estratto antologia.pdf - ICS Quasimodo Oberdan
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Indice<br />
INVITO ALLA LETTURA di Vito Pecoraro<br />
PREMESSA di Piero Carbone, Donatella Lombardo, Silvia Messina<br />
Scimmie di Alessandro Gallo<br />
Notizie biografiche sull’autore<br />
Lettura1-ZIA TITINA<br />
Lettura 2- LE SCELTE DI PUMMARÒ<br />
Lettura 3- SIGARETTE SPORCHE<br />
Lettura 4-… E POI SORRIDERE<br />
Intervista all’autore<br />
Luigi che sempre ti penza. Piccole cronache di un emigrante (in<br />
sette movimenti) di Gigi Borruso<br />
Notizie biografiche sull’autore<br />
Lettura1- PICCHI’ Ú QUATTRU?<br />
Lettura 2- SCUSA SE NON TI STO VICINO<br />
Intervista all’autore<br />
Lucky Strike. Fiabe ecologiche per grandi e piccini di Ambrogio<br />
Orlando<br />
Notizie biografiche sull’autore<br />
Lettura1- FIUME CHIARO<br />
Lettura 2- LUCKY STRIKE<br />
Intervista all’autore<br />
3<br />
5<br />
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9<br />
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22<br />
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27<br />
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30<br />
36<br />
41<br />
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Invito alla lettura<br />
Vito Pecoraro<br />
Dirigente Scolastico I.C.S. “<strong>Quasimodo</strong>-<strong>Oberdan</strong>”<br />
"Strana scomparsa, quella della lettura a voce alta …<br />
Le nostre parole hanno bisogno di corpo!<br />
I nostri libri hanno bisogno di vita!"<br />
(Daniel Pennac)<br />
L’Antologia sentimentale dei lettori sognanti è nata dalla consapevolezza dell'importanza<br />
non solo culturale, ma anche sociale, della ricerca e dell'individuazione dei mezzi più<br />
efficaci perché i/le giovani acquisiscano un atteggiamento positivo nei confronti della<br />
lettura, tale da valorizzarne gli aspetti piacevoli e da svilupparne l'intrinseco interesse. Il<br />
progetto ha permesso agli/alle alunne/i di apprezzare il fascino della narrazione in<br />
un'epoca in cui, forse, non si gode più neanche del racconto accanto al letto prima di<br />
addormentarsi.<br />
Per suscitare una progressiva disponibilità alla lettura e per scoprire gradatamente<br />
il fascino ed il piacere del testo, è stata avviata un'attività di "lettura stimolante" .<br />
L'educazione alla lettura non deve essere vista come esclusivo obiettivo<br />
dell'educazione linguistica e dell'insegnante di Lettere, ma deve divenire momento<br />
trasversale a tutte le discipline attraverso l'incentivazione della motivazione a un leggere<br />
che coinvolga i processi cognitivi e quelli affettivo-emotivi per elevare i/le giovani ai<br />
valori della cultura. È necessario perciò suscitare nell'alunna/o una progressiva<br />
disponibilità alla lettura sia per acquisire e consolidare conoscenze, sia per scoprire<br />
gradatamente il fascino ed il piacere del testo; l'alunna/o potrà così acquisire capacità di<br />
giudizio e leggere per il piacere di leggere e per il piacere d'imparare, scoprendo il libro<br />
come apertura sull'immaginario e sui saperi dell'uomo.<br />
Il piacere della lettura comporta infatti il raggiungimento, attraverso una naturale<br />
progressione nella competenza personale, della capacità di comprensione, di confronto e<br />
di rielaborazione dei testi scritti, l'affinamento della sensibilità estetica e del senso critico,<br />
lo sviluppo di abilità complesse che contribuiscono alla crescita globale ed equilibrata<br />
3
dell'uomo e del cittadino, il quale, comprendendo<br />
profondamente i messaggi da cui è sollecitato, analizza, confronta, riflette, decide<br />
autonomamente.<br />
Elegia delle donne morte di Beatrice Monroy, Non con un lamento. Peppino Impastato.<br />
Vertigini di memorie di Giorgio Di Vita, Scimmie di Alessandro Gallo, Luigi che sempre ti<br />
penza. Piccole cronache di un emigrante (in sette movimenti) di Gigi Borruso, Lucky Strike. Fiabe<br />
ecologiche per grandi e piccini di Ambrogio Orlando… cinque testi estremamente differenti<br />
l’uno dall’altro, scritti da personalità differenti che hanno offerto il loro mondo ai giovani<br />
lettori e alle giovani lettrici… La scoperta di questi mondi è stata una conquista, loro e<br />
nostra!<br />
4
Premessa<br />
Piero Carbone, Donatella Lombardo, Silvia Messina<br />
L’Antologia sentimentale dei lettori sognanti si distingue per vari motivi.<br />
In primo luogo è frutto del lavoro di 36 allievi dell’ I.C.S. “<strong>Quasimodo</strong>-<strong>Oberdan</strong>” che si<br />
sono impegnati sia come lettori sia come scrittori nel leggere criticamente i libri proposti.<br />
Infatti, ciascun brano scelto è preceduto da un riassunto e accompagnato da un<br />
commento che hanno la funzione di aiutare il lettore dell’<strong>antologia</strong> a focalizzare un<br />
particolare del testo attraverso cui interpretare la vicenda narrata.<br />
In questo senso, la definizione di “lettori sognanti” trova giustificazione proprio nel fatto<br />
che i “nostri” lettori sono stati in grado di svolgere il loro lavoro con metodo, ma<br />
soprattutto lasciandosi guidare dal piacere della lettura e dell’immaginazione, mettendo<br />
alla prova le loro capacità interpretative e critiche.<br />
Il secondo elemento di distinzione dell’Antologia è rappresentato dall’apparato<br />
illustrativo. All’interno del testo sono presenti disegni e illustrazioni prodotti dai “lettori<br />
sognanti”: soffermandosi su dettagli della narrazione dei brani scelti, hanno cercato di<br />
tradurli in immagini. Questo elemento, a nostro avviso, dona all’intera <strong>antologia</strong><br />
genuinità e freschezza, perfettamente in linea con lo scopo del concorso “La scuola<br />
adotta un libro”.<br />
Ciò che si è voluto creare è un’<strong>antologia</strong> fatta da giovani lettori per lettori giovani.<br />
L’apparato iconografico è stato impreziosito dai disegni dell’artista Peppe Miceli posti ad<br />
apertura delle sezioni relative ai libri selezionati. Le suggestive immagini da lui prodotte,<br />
a seguito del dialogo con i giovani lettori, rappresentano un ulteriore elemento, non solo<br />
di grande valore estetico, ma anche interpretativo. I disegni di Peppe Miceli sono il frutto<br />
di un approccio che vuole essere fedele al testo scritto attraverso la capacità di cogliere<br />
immagini pregnanti delle vicende raccontate.<br />
A completamento di questo gioco interpretativo dei brani, sono state inserite le interviste<br />
agli autori. I giovani lettori hanno posto agli scrittori domande mirate e dirette con lo<br />
scopo di mettere a nudo le scelte dell’autore sulle storie narrate, sul rapporto tra esse e le<br />
esperienze di vita dell’autore, sullo stile narrativo adottato.<br />
Il lavoro di gruppo dei lettori sognanti<br />
I testi di Navarra Editore scelti per partecipare al concorso si sono rivelati molto intensi<br />
sia nei contenuti sia nella forma.<br />
5
I libri, diversi tra loro, hanno portato i giovani lettori a<br />
confrontarsi con tematiche difficili: la violenza sulle donne, la presenza di minori nella<br />
malavita, l’uso delle droghe, la prostituzione etc., ma anche con altre a loro più vicine<br />
quali l’amicizia, l’amore, il desiderio di appartenenza a un gruppo, la ricerca di una<br />
propria identità, il rapporto con l’ambiente e così via.<br />
I libri scelti sono i seguenti:<br />
Beatrice Monroy, Elegia delle donne morte<br />
Giorgio Di Vita, Non con un lamento. Peppino Impastato. Vertigini di memorie<br />
Alessandro Gallo, Scimmie<br />
Gigi Borruso, Luigi che sempre ti penza. Piccole cronache di un emigrante (in sette movimenti)<br />
Ambrogio Orlando, Lucky Strike. Fiabe ecologiche per grandi e piccini<br />
Gli studenti dell’ I.C.S. “<strong>Quasimodo</strong>-<strong>Oberdan</strong>”, appartenenti alle classi 2H e 3H, sono<br />
stati divisi all’interno delle due classi in gruppi di lavoro. A ciascuno di essi è stato<br />
assegnato un libro da leggere, analizzare e commentare.<br />
Tutti i libri sono stati letti in entrambe le classi, ad eccezione di quelli di Gigi Borruso e<br />
Ambrogio Orlando, letti solo in 2H.<br />
Ogni gruppo di lettura ha quindi letto attentamente il libro e scelto due brani da<br />
riassumere, commentare e illustrare.<br />
Guida ai lettori<br />
Si è scelto di articolare l’<strong>antologia</strong> in sezioni, ognuna delle quali corrispondente ad un<br />
libro.<br />
Ciascuna sezione è introdotta dal titolo del libro, dal nome dell’autore e dalla<br />
copertina disegnata dall’artista Peppe Miceli.<br />
Seguono le notizie biografiche dell’autore e i brani scelti.<br />
Ciascun brano è identificato da un numero progressivo e da un titolo appositamente<br />
scelto. Dopo il titolo, posto dentro un riquadro colorato, si trova il riassunto del brano,<br />
che ha la funzione di dare le coordinate narrative per la comprensione del testo.<br />
A seguire viene riportato tra virgolette il passo scelto, e subito dopo il commento.<br />
A conclusione di ciascuna sezione vi è l’intervista all’autore.<br />
A questo punto, non ci resta che augurarvi buona lettura. Lasciatevi trasportare in questo<br />
viaggio “sognante”. Scusate le imperfezioni. Abbiamo voluto che si respirassero nelle<br />
pagine la spontaneità e la freschezza, ravvisabili nelle imprecisioni di penne acerbe,<br />
sperando di proiettarvi in una dimensione onirica coinvolgente.<br />
6
ALESSANDRO GALLO<br />
SCIMMIE<br />
7
NOTIZIE BIOGRAFICHE SULL’AUTORE<br />
Alessandro Gallo<br />
Nasce a Napoli nel 1986.<br />
Nel 2011 consegue la Laurea Magistrale in “Discipline<br />
dello spettacolo dal vivo” dell’Università di Bologna.<br />
Autore, attore e regista ha collaborato con i registi: Fabio<br />
Acca, Mario Gelardi, Claudio Longhi, Vanda Monaco,<br />
Adriano Sforzi.<br />
Ha fondato a Bologna l’associazione<br />
