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Ambiente e Sicurezza..

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FORUM AMBIENTE & SICUREZZA<br />

NOVITÀ LEGISLATIVE, QUALITÀ, RESPONSABILITÀ SOCIALE E BILANCIO AMBIENTALE.<br />

LE NUOVE LEVE PER LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE<br />

Una rassegna di 6 incontri con le istituzione, le associazioni e il mondo industriale<br />

Milano, Palazzo delle Stelline<br />

24 e 25 marzo 2004<br />

__________________________________________________________________________________<br />

Per informazioni: Il Sole 24 ORE Business Conference, Tel. 0256601310<br />

www.ilsole24ore.com/annualeventi<br />

__________________________________________________________________________________<br />

e-mail: businessconference@ilsole24orecom<br />

MERCOLEDÌ, 24 MARZO 2004<br />

1˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PLENARIA MATTUTINA<br />

Gli strumenti per la gestione della sicurezza, dell’ambiente e della responsabilità sociale<br />

Modera Francesco Demuro Direttore Responsabile <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

8.30 Registrazione dei partecipanti<br />

9.15 Apertura del lavori a cura del Moderatore<br />

9.30 La gestione della sicurezza e della salute negli ambienti di lavoro. La normazione europea e il<br />

sistema di gestione della sicurezza e salute nei posti di lavoro, le linee guida UNI - INAIL e gli<br />

sviluppi futuri, Marco Vigone, Presidente Commissione <strong>Sicurezza</strong> UNI - Direttore Generale IEC<br />

Torino<br />

10.00 L’integrazione dei sistemi di gestione ambientale in azienda: quali opportunità per le imprese,<br />

Demetrio Marino, Environmental & Safety Management Systems Technical Manager, Lloyd’s Register<br />

Certification<br />

10.30 La certificazione dei sistemi di gestione della sicurezza e salute sul lavoro: stato attuale,<br />

problemi e prospettive di evoluzione, Riccardo Bianconi, Responsabile Ricerca & Sviluppo, Sincert<br />

11.00 Lo strumento volontario di rendicontazione delle prestazioni di CSR del progetto CSR-SC: il<br />

Social Statement, Katia Martino, Responsabile Progetto CSR-SC, Ministero del Lavoro e delle<br />

Politiche Sociali<br />

11.3 Prospettive e scenari di sviluppo sostenibile<br />

Tavola rotonda<br />

Intervengono:<br />

Antonio Moccaldi, Presidente ISPESL<br />

Giorgio Cesari, Direttore Generale APAT<br />

Alessandro Santoro, Direttore Generale UNI<br />

Enrico Comellini, Presidente CEI<br />

Ugo Girardi, Vice Segretario Generale UNIONCAMERE<br />

Lorenzo Thione, Presidente SINCERT<br />

13.00 Chiusura dell’incontro<br />

MERCOLEDÌ 24 MARZO 2004<br />

2˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PARALLELA POMERIDIANA<br />

D.Lgs. n. 195/2003 e D.Lgs. n. 626/1994: ultime modifiche e prossime novità<br />

Modera Donatella Bollani, Redattore <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

14.00 Registrazione dei partecipanti<br />

14.15 Apertura del lavori a cura della Moderatrice


14.30 Il D.Lgs. n. 195/2003: RSPP e ASPP nuove capacità e requisiti richiesti, Pierguido Soprani, Avvocato –<br />

pubblicista<br />

15.00 Le esigenze formative degli RSPP e degli ASPP, Carmelo G. Catanoso, Esperto del Sole 24 ORE<br />

15.30 Formazione per la sicurezza: i nuovi soggetti abilitati, Marco Masi, Coordinatore tecnico Conferenza<br />

Stato-Regioni<br />

16.00 Testo Unico sulla sicurezza: le possibili modifiche in tema di igiene e sicurezza del lavoro, è stato<br />

invitato a partecipare il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />

16.30 Salute, ambiente, lavoro: quale realtà?<br />

Tavola rotonda<br />

Marco Stancati, Direttore Comunicazione INAIL<br />

Giancarlo Coccia, Direttore <strong>Ambiente</strong> Confindustria<br />

Susanna Cantoni, Rappresentante regionale Coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province<br />

Autonome<br />

Giancarlo Bianchi, Presidente AIAS<br />

18.00 Chiusura dell’incontro<br />

MERCOLEDÌ 24 MARZO 2004<br />

3˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PARALLELA POMERIDIANA<br />

Inquinamento ambientale: responsabilità e sanzioni per imprese<br />

Modera Dario De Andrea, Redattore <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

14.15 Apertura del lavori a cura del Moderatore<br />

14.30 La legislazione in materia di ambiente (le norme di settore degli ultimi anni, la riforma costituzionale del<br />

2001 e l’ambiente, recenti novità in tema di bonifiche e definizione di rifiuto, verso i Testi Unici, la legislazione<br />

ambientale di fronte al principio di precauzione e alle incertezze scientifiche), Luciano Butti, Avvocato e<br />

Professore a contratto di diritto dell’<strong>Ambiente</strong>, Università di Padova, Presidente Equiliber<br />

15.15 L’applicazione dei controlli, Donato Ceglie, Magistrato - Procura della Repubblica di Santa Maria<br />

Capua Vetere<br />

15.45 Le procedure per le comunicazioni dei dati, Paolo Pipere, Responsabile Servizio <strong>Ambiente</strong> e Territorio,<br />

Camera di Commercio di Milano<br />

16.15 Case history. Valutazione delle criticità ambientali finalizzata alla bonifica di un’area ex industriale,<br />

Andrea Ferretti, Manager Ecomag - Gruppo American Appraisal<br />

16.45 Case history. Car World center: un esempio concreto di riqualificazione urbana, Gianni Moccarelli,<br />

Amministratore Delegato CarWorld Italia<br />

17.15 Assicurabilità dei rischi di responsabilità civile: vincoli e opportunità, Aldo Bertelle, Amministratore<br />

Delegato AssTECH - Responsabile Risk Management Unit Swiss Re<br />

18.00 Chiusura dell’incontro<br />

GIOVEDÌ 25 MARZO 2004<br />

4˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PLENARIA MATTUTINA<br />

<strong>Sicurezza</strong>, ambiente e responsabilità sociale come fattore d’eccellenza manageriale<br />

Modera Massimo Cassani Coordinatore <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

8.30 Registrazione dei partecipanti<br />

9.00 Apertura del lavori a cura del Moderatore<br />

9.15 L’incidenza dell’adozione dei sistemi di qualità sulle responsabilità per illeciti in materia di ambiente<br />

e sicurezza, Pasquale Fimiani, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Pretura di Pescara<br />

9.45 La contabilità ambientale come strumento di gestione dell’impresa, Marco Barsanti, Responsabile<br />

qualità e ambiente AEM<br />

10.15 Il Bilancio Sociale, Luciano Pivetta, Responsabile Servizio Politiche ambientali, salute, sicurezza e<br />

privacy Monte dei Paschi di Siena<br />

10.45 SA8000: la certificazione dell’etica ambientale come garanzia di eticità e qualità, Rossella Micheli,<br />

Responsabile Quality Management Aeroporto di Pisa


11.15 Certificazione di prodotto e regolamento Ecolabel: il ruolo delle norme Tecniche volontarie, Stefano<br />

Sibilio, Coordinamento del comparto Impresa e Società UNI<br />

11.45 La certificazione Ecolabel nel settore delle piastrelle ceramiche, Davide Carra, Responsabile <strong>Ambiente</strong><br />

& Qualità Gruppo Concorde<br />

12.15 La gestione ambientale come base della continuità aziendale, Riccardo Giovannini , Director RGA<br />

13.00 Chiusura dell’incontro<br />

GIOVEDÌ, 25 MARZO 2004<br />

5˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PARALLELA POMERIDIANA<br />

<strong>Sicurezza</strong> e tutela della salute in edilizia: D.P.R. n. 222/2003: i requisiti minimi<br />

dei piani di sicurezza e la stima dei costi<br />

Modera Donatella Bollani Redattore <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

14.15 Apertura del lavori a cura della Moderatrice<br />

14.30 Il quadro giurisprudenziale e le normative europee in materia di sicurezza, Donato Ceglie, Magistrato -<br />

Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere<br />

15.00 La campagna per la prevenzione infortuni nelle costruzioni attuata dal Ministero del Lavoro e delle<br />

Politiche Sociali e dalle Regioni, Paolo Pennesi, Dirigente Divisione VII - Coordinamento Ispezione<br />

Lavoro, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />

15.30 D.P.R. n. 222/2003: il nuovo regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza, Carmelo G.<br />

Catanoso, Esperto del Sole 24 ORE<br />

16.00 Il calcolo dei costi della sicurezza, gli ammortamenti degli apprestamenti di sicurezza, Damiano<br />

Romeo, Esperto in materia di sicurezza in cantiere<br />

16.30 Il “nuovo” pronto soccorso in cantiere e in azienda, Enzandrea Prandi, medico del lavoro<br />

17.00 La sicurezza nei cantieri edili<br />

Tavola rotonda<br />

Giuseppe Piegari, Responsabile Area Tecnica, Divisione VII, Coordinamento Ispezione Lavoro, Ministero<br />

del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />

Giuseppe Pagliuca, Direttore Area Relazioni Industriali e Affari Societari ANCE<br />

Roberto Giorgini, Segretario Nazionale, CNA-Assoedili<br />

Flavio Coato, Coordinatore Gruppo prevenzione e sicurezza in edilizia, Coordinamento tecnico delle<br />

Regioni e Province Autonome<br />

Giancarlo Bobbo, Membro Commissione Interprofessionale sulla <strong>Sicurezza</strong> nei cantieri edili, Milano<br />

Riccardo Bianconi, Responsabile Ricerca & Sviluppo, Sincert<br />

18.00 Chiusura dell’incontro<br />

6˚ INCONTRO<br />

SESSIONE PARALLELA POMERIDIANA<br />

Comunicazione e gestione dei conflitti ambientali<br />

Modera Dario De Andrea Redattore <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

14.15 Apertura del lavori a cura del Moderatore<br />

14.30 Strategie di comunicazione e creazione del consenso, Carlo Cici, Manager RGA<br />

15.00 Gli strumenti e l’evoluzione della comunicazione ambientale e sociale, Sabina Ratti, Responsabile Programma<br />

di ricerca Corporate Responsability and sustainable Management, Fondazione ENI - Enrico Mattei<br />

15.30 Gli strumenti della Governance: come garantire l’affidabilità della comunicazione, Federica Ranghieri,<br />

Ricercatrice Università Statale di Milano<br />

16.30 La valutazione ambientale strategica quale nuovo strumento per la prevenzione e gestione dei<br />

conflitti ambientali: i riferimenti normativi, gli strumenti della VAS e l’applicazione al piano di<br />

sviluppo della rete elettrica, Adel Motawi, Responsabile <strong>Ambiente</strong> GRTN<br />

17.00 Prevenire e gestire efficacemente la conflittualità interna ed esterna ad un’organizzazione (profili e<br />

funzionamento di un sistema di Conflict Management aziendale o di progetto, sistemi intra e inter aziendali: il<br />

caso RedRess della US Postal Service e della General Electric, tecniche di gestione del negoziato multiparte<br />

per la prevenzione di conflitti ambientali, il Partnering Dialogue: il caso della US Navy), Leonardo D’Urso,<br />

Amministratore Delegato ADR Center<br />

17.30 La comunicazione nella gestione delle istanze e nelle situazioni di crisi, Stefania Lazzaroni, Comunication<br />

e Pubblic Affairs Manager Coca Cola Bevande Italia e Massimo Gargiulo, Vice Presidente Burson Marsteller<br />

18.00 Case history: il caso TAV, Carla Recchi - Responsabile Comunicazione TAV<br />

18.30 Chiusura dell’incontro


GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA<br />

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO IN<br />

Antincendio Decreto-legge<br />

30 gennaio 2004, n. 24<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

degli impianti<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

dei prodotti<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

del lavoro<br />

GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 15 GIORNI<br />

Decreto del Ministero delle<br />

Infrastrutture e dei Trasporti<br />

20 novembre 2003<br />

Decreto legislativo<br />

22 gennaio 2004, n. 34<br />

Decreto del Ministero della<br />

Salute 15 luglio 2003, n.<br />

388<br />

Accordo Conferenza permanente<br />

per i rapporti tra<br />

lo Stato, le Regioni e le Province<br />

autonome di Trento<br />

e Bolzano 15 gennaio<br />

2004<br />

Energia Decreto legislativo<br />

29 dicembre 2003, n. 387<br />

SICUREZZA<br />

«Disposizioni urgenti concernenti il<br />

personale del Corpo nazionale dei<br />

vigili del fuoco, nonché in materia<br />

di accise sui tabacchi lavorati»<br />

«Recepimento della decisione<br />

2003/525/CE della Commissione del<br />

18 luglio 2003, che rinvia la data di<br />

attuazione della direttiva 1999/36/<br />

CE del Consiglio per alcune attrezzature<br />

a pressione trasportabili»<br />

«Modifiche ed integrazioni al decreto<br />

legislativo 30 luglio 1999, n.<br />

300, concernenti le funzioni e la<br />

struttura organizzativa del Ministero<br />

delle attività produttive, a norma<br />

dell’articolo 1 della legge 6 luglio<br />

2002, n. 137»<br />

«Regolamento recante disposizioni<br />

sul pronto soccorso aziendale, in<br />

attuazione dell’articolo 15, comma<br />

3, del decreto legislativo 19 settembre<br />

1994, n. 626, e successive modificazioni»<br />

«Accordo tra il Ministro dell’istruzione,<br />

dell’università e della ricerca, il<br />

Ministro del lavoro e delle politiche<br />

sociali, le regioni e le province autonome<br />

di Trento e Bolzano, per la<br />

definizione degli standard formativi<br />

minimi in attuazione dell’accordo<br />

quadro sancito in Conferenza<br />

Unificata il 19 giugno 2003. Conferenza<br />

permanente per i rapporti<br />

tra lo Stato, le regioni e le province<br />

autonome di Trento e di Bolzano»<br />

AMBIENTE<br />

«Attuazione della direttiva 2001/<br />

77/CE relativa alla promozione dell’energia<br />

elettrica prodotta da fonti<br />

energetiche rinnovabili nel mercato<br />

interno dell’elettricità»<br />

NOVITÀ<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 febbraio 2004, n. 26<br />

Sintesi a pag. 84<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

dell’11 febbraio 2004,<br />

n. 34<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 12 febbraio 2004,<br />

n. 35<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 4 febbraio 2003, n. 28<br />

Commento e testo a<br />

pag. 18<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 5 febbraio 2004, n. 29<br />

S.O. n. 17 alla Gazzetta Ufficiale<br />

del 31 gennaio<br />

2004, n. 25<br />

Ulteriori approfondimenti<br />

sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 7


Energia Decreto del Ministero<br />

delle Attività produttive<br />

29 gennaio 2004<br />

Rifiuti Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela<br />

del territorio 2 febbraio<br />

2004<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Decreto del Ministero delle<br />

Infrastrutture e dei Trasporti<br />

13 gennaio 2004<br />

Decreto legislativo<br />

22 gennaio 2004, n.30<br />

«Modalità per la vendita sul mercato,<br />

per l’anno 2004, dell’energia<br />

elettrica di cui all’art. 3, comma 12<br />

del decreto legislativo 16 marzo<br />

1999, n. 79, da parte del Gestore<br />

della rete di trasmissione nazionale<br />

S.p.a.»<br />

«Approvazione dello statuto del<br />

Consorzio obbligatorio delle batterie<br />

al piombo esauste e dei rifiuti<br />

piombosi (COBAT)»<br />

«Procedure per il rilascio dell’autorizzazione<br />

all’imbarco e trasporto<br />

marittimo e per il nulla osta allo<br />

sbarco e al reimbarco su altre navi<br />

(transhipment) delle merci pericolose.<br />

(Decreto n. 36/2004)»<br />

«Modificazioni alla disciplina degli<br />

appalti di lavori pubblici concernenti<br />

i beni culturali»<br />

GAZZETTA UFFICIALE DELLE COMUNITÀ EUROPEE<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 5 febbraio 2004, n. 29<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 12 febbraio 2004, n. 35<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 30 gennaio 2003, n. 24<br />

Sintesi a pag. 98<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 7 febbraio 2004, n. 31<br />

Sintesi a pag. 99<br />

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATO IN<br />

Igiene di alimenti<br />

e bevande<br />

Igiene<br />

del lavoro<br />

NOVITÀ<br />

SICUREZZA<br />

«Direttiva 2004/13/CE della Commissione, del 29 gennaio 2004,<br />

che modifica la direttiva 2002/16/CE sull’uso di taluni derivati<br />

epossidici in materiali e oggetti destinati a venire a contatto<br />

con i prodotti alimentari»<br />

«Direttiva 2004/14/CE della Commissione, del 29 gennaio 2004,<br />

che modifica la direttiva 93/10/CEE relativa ai materiali e agli<br />

oggetti di pellicola di cellulosa rigenerata destinati a venire a<br />

contatto con i prodotti alimentari»<br />

«Decisione della Commissione, del 29 gennaio 2004, relativa a<br />

misure per la valutazione del rischio residuo di ESB nei prodotti<br />

derivati da bovini/relativa ad una partecipazione finanziaria<br />

della Comunità a misure per la valutazione del rischio residuo<br />

di ESB nei prodotti derivati da bovini»<br />

«Decisione della Commissione, del 29 gennaio 2004, relativa<br />

all’effettuazione nel 2004 di indagini sull’influenza aviaria nel<br />

pollame e nei volatili selvatici negli Stati membri»<br />

«Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito<br />

alla “Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione<br />

e il controllo delle malattie”»<br />

Il contenuto è disponibile on-line all’indirizzo<br />

wwww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

G.U.C.E. L del 30 gennaio<br />

2004, n. 27<br />

G.U.C.E. L del 30 gennaio<br />

2004, n. 27<br />

G.U.C.E. L del 5 febbraio<br />

2004, n. 32<br />

G.U.C.E. L del 5 febbraio<br />

2004, n. 32<br />

G.U.C.E. C del 5 febbraio<br />

2004, n. 32<br />

8 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Articoli<br />

Approfondimenti<br />

● Gru a torre automontante: a chi compete la marcatura CE?<br />

di Marco Vigone ................................................................................................................................ p. II<br />

● Gru a torre automontante: dall’analisi dei rischi al controllo<br />

delle condizioni della macchina<br />

di Claudio Conio................................................................................................................................ p. IV<br />

● Pronto soccorso: con il decreto n. 388/2003<br />

approvato l’attesissimo regolamento<br />

di Nadia Taverna............................................................................................................................... p. 18<br />

● Per rinforzare la tutela dell’ambiente l’Europa alza lo scudo del diritto penale<br />

di Pasquale Fimiani .......................................................................................................................... p. 28<br />

● Chiarimenti sui controsoffitti certificati per strutture resistenti al fuoco<br />

di Stefano Marsella........................................................................................................................... p. 44<br />

● La Commissione Ue approva le disposizioni per la messa in servizio<br />

e l’utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione<br />

di Vittorio Mazzocchi......................................................................................................................... p. 47<br />

● Dall’ISPESL una nuova circolare sui componenti operanti in regime<br />

di scorrimento viscoso<br />

di Vittorio Mazzocchi e Corrado Delle Site ................................................................................... p. 53<br />

● Premiate nel 2003 a Bilbao 19 buone prassi sull’utilizzo in sicurezza<br />

delle sostanze pericolose<br />

di Ilaria Massardi............................................................................................................................... p. 69<br />

