estratto antologia.pdf - ICS Quasimodo Oberdan
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avvicinai, gli toccai la spalla e cadde su di un lato, come un peso<br />
morto, scoprendo su quello stesso marciapiede un laccio emostatico e una siringa.<br />
-Cazzo, questa è eroina!<br />
Cominciai a urlare, corsi al primo bar, chiesi aiuto al proprietario.<br />
-Chiamate 'na sfaccimme d'ambulanza, muviteve!<br />
Ritornai da Tore, era sempre più bianco, vidi della schiuma uscire dalla sua bocca, rimasi<br />
fermo a piangere, singhiozzavo, tremavo, mentre dalla sua bocca usciva sempre più<br />
schiuma. Furono minuti di panico, ero con vinto che da lì a poche ore avrei perso anche<br />
lui.<br />
Si riprese poche ore dopo, eravamo in tanti attorno a quel suo lettone di ferro<br />
arrugginito del vecchio Policlinico. C'era la madre in lacrime che stringeva un'immagine<br />
di san Gennaro.<br />
Tra una visita e l'altra restammo alcuni minuti da soli, lui era imbarazzato, teneva lo<br />
sguardo basso, aveva scritto sugli occhi che quella bravata non era da lui, che l'eroina era<br />
solo un pretesto per evadere sempre di più, ma sapeva che era un vizio che lo avrebbe<br />
fatto secco, un passatempo da stupidi.<br />
-Cosa ti sei messo in testa? Volevi lasciarmi solo? Tu non puoi lasciarmi. Io te lo vieto!<br />
Non puoi rendermi questa vita ancora più di merda. Ne abbiamo fatte di stronzate<br />
assieme, ci riprenderemo, ci rifaremo, tu ne uscirai vivo, ancora più forte.<br />
Cominciò a piangere, sempre a testa bassa, singhiozzando.<br />
- Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Tutti ti prendevano in giro perché eri strano,<br />
troppo alto per i tuoi dodici anni, ti chiamavano zombie, Frankenstein, 'o capitone, mentre<br />
ti ridevano in faccia. Per me invece non eri altro che un ragazzo come tanti. Mi davi<br />
sicurezza sapevo che starti vicino mi salvava il culo perché mai nessuno avrebbe avuto il<br />
coraggio di toccare un mostro. E’ vero, ti ho usato per anni come scudo. Lo sai, in<br />
questo rione di merda la prima cosa che devi fare è trovarti un riparo sicuro, anche una<br />
persona sicura. Tu lo sei sempre stato per me, coi tuoi centosettanta centimetri di ossa e<br />
capelli lunghi. Uscivi da quello scantinato sempre triste. Ti ricordi quando cominciammo<br />
a frequentarci, ti ricordi cosa mi ripetevi tutti i giorni?<br />
-Che ero stufo di vivere in una fogna, di vedere mia madre invecchiare da sola mentre<br />
mio padre preferiva altre donne.<br />
-E che eri stufo della puzza di tua nonna che si cagava sotto e ti macchiava il letto. La<br />
tua non è mai stata una vita facile, però non puoi arrenderti così, non puoi buttare tutto<br />
via per una cazzo di dose di merda. Rimettiti in sesto. Non lasciarmi da solo con una<br />
Moto Guzzi senza nessuno al volante!<br />
Ci guardammo per alcuni secondi, lui sorrise, io lo seguii; dalla finestra di quella stanza<br />
d'ospedale arrivava, probabilmente da un'auto parcheggiata, una musica familiare, e una<br />
donna intonava Lucio Battisti. Quella voce mi ricordava i lunghi sorrisi di Franco.<br />
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