culturale ZEROCINQUEUNO per la promozione e la<br />
diffusione di eventi di spettacolo dal vivo, con particolare<br />
interesse al teatro e alla scrittura d’impegno civile ideando<br />
progetti di teatro educativo per le scuole superiori e i centri giovanili come il laboratorio<br />
di teatro e scrittura per la legalità “Vi raccontiamo le mafie”. Progetti di arte per il<br />
sociale, in particolare la mostra spettacolo “No fixed Abode”.<br />
Ha curato l’<strong>antologia</strong> La parola liberata dalle mafie (Ed. Caracò, 2011) e come scrittore<br />
all’<strong>antologia</strong> La giusta parte a cura di Mario Gelardi (Ed. Caracò, 2011). Ha pubblicato il<br />
suo primo romanzo dal titolo Agguantame (Ed. Il punto di partenza, 2009) e con il suo<br />
romanzo Scimmie ha vinto il concorso “Giri di parole” di Navarra Editore.<br />
Come autore, attore e regista di teatro ha diretto il laboratori di teatro, ha vinto, con lo<br />
spettacolo “Tufo” il Premio “Miseno” 2008; con il riadattamento teatrale del suo<br />
romanzo Agguantame, si è aggiudicato il Premio “Miseno” 2010 e, con lo spettacolo<br />
“Vrènzule” , è arrivato semifinalista al Premio “Scenario” 2009.<br />
Come autore per il cinema si è aggiudicato il Premio “Musae” 2007 con il video<br />
“Pummarò” e il Premio “Musae” 2008 con il video “This is not a Play”.<br />
8
LETTURA<br />
1<br />
ZIA TITINA<br />
Scimmie” parla di tre giovani ragazzi che credendo la malavita fosse la strada giusta<br />
per arricchirsi, cominciano a rubare e a delimitare la loro zona d’azione. L’obiettivo è<br />
quello di “scalare la piramide” per raggiungere gli apici della Camorra. Però, dopo<br />
una serie di eventi che comportano la morte di uno dei ragazzi e l’overdose di un<br />
altro, e dopo l’incontro di Pummarò con Giancarlo, l’unico superstite dei tre ragazzi<br />
comincia ad avere le idee ben chiare su quello che realmente è la Camorra.<br />
Nel brano che leggerete, Bacchettone, Panzarotto e Pummarò cominciano a rubare, a<br />
prendersela con gli altri e a fare i prepotenti. Ma non lo facevano più nella loro solita<br />
panchina, nella solita piazza, bensì in un nuovo territorio, Santa Croce. Avevano<br />
mirato a quella zona perché era un punto da cui passava molta gente.<br />
Dopo aver compiuto l’ennesima rapina, in questo caso una moto Guzzi, Panzarotto<br />
aveva deciso di fermarsi alla rosticceria di zia Titina, dove lavorava la sua amata,<br />
Filomena. Bacchettone e Pummarò speravano che questa fosse la volta buona che<br />
Panzarotto si dichiarasse. Ma successe bel altro quel giorno! Dovete sapere che la<br />
Camorra aveva concesso a zia Titina di stare in un ricco quartiere, dove c’era molto<br />
afflusso di persone, per questo la rosticceria prosperava. Ma, per qualche ragione, i<br />
camorristi volevano dare l’avvertimento alla zia che era ora di sloggiare. Così diedero<br />
fuoco alla rosticceria mentre Panzarotto e la sua amata erano dentro. I pompieri<br />
rinvennero i cadaveri e l’atroce supposizione venne presto confermata. Al funerale<br />
c’erano tutti, persino i camorristi, e sulla panchina dove i ragazzi erano soliti riunirsi<br />
c’erano fiori di tutti i colori.<br />
“Voi non potete immaginare che panzerotti fa zia Titina, la rosticceria in piazza Medaglie<br />
d'Oro. Dorati come una pietra preziosa e croccanti al punto giusto. Farciti con della<br />
mozzarella ca è a fine do munne. Mozzarella di bufala, vi posso assicurare che è mozzarella<br />
di bufala", questo ci ripeteva continuamente il nostro Panzarotto... "E poi come mi fa<br />
impazzire la figlia di zia Titina. Quello il panzerotto già è buono di per sé, se poi a<br />
servirtelo ci sta Filomena allora non puoi dire di no. […]<br />
La zia Titina era una signora speciale, sembrava una maga, sempre piena di gioielli su<br />
tutto il corpo, portava due enormi orecchini, tondi, tutti d'oro e degli anelli al polso che<br />
se ti menava un cazzotto rischiavi di finire in coma per giorni. Era grossa, era chiatta ma<br />
9
ella, centinaia di chili di morbidezza. Tutti i clienti la<br />
salutavano sempre dicendole: "buongiorno signora bella, stamattina siete ancora più<br />
bella". Ci stava perfino chi le baciava la mano. Spesso capitava che qualche cliente, dopo<br />
aver mangiato il panzerotto, non solo non pagava ma addirittura veniva invitato dietro al<br />
laboratorio a non so che cosa fare. […]<br />
Panzarotto era un ragazzo timido, pur di vedere tutti i giorni la figlia della proprietaria<br />
della rosticceria fu capace, un giorno, di mangiarsi cinquanta panzerotti. Ricordo che una<br />
sera, mentre scappavamo da uno scippo sulla Riviera di Chiaia, stava rischiando di farsi<br />
beccare perché nel correre tutti i panzerotti pensarono bene di fare come il Vesuvio con<br />
Pompei […]. Innamorato perso, era innamorato perso sia del panzerotto che della<br />
cassiera. Eppure non aveva mai avuto il coraggio di parlare con lei Al massimo, le uniche<br />
parole che riusciva a pronunciare erano:<br />
-Quanto ti devo? - e giustamente Filomena rispondeva:<br />
-Il solito, quello che paghi sempre, cinquecento lire.<br />
-Filomena era la classica ragazza che tutti avrebbero voluto sposarsi. Bella, alta,<br />
lavoratrice e dolce. Diciamo che era un sogno impossibile da realizzare per il nostro<br />
Franco, eppure noi ogni volta che ci parlava di farle la corte noi non lo scoraggiavamo<br />
mai, anche se sapevamo che ci sarebbe tornato indietro al più presto. Il tempo di salire<br />
sul primo autobus direzione rione.<br />
-Quanto tempo gli dai?<br />
-Un'oretta, il tempo di mangiarsi il solito panzerotto e prendere l'autobus notturno.<br />
Eppure quella sera non fu così: ore ventitre, Panzarotto non si vedeva arrivare. Ore<br />
ventiquattro, di Panzarotto neanche l'ombra. L'una di notte, cominciammo a convincerci<br />
che allora la fortuna girava anche dalla sua parte e che era finalmente riuscito a strappare<br />
una serata alla favolosa cassiera Filomena. Eravamo troppo curiosi, salimmo in moto per<br />
ripercorrere via Pigna. Fantasticavamo come dei matti su dove e come avremmo<br />
ritrovato il nostro amico Panzarotto. Arrivati al Vomero, la prima cosa che facemmo fu<br />
metterci nei panni di Panzarotto, anche se ci stavamo molto larghi:<br />
-Allora, visto che ha mangiato da fare schifo non dovrebbe avere portato Filomena in<br />
nessun ristorante.<br />
Anche se su questo non ne sarei tanto sicuro...<br />
-Teneve troppo 'o core dint 'o zucchero. Di sicuro avrà scelto un posto romantico. Sopra San<br />
Martino!<br />
San Martino è un posto meraviglioso di Napoli, dove sorge la Certosa dei d'Angiò e da<br />
dove si può ammirare l'intera città. Arrivammo sulla via panoramica in silenzio, a motore<br />
spento, onde evitare che potesse riconoscere la moto.<br />
10
Ma nulla, mai come questa volta non si vedevano ombre di<br />
nessuna coppia di ragazzi. Ne approfittammo per fermarci noi, un istante, a guardare<br />
quel fantastico panorama. […]<br />
Quando a un certo punto sentimmo delle sirene provenire da lontano. Una, due, tre<br />
sirene.<br />
-Cosa sarà successo?<br />
-Andiamo a vedere.<br />
-Panzarotto aspetterà. Jamme belle, ja!<br />
Ci rimettemmo sulla strada principale e come delle pecore ci attaccammo al gregge di<br />
due ruote che seguiva la camionetta dei pompieri. Percorremmo via Bernini direzione<br />
piazza Medaglie d'Oro. Da lontano si vedeva una colonna di fumo e fuoco che si<br />
innalzava spaventosamente. Sembrava l'inferno. Tra me e me pensai: e che cazzo, si<br />
finisce sempre per tornare in questa piazza?<br />
Facemmo mezzo giro, mezza luna della rotatoria per renderci conto che tutti si<br />
fermavano davanti all'ingresso della rosticceria di zia Titina. Fu lì che entrambi<br />
esclamammo:<br />
-Cazzo! Panzarotto, Panzarotto addò sta!<br />
Corremmo come dei matti ma arrivati a pochi passi dalla rosticceria la massa di cristiani<br />
era tanta che non riuscivamo a capire, a vedere:<br />
-Panzarotto, addò sta Panzarotto? Tu lo vedi? Dimmi che lo vedi.<br />
-No, non vedo niente.<br />
-Bacchettò fammi salire, su forza mettimi sulle tue spalle.<br />
Tore mi sollevò, sembravo un adolescente gasato durante un concerto dei Pink Floyd.<br />
La musica era sostituita dalle sirene e dai clacson, le star da vedere erano i pompieri in<br />
azione. Di Panzarotto non si vedeva l'ombra.<br />
-Scusate agente, ma ci sono feriti, morti?<br />
-Uagliò, la rosticceria era chiusa, non credo che troveremo altro che qualche zeppola ben<br />
cotta!<br />
-Menumale...<br />
Tirammo un sospiro di sollievo. Ci sedemmo su di una panchina a pochi passi<br />
dall'ingresso del locale di Titina," ormai ridotto a briciole. Tutto sembrava tornare<br />
lentamente alla normalità. I curiosi, una volta spento il fuoco, spensero anche la loro sete<br />
di sapere e se ne tornarono tutti alle loro case. Nell'aria c'era una strana puzza di fritto<br />
mischiata con l'odore di catrame bagnato. Si fecero le quattro del mattino del 20<br />
settembre 1985.<br />
Tutto a un tratto ci accorgemmo che un ristretto numero di pompieri cominciò a correre<br />
nuovamente in direzione della rosticceria.<br />
-Avanti forza, currite, ci stanne due cristiani qua sotto.<br />
11
-Sono due ragazzi!<br />
Io e Tore scattammo dalla panchina e c'imbucammo in quel caos di ferro e di fumo<br />
nell'attimo giusto in cui uno dei pompieri alzava una grossa trave di legno. Ci<br />
accorgemmo che da lì sotto sbucava una scarpa familiare, una Converse rossa, la stessa<br />
scarpa che portava al piede Panzarotto. I pompieri provavano a cacciarci ma io e Tore ci<br />
avvicinavamo a quella scarpa come ipnotizzati.<br />
In vita mia non ho mai sofferto per così pochi secondi come quel giorno. Secondi che<br />
furono pochi perché da lì a non so quanto tempo, non riesco neanche a quantificarlo,<br />
