<br />

il primo obiettivo di sconfitta di questi<br />

potentati racchiusi nel berlusconismo.<br />

Occorre naturalmente che si formuli un<br />

programma fondato su tre cose principalmente:<br />

una ripresa economica responsabile,<br />

l’istruzione nella scuola e nelle università,<br />

la ricerca scientifica e una massiccia<br />

iniezione di educazione civica in<br />

tutti gli italiani, tale da metterli in condizione<br />

di conoscere a fondo e difendere la<br />

Costituzione per respingere l’attacco delle<br />

mafie e dei vari poteri occulti connessi.<br />

L’ultimo pensiero deve essere rivolto<br />

ai <strong>giovani</strong>. Cosa direbbe a chi, alla fine<br />

di questo libro, dovesse sentirsi spinto<br />

a raccogliere il consiglio di andare<br />

all’estero che oggi giunge da più parti?<br />

È vero, il nostro è un Paese difficile e<br />

siamo in una fase particolarmente delicata.<br />

Ma proprio per questo i <strong>giovani</strong> devono<br />

restare qui, imparare la Costituzione e<br />

abbracciarne i principi come una bussola<br />

per la vita. E combattere perché si realizzino.<br />

Io non me ne sono andato anche<br />

quando da giovane ne ho avuto la possibilità<br />

perché invitato negli Stati Uniti e in<br />

altri Paesi europei, e, come me, molti altri<br />

sono rimasti qui a dare il proprio contributo<br />

per migliorare il Paese. Restate,<br />

studiate, resistete e lottate per la società<br />

che volete. Questo è il mio consiglio.<br />

(da “La colpa. Come e perché siamo<br />

arrivati alla notte della Repubblica”,<br />

Dalai ed.)


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Società<br />

Quando il femminismo<br />

disse sì al potere<br />

Ricordate quegli anni<br />

felici in cui eravamo<br />

tanto disgraziati, come<br />

direbbe Dumas, e si<br />

proclamava che quello<br />

che era personale era<br />

politico?<br />

di Natalia Fernández Díaz<br />

Bene. Aggiungere a tale agrodolce<br />

domanda retorica – più un’evocazione<br />

blindata alla malinconia che una semplice<br />

domanda - che è passata molta<br />

acqua sotto i ponti diventa soltanto un<br />

cliché dolorosamente reale. Erano gli<br />

anni ‘70. Nelle radio suonava l'inconfondibile<br />

voce di Barry White cantando<br />

“Eloise”, e un altro gruppo, il cui<br />

nome si è dato alla fuga nella mia memoria,<br />

immortalò il grande successo<br />

“Rock you baby”.<br />

Un anno delle donne, il 75, se non mi<br />

sbaglio; Erica Jong scioglieva le gomene<br />

dei suoi fantasmi in “Paura di volare” e<br />

Susan Brownmiller pubblicava un classico<br />

femminista che in italiano si intitolò<br />

“Contro la nostra volontà”, con una chiara<br />

intenzione di diventare manifesto.<br />

In quegli anni si presentavano ottime<br />

condizioni per permettere alla dignità di<br />

guadagnare uno spazio nell'inventario di<br />

aspirazioni e nella vita. Il coraggio faceva<br />

a modo suo –una forma di coraggio<br />

che disprezzava il bavaglio- e dunque<br />

mettere il dito sulla piaga era un gesto<br />

naturale e che onorava coloro che lo facevano.<br />

Ma qualcosa dovette succedere frattanto<br />

– oltre all'acqua sotto i ponti e ai molti<br />

pugni di malinconia orfana di bussola -<br />

perché ora non ci siano più dita che vogliano<br />

toccare piaghe – adesso asettiche.<br />

Il tatto del denaro offre piaceri più intensi<br />

che la perversione di affondare in<br />

quegli elementi pustolosi.<br />

Il potere? Nella canapa indiana<br />

Questo lungo meandro per arrivare ad<br />

una riflessione sul feminismo e, ancora<br />

meglio, sulle femministe. Da quelle che<br />

credevano che il sonno della canapa indiana<br />

fosse il cielo del potere che dovevano<br />

conquistare a gomitate, a quelle che<br />

lottarono in buona fede per una causa<br />

giusta e per una libertà che allora era impossibile<br />

confondere con l'ignominia.<br />

Chiedo scusa per l’analisi disincantata,<br />

ma quest’insospettata polisemia della li-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 68<br />

bertà mi impedisce di analizzarla con rigore.<br />

E non è neanche su questo che io voglio<br />

parlare.Ciò su cui vorrei davvero riflettere<br />

è il cammino percorso da quando<br />

il femminismo cessò di essere un<br />

discorso periferico e marginale per diventare<br />

un gatto domato al servizio del<br />

potere, ovvero, per convertirsi in femminismo<br />

di stato.<br />

Femminismo di Stato<br />

Noi donne non abbiamo avuto fortuna<br />

nelle riffe della dignità; uomini zoticoni<br />

e religioni di diverso segno si sono disputati<br />

il nostro futuro e la nostra educazione;<br />

siamo state schiave della nostra<br />

biologia e la legge ci ha confinate ai minorenni<br />

fino a tempi molto recenti.<br />

Cosicché la dignificazione era un processo<br />

necessario. Ma l'insulsaggine ideologica<br />

degli anni ‘80 e la globalizzazione<br />

dei ‘90 hanno dato una svolta alle cose.<br />

Negli ‘80 il vuoto ideologico, unito ai<br />

sensi di colpa imposti dalle forze patriarcali,<br />

la debilitazione naturale e la paura<br />

storica, così come il bisogno di venire a<br />

patti con l’insorgenza femminile e femminista<br />

che acclamava di voler scambiare<br />

i panni delle sguattere con la presenza<br />

nel mercato del lavoro, facilitarono la<br />

transizione verso un femminismo di stato<br />

in cui adesso siamo comodamente impoltroniti,<br />

e la cui realizzazione è limitata<br />

dall' incombustibile spinta della correzione<br />

politica e dall'ansia dell’europeismo<br />

cosmopolita.


La globalizzazione aggiunge, però, un<br />

dettaglio ancora più preoccupante: spinge<br />

a volgere lo sguardo verso la dimensione<br />

locale, cosicché gli argomenti sulla<br />

donna interessano nella misura in cui riguarda<br />

il quartiere, la famiglia, il corpo e<br />

la tasca (un fatto che presumibilmente<br />

accadrà quando la violenza contro le<br />

donne sarà formalmente dichiarato un<br />

problema di salute pubblica).<br />

Cercando acqua potabile<br />

In una conferenza su donne ed aggressioni<br />

indirizzata ad un pubblico costituito<br />

da genitori di alunni adolescenti, quando<br />

dissi che une delle realtà più brutali era<br />

che l’85% della popolazione mondiale<br />

femminile passa 24 ore al giorno cercando<br />

acqua potabile, le madri mi risposero<br />

che il problema non le riguardava.<br />

Allora capii: naturalmente, il loro problema<br />

erano le figlie violentate dal futuro<br />

marito o vittime di insinuazioni oscene<br />

sul lavoro.<br />

L'adesione malaticcia al quartiere, alla<br />

casa come patria, senz’altro ci inabilita<br />

per la solidarietà, giacché la solidarietà<br />

richiede una proiezione etica che lo spirito<br />

ristretto di quelle madri pusillanimi<br />

non potrebbe mai avere.<br />

Ma l'Africa è così lontana<br />

L’Africa è tanto lontana… che ce ne<br />

frega? Ci interessa l'uguaglianza, certo,<br />

ma a casa nostra. Effetti collaterali della<br />

globalizzazione.<br />

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0 px<br />

Ma l’aspetto più inquietante è che<br />

quelle che si definiscono femministe applichino<br />

gli stessi sistemi di esclusione<br />

che di sicuro avranno passato anni a tentare<br />

di combattere. L'industrializzazione<br />

capitalista significò la nascita di un'elite<br />

basata sul benessere e il potere. In tale<br />

distribuzione la donna guadagnò un certo<br />

benessere e rimase esclusa del potere.<br />

Adesso il problema del potere è risolto,<br />

e il benessere ora non è solo uno status<br />

ma un argomento di stato. Stato di benessere<br />

a costo di grande malessere. In questo<br />

momento non bisogna lottare: il potere<br />

acetta di buon grado che un certo femminismo<br />

mansueto si accordi con il bagliore<br />

delle sue file più progressiste.<br />

Un certo femminismo mansueto<br />

Sarà forse perché le armi del debole<br />

sono armi deboli, come afferma Lucien<br />

Bianco? O piuttosto succede quello che<br />

si denominerebbe, in una sociologia un<br />

pò casalinga, “la forza della struttura”<br />

che spiega, da un lato, il fenomeno per il<br />

quale i dominati applicano ai loro rapporti<br />

categorie create dai loro dominatori<br />

e, dall’altro, la sconfitta che con magistrale<br />

splendore descrive Mary McCarthy<br />

nel suo libro “Il gruppo”, con quelle donne<br />

relitti di molti naufragi e destinate alla<br />

frustrazione irrevocabile.<br />

So bene che sto distruggendo il festival<br />

trionfalistico che tutti sperimentiamo con<br />

ubriachezza crescente: il peggio che si<br />

può fare in tempi di frivolezza gioiosa è<br />

la parte del guastafeste, ma credo anche -<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 69<br />

con la fermezza di chi si ostina, malgrado<br />

tutto, a pensare che fra tanta mendacia<br />

si dobrebbe avere un’intenzione, se non<br />

buona, almeno meno brutta- che se il<br />

sonno della ragione produce mostri,<br />

quello del torto produce carne macinata<br />

per i cani e tutti, volenti o nolenti, finiamo<br />

per divorarne un pezzo ed alimentarcene.<br />

Il sonno del torto genera massacri<br />

Mi si obietterà che non è così grave,<br />

che le donne di oggi siamo bene rappresentate.<br />

Sono d'accordo, si potrebbe persino<br />

aggiungere, senza timore di sbagliare,<br />

che siamo sovra-rappresentate, ma quella<br />

rappresentazione non parte più dalla critica<br />

ma dall'autocompiacimento, cosicché<br />

questo femminismo rappresentativo<br />

rappresenta sé stesso, logicamente d’altra<br />

parte, poiché è cresciuto all'ombra di<br />

un'idea della democrazia che alla fine<br />

rappresenta sé stessa davanti ad un argento<br />

vivo immaginario.<br />

Questo nuovo classismo esibito dal potere<br />

appena inaugurato, questo totalitarismo<br />

di una discriminazione velata e<br />

dell'eufemismo facile, questa democrazia<br />

limitate dalle sue stesse bugie ed incapacità…<br />

ci causerà più preoccupazioni. E<br />

parlare di dignità sarà un gioco ormai<br />

vecchio e scomodo, il sintomo più puro<br />

del cinismo.


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Cinema<br />

Ritorno a Montelepre<br />

Rosi, Giuliano, Iliade<br />

della Sicilia grama<br />

Montelepre, 1961.<br />

Salvatore Giuliano è<br />

morto da undici anni.<br />

Da diverso tempo un<br />

giovane regista napoletano,<br />

Francesco Rosi,<br />

ha in animo di girare<br />

un film sul bandito...<br />

di Luciano Mirone<br />

Il film lo vuole girare negli stessi luoghi<br />

dove si è svolta la storia, raccontandola<br />

fedelmente attraverso la recitazione<br />

della gente del posto. Rosi, regista<br />

di grande impegno civile, ha studiato<br />

nei minimi dettagli la vicenda, ne<br />

conosce molti lati oscuri, compresi gli<br />

stretti legami fra il banditismo, la mafia<br />

e la politica, e vuole fare conoscere<br />

certe verità attraverso il grande schermo.<br />

Un ostacolo deve superare: la diffidenza<br />

degli abitanti. Che vivono in modo lacerante<br />

quel ricordo. Da un lato il mito di<br />

Robin Hood che “toglieva ai ricchi per<br />

dare ai poveri”. Dall’altro l’incubo per le<br />

repressioni, l’uccisione di decine di carabinieri,<br />

il coprifuoco, la strage di Portella<br />

della Ginestra.<br />

Nella primavera di quell’anno la Lux-<br />

Vides-Galatea di Franco Cristaldi manda<br />

in Sicilia Tullio Kezich -giovane giornalista<br />

che aveva collaborato ne La dolce<br />

vita- per svolgere un’indagine sugli usi,<br />

sui costumi, sulle abitudini dei siciliani<br />

ai tempi di Giuliano. In un mese Kezich<br />

riempie decine di taccuini, parla con tantissime<br />

persone, gira da cima a fondo<br />

quei posti.<br />

Nel piccolo paese palermitano<br />

Il film che Rosi ha in mente non vuole<br />

essere una biografia sul bandito di Montelepre,<br />

ma la ricostruzione di una storia<br />

che, pur svolgendosi in una Sicilia molto<br />

povera, ha collegamenti con gli alti vertici<br />

della politica nazionale ed internazionale.<br />

Intanto anche il regista arriva nel<br />

piccolo paese palermitano, incontra il<br />

sindaco Giovanni Provenzano, e concorda<br />

con lui un incontro pubblico per<br />

esporre il progetto. Alla riunione partecipa<br />

tutto il paese. Oltre al primo cittadino,<br />

sono presenti il prete, il maresciallo e il<br />

tenente dei carabinieri, il presidente del<br />

Circolo dei civili che ospita il dibattito.<br />

In sala ci sono momenti di tensione: la<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 70<br />

gente ha il timore che di Montelepre si<br />

possa continuare a dare un’immagine negativa.<br />

Rosi rassicura. Nessuna forzatura.<br />

Solo la verità dei fatti ripresa dagli atti<br />

giudiziari e dalle testimonianze orali.<br />

Da quel momento tutti sono disponibili<br />

a collaborare. Alcuni anni prima il regista<br />

napoletano aveva recepito la lezione neorealista<br />

di Luchino Visconti, del quale assieme<br />

a Franco Zeffirelli era stato aiuto<br />

regista ne La terra trema, ambientata nel<br />

borgo marinaro di Acitrezza, vicino Catania.<br />

Una lezione che prevede la recitazione<br />

“verista” della gente del posto.<br />

A quell’esperienza Rosi si ispira per<br />

girare Salvatore Giuliano. Il film successivamente<br />

verrà scartato dal Festival di<br />

Venezia per il carattere “documentaristico”,<br />

ma farà incetta di riconoscimenti altrove<br />

(fra gli altri: Orso d’argento a Berlino,<br />

Grolla d’oro a St. Vincent, Premio<br />

della stampa estera, Nastro d’argento) e<br />

riapre il dibattito in parlamento e sugli<br />

organi di informazione.<br />

I vicoli diventano il set del film<br />

Le piazze e i vicoli di Montelepre diventano<br />

il set naturale del film, così<br />

come il monte Sàgana, rifugio preferito<br />

di Turiddu, Portella della Ginestra, e la<br />

casa dell’avvocato De Maria, a Castelvetrano,<br />

nascondiglio del bandito negli ultimi<br />

giorni di vita, con il famoso cortile<br />

dove il “re di Montelepre” fu trovato disteso<br />

per terra, ormai senza vita. Gli unici<br />

attori professionisti sono l’americano


Frank Wollf (Gaspare Pisciotta) e il<br />

grande Salvo Randone (presidente della<br />

Corte d’Assise di Viterbo). Salvatore<br />

Giuliano viene interpretato dal giovane<br />

tranviere palermitano Pietro Cammarata,<br />

il quale non appena viene contattato<br />

chiede: “Ma un cci ‘nnè fimmini?”.<br />

Da allora sono trascorsi cinquant’anni.<br />

Diverse persone del paese che parteciparono<br />

al film, o che ne furono testimoni,<br />

sono morte. Riusciamo a comporre il<br />

mosaico con quelle rimaste e con alcuni<br />

<strong>giovani</strong> che raccontano ciò che hanno appreso<br />

dai più vecchi. Soffermarsi<br />

sull’opera di Rosi senza scivolare nella<br />

storia reale diventa inevitabile. Come è<br />

inevitabile, malgrado le apparenze, non<br />

accorgersi di certe ferite ancora aperte,<br />

soprattutto fra la gente anziana. Basti<br />

pensare che durante le riprese vennero<br />

uccisi una comparsa del film e il boss<br />

Nitto Minasola, coinvolto nell’affaire<br />

Giuliano.<br />

Stradine di pietra e case basse<br />

Oggi troviamo una Montelepre con palazzi<br />

a quattro o cinque piani decisamente<br />

diversa rispetto al paesino con le stradine<br />

di pietra e le case basse che nel ’61<br />

furono riprese dalla macchina da presa.<br />

In questi anni il cemento ha “globalizzato”<br />

anche questo paese di 7mila abitanti<br />

in provincia di Palermo. Nel bellissimo<br />

municipio allora adibito a quartier generale<br />

del Corpo di repressione banditismo,<br />

incontriamo il settantaduenne Vincenzo<br />

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Norvese. Ha fatto il duro in diverse pellicole<br />

girate in Sicilia.<br />

Quarant’anni fa i suoi zigomi appuntiti<br />

e il suo volto scavato ricordavano il giovane<br />

Pasolini.<br />

“Ventimila lire al giorno”<br />

“Salvatore Giuliano fu la prima opera<br />

alla quale partecipai”, dice. “Fui scelto<br />

mentre giocavo a carte in un bar, entrarono<br />

Francesco Rosi, l’operatore Pasquale<br />

De Santis, l’ispettore di produzione Bruno<br />

Sassaroli e il fratello di Gaspare Pisciotta,<br />

che li accompagnava. Il giorno<br />

prima avevo saputo che cercavano degli<br />

attori. Mi presentai e mi dissero: vaffanculo.<br />

Quando Rosi mise gli occhi su di<br />

me gli risposi per le rime. ‘Cosa è successo?’.<br />

Gli spiegai il fatto. ‘Non ci pensare,<br />

domani presentati di nuovo’.<br />

‘Quanto mi date?’ ‘Ventimila lire al giorno’.<br />

Quei soldi mi servivano. Vendevo<br />

stracci americani, robe vecchie, allora la<br />

gente era molto povera e comprava queste<br />

cose. All’inizio feci la parte del bandito<br />

Nunzio Badalamenti, poi siccome<br />

me la cavavo, fui promosso sul campo:<br />

Nino Terranova, uomo di spicco della<br />

banda. Il vero Nino Terranova era mio<br />

cugino, un bravissimo ragazzo, come tutti<br />

gli uomini di Giuliano, compreso Turiddu,<br />

che aveva fatto il militare con mio<br />

fratello”.<br />

“Un giorno andammo a Palermo per<br />

girare la scena di un sequestro di persona.<br />

Passammo da Altofonte armati fino ai<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 71<br />