● Organizzazione del lavoro e prevenzione della violenza tra i temi<br />

delle buone pratiche scelte da Bilbao<br />

di Ilaria Massardi............................................................................................................................... p. 76<br />

● Gli obblighi dei lavoratori autonomi nei cantieri minori<br />

di Pierguido Soprani ......................................................................................................................... p. 85<br />

● Anche la legge di conversione n. 5/2004 esclude le PA dalle Commissioni VIA<br />

di Elisabetta Mariotti ......................................................................................................................... p. 92<br />

● Elettrosmog e tutela penale<br />

di Cesare Parodi ............................................................................................................................... p. 100<br />

Legislazione<br />

In sintesi<br />

SOMMARIO<br />

INSERTO ........................................................................................................................................................ p. 13<br />

SPECIALE ..................................................................................................................................................... p. 13<br />

L’APPROFONDIMENTO ................................................................................................................................. p. 13<br />

IGIENE E SICUREZZA ................................................................................................................................... p. 13<br />

AMBIENTE ..................................................................................................................................................... p. 15<br />

● Pronto soccorso: con il decreto n. 388/2003<br />

approvato l’attesissimo regolamento<br />

Decreto del Ministero della Salute 15 luglio 2003, n. 388.......................................................... p. 20<br />

● Controlli veterinari<br />

Regolamento (CE) della Commissione 22 gennaio 2004, n. 136/2004 .................................. p. 84<br />

● Corpo dei Vigili del fuoco<br />

D.L. 30 gennaio 2004, n. 24............................................................................................................ p. 84<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 9


● Anche la legge di conversione n. 5/2004 esclude le PA dalle Commissioni VIA<br />

Testo del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, coordinato<br />

con la legge di conversione 16 gennaio 2004, n. 5..................................................................... p. 95<br />

● Acqua. Gestione emergenziale<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004 .............................................................................................................. p. 97<br />

● Approvvigionamento idrico. Gestione emergenziale<br />

D.P.C.M. 16 gennaio 2004 .............................................................................................................. p. 97<br />

● Rifiuti. Gestione emergenziale<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004 .............................................................................................................. p. 97<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004 .............................................................................................................. p. 97<br />

● Trasporto<br />

Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 13 gennaio 2004, n. 36 ................. p. 98<br />

● Bonifiche e decontaminazione<br />

Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e Tutela del territorio 23 ottobre 2003 ........................... p. 99<br />

● Rischi biotecnologici<br />

Legge 15 gennaio 2004, n. 27 ........................................................................................................ p. 99<br />

● Appalti di lavori pubblici<br />

D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30........................................................................................................ p. 99<br />

Prassi<br />

SOMMARIO<br />

● Per rinforzare la tutela dell’ambiente l’Europa alza lo scudo del diritto penale<br />

Decisione quadro del Consiglio 27 gennaio 2003, n. 2003/80/GAI.......................................... p. 38<br />

● Chiarimenti sui controsoffitti certificati per strutture resistenti al fuoco<br />

Lettera-circolare del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico<br />

e della Difesa Civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica<br />

- Area protezione passiva, 16 gennaio 2004, Prot. n. DCPST/A5/283/FR.............................. p. 46<br />

● Dall’ISPESL una nuova circolare sui componenti operanti<br />

in regime di scorrimento viscoso<br />

Circolare ISPESL, Dipartimento Omologazione e Certificazione<br />

5 dicembre 2003, n. 48 .................................................................................................................... p. 54<br />

● Rifiuti. Gestione emergenziale<br />

Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 gennaio 2004..................................... p. 97<br />

Giurisprudenza<br />

● Nesso di condizionamento provato se riconducibile alla condotta colposa<br />

Cassazione penale, sez. IV, 11 giugno 2003, n. 25193 ............................................................. p. 87<br />

● Non valida l’accusa alla distrazione del lavoratore per esentarsi dalla responsabilità<br />

Cassazione penale, sez. IV, 28 febbraio 2003, n. 9291............................................................. p. 87<br />

● Delega di funzioni in grandi società organizzate in distinti settori<br />

Cassazione penale, sez. III, 28 aprile 2003, n. 19642................................................................ p. 88<br />

● Consumi idrici<br />

TAR Lombardia, 20 maggio 2003, n. 1847................................................................................... p. 104<br />

● Discariche abusive<br />

Tribunale di Grosseto, 9 ottobre 2003, n. 793.............................................................................. p. 104<br />

● Tollerabilità acustica<br />

Tribunale di Modena, 11 novembre 2003, n. 42,......................................................................... p. 105<br />

● Rumore e poteri del sindaco<br />

TAR Puglia 24 settembre 2003, n. 3591....................................................................................... p. 105<br />

● Bonifiche e ordinanze sindacali<br />

TAR Valle d’Aosta 20 febbraio 2003, n. 17 .................................................................................. p. 106<br />

● Comitati a tutela di interessi ambientalistici<br />

TAR Toscana 27 ottobre 2003, n. 5491 ........................................................................................ p. 106<br />

10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


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Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO<br />

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2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 11


SCADENZARIO RUBRICA<br />

OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

1<br />

MARZO<br />

ARMI CHIMICHE: DICHIARAZIONE ANNUALE<br />

Scade il termine entro il quale le imprese che producono, lavorano e impiegano per la<br />

trasformazione, usano o detengono, acquistano, vendono, importano o esportano e,<br />

comunque, trasferiscono i composti chimici elencati alle tabelle 1, 2 o 3 dell’Annesso<br />

sui composti chimici della Convenzione di Parigi del 13 gennaio 1993 sulla proibizione<br />

dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro<br />

distruzione, ovvero svolgono le attività elencate nella parte IX del medesimo Annesso,<br />

devono trasmettere la relativa Dichiarazione annuale, in unica copia, completa di ogni<br />

loro parte e firmate in tutte le pagine dal legale rappresentante dell’azienda. La<br />

Relazione dovrà essere inviata mediante raccomandata a/r al Ministero delle Attività<br />

Produttive - D.G.S.P.C. - Ufficio armi chimiche, via Molise, 19 - 00187 Roma, o, in<br />

alternativa, mediante fax al n. 06/47887850 conservando l’originale con gli estremi<br />

della spedizione. Per quanto riguarda le modalità di compilazione si rinvia alle circolari<br />

n. 37877 del 4 aprile 1997, n. 358420 del 30 luglio 1997, n. 775036 del 22 gennaio 1998<br />

e n. 775043 del 22 febbraio 1999. Sono escluse dall’obbligo le miscele nelle quali il<br />

singolo composto chimico appartenente alla tabella 2 (B) a alla tabella 3 sia presente in<br />

quantità inferiore al 15% in peso e alle miscele nelle quali il singolo composto chimico<br />

della tabella 2(A) sia presente in quantità inferiore allo 0,5%. In ipotesi di omissione è<br />

previsto, salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’arresto da uno a tre anni per<br />

omissione o non veritiera dichiarazione (art. 11, comma 1, legge n. 496/1995). (Art. 6,<br />

legge 18 novembre 1995, n. 496, come mod. da art. 4, legge 4 aprile 1997, n. 93)<br />

SOGGETTO<br />

Imprese che producono, lavorano<br />

e impiegano per la trasformazione,<br />

usano o detengono, acquistano,<br />

vendono, importano o espor-<br />

PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

tano e, comunque, trasferiscono i<br />

composti chimici elencati alle tabelle<br />

1, 2 o 3 dell’Annesso sui composti<br />

chimici della Convenzione<br />

di Parigi del 13 gennaio 1993<br />

Annuale 1˚ marzo 2005<br />

ALIMENTI PER ANIMALI: RISULTATI CONTROLLI ANNUALI<br />

Il Ministero delle Politiche agricole e forestali - Ispettorato centrale repressione frodi, e gli<br />

assessorati alla sanità delle regioni e province autonome devono trasmettere entro oggi al<br />

Ministero della Salute i risultati conseguiti dal programma coordinato di controllo sugli<br />

alimenti per animali o qualsiasi sostanza utilizzata in alimentazione animale, con allegata<br />

una relazione redatta in conformità ai criteri di cui all’art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 460/1998<br />

recante Attuazione della direttiva 95/53/CE relativa all’organizzazione dei controlli ufficiali<br />

nel settore dell’alimentazione animale. (Art. 6, D.M. 14 ottobre 1999)<br />

SOGGETTO<br />

Ministero delle Politiche agricole<br />

e forestali - Ispettorato centra-<br />

PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

le repressione frodi, e assessorati<br />

alla sanità delle regioni e province<br />

autonome<br />

Annuale 31 marzo 2005<br />

STOCCAGGIO STRATEGICO DI GAS<br />

Le imprese di stoccaggio strategico del gas devono pubblicare entro questa data, sulla base<br />

della ripartizione operata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, le disponibilità di<br />

stoccaggio strategico di propria competenza e le condizioni per l’accesso a tale servizio. (Art. 2,<br />

comma 2, D.M. 26 settembre 2001)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

Titolare ex art. 2, comma 1,<br />

lett. b), D.Lgs. n. 624/1996<br />

Mensile 15 aprile 2004<br />

12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IN SINTESI<br />

RUBRICA<br />

SINTESI<br />

Inserto<br />

<strong>Sicurezza</strong> delle macchine<br />

ARTICOLI .............................................................................................................................................................................. da pag. II<br />

<strong>Sicurezza</strong> delle macchine da cantiere: gru a torre automontanti - Dopo un primo approfondimento dedicato<br />

alle terne (n. 18/2003, pag. II), un secondo sulle gru a torre (n. 22/2003, pag. II), e un terzo sugli escavatori (n.<br />

1/2004, pag. II) <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> prosegue la pubblicazione degli inserti dedicati alla sicurezza delle macchine<br />

da cantiere, occupandosi delle gru a torre automontanti. All’interno della famiglia degli apparecchi di sollevamento,<br />

la gru automontante rappresenta uno dei più diffusi apparecchi per la movimentazione ed il sollevamento dei<br />

carichi nei cantieri edili di piccola dimensione. Questo tipo di gru, chiamate anche a montaggio rapido o a braccio<br />

ripiegabile, sono apparecchi in grado di assicurare prestazioni di tiro generalmente più modeste se confrontate<br />

con una gru a torre di tipo tradizionale. L’inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento<br />

che guida all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle principali caratteristiche e modalità di<br />

impiego, indica la documentazione necessaria a corredo della macchina, affronta il tema della formazione<br />

dell’operatore addetto alla conduzione. In chiusura, una check list guida al controllo delle condizioni della<br />

macchina.<br />

Speciale<br />

<strong>Sicurezza</strong> del lavoro<br />

COMMENTO ........................................................................................................................................................................ a pag. 18<br />

TESTO.................................................................................................................................................................................... a pag. 20<br />

Dal 4 agosto 2004 nuova organizzazione del pronto soccorso in azienda - Il decreto del Ministero della Salute 15<br />

luglio 2003, n. 388, introduce importanti novità in merito agli obblighi inerenti la gestione e l’organizzazione del servizio<br />

di pronto soccorso aziendale. L’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994, come modificato e integrato dal D.Lgs. n.<br />

242/1996, demandava, infatti, una serie di aspetti relativi a questo servizio proprio all’emanazione dell’attesissimo D.M. n.<br />

388/2003. Tra le novità principali introdotte dal provvedimento: la classificazione delle aziende in tre gruppi (A, B o C) che<br />

ne definiscono il livello di rischio infortunistico, le disposizioni sull’organizzazione del pronto soccorso (dotazioni minime,<br />

mezzi di comunicazione idonei, integrazione con le ASL, l’aggiornamento dei presidi), i requisiti e la formazione degli<br />

addetti. In particolare, secondo il nuovo D.M., il datore di lavoro è tenuto ad individuare, in collaborazione con il medico<br />

competente, e a mettere a disposizione, i dispositivi di prevenzione individuale e gli equipaggiamenti che si rendano<br />

necessari per gli addetti sulla base delle indicazioni che emergono dal piano di primo soccorso. (in Gazzetta Ufficiale del 4<br />

febbraio 2003, n. 28)<br />

L’Approfondimento<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

COMMENTO ........................................................................................................................................................................ a pag. 28<br />

TESTO .................................................................................................................................................................................... a pag. 38<br />

Tutela ambientale e diritto penale - Tra gli obiettivi che l’Unione europea si è prefissata con la propria<br />

costituzione rientra anche quello di garantire ai cittadini un livello elevato di sicurezza attraverso azioni comuni nel<br />

settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. In particolare, i reati contro l’ambiente hanno,<br />

proprio per la loro natura, conseguenze che «sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli<br />

Stati ove tali reati vengono commessi» e che, ormai, costituiscono un problema cui devono confrontarsi tutti gli Stati<br />

membri; in altre parole, la rilevanza transnazionale degli illeciti “verdi” pone il duplice problema di garantire la<br />

sicurezza dei cittadini dell’Unione e di individuare standard repressivi comuni. Da queste premesse si è mosso il<br />

Consiglio dell’Unione europea con la decisione quadro del Consiglio 27 gennaio 2003, n. 2003/80/GAI «relativa alla<br />

protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale», che, non a caso, rappresenta il primo tentativo comunitario di<br />

vincolare gli Stati membri all’introduzione, piuttosto che al mantenimento, di un sistema di illeciti penali per gli<br />

“eco-reati”. Una lettura in controluce della norma offre il pretesto per un’analisi riepilogativa della disciplina (in<br />

G.U.C.E L del 5 febbraio 2003, n. 29).<br />

Igiene e sicurezza<br />

ANTINCENDIO<br />

COMMENTO ........................................................................................................................................................................ a pag. 44<br />

TESTO.................................................................................................................................................................................... a pag. 46<br />

Dal MinInterno chiarimenti sull’utilizzo dei controsoffitti - I controsoffitti, come altri materiali che si installano per<br />

la finitura degli edifici, svolgono un ruolo chiave nella sicurezza delle persone in caso di incendio. La loro importanza è<br />

immediatamente evidente se si considera che il passaggio dalla fase di innesco a quella di principio di incendio si può<br />

verificare solo se l’apporto termico che può determinare l’avvio della combustione trova un ambiente adeguato alla<br />

propagazione solo in determinate circostanze, largamente legate alle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali e delle<br />

sostanze adiacenti. Con la Lettera-circolare 16 gennaio 2004, Prot. n. DCPST/A5/283/FR, il Dipartimento dei Vigili del<br />

Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile ha chiarito alcuni aspetti della classificazione e dell’impiego dei<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 13


SINTESI RUBRICA<br />

controsoffitti.<br />

SINTESI................................................................................................................................................................................... a pag. 84<br />

Corpo dei Vigili del fuoco - Al di là degli aspetti indennitari (art. 1) e di incremento di organico del Corpo dei Vigili del<br />

fuoco (aumentato di 500 unità - art. 2), il decreto legge 30 gennaio 2004, n. 24 reca una particolare disciplina relativa ai<br />

bandi di assunzione per il profilo dei Vigili del fuoco da impiegarsi nelle isole Eolie, di Lampedusa e di Pantelleria. (in<br />

Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 2004, n. 26 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE<br />

SINTESI................................................................................................................................................................................... a pag. 84<br />

Controlli veterinari - Il Regolamento (CE) n. 136/2004 della Commissione 22 gennaio 2004 individua le modalità<br />

tecniche, e relative analisi di laboratorio, da applicare ai controlli documentali ex art. 4, par. 3, direttiva 97/78/CE in<br />

materia di organizzazione dei controlli veterinari dei prodotti che provengono da paesi terzi e che vengono introdotti<br />

nella Comunità europea (art. 1 del regolamento che rinvia agli allegati I e II). (in G.U.C.E. L del 28 gennaio 2004, n. 21 e<br />

all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

ARTICOLO............................................................................................................................................................................. a pag. 47<br />

La Commissione UE approva le disposizioni per la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature e degli<br />

insiemi a pressione - Abbondantemente fuori tempo massimo - l’art. 19 del D.Lgs. n. 93/2000 stabiliva, infatti, un<br />

termine di un anno dalla pubblicazione del decreto stesso - si è avviato l’iter conclusivo del decreto riportante le<br />

disposizioni per la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione, così come previsto dallo<br />

stesso art. 19 del D.Lgs. n. 93/2000, «Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione». Siè,<br />

quindi, nelle condizioni di esprimere delle prime valutazioni sul testo ormai definitivo del decreto di prossima pubblicazione,<br />

valutazioni che nel presente articolo, vengono limitate al ruolo che continuerà a svolgere l’ISPESL nella veste di<br />

Organismo incaricato per le verifiche di primo impianto. Ricordiamo che <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> ha pubblicato due speciali<br />

interamente dedicati alla applicazione della direttiva PED e TPED, nei numeri n. 12/2002 e n. 8/2003.<br />

COMMENTO ........................................................................................................................................................................ a pag. 53<br />

TESTO.................................................................................................................................................................................... a pag. 54<br />

Dall’ISPESL la nuova procedura tecnica per le verifiche di calcolo ed i controlli su componenti di apparecchi a<br />

pressione operanti in regime di scorrimento viscoso - Con la circolare ISPESL n. 48/2003, è stata emanata dall’Istituto<br />

una nuova Procedura Tecnica (PT) contenente le disposizioni per le verifiche di calcolo ed i controlli su componenti di<br />

apparecchi a pressione operanti in regime di scorrimento viscoso finalizzate all’ulteriore esercizio oltre la vita teorica di<br />

progetto. Per quanto riguarda i controlli in campo la nuova procedura tecnica definisce le variabili fondamentali per la<br />

stesura del Piano Controlli, introduce l’indagine statistica anonima dei danneggiamenti riscontrati dalle Ditte esercenti<br />

nei controlli periodici e precisa le caratteristiche dell’esame metallografico.<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

ARTICOLI............................................................................................................................................................................. da pag. 69<br />

Le buone prassi del 2003 sul rischio chimico premiate a Bilbao - In occasione della Settimana europea per la salute<br />

e la sicurezza sul lavoro 2003, l’Agenzia ha raccolto una serie di esempi di buone prassi relative ai metodi per trasferire<br />

efficacemente le informazioni sulla sicurezza e la salute del lavoro. L’obiettivo è quello di fornire ai decisori politici,<br />

fornitori di prodotti chimici, ricercatori, professionisti della sicurezza, ai datori di lavoro e alle Parti sociali le informazioni<br />

di carattere pratico utili a supportare e a valutare l’efficacia degli approcci. In allegato a questo approfondimento, in cui<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> pubblica una breve relazione delle prime quattro buone pratiche, riportiamo il periodico Factsheet<br />

n. 44, edito dall’Agenzia di Bilbao, che spiega le motivazioni dei premi assegnati. Segue un articolo che ultima la<br />

pubblicazione delle buone prassi del 2002. Ricordiamo che gli abstract delle best practice 2002 sono state tradotte e<br />

raccolte da <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> nei nn. 7 e 11/2003.<br />

MASSIMA E NOTA................................................................................................................................................................ a pag. 87<br />

Nesso di condizionamento provato se riconducibile alla condotta colposa - Il nesso di condizionamento deve<br />

ritenersi provato non solo quando venga accertata compiutamente la concatenazione causale che ha dato luogo all’evento<br />

ma, altresì, in tutti quei casi nei quali, pur non essendo compiutamente descritto o accertato il complessivo succedersi di<br />

tale meccanismo, l’evento sia, comunque, riconducibile alla condotta colposa dell’agente. Poiché il giudice non può<br />

conoscere tutte le fasi intermedie attraverso le quali la causa produce il suo effetto, né procedere ad una spiegazione<br />

fondata su una serie continua di eventi, l’ipotesi ricostruttiva formulata in partenza sul nesso di condizionamento tra<br />

condotta umana e singolo evento potrà essere riconosciuta fondata soltanto con una quantità di precisazioni e purché sia<br />

ragionevolmente da escludere l’intervento di un diverso ed alternativo decorso causale. (Cassazione penale, sez. IV, 11<br />

giugno 2003, n. 25193)<br />

MASSIMA E NOTA................................................................................................................................................................ a pag. 87<br />