non ricordai più nulla. Sotto quelle macerie, sotto quei residui di palazzo bruciato<br />
vedemmo il nostro amico Panzarotto. Era lui, sotto a un tavolo ormai carbonizzato, che<br />
si teneva stretta la sua Filomena. Tutti e due avvinghiati l'uno all'altro. Sembrava che<br />
stessero sorridendo. Sembrava che stessero aspettando quella sera da tutta<br />
un'adolescenza:<br />
potersi abbracciare in<br />
silenzio, nel buio di<br />
un locale ormai<br />
chiuso. Questo<br />
fecero Panzarotto e<br />
Filomena. Decisero<br />
di restarci nel locale,<br />
chiudersi dentro e<br />
chissà, dare vita alla<br />
loro prima<br />
conoscenza, alla loro<br />
prima uscita di<br />
coppia che uscita in<br />
realtà non fu,<br />
trattandosi dello<br />
stesso luogo in cui il<br />
destino li aveva fatti<br />
incontrare. E in cui decise di farli morire”.<br />
(da Scimmie, Palermo, 2011, pp.31-36)<br />
12
IL COMMENTO<br />
di Davide Di Marco, Francesco Dell’Orzo,<br />
Vittorio Castelli, Matteo Di Fiore, Samuele Amato<br />
(classe 2h)<br />
Questa parte del libro è la più commovente, in quanto, proprio Panzarotto, il più debole<br />
del gruppo, la persona che più di tutti fra loro si era avvicinata di più alla verità, colui che<br />
non era convinto a rubare e a fare del male, morì in un incendio appiccato dalla Camorra<br />
stessa, che ha piegato quella vita che meno di tutte se lo meritava. Da questo brano<br />
emerge quanto la Camorra sia una piaga sociale che attira proprio chi è debole.<br />
LETTURA<br />
2<br />
LE SCELTE DI PUMMARÒ<br />
Pummarò trova rannicchiato su se stesso Bacchettone davanti alla lapide di<br />
Panzarotto. Si avvicina per consolarlo ma, appena gli posa una mano sulla spalla,<br />
quest’ultimo cade a terra con la schiuma alla bocca e una siringa conficcata nel<br />
braccio. Si era drogato, era evidente, e, dopo avere assunto la sua dose, era svenuto.<br />
Subito lo porta in ospedale e quando rinviene i due parlano a lungo e Bacchettone<br />
ammette di essere troppo sensibile per il tipo di vita che conducono, e perciò aveva<br />
cercato conforto nelle sostanze stupefacenti.<br />
Dopo di che Pummarò decide di seguire Giancarlo, un giornalista che gli aveva<br />
proposto di portarlo a conoscere veramente cosa fosse la Camorra, proprio la stessa<br />
Camorra che voleva imitare e che gli aveva arrecato così tanto dolore.<br />
“Seduto sul marciapiede poco lontano dalla panchina riconobbi Tore. Stava piegato su se<br />
stesso. Sembrava dormire. Lo chiamai ma non mi rispose, sembrava assente. Allora mi<br />
13
avvicinai, gli toccai la spalla e cadde su di un lato, come un peso<br />
morto, scoprendo su quello stesso marciapiede un laccio emostatico e una siringa.<br />
-Cazzo, questa è eroina!<br />
Cominciai a urlare, corsi al primo bar, chiesi aiuto al proprietario.<br />
-Chiamate 'na sfaccimme d'ambulanza, muviteve!<br />
Ritornai da Tore, era sempre più bianco, vidi della schiuma uscire dalla sua bocca, rimasi<br />
fermo a piangere, singhiozzavo, tremavo, mentre dalla sua bocca usciva sempre più<br />
schiuma. Furono minuti di panico, ero con vinto che da lì a poche ore avrei perso anche<br />
lui.<br />
Si riprese poche ore dopo, eravamo in tanti attorno a quel suo lettone di ferro<br />
arrugginito del vecchio Policlinico. C'era la madre in lacrime che stringeva un'immagine<br />
di san Gennaro.<br />
Tra una visita e l'altra restammo alcuni minuti da soli, lui era imbarazzato, teneva lo<br />
sguardo basso, aveva scritto sugli occhi che quella bravata non era da lui, che l'eroina era<br />
solo un pretesto per evadere sempre di più, ma sapeva che era un vizio che lo avrebbe<br />
fatto secco, un passatempo da stupidi.<br />
-Cosa ti sei messo in testa? Volevi lasciarmi solo? Tu non puoi lasciarmi. Io te lo vieto!<br />
Non puoi rendermi questa vita ancora più di merda. Ne abbiamo fatte di stronzate<br />
assieme, ci riprenderemo, ci rifaremo, tu ne uscirai vivo, ancora più forte.<br />
Cominciò a piangere, sempre a testa bassa, singhiozzando.<br />
- Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Tutti ti prendevano in giro perché eri strano,<br />
troppo alto per i tuoi dodici anni, ti chiamavano zombie, Frankenstein, 'o capitone, mentre<br />
ti ridevano in faccia. Per me invece non eri altro che un ragazzo come tanti. Mi davi<br />
sicurezza sapevo che starti vicino mi salvava il culo perché mai nessuno avrebbe avuto il<br />
coraggio di toccare un mostro. E’ vero, ti ho usato per anni come scudo. Lo sai, in<br />
questo rione di merda la prima cosa che devi fare è trovarti un riparo sicuro, anche una<br />
persona sicura. Tu lo sei sempre stato per me, coi tuoi centosettanta centimetri di ossa e<br />
capelli lunghi. Uscivi da quello scantinato sempre triste. Ti ricordi quando cominciammo<br />
a frequentarci, ti ricordi cosa mi ripetevi tutti i giorni?<br />
-Che ero stufo di vivere in una fogna, di vedere mia madre invecchiare da sola mentre<br />
mio padre preferiva altre donne.<br />
-E che eri stufo della puzza di tua nonna che si cagava sotto e ti macchiava il letto. La<br />
tua non è mai stata una vita facile, però non puoi arrenderti così, non puoi buttare tutto<br />
via per una cazzo di dose di merda. Rimettiti in sesto. Non lasciarmi da solo con una<br />
Moto Guzzi senza nessuno al volante!<br />
Ci guardammo per alcuni secondi, lui sorrise, io lo seguii; dalla finestra di quella stanza<br />
d'ospedale arrivava, probabilmente da un'auto parcheggiata, una musica familiare, e una<br />
donna intonava Lucio Battisti. Quella voce mi ricordava i lunghi sorrisi di Franco.<br />
14
Ancora il dolore che mi sovrastava. Cominciavo a odiare quel<br />
capellone dalla voce femminile, decisi di allontanarmi da quella stanza, da quell'ospedale,<br />
per raggiungere il porto”.<br />
(da Scimmie, Palermo, 2011, pp.39-41)<br />
IL COMMENTO<br />
di Davide Di Marco, Francesco Dell’Orzo,<br />
Vittorio Castelli, Matteo Di Fiore, Samuele Amato<br />
(classe 2h)<br />
Abbiamo scelto questo brano perché è il più significativo, in quanto, da questo episodio,<br />
scaturisce il cambiamento di Pummarò, che decide di seguire Giancarlo, un giornalista<br />
che gli offre il suo aiuto per conoscere cosa è veramente la Camorra. Fino a quel<br />
momento Pummarò, che aveva mostrato un carattere debole, una persona che segue la<br />
massa, incapace di fare delle scelte autonomamente, dopo la morte di Panzarotto,<br />
comincia ad affermare la sua identità. Questo sarà il primo passo per lasciarsi alle spalle<br />
la malavita.<br />
LETTURA<br />
3<br />
SIGARETTE SPORCHE<br />
Pummarò conosce zio Nicola e “gusta” per la prima volta la Camorra e la violenza,<br />
soltanto per un carico di sigarette sequestrato dai carabinieri.<br />
A seguito di tale sequestro infatti zio Nicola viene fatto distendere come punizione<br />
sul bitume caldo da Bardellino, capo clan della malavita.<br />
“Ti presento ‘o zio Nicola. Strinsi le mani di quel vecchietto, erano ruvide, callose, mi<br />
lasciarono una strana sensazione. Il suo viso, dalle tante rughe, sembrava che si stesse<br />
sciogliendo, il sole gli aveva seccato gli zigomi, aveva due enormi orecchie. Era buffo,<br />
tenero, mi veniva voglia di prendergli i lobi a morsi. Fummo invitati a sederci su una pila<br />
di cassette di pomodoro, Giancarlo disse al vecchio:<br />
15
-Zio, ti ho portato questo ragazzo, è un amico, ha bisogno di<br />
sapere cosa succede in questi territori, dice che da grande vuole diventare come Antonio<br />
Bardellino. Mi sentii in imbarazzo, il vecchietto mi guardava, silenzioso, fisso, senza<br />
battere ciglio. A un certo punto si alzò e si sbottonò la camicia. Al terzo bottone vidi che<br />
la sua pelle aveva qualcosa di strano, al quinto bottone mi resi conto che era<br />
completamente bruciato, dal petto ai piedi. Bardellino, chill’omme ‘e niente. Tu avresti mai ‘o<br />
curaggio di prendere un uomo e buttarlo su una lastra di bitume caldo, schiacciandolo con<br />
il piede sulla schiena, mango fosse una fetta di arrosto? Rispondimi?<br />
-Ma io….<br />
-Ma tu cosa? Che ne sai tu di violenza, che ne sai tu di camorra. Questa è gente spietata<br />
che non si merita la vostra ammirazione. Io avevo un solo compito, quello di fare<br />
attenzione a tutti i carichi di sigarette che arrivavano dal mare, sugli scafi, caricati su dei<br />
camion di bestiame e portati in un capannone a Cancello Arnone, da Zazzà, un<br />
contadino che aveva deciso di prestarci le sue stalle. Ma una sera qualcosa andò storto e<br />
fummo assaliti da centinaia di carabinieri. Mi disse Bardellino che per nessun motivo<br />
dovevo lasciare il carico, “falli pure sparare, ma tu non lasciare mai il carico”. Scappai<br />
dopo aver visto due carabinieri feriti e tre dei miei amici morti, al volante delle alfette che<br />
ci scortavano. Per ore mi sono rifugiato in un vecchio casolare a Mondragone, la mattina<br />
seguente, e poi riuscii a raggiungere un cantiere dove stavano tutti gli uomini del clan.<br />
Non ci furono scuse, fui preso da due uomini, uno mi teneva la testa tirata su e l’altro mi<br />
stendeva a terra sul bitume caldo. Arrivò Bardellino, e senza neanche dire una parola<br />
poggiò il suo piede destro sulla mia schiena, e fece lo stesso per le cosce, per le gambe.<br />
Rimasi senza parole, non credevo<br />
che un uomo sarebbe stato capace di<br />
usare tanta violenza su un altro.<br />
-Mentre a Napoli si sparavano per il<br />
regolamenti dei conti, per spaccio o<br />
per estorsioni, qui l’aria è diversa.<br />
Qui il clan si è cucito un vestito<br />
elegante, ormai sono tutti manager.<br />
Si occupano di frutta, di armi ma<br />
soprattutto di cemento.<br />
(da Scimmie, Palermo, 2011, pp.51-52)<br />
16
IL COMMENTO<br />
di Ruben Torchiano, Carlo Temperino, Fabiola Marchese<br />
(classe 3h)<br />