“La proprietaria<br />

per la paura<br />

ruppe<br />

la tazzina”<br />

denti. Scendemmo dalla Balilla ed entrammo<br />

in un bar. Ordinammo tre caffè.<br />

La proprietaria per la paura ruppe le tazzine.<br />

A un certo punto ci vide un brigadiere<br />

dei carabinieri. Pensava che fossimo<br />

dei banditi e scappò”.<br />

- Signor Norvese, cosa le è rimasto del<br />

film?<br />

“Comprai la casa ed aprii un emporio<br />

fornito di tutto. Se non fossi stato analfabeta,<br />

avrei sfondato. Un giorno mi arrivò<br />

un telegramma di Dino De Laurentiis:<br />

caro Vincenzo, vorrei sapere se conosci<br />

la lingua inglese per girare Sacco e Vanzetti<br />

in America. Dovetti rinunciare a novanta<br />

milioni e ad una carriera bellissima”.<br />

“Il primo film della mia vita”<br />

Nella parte alta del paese c’è la casa di<br />

Giuseppe Sapienza, 78 anni, che nel film<br />

fa il bandito: sul grande schermo si vede<br />

con il mitra in mano, intento a pagare un<br />

pastore per ottenere delle informazioni<br />

importanti, e poi nell’aula del tribunale<br />

di Viterbo per rispondere dell’accusa di<br />

aver partecipato alla strage di Portella<br />

della Ginestra<br />

“A quel tempo lavoravo in campagna<br />

con gli animali e portavo il vino a San<br />

Martino delle Scale. Fui contattato e partecipai<br />

al film. Il primo della mia vita.<br />

Non pensavo che negli anni successivi<br />

avrei fatto parte del Gattopardo e che<br />

avrei fatto il padre della Cardinale in<br />

Corleone di Pasquale Squitieri”.


Fra i vicoletti del paese c’è lo studio di<br />

Totò Chiaramonte, un fotografo di ottantacinque<br />

anni che nell’ultimo sessantennio<br />

è stato testimone prezioso di molti<br />

eventi svoltisi in quella zona.<br />

Nell’archivio ci sono decine di immagini<br />

del vero Salvatore Giuliano, e di parecchie<br />

foto scattate durante la lavorazione<br />

del film: Francesco Rosi che parla con<br />

gli attori; Francesco Rosi che si intrattiene<br />

con i suoi ospiti più illustri (specie<br />

con Marcello Mastroianni e con lo scrittore<br />

Carlo Levi); Francesco Rosi che<br />

scherza con ‘u tammurinaru prima della<br />

scena in cui viene annunciato il coprifuoco<br />

(“Sintiti sintiti sintiti, per ordine del<br />

comando militari…”).<br />

Portella: i luoghi della strage<br />

“Rosi era molto disponibile”, ricorda<br />

Chiaramonte, “vide le foto di Giuliano e<br />

restò favorevolmente impressionato, così<br />

mi fece fare il fotografo di scena”.<br />

Lasciamo Montelepre e ci avviamo<br />

verso la Valle del Belice con i suoi vigneti<br />

e i suoi bagli di pietra gialla. Attraversi<br />

i paesini che dal ’43 al ’50 furono<br />

sotto il giogo di Giuliano, arrivi a Portella<br />

della Ginestra inondata di luce, con<br />

l’ampio pianoro erboso dominato dalle<br />

montagne Palavet e Kumeta. Qui il primo<br />

<strong>maggio</strong> del ’47 undici contadini furono<br />

trucidati dalla banda Giuliano e dalla<br />

mafia in occasione della festa del lavoro.<br />

Qui Rosi ricostruì magistralmente le<br />

scene della strage. Pochi chilometri più<br />

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in là ecco Piana degli Albanesi.<br />

Sulla via principale c’è la Camera del<br />

Lavoro che negli anni Quaranta e Cinquanta<br />

fu luogo di riunioni memorabili<br />

per l’organizzazione delle rivolte contadine.<br />

Nel ’61 in questa sezione molte<br />

comparse furono ingaggiate per partecipare<br />

al film.<br />

“Tu fai il carabiniere”<br />

Francesco Tàlia, 77 anni, fu una di<br />

queste. Una di quelle persone che quattordici<br />

anni prima era scampato alla strage<br />

vera. “A selezionarci fu una donna.<br />

Mi diede una divisa: ‘Tu fai il carabiniere’.<br />

Mi portò a Portella dove incontrai un<br />

carabiniere vero, osservò i miei gradi e<br />

disse: ‘Sono nuovi di zecca, me li<br />

regali?”.<br />

Francesco Guzzetta, 53 anni: “Avevo<br />

nove anni quando partecipai al film. Tutta<br />

Piana prese parte alla ricostruzione<br />

della strage. La gente volle essere presente<br />

per esprimere la propria indignazione<br />

e per dare la propria testimonianza.<br />

Quelli che il primo <strong>maggio</strong> del ’47 erano<br />

stati a Portella tornarono in occasione del<br />

film, a cominciare dal segretario della<br />

Camera del lavoro che nella pellicola faceva<br />

l’oratore ufficiale della manifestazione”.<br />

Ultima tappa del viaggio, Castelvetrano.<br />

Testimone d’eccezione, l’avvocato<br />

Gregorio Di Maria, personaggio-chiave<br />

della storia e del film, per aver dato ospitalità<br />

a Giuliano nella casa di via Manno-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 72<br />

“La vita<br />

continua,<br />

nonostante<br />

tutto”<br />

ne dove nella notte fra il 4 e il 5 luglio<br />

del ’50 il bandito fu ucciso nel sonno dal<br />

cugino Gaspare Pisciotta.<br />

“La casa era ottocentesca”<br />

“Nel ‘61”, ricorda Di Maria, “vivevo<br />

ancora in quell’abitazione. Rosi venne a<br />

Castelvetrano, mi avvicinò e mi parlò del<br />

lavoro che voleva fare. Gli misi a disposizione<br />

la casa e gli feci da consulente.<br />

Non ebbi alcuna diffidenza a collaborare<br />

con lui, anzi me ne sentii lusingato.<br />

Mi ispirava fiducia, ebbi la sensazione<br />

immediata di trovarmi davanti ad una<br />

persona perbene. La casa era ottocentesca<br />

ed apparteneva a mia madre che<br />

l’aveva ricevuta in eredità. C’è un primo<br />

piano con delle volte affrescate di bianco,<br />

i pavimenti decorati, le ampie stanze.<br />

Io nacqui lì e lì vissi per tanti anni. Nel<br />

’65 fui costretto a venderla”.<br />

“Fui costretto a vendere tutto”<br />

Il volto di Di Maria diventa improvvisamente<br />

triste: “Dopo la cattura di Giuliano<br />

fui portato all’Ucciardone e subii<br />

un processo che durò 14 anni. Fui costretto<br />

a vendere tutto. Da allora mi imposi<br />

di non guardare al passato e di non<br />

avere rimpianti. Ci sono molti ricordi legati<br />

a quella casa, ma non voglio parlarne.<br />

La vita continua, malgrado tutto”.


Storia<br />

Ventiquattro<br />

garofani<br />

rossi<br />

Una luce su Mafiopoli<br />

di Elio Camilleri<br />

- Desidera?<br />

- Avete dei garofani<br />

- Certo, quanti ne vuole?<br />

- Una ventina, anzi ventiquattro, grazie.<br />

- Di che colore li vuole?<br />

- Rossi, sì, ventiquattro garofani rossi;<br />

ecco dieci euro, bastano?<br />

- Certo, adesso le do il resto<br />

Aveva contato ventiquattro garofani<br />

rossi, ne aveva accorciato un po’ il gambo<br />

e li aveva stretti in un mazzo, in un bel<br />

mazzo di garofani rossi che faceva piacere<br />

a vederlo.<br />

Il negozio di fiori era alle spalle della<br />

casa di don Tano Seduto, io e Giovanni ce<br />

ne tornavamo dai ragazzi e da Maria Luisa<br />

per portarli sulla tomba di Peppino.<br />

- Hai preso ventiquattro garofani rossi<br />

per Peppino – mi ha detto Giovanni;<br />

- Sì, uno per ogni anno ..., uno per ogni<br />

anno che abbiamo dovuto aspettare per<br />

ottenere verità e giustizia.<br />

Il sole riscaldava e accendeva una luce<br />

forte su Mafiopoli, stavo meravigliosamente<br />

bene, sentendo quasi addosso quel<br />

bel mazzo di garofani rossi che tenevo<br />

stretto a me mentre ascoltavo Giovanni<br />

che mi raccontava delle migliaia di<br />

ragazze e ragazzi che aveva incontrato<br />

nelle scuole per parlare di Peppino.<br />

Eccoci passare davanti alla casa di don<br />

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Tano Seduto e ripercorrere i cento passi<br />

fino alla casa di Peppino, dove ci aspettano<br />

Maria Luisa e i ragazzi: cento passi e il<br />

ricordo di ventiquattro anni di processi, di<br />

delusioni, di silenzi, di solitudine e di rabbia<br />

e di tutto il contrario.<br />

Ascoltavo il racconto di Giovanni e,<br />

percorsi i cento passi, giunti a casa di<br />

Peppino, ritrovati i ragazzi e Maria Luisa<br />

ho rivisto tutto il racconto negli occhi di<br />

mamma Felicia, nei suoi occhi tanto piccoli,<br />

quanto ancora vivaci ed attenti.<br />

- Ha visto, mamma Felicia, quanti amici<br />

ha Peppino?<br />

- E’ vero, è vero, ma hanno sbagliato.<br />

Hanno sbagliato, cosa, chi ha sbagliato?<br />

- Hanno sbagliato ad ammazzarlo a<br />

Peppino.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 73<br />

Era ed è questo, sarà sempre questo il<br />

pensiero dominante di mamma Felicia,<br />

dominante rispetto a tutto quello che è venuto<br />

dopo, rispetto a quello che è accaduto<br />

anche oggi, in questa calda giornata a<br />

Mafiopoli: piccola, curva, fragile nonnina,<br />

a vedersi, certo, ma ascoltarla, guardarla<br />

negli occhi, stringerle la mano, sentire il<br />

tono della sua voce è come assistere ad un<br />

prodigio, perché mamma Felicia la senti<br />

grande, forte, indistruttibile.<br />

Dobbiamo lasciarla perché dobbiamo<br />

portare i fiori a Peppino, troviamo subito<br />

la tomba: è in una cappella appena dentro<br />

il cimitero sulla destra.<br />

Cammina ed abbozza un sorriso<br />

Eccolo Peppino nella foto più diffusa,<br />

jeans e felpa neri mentre cammina e abbozza<br />

un sorriso. Voglio che tutti i ragazzi<br />

entrino nella cappella per leggere quello<br />

che c’è scritto sulla lapide. Non devo fare<br />

molta fatica, in verità, le ragazze e i ragazzi<br />

entrano, leggono i messaggi che altre<br />

ragazze e ragazzi avevano lasciato, ne<br />

scrivono e ne lasciano altri e tutti, alzando<br />

gli occhi sulla parte sinistra della cappella,<br />

leggono incise sul marmo bianco della<br />

lapide queste parole: “Peppino Impastato<br />

militante e rivoluzionario comunista assassinato<br />

dalla mafia democristiana”<br />

Fuori dalla cappella Giovanni, Maria<br />

Luisa e i ragazzi parlano di don Tano Seduto,<br />

della mafia, di libertà e di giustizia,<br />

dentro la cappella, dietro una lapide di<br />

marmo bianco e un vaso con ventiquattro<br />

garofani rossi riposa Peppino. Siamo e ci<br />

sentiamo vicini a Peppino, alla sua storia<br />

e alla sua guerra, che è anche la nostra<br />

storia e la nostra guerra.


Storie e altre storie<br />

Un quartiere<br />

Un quartiere si può osservare in tanti<br />

modi, ma soltanto la notte si possono rilevare<br />

e mettere a confronto con il resto<br />

della giornata, alcuni particolari che durante<br />

il dì non si possono notare.<br />

Il colore della casa, i chiaroscuri, i silenzi<br />

e i rumori delle macchine che salgono<br />

la via del Redentore, questa notte, a<br />

Franco sembrano elementi da non trascurare;<br />

l’umidità gli entra nelle ossa, il suo<br />

corpo è caldo, e la febbre addosso, a lui<br />

dà la sensazione di formare un vestito<br />

che lo copre dal freddo; mentre cammina,<br />

comincia a sudare, guarda l’edicola e<br />

pensa che la mattina non ha comprato il<br />

giornale, allora si chiede improvvisamente<br />

se fosse successo qualcosa che lui<br />

deve effettivamente sapere.<br />

E gli viene in mente la prima notte<br />

Poi ritorna alle strade del quartiere e<br />

gli viene in mente la prima notte che le<br />

aveva attraversate con suo padre, quando<br />

era bambino; di allora si ricorda quelle<br />

ville, come abitazioni molto grandi rispetto<br />

alle loro dimensioni reali. Suo pa-<br />

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Lo stralcio di un racconto che va avanti da molti<br />

anni: una città, un quartiere, persone che ci<br />

vivono dentro. E che vivendoci esplorano città,<br />

altri esseri umani, la propria vita...<br />

di Fabio D'Urso<br />

dre avrebbe voluto che lui si trasferisse<br />

in un'altra città; lui invece, dopo la sua<br />

morte aveva chiesto a se stesso di poter<br />

ritornare nel quartiere della casa in campagna<br />

di suo nonno.<br />

Clackson come tamburi<br />

Allora non avrebbe pensato che quella<br />

via dopo gli anni Sessanta sarebbe stata<br />

edificata da palazzi a quattro e a cinque<br />

piani, che avrebbero sovrastato le vecchie<br />

ville dell’inizio del novecento,<br />

com’era quella che lui aveva ereditato.<br />

“Tutto differente” pensa Franco.<br />

“Adesso che i palazzi sovrastano il tessuto<br />

urbano antico, illuminano la strada,<br />

con le loro luci che escono dagli infissi<br />

degli appartamenti, durante tutta la sera”.<br />

Questa notte, la stessa via del Redentore<br />

ha per uniche luci i fari delle macchine;<br />

ha piovuto, e la viabilità si è trasformata<br />

in un fiume, mentre le macchine di<br />

piccoli onnipotenti si sono fermate una<br />

dopo l’altra, e coloro che guidano, suonano<br />

i clacson come tamburi, con l’intolleranza<br />

di chi vuole ritornare a casa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– – pag. 74<br />

Durante la serata, il traffico si delinea;<br />

restano alcune macchine ferme vicino al<br />

marciapiede, e qualcuno é ritornato con<br />

un’altra macchina a riprendersi quella lasciata<br />

lì, dopo ore di nubifragio. Franco<br />

ha l’impressione di stare ritornando da<br />

un lungo viaggio, con le ossa fracassate<br />

dalla fatica mentre si avvicina a casa sua,<br />

il chiaroscuro delle case, nel contesto<br />

della sua abitazione, adesso emerge nitidamente.<br />

Per la felicità del ritorno<br />

La sensazione di stare portando tutto il<br />

peso del suo corpo fino a casa non gli fa<br />

trascurare tutto quello che vede. Apre il<br />

portone della villa e il cane va verso lui<br />

ululando per la felicità del ritorno del suo<br />

padrone, si accuccia ai suoi piedi, allora<br />

Franco si china e fa come se gli dicesse<br />

qualcosa.<br />

Il cane si acquieta, entra a casa e lui se<br />

lo porta fino alla stanza del secondo piano<br />

vicino alla terrazza. Il cane gli rimane<br />

vicino.