Non valida l’accusa alla distrazione del lavoratore per esentarsi dalla responsabilità - Quando il datore di lavoro<br />

è in colpa non può essere esentato da responsabilità adducendo la distrazione del lavoratore, atteso che la distrazione<br />

non connota di abnormità il comportamento assunto, essendo essa facilmente prevedibile dal datore di lavoro tenuto a<br />

fare il possibile per proteggere il lavoratore anche dalla sua stessa imprudenza. Né la situazione si modifica quando si sia<br />

in presenza di un lavoratore esperto, giacché la familiarità con il lavoro svolto è fattore che, secondo la comune<br />

esperienza, comporta minore attenzione da parte del lavoratore stesso e deve, dunque, essere tenuto presente dal<br />

datore di lavoro e “contro bilanciato” con le opportune cautele, evidentemente sempre nei limiti del possibile. (Cassazione<br />

penale, sez. IV, 28 febbraio 2003, n. 9291)<br />

14 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


RUBRICA<br />

SINTESI<br />

MASSIMA E NOTA................................................................................................................................................................ a pag. 88<br />

Delega di funzioni in grandi società organizzate in distinti settori - L’esigenza di una delega scritta, o comunque<br />

formale, da parte degli organi verticistici di una società di rilevanti dimensioni è superflua, dovendosi presumere in re<br />

ipsa allorquando ricorra la suddivisione dell’azienda in distinti settori, rami o servizi, ai quali siano preposti soggetti<br />

qualificati ed idonei. (Cassazione penale, sez. III, 28 aprile 2003, n. 19642)<br />

SICUREZZA IN CANTIERE<br />

CASO..................................................................................................................................................................................... a pag. 85<br />

Gli obblighi dei lavoratori autonomi nei cantieri minori - Sussistono obblighi di sicurezza per i lavoratori autonomi<br />

nei cosiddetti cantieri minori a fronte dell’assenza del coordinatore per l’esecuzione dei lavori? In particolare, sussistono<br />

obblighi nei confronti delle imprese esecutrici, o quantomeno dell’appaltatore principale (o aggiudicatario dei lavori)?<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> pubblica la risposta a questi quesiti confermando che l’attuale indicazione, contenuta nel testo del<br />

D.Lgs. n. 494/1996, come novellato dal D.Lgs. n. 528/1999, che prevede l’obbligo di attuare quanto previsto non solo nel<br />

piano di sicurezza e coordinamento ma anche piano operativo di sicurezza deve essere riferita non solo alle imprese, non<br />

anche ai lavoratori autonomi.<br />

<strong>Ambiente</strong><br />

ACQUA<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 97<br />

Gestione emergenziale - Il D.P.C.M. 23 gennaio 2004 proroga fino al 31 dicembre 2004 lo stato di emergenza in ordine<br />

alla situazione determinatasi nel settore della depurazione delle acque reflue urbane nella città di Milano, così da<br />

consentire il proseguimento degli interventi all’uopo predisposti dal Commissario delegato - Sindaco di Milano. (in<br />

Gazzetta Ufficiale del 3 febbraio 2004, n. 27)<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 97<br />

Approvvigionamento idrico. Gestione emergenziale - Il D.P.C.M. 16 gennaio 2004 proroga, fino al 31 dicembre<br />

2004, lo stato di emergenza in ordine alla crisi di approvvigionamento idrico che ha colpito le regioni Puglia e Basilicata,<br />

così da consentire il proseguimento degli interventi straordinari in corso di esecuzione. (in Gazzetta Ufficiale del 26<br />

gennaio 2004, n. 20)<br />

MASSIMA E NOTA.............................................................................................................................................................. a pag. 104<br />

Consumi idrici - Il sistema della legge Galli, in tema di tutela delle risorse idriche, impegna l’utente finale (domestico,<br />

terziario o/e industriale) ad essere responsabile del proprio consumo idrico, a valle del contatore individuale, cioè lo impegna<br />

personalmente (perché direttamente esposto al relativo pagamento) a controllare sciupii dell’acqua erogata ed eventuali<br />

perdite dell’impianto interno alla sua abitazione, o struttura produttiva. (TAR Lombardia, 20 maggio 2003, n. 1847)<br />

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO<br />

IL CASO .............................................................................................................................................................................. a pag. 100<br />

Elettrosmog e tutela penale - Le finalità espresse dalla legge quadro in materia di elettrosmog (legge n. 36/2001),<br />

ovvero la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati<br />

livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, ma anche la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, la<br />

promozione dell’innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi<br />

elettrici, magnetici ed elettromagnetici riflettono la necessità di attivare misure di cautela, in applicazione del “principio<br />

di precauzione”, di matrice comunitaria, non a caso previsto dall’art 174, paragrafo 2, trattato istitutivo dell’Unione<br />

Europea. Un’analisi a 360 gradi della materia si presta, almeno in prima battuta, a una doppia chiave di lettura,<br />

scientifica, da un lato, e legislativa-giurisprudenziale, dall’altro.<br />

RIFIUTI<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 97<br />

Gestione emergenziale - Il D.P.C.M. 23 gennaio 2004 proroga, fino al 31 dicembre 2004, lo stato di emergenza nei<br />

territori di Asti e Cirié, colpiti dal fenomeno di inquinamento da sostanze nocive, al fine di consentire il proseguimento<br />

degli interventi di contrasto dell’inquinamento. L’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 gennaio 2004<br />

reca diverse disposizioni volte a consentire una gestione emergenziale dello stato di crisi ambientale determinatasi in<br />

diverse componenti dell’ambiente siciliano (G.U. del 2 febbraio 2004, n. 26).<br />

Infine, il D.P.C.M. 23 gennaio 2004 proroga, fino al 31 dicembre 2004, lo stato di emergenza nella regione Lazio al fine di<br />

consentire il proseguimento degli interventi già posti in essere dal Commissario delegato per l’emergenza medesima. (in<br />

Gazzetta Ufficiale del 3 febbraio 2004, n. 27)<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................. a pag. 104<br />

Discariche abusive - Al fine della individuazione del concetto di discarica sono necessari due elementi: a) il numero e il<br />

tempo dei conferimenti, che denota una sorta di organizzazione dell’attività; b) la trasformazione subita dal territorio<br />

per effetto degli stessi, a seguito della permanenza della destinazione dell’area. (Tribunale di Grosseto, sentenza 9<br />

ottobre 2003, n. 793)<br />

RUMORE<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................. a pag. 105<br />

Tollerabilità acustica - Il bene salute deve ritenersi comprensivo non solo dell’incolumità fisica ma anche del benessere<br />

psichico dell’individuo e di tutto ciò che vale a costituire la “qualità” stessa della vita, intesa come esaustiva realizzazione<br />

della persona umana nella totalità e globalità delle sue manifestazioni e dei suoi valori. (Tribunale di Modena, 11<br />

novembre 2003, n. 42)<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 15


SINTESI RUBRICA<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................. a pag. 105<br />

Rumore e poteri del Sindaco - Il potere di ordinanza del sindaco in materia di inquinamento acustico trova fondamento<br />

in norme (art. 9 L.,. 447/1985 - per quanto attiene ai poteri dei sindaci - e art. 3, L.R. Puglia n. 36/1984) che costituiscano<br />

espressione specifica del più generale potere di ordinanza previsto dall’art. 54, comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 -<br />

Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (già art. 38, comma 2, l. 142/1990). (Tar Puglia 24 settembre 2003,<br />

n. 3591)<br />

SOSTANZE PERICOLOSE<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 98<br />

Trasporto - Il decreto del Ministero delle Infrastrutture e trasporti 13 gennaio 2004, n. 36 reca approvazione delle<br />

procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’imbarco e trasporto marittimo e per il nulla osta allo sbarco e al reimbarco<br />

su altre navi (transhipment) delle merci pericolose, con contestuale abrogazione della precedente disciplina in materia ex<br />

D.M. 4 maggio 1995 e D.M. 14 agosto 1997. (in Gazzetta Ufficiale del 30 gennaio 2004, n. 24)<br />

SUOLO<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 99<br />

Bonifiche e decontaminazione - Il decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e tutela del territorio 23 ottobre 2003 reca<br />

individuazione, in via provvisoria, delle aree della provincia di Frosinone oggetto di smaltimento di rifiuti o soggette agli<br />

effetti inquinanti dello stesso, da sottoporre a intereventi di caratterizzazione e, sulla base dei risultati, ai necessari<br />

interventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio. (in Gazzetta<br />

Ufficiale del 3 febbraio 2004, n. 26)<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................. a pag. 106<br />

Bonifiche e ordinanze sindacali - Non esiste rapporto di consequenzialità logico-giuridica tra l’ordinanza sindacale<br />

emessa ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997 e la successiva ingiunzione di presentare il progetto per la bonifica del sito<br />

inquinato ex art. 17, comma 2, lett. c) D.Lgs. n. 22/1997, che pure al primo faccia riferimento, trattandosi di norme<br />

attinenti a fattispecie diverse, l’una riguardando la repressione dell’abbandono di rifiuti e l’altra la bonifica dei siti<br />

interessati dal superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione del suolo e delle acque (TAR Valle d’Aosta, 20<br />

febbraio 2003)<br />

SVILUPPO SOSTENIBILE<br />

SINTESI .................................................................................................................................................................................. a pag. 99<br />

Rischi biotecnologici - La legge 15 gennaio 2004, n. 27 reca la «Ratifica ed esecuzione del protocollo di Cartagena sulla<br />

prevenzione dei rischi biotecnologici relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, con Allegati, fatto a Montreal il<br />

29 gennaio 2000», con contestuale autorizzazione alla spesa di euro 655.145 annui a decorrere dal 2003, per la relativa<br />

attuazione (in S.O. n. 20 alla Gazzetta Ufficiale 4 febbraio 2004, n. 28)<br />

VIA<br />

COMMENTO ........................................................................................................................................................................ a pag. 92<br />

TESTO .................................................................................................................................................................................... a pag. 95<br />

Anche la legge di conversione n. 5/2004 esclude le PA dalle Commissioni VIA - La sentenza della Consulta 1˚<br />

ottobre 2003, n. 303, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sia dell’articolo 19, comma 2, D.Lgs. n. 190/2002 che del<br />

D.Lgs. n. 198/2002; per il primo, in particolare, la pronuncia ha riguardato la mancata previsione di integrazione della<br />

commissione speciale per la VIA relativa alle infrastrutture e agli insediamenti produttivi riconosciuti di interesse nazionale<br />

con componenti designati dalle regioni o province autonome interessate. Per questo motivo si attendeva dalla<br />

conversione del D.L. n. 315/2003, recante disposizioni urgenti sulla composizione delle commissioni per la VIA e sul quale<br />

erano stati avanzati giudizi di incostituzionalità per presunta carenza di necessità e urgenza, un segnale forte in risposta<br />

all’indicazione della Corte Costituzionale. Tuttavia, le modifiche apportate in sede di conversione dalla legge 16 gennaio<br />

2004, n. 5 hanno disatteso questa previsione. (in Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio 2004, n. 13)<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

SINTESI................................................................................................................................................................................... a pag. 99<br />

Appalti di lavori pubblici - Il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30 rappresenta la disciplina specialistica, emanata in attuazione<br />

dell’art. 9, Costituzione, relativamente agli appalti di lavori pubblici concernenti i beni mobili e immobili, nonché gli<br />

interventi sui beni architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale (ivi compresi gli scavi<br />

archeologici), sottoposti alle disposizioni di tutela del D.Lgs. n. 490/1999, così da assicurare l’interesse pubblico alla<br />

conservazione e protezione dei beni medesimi, anche in considerazione delle relative caratteristiche oggettive (in<br />

Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2004, n. 31).<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................ a pag. 106<br />

Comitati a tutela di interessi ambientalistici - Sia un comitato di cittadini costituitosi per la valorizzazione di interessi<br />

ambientalistici collegati alla tutela della salute, sia i singoli cittadini in un ambito territoriale interessato da interventi<br />

incidenti su interessi ambientali, non hanno di per sé legittimazione a proporre ricorso giurisdizionale avverso i provvedimenti<br />

che tali interventi consentano in quanto la vicinitas non è di per sé un elemento differenziatore della posizione<br />

giuridica soggettiva cantata dagli stessi, occorrendo diversamente una situazione concreta e fattuale che si rifletta<br />

negativamente sulla posizione sostanziale stessa ledendola. Diversamente il ricorso ad un modello organizzativo sostanziale<br />

libero nella forma, o la mera vindicatio della vicinitas maschererebbero in realtà il ricorso ad un’azione popolare che<br />

nel nostro ordinamento è consentita nei soli casi espressamente previsti da una legge. (TAR Toscana, 27 ottobre 2003, n.<br />

5491)<br />

16 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Il decreto del Ministero della Salute 15 luglio 2003, n. 388, pubblicato in<br />

Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2003, n. 28 introduce importanti novità<br />

in merito agli obblighi inerenti la gestione e l’organizzazione del servizio<br />

di pronto soccorso aziendale.<br />

Tra le novità:<br />

● classificazione delle aziende. L’articolo 1 del D.M. n. 388/2003<br />

prevede la classificazione delle aziende o delle unità produttive in tre<br />

gruppi (A, B o C) a seconda del numero dei lavoratori occupati e dei<br />

fattori di rischio;<br />

● organizzazione del pronto soccorso. L’articolo 2 definisce quali<br />

debbano essere le attrezzature garantite (cassetta di pronto soccorso o<br />

pacchetto di medicazione, mezzo idoneo ad attivare rapidamente il<br />

sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale e, nel caso delle<br />

aziende rientranti nel gruppo A, la garanzia di un raccordo tra il pronto<br />

soccorso interno e il sistema di emergenza sanitaria;<br />

● requisiti e formazione degli addetti. L’articolo 3 stabilisce che per<br />

gli addetti al pronto soccorso delle aziende di gruppo A i corsi devono<br />

avere la durata di 16 ore (i contenuti sono specificati nell’allegato 3), per<br />

gli addetti delle aziende rientranti nei gruppi B e C (i contenuti sono<br />

riportati nell’allegato 4) i corsi potranno essere di 12 ore. I corsi frequentati<br />

entro la data di entrata in vigore del decreto saranno ritenuti validi;<br />

● attrezzature minime. Il datore di lavoro e, ove previsto, il medico<br />

competente, devono rendere disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento<br />

e i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al<br />

primo intervento appropriati rispetto ai rischi specifici connessi all’attività<br />

aziendale.<br />

Sul prossimo numero di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> sarà pubblicato<br />

un esempio di piano di Primo soccorso realizzato sulla base<br />

delle disposizioni del nuovo D.M. n. 388/2003.<br />

Commento di:<br />

● Nadia Taverna<br />

DAL 4 AGOSTO 2004<br />

NUOVA ORGANIZZAZIONE<br />

DEL PRONTO SOCCORSO


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Commento<br />

di Nadia Taverna, medico del lavoro<br />

Il decreto del Ministero della Salute 15 luglio 2003, n. 388, in Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2003, n. 28<br />

introduce importanti novità in merito agli obblighi inerenti alla gestione e all’organizzazione del<br />

servizio di pronto soccorso aziendale. L’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994 come modificato e<br />

integrato dal D.Lgs. n. 242/1996 demandava, infatti, una serie di aspetti relativi al servizio di primo<br />

soccorso proprio all’emanazione di questo decreto: «le caratteristiche minime delle attrezzature di<br />

pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla<br />

natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri<br />

della Salute, del Lavoro, delle Politiche Sociali, Funzione Pubblica, delle Attività produttive». I contenuti<br />

del decreto n. 388/2003, quindi, superano le indicazioni normative definite da previgenti disposizioni in<br />

materia (in particolare quelle fornite al riguardo dal D.P.R n. 303/1956). Infatti, il comma 4 dell’art. 15 del<br />

D.Lgs. n. 626/1994 prevede espressamente che solo «fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3, il<br />

decreto in commento, si applicano le disposizioni vigenti in materia». Fatta questa premessa, riepiloghiamo,<br />

nella tabella che segue, le novità introdotte dal testo di legge effettuando un’analisi, punto per<br />

punto, degli aspetti salienti.<br />

Articolo 1<br />

Classificazione<br />

delle aziende<br />

SPECIALE<br />

Il D.M. 15 luglio 2003 attua l’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 626/1994<br />

Pronto soccorso: con il decreto n. 388/2003<br />

approvato l’attesissimo regolamento<br />

Pronto soccorso in azienda: cosa cambia?<br />

L’articolo 1 prevede una classificazione delle aziende o unità produttive in 3<br />

gruppi.<br />

Al gruppo A appartengono:<br />

● le industrie a rischio infortunistico più elevato: attività industriali che comportano<br />

rischi rilevanti (art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334);<br />

● centrali termoelettriche;<br />

● attività industriali con rischi di incidenti con coinvolgimento di radiazioni<br />

ionizzanti (artt. 7, 28 e 33 del D.Lgs. n. 230/1995);<br />

● le attività in sotterraneo (D.P.R. n. 320/1956);<br />

● aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal D.Lgs. 25 novembre<br />

1996, n. 624;<br />

● le aziende per la fabbricazione di materiali esplosivi;<br />

● le aziende nel comparto dell’agricoltura con più di 5 dipendenti assunti a<br />

tempo indeterminato.<br />

Appartengono a questo gruppo anche le aziende o unità produttive che presentino<br />

un indice infortunistico di inabilità permanente (cioè degli infortuni indennizzati<br />

in permanente con postumi superiori al 10%), valutato nel triennio precedente<br />

e desumibile dalle statistiche nazionali INAIL superiore a 4 e con più di 5<br />

lavoratori. Per poter tenere conto di queste statistiche è necessario che le stesse<br />

siano recepite e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.<br />

Tutte le aziende o unità produttive di cui non si è definita l’appartenenza al<br />

gruppo A sono classificate nei gruppi B o C a seconda che i lavoratori siano più o<br />

meno di 3.<br />

Il datore di lavoro, previa consultazione del medico competente, è il soggetto<br />

che deve identificare la categoria della propria unità produttiva e deve poi<br />

comunicarla alla ASL territorialmente competente (articolo 1, comma 2) nel caso si<br />

tratti di azienda di gruppo A. Questa fase è anche necessaria affinché il datore di<br />

lavoro ed il soggetto pubblico possano accordarsi circa le misure da intraprendere<br />

per favorire l’integrazione fra l’organizzazione interna all’azienda ed il sistema<br />

esterno di gestione delle emergenze anche sulla base delle indicazioni che emergono<br />

dallo specifico piano di primo soccorso.<br />

18 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Articolo 2<br />

Organizzazione<br />

del pronto soccorso<br />

Articolo 3<br />

Requisiti e formazione<br />

degli addetti al pronto<br />

soccorso<br />

SPECIALE<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Commento<br />

L’articolo 2 definisce le modalità organizzative del servizio di pronto soccorso<br />

diversificate per classe di rischio infortunistico:<br />

● per le classi A e B è prevista la presenza della cassetta di pronto soccorso il<br />

cui contenuto è precisato nell’allegato 1 del decreto ministeriale n. 388/2003;<br />