Il brano induce a riflettere sulla violenza che ci può essere tra gli uomini: in questo caso,<br />
violenza dettata dai soldi che il clan aveva perso per la paura umana di zio Nicola.<br />
Pummarò rivive, attraverso il racconto dello zio, la brutalità di quegli attimi: “fui preso<br />
da due uomini, uno mi teneva la testa tirata in su e l’altro mi stendeva a terra sul bitume<br />
caldo”. Anche il lettore riesce a immedesimarsi grazie al linguaggio semplice e attuale<br />
utilizzato dall'autore.<br />
LETTURA<br />
4<br />
… E POI SORRIDERE<br />
Nel brano scelto, che coincide con la fine del romanzo, Pummarò, uno dei tre<br />
protagonisti, rimpiange tutte le sue scelte sbagliate e si abbandona ad un pianto tra le<br />
braccia delle persone che ama.<br />
‘’Quella sera del 23 settembre 1985 piansi tra le sue braccia, e non solo, piansi tra le<br />
braccia di mia madre e di mio padre; corsi da lui, nel lettone, per dirgli con tutta la mia<br />
forza che era il più bravo chitarrista che conoscevo.<br />
Quella sera piansi tra le braccia di Annarella, piansi tra le braccia della gelataia. Piansi per<br />
giorni. Molti giorni. Poi dopo il pianto urlai. Urlai al mio quartiere, ai miei coetanei, alla<br />
mia gente. Urlai alla mia città, da sopra San Martino. Urlai al funerale di Giancarlo dopo<br />
uno straziante applauso.<br />
Oggi, dopo tanti anni trascorsi da quella sera sorrido. Sorrido ai miei clienti quando gli<br />
vendo la frutta migliore, sorrido a tutti i ragazzini ai quali dedico il mio tempo, sorrido ai<br />
nuovi proprietari dell’Hotel La Mela, finalmente ripulito. Sorrido a mio padre, che<br />
mentre mi intona i suoi soliti accordi mi racconta le sue vecchie bravate da studente<br />
militare. Sorrido a mia madre, sempre più bella, che mi coccola come fossi ancora un<br />
bambino. Sorrido a Tore, libero dalla droga, che mi guarda dal balcone della sua nuova<br />
casa, sorrido al suo piccolo ma già grasso figlio Franco che di nome e di fatto sembra la<br />
copia di Panzerotto, e ama stare con me al negozio ascoltando Vasco Rossi. Sorrido<br />
17
quando mi siedo sulla solita panchina in piazza Medaglie d’Oro<br />
mentre osservo l’ingresso del locale di zia Titina. Capita spesso che mi sembra di vedere<br />
Franco, seduto al mio posto, a osservare per ore Filomena. Mi manca da morire, mi<br />
mancano le sue incomprensioni, le sue mille domande. Sorrido ogni qual volta mangio<br />
una fetta di torta durante le feste per bambini nel giardino dello zoo, un sorriso al sapor<br />
di crema, mentre osservo le mie scimmie preferite”.<br />
IL COMMENTO<br />
di Miriana Cerniglia<br />
(classe 3h)<br />
Questo brano mi piace molto perché il<br />
protagonista, ripensando a tutti gli errori della sua<br />
vita e pentendosi di aver intrapreso la strada della<br />
Camorra, ha avuto la forza di uscire da questo<br />
momento buio, e ci consiglia di non commettere<br />
lo stesso errore suo. Inoltre l’ambientazione è<br />
molto suggestiva: la tranquillità del mare rimanda<br />
alla sensazione di riappacificazione del<br />
protagonista con se stesso.<br />
(da Scimmie, Palermo, 2011, pp.74)<br />
18
Intervista all’autore<br />
1. Come mai hai deciso di raccontare questa storia?<br />
Perché sentivo l’esigenza di raccontare la storia di Giancarlo ma<br />
soprattutto la storia di tanti ragazzi che ieri, come oggi, sono vittime della<br />
Camorra.<br />
2. Tutto quello che c'è scritto nel libro è schiettamente reale o<br />
romanzato?<br />
Le vicende narrate nel libro sono in gran parte reali: storie ed esperienze<br />
che ho vissuto in prima persona a fine anni '90, riscritte e ambientate in un<br />
tempo altro per distanziarmi dalle storie e romanzarle.<br />
3. Come valuti le esperienze che hai fatto prima di scrivere il libro e da<br />
cui prendi le distanze?<br />
Esperienze negative, pericolose e per niente sicure.<br />
4. Che ricordi hai di Giancarlo?<br />
Mi sono avvicinato alla figura di Giancarlo all’età di dodici anni grazie ad una<br />
professoressa che ci faceva leggere i suoi articoli durante le lezioni di teatro a<br />
scuola. Non ho mai conosciuto di persona Giancarlo ma grazie alle<br />
testimonianze di alcuni giornalisti contemporanei e al lavoro della<br />
professoressa è come se l’avessi fatto e la sua figura ha segnato fortemente la<br />
mia vita e la scelta professionale.<br />
19
GIGI BORRUSO<br />
LUIGI CHE SEMPRE TI PENZA<br />
PICCOLE CRONACHE DI UN EMIGRANTE<br />
((IN SETTE MOVIMENTI)<br />
20
NOTIZIE BIOGRAFICHE SULL’AUTORE<br />
Gigi Borruso<br />
Nato a Palermo il 22/11/1962, è attore, autore e regista.<br />
Formatosi alla scuola Teatés (1981/83) è stato<br />
protagonista del teatro di Michele Perriera fra gli anni ’80 e<br />
’90. Dal 1995 al ’99 ha collaborato con lo Stabile di<br />
Palermo, diretto in quegli anni da Roberto Guicciardini.<br />
Nel ’98 con la “Compagnia dell’elica” avvia un proprio<br />
percorso di ricerca, che nel 2010 prosegue con “Transit<br />
Teatro”. Si dedica alla didattica teatrale e fra il 2005 e il<br />
2007 dirige la Scuola di Teatro Comunale di Gibellina.<br />
Nel 2009, con la piéce Fuori Campo, vince il Premio<br />
Tuttoteatro alle Arti sceniche “Dante Cappelletti”.<br />
Collabora con la RAI degli anni ’80 come attore,<br />
doppiatore e programmista-regista. Sito internet:<br />
www.gigiborruso.it<br />
21
LETTURA<br />
1<br />
PICCHI’’ Ú QUATTRU?<br />
In questa scena Luigi si appresta a ricevere la sua paga per il lavoro svolto. Nella<br />
scena alcuni particolari vengono ampliamente descritti dal protagonista, il quale li<br />
osserva con stupore. Il primo particolare che salta all’occhio di Luigi è il fatto che i<br />
suoi superiori si rivolgono ai colleghi chiamandoli per soprannome come “facci ri<br />
surciu”, “occhi ri attu” ecc. Il secondo è lo chef (cioè il capo cantiere), che assume<br />
uno strano comportamento: mentre i poveri operai sono in coda per ricevere la<br />
scarsa paga, lui addenta un filone intero condito con i più svariati condimenti.<br />
Quando arriva il turno di Luigi si verifica ancora un’altra stranezza: la paga<br />
consiste in una carta da gioco siciliana. A Luigi viene dato il quattro di denari carta<br />
che susciterà un enorme dubbio nel protagonista il quale alla fine del capitolo<br />
pronuncerà la frase (che abbiamo scelto come titolo per questo brano) “Picchì ù<br />
quattru?!”<br />
“Mi pare che c'erano una fila lunga di noi gastarbeiter che si prendeva la paga. Eravamo<br />
tutti siciliani. Tutti del mio paese eravamo! (Ride) E lo sceffi ci chiamava per nome e<br />
pure il ragioniere chiamava, con la voce un po' grossa. Ma il ragioniere quando chiamava<br />
stava seduto dietro un tavolo apparecchiato e mangiava e si agghiottieva un pane tanto<br />
(gesto) e ogni volta che agghiottieva gridava un nome nostro che pareva dovesse<br />
affogarsi. Ma la cosa strana è che non ci chiamava col nome italiano ma con la nostra<br />
'nciuria. Col soprannome! E lui come<br />
faceva a saperlo qual era la nostra<br />
'nciuria? No, non ci chiamava, che so,<br />
Catalano Giuseppe... Tumminello<br />
Pietro. No! Quello a ogni boccone<br />
gridava Cacasutta, Mennulamara! Che<br />
poi il ragionieri grida con quella voce<br />
tedesca che pare tutta affocata...<br />
Grida, facendo il verso al ragioniere<br />
tedesco che chiama per 'nciuria i suoi<br />
compaesani...<br />
22
- Scannaruzzatu, Pidocchiu, Panzapilusa, Occhidijattu, Facciadisurci, Ossudiprunu,<br />
Menzuculiddu, Abballacullummira, Funciazza...<br />
E chiamava... con quella voci e si facìa tuTto rosso in facci... che pareva il giudizio<br />
universali!<br />
Noi lo guardavamo stupiti che lui sapeva il nostro soprannome. Ma più stupiti che quello<br />
ci dava nelle mani 'i carte della scopa... 'i carte di gioco! A cu' ci dava il tre, a cu' la donna,<br />
a cui cavallo... i carte della scopa ti dico! Non ci dava la moneta, no, i carte! Cose di<br />
pazzi! E io lo guardava come si guarda i pazzi! Ma mi presi pure io la mia carta... Che mi<br />
ha dato un bello quattro di denari, che poi non mi è dispiaciuto. Ma com'è che c'erano<br />
queste carte italiane qui in Germania? Che ci giocano pure i tedeschi? (Ride).<br />
Dopo che ci siamo presi le carte, suonava la sirena dello stabilimento... Uuuuaaaaauuuu...<br />
E lo sceffi gridava che doveva mo entrare a lavorare. Ma io prima volevo impostare una<br />
lettera per l'Italia... ma la buca era alta... allora salto sulle punte dei piedi, ma niente!<br />
Allora si avvicinava mio compare Santi e ci salgo sulle spalle... e ci arrivo finalmente! Ma<br />
guardo nella buca... e ci vedo mio figlio Gandolfo! Sì, mio figlio Gandolfo nella buca<br />
delle lettere che mi fa: Papa il quattro ti ha dato il ragionieri?<br />
- Il quattro mi ha dato il ragionieri! Il quattro di denari. Che dici? - e u picciriddu mi fa:<br />
Devi scegliere tu papa cosa ci devi fare... - Come devi scegliere? Ma che... Gandolfo...<br />
Picchi 'u quattru di dinari? Che significa Gandolfo? Gandolfo... Gandolfoo... Picchi 'u<br />
quattro? Gandolfooo... Che significa 'u quattru? Gandolfooo... Chi devi scegliere?<br />
Picchi? Gandolfooo...<br />
Corre in ogni direzione chiamando Gandolfo.<br />
La luce si abbassa lentamente.<br />
Luigi urla sempre più disperato.<br />
- Gandolfooo... Come deve scegliere? Chi devi scegliere? Picchi 'u quattro?<br />
Gandolfooo...<br />
Buio”.<br />
(da Luigi che sempre ti penza. Piccole cronache di un emigrante (in sette moviemnti). Palermo, 2011, pp.24-27)<br />
23
IL COMMENTO<br />
di Gabriele Riggio, Silvio Benanti,<br />
Michele Marchese, Daiana Billeci<br />
(classe 2h)<br />
Il capitolo è uno dei più strani del libro poiché la scoperta della “pseudo - paga” lascia<br />
sbigottiti anche i lettori. Inoltre in questo capitolo viene messo in risalto il divario che<br />