Musica<br />

“Suonerò<br />

fino a farti<br />

morire”<br />

E' il titolo del CD di<br />

Fausto Mesolella, il<br />

primo che esce a suo<br />

nome, dopo tanti anni<br />

di miltanza negli<br />

Avion Travel e innumerevolicollaborazioni<br />

con altri artisti<br />

di Antonello Oliva<br />

Chissà se è così, ma è bello lo stesso<br />

immaginare che Mesolella non abbia<br />

avuto fretta, e che si sia deciso solo<br />

quando ha ritenuto di avere realmente<br />

qualcosa di suo da dire. In tutto questo<br />

parlare a vanvera sarebbe una bella<br />

novità. Si tratta di un lavoro per sola<br />

chitarra, ma in un brano il musicista<br />

casertano si propone anche in veste di<br />

cantautore, e in un altro (O Sole mio)<br />

compare la voce di Raiz, che però anziché<br />

quello che ci si aspetterebbe, nel<br />

mezzo ci infila un bellissimo canto di<br />

origine sefardita.<br />

www.isiciliani.it<br />

i<br />

Il disco costa 15 euro ed è di quelli che<br />

mettono in pace l’animo. Forse non è facilissimo<br />

trovarlo, ma è davvero molto<br />

bello e vale la pena cercarlo. Contatti<br />

utili possono essere www.editricezona.it<br />

e info@editricezona.it.<br />

Un altro CD non meno interessante,<br />

quindi anch’esso non facile da trovare<br />

nei negozi, si intitola “Molto più di un<br />

buon motivo” ed è di Lu Colombo, una<br />

tipa interessante che qui canta le canzoni<br />

di Joaquin Sabina, un poeta e cantautore<br />

andaluso famosissimo in Spagna ma praticamente<br />

sconosciuto da noi.<br />

“Da una lettera di Marcos”<br />

La curiosità è che tra i testi ve n’è uno<br />

che Sabina ha ricavato da una lettera inviatogli<br />

dal suo amico Subcomandante<br />

Marcos; ma questa è solo la cosa che forse<br />

colpisce di più, perché è tutto il disco<br />

che merita, i testi sono deliziosi, e<br />

l’interpretazione di Lu Colombo è davvero<br />

notevole. La stessa etichetta Up Art<br />

Records, ha pubblicato qualche mese fa<br />

un altro ottimo lavoro che si intitola<br />

“Sartoria italiana fuori catalogo” ed è di<br />

Pilar. In questo caso i toni si fanno più<br />

consueti, da canzone italiana, ma del lavoro<br />

non si possono non apprezzare la<br />

gran raffinatezza, la bellissima voce della<br />

cantante, e in un contesto pur<br />

complessivamente molto alto alcuni<br />

brani decisamente sopra le righe.<br />

www.upartrecords.com e www.pilar.it.<br />

Restando sempre in Italia, o meglio spostandoci<br />

a Napoli, un disco assolutamente<br />

raccomandabile è “Black Tarantella”,<br />

l’ultimo di Enzo Avitabile, un musicista<br />

davvero straordinario e che non si scopre<br />

certo oggi, ma che da quando ha rinun-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 75<br />

ciato al rapporto con la Emi (e quindi a<br />

una carriera di più facili guadagni) per<br />

lavorare più liberamente con etichette<br />

minori, ha realizzato album (“Sacro<br />

Sud”, “Festa farina e forca”,<br />

“Napoletana”) uno più bello dell’altro,<br />

ma di cui ovviamente molto poco si è<br />

parlato. Questo finalmente sta girando<br />

-almeno su Rai Radio3- grazie forse<br />

anche al richiamo esercitato dai nomi<br />

degli ospiti che con lui duettano nel disco<br />

(Francesco Guccini, Franco Battiato,<br />

Mauro Pagani, Pino Daniele, David<br />

Crosby, Bob Geldof… ), ma non ci<br />

facciamo illusioni, si tratta di casi isolati.<br />

Di tutt’altro genere, e dalla Francia<br />

proviene invece “Solo” di Renaud<br />

Garcia-Fons, un doppio CD/DVD<br />

stampato dalla Enja che riporta il meglio<br />

di due recitals tenuti il 24 e 25 settembre<br />

dello scorso anno presso l’antico Priorato<br />

di Marcevol, nei Pirenei orientali.<br />

Garcia-Fons, per chi non lo sapesse è<br />

un contrabbassista francese di origini<br />

spagnole, che usa uno strumento a cinque<br />

corde dal quale riesce a ricavare sonorità<br />

impensabili, prossime sulla quinta corda<br />

a quelle del violino. Un virtuoso che però<br />

usa la straordinaria tecnica di cui è dotato<br />

per fare musica, non per produrre effetti<br />

speciali. La sua è una musica difficile da<br />

catalogare, perché se si mettono insieme<br />

elementi di classica, flamenco, musica<br />

araba, indiana e jazz, nella maniera in cui<br />

lo fa lui, quello che viene fuori è davvero<br />

faticoso spiegarlo a parole. Bisogna<br />

ascoltarlo. Bene, ce ne sarebbero anche<br />

altri di dischi “utili” da suggerire, ma siamo<br />

arrivati a fondo pagina, e cinque per<br />

il momento, a volerci ficcare il naso,<br />

possono anche essere sufficienti.


www.isiciliani.it<br />

Il caso Ruta<br />

”Scusi, lei è favorevole o<br />

contrario?” Amici e nemici<br />

della libertà di stampa<br />

Carlo Ruta è un ricercatore,<br />

e un blogger, a<br />

cui è stato chiuso<br />

d'autorità il sito. Lui si<br />

è opposto. Dopo una<br />

lunga battaglia, alla<br />

fine la Cassazione gli<br />

ha dato ragione. Vediamo,<br />

in questa emblematica<br />

storia, chi è<br />

stato per la libertà e<br />

chi contro<br />

Sulla chiusura forzata del sito di<br />

Carlo Ruta si sviluppò a suo tempo un<br />

dibattito, che oggi è interessante rivedere,<br />

sul mestiere di giornalista, sulle<br />

garanzie per chi lo esercita e in generale<br />

sui limiti della libertà di stampa.<br />

Alcuni presero – all'inizio isolati – posizione<br />

a favore della libertà del giornalista,<br />

in questo caso Carlo Ruta. Altri<br />

giustificarono l'operato di chi invece,<br />

invocando una opinabile interpretazione<br />

della legge, chiuse d'autorità<br />

una voce che risultava oggettivamente<br />

molto scomoda per i poteri locali.<br />

FAVOREVOLI/<br />

“TRE COSE PROPRIO<br />

DA GIORNALISTA”<br />

La Catena di San Libero, una delle prime<br />

e-zine italiane, intervenne da subito<br />

contro l'imbavagliamento del lavoro<br />

giornalistico di Carlo Ruta<br />

Catena di S.L., 14 marzo 2005 n. 275<br />

“Ancora giù in Sicilia”. I nostri lettori<br />

hanno il privilegio, rispetto a quelli di altri<br />

giornali, di conoscere la storia di Carlo<br />

Ruta, un giornalista siciliano (della Sicilia<br />

più profonda: Ragusa) che, su un<br />

miserabile sito di provincia, ha fatto tre<br />

cose proprio da giornalista.<br />

1) Ha riaperto le indagini sull'assassinio<br />

di Giovanni Spampinato, il locale<br />

corrispondente de L'Ora che proprio a<br />

Ragusa venne assassinato per quel che<br />

scriveva, molti anni fa, mentre stava indagando<br />

sui rapporti fra mafia e estrema<br />

destra terrorista. A ucciderlo fu un fascista,<br />

di una delle principali famiglie della<br />

Ragusa-bene. Gl'inquirenti indagarono<br />

poco e male, le complicità e i legami rimasero<br />

inesplorati. Il caso fu però ripreso<br />

da Luciano Mirone (dei <strong>Siciliani</strong>) nel<br />

suo libro "Gli insabbiati" e, più di recente,<br />

da Ruta. Scatenando reazioni violentissime<br />

nel ceto notabilare - che è sempre<br />

lo stesso - della lontanissima e tranquilla<br />

città siciliana.<br />

2) Ha aperto un'inchiesta sui collegamenti<br />

e le amicizie di alcune grosse banche<br />

del ragusano. Non solo siciliane ma<br />

anche nominalmente "continentali". E'<br />

stato - giustamente - querelato: l'istituto<br />

della querela serve proprio a stabilire,<br />

davanti alla legge e in un giudizio imparziale,<br />

chi ha torto e chi ha ragione in questi<br />

casi. Il processo però è è cominciato<br />

in modo abbastana eccentrico: a richiesta<br />

dell'avvocato delle banche - dunque una<br />

delle parti che teoricamente dovrebbero<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 76<br />

essere uguali - il sito di Ruta è stato<br />

senz'altro sequestrato e il suo contenuto<br />

distrutto, prima di una qualsiasi sentenza<br />

in qualsiasi direzione. Un provvedimento<br />

"strano", senz'altro molto inusuale e comunque<br />

passato inosservato a causa della<br />

lontananza e al fatto che Ruta non è Enzo<br />

Biagi nè Santoro.<br />

3) Ha accumulano nel sito alcune migliaia<br />

di documenti - giudiziari e giornalistici<br />

- sulla storia della mafia siciliana.<br />

Questi documenti sono stati tranquillamente<br />

distrutti, insieme al resto, con la<br />

chiusura del sito. Pazientemente, gli amici<br />

di Ruta ne hanno ricollazionato la<br />

<strong>maggio</strong>r parte, e li hanno riofferti a un<br />

pubblico su un nuovo sito. La partita si è<br />

dunque riaperta. Una partita pericolosa,<br />

per l'establishment locale, dal momento<br />

che i materiali di Ruta sono difficilmente<br />

contestabili e hanno ricevuto l'approvazione,<br />

oltretutto, di storici e giornalisti<br />

storici della sinistra siciliana: Fidora, direttore<br />

de L'Ora, Casarrubea, storico del<br />

caso Giuliano, e altri amcora. "A dispetto<br />

di tutto, le inchieste aperte sulle banche,<br />

le istituzioni forti, i potentati, gl'insoluti<br />

giudiziari dell'isola, verranno continuate<br />

e portate a termine senza dover rinunziare<br />

a una virgola. Si insisterà a lavorare<br />

con la disposizione consueta con il dovuto<br />

rispetto per le persone, la verità, le<br />

cose".<br />

* * *<br />

La notte fra il 4 e il 5 marzo, sotto casa<br />

di Ruta, gli viene rubata l'automobile (di<br />

non grande valore: i ladri evidentemente<br />

erano d bocca buona) contenente alcune<br />

centinaia di copie di "Morte a Ragusa", il<br />

libro sul caso Spampinato, che erano attese<br />

per l'indomani dalla distribuzione.<br />

Io considero quest'episodio assolutamente<br />

esplicito: ai miei tempi, nelle provincie<br />

più tradizionalmente mafiose, si<br />

sarebbe chiamato "un avvertimento".


Delle due grandi inchieste di Ruta una,<br />

quelle sulle banche, ha un carattere classicamente<br />

giornalistico e come tale dovrebbe<br />

essere difesa, al di là delle opinioni<br />

politiche, da chiunque abbia minimamente<br />

a cuore la libertà d'informazione.<br />

L'altra, quella sul caso Spampinato, non<br />

solo ha un carattere giornalistico "freddo"<br />

ma anche, con ogni evidenza, un carattere<br />

"politico" e - scusate la desueta<br />

parola - antifascista.<br />

Di che si tratta, infatti? Dell'assassinio<br />

di un giovane compagno, redattore del<br />

giornale del Pci, perpetrato da estremisti<br />

fascisti nel quadro di un establishment<br />

baronale e di una mafia diffusa. Certo,<br />

non un argomento simpatico per i partiti<br />

di destra che oggi in Sicilia godono di un<br />

potere non da poco. Ma come mai i partiti<br />

della sinistra (specie quelli ex-Pci: Ds,<br />

Rifondazione, Comunisti italiani) non<br />

sentono il bisogno *morale* di intervenire<br />

sulla vicenda? Stavolta non c'è la "scusante"<br />

del caso Catania, in cui venivano<br />

"qualunquisticamente" inchiestati destra<br />

e sinistra. Stavolta tutte le vittime - vive<br />

e morte - sono incontestabilmente di sinistra,<br />

e tutti i violenti sono esplicitamente<br />

di destra. Cos'è, anche Ruta "fa di<br />

tutt'erba un fascio"? E' "qualunquista"? O<br />

i segretari e deputati di Ds, Rifondazione<br />

e Comunisti italiani sono ormai tanto privi<br />

di sensibilità civile, hanno tanto gettato<br />

via la loro memoria storica, da non<br />

percepire nemmeno la drammaticità<br />

umana e politica di un simile caso?<br />

* * *<br />

Io non faccio più appello al sindacato<br />

dei giornalisti, che in Sicilia non esiste<br />

(per documenti e moduli ci si rivolge direttamente<br />

all'addetto stampa di Cuffaro)<br />

e che a Roma e Milano è ben lontano da<br />

queste povere e periferiche cose. Non<br />

faccio appello alla libertà di stampa, che<br />

in Italia vale ormai quanto vale, nè alla<br />

www.isiciliani.it<br />

coscienza civile e democratica - come si<br />

diceva una volta - di chi sta nelle istituzioni.<br />

No, faccio appello esclusivamente<br />

all'interesse di partito più egoistico (visto<br />

che altro ormai non intendono) dei segretari<br />

regionali di Ds, Rifondazione Comunista<br />

e Comunisti italiani e ai rispettivi<br />

deputati e senatori. S'incontrino, pensino<br />

per un momento a ciò da cui discendono<br />

- a Licausi, a Miraglia, ai sindacalisti antimafiosi<br />

- e facciano il loro dovere in<br />

questa incredibile storia sostenuta finora<br />

dal solo Carlo Ruta.<br />

* * *<br />

(Appendice. Elenco dei giornalisti assassinati<br />

in Sicilia dal dopoguerra in poi:<br />

Alfano Giuseppe, Cristina Cosimo, Di<br />

Mauro Mauro, Fava Giuseppe, Francese<br />

Mario, Impastato Giuseppe, Rostagno<br />

Mauro, Spampinato Giovanni. L'elenco è<br />

tratto dall'unico libro finora apparso<br />

sull'argomento, "Gli insabbiati" di Luciano<br />

Mirone - ovviamente anche lui disoccupato<br />

e senza redazione).<br />

Bookmark: www.leinchieste.com<br />

Info: carlo.ruta@tin.it<br />

Solidarietà: c.c.p. 52625597 intestato a Edi.bi.si.,<br />

via Ungaretti 46, Pozzallo.<br />

CONTRARI/<br />

“REGGIO EMILIA DIVENTA<br />

UGUALE AD ALCAMO"<br />

Il segretario dell'Ordine dei giornalisti<br />

emiliano giustificò tecnicamente la<br />

forzata chiusura del sito di Carlo Ruta<br />

Roberto Olivieri [*], “Giornalismo<br />

d’inchiesta” - Un dibattito alla festa<br />

dell’Unità, 14 giugno 2011<br />

Ringrazio il collega Finocchiaro per il<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 77<br />

“Poco più<br />

di un divieto<br />

di sosta”<br />

celere invio della documentazione, la<br />

quale non fa che confermare esattamente<br />

ciò che avevo supposto l’altra sera. Vale<br />

a dire che la condanna allo storico Carlo<br />

Ruta è stata inflitta per violazione<br />

dell’art. 5 e collegato 16 della legge n. 47<br />

del febbraio 1948. Nella circostanza,<br />

avevo anche aggiunto che un’eventuale<br />

condanna per mancata registrazione<br />

avrebbe comportato la sola pena pecuniaria,<br />

in quanto si tratta di un illecito depenalizzato<br />

da oltre vent’anni.<br />

Leggendo la sentenza apprendo infatti<br />

che si tratta di una ammenda di 150 euro,<br />

poco più di un divieto di sosta. Tuttavia,<br />

mi si può facilmente obiettare che si viola<br />

un principio di libertà, perché, come<br />

afferma Alessi, “nel clima pesante che<br />

l’Italia vive la sentenza può determinare<br />

la fine di una libertà civile”. Vediamo allora<br />

se è vero.<br />

La legge di cui sopra regola l’attività<br />

di stampa, e non la libertà di stampa, che,<br />

come sapete quanto me, è massimamente<br />

garantita dall’art. 21 della Costituzione<br />

(a Gaetano Alessi dovrebbero fischiare le<br />

orecchie). Una libertà, come tutte, esercitata<br />

nei limiti di legge. Ci avviciniamo al<br />

punto: noterete che la norma di cui sopra<br />

è del febbraio del ’48, segue cioè di una<br />

quarantina di giorni la promulgazione<br />

della Costituzione. Infatti, non viene approvata<br />

dal Parlamento (che nasce dalle<br />

elezioni del 18 aprile dello stesso anno),<br />

ma dall’Assemblea Costituente, assieme<br />

ad altre poche leggi urgenti per la vita<br />

della neonata libertà. Proprio la speciale<br />

qualità della “mamma” ne ha garantito,<br />

al pari della Costituzione, la sopravvivenza<br />

dei suoi principi fondamentali nel<br />

tempo. Naturalmente, non poteva garantirne<br />

l’attualità in presenza dell’evoluzione<br />

tecnologica per cui non si può imputare<br />

ai Padri costituenti l’ignoranza della<br />

TV, del web o dei pixel.