● mentre per la classe C e prevista la presenza del pacchetto di medicazione il<br />

cui contenuto è precisato nell’allegato 2 dello stesso decreto.<br />

Viene pertanto superata la distinzione contenuta nelle norme previgenti fra tre<br />

diverse tipologie di presidi sanitari (pacchetto di medicazione, cassetta di pronto<br />

soccorso e camera di medicazione) e ne vengono modificati i contenuti ormai<br />

obsoleti.<br />

In ogni caso è previsto che il contenuto delle attrezzature minime di primo soccorso<br />

possa (e debba) essere ampliato sulla base dei rischi specifici presenti in azienda: in<br />

questo ambito un ruolo importante è rivestito dal medico competente che deve<br />

adeguatamente supportare e consigliare il datore di lavoro (vedi art. 2, comma 1,<br />

lettera a) e comma 2, lettera a), ed anche articolo 4). Sulla base dello stesso articolo 4,<br />

inoltre, il datore di lavoro è tenuto ad individuare, in collaborazione con il medico<br />

competente, ed a mettere a disposizione i dispositivi di prevenzione individuale e gli<br />

equipaggiamenti che si rendano necessari per gli addetti al primo soccorso sulla base<br />

delle indicazioni che emergono dal piano di primo soccorso. A questo proposito va,<br />

per inciso, segnalato il ruolo preminente (e le conseguenti responsabilità) assunte dal<br />

medico competente in ordine alla organizzazione del servizio di primo soccorso. Il<br />

medico competente, infatti, non solo deve verificare la necessità di integrazione<br />

dei presidi minimi di pronto soccorso e l’opportunità di rendere disponibili, per il<br />

tramite del datore di lavoro, i dispositivi di prevenzione individuale per gli addetti al<br />

soccorso, ma deve contribuire anche ad assicurare, attraverso opportune procedure di<br />

controllo, la completezza e l’integrità dei presidi contenuti nella cassetta di pronto<br />

soccorso o nel pacchetto di medicazione (art. 2, comma 2, lettera a).<br />

L’articolo 2 prevede inoltre, in tutti i casi, la presenza di mezzi di comunicazione<br />

idonei per contattare il sistema di emergenza del SSN.<br />

Per le aziende o unità produttive di gruppo A è prevista, indipendentemente dalla<br />

distanza fra le stesse ed i sistemi di emergenza del SSN, l’attuazione di tutte le misure<br />

che favoriscano l’integrazione tra il servizio di pronto soccorso interno all’azienda ed<br />

il pronto soccorso esterno tenendo conto di diversi parametri ed in particolare della<br />

specificità delle emergenze sanitarie.<br />

Il datore di lavoro, ovvero più datori di lavoro consorziati, devono promuovere e<br />

garantire questa integrazione, sentito il medico competente, preferibilmente in<br />

accordo con il servizio che garantisce la gestione delle emergenze sanitarie sul<br />

territorio (ad esempio, il 118) e con il Servizio di Prevenzione e <strong>Sicurezza</strong> negli<br />

Ambienti di Lavoro (SPSAL) della ASL territorialmente competente e le Direzioni<br />

Generali della Sanità Regionale.<br />

Per le aziende o unità produttive di gruppo B e C che hanno lavoratori che prestino la<br />

propria attività in zone isolate e diverse rispetto alle sedi delle stesse il datore di<br />

lavoro è tenuto a mettere a disposizione un pacchetto di medicazione ed un mezzo di<br />

comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda dalla quale dipende l’attivazione<br />

rapida del servizio di emergenza del Sistema Sanitario Nazionale.<br />

È evidente che, in questi casi, come in tutti i casi di aziende o unità produttive ubicate<br />

in “sedi isolate” rispetto ai servizi di emergenza sanitaria del Sistema Sanitario<br />

Nazionale, il datore di lavoro deve integrare adeguatamente il proprio servizio di<br />

primo soccorso interno all’azienda al fine di garantire il rapido avvio del lavoratore<br />

infortunato verso i più idonei luoghi di cura.<br />

Il comma 3, dell’articolo 2, definisce le procedure di aggiornamento dei presidi di<br />

primo soccorso (cassetta e pacchetto di medicazione).<br />

L’articolo 3 definisce i requisiti minimi che devono essere garantiti nella formazione degli<br />

addetti al primo soccorso la cui nomina è resa obbligatoria dall’articolo 12, comma 1, lettera<br />

b), del D.Lgs. n. 626/1994. Di notevole importanza pratica risulta il fatto che questi corsi non<br />

possono basarsi solo su un’istruzione teorica, ma devono obbligatoriamente comprendere<br />

anche una sezione pratica di apprendimento manuale degli interventi di emergenza.<br />

I contenuti della formazione per gli addetti al primo soccorso in aziende o unità produttive<br />

di gruppo A sono definiti dall’allegato 3 alla legge che prevede un corso organizzato su<br />

tre moduli in tre giornate per una durata complessiva di 16 ore. I contenuti per gli addetti<br />

delle aziende di gruppi B e C sono definiti dall’allegato 4 che prevede un corso<br />

sviluppato su tre moduli per una durata complessiva di 12 ore.<br />

La formazione degli addetti al primo soccorso deve inoltre essere ripetuta con cadenza<br />

triennale con particolare attenzione alla riproposta di manovre e di interventi pratici.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 19


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Commento<br />

Articolo 4<br />

Attrezzature minime<br />

per gli interventi di<br />

pronto soccorso<br />

Articolo 5<br />

Entrata in vigore<br />

IL MINISTRO DELLA SALUTE<br />

IL MINISTRO DEL LAVORO<br />

E DELLE POLITICHE SOCIALI<br />

IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA<br />

IL MINISTRO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE<br />

Visti gli articoli 12, comma 1, lettere b) e c) e l’articolo<br />

15, comma 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.<br />

626, e successive modificazioni, che demanda ai Ministri<br />

della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della<br />

funzione pubblica e dell’industria, del commercio e dell’artigianato,<br />

il compito di individuare le caratteristiche minime<br />

delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale<br />

addetto e la sua formazione, in relazione alla natura dell’attività,<br />

al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio;<br />

Visto l’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni<br />

per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di<br />

emergenza, approvato con decreto del Presidente della<br />

Repubblica del 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992;<br />

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, ed in particolare<br />

l’articolo 17, commi 3 e 4;<br />

Visto il decreto del Ministro della sanità 15 maggio<br />

1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 25<br />

maggio 1992, concernente i criteri ed i requisiti per la<br />

codificazione degli interventi di emergenza;<br />

SPECIALE<br />

Nel comma 5 vengono poi fornite indicazioni circa la validità dei corsi effettuati in<br />

data precedente all’entrata in vigore del decreto: tali corsi sono validi indipendentemente<br />

dal fatto che siano rispettate le prescrizioni minime definite dall’articolo<br />

3 in termini di contenuto informativo e formativo e di durata dei corsi stessi. Per<br />

questo motivo anche corsi di formazione per gli addetti al primo soccorso sviluppati<br />

su una modularità diversa rispetto a quella prevista dalla legge o con tempi<br />

inferiori (ad esempio, corsi di 4, 8 ore) o con contenuti diversi che comunque non<br />

comprendano tutti quelli riportati negli allegati 3 o 4 della legge, sono, in base a<br />

tale articolo di legge, da ritenersi comunque adeguati e non devono quindi essere<br />

ripetuti o integrati.<br />

L’articolo 4 è riferito alle attrezzature minime di pronto soccorso. In particolare si<br />

è segnalato l’obbligo per il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente,<br />

di integrare il contenuto delle attrezzature di primo soccorso con gli strumenti<br />

che si verifichino indispensabili sulla base della valutazione dei rischi.<br />

L’articolo 5 stabilisce l’entrata in vigore del presente decreto dopo sei mesi dalla<br />

data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.<br />

Anche nel periodo compreso tra la pubblicazione della norma e la sua effettiva<br />

entrata in vigore si ritiene comunque necessario iniziare ad adeguare i servizi e<br />

l’organizzazione di primo soccorso delle unità produttive al dettato del citato decreto<br />

ministeriale.<br />

Decreto del Ministero della Salute 15 luglio 2003, n. 388<br />

Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale,<br />

in attuazione dell’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo<br />

19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni<br />

in Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2003, n. 28<br />

Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e<br />

successive modificazioni;<br />

Visto l’atto di intesa tra Stato e Regioni recante l’approvazione<br />

delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria<br />

dell’11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale<br />

n. 114 del 17 maggio 1996;<br />

Sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione<br />

degli infortuni e l’igiene del lavoro, di cui all’articolo<br />

26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;<br />

Acquisita l’intesa della Conferenza permanente per i<br />

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di<br />

Trento e Bolzano;<br />

Acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità;<br />

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla<br />

sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del<br />

26 marzo 2001;<br />

Adottano<br />

il seguente regolamento:<br />

Art. 1<br />

Classificazione delle aziende<br />

1. Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate,<br />

tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero<br />

dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre<br />

gruppi.<br />

20 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Gruppo A:<br />

I) Aziende o unità produttive con attività industriali,<br />

soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica, di cui<br />

all’articolo 2, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.<br />

334, centrali termoelettriche, impianti e laboratori nucleari<br />

di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17<br />

marzo 1995, n. 230, aziende estrattive ed altre attività<br />

minerarie definite dal decreto legislativo 25 novembre<br />

1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al decreto del<br />

Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, aziende<br />

per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni;<br />

II) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori<br />

appartenenti o riconducibili ai gruppi tariffari INAIL<br />

con indice infortunistico di inabilità permanente superiore<br />

a quattro, quali desumibili dalle statistiche nazionali<br />

INAIL relative al triennio precedente ed aggiornate al 31<br />

dicembre di ciascun anno. Le predette statistiche nazionali<br />

INAIL sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale;<br />

III) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori<br />

a tempo indeterminato del comparto dell’agricoltura.<br />

Gruppo B: aziende o unità produttive con tre o più<br />

lavoratori che non rientrano nel gruppo A.<br />

Gruppo C: aziende o unità produttive con meno di tre<br />

lavoratori che non rientrano nel gruppo A.<br />

2. Il datore di lavoro, sentito il medico competente, ove<br />

previsto, identifica la categoria di appartenenza della propria<br />

azienda od unità produttiva e, solo nel caso appartenga<br />

al gruppo A, la comunica all’Azienda Unità Sanitaria<br />

Locale competente sul territorio in cui si svolge l’attività<br />

lavorativa, per la predisposizione degli interventi di emergenza<br />

del caso. Se l’azienda o unità produttiva svolge<br />

attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di<br />

lavoro deve riferirsi all’attività con indice più elevato.<br />

Art. 2<br />

Organizzazione di pronto soccorso<br />

1. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di<br />

gruppo B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti<br />

attrezzature:<br />

a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun<br />

luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente<br />

accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata,<br />

contenente la dotazione minima indicata nell’allegato<br />

1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla<br />

base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione<br />

del medico competente, ove previsto, e del sistema di<br />

emergenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, e<br />

della quale sia costantemente assicurata, la completezza ed<br />

il corretto stato d’uso dei presidi ivi contenuti;<br />

b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente<br />

il sistema di emergenza del Servizio Sanitario<br />

Nazionale.<br />

2. Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il<br />

datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:<br />

SPECIALE<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo<br />

di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile,<br />

contenente la dotazione minima indicata nell’allegato<br />

2, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla<br />

base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia<br />

costantemente assicurata, in collaborazione con il medico<br />

competente, ove previsto, la completezza ed il corretto<br />

stato d’uso dei presidi ivi contenuti;<br />

b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente<br />

il sistema di emergenza del Servizio Sanitario<br />

Nazionale.<br />

3. Il contenuto minimo della cassetta di pronto soccorso<br />

e del pacchetto di medicazione, di cui agli allegati 1 e 2, è<br />

aggiornato con decreto dei Ministri della salute e del lavoro<br />

e delle politiche sociali tenendo conto dell’evoluzione<br />

tecnico-scientifica.<br />

4. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A, anche<br />

consorziate, il datore di lavoro, sentito il medico competente,<br />

quando previsto, oltre alle attrezzature di cui al precedente<br />

comma 1, è tenuto a garantire il raccordo tra il<br />

sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza<br />

sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica<br />

del 27 marzo 1992 e successive modifiche.<br />

5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori<br />

che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi<br />

dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro è<br />

tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui<br />

all’allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un<br />

mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con<br />

l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza<br />

del Servizio Sanitario Nazionale.<br />

Art. 3<br />

Requisiti e formazione degli addetti<br />

al pronto soccorso<br />

1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi<br />

dell’articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo<br />

19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione<br />

teorica e pratica per l’attuazione delle misure di primo<br />

intervento interno e per l’attivazione degli interventi di<br />

pronto soccorso.<br />

2. La formazione dei lavoratori designati è svolta da<br />

personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il<br />

sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.<br />

Nello svolgimento della parte pratica della formazione il<br />

medico può avvalersi della collaborazione di personale<br />

infermieristico o di altro personale specializzato.<br />

3. Per le aziende o unità produttive di gruppo A i<br />

contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono<br />

riportati nell’allegato 3, che fa parte del presente decreto e<br />

devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici<br />

dell’attività svolta.<br />

4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di<br />

gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del corso di<br />

formazione sono riportati nell’allegato 4, che fa parte del<br />

presente decreto.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 21


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al<br />

pronto soccorso ultimati entro la data di entrata in vigore<br />

del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati<br />

andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto<br />

attiene alla capacità di intervento pratico.<br />

Art. 4<br />

Attrezzature minime per gli interventi<br />

di pronto soccorso<br />

1. Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico<br />

competente, ove previsto, sulla base dei rischi specifici<br />

presenti nell’azienda o unità produttiva, individua e rende<br />

disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i<br />

dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo<br />

intervento interno ed al pronto soccorso.<br />

2. Le attrezzature ed i dispositivi di cui al comma 1<br />

SPECIALE<br />

devono essere appropriati rispetto ai rischi specifici connessi<br />

all’attività lavorativa dell’azienda e devono essere mantenuti<br />

in condizioni di efficienza e di pronto impiego e<br />

custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile.<br />

Art. 5<br />

Abrogazioni<br />

Il decreto ministeriale del 2 luglio 1958 è abrogato.<br />

Art. 6<br />

Entrata in vigore<br />

Il presente decreto entra in vigore sei mesi dopo la sua<br />

pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica<br />

italiana.<br />

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà<br />

inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della<br />

Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di<br />

osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato. l<br />

CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO<br />

Guanti sterili monouso (5 paia).<br />

Visiera paraschizzi.<br />

Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1).<br />

Flaconi di soluzione fisiologica (sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3).<br />

Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10).<br />

Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2).<br />

Teli sterili monouso (2).<br />

Pinzette da medicazione sterili monouso (2).<br />

Confezione di rete elastica di misura media (1).<br />

Confezione di cotone idrofilo (1).<br />

Confezioni di cerotti di varie misure pronti all’uso (2).<br />

Rotoli di cerotto alto cm 2,5 (2).<br />

Un paio di forbici.<br />

Lacci emostatici (3).<br />

Ghiaccio pronto uso (due confezioni).<br />

Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2).<br />

Termometro.<br />

Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa.<br />

CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE<br />

Allegato 1<br />

Allegato 2<br />

Guanti sterili monouso (2 paia).<br />

Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125 ml (1).<br />

Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1).<br />

Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1).<br />

Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3).<br />

Pinzette da medicazione sterili monouso (1).<br />

Confezione di cotone idrofilo (1).<br />

Confezione di cerotti di varie misure pronti all’uso (1).<br />

Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1).<br />

Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1).<br />

Un paio di forbici (1).<br />

Un laccio emostatico (1).<br />

Confezione di ghiaccio pronto uso (1).<br />

Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1).<br />

Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi soccorsi in attesa del servizio di emergenza.<br />

22 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


SPECIALE<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 23


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

SPECIALE<br />

24 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


SPECIALE<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 25


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Legislazione<br />

SPECIALE<br />

26 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


I reati contro l’ambiente hanno, proprio per la loro natura, conseguen-<br />

ze che, sempre più frequentemente, si estendono al di là delle frontiere<br />

dei Paesi dove vengono commessi e che, ormai, costituiscono un proble-<br />

ma cui devono confrontarsi tutti gli Stati membri; in altre parole la<br />

rilevanza transnazionale degli illeciti “verdi” pone il duplice problema<br />

di garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione e di individuare stan-<br />

dard repressivi comuni.<br />

Da queste premesse si è mosso il Consiglio dell’Unione europea con la<br />

decisione quadro del Consiglio 27 gennaio 2003, n. 2003/80/GAI «relati-<br />

va alla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale», che, non a<br />

caso, rappresenta il primo tentativo comunitario di vincolare gli Stati<br />

membri all’introduzione, piuttosto che al mantenimento, di un sistema<br />

di illeciti penali per gli “eco-reati”.<br />

Una lettura in controluce della norma offre il pretesto per un’analisi<br />

riepilogativa della disciplina.<br />

Contributo di:<br />

● Pasquale Fimiani<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

E<br />

DIRITTO PENALE


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

di Pasquale Fimiani, GIP presso il Tribunale di Pescara<br />

La decisione quadro del Consiglio<br />

27 gennaio 2003, n.<br />

2003/80/GAI «relativa alla protezione<br />

dell’ambiente attraverso<br />

il diritto penale», rappresenta<br />

un primo tentativo di definire<br />

una base giuridica comunitaria<br />

condivisa in materia, vista<br />

anche la difficoltà a confinare<br />

a un solo stato fenomeni, quali<br />

gli “eco-reati”, che, per loro<br />

natura, spesso presentano forti<br />

caratteristiche di transnazionalità<br />

cosa che sposta la gestione<br />

di questi fattori critici verso<br />

forme necessariamente coordinate<br />

e integrate tra i vari Stati<br />

coinvolti. Tra i punti qualificanti<br />

del provvedimento le novità<br />

in materia di illeciti (intenzionali<br />

e di negligenza), le sanzioni,<br />

le responsabilità delle persone<br />

giuridiche nonché la competenza<br />

giurisdizionale degli Stati<br />

membri che, per reati commessi<br />

da un proprio cittadino<br />

al di fuori del proprio territorio,<br />

possono adottare i provvedimenti<br />

necessari a stabilire la<br />

rispettiva spettanza giurisdizionale<br />

oppure optare per l’estradizione.<br />

[1] In G.U.C.E L del 5 febbraio 2003, n. 29.<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

La decisione 27 gennaio 2003, n. 2003/80/GAI segna un decisivo passo in avanti<br />