tutt’oggi esiste tra borghesia e povertà; un’altra strana caratteristica del capitolo è la<br />
“crudeltà” dei datori i quali si divertono a prendere in giro i dipendenti chiamandoli con<br />
soprannomi alquanto offensivi ma per loro divertenti.<br />
LETTURA<br />
2<br />
SCUSA SE NON TI STO VICINO<br />
Luigi si trova in Germania nella sua stanza e parla con un manichino immaginando<br />
che sia sua moglie, raccontandogli i suoi sogni e quanto ne senta la mancanza.<br />
Pensa che la rivedrà solo quando avrà raggiunto il suo obiettivo, cioè comprare<br />
una terra. Si mette in posa per scattare alcune foto per lei. Infine le si avvicina e la<br />
consola per il fatto che lei dovrà rimanere sola durante il periodo di festa a<br />
guardare le sue amiche felici. Il brano si chiude con Luigi e “sua moglie” che si<br />
abbandonano ad una danza appassionata.<br />
“Luigi giunge in proscenio rotolando per terra dal fondo. Farfuglia. Si agita ansima.<br />
Per pochi istanti, piano, da lontano, il cigolio di una sedia e una voce di donna.<br />
Luigi si solleva d'impulso come risvegliandosi da un incubo.<br />
Si avvicina al fantoccio di Antonietta, lo prende e lo porta un po' discosto dai figli.<br />
Si apparta con la moglie. Le parla in modo dolce, intimo.<br />
Luigi - Appena chiudo gli occhi, sogno. Il perizierò si rimescola e sogno. Certe volte si<br />
rimescola troppo. Che forse assorbisco esagerata freddura al cantiere e nel sonno la testa<br />
24
ibollisce. E sogno a te. Uguale nella persona. Poi mi sveglio e<br />
nel letto non c'è nessuno. Quando mi svegliavo a casa,<br />
trovavo di lato l'amore mio che mi riscaldava un po', facendomi passare dei minuti felici,<br />
più felici del mondo e riscaldamenti e sorrisi del corpo che in ogni punto eramo insieme!<br />
Sì, lo so, c'è la necessità di finire questa vita e non stare più come i zingari...<br />
Che solo quando avrò comprato la terra questo è possibile! Ma lo vedi, Antonietta, lo<br />
vedi che il mio penziero penza a te? Come ti vedi Antonietta? Come mi vedi Antonietta?<br />
Rapidissimo si mette in posa per alcune foto ricordo.<br />
Poi, rivolgendosi ad un immaginario fotografo, grida.<br />
- Oh, tirala buona 'sta foto! È per mia<br />
moglie! Va bene così? Sorrido?<br />
Cambia posa.<br />
- Qui sono con Santi che si ha<br />
comprato il cappotto!<br />
Altra posa ancora.<br />
- Questo è Hans,'u vidi ch'è àvutu!<br />
Hans, l'amico tedesco di Lollo! Lollo, quello che ti ho parlato che viene di Salaparuta che<br />
un giorno sì e un giorno no si rovescia la notte che dice che ci ha<br />
l'intossico dei polmoni che lavorava alla verniciatura... Lollo!<br />
Pausa. Si riawicina ad Antonietta.<br />
- Antonietta, lo so che ora viene la festa e tutte le mogli girano nel corso e tu rimani<br />
deserta... lo so che ora viene la festa. E c’ è la luce nelle strade, la luce, che passeggi e<br />
guardi in alto e saluti quelli affacciati ai balconi. E le lampadine corrono su e giù di<br />
balcone in balcone, di cantonera in cantonera e saluti. Ti appizzi al braccio mio forte, ti<br />
tengo forte, e i masculiddi avanti chi caminanu, Gandolfo e Giuseppe...<br />
Repentino cambio d'umore.<br />
25
Si carica sulle spalle i fantocci dei suoi bambini. Poi invita la<br />
moglie a danzare. Su un tema da festa di provincia si scatena in una danza appassionata<br />
insieme al fantoccio di Antonietta. D'improvviso si arresta. Ha il fiatone, ma è felice.<br />
- Antonietta, la domenica ci sono tante cose che ti passano nel cervello. Che passa<br />
mezzogiorno, passa il pomeriggio, la sera e ti pare di passare gli anni. Se piove poi! E<br />
pure quando non piove. A ogni tempo. Ma qui il tempo è proprio germanese e quando<br />
ci piglia in un modo, non la finisce più. Agghiorna scuro e finisce nero. Anche il cielo qui<br />
si è un poco incallito! (Ride).<br />
Luigi termina la sua danza e crolla in ginocchio.<br />
Si solleva faticosamente. In silenzio sistema i tre fantocci in un angolo della scena.<br />
Si allontana da loro e si siede per terra.<br />
Piano, da lontano, il cigolio di una sedia e una voce di donna”.<br />
(da Luigi che sempre ti penza. Piccole cronache di un emigrante (in sette moviemnti). Palermo, 2011, pp.28-31)<br />
IL COMMENTO<br />
di Gabriele Riggio, Silvio Benanti,<br />
Michele Marchese, Daiana Billeci<br />
(classe 2h)<br />
Abbiamo scelto questo brano perché è allo stesso tempo comico e commovente. Infatti,<br />
alcune parti fanno sorridere, altre fanno emozionare e riflettere: è divertente la scena in<br />
cui Luigi parla con un fotografo immaginario e si fa scattare alcune foto; invece la parte<br />
commovente è quando Luigi dialoga con la moglie/manichino e la rassicura. In questa<br />
scena vengono evidenziati i sentimenti principali del libro: amore,speranza e malinconia.<br />
Inoltre, il modo di scrivere dell’autore, tipico di un testo teatrale (con molte pause, le<br />
indicazioni in corsivo sulle espressioni del personaggio, molti dialoghi diretti), aiuta<br />
ancora di più nell’immaginare questa scena surreale fin nei minimi dettagli.<br />
26
Intervista all’autore<br />
1. A cosa si è ispirato per scrivere questo libro?<br />
“Luigi che sempre ti penza” è ispirato a diverse storie. In primo luogo alla<br />
lettura di un gruppo di lettere di alcuni emigranti, della fine degli anni ’60 e<br />
dei primi anni ’70, riportate da Antonio Castelli nell’opera “Entromondo”.<br />
In secondo luogo sono state fondamentali per la stesura del mio testo le<br />
chiacchierate fatte con alcuni nostri conterranei che sono emigrati in quegli<br />
anni in Germania. Ho raccolto i loro ricordi, le loro impressioni di<br />
quell’esperienza, i loro sogni e le loro preoccupazioni.<br />
2. Qual è il messaggio che vuole comunicare?<br />
“Fondamentale per me è stato riconoscere nella figura dell’emigrante non<br />
solo i temi della fatica, del distacco dalla propria terra di origine, ma anche<br />
quelli dell’avventura, del cambiamento interiore che scaturisce dal contatto<br />
con altri mondi, altre culture. Luigi nella mia opera, infatti, matura pian<br />
piano un nuovo sguardo sul mondo e sulla sua stessa terra di origine. In<br />
Germania apprende per la prima volta, ad esempio, i diritti e le regole del<br />
mondo del lavoro, organizzato secondo principi moderni. Scopre che i<br />
lavoratori hanno dei diritti. Diritti sconosciuti in tante realtà della Sicilia di<br />
quegli anni, dove il lavoro troppo spesso si basava su uno sfruttamento<br />
quasi feudale e sulla pratica della clientela politica o della protezione<br />
mafiosa.<br />
Inoltre mi premeva mostrare come la figura del migrante sia spesso<br />
sottoposta ad una sorta di privazione, di negazione dell’identita a causa<br />
della diffidenza e della paura che lo straniero suscita nella società. Avrete<br />
certamente notato quante volte nel mio testo Luigi ripeta ossessivamente il<br />
suo nome. Ha paura che gli altri, i tedeschi, non lo riconoscano. Soffre<br />
quando avverte che non è rispettata la sua identità di uomo, con un nome<br />
e cognome, una storia, una dignità. Questo stessa violenza noi italiani tante<br />
volte la esprimiamo nei confronti dei migranti che vengono a cercare<br />
lavoro da noi. Li chiamiamo indistintamente “extracomunitari” o<br />
“marocchini” come se fossero tutti uguali, una specie di popolo subumano<br />
che non ha diritto a un nome e cognome.<br />
27
3. Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a scegliere di trattare il<br />
fenomeno dell’emigrazione?<br />
Penso che il fenomeno delle migrazioni sia uno dei fenomeni con cui ci<br />
misureremo sempre più intensamente nei prossimi decenni. Il nostro<br />
mondo è in pieno movimento e le nostre società saranno sempre più<br />
multi-etniche e multi-culturali. Penso sia necessario riflettere su questo<br />
tema e tentare di scoprire quali valori positivi, quali opportunità di crescita,<br />
di confronto, ci può offrire questo mutamento. Scoprire che essere<br />
“straniero” non è una sciagura ma anche un’opportunità. A volte solo da<br />
“straniero” si riesce a guardare il mondo con maggiore obiettività. Provate<br />
a rifletterci.<br />
4. Potrebbe spiegarci il significato della scena in cui Luigi viene<br />
pagato con il quattro di denari?<br />
In questa scena Luigi racconta un suo sogno. Il sogno esprime molte delle<br />
sue paure e dei suoi dubbi. E nel sogno il nostro inconscio si esprime<br />
attraverso dei simboli. Luigi, quindi, non riceve la sua paga in denaro ma<br />
con una carta da gioco... Le carte, come sapete, vengono usate per divinare<br />
il futuro... Pensate alle carte dei Tarocchi. Sono dei simboli che esprimono<br />
gli stati d’animo fondamentali dell’uomo, il suo destino... Ora, per me,<br />
essere pagati con il 4 di denari, sta ad indicare che il destino di Luigi è nelle<br />
sue stesse mani... sta a lui giocare la sua carta... Nessuno potrà scegliere per<br />
lui. I suoi sforzi, la sua fatica producono dei frutti, ma questi frutti sarà<br />
Luigi a scegliere come impiegarli...<br />
5. Qual è il significato del dialogo di Luigi con i suoi manichini? E’ un<br />
modo per colmare la solitudine che prova e la nostalgia dei suoi<br />
familiari?<br />
E’ un espediente teatrale che vuole rendere concreto, visibile il desiderio di<br />
Luigi. Che serve a materializzare i suoi ricorrenti sogni di ritrovarsi vicino<br />
alla moglie e ai suoi bambini. Il fatto che siano manichini e non attori serve<br />
anche a rendere ancora più astratta e onirica la scena e ad accentuare il<br />
senso di illusione, di inganno, di solitudine che sopraggiunge in Luigi<br />
quando il sogno svanisce. Al suo risveglio fra le mani non si ritrova altro<br />
che dei fantocci... A volte nei sogni noi ci abbracciamo al cuscino<br />
immaginando di abbracciare qualcuno... ma che delusione quando<br />