Queste e altre tematiche successive<br />

sono state progressivamente regolate non<br />

da modifiche e aggiornamenti della legge<br />

attuati per via parlamentare (sarebbero<br />

così diventate riforme, parola proibita),<br />

ma con sentenze della Cassazione e della<br />

Corte Costituzionale. Queste, come è<br />

noto, non modificano ma interpretano,<br />

così come del resto fa tutta la Magistratura<br />

giudicante.<br />

Tutta questa storiella calata nelle -voglio<br />

essere magnanimo- problematiche<br />

dell’altra sera comporta che le testate<br />

(così identificate quando ricorrano almeno<br />

due caratteristiche: il nome del contenitore<br />

–la testata, appunto- e una qualsiasi<br />

periodicità) debbano essere non autorizzate,<br />

come ancora qualcuno dice e<br />

scrive, ma registrate presso la Cancelleria<br />

del Tribunale.<br />

Personalmente, forse da garantista fuori<br />

moda, trovo questa norma sacrosanta,<br />

perché non limita minimamente la libertà<br />

di stampa e consente invece di individuare<br />

un eventuale responsabile (anzi due,<br />

anche il proprietario), ad esempio in presenza<br />

di diffamazione.<br />

Nella <strong>maggio</strong>r parte della giurisprudenza<br />

degli ultimi anni i blog, quando<br />

proprio di blog si tratti, non vengono assimilati<br />

alle testate. Ne è conferma proprio<br />

la sentenza “liberticida” di cui si<br />

parla che riguarda proprio “Accadeinsicilia”.<br />

Testata, appunto.<br />

Volendo essere attenti (stavo quasi per<br />

dire onesti), è difficile trovare in questo<br />

caso qualche responsabilità a carico<br />

dell’Ordine dei giornalisti, siciliano, nazionale<br />

o veneto che sia. Benché si tratti<br />

di istituzioni che operano in base a una<br />

legge del 1963, più che mai bisognosa di<br />

riforma, è difficile sostenere che possano<br />

affossare la libertà di stampa: chiunque<br />

può scrivere su un giornale (di carta o telematico)<br />

senza essere giornalista, perché<br />

www.isiciliani.it<br />

è il giornale che risponde di eventuali<br />

violazioni deontologiche o di legge. Addirittura,<br />

in casi particolari, non si richiede<br />

neppure la direzione della testata da<br />

parte di un giornalista: è il caso del cosiddetto<br />

elenco speciale, grazie al quale<br />

qualsiasi cittadino che goda dei diritti politici<br />

può dirigere e registrare in Tribunale<br />

una testata con carattere tecnico, professionale<br />

o scientifico. Teoricamente,<br />

avrebbe potuto essere il caso della testata<br />

siciliana in questione, diretta appunto da<br />

uno storico. Ma non pare che i contenuti<br />

fossero di storia.<br />

Siamo allora di fronte a difficoltà create<br />

ad arte dall’Ordine per soffocare voci<br />

scomode? E’vero che in certi casi e in<br />

determinati luoghi a forte presenza mafiosa<br />

questo è possibile che si verifichi,<br />

ben vengano allora specifiche e circostanziate<br />

denunce.<br />

“Totalmente fuori della realtà”<br />

Ma quando si generalizza, quando<br />

Reggio Emilia diventa uguale ad Alcamo<br />

e l’Ordine (quale?) dei giornalisti è esso<br />

stesso raccontato a ignari cittadini come<br />

potere forte al servizio dei poteri forti<br />

mafiosi siamo totalmente fuori dalla realtà.<br />

Così facendo, anche volendo accreditare<br />

buona fede, oggettivamente non ci si<br />

pone al servizio della verità.<br />

L’altra sera il nemico, quello perverso<br />

che ci fa galleggiare ogni anno più o<br />

meno al 50° posto della classifica mondiale<br />

sulla libertà di stampa, in compagnia<br />

della Corea (fortunatamente del sud,<br />

per ora); non è rappresentato da una pessima<br />

legge sull’editoria, detta anche Gasparri,<br />

che legittima quel macigno di<br />

conflitto di interessi mai risolto. Non è la<br />

mancanza in Italia di editori puri, impegnati<br />

a fare legittimamente reddito vendendo<br />

notizie, anziché assecondare inte-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 78<br />

“Anche volendo<br />

accreditare<br />

buona fede”<br />

ressi paralleli non sempre confessabili;<br />

non è il precariato sempre più dilagante,<br />

divenuto ormai strutturale nelle redazioni.<br />

E via elencando. No, è l’Ordine, magari<br />

affiancato da una Magistratura repressiva,<br />

come nel caso Ruta.<br />

Confesso di aver avuto la sensazione<br />

(gentile eufemismo) di trovarmi l’atra<br />

sera più al circolo Leoncavallo degli anni<br />

ruggenti, piuttosto che a una festa<br />

dell’Unità al Savena. Forse anche per<br />

qualche responsabilità di una conduzione<br />

non adeguata degli interventi dei due<br />

oratori, sempre all’unisono, senza un minimo<br />

di contraddittorio, probabilmente<br />

per la lontananza del moderatore dai temi<br />

proposti.<br />

La ciliegina sulla torta l’ha messa alla<br />

fine Gaetano Alessi, quando, rilanciando<br />

con autocompiacimento degno di miglior<br />

causa, ha affermato di provare vergogna<br />

se definito giornalista.<br />

Presumo con grande soddisfazione di<br />

De Muro, Siani, e di tutti quei Giornalisti<br />

che non si vergognavano di esserlo e che<br />

per amore del loro lavoro ci hanno lasciato<br />

la pelle. Non una liberticida ammenda.<br />

Non saprei come in altro modo chiudere<br />

se non chiedendovi gentilmente, qualora<br />

ne siate in grado, di girare per correttezza<br />

questo testo al moderatore Maurizio<br />

Gaigher. Diversamente, nei prossimi<br />

giorni cercherò io stesso di trovare il<br />

suo indirizzo mail.<br />

[*] Roberto Olivieri, giornalista professionista,<br />

direttore dal 1980 dei Servizi di Comunicazione<br />

della Provincia di Bologna. È segretario del<br />

Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-<br />

Romagna presso cui svolge attività di docenza<br />

e formazione nel campo del giornalismo,<br />

dell’informazione e dell’editoria. Attività reiterata<br />

anche in numerosi istituti di alta formazione<br />

tra cui la Scuola superiore della pubblica amministrazione<br />

e della presidenza del Consiglio<br />

dei Ministri e la Scuola di giornalismo “Ilaria<br />

Alpi” dell’Università di Bologna.


www.isiciliani.it<br />

Libertà di stampa<br />

Una lettera-appello<br />

per Telejato<br />

Fra una celebrazione antimafia e l'altra,<br />

il governo sta chiudendo la piccola tv che combatte<br />

i boss nel loro regno. Non lasciamola sola!<br />

Al Ministro dello Sviluppo<br />

Economico e delle<br />

Infrastrutture e Trasporti<br />

Corrado Passera<br />

Il 9 <strong>maggio</strong> ricorrereva il trentaquattresimo<br />

anniversario dell’uccisione mafiosa<br />

del giornalista Peppino Impastato. L’Italia<br />

intera ha commemorato il coraggio di un<br />

giovane che, insieme ai suoi compagni,<br />

dai microfoni di “Radio Aut” denunciava<br />

senza paura gli interessi mafiosi, a Cinisi<br />

e oltreoceano, del boss Badalamenti. Senza<br />

omissioni o connivenze, con la sola<br />

arma della libertà e dell’ironia. Pagando<br />

dedizione e suo coraggio con la vita.<br />

Oggi, a trentaquattro anni da quel 9<br />

<strong>maggio</strong> 1978, molti altri cronisti e operatori<br />

dell’informazione seguono il suo<br />

esempio rischiando ogni giorno per poter<br />

svolgere a testa alta e schiena dritta il lavoro<br />

di giornalisti. Tra questi: Giuseppe<br />

Maniaci e la sua redazione di Telejato,<br />

emittente televisiva con sede a Partinico.<br />

Ad oggi, Telejato rischia ogni giorno di<br />

essere spenta definitivamente dallo Stato.<br />

Sembra paradossale, ma una legge della<br />

Repubblica porterebbe a quello che<br />

l’organizzazione criminale Cosa Nostra<br />

non è riuscita a fare. Da anni, infatti, la<br />

“televisione più piccola del mondo” trasmette<br />

“il tg più lungo del mondo” in una<br />

zona ad alta densità mafiosa (Alcamo,<br />

Partinico, Castellammare del Golfo, San<br />

Giuseppe Jato, Corleone, Cinisi, Montelepre)<br />

raggiungendo 22 comuni della Sicilia<br />

orientale, facendo informazione libera e<br />

denunciando il malaffare senza nascondersi.<br />

Proprio quest’attività sociale di de-<br />

nuncia è valsa al suo volto e alla redazione,<br />

svariate querele, intimidazioni (le ultime<br />

da poco aggressioni e attentati.<br />

Telejato è una televisione locale comunitaria.<br />

In conformità con la Legge Mammì<br />

(n. 223 del 6 agosto 1990), quindi, ha<br />

uno statuto di Onlus e non quello di una<br />

Tv commerciale. Di qui, il limite agli spot<br />

pubblicitari: solo 3 minuti ogni ora di tra-<br />

smissione. A mettere a<br />

rischio l’esistenza stessa di<br />

Telejato e l’incolumità dei<br />

suoi artefici, oltre alla<br />

mafia anche lo switch-off,<br />

il passaggio cioè dall’analogico<br />

al digitale nel mese<br />

di giugno in Sicilia.<br />

Il governo Monti, nelle<br />

scorse settimane, ha messo<br />

fine alla beffa del “beauty contest”<br />

stabilendo il ricorso ad un’asta. Telejato,<br />

così come le altre 200 televisioni<br />

comunitarie, però, proprio per il suo status<br />

di televisione comunitaria e onlus è priva<br />

di un bilancio adeguato a partecipare<br />

all’asta, vedendo così inesorabilmente<br />

cancellata la sua possibilità di trasmissione.<br />

Noi ci chiediamo e Le chiediamo: il<br />

legislatore ha riflettuto sulle conseguenze<br />

dello spegnimento di Telejato?<br />

Telejato deve essere considerato un<br />

bene culturale, al pari di ogni altro monumento<br />

artistico italiano: se l’arte rinnova i<br />

popoli, anche la controinformazione di<br />

Telejato in Sicilia può farlo. L’informazione<br />

può aiutare <strong>giovani</strong> e meno <strong>giovani</strong> a<br />

prendere coscienza di quello che li circonda<br />

e a scegliere. La scelta contribuirà a<br />

migliorare una delle regioni d’Italia, da<br />

qui anche la nostra Repubblica lo sarà.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 79<br />

Cosimo Cristina (1960)<br />

Mauro De Mauro (1970)<br />

Giovanni Spampinato (1972)<br />

Peppino Impastato (1978)<br />

Mario Francese (1979)<br />

Giuseppe Fava (1984)<br />

Giancarlo Siani (1985)<br />

Mauro Rostagno (1988)<br />

Beppe Alfano (1993)<br />

Quello che in questa sede, come cittadini<br />

di uno Stato che dalla sua fondazione si<br />

ritiene uno stato democratico, vogliamo<br />

portare alla Sua attenzione è il grave danno<br />

che sarà apportato al sistema informativo<br />

e al diritto alla libera informazione<br />

dei cittadini.<br />

Provvedere alla tutela delle televisioni<br />

comunitarie e locali affinché possano con-<br />

tinuare a trasmettere e<br />

conservare il loro ruolo di<br />

strumento informativo locale.<br />

Bisogna assolutamente evitare<br />

che cali il silenzio e<br />

l’indifferenza sull’informazione<br />

antimafia. Sarebbe un atto<br />

concreto importante delle istituzioni<br />

nella lotta alla<br />

criminalità e per la tutela della<br />

democrazia del nostro Paese. In ultimo,<br />

vogliamo porre alla Sua attenzione un<br />

aspetto umano drammatico, crudo, scevro<br />

da retorica: la mafia uccide. La mafia non<br />

dimentica. La mafia colpisce più<br />

facilmente quando cala il silenzio e<br />

l’opinione pubblica si distrae. L’informazione<br />

rappresenta il sistema immunitario<br />

dell’opinione pubblica: se calano le difese<br />

immunitarie è più attaccabile. Ad essere<br />

uccisi sarebbero molte coscienze, ma prima<br />

d’ogni altro lo Stato italiano deve avere<br />

a cuore le sorti dell’uomo e cittadino<br />

Pino Maniaci e dei suoi familiari.<br />

Certi della Sua attenzione, rimaniamo in<br />

attesa di un Suo riscontro.<br />

DiecieVenticinque<br />

Associazione Antimafie Rita Atria<br />

I <strong>Siciliani</strong> Giovani<br />

mail to:<br />

segreteria.ministro@sviluppoeconomico.gov.it


www.isiciliani.it<br />

Monete<br />

Canada: arriva<br />

il penny elettronico<br />

xxxxx<br />

Non c’è più solo il bitcoin.<br />

Anche qualche<br />

governo comincia a<br />

pensare che forse la<br />

moneta elettronica ha<br />

un futuro...<br />

di Fabio Vita<br />

Il governo canadese sta per lanciare<br />

il Royal Canadian Mint, una moneta<br />

elettronica che consente di effettuare<br />

pagamenti e scambio di valuta<br />

tra singoli cittadini, più veloce e<br />

più economico rispetto ai privati<br />

(carte di credito e Paypal). Col Mint-<br />

Chip invece di usare bancomat e<br />

banconote i canadesi potranno comprare<br />

una microsd per il telefono o<br />

una chiavetta usb per il computer e<br />

caricarla con valuta elettronica; i<br />

soldi potranno essere trasferiti a<br />

qualsiasi altra scheda del sistema riservatamente<br />

e senza costi.<br />

Non è il primo esempio – fanno notare<br />

gli specialisti di Txchnologist - di<br />

monete elettronica: nel ’66 era uscita la<br />

Chipknip in Olanda, seguita da Proton<br />

in Belgio; ma prodotti e gestiti da compagnie<br />

private. Qui invece è direttamente<br />

il governo che si fa carico della<br />

moneta elettronica, ancorata al dollaro<br />

canadese con cui viene scambiato alla<br />

pari. Pochi giorni prima, lo stesso governo<br />

aveva tolto dalla circolazione il<br />

penny, l ‘antica moneta spicciola canadese.<br />

Hanno anche indetto un concorso per<br />

sviluppare apps e interfacce grafiche<br />

per MintChip. A settembre saranno<br />

giudicate da utenti e esperti, incluso il<br />

vicepresidente del ramo pagamenti di<br />

Google e - segno dei tempi - il primo<br />

premio di cinquantamila dollari verrà<br />

pagato in oro.<br />

Ma siamo diventati scandinavi?<br />

Chi fa più ricerche, su internet, sulla<br />

parola “bitcoin”? Scandinavi, australiani<br />

e… italiani, secondo Google Trend.<br />

L’italiano, a <strong>maggio</strong>, è stata la seconda<br />

lingua più usata e le città più “curiose”<br />

(di bitcoin) sono state Milano e Roma.<br />

Africa e bitcoin<br />

Lo sviluppatore Rüdiger Koch, consulente<br />

di Intersango (trader londinese)<br />

è intevenuto al Mobile Money Africa<br />

di Lagos in Nigeria. Ha spiegato che<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 80<br />

bitcoin è "un sistema solido di pagamenti<br />

a basso costo per chiunque abbia<br />

un telefono con una videocamera." Ha<br />

poi visitato ambasciate di paesi africani<br />

a Berlino per introdurre la nuova<br />

moneta ai rispettivi governi.<br />

Economie in forte crescita come Kenya<br />

e Nigeria dipendono in larga misura<br />

da transazioni in contante, specie<br />

nelle aree rurali, senza bancomat e con<br />

pochi depositi bancari. Da ciò il successo<br />

in Africa dei pagamenti ia cellulare,<br />

col sistema keniano M-Pesa che<br />

permette agli utenti di mandare moneta<br />

attraverso sms. In questo quadro, Kock<br />

propone pagamenti mobili con bitcoin,<br />

ancora più efficaci. Un sistema decentralizzato<br />

come bitcoin può infatti superare<br />

i confini nazionali evitando interruzioni<br />

come quelle di M-Pesa a dicembre.<br />

"Pochi conti in banca, tanti telefonini<br />

– osserva Tonny Omwansa dell'Università<br />

di Nairobi, autore di un libro su<br />

M-Pesa - Perciò i pagamenti mobili<br />

hanno tanta importanza". Anche se, aggiunge,<br />

c’è il rischio di "dipendenza da<br />

un fornitore monopolistico": che Bitcoin<br />

– ribatte Koch – potrebbe appunto<br />

scongiurare. L’argomento viene approfondito<br />

su Technology Review, la rivista<br />

de Mit.<br />

Segreto bancario: a chi giova<br />

Da un documento dell’Fbi su Bitcoin,<br />

rilasciato il 24 aprile, risulta che


l'agenzia federale si preoccupa dei ladri<br />

di moneta presso gli intermediari, e<br />

dell’impossessamento di computer in<br />

remoto tramite virus e malware, più<br />

che di un preteso anonimato di Bitcoin.<br />

Rispetto al segreto bancario Bitcoin<br />

è infatti molto più trasparente.<br />

Prima della crisi del 2008 in Usa<br />

nessun governo aveva tra le sue priorità<br />

gli “stati canaglia" finanziari, i paradisi<br />

fiscali, e il segreto bancario.<br />

Adesso, in piena campagna presidenziale<br />

americana, il ministro delle finanze<br />

svizzero è diventato il “nemico<br />

numero uno” dei banchieri per essersi<br />

arreso alle pressioni di americani, tedeschi,<br />

inglesi (e perfino italiani) impegnati<br />

a dare la caccia al denaro degli<br />

evasori fiscali nascosto nelle banche<br />

elvetiche.<br />

Per la prima volta il governo svizzero<br />

ha messo in discussione il tabù nazionale,<br />

il segreto bancario: e questo ai<br />

banchieri non è piaciuto.<br />

www.isiciliani.it<br />

E Repubblica scoprì il Kindle<br />

Repubblica scopre l’ebook e balza<br />

subito in testa nel Kindle Store, con un<br />

instantbook sulla Lega Nord, scavalcando<br />

i bestseller tradizionali, gli economici<br />

di Newton e di altri editori, e<br />

tutta una serie di altri instant (per mesi<br />

è stato in testa un libro dall'accattivante<br />

titolo "La terza guerra mondiale,<br />

Monti e le banche") e romanzetti erotici<br />

autoprodotti.<br />

Su Kindle fino a pochissimo tempo<br />

fa c’era solo La Stampa (e il Corriere<br />

ma disponibile stranamente solo negli<br />

Usa), mentre Repubblica puntava decisamente<br />

sull’iPad di Apple. Adesso a<br />

quanto pare s’è ricreduta.<br />

L'idea di pagare abbonamenti per ricevere<br />

notizie reperibili o aggregabili<br />

facilmente gratis, non ha ottenuto gli<br />

LINK<br />

MintChip la moneta elettronica del governo canadese - in inglese:<br />

http://mintchipchallenge.com/forum_topics/925<br />

http://www.txchnologist.com/<strong>2012</strong>/i-scream-you-scream-we-all-scream-for-digital-currency-can-mintchiptransform-money<br />

http://news.nationalpost.com/<strong>2012</strong>/04/09/mintchip-royal-canadian-mint/<br />

http://blog.foreignpolicy.com/posts/<strong>2012</strong>/04/12/canada_may_launch_government_backed_bitcoin_comp<br />

etitor#.T6D63kv01I4.twitter<br />

http://bitcoinmagazine.net/the-mintchip-the-canadian-governments-answer-to-bitcoin/<br />

https://bitcointalk.org/index.php?topic=75499.20Bitcoin cerca nuova vita in Africa – Technology Review,<br />