Per rinforzare la tutela dell’ambiente<br />

l’Europa alza lo scudo del diritto penale<br />

La decisione quadro del Consiglio<br />

27 gennaio 2003, n. 2003/<br />

80/GAI [1] rappresenta il primo<br />

tentativo comunitario di vincolare gli<br />

Stati membri all’introduzione (o mantenimento)<br />

di illeciti penali a tutela<br />

dell’ambiente. Dalla lettura del preambolo<br />

si comprendono le motivazioni<br />

che hanno portato all’adozione del<br />

provvedimento.<br />

La giustificazione viene individuata<br />

nella dimensione transnazionale<br />

dei reati contro l’ambiente, le cui conseguenze<br />

«sempre più frequentemente<br />

si estendono al di là delle frontiere<br />

degli Stati ove tali reati vengono commessi»<br />

e che, ormai, costituiscono un<br />

problema cui devono confrontarsi tutti<br />

gli Stati membri, che dovrebbero,<br />

pertanto, «agire di concerto per proteggere<br />

l’ambiente in base al diritto<br />

penale».<br />

In questo contesto si individua la<br />

base giuridica del provvedimento<br />

negli artt. 29, 31, lettera e) e 34,<br />

paragrafo 2, lettera b), Trattato sull’Unione<br />

europea firmato a Maastricht<br />

il 7 febbraio 1992 e delle successive<br />

modifiche (in particolare, gli<br />

articoli sono quelli previsti, nel testo<br />

e nella numerazione, dalla versione<br />

consolidata in vigore dal 1˚<br />

maggio 1999, data di entrata in vigore<br />

del Trattato firmato ad Amsterdam<br />

il 2 ottobre 1997).<br />

La tutela penale dell’ambiente viene,<br />

quindi, a essere ricondotta al versante<br />

della cooperazione giudiziaria in<br />

materia penale di cui all’art. 29 citato,<br />

per il quale «l’obiettivo che l’Unione<br />

si prefigge è fornire ai cittadini un<br />

livello elevato di sicurezza in uno spazio<br />

di libertà, sicurezza e giustizia,<br />

sviluppando tra gli Stati membri<br />

un’azione in comune nel settore della<br />

cooperazione di polizia e giudiziaria<br />

in materia penale e prevenendo e reprimendo<br />

il razzismo e la xenofobia»;<br />

collaborazione che, tra gli scopi principali<br />

(art. 31, lettera e), si propone la<br />

progressiva adozione di misure per la<br />

fissazione di norme minime relative<br />

agli elementi costitutivi dei reati e alle<br />

sanzioni, per quanto riguarda la criminalità<br />

organizzata, il terrorismo e il<br />

traffico illecito di stupefacenti.<br />

Uno degli strumenti per realizzare<br />

questo risultato è la decisione-quadro<br />

n. 2003/80 (art. 34, paragrafo 2, lettera<br />

b) finalizzata al «ravvicinamento<br />

delle disposizioni legislative e regolamentari<br />

degli Stati membri. Le decisioni-quadro<br />

sono vincolanti per gli<br />

Stati membri quanto al risultato da<br />

ottenere, salva restando la competenza<br />

delle autorità nazionali in merito<br />

alla forma e ai mezzi. Esse non hanno<br />

efficacia diretta».<br />

Dalle norme citate si evince che<br />

la cooperazione giudiziaria in materia<br />

penale non ha tra i suoi scopi<br />

diretti e immediati quello di apprestare<br />

meccanismi di tutela dell’ambiente.<br />

Certamente, la rilevanza transnazionale<br />

degli illeciti “verdi” pone<br />

il duplice problema di garantire<br />

la sicurezza dei cittadini dell’Unione<br />

e di individuare degli standard<br />

repressivi comuni. Molte violazioni<br />

ambientali, tuttavia, hanno una portata<br />

limitata al contesto territoriale<br />

nel quale avvengono (per esempio<br />

28 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


uno stoccaggio abusivo in area<br />

aziendale), senza alcun riflesso sulla<br />

sicurezza degli Stati membri o<br />

coinvolgimento di forme di criminalità<br />

organizzata. Si pone, in sostanza,<br />

un problema di tutela dell’ambiente<br />

in quanto bene giuridico autonomo,<br />

meritevole di protezione per<br />

la stretta attinenza alla qualità della<br />

vita e alla salute delle persone che<br />

vivono nel territorio interessato dalle<br />

conseguenze dell’illecito.<br />

Per la verità, nello stesso preambolo<br />

si dà atto che nel marzo 2001<br />

la Commissione aveva presentato<br />

una proposta di direttiva del Parlamento<br />

europeo e del Consiglio relativa<br />

alla protezione dell’ambiente<br />

attraverso il diritto penale, poi modificata<br />

nell’ottobre 2002, che si<br />

muoveva in un’ottica completamente<br />

diversa, in quanto prescindeva<br />

dalle problematiche della sicurezza<br />

e della criminalità organizzata ed<br />

era basata sull’articolo 175, paragrafo<br />

1, Trattato 25 marzo 1957,<br />

istitutivo della Comunità europea<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

(nel testo e nella numerazione, previsto<br />

dalla versione consolidata in<br />

vigore dal 1˚ maggio 1999, data di<br />

entrata in vigore del Trattato firmato<br />

ad Amsterdam il 2 ottobre<br />

1997). Secondo l’art. 175 citato,<br />

«il Consiglio, deliberando secondo<br />

la procedura di cui all’articolo<br />

251 e previa consultazione del Comitato<br />

economico e sociale e del<br />

Comitato delle Regioni, decide in<br />

merito alle azioni che devono essere<br />

intraprese dalla Comunità per<br />

realizzare gli obiettivi dell’articolo<br />

174», che, a sua volta, prevede la<br />

possibilità che, per la salvaguardia,<br />

tutela e miglioramento della qualità<br />

dell’ambiente e la protezione della<br />

salute umana siano emanate misure<br />

di armonizzazione, senza indicarne<br />

la natura.<br />

Il problema era quindi quello di<br />

emanare, sul tema “ambiente”, una<br />

direttiva di armonizzazione, non sulle<br />

procedure o sulla disciplina tecnica,<br />

ma nella materia penale [2] , nella<br />

quale il principio della riserva di<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

legge statale ha rappresentato un<br />

ostacolo storico all’introduzione di<br />

norme comunitarie di carattere generale<br />

(regolamenti o direttive) e direttamente<br />

efficaci (i regolamenti ex<br />

art. 249, comma 2, Trattato 25 marzo<br />

1957 e le direttive alle condizioni<br />

ormai chiaramente indicate dalla<br />

Corte di Giustizia) [3] .<br />

Viene sostenuto da alcuni [4] che<br />

l’intervento delle Istituzioni comunitarie<br />

teso all’armonizzazione delle<br />

disposizioni sanzionatorie nazionali<br />

non solo è ammissibile sotto il profilo<br />

teorico, ma è doveroso nei casi in<br />

cui consente di perseguire gli obiettivi<br />

della Comunità; in questi casi,<br />

infatti, non vi è il pericolo di attentare<br />

ai principi di tassatività e legalità<br />

della norma penale, in quanto l’individuazione<br />

delle fattispecie penali<br />

competerebbe sempre e comunque<br />

al Legislatore nazionale [5] .<br />

Altri sollevano perplessità di ordine<br />

teorico derivanti dal ricorso<br />

agli artt. 94 [6] (ex articolo 100) e<br />

95 (ex articolo 100 A) del Trattato,<br />

[2] Il termine armonizzazione va riferito alle ipotesi in cui per attuare al meglio i principi comunitari che regolano un determinato settore<br />

è necessario rendere compatibili le legislazioni degli Stati membri attraverso il loro avvicinamento. Secondo F. Capelli, Le direttive<br />

comunitarie, Milano, 1983, pagg. 88/89, il termine si riferirebbe, in senso proprio, alla sola ipotesi in cui le disposizioni comunitarie<br />

tendono al ravvicinamento della normativa già esistente e non quando disegnano un modello minimale uniforme rispetto al quale<br />

prevedono l’obbligo di adeguamento, caso nel quale sarebbe più corretto parlare di direttive di coordinamento.<br />

[3] Sulla diretta applicazione delle direttive nella materia ambientale si veda, dello stesso Autore, Nozione autentica di rifiuto<br />

ancora più confusa con le ultime pronunce giurisprudenziali in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 5/2003, pag. 91.<br />

[4] Si vedano F. Sgubbi, Diritto penale comunitario, inDig. disc. pen., 1990, pag. 102 (il quale però manifesta il suo scettiscimo<br />

verso una tale soluzione in quanto «la direttiva non è mai self-executing: i singoli Stati membri possono con facilità ignorarla o<br />

derogare ad essa, a scapito dell’esigenza di uniformità»); C. Curti Gialdino, Il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea,<br />

Roma, 1993, pag. 251; K. Tiedemann, Diritto comunitario e diritto penale, inRiv. trim. dir. pen. economia, 1993, pag. 209 e<br />

segg.; S. Manacorda, L’efficacia espansiva del diritto comunitario sul diritto penale, in Foro it., 1995, pag. 63 (questi ultimi due<br />

Autori ritengono che la competenza comunitaria di armonizzazione troverebbe un limite esclusivamente nella previsione della<br />

natura, penale o amministrativa, della sanzione, mentre sarebbe possibile prevedere il comportamento da sanzionare;<br />

l’affermazione sembra però superata dal tenore del nuovo art. 280); A. Lanzi-D. Balestrieri, Diritto penale comunitario, in<br />

Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 1997, Parte speciale Tomo 1, pag. 658; G. Grasso, Comunità europee e<br />

diritto penale, Milano, 1989, pagg. 189 e segg.; dello stesso Autore si vedano sul punto: Le prospettive di formazione di un<br />

diritto penale dell’Unione europea, inRiv. trim. dir. pen. economia, 1995, n. 4, pag. 1162 e segg.; La formazione di un diritto<br />

penale dell’Unione europea, in Prospettive di un diritto penale europeo (opera collettanea a cura di G. Grasso), Milano, 1998,<br />

pag. 12 e segg. Sulla questione le istituzioni comunitarie hanno mostrato orientamenti contrastanti. Da un lato, infatti, la<br />

Commissione, ritenendo che il diritto comunitario non possa consentire la armonizzazione delle sanzioni penali applicabili alle<br />

fattispecie di frode criminale, ha utilizzato il ricorso alle convenzioni per perseguire il risultato della armonizzazione delle<br />

legislazioni degli Stati membri in materia. Il Parlamento europeo, per contro, consultato sulla proposta di Convenzione relativa<br />

alla protezione degli interessi finanziari della Comunità, con risoluzione 11 marzo 1994, ne ha richiesto il ritiro alla<br />

Commissione, invitandola, come soluzione alternativa, a elaborare una direttiva sulla base degli artt. 100 e 209A. Per<br />

affermazioni a favore della competenza comunitaria in materia si vedano anche le conclusioni dell’avvocato generale nella<br />

causa C240/90: «nel suo stato attuale il diritto comunitario non conferisce quindi alla Commissione (né al Tribunale di primo<br />

grado, né alla Corte di Giustizia) funzioni che sarebbero proprie di un giudice penale. Si deve tuttavia rilevare che ciò non<br />

impedisce alla Comunità di esercitare competenze che le consentano ad esempio di armonizzare le legislazioni penali degli Stati<br />

membri se ciò si rivelasse necessario per la realizzazione di uno degli obiettivi della Comunità».<br />

(segue)<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 29


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

Trattato istitutivo della Comunità Europea<br />

Art. 95<br />

«1. In deroga all’articolo 94 e salvo che il presente trattato non disponga diversamente, si applicano le<br />

disposizioni seguenti per la realizzazione degli obiettivi dell’articolo 14. Il Consiglio, deliberando in<br />

conformità della procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale,<br />

adotta le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative<br />

degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.<br />

2. Il paragrafo 1 non si applica alle disposizioni fiscali, a quelle relative alla libera circolazione delle persone e<br />

a quelle relative ai diritti ed interessi dei lavoratori dipendenti.<br />

3. La Commissione, nelle sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità, sicurezza, protezione<br />

dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in<br />

particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo ed il<br />

Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo.<br />

4. Allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione,<br />

uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti<br />

di cui all’articolo 30 o relative alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, esso notifica tali<br />

disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse.<br />

5. Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di<br />

una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali<br />

fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro,<br />

giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di<br />

armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell’introduzione<br />

delle stesse.<br />

6. La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le<br />

disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di<br />

discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino<br />

o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno.<br />

In mancanza di decisione della Commissione entro detto periodo, le disposizioni nazionali di cui ai<br />

paragrafi 4 e 5 sono considerate approvate.<br />

Se giustificato dalla complessità della questione e in assenza di pericolo per la salute umana, la Commissione<br />

può notificare allo Stato membro interessato che il periodo di cui al presente paragrafo può essere<br />

prolungato per un ulteriore periodo di massimo sei mesi.<br />

7. Quando uno Stato membro è autorizzato, a norma del paragrafo 6, a mantenere o a introdurre<br />

disposizioni nazionali che derogano a una misura di armonizzazione, la Commissione esamina immediatamente<br />

l’opportunità di proporre un adeguamento di detta misura.<br />

8. Quando uno Stato membro solleva un problema specifico di pubblica sanità in un settore che è stato<br />

precedentemente oggetto di misure di armonizzazione, esso lo sottopone alla Commissione che esamina<br />

immediatamente l’opportunità di proporre misure appropriate al Consiglio.<br />

9. In deroga alla procedura di cui agli articoli 226 e 227, la Commissione o qualsiasi Stato membro può<br />

adire direttamente la Corte di giustizia ove ritenga che un altro Stato membro faccia un uso abusivo dei<br />

poteri contemplati dal presente articolo.<br />

10. Le misure di armonizzazione di cui sopra comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia<br />

che autorizza gli Stati membri ad adottare, per uno o più dei motivi di carattere non economico di cui<br />

all’articolo 30, misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo».<br />

30 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


fatto dalla tesi favorevole; queste<br />

norme, invero, consentono l’emanazione<br />

di direttive volte al riavvicinamento<br />

delle disposizioni legislative,<br />

regolamentari e amministrative<br />

degli Stati membri che abbiano<br />

un’incidenza diretta sull’instaurazione<br />

o sul funzionamento<br />

del mercato comune e non pochi<br />

dubbi sorgono sulla immediatezza<br />

del rapporto tra sistema sanzionatorio<br />

penale e funzionamento del<br />

mercato.<br />

Il Consiglio sembra aver seguito<br />

la tesi restrittiva, poiché, esaminando<br />

la proposta della Commissione,<br />

era giunto alla conclusione - a maggioranza<br />

- che l’indicazione andasse<br />

oltre le competenze attribuite alla<br />

Comunità dal Trattato che istituisce<br />

la Comunità europea.<br />

Di qui, una soluzione mediata con<br />

il ricorso alla decisione quadro in base<br />

al titolo VI, Trattato sull’Unione<br />

europea (di cui gli artt. 29, 31 e 34<br />

fanno parte), provvedimento che, per<br />

la mancanza di effetti diretti, evita il<br />

rischio di sovrapposizione con le prerogative<br />

dei legislatori nazionali in<br />

materia penale. Varie norme sostanziali<br />

contenute nella proposta di direttiva<br />

elaborata dalla Commissione sono<br />

state, comunque, incorporate nella<br />

decisione quadro del Consiglio 27<br />

gennaio 2003, n. 2003/80/GAI.<br />

La decisione quadro<br />

n. 2003/80/GAI<br />

Gli illeciti<br />

Le varie ipotesi di illecito (genericamente<br />

definito dall’art. 1 come<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

«violazione di una legge, di un regolamento<br />

amministrativo o di una decisione<br />

adottata da un’autorità competente,<br />

intesi alla protezione dell’ambiente,<br />

in particolare ove essi<br />

attuino disposizioni vincolanti del<br />

diritto comunitario») sono quelle<br />

previste dall’art. 2 in tema di reati<br />

intenzionali, poiché, per quelli di negligenza<br />

previsti dall’art. 3, le condotte<br />

materiali sono le stesse, con<br />

l’unica distinzione dell’elemento<br />

soggettivo del reato. Si tratta delle<br />

seguenti condotte:<br />

● scarico, emissione o immissione<br />

nell’aria, nel suolo o nelle acque<br />

[7] , di un quantitativo di sostanze<br />

o di radiazioni ionizzanti che provochino<br />

il decesso o lesioni gravi<br />

alle persone;<br />

● scarico, emissione o immissione<br />

illeciti di un quantitativo di sostanze<br />

o di radiazioni ionizzanti nell’aria,<br />

nel suolo o nelle acque che ne provochino<br />

o possano provocarne il deterioramento<br />

durevole o sostanziale<br />

o che causino il decesso o lesioni<br />

gravi alle persone o danni rilevanti<br />

a monumenti protetti, ad altri beni<br />

protetti, al patrimonio, alla flora o<br />

alla fauna;<br />

● eliminazione, trattamento, deposito,<br />

trasporto, esportazione o importazione<br />

illeciti di rifiuti, compresi<br />

quelli pericolosi che provochino o<br />

possano provocare il decesso o lesioni<br />

gravi alle persone o danni rilevanti<br />

alla qualità dell’aria, del suolo o<br />

delle acque, alla fauna o alla flora;<br />

● funzionamento illecito di un impianto<br />

in cui sono svolte attività<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

pericolose che provochi o possa provocare,<br />

all’esterno dell’impianto, il<br />

decesso o lesioni gravi alle persone<br />

o danni rilevanti alla qualità dell’aria,<br />

del suolo o delle acque, alla<br />

fauna o alla flora;<br />

● fabbricazione, trattamento, deposito,<br />

impiego, trasporto, esportazione<br />

o importazione illeciti di materiali<br />

nucleari o di altre sostanze<br />

radioattive pericolose che provochino<br />

o possano provocare il decesso o<br />

lesioni gravi alle persone o danni<br />

rilevanti alla qualità dell’aria, del<br />

suolo o delle acque, alla fauna o alla<br />

flora;<br />

● possesso, cattura, danneggiamento,<br />

uccisione o commercio illeciti di<br />

esemplari di specie protette animali<br />

o vegetali o di parti di esse, quantomeno<br />

ove siano definite dalla legislazione<br />

nazionale come minacciate<br />

di estinzione;<br />

● commercio illecito di sostanze<br />

che riducono lo strato di ozono.<br />

Le fattispecie sanzionatorie presenti<br />

nell’ordinamento italiano già<br />

coprono questi illeciti; con particolare<br />

riferimento a quelli ambientali,<br />

va sottolineato come non vengano<br />

considerati quelli in tema di paesaggio,<br />

nonostante la Convenzione europea<br />

sul paesaggio (conclusa a Firenze<br />

il 20 ottobre 2000 tra gli Stati<br />

membri del Consiglio d’Europa) [8]<br />

affermi che «il paesaggio svolge importanti<br />

funzioni di interesse generale,<br />

sul piano culturale, ecologico,<br />

ambientale e sociale e costituisce<br />

una risorsa favorevole all’attività<br />

economica, e che, se salvaguarda-<br />

[5] Non mancano, tuttavia, perplessità al riguardo. Secondo S. Riondato, Competenze penali della comunità europea, cit., pag. 129 «se<br />

non formalmente (dal punto di vista nazionale), sostanzialmente la sovranità decisionale è vulnerata (almeno dal punto di vista<br />

comunitario)». Nello stesso senso si veda A. Bernardi, Principi di diritto e diritto penale europeo, cit. pag. 164 per il quale perplessità<br />

rimangono, se non sotto il profilo della riserva di legge, sotto il profilo della riserva di sovranità; M. Massè, Souvreraineté pénale et<br />

modèles d’intégration dans l’Europe de l’ouest, in A.A.V.V., Souvreraineté et intégration, Actes du colloque conjoint des Facultés de<br />

droit de l’Université dee Montreal (Poiters, mai 1992), Montreal, 1993, pag. 70, il quale definisce come illusoria l’idea di ritenere<br />

salvo l’onore del diritto penale tramite la negazione di una compressione della sovranità nazionale.<br />

[6] L’art. 94 stabilisce che «Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del<br />

Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni<br />

legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul<br />

funzionamento del mercato comune».<br />

[7] L’art. 1, lettera b) precisa che acque sono le acque sotterranee e superficiali di tutti i tipi, comprese le acque lacustri, fluviali,<br />

oceaniche e marine.<br />

(segue)<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 31


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

to, gestito e pianificato in modo adeguato,<br />

può contribuire alla creazione<br />

di posti di lavoro», attribuendogli,<br />

così, una chiara valenza ambientale<br />

e una stretta connessione con la<br />

tutela dell’ambiente nonché il miglioramento<br />

della qualità della vita.<br />

Quanto all’elemento soggettivo, la<br />

distinzione tra reati intenzionali e di<br />

negligenza richiama i classici schemi<br />

del dolo e della colpa previsti<br />

nel codice penale italiano.<br />

Qualche riflessione va fatta sulla<br />

nozione di grave negligenza, assente<br />

nel sistema penale nazionale, nel quale<br />

l’intensità della colpa è solo un<br />

elemento valutabile in sede di graduazione<br />

della pena ex art. 133 c.p.<br />

Un problema analogo si era posto<br />

all’indomani dell’emanazione<br />

del D.Lgs. n. 152/1999 che, nella<br />

versione originaria, aveva differenziato<br />

la posizione del gestore di impianti<br />

di depurazione che effettuava<br />

scarichi con superamento dei valori<br />

limite rispetto a qualsiasi altro gestore,<br />

prevedendone la responsabilità<br />

per dolo o per grave negligenza (art.<br />

59, comma 6). Il D.Lgs. n. 258/<br />

2000 aveva poi eliminato questa previsione.<br />

Deve ritenersi che la negligenza<br />

sia grave quando l’operatore non abbia<br />

rispettato i parametri dell’ordina-<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

ria diligenza, ad esempio quando:<br />

● trovandosi in situazioni involgenti,<br />

l’impiego di specifiche e squisite<br />

nozioni tecniche non si sia rivolto a<br />

professionisti qualificati né abbia<br />

adottato particolari precauzioni organizzative;<br />

● pur essendo a conoscenza di particolari<br />

fattori di rischio non abbia<br />

fatto nulla per impedire l’evento,<br />

omettendo di adottare le più elementari<br />

cautele;<br />

● abbia incaricato del controllo e<br />

prevenzione dell’inquinamento personale<br />

palesemente inidoneo.<br />

Le sanzioni<br />

Secondo l’art. 5, decisione 2003/<br />

80/GAI, ciascuno Stato membro<br />

adotta i provvedimenti necessari per<br />

garantire che le condotte di cui agli<br />

articoli 2 e 3 siano soggette a sanzioni<br />

penali effettive, proporzionate<br />

e dissuasive, comprendenti, per lo<br />

meno nei casi più gravi, pene privative<br />

della libertà che possono comportare<br />

l’estradizione.<br />

Rinviando per il problema dell’estradizione<br />

all’ultimo paragrafo,<br />

va precisato che con l’espressione<br />

«efficacia» ci si intende riferire all’idoneità<br />

della sanzione a raggiungere<br />

il suo scopo, il che presuppone<br />

una qual certa validità ed efficacia<br />

dell’attività di inchiesta e dello svolgimento<br />

del processo penale [9] che<br />

va, pertanto, riferita ai profili concreti<br />

della repressione [10] .<br />

Per converso, con l’espressione<br />

«capacità dissuasiva» si intende<br />

che la sanzione deve avere connotati<br />

tali da costituire un valido deterrente.<br />

Queste condizioni, peraltro, devono<br />

essere interpretate ed estrinsecate<br />

a livello normativo in collegamento<br />

con l’ulteriore condizione, quella,<br />

cioè, della «proporzionalità» [11] ,<br />

che significa, appunto, sussistenza<br />

di una giusta proporzione tra bene<br />

giuridico protetto (ambiente) e bene<br />

giuridico compresso (ad es. libertà<br />

personale).<br />

La dottrina e la giurisprudenza<br />

della Corte di Giustizia sono unanimi<br />

nel considerare il principio di<br />

proporzione come uno dei principi<br />

non scritti dell’ordinamento comunitario<br />

[12] .<br />

La Corte di Giustizia ha fatto più<br />

volte ricorso al principio di proporzione;<br />

in particolare, nella causa<br />

181/84 [13] , è stata dichiarata invalida<br />

la disposizione di un regolamento comunitario<br />

perché in contrasto con il<br />

principio di proporzione, affermando<br />

testualmente che «una disciplina comunitaria,<br />

che opera una differenzia-<br />

[8] La Convenzione definisce come paesaggio «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui<br />

carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni e ne incentra la tutela su una serie di azioni<br />

combinate (pianificazione, gestione, sensibilizzazione, formazione ed educazione), finalizzate alla sua salvaguardia, mediante<br />

azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di<br />

patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano».<br />

[9] Nelle conclusioni formulate dall’avvocato generale Van Gerven nella causa “Hansen” (sentenza 10 luglio 1990, C-326/88), si<br />

legge che «Efficacia significa tra l’altro che gli Stati membri sono tenuti a cercare di raggiungere e a realizzare gli scopi delle<br />

disposizioni di diritto comunitario di cui trattasi».<br />

[10] Così S. Manacorda, Profili politico-criminali della tutela delle finanze della Comunità Europea, in Cass. pen. 1995, n. 194.<br />

[11] Nelle conclusioni formulate dall’avvocato generale Van Gerven nella causa “Hansen” cit., si legge che «I termini dissuasivi e<br />

proporzionali significano che le sanzioni devono essere sufficienti ma non sproporzionate quanto al loro rigore, alla luce degli<br />

obiettivi perseguiti».<br />

[12] Trattasi di un principio di valenza generale e di livello primario invocabile da qualsiasi cittadino dell’Unione. La legittimazione<br />

a integrare le norme scritte del diritto comunitario con i principi generali non scritti viene individuata nell’art. 164, Trattato,<br />

per il quale la Corte di Giustizia assicura il rispetto del diritto nella interpretazione e applicazione del Trattato stesso, nonché<br />

nei successivi artt. 178 e 215 che esplicitamente fanno riferimento ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati<br />

membri. Sul punto si veda F. Capelli, I principi generali del diritto, cit., pag. 546 e segg.; per una rassegna della giurisprudenza<br />

comunitaria sul principio in esame si rinvia a D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità nella giurisprudenza comunitaria, in<br />

Riv. ital. dir. pubbl. com., 1993, pag. 837 e segg.<br />

[13] Corte di Giustizia, 24 settembre 1985, causa 181/84, The Queen, ex parte E.D. & F. Man Sugar Ltd c. IBAP, inRaccolta, 1985,<br />

pag. 2898 e segg.<br />

32 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


zione tra l’obbligo principale il cui<br />

adempimento è necessario per il raggiungimento<br />

dello scopo perseguito<br />

e un obbligo secondario avente natura<br />

essenzialmente amministrativa,<br />

non può sanzionare con pari rigore<br />

l’inosservanza dell’obbligo principale<br />

senza violare il principio di proporzionalità».<br />

La Corte, basandosi sul principio<br />

di proporzionalità, ha fissato una serie<br />

di limiti destinati a operare all’interno<br />

degli ordinamenti degli Stati<br />

membri, che questi devono rispettare<br />

allorché stabiliscono sanzioni,<br />

nel caso in cui il contenuto del precetto<br />

interferisca con la normativa<br />

comunitaria e, in particolare, con le<br />

libertà fondamentali da essa riconosciute<br />

e tutelate.<br />

La Corte, ad esempio, ha ravvisato<br />

la lesione del principio di proporzionalità<br />

quando la sanzione prevista<br />

dalla norma, per la sua intensità<br />

e forza, si riveli «non necessaria»<br />

rispetto agli obiettivi perseguiti [14] e<br />

ha, altresì, ribadito che le sanzioni<br />

debbano essere proporzionate alla<br />

natura e gravità dell’infrazione [15] .<br />

Il principio secondo cui la pena<br />

debba essere necessaria e proporzionata<br />

(in sintesi idonea) alla natura e<br />

alla gravità dell’infrazione è stato<br />

esplicitato dalla giurisprudenza della<br />

Corte di Giustizia, operando in<br />

una duplice direzione:<br />

● premesso che il rispetto del principio<br />

di proporzionalità postula, innanzitutto,<br />

che le disposizioni nazionali<br />

mirino a perseguire un obiettivo<br />

legittimo rispetto al diritto comu-<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

nitario [16] , la Corte, da un lato, ha<br />

operato un raffronto tra:<br />

- l’interesse protetto dalla norma<br />

in ambito nazionale (e cioè la posizione<br />

sostanziale che sta a fondamento<br />

dell’adozione di una determinata<br />

norma sanzionatoria) e<br />

- l’interesse tutelato in ambito comunitario<br />

(cioè un diritto riconosciuto<br />

dal Trattato o dalla normativa<br />

derivata), determinando i limiti che<br />

la normativa interna deve rispettare<br />

per tutelare il diritto fondamentale<br />

comunitario [17] ;<br />

● dall’altro, ha verificato la proporzionalità<br />

della tutela accordata a un<br />

determinato bene giuridico dal diritto<br />

interno, avendo riguardo a tutti<br />

gli interessi tutelati all’interno dell’ordinamento<br />

stesso. Il tutto dopo<br />

aver accertato in che misura gli interessi<br />

tutelati in quello Stato membro<br />

sono mutati per effetto delle norme<br />

comunitarie e dei valori in esse contenute,<br />

norme che - per il generale<br />

principio della prevalenza del diritto<br />

comunitario su quello interno -<br />

sono idonee a modificare la gerarchia<br />

dei valori nazionali.<br />

In conclusione, proprio perché<br />

un bene giuridico nazionale risente<br />

dell’influenza del diritto comunitario,<br />

che si impone a quello interno<br />

per la tutela di un determinato valore,<br />

deve considerarsi sussistente la<br />

lesione del principio di proporzione<br />

e, quindi, non adempiuto l’obbligo<br />

di assimilazione, ogni qual volta<br />

l’ordinamento nazionale sanziona<br />

una determinata infrazione in maniera<br />

più o meno severa di quanto pos-<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

sa desumersi dall’analisi della disciplina<br />

comunitaria in quel determinato<br />

settore [18] .<br />

L’art. 5, comma 2, decisione<br />

2003/80/GAI prevede la possibilità di<br />

sanzioni accessorie a quelle penali, tra<br />

cui «il divieto di esercitare un’attività<br />

che richiede un’autorizzazione o approvazione<br />

ufficiale o di fondare, gestire<br />

o dirigere una società o una fondazione<br />

allorché i fatti che hanno condotto<br />

alla sua condanna inducano a temere<br />

che possa essere nuovamente intrapresa<br />

un’iniziativa criminale analoga».<br />

È questa una previsione importante,<br />

che attualmente manca nel sistema<br />

sanzionatorio ambientale italiano.<br />

La responsabilità delle persone<br />

giuridiche<br />

L’art. 1, lettera c), decisione<br />

2003/80/GAI definisce persona giuridica<br />

qualsiasi entità che sia tale in<br />

forza del diritto nazionale applicabile,<br />

ad eccezione degli Stati o di altre<br />

istituzioni pubbliche nell’esercizio<br />

dei pubblici poteri e delle organizzazioni<br />

internazionali pubbliche. Ciò<br />

che rileva non è tanto la natura pubblica<br />

o privata del soggetto che opera,<br />

ma quella dell’attività in concreto<br />

espletata. E così, una società mista,<br />

anche a prevalente partecipazione<br />

pubblica, alla quale sia affidata<br />

la gestione di un servizio pubblico<br />

ambientale, è da ritenere persona<br />

giuridica nei cui confronti possono<br />

applicarsi le sanzioni riportate dalla<br />

decisione quadro. La responsabilità<br />

delle persone giuridiche può dipendere<br />

da:<br />

[14] Sentenza della Corte di Giustizia, 15 dicembre 1976, causa 41/76 (Donckerwolcke c. Procuratore della Repubblica), in<br />

Raccolta, 1976, pag. 1936. Corte di Giustizia, 30 novembre 1977, causa 52/77 (Cayrol c. Rivoira), ivi, 1977, pagg. 2279-2280.<br />

[15] Sentenza della Corte di Giustizia, 3 luglio 1980, causa 157/79, in Raccolta, 1980, pagg. 2168-2187.<br />

[16] In questo senso, si veda la sentenza della Corte di Giustizia, 18 maggio 1993, in causa C-126/91, Schutzverband gegen<br />

Unwesen in der Wirtschaft c. Yves Rocher GmbH, in Riv. ital. dir. pubbl. com., 1993, pag. 837 e segg.<br />

[17] Nella sentenza Watson (Corte di Giustizia, 77/1976, causa 118-75, in Raccolta, 1976, pagg. 1197-1198), ad es., la Corte di<br />

Giustizia ha stabilito che le autorità nazionali hanno la facoltà di comminare sanzioni della stessa gravità di quelle previste per<br />

equivalenti infrazioni del diritto interno. Si veda anche in questo senso la causa Pieck, Corte di Giustizia, 3 luglio 1980, causa<br />

157/79, in Raccolta, 1980, pagg. 2186-2187 e causa Drexl, Corte di Giustizia, 25 febbraio 1988, causa 299/86, in Boll. trib.<br />

1988, pag. 1577 e segg.<br />

[18] Per un’applicazione di questo principio si veda la sentenza della Corte di Giustizia, 28 marzo 1979, causa Rivoira 179/78, in<br />

Raccolta, 1979, pagg. 1156-1157 e Corte di Giustizia, 26 ottobre 1989, causa Levy 212/89, in Raccolta, 1989, pagg. 3530-<br />

3531.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 33


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

● fatti (intenzionali o colposi) commessi<br />

a vantaggio della persona giuridica<br />

dai “soggetti di vertice”, da<br />

individuarsi in qualsiasi persona<br />

che agisca individualmente o in<br />

quanto parte di un organo della persona<br />

giuridica, la quale detenga una<br />

posizione dominante in seno alla<br />

persona giuridica, basata:<br />

- sul potere di rappresentanza di<br />

detta persona giuridica, o<br />

- sull’autorità di prendere decisioni<br />

per conto della persona giuridica, o<br />

- sull’esercizio del controllo in seno<br />

a questa persona giuridica, nonché<br />

essere dichiarate complici o istigatori<br />

della condotta di cui all’articolo 2;<br />

● fatto commesso dai cosiddetti<br />

“sottoposti”, nel qual caso la persona<br />

giuridica risponde per l’omessa<br />

sorveglianza o controllo da parte di<br />

uno dei soggetti di vertice che abbia<br />

reso possibile la perpetrazione di un<br />

illecito a vantaggio della persona<br />

giuridica da parte di una persona<br />

soggetta alla sua autorità.<br />

Per la verità, il Legislatore italiano<br />

con la legge 29 settembre 2000,<br />

n. 300 [19] , all’art. 11 aveva delegato<br />

il Governo a emanare, entro otto<br />

mesi dalla data di entrata in vigore<br />

della stessa legge, un decreto legislativo<br />

avente a oggetto la disciplina<br />

della responsabilità amministrativa<br />

delle persone giuridiche e delle società,<br />

associazioni o enti privi di<br />

personalità giuridica che non svolgono<br />

funzioni di rilievo costituzionale,<br />

per una serie di reati tra cui quelli<br />

in materia di tutela dell’ambiente<br />

e del territorio, punibili con pena<br />

detentiva non inferiore nel massimo<br />

a un anno, anche se alternativa alla<br />

sanzione pecuniaria, previsti dalle<br />

seguenti normative:<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

● legge 31 dicembre 1962, n. 1860<br />

«Impiego pacifico dell’energia nucleare»<br />

(in Gazzetta Ufficiale del<br />

30 gennaio 1963, n. 27);<br />

● legge 14 luglio 1965, n. 963 «Disciplina<br />

della pesca marittima» (in<br />

Gazzetta Ufficiale del 14 agosto<br />

1965, n. 203);<br />

● legge 31 dicembre 1982, n. 979<br />

«Disposizioni per la difesa del mare»<br />

(in Gazzetta Ufficiale del 18<br />

gennaio 1983, n. 16);<br />

● legge 28 febbraio 1985, n. 47<br />

(«Norme in materia di controllo dell’attività<br />

urbanistico-edilizia, sanzioni,<br />

recupero e sanatoria delle<br />

opere edilizie»; in Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 marzo 1985, n. 53) e successive<br />

modificazioni;<br />

● decreto-legge 27 giugno 1985, n.<br />

312 («Disposizioni urgenti per la tutela<br />

delle zone di particolare interesse<br />

ambientale»; in Gazzetta Ufficiale<br />

del 29 giugno 1985, n. 152), convertito,<br />

con modificazioni, dalla legge 8<br />

agosto 1985, n. 431 (in Gazzetta Ufficiale<br />

n. 431 dell’8 agosto 1985; è la<br />

cosiddetta “legge Galasso”);<br />

● decreto del Presidente della Repubblica<br />

24 maggio 1988, n. 203 «Attuazione<br />

delle direttive CEE numeri<br />

80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti<br />

norme in materia di qualità<br />

dell’aria, relativamente a specifici<br />

agenti inquinanti, e di inquinamento<br />

prodotto dagli impianti industriali, ai<br />

sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile<br />

1987, numero 183» (in S.O. n. 53 alla<br />

Gazzetta Ufficiale del 16 giugno<br />

1988, n. 140);<br />

● legge 6 dicembre 1991, n. 394<br />

«Legge quadro sulle aree protette»<br />

(in S.O. n. 83 alla Gazzetta Ufficiale<br />

n. 292 del 13 dicembre 1991);<br />

● decreto legislativo 27 gennaio<br />

1992, n. 95 «Attuazione delle direttive<br />

75/439/CEE e 87/101/CEE, relative<br />

alla eliminazioni degli oli usati»<br />

(in Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio<br />

1992, n. 38);<br />

● decreto legislativo 27 gennaio<br />

1992, n. 99 «Attuazione della direttiva<br />

86/278/CEE concernente la protezione<br />

dell’ambiente, in particolare<br />

del suolo, nell’utilizzazione dei<br />

fanghi di depurazione in agricoltura»<br />

(in Gazzetta Ufficiale del 15<br />

febbraio 1992, n. 38);<br />

● decreto legislativo 17 marzo<br />

1995, n. 230 «Attuazione delle direttive<br />

89/618/ Euratom, 90/641/<br />

Euratom e 92/3/Euratom e 96/29/<br />

Euratom in materia di radiazioni<br />

ionizzanti» (in Gazzetta Ufficiale<br />

del 13 giugno 1995, n. 136);<br />

● decreto legislativo 5 febbraio<br />

1997, n. 22 («Attuazione delle direttive<br />

91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/<br />

CEE sui rifiuti pericolosi e<br />

94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti<br />

di imballaggio»; in S.O. n. 33<br />

alla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio<br />

1997, n. 38. È il cosiddetto “decreto<br />

Ronchi”) e successive modificazioni;<br />

● decreto legislativo 11 maggio<br />

1999, n. 152 «Disposizioni sulla tutela<br />

delle acque dall’inquinamento<br />

e recepimento della direttiva<br />

91/271/CEE concernente il trattamento<br />

delle acque reflue urbane e<br />

della direttiva 91/676/CEE relativa<br />

alla protezione delle acque dall’inquinamento<br />

provocato dai nitrati<br />

provenienti da fonti agricole» (in<br />

S.O. n. 101 alla Gazzetta Ufficiale<br />

del 29 maggio 1999, n. 124);<br />

● decreto legislativo 17 agosto<br />

1999, n. 334 «Attuazione della direttiva<br />

96/82/CE relativa al controllo<br />

dei pericoli di incidenti rilevanti<br />

[19] Recante «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all’articolo K. 3 del Trattato sull’Unione<br />

europea: Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo<br />

primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l’interpretazione in via pregiudiziale, da parte<br />

della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29<br />

novembre 1996, nonché della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle<br />

Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE<br />

sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il<br />

17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti<br />

privi di personalità giuridica» (in Gazzetta Ufficiale del 25 ottobre 2000, n. 250).<br />