svegliandoci fra le braccia c’è solo un cuscino....<br />
28
AMBROGIO ORLANDO<br />
LUCKY STRIKE<br />
FIABE ECOLOGICHE PER GRANDI E PICCINI<br />
29
NOTIZIE BIOGRAFICHE SULL’AUTORE<br />
Ambrogio Orlando<br />
Nato a Palermo il 5 agosto 1958, ambientalista, medico gastroenterologo, ha ricoperto<br />
cariche istituzionali presso l’Amministrazione Comunale di Terrasini (PA).<br />
Ha contribuito alla pubblicazione di libri ed articoli di carattere scientifico, ma Lucky<br />
Strike è la sua prima esperienza letteraria.<br />
LETTURA<br />
1<br />
FIUME CHIARO<br />
C’era una volta una valle, con un fiume così candido e pulito che veniva chiamato<br />
Fiume Chiaro. La valle era popolata da un sacco di animali, ma un giorno tutto<br />
cambiò: nella valle fu costruita una raffineria di petrolio che avvelenò molti animali<br />
e fece perdere al fiume la sua lucentezza e i suoi pesci. Un giorno un’anatra di<br />
nome Pace finì nel fiume. Un’altra anatra di nome Nuvola tentò di aiutarla, ma<br />
invano. Ma quando era sul punto di annegare, Angelo, il figlio di un operaio della<br />
raffineria, la salvò. La portò a monte insieme con Nuvola, dove l’acqua non era<br />
contaminata. Ogni pomeriggio Angelo si nascondeva nel portellone della<br />
macchina di suo padre e andava a trovare le due anatre. Divenuto grande, Angelo<br />
riuscì a far chiudere la raffineria e a riportare la valle al suo antico splendore. La<br />
fabbrica divenne un centro di difesa dell’ambiente e Pace e Nuvola divennero le<br />
mascotte del centro. Un giorno il padre di Angelo andò a visitare il centro e si<br />
commosse vedendo il figlio circondato dalle anatre mentre spiegava ai bambini<br />
come rispettare l’ambiente.<br />
“C’era una volta un fiume che scivolava giù verso valle con un’acqua tanto cristallina e<br />
trasparente da far sì che venisse chiamato da tutti Fiume Chiaro.<br />
30
Nella valle tre piccoli ruscelli alimentavano Fiume Chiaro<br />
rendendolo più ampio e profondo senza fargli perdere la sua trasparenza e la sua<br />
chiarezza. I cipressi, i pini e i faggi riempivano la valle svettando su un sottobosco così<br />
fitto che perfino i serpenti faticavano a strisciare tranquilli.<br />
Da molti anni il fiume e la valle erano un'oasi ideale per tutti gli animali: uccelli,<br />
mammiferi, rettili e altri piccoli abitatori del sottobosco che completavano e arricchivano<br />
quel bellissimo paesaggio.<br />
Le anatre, fra tutti gli uccelli, erano le più numerose e non era difficile vederle sguazzare<br />
sia in estate per rinfrescarsi che in inverno.<br />
Le cose erano andate avanti così per molto tempo e la presenza dell'uomo rappresentava<br />
un evento raro, vissuto dagli animali come una piacevole novità. Ogni qualvolta un<br />
essere umano appariva in<br />
quel paradiso, tutti gli animali<br />
sembravano così eccitati ed<br />
incuriositi, che volavano e<br />
correvano di qua e di là per<br />
raggiungere le postazioni<br />
migliori da cui meglio<br />
scrutare quell'essere dal<br />
comportamento così strano.<br />
Ma un giorno accadde che,<br />
proprio vicino le sponde del<br />
fiume, gli ignari animali<br />
videro numerosi uomini che<br />
manovravano strani<br />
macchinari, creando un<br />
rumore spaventoso e alzando untale polverone da colorare di grigio non solo le foglie<br />
degli alberi, ma anche le loro pellicce e le loro piume.<br />
Era successo che qualcuno molto potente aveva deciso che pro rio lì ai margini di Fiume<br />
Chiaro, doveva sorgere una raffineria di petrolio.<br />
Certamente i poveri animali non potevano immaginare cosa significasse tutto questo, ma<br />
già quella polvere e quel baccano stavano trasformando il loro mondo così bello e<br />
incontaminato da secoli. Anche il fiume era stato violato, infatti buona parte della terra<br />
prodotta dagli scavi per gettare le fondamenta della raffineria era stata riversata nel<br />
fiume, facendo assaporare agli animali che ci vivevano un assaggio della tragedia che<br />
sarebbe accaduta nei mesi successivi.<br />
Solo un gruppo di giovani amanti della natura protestò per quello scempio, ma dopo<br />
pochi giorni si arresero, lasciando il fiume al suo triste destino.<br />
31
I lavori andarono avanti per alcuni mesi senza ostacoli e, alla<br />
fine, un'enorme raffineria<br />
sorgeva al posto di quello che era stato il bosco di Fiume Chiaro. Vi fu la solita<br />
inaugurazione con le autorità locali e nazionali che facevano a gara per chi dovesse avere<br />
il merito di quel progetto, dichiarando, fra l'altro, che la scelta di quel posto lontano dai<br />
centri abitati rappresentava una sicurezza per gli uomini che vivevano nella zona.<br />
Già il giorno successivo la raffineria lavorava a pieno regime. L'aria divenne irrespirabile<br />
sin dai primi giorni e il fiume, dopo pochi mesi, perse la rinomata lucentezza e<br />
trasparenza che lo avevano reso famoso. Ma non era tutto.<br />
Un giorno, anzi una notte, non si sa bene se per un sabotaggio o per un prevedibile<br />
guasto ai macchinari, si erano riversati nel fiume milioni e milioni di litri di un liquido<br />
denso e fangoso, una vera e propria ondata nera che trasformò la superficie del povero<br />
fiume in un manto oleoso nero e maleodorante. Una vera e propria catastrofe, uno<br />
scempio. E l'ondata scura sarebbe arrivata giù fino al mare procurando morte e<br />
distruzione durante tutto il suo tragitto. Fiume Chiaro era diventato un fiume nero.<br />
Tutti gli animali furono presi alla sprovvista quando si ritrovarono invischiati in quella so<br />
stanza appiccicosa, portatrice di morte. I primi commenti dei giornali annunciavano<br />
che non vi era nessun pericolo per l'uomo, ma nessuno fece riferimento al pericolo che<br />
correvano tutti gli animali del fiume e dei dintorni. […]<br />
Una giovane anatra che si chiamava Pace, tutta bianca con le zampe rosse che era andata<br />
curiosare nel fiume, si ritrovò paralizzata nella fanghiglia nera. Nessuno degli uomini che<br />
erano accorsi alla raffineria si prodigò per far qualcosa, eppure tutti l'avevano vista<br />
perché era molto vicino alla riva del fiume. La povera Pace gridava ed implorava aiuto,<br />
ma nella lingua degli animali, che gli uomini non comprendono. Ma gli uomini hanno<br />
bisogno di conoscere la lingua delle anatre per capire quando hanno bisogno di aiuto?<br />
"Aiuto, aiuto, aiutatemi! Sono intrappolata nel fiume, non riesco più a volare!" Gridò<br />
Pace più volte, cercando di liberarsi dalla melma oleosa; ma più si dimenava e più si<br />
ritrovava invischiata nel petrolio. Invocò anche l'intervento dei suoi genitori senza sapere<br />
che erano rimasti travolti dall'ondata maledetta, proprio a qualche metro di distanza da<br />
lei, e che non avrebbero mai più risposto.<br />
Mentre Pace lentamente perdeva le energie e ormai si muoveva sempre meno, un<br />
bambino, figlio di uno degli operai della raffineria che erano accorsi per cercare di<br />
bloccare la fuoriuscita del petrolio, vide la povera anatra in difficoltà. Il bambino si<br />
chiamava Angelo, aveva otto anni e frequentava la terza elementare. Angelo si preci<br />
pitò senza indugiare per cercare di fare qualcosa, ma non appena fu arrivato vicino alla<br />
riva, venne richiamato e rimproverato severamente dal padre.<br />
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Non doveva sporgersi sul fiume perché si sarebbe sporcato i<br />
vestiti e poi questo avrebbe fatto arrabbiare la mamma. Angelo ci rimase male. A scuola<br />
si era distinto sempre oltre che per essere molto studioso, anche per la sua passione per<br />
gli animali. […]<br />
Angelo fu accompagnato dal padre verso la raffineria, mentre il suo sguardo rimaneva<br />
fisso su Pace che ricambiava lo sguardo con i suoi occhi privi ormai di speranza.<br />
Improvvisamente, un bel maschio di anatra, di colore grigio, con alcune piume bianche<br />
sul petto e con le zampe gialle, si accorse di Pace e si precipitò nel fiume per aiutarla.<br />
Nuvola, così si chiamava, cercò subito di afferrarla con le sue possenti zampe, ma non ci<br />
riuscì. Esse, infatti, scivolarono a causa della consistenza oleosa del petrolio che ricopriva<br />
tutto il corpo di Pace appesantendolo.<br />
Pace era esausta, non aveva più la forza di chiedere aiuto.<br />
Angelo, che aveva visto tutto, non riusciva a darsi pace. Approfittò, quindi, di un<br />
momento di distrazione del padre, impegnato a risolvere il guasto che aveva causato quel<br />
disastro, per correre di nuovo verso il fiume per aiutare l'anatra.<br />
Senza esitazione si levò i vestiti, afferrò Pace, l'adagiò sulla riva e l’avvolse nella sua<br />
canottiera. Poi, alcuni secondi di incertezza, corse a monte della raffineria dove<br />
immaginava che l'acqua non fosse stata contaminata. Appena arrivato lavò per bene<br />
Pace, e con la canottiera riuscì a ripulire l’anatra da ogni traccia di petrolio.<br />
Angelo rimase meravigliato dal candore del piumaggio dell'anatra che ora contrastava<br />
con il nero della sua canottiera. Ma non c'era tempo da perdere. Nascose l'indumento<br />
sporco dietro un cespuglio, si ripulì alla meno peggio e, dopo essersi rivestito, corse<br />
verso la raffineria dove per fortuna nessuno si era accorto della sua assenza.<br />
Nuvola, il maschio di anatra che aveva osservato la scena, si precipitò da Pace e da quel<br />
giorno non si lasciarono più.<br />
Angelo, felice del suo salvataggio, riuscì a nascondere a sua madre la mancanza della<br />
canottiera, ma quella notte non dormì. Il suo pensiero era per Pace e per le tante altre<br />
anatre che avrebbe potuto salvare. […]<br />
L'indomani a scuola Angelo era più distratto delle ultime volte, e non vedeva l'ora che la<br />
scuola finisse per tornare a casa.<br />
Dopo il pranzo, disse alla madre che andava a giocare giù nel cortile, invece si nascose<br />