Mit – 21 marzo <strong>2012</strong><br />

http://www.technologyreview.com/business/39829/<br />

Il trend della parola bitcoin su google:<br />

http://www.google.com/trends/?q=bitcoin&ctab=0&geo=all&date=mtd&sort=0<br />

Fbi: il documento su bitcoin è autentico ma non l'abbiamo rilasciato noi:<br />

http://betabeat.com/<strong>2012</strong>/05/14/fbi-that-bitcoin-report-was-authentic-but-it-wasnt-leaked-by-us/<br />

Documento Fbi su bitcoin – in inglese:<br />

http://cryptome.org/<strong>2012</strong>/05/fbi-bitcoin.pdf<br />

Kyobo Mirasol Color e-Reader:<br />

http://www.youtube.com/watch?v=iB1ZmKFGBpk<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 81<br />

“Per la prima volta<br />

la Svizzera<br />

viola il tabù<br />

del segreto bancario”<br />

effetti che Apple e gli editori speravano;<br />

si era diffusa l'idea che bastava<br />

vendere il pdf già pronto per sentirsi<br />

duepuntozero (anche in Usa sono pochi<br />

gli editori di periodici che hanno<br />

venduto molto qu queste basi).<br />

I libri o gli articoli lunghi sono invece<br />

adatti alla lettura riposante degli<br />

ebook reader.<br />

Sui <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> di dicembre<br />

parlavamo dello schermo a colori con<br />

tecnologia E-ink (“Triton”), e<br />

accennavamo al suo rivale, con in<br />

commercio, con tecnologia Mirasol<br />

(che lasciò a bocca aperta coi prototipi<br />

oltre un anno fa). Gli ebook reader<br />

sono ottimi anche per fumetti e foto, e<br />

guadagnano terreno rispetto ai più propagandati<br />

sistemi targati mela.<br />

Adesso sono venduti in un diffusissimo<br />

e tascabile modello da sei pollici, e<br />

in uno da quasi dieci pollici, ideale per<br />

testi di studio e pdf A4. La differenza<br />

di prezzo è notevole e lo sarà per almeno<br />

tutto quest'anno (a meno che qualche<br />

produttore non voglia movimentare<br />

questo mercato).<br />

Prepariamoci quindi a riviste a colori<br />

in formato A5, in tasca e non in borsa.<br />

Adesso lo scopre anche Repubblica, ed<br />

è un buon segno.<br />

La moneta elettronica<br />

Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />

Tutto sul bitcoin<br />

(aggiornamenti in tempo reale)


www.isiciliani.it<br />

Scienze<br />

La nascita della scienza<br />

è stata una rivoluzione<br />

dimenticata?<br />

Un libro sulla scienza<br />

antica ci costringe a<br />

riflettere anche ora<br />

di Diego Gutkowski<br />

La Rivoluzione Dimenticata di Lucio<br />

Russo (ultima edizione nella Universale<br />

Economica Feltrinelli, 2010, ISBN<br />

978-88-07-8164-4) tratta la storia della<br />

scienza degli antichi greci in un modo<br />

originale, su cui vale la pena riflettere.<br />

Nella prefazione Marcello Cini ha<br />

scritto: “ Io credo che questo libro di<br />

Lucio Russo sia paragonabile al tempo<br />

stesso a una sensazionale scoperta archeologica<br />

e a un’importante teoria<br />

scientifica”.<br />

Le tesi di Russo si differenziano nettamente<br />

da ciò che gli storici della scienza<br />

hanno scritto fino a pochi anni fa. Russo<br />

rileva che: “L’importanza [della nascita<br />

della scienza] non è quasi mai percepita.<br />

In genere le storie del pensiero scientifico,<br />

stemperando le differenze tra scienza<br />

ellenistica, conoscenze prescientifiche<br />

delle antiche civiltà egiziana e mesopotamica<br />

e filosofia naturale della Grecia<br />

classica, riescono a nasconderla. Nei libri<br />

di storia antica, poi, l’avvenimento è accuratamente<br />

taciuto. Il più delle volte vi<br />

si dice solo che l’ellenismo fu un periodo<br />

in cui fiorirono alcune “ scienze “.<br />

Si possono trovare in genere più notizie<br />

su Archimede o Aristarco di Samo in<br />

un’opera sul Rinascimento, a proposito<br />

della loro riscoperta, che in un libro sulla<br />

civiltà classica … Per dare un senso<br />

all’affermazione che la scienza nacque<br />

con l’ellenismo, occorre mettersi<br />

d’accordo sul significato di ellenismo e<br />

di scienza”. (La Rivoluzione Dimenticata,<br />

p.21 e 22).<br />

La scienza e l'ellenismo<br />

L’ellenismo, secondo la terminologia<br />

introdotta da Droysen, accettata dalla<br />

storiografia successiva, e condivisa da<br />

Russo, si fa iniziare nel 323 a.C. con la<br />

morte di Alessandro il Macedone. La<br />

fase discendente dell'ellenismo fino alla<br />

su scomparsa va dalla caduta di Siracusa<br />

nel 212 a.C. a quella dell’Egitto nel 30<br />

a.C. Meno ovvia e più opinabile è la precisazione<br />

del significato della parola<br />

“scienza”.<br />

Credo che questa precisazione possa<br />

dipendere sia da una presa di posizione<br />

filosofica che da ciò che ci si propone di<br />

studiare. Russo, del tutto consapevole di<br />

questo, scrive: “La continua e rapida modifica<br />

dei principi scientifici, in particolare<br />

della fisica, ha reso infine<br />

insostenibile la tesi che la scienza fosse<br />

un insieme di affermazioni certamente<br />

vere. Questa tesi costringe, infatti, a considerare<br />

non scientifiche tutte le teorie<br />

superate. Finché si era trattato di conoscenze<br />

il più delle volte vecchie di secoli,<br />

il loro declassamento era stato accettato<br />

di buon grado, ma con il nuovo ritmo di<br />

sviluppo lo stesso criterio avrebbe costretto<br />

a escludere dal novero della scienza<br />

tutti i risultati non ottenuti negli ultimissimi<br />

anni.<br />

Ciò è sembrato inaccettabile agli scienziati,<br />

probabilmente perché li avrebbe<br />

costretti ad accettare come inevitabile il<br />

futuro riconoscimento di non scientificità<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 82<br />

anche dei risultati propri. E’ divenuto<br />

chiaro in altri termini che una buona definizione<br />

di “scienza”, deve permettere di<br />

includervi anche affermazioni tra loro<br />

contraddittorie, come i principi della<br />

meccanica classica e quelli della meccanica<br />

relativistica. … Per arrivare alla nostra<br />

definizione (provvisoria) di “scienza”<br />

cominciamo col notare che alcune<br />

teorie da tutti considerate scientifiche,<br />

come la termodinamica, la geometria euclidea<br />

o il calcolo delle probabilità, condividono<br />

le seguenti caratteristiche essenziali:<br />

Le loro affermazioni non<br />

riguardano oggetti concreti, ma enti<br />

teorici specifici.<br />

La geometria euclidea, per esempio,<br />

può fare affermazioni su angoli o<br />

segmenti e la termodinamica sulla<br />

temperatura o l’entropia di un sistema,<br />

ma in natura non esistono angoli,<br />

segmenti, temperature o entropie.<br />

Una struttura deduttiva<br />

La teoria ha una struttura rigorosamente<br />

deduttiva; è costituita cioè da pochi<br />

enunciati fondamentali (detti assiomi,<br />

postulati o principi) sui propri enti caratteristici<br />

e da un metodo unitario e universalmente<br />

accettato per dedurne un numero<br />

illimitato di conseguenze. …<br />

Le applicazioni al mondo reale sono<br />

basate su regole di corrispondenza tra gli<br />

enti della teoria e gli oggetti concreti. …<br />

Le teorie scientifiche, anche se nascono<br />

per descrivere fenomeni naturali, per<br />

la possibilità che hanno di autoestendersi<br />

con il metodo dimostrativo, divengono<br />

quindi in genere modelli di settori di attività<br />

tecnologica. La tecnologia scientifica,<br />

caratterizzata dall’avvalersi di una<br />

progettazione effettuata all’interno delle<br />

teorie scientifiche, appare così intrinsecamente<br />

legata alla stessa struttura metodologica<br />

della scienza esatta e non può che<br />

nascere da questa”.


Equipaggiato con le assunzioni metodologiche<br />

di cui ho riferito solo il punto<br />

di partenza, Russo passa ad un esame articolato<br />

delle antiche civiltà dell’ Occidente,<br />

dalle quali, per quanto ci è dato<br />

saperne, sembra avere origine la scienza<br />

odierna. I principali risultati dell’analisi<br />

così condotta portano Russo al risultato<br />

che la scienza è nata con la civiltà ellenistica.<br />

Euclide, Archimede, Apollonio<br />

Alcuni degli esempi più significativi<br />

sono tratti dalla matematica (gli Elementi<br />

di Euclide, il metodo di esaustione di Archimede,<br />

la teoria delle coniche di Apollonio<br />

Pergeo) e dalla fisica (la statica di<br />

Archimede, l’ottica di Euclide); di alcune<br />

altre teorie scientifiche (per esempio la<br />

logica matematica di Crisippo, la catottrica<br />

di Archimede, le opere di Ctesibio)<br />

abbiamo oggi solo notizie di seconda<br />

mano scritte uno o più secoli più tardi,<br />

cioè dopo la fine del periodo ellenistico,<br />

da compilatori (Cicerone, Plinio, Apuleio,<br />

…) che mostrano di non aver capito<br />

gli aspetti più profondi delle teorie di cui<br />

hanno sommariamente riferito. Ciò testimonia<br />

un regresso, che spesso arriva alla<br />

totale scomparsa dell’attività scientifica<br />

(ovviamente nel senso in cui la intende<br />

Russo).<br />

Un regresso tecnologico<br />

Un regresso analogo si ha nella tecnologia<br />

scientifica, ove molte conoscenze<br />

erano andate perdute al tempo della <strong>maggio</strong>re<br />

espansione del potere di Roma e<br />

verranno in gran parte recuperate in un<br />

percorso secolare che va dagli Arabi, al<br />

Rinascimento italiano, e poi dal secolo<br />

XVII fino ai nostri giorni. Russo esamina<br />

diversi settori della tecnologia, io mi limiterò<br />

ad alcune applicazioni in campo<br />

militare, basandomi sulle testimonianze<br />

di diversi storici antichi quali Polibio, Livio<br />

ed altri e del pensiero di storici moderni<br />

e contemporanei, che confermano<br />

sostanzialmente anche con esempi diversi<br />

da quelli portati da Russo quanto egli<br />

asserisce.<br />

Un’ampia documentazione storica<br />

dell’impiego della tecnologia scientifica<br />

www.isiciliani.it<br />

ellenistica in campo militare riguarda<br />

l’assedio di Siracusa, che si concluse con<br />

la conquista di questa città da parte dei<br />

Romani nel 212 a.C. durante la seconda<br />

guerra punica.<br />

Moses I. Finley, (Storia della Sicilia<br />

antica, Editori Laterza, Bari 1974, da<br />

pag. 154 in poi) ha scritto: “ Quando i romani<br />

giunsero in forze sotto il comando<br />

di Marcello, scoprirono di non potere<br />

prendere la città né d’assalto né per assedio…<br />

Siracusa fu assediata per due anni<br />

… Archimede fu il fecondo genio della<br />

difesa che fornì ai romani un pretesto per<br />

attenuare l’umiliazione di un lungo insuccesso<br />

… Nel 212 [Siracusa] cadde finalmente<br />

nelle mani dei romani, grazie<br />

soprattutto al tradimento di un gruppo di<br />

nobili. La città fu consegnata ai soldati<br />

per il saccheggio e Archimede venne ucciso,<br />

sebbene, a quanto si afferma, ciò<br />

fosse contrario agli ordini di Marcello.<br />

Questi poi procedé a spedire a Roma non<br />

soltanto il solito bottino ma anche statue<br />

e dipinti in quantità, alcuni tolti dai templi<br />

e da altri edifici pubblici. Per questo<br />

egli si guadagnò il biasimo di Polibio e<br />

l’odio dei siciliani in generale.<br />

La difesa di Siracusa<br />

Certamente la difesa della città assunse<br />

il carattere di una grande lotta patriottica,<br />

nella quale il ruolo di Archimede merita<br />

un commento speciale … Durante l’assedio<br />

egli prodigò tutte le sue forze nella<br />

lotta contro Roma. Il legame tra Ierone e<br />

Archimede [quando Siracusa cadde Ierone<br />

era già morto e a Siracusa regnava suo<br />

nipote Ieronimo] fu qualcosa di più di<br />

una semplice attrazione personale occasionale.<br />

Ierone era un uomo di affari e un<br />

tecnocrate … Egli manifestò per le opere<br />

ingegneristiche un interesse particolare<br />

… Una volta aveva fatto costruire il vascello<br />

più grande che abbia solcato i mari<br />

nell’antichità, la “Siracusana”, che mandò<br />

ad Alessandria carica di 3300 tonnellate<br />

di merci, capacità probabilmente mai<br />

più raggiunta fino al secolo XIX”.<br />

Agli Stati ellenistici conquistati fu imposto<br />

un regime fiscale durissimo (Finley,<br />

loc.cit., pag. 160 e seguenti) : “ Il sistema<br />

tributario romano imponeva il versamento<br />

in natura di un decimo del rac-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 83<br />

“Poi, un letargo<br />

plurisecolare”<br />

colto di grano e d’orzo, che veniva spedito<br />

direttamente a Roma, un’imposta sul<br />

vino, le olive, la frutta e la verdura e<br />

un’altra sul pascolo, che si pagava in<br />

contanti.<br />

La decima sul grano è stata valutata in<br />

base alle affermazioni piuttosto ambigue<br />

di Cicerone, a circa 3.000.000 di modii<br />

(850.000 stai) all’anno. Inoltre Roma si<br />

riservava il diritto di prendersi una seconda<br />

decima per acquisto forzoso a un<br />

prezzo stabilito unilateralmente dal Senato,<br />

qualora se ne presentasse la necessità.<br />

Questa seconda decima fu prelevata nel<br />

190 per rifornire un esercito romano che<br />

combatteva in Grecia e poi di nuovo<br />

nell’anno seguente e nel 171 a.C. per<br />

l’esercito in Macedonia. Questi esempi ci<br />

sono stati conservati per caso. Non c’è<br />

modo di sapere con quale frequenza si<br />

sia fatto uso di questo diritto.<br />

Gli acquisti forzosi<br />

C’erano poi anche altri acquisti forzosi,<br />

sempre a prezzi fissati unilateralmente,<br />

per il mantenimento del governatore<br />

con il suo stato <strong>maggio</strong>re. … Non stupisce<br />

il detto di Catone secondo il quale la<br />

Sicilia era il granaio della Repubblica, la<br />

nutrice a cui il popolo romano si è nutrito.<br />

… Roma riscuoteva anche il dazio del<br />

5 per cento ad valorem su tutte le merci<br />

ricevute o spedite da qualsiasi porto siciliano.<br />

Infine le varie comunità erano tenute<br />

a fornire una piccola flotta destinata<br />

a proteggere i porti contro i pirati. … I<br />

siciliani dovevano anche pagare delle<br />

proprie imposte locali. Le comunità siciliane<br />

avevano a loro carico tutte le spese<br />

relative agli edifici pubblici, alle forniture<br />

idriche, al culto, alle feste e altre opere<br />

di pubblica utilità.”<br />

Peggio della politica tributaria del governo<br />

Monti!<br />

Non c’è da meravigliarsi se in queste<br />

condizioni nei paesi allora più progrediti<br />

vennero a mancare le risorse per la ricerca<br />

scientifica e tecnologica.<br />

Fu così che ebbe inizio un letargo plurisecolare<br />

della scienza e della tecnologia?<br />

Russo non lo dice, né mi sento, sulla<br />

base delle mie conoscenze e delle mie<br />

competenze di affermarlo io. E’ solo un<br />

sospetto.