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connessi con determinate sostanze<br />

pericolose» (in S.O. n. 177 alla Gazzetta<br />

Ufficiale del 28 settembre<br />

1999, n. 228); si vedano il n.<br />

19/1999, ma anche i nn. 5/2000,<br />

7/2000, 18/2000, 14/2001 e<br />

17/2001 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>;<br />

● decreto legislativo 4 agosto<br />

1999, n. 372 «Attuazione della direttiva<br />

96/61/CE relativa alla prevenzione<br />

e riduzione integrate dell’inquinamento»<br />

(in Gazzetta Ufficiale<br />

del 26 ottobre 1999, n. 252). Si veda<br />

anche il n. 21/1999 di <strong>Ambiente</strong>&<br />

<strong>Sicurezza</strong>;<br />

● testo unico delle disposizioni legislative<br />

in materia di beni culturali<br />

e ambientali, approvato con decreto<br />

legislativo 29 ottobre 1999, n. 490<br />

(in S.O. n. 229 alla Gazzetta Ufficiale<br />

del 27 dicembre 1999, n. 302; si<br />

veda anche l’Inserto pubblicato sul<br />

n. 3/2000 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>).<br />

La delega veniva esercitata con il<br />

D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 [20] ,<br />

che, dopo aver fissato la disciplina<br />

di carattere generale della responsabilità<br />

degli enti per gli illeciti amministrativi<br />

dipendenti da reato (sezione<br />

I, artt. 1-8) e delle sanzioni in<br />

generale (sezione II, artt. 9-23), aveva,<br />

tuttavia, previsto, in concreto, le<br />

sole sanzioni nelle ipotesi di:<br />

● indebita percezione di erogazioni,<br />

truffa in danno dello Stato o di<br />

un ente pubblico o per il conseguimento<br />

di erogazioni pubbliche;<br />

● frode informatica in danno dello<br />

Stato o di un ente pubblico;<br />

● concussione e corruzione;<br />

● falsità in monete, in carte di pubblico<br />

credito e in valori di bollo;<br />

● reati societari, con esclusione dei<br />

reati ambientali.<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

La parte generale, tuttavia, già<br />

prevede una disciplina di riferimento<br />

per l’applicazione delle eventuali<br />

specifiche sanzioni che saranno introdotte<br />

a carico delle persone giuridiche<br />

anche per i reati ambientali.<br />

In particolare, gli artt. 6 e 7, D.Lgs.<br />

n. 231/2001 dettano una disciplina<br />

molto analitica per l’imputazione di<br />

responsabilità per illeciti commessi,<br />

rispettivamente, dai “soggetti di vertice”,<br />

ovvero dai “sottoposti”:<br />

● sotto il primo profilo si introduce<br />

un’inversione dell’onere della prova,<br />

poiché spetta all’ente dimostrare<br />

di aver fatto il possibile per prevenire<br />

la commissione di reati da parte<br />

di soggetti che, trovandosi in posizione<br />

apicale o di controllo, ne attuano<br />

la volontà. A questo scopo l’ente<br />

non risponde se prova che:<br />

- l’organo dirigente ha adottato<br />

ed efficacemente attuato, prima della<br />

commissione del fatto, modelli di<br />

organizzazione e di gestione idonei<br />

a prevenire reati della specie di quello<br />

verificatosi;<br />

- il compito di vigilare sul funzionamento<br />

e l’osservanza dei modelli<br />

di curare il loro aggiornamento è<br />

stato affidato a un organismo dell’ente<br />

dotato di autonomi poteri di<br />

iniziativa e di controllo;<br />

- le persone hanno commesso il<br />

reato eludendo fraudolentemente i modelli<br />

di organizzazione e di gestione;<br />

- non vi è stata omessa o insufficiente<br />

vigilanza da parte dell’organismo<br />

di cui al secondo sottopunto;<br />

● nel caso di illeciti commessi dai<br />

sottoposti, l’art. 7, D.Lgs. n. 231/<br />

2001, dopo aver fissato il principio<br />

per cui «l’ente è responsabile se la<br />

commissione del reato è stata resa<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

possibile dall’inosservanza degli obblighi<br />

di direzione o vigilanza», precisa<br />

che «in ogni caso, è esclusa<br />

l’inosservanza degli obblighi di direzione<br />

o vigilanza se l’ente, prima<br />

della commissione del reato, ha<br />

adottato ed efficacemente attuato<br />

un modello di organizzazione, gestione<br />

e controllo idoneo a prevenire<br />

reati della specie di quello verificatosi.<br />

Tale modello prevede, in relazione<br />

alla natura e alla dimensione<br />

dell’organizzazione nonché al tipo<br />

di attività svolta, misure idonee<br />

a garantire lo svolgimento dell’attività<br />

nel rispetto della legge e a scoprire<br />

ed eliminare tempestivamente<br />

situazioni di rischio. L’efficace attuazione<br />

del modello richiede:<br />

- una verifica periodica e l’eventuale<br />

modifica dello stesso quando<br />

sono scoperte significative violazioni<br />

delle prescrizioni ovvero quando<br />

intervengono mutamenti nell’organizzazione<br />

o nell’attività;<br />

- un sistema disciplinare idoneo<br />

a sanzionare il mancato rispetto delle<br />

misure indicate nel modello».<br />

La prospettiva di applicazione anche<br />

nella materia ambientale di queste<br />

regole, suggerisce di adottare,<br />

fin d’ora, adeguati sistemi di gestione<br />

e organizzazione delle problematiche<br />

ambientali. Occorre, comunque,<br />

tenere presente che, per giurisprudenza<br />

ormai consolidata, la cosiddetta<br />

“delega di funzioni ”[21] in<br />

seno all’azienda è subordinata alle<br />

seguenti condizioni:<br />

● conferimento a persona professionalmente<br />

idonea [22] . La mancanza<br />

di attitudine tecnica del delegato<br />

comporta culpa in eligendo del datore<br />

di lavoro (nell’ipotesi in cui,<br />

[20] «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità<br />

giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300» (in Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001, n. 140).<br />

[21] Sul tema si veda anche M. Zalin, Struttura aziendale e interferenza di ruolo: la S.C. fissa i requisiti per la delega di funzioni in<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 16/2003, pag. XXV.<br />

[22] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 17 giugno 1997 (c.c. del 28 febbraio 1997), n. 5780 Angelucci (r.v.<br />

208701; le massime con la sigla r.v. sono tratte dal Ced della suprema Corte di Cassazione), in cui si precisa che ricorre la<br />

condizione di idoneità tecnica «nel caso in cui il delegato sia persona specializzata e sia stata posta con atto certo ed inequivoco<br />

al vertice della unità di sicurezza, igiene ambientale ed antiquinamento dello stabilimento con l’attribuzione di ampi, dettagliati<br />

e specifici poteri e con l’obbligo, posto agli altri dirigenti, di mantenere i necessari collegamenti con l’unità per le implicazioni<br />

relative al personale in materia di sicurezza».<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 35


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

avendo commesso il delegato un fatto<br />

previsto come reato, si dimostri<br />

che non era in possesso delle condizioni<br />

per rendere effettiva la delega)<br />

[23] ovvero culpa in vigilando<br />

(qualora non sia stata verificata la<br />

permanenza delle condizioni che<br />

avevano portato all’affidamento della<br />

delega). In ogni caso, anche se<br />

persona tecnicamente preparata ed<br />

esperta, il lavoratore non può essere<br />

destinatario di delega poiché lo stesso<br />

da soggetto beneficiario si trasformerebbe<br />

in garante della attuazione<br />

delle norme di prevenzione [24] ;<br />

● conferimento a persona cui siano<br />

attribuiti sufficienti poteri decisionali<br />

e disponibilità economica per poter<br />

concretamente attuare le misure<br />

di igiene e sicurezza [25] ;<br />

● l’azienda sia di dimensioni tali<br />

da imporre o rendere plausibile la<br />

necessità del trasferimento delle fun-<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

zioni al fine di garantire l’effettiva<br />

attuazione delle norme di igiene e<br />

sicurezza [26] . In alcune decisioni,<br />

prevalentemente in materia di tutela<br />

dell’ambiente dall’inquinamento, al<br />

solo profilo dimensionale si sta sostituendo<br />

quello della complessità<br />

gestionale dell’ente che deriva [27] :<br />

- «dalla eterogeneità e disorganicità<br />

delle prescrizioni amministrative,<br />

tecniche, penali e fiscali tanto della<br />

legislazione ambientale quanto di<br />

quella previdenziale, antinfortunistica,<br />

di sicurezza del lavoro, ecc.;<br />

- dalla necessità di dare il giusto<br />

spazio alle concrete esigenze della<br />

divisione del lavoro in ragione dei<br />

rispettivi ruoli (operativi: di linee, di<br />

supporto: di staff; di tecnostruttura);<br />

- dalle opportunità-necessità oggettive<br />

di razionalizzare l’attività<br />

produttiva, su cui non è comunque<br />

agevole ipotizzare un corretto sinda-<br />

cato del giudice penale il quale, pur<br />

a fronte della accertata effettività<br />

della delega, voglia spingersi a valutare<br />

le scelte organizzative del titolare<br />

dell’impresa o dell’ente».<br />

In ogni caso, anche in una piccola<br />

azienda il datore di lavoro può,<br />

comunque, optare per ragioni organizzative<br />

per il conferimento di delega<br />

a un dirigente o preposto. In questo<br />

caso, le dimensioni dell’azienda,<br />

a causa del permanere dell’obbligo<br />

di vigilanza e controllo in capo al<br />

datore di lavoro, fanno ritenere<br />

esclusa l’efficacia di esclusione di<br />

responsabilità, per cui la delega ha<br />

la valenza di mera opzione organizzativa<br />

senza incidere sui profili attinenti<br />

alla responsabilità penale [28] ;<br />

● la “delega” sia conferita in forma<br />

scritta o, comunque, risulti in modo<br />

certo [29] ;<br />

● il delegante non ingerisca nel-<br />

[23] In questo senso si vedano le sentenze della Cassazione penale, sez. IV, 30 ottobre 1984 (c.c. 29 marzo 1984), n. 9520, Oneda<br />

(r.v. 166430); sez. III, 24 gennaio 1986, n. 751 (cc. 21 giugno 1985), Signorino (r.v. 171640); sez. IV, 18 ottobre 1990, n. 13726<br />

(c.c. 25 giugno 1990), Sbaraglia (r.v. 185531).<br />

[24] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 20 aprile 1989, n. 6019 (c.c. 28 giugno 1988), Perasi (r.v. 181103). Il<br />

problema si è posto con riguardo alle ipotesi di datore di lavoro che affidi un apprendista a un lavoratore esperto ai fini della<br />

istruzione tecnica; in questo caso responsabile della sicurezza rimane comunque il datore di lavoro (Cassazione penale, sez. IV<br />

26 gennaio 1984, n. 753 (c.c. 15 dicembre 1983) Zambelli (r.v. 162370).<br />

[25] Cassazione penale, sez. IV, 29 marzo 1989, n. 4432 (c.c. 12 maggio 1988), Fadda (r.v. 180866).<br />

[26] Da ultimo, sul punto si vedano le sentenze della Cassazione penale, sez. III, 5 agosto 1998, n. 9160 (c.c. 1˚ luglio 1998),<br />

Botarelli (r.v. 211814); sez. III, 17 gennaio 2000, n. 422 (ud. 3 dicembre 1999), Natali (r.v. 215159). Un riferimento non vincolante,<br />

ma significativo, circa l’individuazione, in concreto, dei limiti dimensionali, viene dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, nella parte in<br />

cui prevede limiti dimensionali in relazione ai quali la funzione di prevenzione e protezione possa essere svolta direttamente dal<br />

datore di lavoro. Trattasi delle aziende di cui al combinato disposto dell’articolo 10 e dell’Allegato I), D.Lgs. n. 626/1994: aziende<br />

agricole e zootecniche fino a 10 addetti assunti a tempo indeterminato; aziende della pesca fino a 20 addetti; aziende artigiane ed<br />

industriali fino a 30 addetti; altre aziende fino a 200 addetti. Questa previsione, pur non vincolante, rappresenta un parametro di<br />

riferimento per individuare i limiti dimensionali che fondano legittimamente il ricorso alla delega.<br />

[27] Le affermazioni che seguono sono tratte dalla sentenza della Cassazione penale, sez. III, 9 ottobre 1996, n. 775 (ud. 29 maggio<br />

1996), Bressan (r.v. 206675). Il concetto di complessità gestionale viene anche accolto da L. Fioravanti, Delega di funzioni,<br />

doveri di vigilanza e responsabilità penale, inGiur. It., 1993, II, pagg. 770 e segg., cui si rinvia per i riferimenti di dottrina.<br />

[28] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 16 marzo 1987, n. 3164 (c.c. 11 dicembre 1986), Aquilani (r.v. 175356).<br />

[29] La delega e l’accettazione del delegato devono risultare da atti espliciti ove siano indicati presupposti, contenuti e limiti; al<br />

proposito, si vedano le sentenze della Cassazione penale, sez. IV, 6 febbraio 1990, n. 1545 (c.c. 14 aprile 1989), Civello (r.v.<br />

183216); sez. IV, sent. 27 aprile 1991, n. 4784 (c.c. 13 febbraio 1991), Simili (r.v. 187538). Questi atti devono, di regola, essere<br />

approvati dagli organi statutari, salvo che si tratti di piccola impresa in cui non è necessaria una delega scritta, purché il<br />

conferimento della stessa risulti comprovato. Nella sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 28 ottobre 1982, n. 10129 (c.c. 5<br />

ottobre 1982), Gargano (r.v. 155864), cui si afferma: «Il datore di lavoro può delegare altri (dirigenti o preposti) al rispetto e<br />

all’osservanza delle norme antinfortunistiche, ma, ove manchi o non risulti una delega o la prova della stessa, l’obbligo della<br />

predetta osservanza incombe su di lui in applicazione del principio generale, contenuto nell’art. 2087 cod. civ., per il quale<br />

l’obbligo di provvedere alle necessarie cautele per la tutela dell’integrità fisica dei lavoratori grava sul datore di lavoro»; si veda,<br />

da ultima, la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 24 giugno 2000, n. 7402 (ud. 26 aprile 2000), Mantero (r.v. 216475):<br />

«In tema di lesioni colpose da infortunio sul lavoro, ai fini dell’identificazione della persona responsabile, nell’ambito di<br />

un’impresa di grandi dimensioni, in cui la ripartizione delle funzioni è imposta dall’organizzazione aziendale, occorre accertare<br />

l’effettiva situazione di responsabilità all’interno delle posizioni di vertice per individuare i soggetti cui i compiti di prevenzione<br />

sono concretamente affidati con la predisposizione e l’attribuzione dei correlativi e necessari poteri per adempierli». (Fattispecie<br />

(segue)<br />

36 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


l’esercizio delle attribuzioni trasferite<br />

con la “delega” [30] ;<br />

● il delegante non sia stato personalmente<br />

sollecitato a intervenire per predisporre<br />

misure di sicurezza lasciate<br />

inattuate dal delegato (pertanto, in caso<br />

di imposizione di prescrizioni con<br />

notifica o comunicazione oltre che al<br />

contravventore anche al datore di lavoro,<br />

ex art. 20, comma 2, D.Lgs n.<br />

758/1994 [31] , quest’ultimo non può invocare<br />

la delega per escludere la propria<br />

responsabilità, essendo stato direttamente<br />

interessato della necessità di<br />

adottare misure di sicurezza) [32] .<br />

Per quanto riguarda le sanzioni per<br />

le persone giuridiche, fermi i principi<br />

della responsabilità individuale delle<br />

persone fisiche autori, istigatori o<br />

complici dell’illecito e i parametri dell’effettività,<br />

proporzionalità e capacità<br />

dissuasiva, la decisione quadro n.<br />

2003/80/GAI prevede sanzioni pecuniarie<br />

di natura penale o amministrativa<br />

e ulteriori, tra cui:<br />

● l’esclusione dal godimento di un<br />

vantaggio o aiuto pubblico;<br />

● il divieto temporaneo o perma-<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

nente di esercitare un’attività industriale<br />

o commerciale;<br />

● l’assoggettamento a sorveglianza<br />

giudiziaria;<br />

● provvedimenti giudiziari di scioglimento;<br />

● l’obbligo di adottare misure specifiche<br />

al fine di evitare le conseguenze<br />

di condotte analoghe a quelle<br />

che hanno condotto alla responsabilità<br />

penale.<br />

Questa previsione è coperta dall’art.<br />

9, n. 231/2001 (allo stato non<br />

ancora applicabile alla materia ambientale,<br />

ma che costituisce la norma<br />

generale di riferimento), per il quale<br />

le sanzioni per gli illeciti amministrativi<br />

dipendenti da reato sono:<br />

● la sanzione pecuniaria;<br />

● le sanzioni interdittive;<br />

● la confisca;<br />

● la pubblicazione della sentenza.<br />

Le sanzioni interdittive sono:<br />

● l’interdizione dall’esercizio dell’attività;<br />

● la sospensione o la revoca delle autorizzazioni,<br />

licenze o concessioni funzionali<br />

alla commissione dell’illecito;<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

● il divieto di contrattare con la<br />

pubblica amministrazione, salvo<br />

che per ottenere le prestazioni di un<br />

pubblico servizio;<br />

● l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti,<br />

contributi o sussidi e l’eventuale<br />

revoca di quelli già concessi;<br />

● il divieto di pubblicizzare beni o<br />

servizi.<br />

Competenza giurisdizionale<br />

ed estradizione<br />

La decisione quadro n. 2003/80/<br />

GAI si preoccupa, infine, di stabilire<br />

criteri generali per individuare la competenza<br />

giurisdizionale di ciascuno<br />

Stato membro per gli illeciti ambientali<br />

(è questa la parte che ha maggiore<br />

attinenza con le problematiche della<br />

cooperazione giudiziaria).<br />

Non tutti gli Stati, infatti, adottano<br />

gli stessi criteri per l’applicazione<br />

della legge penale, anche se quello<br />

prevalente, accolto nell’ordinamento<br />

italiano (art. 6, c.p.) è il principio<br />

di territorialità, per il quale è<br />

punito chi commette un reato nel<br />

territorio dello Stato [33] .<br />

in cui la Suprema Corte ha ritenuto che, sull’assenza di alcuni requisiti formali della delega al responsabile per la sicurezza,<br />

quali la sottoscrizione del delegante, la data certa e il riferimento alla delibera autorizzativa del consiglio di amministrazione,<br />

doveva prevalere la realtà effettiva, risultando dalle decisioni di merito che al delegato - il quale era capo di uno dei quattro<br />

stabilimenti della società e in tale posizione operava con sufficiente indipendenza per la gestione produttiva e la capacità di<br />

spesa - erano stati conferiti articolati poteri attinenti alla sicurezza).<br />

[30] Eventuali interferenze del delegante comporterebbero la sua riassunzione delle funzioni delegate; si vedano le sentenze della<br />

Cassazione penale, sez. IV, 18 ottobre 1990, n. 13726 (c.c. 25 giugno 1990), Sbaraglia (r.v. 185531); sez. IV, 30 maggio 1991,<br />

n. 5835 (c.c. 15 febbraio 1991), Invernicci (r.v. 187281). Sul dovere di controllo si veda anche la sentenza della Cassazione<br />

penale, sez. III, sent. 6 maggio 1996, n. 1570 (ud. 29 marzo 1996), Bonaccorsi (r.v. 205446).<br />

[31] «Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro» (in Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 1995, n. 21).<br />

[32] Si veda, più di recente, la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 30 ottobre 1999, n. 12413 (ud. 8 ottobre 1999), Massarenti<br />