nel bagagliaio della macchina di suo padre, lasciando il portellone socchiuso in modo di<br />
potere uscire facilmente una volta arrivati.<br />
Per fortuna il padre non si accorse di nulla e, una volta arrivati al fiume, Angelo potè<br />
raggiungere il tratto di fiume a monte, ancora trasparente, dove aveva lasciato Pace.<br />
Non appena Pace si accorse della presenza del bambino, cominciò a volare sopra di lui<br />
emettendo dei richiami che Angelo non aveva mai sentito prima. Arrivò che Nuvola e<br />
tra loro si instaurò subito una sintonia meravigliosa, strana, di cui non aveva mai letto in<br />
33
nessuna favola e in nessun libro sugli animali, né tanto meno<br />
aveva visto una scena simile in televisione, nei tanti documentari che era solito guardare.<br />
Era come se le due anatre volessero ringraziare Angelo giocando insieme a lui. E così si<br />
rincorsero a vicenda<br />
sull'erba fino a quando non furono tutti stanchi; poi le due anatre cercarono di<br />
trasportare il gioco nel fiume e così impararono che quello non era l'ambiente naturale<br />
per i bambini.<br />
Angelo riuscì a stento a rientrare nel bagagliaio prima che suo padre partisse; e una volta<br />
a casa continuò a ripensare ai bei momenti passati insieme alle due anatre.<br />
La raffineria riprese a funzionare e Angelo spesso si nascondeva nel bagagliaio per<br />
andare ad incontrare Pace e Nuvola.<br />
Così fece negli anni successivi, e quando fu in grado di andarci da solo non c'era giorno<br />
che non si recasse al fiume. Aveva raccontato questa avventura ad altri suoi amici e ogni<br />
tanto qualcuno lo accompagnava partecipando dell'intimità e della complicità tra le<br />
anatre e Angelo.<br />
Dopo alcuni anni la raffineria fu chiusa grazie a una serie di iniziative degli ambientalisti<br />
di cui Angelo era uno degli attivisti. Il fiume, dopo alcuni anni, riprese il suo colore<br />
"Chiaro" così come tutta la natura intorno si era ripresa il proprio territorio.<br />
Quando Angelo divenne grande riuscì a far riconvertire la raffineria in un grande centro<br />
per la difesa degli animali e della natura, e il disastro del petrolio rimase solo un lontano<br />
ricordo.<br />
Tutti i bambini che facevano visita al centro venivano accolti dallo svolazzare delle<br />
anatre e degli altri uccelli, e Pace e Nuvola erano diven-tate ormai le mascotte dei<br />
visitatori.<br />
Il padre di Angelo, ormai anziano, volle un giorno tornare alla vecchia raffineria, in<br />
compagnia del figlio. Al suo arrivo si commosse tanto che pianse. Vide Angelo<br />
circondato dalle anatre, mentre spiegava ai bambini come si rispetta la natura e come si<br />
salvano gli animali in difficoltà. Allora si avvicinò lentamente, facendosi varco tra i<br />
bambini, e abbracciò il figlio con tanta forza che non gli fu necessaria alcuna parola per<br />
scusarsi di averlo bloccato tanti anni prima, in quel salvataggio da cui poi era nata tanta<br />
felicità per lui e per tanti bambini, e che avrebbe consentito agli animali di riprendersi la<br />
loro libertà”.<br />
(da Lucky Strike. Fiabe ecologiche per grandi e piccini. Palermo, 2011, pp.9-23)<br />
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IL COMMENTO<br />
di Andrea Lo Giudice, Salvatore Marcenò, Dario Roscioli, Francesco Verruso,<br />
Manuel Vittorio Ferrera, Santocito Salvatore<br />
(classe 2h)<br />
Questo brano ci è piaciuto per il messaggio che vuole trasmettere. Una storia iniziata<br />
tragicamente rivela poi un lieto fine grazie ad un piccolo gesto di pietà e generosità di un<br />
bambino. Angelo, infatti, non solo riesce a mettere in salvo le anatre ma anche ad<br />
attivare un centro in difesa degli animali proprio laddove c’era prima la raffineria. Con<br />
queste sue azioni, Angelo dà un’importante lezione di vita a suo padre che infatti nella<br />
scena finale lo abbraccia pentito per averlo ostacolato in passato nel salvataggio degli<br />
animali.<br />
Inoltre, questa fiaba ci ha fatto riflettere sul fatto che spesso gli essere umani sono<br />
indifferenti al destino degli animali, non capendo che siamo tutti parte di un unico<br />
sistema.<br />
35
LETTURA<br />
2<br />
LUCKY STRIKE<br />
Il brano che state per leggere racconta di un episodio triste accaduto a Lucky<br />
Strike, l’anatra più coraggiosa del nido.<br />
Erano passati diversi mesi dall’ultima volta che i cacciatori avevano provato a<br />
cacciare le anatre, fra cui c’erano alcune amiche di Lucky.<br />
Questa volta però tornarono per catturare lei, Lucky, l’anatra che aveva salvato le<br />
sue amiche e che aveva fatto perdere alcune prede preziose ai cacciatori.<br />
Quel giorno Lucky uscì dal bosco e in un momento di distrazione a causa di un<br />
fascio di luce, venne colpita da una pallottola dei cacciatori.<br />
Lucky invocò i nomi delle anatre che aveva salvato in passato, ma non arrivò<br />
nessuno in suo aiuto. Ad un certo punto la raggiunse un’anatra uguale a lei che,<br />
con una discesa in picchiata, salvò la povera Lucky Strike.<br />
Una volta al sicuro, Lucky domandò alla sua anatra gemella chi fosse ed ella<br />
rispose di chiamarsi Lucky Strike, proprio come lei! Poi le spiegò che provenivano<br />
dallo stesso nido in cui avevano abitato quando erano piccole. Ma la nostra Lucky<br />
Strike non si ricordava di lei perché era ancora piccola quando lasciò il nido per<br />
andare a vivere in un uno vicino. Una volta diventate più grandi ebbero dei<br />
pulcini uguali a loro, a cui insegnarono gli stessi principi che la loro mamma aveva<br />
tramandato loro.<br />
“C’era una volta un bosco che si arrampicava su una montagna, lontano dai centri<br />
abitati e dagli uomini.<br />
Nella parte bassa, esso si affacciava su un grande lago rifornito da svariati piccoli ruscelli<br />
formati dallo scioglimento della neve che imbiancava la vetta nei mesi invernali.<br />
Nel bosco viveva una quantità innumerevole di animali, volatili e piccoli mammiferi che<br />
movimentavano la silenziosa vita del bosco e del lago.<br />
Molti di loro scendevano giù nel lago per rinfrancarsi durante le calde estati e per trovare<br />
un clima più mite nei freddi inverni. A volte alcuni scendevano giù al lago solo per<br />
incontrarsi e per sfuggire alla solitudine, oppure – e questo avveniva tra i più giovani -<br />
quel diffuso e incontrollabile desiderio di vivere nuove esperienze e di spostare avanti i<br />
confini del loro territorio.<br />
36
Tra tutti gli animali, le anatre erano le più attratte dall'acqua, e perciò facevano più spesso<br />
capolino nel lago. Tra queste, c'era Lucky Strike, una giovane anatra completamente<br />
nera, con una macchia ovale di piume bianche sulla coda, il becco e le zampe giallo ocra.<br />
A Lucky Strike piaceva, in particolare, godere dello spettacolo delle prime luci dell'alba,<br />
che variavano per intensità all'avvicinarsi dell'inverno. Essa era particolarmente<br />
conosciuta dalle altre anatre che vivevano nel lago, per il colore unico del suo piumaggio,<br />
ma anche per la sua bontà d'animo. Le altre anatre molte volte avevano notato, infatti,<br />
che Lucky Strike era quasi di vedetta sul lago, in attesa di potere intervenire in aiuto degli<br />
altri animali. Ma la vita scorreva così tranquilla che le sue buone intenzioni, il suo<br />
coraggio ed il suo altruismo non erano mai stati messi alla prova.<br />
Tutto si svolgeva in modo ripetitivo da tempo immemorabile e tutti avrebbero potuto<br />
facilmente credere che quella pace non sarebbe mai stata profanata. Fra l'altro il luogo<br />
era inaccessi bile e niente faceva presagire quello che sarebbe successo di li a pochi mesi.<br />
Infatti, un brutto giorno, la vita nel bosco e nel lago fu minacciata dal tentativo<br />
dell'uomo di trarre profitto da quell'angolo incontaminato.<br />
Era successo che un ricco imprenditore del luogo aveva comprato per quattro soldi tutti<br />
i terreni intorno al lago per costruire un grande albergo con tanto di campi da tennis,<br />
calcetto e tutto ciò che potesse soddisfare il desiderio di divertimento degli uomini.<br />
Sapeva bene il potente imprenditore che, sebbene la legge non permettesse di costruire<br />
su quei terreni, alcune importanti amicizie, che non avevano nulla di onesto, lo<br />
avrebbero aiutato a realizzare i suoi loschi progetti. […]<br />
Quel giorno erano tante le anatre che svolazzavano ignare del pericolo che si avvicinava;<br />
molte di loro spaventate dal rumore del motore della piccola imbarcazione dei cacciatori<br />
si erano dirette rapidamente verso il bosco. Ma un' anatra di nome "Green", per via del<br />
colore verde del suo piumaggio, che era molto conosciuta per la sua incosciente<br />
temerarietà, forse incuriosita da quella novità, si lanciò in picchiata verso la barca. Gli<br />
stessi cacciatori, che non se l'aspettavano, rimasero spiazzati da quell'apparizione, e ancor<br />
più lo furono quando Green ripeté l'incosciente gesto, sbucando proprio dal bosco nel<br />
momento in cui l'imbarcazione si era avvicinata alla riva più inaccessibile. Anche stavolta<br />
la fece franca, ma, al terzo passaggio, i cacciatori le spararono contro due colpi. Green fu<br />
colpita ad un'ala e, colta di sorpresa, iniziò a gridare: "aiuto, aiuto, qualcuno mi salvi! Ho<br />
male e non riesco più a volare! Aiuto aiuto!".<br />
Quando ormai appariva chiaro che i caccia tori si erano impossessati della loro prima<br />
preda, accadde qualcosa di inaspettato sia per Green che per i cacciatori stessi.<br />
Lucky Strike, che aveva osservato tutto nascosta dietro le fronde di un albero vicino alla<br />
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iva, decise di intervenire. Si librò, quindi, in volo, determinata<br />
a dimostrare finalmente che cosa fosse capace di fare, ma soprattutto felice di aiutare<br />