www.isiciliani.it<br />

Politica/ Grillo e il partito-azienda<br />

La grande illusione<br />

di una rivoluzione<br />

che non c’è<br />

Allora. Diciamo la banalità<br />

delle banalità.<br />

M5S non è Beppe Grillo.<br />

E’ così? No, ho appena<br />

detto una minchiata...<br />

di Pietro Orsatti<br />

orsattipietro.wordpress.com<br />

M5S è Beppe Grillo (tanto) e una<br />

creatura della Casaleggio Associati<br />

(moltissimo). E’ inutile che segnali le<br />

centinaia di casi di censure, epurazioni,<br />

“cerchi magici” al pesto che hanno<br />

segnato la formazione delle gloriose liste<br />

grilline, basta cercare in rete per<br />

trovarne a bizzeffe di post e articoli se<br />

ne avete voglia e stomaco. E’ inutile ricordare<br />

che praticamente tutte le liste<br />

siano state sottoposte alla supervisione<br />

dell’onnipresente Gianroberto Casaleggio<br />

(ma non ce l’ha un lavoro, o il<br />

suo lavoro è questo?). Ed è inutile ricordare<br />

il collegamento simbolico e sostanziale<br />

che c’è nel simbolo fra Grillo<br />

e il movimento. Grillo e M5S e M5S<br />

senza Grillo farebbe la fine del Pdl<br />

senza Berlusconi e ancora più velocemente.<br />

Quindi M5S è un partito personale?<br />

Non c’è dubbio. E come Forza Italia nel<br />

’93 è nato grazie a una struttura aziendale<br />

specializzata nel marketing e nella<br />

pubblicità. Perché con le dovute cautele<br />

Casaleggio Associati nel suo piccolo è la<br />

versione web di Publitalia.<br />

Certo, c’è una differenza sostanziale<br />

fra un Marcello Dell’Utri e Gianroberto<br />

Casaleggio, per storia e formazione. E<br />

anche per quanto riguarda le relazioni<br />

pericolose. Dell’Utri lo sanno pure in<br />

Botswana chi è, di Gianroberto, con la<br />

sua aria da studente fuori corso, non si<br />

può certo dire che sia neppure paragonabile<br />

nel male all’”intermediario”.<br />

Ma non facciamoci illusioni. Se non<br />

c’è niente di oscuro o discutibile sulla<br />

Casaleggio, non si può dire che la società<br />

sia così piccola e ininfluente. E che questo<br />

aspetto aziendale venga tenuto ossessivamente<br />

coperto la dice lunga sull’operazione<br />

politica in atto. Andiamo a leggere<br />

un pezzetto dell’inchiesta del 2010.<br />

Chi sono le figure chiave<br />

“Per capire di cosa stiamo parlando è<br />

necessario svelare prima chi sono le figure<br />

chiave della Casaleggio Associati oggi<br />

e della Webegg prima. Partendo da Enrico<br />

Sassoon, giornalista, dal 1977 al 2003<br />

nel gruppo Il Sole-24 Ore, già direttore<br />

responsabile di L’Impresa-Rivista Italiana<br />

di Management, della rivista Impresa<br />

Ambiente e del settimanale Mondo Economico.<br />

Dal suo curriculum pubblico apprend-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 84<br />

iamo anche che «è stato direttore<br />

scientifico del gruppo Il Sole-24 Ore».<br />

Nel 1998 Sassoon è amministratore delegato<br />

dell’American Chamber of Commerce<br />

in Italy, di fatto una lobby indirizzata<br />

a favorire i rapporti commerciali<br />

delle corporation americane in Italia e il<br />

cui presidente è tuttora il vice di<br />

Microsoft Italia, Umberto Paolucci. Proprio<br />

nel consiglio di amministrazione<br />

dell’American Chamber of Commerce in<br />

Italy si comprende quale sia uno dei fattori<br />

di successo nelle relazioni della Casaleggio<br />

Associati.<br />

Exxon, Fox, Impregilo...<br />

Oltre a Paolucci compaiono nel 1998<br />

altri personaggi di grande spessore. La lista<br />

pubblicata al momento della nomina<br />

di Sasson vedeva, fra gli altri: Gian Battista<br />

Merlo, presidente e amministratore<br />

delegato Exxon Mobil Mediterranea Srl;<br />

Gianmaria Donà dalle Rose, amministratore<br />

delegato Twentieth Century Fox<br />

Home Entertainment Italia; Massimiliano<br />

Magrini, country manager Google Italia;<br />

Luciano Martucci, presidente e amministratore<br />

delegato Ibm Italia Spa; Gina<br />

Nieri, consigliere di amministrazione<br />

Mediaset Spa; Maria Pierdicchi, direttore<br />

generale Standard & Poor’s; Massimo<br />

Ponzellini, presidente Impregilo Spa;<br />

Cristina Ravelli, country legal director<br />

The Walt Disney Co. Italia Spa; Dario<br />

Rinero, presidente e amministratore delegato<br />

Coca-Cola Hbc Italia Srl; Cesare<br />

Romiti, presidente onorario Rcs”.


E ancora (ricordatevi, siamo nel 2010):<br />

“Oggi nell’American Chamber of<br />

Commerce in Italy troviamo altre figure<br />

di spicco come Gianluca Comin, dirigente<br />

Enel, e Giuseppe Cattaneo dell’Aspen<br />

Institute Italia, il prestigioso pensatoio,<br />

creatura di Gianni Letta, presieduto da<br />

Giulio Tremonti. E l’Aspen Institute<br />

pesa, ovunque agisca. Luogo di incontro<br />

fra intellettuali, economisti, politici,<br />

scienziati e imprese. Nell’Aspen transita<br />

l’élite italiana, che faccia riferimento al<br />

centro-destra o al centro-sinistra.<br />

Con quali finalità?<br />

«L’internazionalizzazione della leadership<br />

imprenditoriale, politica e culturale<br />

del paese attraverso un libero confronto<br />

tra idee e provenienze diverse per identificare<br />

e promuovere valori, conoscenze e<br />

interessi comuni», si legge nella mission<br />

dell’istituto.<br />

E in che modo?<br />

«Il “metodo Aspen” privilegia il confronto<br />

e il dibattito “a porte chiuse”, favorisce<br />

le relazioni interpersonali e consente<br />

un effettivo aggiornamento dei<br />

temi in discussione. Attorno al tavolo<br />

Aspen discutono leader del mondo industriale,<br />

economico, finanziario, politico,<br />

sociale e culturale in condizioni di assoluta<br />

riservatezza e di libertà espressiva»”.<br />

www.isiciliani.it<br />

Sorvoliamo poi sul board di clienti della<br />

Casaleggio (ne trovate ampia documentazione<br />

nell’inchiesta). E con questo<br />

diventa ben chiaro quale sia l’origine del<br />

fenomeno politico Grillo e del suo impianto<br />

di marketing. Perfettamente mirato<br />

sul target dello scontento. Dell’antipartitocrazia.<br />

I clienti della Casaleggio<br />

Quindi M5S non è un partito? Non lo è<br />

formalmente (dovrebbe far congressi,<br />

avere una parvenza di dibattito democratico<br />

interno, ecc.) ma sostanzialmente è<br />

una struttura partitica a conduzione<br />

aziendale. Con un testimonial/ padrone e<br />

un’organizzazione privatistica aziendale<br />

a controllare contenuti, messaggi e consenso<br />

e dissenso interno fino alle candidature<br />

minute nel più sperduto comune<br />

dove si è presentato il “movimento”.<br />

M5S è di fatto un partito moderno, mediatico,<br />

post ideologico e padronale<br />

come lo è stato Forza Italia e la Lega.<br />

Punto. Tutto il resto sono minchiate.<br />

Fra l’altro non è neanche vagamente<br />

progressista. Anzi. Sembra rifarsi più, e<br />

spesso ci sono punti di contatto non solo<br />

verbali ma anche sostanziali, con una destra<br />

che da “sociale” e “radicale” si è tra-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 85<br />

“Una roba<br />

grossa<br />

e con cui<br />

fare i conti”<br />

L'inchiesta originale completa<br />

su Micromega n.5/ 2010.<br />

sformata in meramente “antieuropeista”,<br />

xenofoba, egoista.<br />

Non ci facciamo ingannare dai messaggi<br />

ecologisti lanciati da Grillo a spron<br />

battuto. Grillo in questo momento è più<br />

vicino alla figlia di Le Pen che a Sel (e<br />

infatti Grillo è ossessionato da Vendola e<br />

lo attacca in ogni occasione perché<br />

colpevolmente gay, per l’integrazione dei<br />

migranti, europeista solidale e soprattutto<br />

che pesca anche lui nel suo bacino<br />

elettorale).<br />

Bene, ora in molte città italiane M5S<br />

ha superato il 10%. A Parma ha vinto.<br />

Una roba grossa e con cui fare i conti.<br />

Ma non mi venite a dire che è una roba<br />

nuova, che è una rivoluzione.<br />

Perché quando si hanno rapporti con<br />

multinazionali, soggetti come Enamics,<br />

American Chamber of Commerce in Italy,<br />

Sole24 ore e Aspen Institute (quanti<br />

membri dell’attuale governo hanno gli<br />

stessi rapporti?) di nuovo c’è solo il silenzio<br />

sornione di Gianni Letta.<br />

Che non c’entra nulla, il vecchio Gianni,<br />

ma che è il fondatore e motore di<br />

quell’Aspen che piace tanto sia a un certo<br />

Mieli di Rcs che a una certa Annunziata<br />

recentemente salita all’Huffington<br />

Post. Amen.


www.isiciliani.it<br />

Politica<br />

Il partito di Falcone<br />

e dei ragazzini<br />

In Sicilia, trent'anni fa.<br />

E forse, senza saperlo,<br />

anche ora<br />

"Il partito di Falcone e dei ragazzini"<br />

non aveva un comitato centrale o uno<br />

stemma, ma in realtà era l'unico partito<br />

esistente in Sicilia, oltre alla mafia.<br />

Il rumore di fondo, in quegli anni, era<br />

costituito dalle dichiarazioni dei sindaci<br />

che escludevano l'esistenza della mafia<br />

nella loro città, dai giornali ad azionariato<br />

mafioso che invocavano silenzio, dalla<br />

brava gente che lavorava chiassosamente<br />

all'autodistruzione della sinistra, e dai colpi<br />

di pistola.<br />

Furono i ragazzini di Palermo a<br />

scendere in campo per primi. Il liceo<br />

Meli, l'Einstein, il Galilei, poi via via tutti<br />

gli altri. Si passava sotto il Palazzo di<br />

Giustizia e il corteo,che fino a quel momento<br />

aveva gridato a voce altissima i<br />

Nomi, faceva improvvisamente silenzio.<br />

Là dentro lavoravano i nostri magistrati.<br />

Falcone, Borsellino, Di Lello, Ayala, Agata<br />

Consoli, Conte: metà del Partito erano<br />

loro. L'altra metà, i liceali.<br />

A Catania, fra il 1984 e il 1986, furono<br />

almeno cento i ragazzi che in una maniera<br />

o nell'altra parteciparono, da militanti, alle<br />

iniziative dei <strong>Siciliani</strong> Giovani: furono i<br />

primi a gridare in piazza i nomi dei Cavalieri<br />

e a lavorare quotidianamente - il volantino,il<br />

centro sociale, l'assemblea - per<br />

strappargli dagli artigli la città.<br />

A Gela, a Niscemi, a Castellammare del<br />

Golfo, nei paesini dove i padroni hanno la<br />

dittatura militare, essi vennero fuori e lottarono,<br />

paese per paese e città per città.<br />

"La Sicilia non è mafiosa - affermavano<br />

orgogliosamente - La Sicilia è militarmente<br />

occupata dalla mafia". La Sicilia,<br />

dove ancora nel 1969 un ragazzo poteva<br />

essere dal padre boss mafioso perchè era<br />

iscritto alla Fgci. La Sicilia che ha<br />

combattuto, che non s'è arresa mai.<br />

Ha combattuto, ed ha fatto politica, ha<br />

ragionato. La politica come partecipazione,<br />

come trasversalità, come sociatà civile<br />

nasce nelle lotte palermitane e catanesi di<br />

quegli anni: oggi è common sense dappertutto.<br />

La fine del vecchio ceto politico, di<br />

tutta la vecchia storia, fu intuita per la prima<br />

volta qui. Non è un caso se il movimento<br />

studentesco, due anni fa, è ripartito<br />

da Palermo, e se là dura tuttora.<br />

Fu intuita per la prima volta qui<br />

Non è un caso se Palermo è l'unica città<br />

d'Italia dove sia cresciuta un'opposizione<br />

di massa, dove l'opposizione sia vincente.<br />

Non è un caso se a Catania il più totale<br />

black-out di tv e stampa non riesca - due<br />

volte in due anni - a fermare i candidati<br />

dell'opposizione. Non è un caso se a Capo<br />

d'Orlando i commercianti si ribellano, non<br />

è un caso se a Gela gli studenti restano organizzati;<br />

e non è un caso se a Palermo la<br />

gente non reagisce invocando la pena di<br />

morte ma individuando lucidamente le responsabilità<br />

dei politici di governo e prendendosela<br />

con loro.<br />

Dal 1983 - e sono ormai nove anni - in<br />

Sicilia è in atto, con alti e bassi ma con<br />

una sostanziale continuità; non ancora<br />

<strong>maggio</strong>ritario ma già ben lontano dal minoritarismo.<br />

- un vero e proprio<br />

movimento di liberazione. Contro la mafia,<br />

ma anche contro tutto ciò che essa<br />

porta con sé.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 86<br />

Questo movimento avrebbe potuto<br />

essere esattamente l'anello che mancava<br />

alla sinistra italiana, il punto di partenza<br />

per ricostruire tutto. Invece, è rimasto<br />

solo. Solo a livello di palazzi, di comitati<br />

centrali, di radical-chic, di giornali: non a<br />

livello di ragazzini.<br />

Domani, ad esempio - ma non è una novità,<br />

perchè avviene regolarmente ogni<br />

settimana - c'è assemblea dei liceali<br />

dell'Antimafia a Roma. Sono i soli, in Italia,<br />

a non avere paura dello sfascio. Perché<br />

sanno che c'è una classe dirigente<br />

pronta a prendere la responsabilità del<br />

Paese anche domattina, se fosse necessario<br />

- e non è detto che non lo sia.<br />

Orlando, Claudio Fava, Carmine Mancuso,<br />

Dalla Chiesa? Sì: ma anche - e soprattutto<br />

- Davide Camarrone del liceo<br />

Meli, Antonio Cimino di Corso Calatafimi,<br />

Fabio Passiglia, Nuccio Fazio, Vito<br />

Mercadante, Angela Lo Canto, Carmelo<br />

Ferrarotto di <strong>Siciliani</strong> Giovani, Nando Calaciura,<br />

Tano Abela, il professor D'Urso:<br />

avete mai letto questi nomi sui giornali?<br />

Benissimo. Infatti, neanche i nomi dei primi<br />

socialisti uscivano sui giornali,<br />

cent'anni fa.<br />

Una metà del "partito" oggi non c'è più.<br />

Martelli, il giudice Carnevale, Pannella e<br />

Cossiga sono riusciti, ognuno con i suoi<br />

mezzi, a svuotare il Palazzo dai nostri magistrati<br />

e lo stesso Falcone, ben prima<br />

d'essere ucciso, era già stato messo in<br />

condizione di non essere più quello di prima.<br />

Dei "vecchi", solo Borsellino e Conte<br />

sono rimasti al loro posto. Ma nel frattempo<br />

sono cresciuti i Felice Lima, i Di Pietro,<br />

i Casson.<br />

(Avvenimenti, gennaio 1992)


www.isiciliani.it<br />

Politica<br />

Napoli Milano<br />

Palermo<br />

“L'aria della città rende<br />

liberi...”. Tante<br />

città diverse, ciascuna<br />

fatta a suo modo, tutte<br />

con un'aria nuova<br />

Tunisi, Atene, Parigi. Napoli, Milano,<br />

Palermo. Il filo è questo. In Europa,<br />

i popoli che vogliono disperatamente<br />

salvarsi dalla crisi. Intuendo<br />

che non è più la crisi di un governo o<br />

di una politica, ma proprio la crisi globale<br />

di un sistema. Davvero – pensa la<br />

gente comune – dobbiamo essere governati<br />

dalle banche, così alla cieca?<br />

Davvero “pensano loro a tutto”?<br />

Le domande di svolta della vecchia<br />

Europa. Nel 1789, nel Quarantotto. Senza<br />

soluzioni apparenti (non subito, almeno)<br />

ma con un’idea chiarissima, travolgente:<br />

“non più coi vecchi nobili, non più<br />

con loro”. “E’ una sommossa, direi”.<br />

“Non, sire, c’est une révolution”.<br />

Una nazione di città<br />

Milano, Napoli, Palermo. Tre città italiane.<br />

Non stati di fantasia, non macroregioni.<br />

L’Italia, infatti, è una nazione di<br />

città – si è italiani per questo. Un popolo<br />

di antica cialtronaggine (fan presto a<br />

gabbarci ogni volta i Berlusconi, i Bossi,<br />

i Mussolini) ma d’altrettanto antica saggezza.<br />

L’Italia sa riflettere, messa alle<br />

strette. Sa usare i mezzi che trova. Non la<br />

protesta generica, il “tutti uguali” (che<br />

c’è pure peraltro: e ci mancherebbe) ma<br />

la grande arma dei popoli, la kratèia del<br />

dèmos: il voto.<br />

Se si analizza adesso, a fase conclusa,<br />

lo scheletro delle tre elezioni si rimane<br />

sorpresi da un lato dal dilettantismo e superficialità<br />

delle “forze politiche” (il<br />

“terzo polo”, la “grande Padania”, il<br />

“meno male che c’è il Capo”, il “Consorte<br />

facci sognare”, e anche i vari Il Mio<br />

Partito - di Vendola, di Di Pietro, di Beppe<br />

Grillo, di Fini...); e dall’altro dalla<br />

maturità degli elettori, italiani “apolitici”<br />

e qualunquisti” napoletani.<br />

Non protesta generica<br />

A Napoli, non scheda bianca o protesta<br />

generico ma disciplinata convergenza sul<br />

candidato democratico e civile, e non demagogico,<br />

un magistrato. A Milano, ritorno<br />

senza mezzi termini alla Sinistra<br />

socialdemocratica (nel Dna di ogni grande<br />

e civile città europea), ma una sinistra<br />

non inciucista e “alla moda”, non dalemata.<br />

A Palermo, dopo tre mesi di buffe<br />

chiacchiere dei “politici” (“vogliamo un<br />

Renzi anche noi” - “parliamo di cose<br />

nuove, siamo modenni!” – “un euro e il<br />

candidato lo scegli tu!”) Il popolo brutalmente<br />

ha risposto: “Qui, o mafia o antimafia.<br />

Viva Orlando!”.<br />

Al militante sessantenne, udendo le<br />

voci eccitate dei ragazzi che gli davano<br />

le percentuali al telefoto, veniva in mente<br />

un vecchio striscione di vent’anni fa, in<br />

una facoltà occupata di Roma: “Fieri di<br />

essere siciliani”; quello degli studenti<br />

della Pantera, il movimento nato a Palermo<br />

che incendiò nel ’93 tutta Italia. E gli<br />

si inumidivano gli occhi, al vecchio coglione.<br />

Problemi da risolvere ce ne sono tanti.<br />

Ma sono i problemi del costruire, non<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 87<br />

della rassegnazione. Ci sono fascisti ad<br />

Atene (per non dire in Francia). Ma sono<br />

minoritari, sotto controllo. Teniamoli<br />

d’occhio, e non facciamoci incantare dagli<br />

allarmi in mala fede di chi ha tollerato<br />

per vent’anni i fascisti Bossi, Maroni e<br />

La Russa.<br />

Il pericolo fascista per noi non sta Atene:<br />

sta a Verona, dove l’amico dei naziskin<br />

Tosi ha vinto le elezioni; sta nei miliardari<br />

che rispondono alla Bastiglia facendo<br />

crollare le Borse; sta in quel paesino<br />

della Brianza dove un sindaco del Pd<br />

caccia i bambini poveri dalle scuole, e<br />

ancora non è stato espulso con disonore.<br />

Il partito dell'antimafia<br />

Non contro i partiti. Ma neanche coi<br />

partiti. Usando con abilità i partiti, come<br />

a Napoli, come a Milano, come a Palermo,<br />

ma essendo capaci di dare al momento<br />

opportuno – come De Magistris,<br />

come Pisapia, come Orlando – la zampata<br />

decisiva. Non sulla strada rozza e povera,<br />

e parassitaria, di un Grillo ma su<br />

quella forte e vincente di un Nenni, di un<br />

Berlinguer, di un Sandro Pertini.<br />

Altro che antipolitica. Ad Atene, a un<br />

certo punto, in giacca ma senza cravatta,<br />

sale i gradini del palazzo di governo il<br />

leader di Democrazia Proletaria. A Parigi<br />

si canta in piazza, ed è <strong>maggio</strong>.<br />

A Palermo, il partito dell’antimafia torna<br />

attraversando le piazze dove vent’anni<br />

fa piangemmo Falcone e Borsellino. Torna<br />

alla testa di un popolo che vuole sopravvivere<br />

e vivere, e che non ha dimenticato.<br />

(<strong>maggio</strong> <strong>2012</strong>)


www.isiciliani.it<br />

Maria Falcone<br />

“Qui Lombardo<br />

non è gradito”<br />

Siamo nelle ore convulse<br />

fra Brindisi e Palermo.<br />

La strage di<br />

vent'anni fa, la strage<br />

di ora. Ci si prepara a<br />

ricordare Falcone: ma<br />

come? Autorità (anche<br />

inquisite) e notabili, o<br />

<strong>giovani</strong> e movimento<br />

popolare?<br />

di Emanuele Midolo<br />

Agoravox<br />

Vent’anni fa: 17:58, 23 <strong>maggio</strong> 1992.<br />

E’ stato quel giorno, nell’istante stesso<br />

che separa l’ordine elettronico dato ad<br />

un detonatore e l’esplosione dell’ordigno,<br />

che qualcosa si è interrotto:<br />

l’omertà. Il rispetto. L’innocenza. La<br />

vita di Giovanni Falcone, Francesca<br />

Morvillo, e di tre uomini della loro<br />

scorta. E qualcos’altro invece è cominciato:<br />

le bombe. Le stragi. La caccia<br />

all’uomo. La Seconda Repubblica.<br />

Quante cose può distruggere mezza<br />

tonnellata di tritolo? Tante, troppe.<br />

La vita di Maria Falcone è finita quel<br />

giorno. E poi - lentamente, nonostante<br />

tutto - è ricominciata. All’epoca insegnava<br />

economia e diritto nei licei. È stata lei,<br />

la sorella di Giovanni, a volere fortemente<br />

la Fondazione Giovanni e Francesca<br />

Falcone, nata a Palermo il 10 dicembre<br />

di quello stesso anno maledetto: il ‘92.<br />

Quattro anni dopo la Fondazione ha ottenuto<br />

un importantissimo (ed ambitissimo)<br />

riconoscimento dall’ONU, che ha<br />

concesso lo status di ONG, organizzazione<br />

non governativa, al Consiglio Economico<br />

e Sociale delle Nazioni Unite.<br />

Ogni anno, da vent’anni a questa parte,<br />

la Fondazione organizza una serie di<br />

eventi per commemorare quella strage.<br />

Ma non solo, perché l’organizzazione si<br />

occupa della promozione di attività culturali,<br />

di ricerca e di studio; rappresenta,<br />

come ha detto più volte la stessa Maria<br />

Falcone, “tutti i morti per mafia”, ed è<br />

impegnata nello “sviluppo di una cultura<br />

antimafiosa nella società, e nei <strong>giovani</strong><br />

in particolare”.<br />

Il 23 <strong>maggio</strong> le celebrazioni dell’anniversario,<br />

in occasione del ventennale,<br />

hanno un significato particolare. È notizia<br />

di qualche giorno fa che il Presidente<br />

della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo,<br />

non ha ricevuto l’invito alla commemorazione,<br />

a differenza di altre importanti<br />

cariche. “Non è persona<br />

gradita”. Maria Falcone, interrogata dai<br />

giornalisti sul motivo del gesto, ha commentato:<br />

“La fondazione Giovanni e Francesca<br />

Falcone che rappresenta tutti i morti per<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 88<br />

mafia non può permettersi d' invitare persone<br />

che sono sospettate di avere avuto<br />

contatti con Cosa nostra. A prescindere<br />

da come vada a finire l'udienza preliminare<br />

in cui il giudice deciderà se rinviare<br />

a giudizio Lombardo non possiamo avere<br />

tra gli invitati una persona per cui una<br />

procura ha chiesto il rinvio a giudizio per<br />

mafia. Sarebbe stato un bel gesto da parte<br />

di Lombardo dimettersi dalla carica<br />

che ricopre''.<br />

L'inchiesta Iblis<br />

Lombardo è indagato dalla procura di<br />

Catania nell’inchiesta Iblis (“Diavolo” in<br />

arabo). Tutto ha inizio il 29 marzo 2010,<br />

quando un articolo de La Repubblica rivela:<br />

“Lombardo sotto inchiesta a Catania.<br />

Concorso esterno con la mafia”. Il<br />

fascicolo aperto dal procuratore Salvatore<br />

D’Agata si basa su un rapporto di tremila<br />

pagine redatto dai carabinieri del<br />

Ros, frutto di oltre due anni di indagini.<br />

Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo,<br />

deputato Mpa, sono indagati per concorso<br />

esterno in associazione mafiosa.<br />

L’indagine procede finché il procuratore<br />

Michelangelo Patanè e l’aggiunto Carmelo<br />

Zuccaro decidono di esautorare i<br />

quattro pm titolari dell’inchiesta; stralciano<br />

la posizione dei fratelli Lombardo<br />

(derubricando il reato a “voto di scambio”)<br />

e chiedono l’archiviazione. Richiesta<br />

che il Gip di Catania Luigi Barone ha<br />

respinto, disponendo invece l’imputazione<br />

coatta.


L’udienza preliminare è stata rinviata<br />

al 24 <strong>maggio</strong>. Coincidenze.<br />

Al Governatore verrà chiesta spiegazione<br />

dei suoi “rapporti diretti e indiretti<br />

con rappresentanti di Cosa Nostra”, rapporti<br />

non solo documentati, ma “provati<br />

in punta di fatto”, come hanno scritto i<br />

pm. Un contatto per niente “occasionale,<br />

né marginale”, anzi. I magistrati lo<br />

definiscono “cospicuo, diretto e<br />

continuativo”, volto ad assicurare “il costante<br />

e consistente appoggio elettorale<br />

della criminalità organizzata”.<br />

Gli ospiti della festa<br />

Le prove. I carabinieri filmano la festa<br />

in onore di Angelo Lombardo, eletto deputato,<br />

che arriva al party con un Suv di<br />

grossa cilindrata (una Audi Q7 intestata<br />

all’Mpa), e si intrattiene con ospiti poco<br />

“raccomandabili”. Ma soprattutto i carabinieri<br />

registrano. Registrano le telefonate<br />

dei boss: Vincenzo Aiello, ritenuto uno<br />

dei capi di Cosa Nostra a Catania (secondo<br />

alcuni, addirittura il capo dei capi,<br />

eletto da Nitto Santapaola in persona);<br />

Raffaele Bevilacqua, boss di Enna; Rosario<br />

Di Dio, considerato un “esponente di<br />

primissimo piano” del clan Ercolano<br />

Santapaola.<br />

“Da me all’una e mezza di notte è venuto.<br />

Ed è stato due ore e mezza qua da<br />

me, dall’una e mezza alle quattro di mattina.<br />

Si è mangiato sette sigarette”, dice<br />

quest’ultimo ai suoi picciotti, parlando di<br />

Raffaele Lombardo, “Raf” per gli amici.<br />

www.isiciliani.it<br />

Come per il boss Bevilacqua, già assessore<br />

provinciale DC, esponente di spicco<br />

del “gotha della mafia nissena”, che con<br />

Lombardo prende appuntamenti e ha diversi<br />

scambi telefonici.<br />

Legami accertati, dunque. Intercettazioni<br />

telefoniche, filmati. Ma Lombardo<br />

respinge tutte le accuse, liquida l’intero<br />

quadro probatorio: “Si tratta di un complotto<br />

politico”. Un’ipotesi sostenuta<br />

tenacemente anche da Gioacchino Genchi,<br />

già consulente proprio per le stragi<br />

di Capaci e Via D’Amelio, che ha accettato<br />

l’incarico di difendere il Presidente<br />

siciliano (fatto insolito per il perito, che<br />

non ha mai fornito consulenze private,<br />

ma ha sempre lavorato per l’Autorità<br />

Giudiziaria). Genchi denuncia “un complotto<br />

di dimensioni titaniche” a danno di<br />

Lombardo e afferma di poter dimostrare<br />

che le accuse a suo carico sono “infondate”.<br />

Si vedrà.<br />

Quelle relazioni pericolose<br />

Restano intanto quelle telefonate, quegli<br />

incontri nel cuore della notte, quelle<br />

relazioni pericolose. E resta la volontà,<br />

da parte di Maria Falcone, di non scendere<br />

a compromessi. Un’ostinazione che a<br />

quanto pare è un fattore genetico nella<br />

famiglia Falcone. E che non viene meno<br />

neppure quando in gioco vi sono personaggi<br />

che fanno paura. Che si chiamino<br />

Aiello, Lombardo o “Iblis”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 89<br />

Memoria<br />

COSI' SCRISSE LUISA,<br />

TERZA B, 13 ANNI<br />

Peppino Impastato era un giovane,<br />

nato in una famiglia di mafiosi, che decise<br />

di ribellarsi all'omertà e alla mafia<br />

stessa perché per lui aveva dei principi<br />

sbagliati. Lui sperava in un mondo giusto,<br />

senza traffici di droga e senza ricatti.<br />

Questo lo portò ai conflitti con il padre<br />

e con la famiglia e alla morte, saltato in<br />

aria con del tritolo. La sua morte fu presto<br />

fatta passare come un suicidio e<br />

sembrava che tutto ciò che quel giovane<br />

insignificante aveva fatto fosse stato<br />

cancellato. La mafia aveva vinto e aveva<br />

messo tutto a tacere come sempre. Sarebbe<br />

finita così la storia se non fosse<br />

stato per un piccolo particolare: Peppino<br />

aveva portato speranza nei cuori della<br />

gente e la speranza non seppe tacere,<br />

la speranza doveva manifestarsi. Essa<br />

diventò la base di una nuova "guerra"<br />

contro la mafia e in onore del giovane<br />

Peppino. Così ancora oggi la "guerra"<br />

continua e grazie alla speranza lasciata<br />

da Peppino e tramandata di generazione<br />

in generazione un giorno batteremo<br />

la mafia e renderemo il mondo un posto<br />

migliore.<br />

Ma la lotta di Peppino non era solo<br />

contro la mafia e contro il conformismo;<br />

lui combatteva anche contro chi sogna<br />

di migliorare il mondo seduto su una sedia.<br />

Lui infatti ci ha insegnato a rincorrerli,<br />

i sogni; ci ha insegnato a rimboccarci<br />

le maniche e a lottare fino ad essere<br />

stremati. Io credo che questo significhi<br />

vivere, questo è quello che ci rende<br />

importanti. Se nessuno inseguisse i propri<br />

sogni non ci sarebbero i cantanti, i<br />

musicisti, i ballerini, gli attori, gli scrittori,<br />

i politici onesti perché questi anziché<br />

cantare, suonare, ballare, recitare, scrivere,<br />

preoccuparsi del bene di tutti sarebbero<br />

seduti su una sedia ad immaginare<br />

di realizzare i loro sogni senza concludere<br />

nulla.<br />

Questo non vuol dire che se si combatte<br />

e ci si impegna si può ottenere tutto,<br />

ma se si sta sulla sedia l'unica cosa<br />

che si otterrà sarà il rimpianto di non<br />

averci provato, di aver perso tempo.<br />

Così, quando sarai vicino alla morte non<br />

dirai "avrei potuto...", ma dirai "ho vissuto".<br />

Infatti io credo che vivere, e non sopravvivere,<br />

significhi proprio questo: lottare<br />

per i nostri ideali e i nostri sogni,<br />

avere speranza non solo nel cuore, ma<br />

in tutto il corpo e nell'anima, tanta speranza<br />

da riuscire a tramandarla ai nostri<br />

figli che inseguiranno i loro sogni con<br />

tutte le loro forze e forse, chissà, riusciranno<br />

a farli diventare realtà.<br />

www.nandodallachiesa.it


Antimafia<br />

Una giornata<br />

in Sicilia<br />

Cinisi, nove <strong>maggio</strong>.<br />

Torneremo a parlarne<br />

fra un anno, di Peppino?<br />

E gli altri 364<br />

giorni? Riflessioni su<br />

una giornata di lotta,<br />

di contraddizioni e tutto<br />

sommato soprattutto<br />

di speranza<br />

di Salvo Vitale<br />

www.peppinoimpastato.com<br />

9 <strong>maggio</strong>, una giornata dedicata<br />

“alle vittime del terrorismo”, ricordando<br />

l’assassinio di Aldo Moro per<br />

mano delle Brigate Rosse, nello stesso<br />

giorno della morte di Peppino Impastato.<br />

L’Associazione Impastato ha<br />

scritto, a suo tempo, una lettera al Presidente<br />

della Repubblica, invitandolo a<br />

rimandare la norma in Parlamento, e<br />

a farla integrare con l’aggiunta “alle<br />

vittime della mafia”, perché anche i<br />

delitti mafiosi sono tipici esempi di terrorismo:<br />

in tal senso il giorno dell’omicidio<br />

di Moro e di Impastato avrebbe<br />

trovato una perfetta sintesi di significato,<br />

ma sinora nessuna risposta.<br />

www.isiciliani.it<br />

Con incredibili voli pindarici si è cercato<br />

di creare connessione tra i due fatti,<br />

di inventarsi che Badalamenti era stato<br />

chiamato da qualche esponente politico<br />

per cercare, attraverso qualche mafioso<br />

in carcere, a contatto con brigatisti in<br />

carcere, di mediare con i terroristi e che<br />

avrebbe deciso di uccidere Peppino, perché<br />

sapeva della decisione di uccidere<br />

Moro , così che l’omicidio di Peppino sarebbe<br />

passato in silenzio, sommerso<br />

dall’importanza data al primo.<br />

A queste fantasie, ( in siciliano “minchiate”),<br />

ne sono state aggiunte altre,<br />

come quella secondo cui la morte del padre<br />

di Peppino sarebbe stata decisa ed<br />

eseguita dai mafiosi di Cinisi per avere<br />

mano libera nell’eliminazione del figlio:<br />

e così un semplice incidente automobilistico<br />

è diventato un delitto. Si potrebbe<br />

continuare di questo passo su tutta una<br />

serie di altri “depistaggi” di cui Peppino<br />

è stato vittima, e che non sono solo quelli<br />

fatti al momento della sua morte, quando<br />

è stato spacciato per un terrorista. Ma<br />

torniamo alla giornata.<br />

Le fantasie e i depistaggi<br />

In mattinata un gruppo di sindaci, che<br />

non erano cento, come annunciato prima,<br />

si è recato al casolare in cui sono state<br />

trovate le tracce di sangue di Peppino e<br />

che, dopo decenni di abbandono, dopo<br />

che l’Associazione Impastato ne ha chiesto<br />

e ottenuto il vincolo, dovrebbe diventare<br />

un luogo della memoria.<br />

Il proprietario, il farmacista Venuti, si è<br />

forse montato la testa per questo posto di<br />

poche centinaia di metri quadrati, che<br />

confina con la ferrovia, è inedificabile e<br />

non vale niente, ed ha chiesto una cifra<br />

esorbitante, al punto che la Regione ha<br />

deciso di procedere all’esproprio.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 90<br />

Non si sa quanto verrà offerto, se il<br />

proprietario farà ricorso, e quindi se i<br />

tempi si allungheranno, così come non si<br />

conoscono le intenzioni di utilizzo e di<br />

strutturazione: ci si augura che il posto<br />

rimanga così com’è, perché altrimenti<br />

perderebbe interamente le sue storiche<br />

caratteristiche di luogo in cui è avvenuto<br />

il delitto.<br />

Dopo di ciò i sindaci si sono recati, seguiti<br />

da una massa di studenti, presso la<br />

casa di don Tano ed hanno scoperto un<br />

manifesto in cui c’era scritta una poesia<br />

di Umberto Santino, intitolata “Neppure<br />

un passo”, scritta in polemica con il titolo<br />

del film “I cento passi”.<br />

Paradossalmente, sul marciapiede è<br />

stata posta la prima di cento mattonelle<br />

che dovrebbero arrivare alla casa di Peppino,<br />

secondo un progetto chiamato “I<br />

cento pensieri di Peppino”, non si sa se<br />

pensieri reali o supposti.<br />

E’ qui il problema di fondo che divide<br />

molti dei compagni di Peppino da suo<br />

fratello e che, anche quest’anno ha portato<br />

ad iniziative separate: la pretesa di sapere<br />

cosa Peppino avrebbe fatto, cosa<br />

avrebbe scelto o cosa avrebbe detto, il<br />

sentirsi depositari unici della memoria di<br />

Peppino che, a seconda delle circostanze,<br />

diventa un non violento, uno che rispetta<br />

le forze dell’ordine, un ateo sì, ma dotato<br />

di religiosità, un artista, un uomo politico,<br />

uno che crede nelle istituzioni, nelle<br />

quali ha cercato di entrare con la scelta<br />

elettorale, un esempio di legalità ecc.<br />

Quindi no ai cento passi, sì alle cento<br />

mattonelle.<br />

Perché in parte divisi<br />

Sono incongruenze difficili da capire.<br />

Così com’è difficile capire l’apprezzamento<br />

verso il film con questa nota critica.