qualcuno in difficoltà. Si lanciò giù<br />
con tutta la sua forza, ed una volta<br />
arrivata sulla superficie del lago nel<br />
punto in cui Green ormai stava<br />
diventando preda dei cacciatori,<br />
l'afferrò con le zampe e decollò non<br />
senza una certa fatica.<br />
Green, durante il volo non fece altro<br />
che ringraziare Lucky Strike che,<br />
affaticata ed impaurita, non le rispose.<br />
Puntò, invece, verso il suo nido su<br />
una grande quercia all'interno del<br />
bosco.<br />
Lucky Strike potè così aiutare Green a riprendersi, la rifocillò e l'aiutò a curare la<br />
profonde ferite dell'ala, fino a quando, dopo molti giorni, l'anatra non fu in grado di<br />
spiccare il volo e riprendersi la sua libertà.<br />
Green, prima di lasciare il nido, manifestò la sua gratitudine a Lucky Strike che<br />
finalmente assaporò la felicità di essere stata di aiuto a qualcuno.<br />
Passarono i giorni e le settimane, la vita sembrava tornata alla normalità, fino a quando<br />
in un bel giorno di sole all'inizio della primavera i cacciatori tornarono con la stessa<br />
determinata voglia di uccidere.<br />
Quel giorno pieno di luce il lago brulicava di anatre che sguazzavano nell'acqua con i<br />
loro piccoli, e la fortuna volle che il rumore del motore della piccola barca dei cacciatori<br />
anche questa volta favorì la fuga di gran parte degli animali.<br />
Ma Yellow, un bel maschio di anatra dal bel colore giallo [fu] colpito ad una zampa [e]<br />
iniziò a perdere sangue e, nonostante la ferita non fosse profonda, la povera anatra non<br />
riusciva a nuotare per allontanarsi rapidamente dall'imbarcazione dei cacciatori. Anch'egli<br />
implorò aiuto: "presto venite ad aiutarmi, non riesco più a nuotare e neppure a volare!<br />
Gli uomini stanno venendo e mi prenderanno, aiuto, aiutooo!". Il povero Yellow era<br />
ormai allo stremo delle forze e a un passo dal divenire preda dei cacciatori quando Lucky<br />
Strike, che era di vedetta ai margini del lago, riuscì ad afferrarlo salvandogli la vita.<br />
Yellow, come Green, fu portato nel nido di Lucky Strike, dove fu rifocillato e curato.<br />
Yellow ringraziò infine la sua salvatrice per il gesto di altruismo, dichiarandole eterna<br />
riconoscenza. […]<br />
Passarono i mesi e i cacciatori tornarono riservando la stessa sorte ad altre anatre, Pink,<br />
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Brown e Orange, i cui nomi derivavano dai colori dominanti<br />
del loro piumaggio. Anche in queste occasioni era stata Lucky Strike a salvare loro la<br />
vita, tra l'indifferenza generale degli altri volatili del bosco, curandole e rifocillandole con<br />
lo stesso amore di sempre,<br />
permettendo loro di tornare ai propri nidi e dai loro piccoli. […]<br />
Era da tempo che i cacciatori volevano fargliela pagare per avere sottratto loro tante<br />
prede durante le precedenti battute di caccia. Quel giorno i cacciatori non avevano preso<br />
subito la barca, ma avevano raggiunto la sponda inaccessibile facendosi strada con un<br />
machete affilato, e si erano appostati per sorprendere le anatre all'uscita del bosco,<br />
sperando di ritrovarsi davanti proprio quella che tanto odiavano.<br />
Lucky Strike fu colpita ad una zampa e ad entrambe le ali, piombando di peso nell'acqua<br />
fredda del lago che subito si colorò del suo sangue. L'anatra capì subito che la situazione<br />
era grave, ma si rese conto che i cacciatori, non avendo la barca, avrebbero perso più<br />
tempo per recuperala. Iniziò così a invocare aiuto chiamando per nome le anatre che<br />
aveva salvato: "Green! Yellow! Red! Aiuto, aiutoo! Orange!<br />
Brown! Pink! Aiutatemi! Questa volta hanno colpito me, sono ferita alle ali aiutooo!<br />
Aiutooo!". Invocò quei nomi a lungo ma nessuno si fece vivo.<br />
I cacciatori questa volta, avvicinandosi al loro obiettivo, intuendo che nessuna anatra<br />
aveva il coraggio di Lucky Strike, se la presero ancora comoda, ma quando erano ormai a<br />
pochissimi metri dall'anatra moribonda, videro arrivare un'altra anatra. Era nera, con un<br />
ciuffo di piume bianche sulla coda che formavano una macchia ovale, mentre le zampe<br />
ed il becco erano di colore giallo ocra, esattamente come Lucky Strike.<br />
L'anatra soccorritrice afferrò Lucky Strike con determinazione e precisione […].<br />
Inutile descrivere lo stato d'animo e la meraviglia dei cacciatori che ancora una volta si<br />
erano visti beffati da un sosia dell'anatra tanto odiata, senza avere il tempo di reagire.<br />
Una volta arrivati nel proprio nido, l'anatra salvatrice rifocillò e curò Lucky Strike.<br />
"Ma chi sei, come ti chiami?" disse Lucky Strike meravigliata di trovarsi davanti ad<br />
un'anatra esattamente uguale a lei.<br />
"Mi chiamo Lucky Strike, come te."<br />
"Lucky Strike"? ripetè l'anatra ancora debole per le ferite riportate.<br />
"Si proprio così," rispose l'altra, "tu non puoi ricordare, perché eri la più piccola del nido<br />
e forse sei stata l'ultima a lasciarlo. Ricordo ancora le parole della mamma che mi disse di<br />
prendermi cura di te, e che ti aveva dato il mio stesso nome perché mi somigliavi tanto.<br />
Ti ho cercato questi anni, ma il nido, evidentemente era molto distante dal tuo ed è per<br />
questo che non ci siamo più incontrate. Sapessi quanto sono felice di averti ritrovata!".<br />
L'anatra ferita non credeva ai propri occhi, ma non riusciva a ricordare; aveva appena<br />
messo il piumaggio quando la più grande era volata via, e la loro madre non era più<br />
tornata al nido per raccontarle questa storia.<br />
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Decisero che non si sarebbero mai più lasciate. Vissero insieme<br />
in nidi vicini, ma lontani dal lago ormai abitato dagli uomini, e quando un bel giorno nei<br />
loro nidi si aprirono le uova, vennero al mondo due pulcini che, crescendo, divennero<br />
esattamente uguali a loro: due anatre completamente nere, con uno sparuto piumaggio<br />
bianco di forma ovale nella coda, e con le zampe ed il becco giallo ocra. Anche esse<br />
furono chiamate Lucky Strike ed educate secondo i principi di generosità che la loro<br />
nonna aveva insegnato alle loro madri”.<br />
(da Lucky Strike. Fiabe ecologiche per grandi e piccini. Palermo, 2011, pp.39-54)<br />
IL COMMENTO<br />
di Andrea Lo Giudice, Salvatore Marcenò, Dario Roscioli, Francesco Verruso,<br />
Manuel Vittorio Ferrera, Santocito Salvatore<br />
(classe 2h)<br />
Questo racconto per noi è il più interessante ed emozionante del libro. Il<br />
comportamento irriconoscente delle anatre che in passato Lucky aveva salvato, e che ora<br />
non accorrevano in suo aiuto in un momento di pericolo, ci fa ripensare al<br />
comportamento degli uomini, che implorano di essere salvati ma non sono disposti a<br />
rischiare per gli altri.<br />
Inoltre, il racconto è molto bello perché mette in evidenza ancora una volta il coraggio,<br />
l’onore e la generosità di Lucky nei confronti dei suoi simili.<br />
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Intervista all’autore<br />
1. Perché ha intitolato sia il libro che una fiaba in esso contenuta<br />
Lucky Strike?<br />
Lucky Strike era il nome di una fiaba che avevo inventato per raccontarla la<br />
sera ai miei figli (che oggi hanno 23 e 18 anni) prima che si addormentassero.<br />
Il nome che in inglese significa “Colpo Fortunato” voleva rappresentare la<br />
forza e la fortuna dell’anatra che riusciva sempre a salvare le altre anatre.<br />
Inoltre nella fiaba avevo inserito i nomi delle anatre in inglese (Red, Orange,<br />
Black ecc) per sensibilizzare ed avvicinare i miei figli alla lingua inglese.<br />
2. Perché le sue fiabe hanno come tema principale la natura?<br />
La mia famiglia ha sempre avuto una sensibilità naturalistica ed<br />
ambientalistica. Mio padre ci ha educato sin da bambini ad amare e<br />
rispettare la natura ed io stesso ho svolto attività politica da ambientalista<br />
supportando molte iniziative in favore del rispetto dell’ambiente, della<br />
natura e degli animali.<br />
3. Perché l’animale protagonista delle fiabe di questo libro è quasi<br />
sempre un’anatra?<br />
Ho scelto l’anatra perché è uno dei pochissimi animali che riesce ad<br />
affrontare con grande naturalezza i tre ambienti del mondo e cioè: aria, acqua<br />
e terra, infatti l’anatra sa volare, sa nuotare e sa camminare. Questa sua<br />
particolare peculiarità mi ha sempre affascinato sin da bambino e ho sempre<br />
ritenuto che queste caratteristiche rendessero le anatre superiori agli altri<br />
animali.<br />
4. Come mai ha scelto come tipologia testuale la fiaba?<br />
Perché, sin da piccolo, mio padre me le raccontava prima di addormentarmi<br />
come poi io ho fatto con i miei figli e questo, mi ha spinto a diffondere<br />
questa sana abitudine anche agli altri (piccoli e grandi).<br />
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5. Gli animali che descrive nelle sue fiabe hanno per lei un significato<br />
simbolico?<br />
Se ci fate caso vi è una contrapposizione tra la figura di Lucky Strike e le altre<br />
anatre, un contrasto tra bene e male, non un contrasto fine a se stesso, ma<br />
una valorizzazione della moralità rispetto ai disvalori, dell’ armonia rispetto<br />
alla disarmonia, della abnegazione rispetto alla irriconoscenza, del coraggio<br />
rispetto alla codardia e cosi via. Un tentativo di valorizzare la parte migliore<br />
di noi rispetto a quella peggiore.<br />
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E per la classi seconde e terze:<br />
BEATRICE MONROY<br />
ELEGIA DELLE DONNE MORTE<br />
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GIORGIO DI VITA<br />
NON CON UN LAMENTO<br />
PEPPINO IMPASTATO, VERTIGINI DI MEMORIE<br />
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