La poesia di Santino, citata , proprio il<br />

giorno prima, nel corso del forum<br />

sull’identità di Peppino, così recita:<br />

“I cento passi<br />

che non hai mai percorso<br />

perché non occorreva<br />

neppure un passo<br />

per ritrovare dentro di te<br />

il sangue dei padri<br />

la voce antica<br />

che raccontava<br />

guerre familiari<br />

atrocità palesi<br />

e complicità segrete<br />

che bisognava chiudere gli occhi per non vederle.<br />

Ora vogliono importi<br />

un’icona che non ti appartiene<br />

e consolare il tuo isolamento<br />

con parole che nascondono<br />

distanze incolmabili<br />

tra storie diverse.<br />

L’amore che non hai avuto<br />

ci obbliga a risponderti:<br />

le guerre non sono finite<br />

e il silenzio dei vili<br />

continua a inquinare il pianeta<br />

ma la tua figura distrutta<br />

si ricompone lungo un binario<br />

che corre per il mondo,<br />

misura del desiderio.<br />

Peppino ridotto a un’icona che non gli<br />

appartiene. Ecco il punto. Il progetto è<br />

comunque di ampio respiro, è stato finanziato,<br />

come annunciato, con 250.000<br />

euro dalla Fondazione per il Sud, assieme<br />

al Museo della ndrangheta di Reggio<br />

Calabria, e prevede la creazione di “pietre<br />

dell’inciampo” (!) con idee, frasi, immagini<br />

forniti dagli studenti , con “totem<br />

multimediali” (!) , vicini alle parrocchie<br />

(!), che conterranno informazioni sulle<br />

iniziative socio-culturali dei luoghi e un<br />

“portale online” (!) che dovrebbe costituire<br />

un sito per ispirare, promuovere e<br />

realizzare la lotta alle mafie.<br />

I sindaci se ne sono poi andati, perché<br />

al corteo del pomeriggio ne sono stati vi-<br />

www.isiciliani.it<br />

sti pochissimi. Intanto sull’altro fronte,<br />

cioè su quello del Forum Antimafia, nella<br />

stessa casa del boss, che il Forum ha<br />

battezzato, unilateralmente, ”Casa Nove<br />

<strong>maggio</strong>”, si parlava dei problemi dei No-<br />

Tav in Val di Susa, dai cui paesi è intervenuta<br />

una folta delegazione, della crisi<br />

che sta strangolando i ceti più deboli e di<br />

una serie di drammatiche realtà in lotta<br />

per la perdita o per la difesa del posto di<br />

lavoro.<br />

Anche in questa occasione si sono contemporaneamente<br />

intraviste due concezioni<br />

diverse di concepire la lotta alla<br />

mafia come problema sociale di scontro<br />

col potere o come momento istituzionale<br />

e commemorativo.<br />

Società e istituzioni<br />

Nel pomeriggio, dalla sede di Radio<br />

Aut, a Terrasini, è partito il corteo, con<br />

un numero di partecipanti che ogni anno<br />

ormai si può dire costante, circa quattromila,<br />

provenienti da tutta Italia, ma, nonostante<br />

le dichiarazioni di apertura al<br />

territorio, gli abitanti di Cinisi, come al<br />

solito, erano pochissimi: è giusto, comunque,<br />

rilevare che ce n’erano tanti alla<br />

veglia di preghiera con don Ciotti. Così<br />

come ce n’erano tanti a far casino per le<br />

strade per lo scudetto della Juventus.<br />

Come ogni anno è stata idealmente<br />

riaccesa la Radio Aut da Salvo. Il corteo<br />

è snodato per le strade di Terrasini, festoso<br />

in qualche parte, incazzato in qualche<br />

altra, con una serie di striscioni di realtà<br />

in lotta e con lo slogan ossessivamente<br />

ripetuto: “Peppino è vivo e lotta insieme<br />

a noi, le nostre idee non moriranno mai”.<br />

Si è presentato Leoluca Orlando, al<br />

quale è stato fatto qualche fischio: qualcuno<br />

ha gridato: “Fuori i democristiani<br />

dal corteo,” dimenticando che Orlando<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 91<br />

“Ma alla fine<br />

un momento<br />

tutti insieme”<br />

non è democristiano da più di vent’anni e<br />

che la sua candidatura ha spaccato e demolito<br />

i partiti di potere in Sicilia. Molti<br />

fischi invece a Ferrandelli, il giovane<br />

rampante del PD, che contenderà ad Orlando<br />

la poltrona di sindaco al ballottaggio<br />

e che, di Orlando è stato un pupillo.<br />

Stesso copione del primo <strong>maggio</strong> a Portella<br />

della Ginestra e, in buona parte,<br />

stessi protagonisti. Inopportuni fischi e<br />

inopportune conseguenti polemiche. La<br />

notizia non è data dai fischi, ma dalla costante<br />

presenza di tanta gente che dice un<br />

no convinto alla mafia ed è il segno della<br />

Sicilia che vuol cambiare.<br />

Il corteo si è concluso con un intervento,<br />

dal balcone della casa “Nove<br />

Maggio” , di Felicetta Vitale, moglie di<br />

Giovanni Impastato e presidentessa di<br />

“Casa Memoria” e con la lettura di un<br />

documento finale del Forum Sociale Antimafia<br />

fatta da Salvo Vitale. Il sindaco<br />

ha chiuso tutto con un frettoloso saluto.<br />

Questa volta nessuna polemica. I due<br />

gruppi che hanno dato vita alle iniziative<br />

per il nove <strong>maggio</strong> nel nome di Peppino<br />

e che hanno portato avanti diversi programmi,<br />

senza incontrarsi e senza scontrarsi,<br />

hanno trovato un momento di sintesi,<br />

anche nel corteo, così come lo avevano<br />

trovato due giorni prima per la<br />

commemorazione di Guido Orlando, un<br />

compagno di Peppino recentemente<br />

scomparso.<br />

Un ricordo e un lungo applauso è stato<br />

fatto per Vittorio Arrigoni, ucciso in Palestina<br />

lo scorso anno, poco prima della<br />

sua venuta a Cinisi e per Guido Orlando.<br />

In serata, mentre i ragazzi del Forum<br />

consumavano un pezzo di sfincione preparato<br />

nella “ Casa nove <strong>maggio</strong>”, i Modena<br />

City Ramblers, che non erano tutti e<br />

sette, ma solo tre, hanno chiuso, con un<br />

concerto in piazza, le manifestazioni di<br />

quest’anno.


Antimafia<br />

Ricordo<br />

di Roberto<br />

Morrione<br />

Un anno fa, quella malattia contro la<br />

quale ha combattuto con la solita grinta,<br />

si portava via Roberto Morrione. E da un<br />

anno Roberto ci manca.<br />

Ci vorrebbe molto spazio per descrivere<br />

dove e quando, ma forse bastano poche<br />

righe per farlo capire. Non ci sono<br />

più i suoi ragionamenti senza tante parafrasi<br />

e che arrivavano subito all’obiettivo<br />

da raggiungere; ci manca la linearità dei<br />

suoi ragionamenti ma anche la sua capacità<br />

ed autorevolezza, in grado com’era<br />

di organizzare in poco tempo le persone<br />

ed i percorsi per realizzare un programma<br />

di lavoro.<br />

Conoscenza consapevole<br />

Ci mancano le sue attenzioni ai minimi<br />

particolari e le intuizioni per, ad esempio,<br />

impostare un articolo pungente o un titolo<br />

da dare ad una iniziativa che desse fastidio<br />

ai mafiosi , ai loro sistemi di potere.<br />

Ci manca, essenzialmente, la sua persona<br />

sempre presente ed entusiasta, contento<br />

d’aver ricominciato da capo<br />

un’impresa, come Libera Informazione e<br />

di vederla crescere giorno dopo giorno,<br />

www.isiciliani.it<br />

Roberto Morrione, maestro di giornalismo e militante<br />

antimafioso, ha dato in questi anni un<br />

contributo grandissimo a tutti noi combattendo<br />

per la verità e la giustizia e formando <strong>giovani</strong><br />

giornalisti e militanti capaci di continuare il suo<br />

cammino di Santo Della Volpe<br />

con tanti <strong>giovani</strong> e persone altrettanto<br />

entusiaste.<br />

Di Roberto abbiamo cercato di continuare<br />

un’opera che riteniamo importante:<br />

e le vicende di questi giorni ci confortano,<br />

purtroppo, nella convinzione che ci<br />

sia molto da fare per l’informazione pulita<br />

in questo paese.<br />

Perché le notizie arrivino in modo capillare<br />

dai territori dove le mafie operano<br />

e lavorano in profondità, inquinando la<br />

società e l’economia. Per scovarli e metterli<br />

in difficoltà, per contribuire a distruggerle<br />

le mafie organizzate.<br />

E perché l’indignazione che sale dalle<br />

persone per bene e dai <strong>giovani</strong> colpiti<br />

dalle bombe di Brindisi, trovi spazio e<br />

degna rappresentazione; e non finisca<br />

solo in rabbia cieca, ma in conoscenza;<br />

consapevoli, come ci ricordava Roberto,<br />

che solo il ragionamento unito all’entusiasmo<br />

possono far conoscere e battere i<br />

fenomeni mafioso/terroristici. Anche, e<br />

forse soprattutto, quando producono sofferenze<br />

e attentati dolorosi.<br />

Continueremo a scrivere ed ad informare<br />

con l’attenzione alle persone, ai più<br />

deboli e sofferenti, ai percorsi difficili<br />

dei familiari delle vittime di mafia: per<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 92<br />

parlare con loro e farli protagonisti di un<br />

riscatto che sappiamo poter aiutare con il<br />

nostro portale ed le nostre neglette.<br />

E per denunciare con coraggio e schiena<br />

dritta, le intrusioni e le infiltrazioni<br />

mafiose nell’economia, le arroganze dei<br />

potenti nella politica, la violenza mafiosa,<br />

le collusioni tra mafia e imprenditoria<br />

corrotta.<br />

Schiena dritta e coraggio<br />

Non rinunceremo mai a mettere in evidenza<br />

gli aspetti positivi e nuovi nella<br />

lotta alle mafie, con le istituzioni che si<br />

schierano e lavorano per la legalità e la<br />

verità. Verità e giustizia,lavoro e democrazia,<br />

Costituzione. I nostri fari e punti<br />

di riferimento, da Roberto e per il futuro<br />

che vogliamo migliore di questi anni difficili.<br />

Roberto ci manca; ma sappiamo che è<br />

con noi ogni giorno del nostro lavoro e<br />

della nostra attività. Il giorno nel quale<br />

avremo sconfitto la corruzione e la violenza<br />

mafiosa, sapremo di averlo fatto<br />

con lui: ed anche per lui, Roberto Morrione,<br />

un grande maestro.


www.isiciliani.it<br />

IL FILO<br />

Perché i comunisti<br />

hanno vinto<br />

di Giuseppe Fava<br />

I giornali e i politici si chiedevano – e siamo nel<br />

'75: mezzo secolo fa – come mai improvvisamen-<br />

te gli elettori avessero abbandonato tutto d'un<br />

colpo il Potere di allora, la Dc...<br />

____________________________________<br />

La Fondazione Fava<br />

La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />

vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />

con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />

scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />

l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />

di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />

sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />

la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />

Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />

Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />

o altri testi, o acquistare i libri<br />

della Fondazione, scrivere a<br />

elenafava@fondazionefava.it<br />

mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />

____________________________________<br />

Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />

Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />

quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />

sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />

operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Senza retorica, senza celebrazioni,<br />

semplicemente uno strumento<br />

di lavoro. Serio, concreto<br />

e utile: nel nostro stile.<br />

Mi volete spiegare perché un<br />

uomo, un cittadino che da anni vede<br />

gli enti pubblici gonfiarsi di racco-<br />

mandati, lenoni della politica, imbro-<br />

glioni, gabelloti dei partiti, e vede<br />

l'amministrazione onesta paralizzata<br />

dalla faida di potere a tutti i livelli, e<br />

vede le opere pubbliche boicottate e<br />

annientate dalla paura che ogni uomo<br />

politico nutre ch'essa opera pubblica<br />

possa servire al concorrente, e vede i<br />

quartieri della città trasformati in lan-<br />

de di scorreria per teppisti d'ogni età;<br />

perché quest'uomo cittadino che pos-<br />

sibilmente è anche povero e galantuo-<br />

mo e non riesce a trovare lavoro one-<br />

sto, e vede i raccomandati, i lacché, i<br />

vassalli politici scavalcarlo continua-<br />

mente negli esami, nei concorsi, nel<br />

diritto civile alla vita; quest 'uomo<br />

che magari è stato ricoverato una vol-<br />

ta in ospedale o vi ha condotto un fi-<br />

glio o un padre, e ha visto i topi cam-<br />

minare sotto i letti, e gli esseri umani<br />

agonizzare perché mancava un litro<br />

di sangue, mentre duemila, tremila<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 93<br />

impiegati politici divorano ogni mese<br />

miliardi di pubblico denaro,<br />

quest'uomo povero, fiducioso,<br />

perseguitato, che per anni e anni ha<br />

votato per la democrazia accanendosi<br />

a sperare che da una settimana<br />

all'altra, da un anno all'altro, tutto<br />

potesse cambiare, e infine ha<br />

fanaticamente votato fascista per<br />

esprimere la sua disperazione e<br />

nemmeno allora è successo niente,<br />

nessuno ha raccolto il monito<br />

drammatico.<br />

Perché non dovrebbe?<br />

Perché quest'uomo così ridotto e<br />

ferito come essere vivente e come cit-<br />

tadino ora, in questa occasione eletto-<br />

rale, non dovrebbe votare comunista?<br />

E così per anni e decenni, per mesi<br />

e per giorni, e per infinite occasioni,<br />

infinite illusioni e speranze, gli italia-<br />

ni (e i catanesi) hanno perdonato e re-<br />

stituito la fiducia, e nutrita la speran-<br />

za che tutto stesse veramente per<br />

cambiare.<br />

E non è cambiato niente mai, e la<br />

disperazione ha preso il cuore di mi-<br />

lioni di cittadini, e io questo posso<br />

scriverlo onestamente perché la di-<br />

sperazione ancora non mi ha vinto.<br />

(21 giugno 1975)


I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />

www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Rivista di politica, attualità e cultura<br />

Fatta da:<br />

Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Mazzeo,<br />

Giovanni Abbagnato, Anna Bucca, Norma Ferrara, Michela<br />

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e Massimiliano Nicosia mnicosia@isiciliani.it<br />

Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

(da un'idea di C.Fava e R.Orioles)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 94<br />

redazione@isiciliani.it


Nel 1984 gli imprenditori siciliani non facevano<br />

pubblicità sui giornali antimafiosi. E ora?<br />

Un tempo, gli imprenditori siciliani non facevano pubblicità<br />

sui giornali antimafiosi. Perciò i giornali come I <strong>Siciliani</strong><br />

alla fine dovevano chiudere. Nessun giornale può sopravvivere<br />

senza pubblicità, per quanto fedeli siamo i suoi lettori.<br />

Noi facciamo la nostra parte. Voi, fate la vostra.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 95


www.isiciliani.it<br />

“L'Italia<br />

è una<br />

Repubblica<br />

democratica,<br />

fondata<br />

sul lavoro”<br />

pag.96

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