(r.v. 215009): «Non può essere ritenuto penalmente responsabile l’amministratore di una società che, avendo approntato tutte le<br />

misure antinfortunistiche richieste, abbia delegato un preposto alla organizzazione e all’espletamento di specifica attività, ove<br />

quest’ultimo sia persona tecnicamente capace, abbia accettato l’incarico e sia dotato di idonei poteri determinativi e direzionali<br />

al riguardo e sempre che il predetto amministratore, nel più generale contesto della posizione di garanzia che fa capo comunque<br />

al datore di lavoro, non si esima dall’obbligo di sorveglianza, il cui rispetto va valutato tenendo conto delle connotazioni del<br />

caso concreto (tra cui, dimensioni dell’organizzazione, peculiarità del comportamento tenuto, episodicità del fatto)». Conforme<br />

la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 29 novembre 2000, n. 12279, Buzzi, (in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 1/2001, pag. 122),<br />

in cui si precisa che, in materia di inquinamento, pure nelle imprese di grandi dimensioni, in ipotesi di mandato, sussiste sempre<br />

la possibilità di responsabilità del delegante, allorché l’inquinamento sia riconducibile a cause strutturali dovute a scelte<br />

generali ovvero allorché l’affidatario abbia omesso di esercitare il dovere generale di controllo, secondo diligenza e prudenza<br />

sull’attività o inattività del delegato.<br />

[33] Secondo l’art. 4, comma 2, c.p. «Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica, quello delle<br />

colonie e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio<br />

dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.<br />

Secondo l’art. 6, comma 2 il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo<br />

costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione».<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 37


TUTELA AMBIENTALE<br />

Commento<br />

Va tenuto presente che alcune forme<br />

di illeciti ambientali si caratterizzano<br />

per la rilevanza transnazionale, a<br />

causa o della natura intrinseca dell’illecito<br />

(si pensi al traffico di rifiuti<br />

secondo l’articolo 26, regolamento<br />

(CEE) del Consiglio 1˚ febbraio<br />

1993, n. 259/93, richiamato dall’art.<br />

53, decreto “Ronchi”) ovvero degli<br />

effetti della condotta (gravi forme di<br />

inquinamento atmosferico, incidenti<br />

all’interno di stabilimenti in cui sono<br />

svolte attività pericolose).<br />

Di qui l’esigenza di integrare il<br />

principio di territorialità, alla quale<br />

la decisione risponde prevedendo<br />

che gli illeciti devono rientrare nella<br />

competenza giurisdizionale del<br />

singolo Stato membro se commessi:<br />

● interamente o in parte nel suo<br />

territorio, anche se gli effetti del reato<br />

si verificano interamente altrove<br />

(come appunto può essere nel caso<br />

di inquinamento atmosferico transfrontaliero);<br />

● a bordo di una nave o aeromobile<br />

battente la sua bandiera;<br />

● a vantaggio di una persona giuridica<br />

con sede nel suo territorio;<br />

● da un suo cittadino, se il reato è<br />

punibile a norma del diritto penale<br />

nel luogo in cui è stato commesso o<br />

se questo sito non rientra in nessuna<br />

competenza giurisdizionale [34] .<br />

In ogni caso, per i reati commessi<br />

da un suo cittadino al di fuori del<br />

proprio territorio, lo Stato membro<br />

ha due possibilità:<br />

● adottare i provvedimenti necessari<br />

a stabilire la propria competenza<br />

giurisdizionale;<br />

● decidere di procedere all’estradizione.<br />

In questo caso, valgono le due<br />

condizioni generali della doppia incriminazione<br />

(i fatti devono essere<br />

punibili dalla legge dello Stato membro<br />

richiedente e in quello richiesto<br />

dell’estradizione) e della durata minima<br />

della pena (che, di regola, deve<br />

avere un’estensione non inferiore nel<br />

massimo a un anno di pena privativa<br />

della libertà o di analoga misura di<br />

sicurezza, rispetto alla legge dello<br />

Stato membro richiedente, secondo<br />

le previsioni della Convenzione europea<br />

di estradizione del 13 dicembre<br />

1957). l<br />

Decisione quadro 2003/80/GAI del Consiglio del 27 gennaio 2003<br />

relativa alla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale<br />

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,<br />

visto il trattato sull’Unione europea, in particolare<br />

l’articolo 29, l’articolo 31, lettera e) e l’articolo 34,<br />

paragrafo 2, lettera b),<br />

vista l’iniziativa del Regno di Danimarca (1) ,<br />

visti i pareri del Parlamento europeo (2) ,<br />

considerando quanto segue:<br />

(1) L’Unione è preoccupata per l’aumento dei reati<br />

contro l’ambiente e per le loro conseguenze, che sempre<br />

più frequentemente si estendono al di là delle frontiere<br />

degli Stati ove tali reati vengono commessi.<br />

(2) Questi reati rappresentano una minaccia per l’ambiente<br />

e, di conseguenza, dovrebbero ricevere una risposta<br />

severa.<br />

(3) I reati contro l’ambiente costituiscono un problema<br />

cui sono confrontati tutti gli Stati membri, che<br />

dovrebbero pertanto agire di concerto per proteggere<br />

l’ambiente in base al diritto penale (3) .<br />

(4) Nel marzo 2001 la Commissione ha presentato<br />

una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio relativa alla protezione dell’ambiente attraverso<br />

il diritto penale (4) , basata sull’articolo 175, paragrafo<br />

1, del trattato che istituisce la Comunità europea.<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

in G.U.C.E L del 5 febbraio 2003, n. 29<br />

(5) Il Consiglio ha ritenuto opportuno incorporare nella<br />

presente decisione quadro varie norme sostanziali contenute<br />

nella proposta di direttiva, in particolare quelle che<br />

definiscono gli atti che gli Stati membri devono qualificare<br />

come reati in virtù del proprio diritto interno.<br />

(6) Il 9 aprile 2002 il Parlamento europeo ha espresso<br />

il parere sulla direttiva proposta. Nell’ottobre 2002 la<br />

Commissione ha presentato una proposta modificata di<br />

direttiva a norma dell’articolo 250, paragrafo 2, del<br />

trattato che istituisce la Comunità europea. Il Consiglio<br />

non ha considerato opportuno modificare su tale base la<br />

presente decisione quadro.<br />

(7) Il Consiglio ha esaminato la proposta ma è giunto<br />

alla conclusione che la maggioranza necessaria per<br />

l’adozione in sede di Consiglio non può essere raggiunta.<br />

La suddetta maggioranza ha ritenuto che la proposta<br />

vada oltre le competenze attribuite alla Comunità dal<br />

trattato che istituisce la Comunità europea e che gli<br />

obiettivi da essa perseguiti possano essere raggiunti<br />

mediante l’adozione di una decisione quadro in base al<br />

titolo VI del trattato sull’Unione europea. Il Consiglio<br />

ha ritenuto inoltre che la presente decisione quadro,<br />

[34] Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in particolari casi o circostanze la norma di competenza di<br />

cui alle lettere c) e d).<br />

38 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


asata sull’articolo 34 del trattato sull’Unione europea,<br />

costituisca uno strumento adeguato per imporre agli<br />

Stati membri l’obbligo di prevedere sanzioni penali. La<br />

proposta modificata presentata dalla Commissione non<br />

era di natura tale da consentire al Consiglio di modificare<br />

la sua posizione al riguardo.<br />

(8) I reati contro l’ambiente possono impegnare la<br />

responsabilità non solo delle persone fisiche, ma anche<br />

delle persone giuridiche.<br />

(9) Gli Stati membri dovrebbero stabilire una competenza<br />

giurisdizionale allargata riguardo ai suddetti reati,<br />

in modo da evitare che persone fisiche o giuridiche possano<br />

sottrarsi al procedimento penale per il semplice fatto<br />

che il reato non è stato commesso nel loro territorio.<br />

(10) Il 4 novembre 1998 il Consiglio d’Europa ha<br />

adottato una convenzione sulla protezione dell’ambiente<br />

attraverso il diritto penale di cui si è tenuto conto<br />

nelle disposizioni del presente strumento,<br />

Ha adottato la presente decisione quadro:<br />

Art. 1<br />

Definizioni<br />

Ai fini della presente decisione quadro valgono le<br />

seguenti definizioni:<br />

a) “illecito”, violazione di una legge, di un regolamento<br />

amministrativo o di una decisione adottata da<br />

un’autorità competente, intesi alla protezione dell’ambiente,<br />

in particolare ove essi attuino disposizioni vincolanti<br />

del diritto comunitario;<br />

b) “acque”, le acque sotterranee e superficiali di tutti<br />

i tipi, comprese le acque lacustri, fluviali, oceaniche e<br />

marine;<br />

c) “persona giuridica”, qualsiasi entità che sia tale in<br />

forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione<br />

degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell’esercizio<br />

dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali<br />

pubbliche.<br />

Art. 2<br />

Reati intenzionali<br />

Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti necessari<br />

per rendere perseguibili penalmente, in virtù del<br />

proprio diritto interno:<br />

a) lo scarico, l’emissione o l’immissione nell’aria,<br />

nel suolo o nelle acque, di un quantitativo di sostanze o<br />

di radiazioni ionizzanti che provochino il decesso o<br />

lesioni gravi alle persone;<br />

b) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di<br />

un quantitativo di sostanze o di radiazioni ionizzanti<br />

nell’aria, nel suolo o nelle acque che ne provochino o<br />

possano provocarne il deterioramento durevole o sostanziale<br />

o che causino il decesso o lesioni gravi alle persone<br />

o danni rilevanti a monumenti protetti, ad altri beni<br />

protetti, al patrimonio, alla flora o alla fauna;<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Documento<br />

c) l’eliminazione, il trattamento, il deposito, il trasporto,<br />

l’esportazione o l’importazione illeciti di rifiuti,<br />

compresi i rifiuti pericolosi che provochino o possano<br />

provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni<br />

rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque,<br />

alla fauna o alla flora;<br />

d) il funzionamento illecito di un impianto in cui<br />

sono svolte attività pericolose che provochi o possa<br />

provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni<br />

gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria,<br />

del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;<br />

e) la fabbricazione, il trattamento, il deposito, l’impiego,<br />

il trasporto, l’esportazione o l’importazione illeciti<br />

di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive<br />

pericolose che provochino o possano provocare il decesso<br />

o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla<br />

qualità dell’aria, del suolo o delle acque, alla fauna o<br />

alla flora;<br />

f) il possesso, la cattura, il danneggiamento, l’uccisione<br />

o il commercio illeciti di esemplari di specie protette<br />

animali o vegetali o di parti di esse, quantomeno ove<br />

siano definite dalla legislazione nazionale come minacciate<br />

di estinzione;<br />

g) il commercio illecito di sostanze che riducono lo<br />

strato di ozono, quando sono commessi intenzionalmente.<br />

Art. 3<br />

Reati di negligenza<br />

Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti necessari<br />

per rendere perseguibili penalmente in virtù del<br />

proprio diritto interno, quando sono commessi per negligenza<br />

o quanto meno per negligenza grave, i reati di cui<br />

all’articolo 2.<br />

Art. 4<br />

Partecipazione e istigazione ad un reato<br />

Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti necessari<br />

affinché sia punibile la partecipazione o l’istigazione<br />

ai reati di cui all’articolo 2.<br />

Art. 5<br />

Sanzioni<br />

1. Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti<br />

necessari per garantire che le condotte di cui agli articoli<br />

2 e 3 siano soggette a sanzioni penali effettive, proporzionate<br />

e dissuasive, comprendenti, per lo meno nei<br />

casi più gravi, pene privative della libertà che possono<br />

comportare l’estradizione.<br />

2. Le sanzioni penali di cui al paragrafo 1 possono<br />

essere corredate di altre sanzioni o misure: in particolare,<br />

per una persona fisica, il divieto di esercitare un’attività<br />

che richiede un’autorizzazione o approvazione ufficiale<br />

o di fondare, gestire o dirigere una società o una<br />

fondazione allorché i fatti che hanno condotto alla sua<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 39


TUTELA AMBIENTALE<br />

Documento<br />

condanna inducano a temere che possa essere nuovamente<br />

intrapresa un’iniziativa criminale analoga.<br />

Art. 6<br />

Responsabilità delle persone giuridiche<br />

1. Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti<br />

necessari affinché le persone giuridiche possano essere<br />

dichiarate responsabili degli atti di cui agli articoli 2 e 3<br />

commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che<br />

agisca individualmente o in quanto parte di un organo<br />

della persona giuridica, la quale detenga una posizione<br />

dominante in seno alla persona giuridica, basata<br />

a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica,<br />

o<br />

b) sull’autorità di prendere decisioni per conto della<br />

persona giuridica, o<br />

c) sull’esercizio del controllo in seno a tale persona<br />

giuridica, nonché essere dichiarate complici o istigatori<br />

della condotta di cui all’articolo 2.<br />

2. Oltre ai casi già previsti al paragrafo 1, ciascuno<br />

Stato membro adotta i provvedimenti necessari affinché<br />

le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili<br />

quando la carenza di sorveglianza o controllo da<br />

parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo abbia reso<br />

possibile la perpetrazione degli atti di cui agli articoli 2<br />

e 3 a vantaggio della persona giuridica da parte di una<br />

persona soggetta alla sua autorità.<br />

La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei<br />

paragrafi 1 e 2 non esclude l’azione penale nei confronti<br />

delle persone fisiche che siano autori, istigatori o<br />

complici degli atti di cui agli articoli 2 e 3.<br />

Art. 7<br />

Sanzioni per le persone giuridiche<br />

Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti necessari<br />

affinché la persona giuridica dichiarata responsabile<br />

ai sensi dell’articolo 6 sia passibile di sanzioni<br />

effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti sanzioni<br />

pecuniarie di natura penale o amministrativa ed<br />

eventualmente altre sanzioni, tra cui:<br />

a) l’esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto<br />

pubblico;<br />

b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare<br />

un’attività industriale o commerciale;<br />

c) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;<br />

d) provvedimenti giudiziari di scioglimento;<br />

e) l’obbligo di adottare misure specifiche al fine di<br />

evitare le conseguenze di condotte analoghe a quelle<br />

che hanno condotto alla responsabilità penale.<br />

Art. 8<br />

Competenza giurisdizionale<br />

1. Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti<br />

necessari per definire la sua competenza giurisdizionale<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

per quanto riguarda i reati di cui agli articoli 2 e 3<br />

commessi:<br />

a) interamente o in parte nel suo territorio, anche se<br />

gli effetti del reato si verificano interamente altrove;<br />

b) a bordo di una nave o aeromobile battente la sua<br />

bandiera;<br />

c) a vantaggio di una persona giuridica con sede nel<br />

suo territorio;<br />

d) da un suo cittadino, se il reato è punibile a norma del<br />

diritto penale nel luogo in cui è stato commesso o se tale<br />

luogo non rientra in nessuna competenza giurisdizionale.<br />

2. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 9, uno<br />

Stato membro può decidere di non applicare o di applicare<br />

solo in particolari casi o circostanze la norma di<br />

competenza di cui al:<br />

a) paragrafo 1, lettera c);<br />

b) paragrafo 1, lettera d).<br />

Art. 9<br />

Estradizione e azione penale<br />

1. a) Ciascuno Stato membro che, in virtù della<br />

propria legislazione, non estrada ancora i propri cittadini<br />

adotta i provvedimenti necessari a stabilire la propria<br />

competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli<br />

2 e 3 commessi da un suo cittadino al di fuori del<br />

proprio territorio.<br />

b) Ciascuno Stato membro che, ove uno dei propri<br />

cittadini sia sospettato di aver commesso in un altro<br />

Stato membro un reato implicante una condotta di cui<br />

all’articolo 2 e 3, non procede ancora all’estradizione di<br />

questa persona verso l’altro Stato membro unicamente<br />

a motivo della cittadinanza, sottopone il caso al giudizio<br />

delle autorità nazionali competenti ai fini di un’eventuale<br />

azione penale. Per consentire l’esercizio dell’azione<br />

penale, i fascicoli, gli atti istruttori e gli oggetti<br />

riguardanti il reato sono inoltrati secondo le procedure<br />

di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione<br />

europea di estradizione.<br />

Lo Stato membro richiedente è informato in merito<br />

alle azioni penali avviate e ai loro risultati.<br />

2. Ai fini del presente articolo, la nozione di cittadino<br />

di uno Stato membro va interpretata conformemente<br />

a qualsiasi dichiarazione resa da tale Stato in forza<br />

dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere b) e c), della Convenzione<br />

europea di estradizione del 13 dicembre 1957.<br />

Art. 10<br />

Attuazione<br />

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per<br />

conformarsi alle disposizioni della presente decisione<br />

quadro anteriormente al 27 gennaio 2005.<br />

2. Gli Stati membri trasmettono al segretariato generale<br />

del Consiglio e alla Commissione, anteriormente al<br />

27 aprile 2005, il testo delle disposizioni inerenti al<br />

40 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


ecepimento nella legislazione nazionale degli obblighi<br />

loro imposti dalla presente decisione quadro. Sulla scorta<br />

di tali informazioni e di una relazione scritta della<br />

Commissione, il Consiglio esamina entro il 27 gennaio<br />

2006 in quale misura gli Stati membri abbiano adottato<br />

le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione<br />

quadro.<br />

Art. 11<br />

Applicazione territoriale<br />

La presente decisione quadro si applica a Gibilterra.<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

Art. 12<br />

Presa d’effetto<br />

La presente decisione quadro prende effetto il giorno<br />

della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione<br />

europea. l<br />

–––––––––––––––––––––––––<br />

(1) G.U. C 39 dell’11.2.2000, pag. 4.<br />

(2) Pareri espressi il 7 luglio 2000 (G.U. C 121 del 24.4.2001, pag. 494)<br />

e il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicati nella Gazzetta ufficiale).<br />

(3) Cfr. anche l’allegato.<br />

(4) G.U. C 180 E del 26.6.2001, pag. 238.<br />

Allegato<br />

Il Consiglio prende atto del fatto che l’Austria intende conformarsi all’articolo 2, lettere f) e g), per<br />

quanto riguarda i casi minori e all’articolo 3 irrogando sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive<br />

conformemente al diritto penale amministrativo.<br />

PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’AMBIENTE URBANO<br />

IN ARRIVO FONDI DALLA COMUNITA’ EUROPEA<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Documento<br />

Invito a presentare proposte in merito al quadro comunitario di cooperazione per<br />

lo sviluppo sostenibile dell’ambiente urbano (Decisione 1411/2001/CE) (2004/C 20/08)<br />

in G.U.C.E. C del 24 gennaio 2004, n. 20<br />

I.1. Il presente invito ha lo scopo di individuare le iniziative che potrebbero beneficiare di un contributo<br />

finanziario della Commissione europea, Direzione generale dell’<strong>Ambiente</strong>.<br />

I.2. A titolo orientativo - e previa conferma degli stanziamenti iscritti nel bilancio dell’esercizio 2004 - la DG<br />

<strong>Ambiente</strong> prevede di erogare finanziamenti per complessivi 4 750 000 EUR.<br />

I.3. I settori interessati, la natura e il contenuto delle iniziative, come pure le condizioni per la concessione dei<br />

contributi e i moduli di domanda figurano nella documentazione disponibile sul sito web Europa al seguente<br />

indirizzo:<br />

http://europa.eu.int/comm/environment/funding/intro_en.htm oppure può essere inviata gratuitamente agli<br />

interessati che ne abbiano fatto richiesta scritta al seguente indirizzo: Commissione europea, Direzione generale<br />

<strong>Ambiente</strong>,<br />

all’attenzione della sig.ra M. Barat, DG ENV.B (BU9, 4/17), B-1049 Bruxelles, Fax (32-2) 299 43 62.<br />

Si raccomanda comunque di consultare il sito web.<br />

II. Procedimento per la presentazione e l’esame delle proposte, calendario. Il presente invito a presentare<br />

proposte è aperto fino al 31 marzo 2004. Tutta la documentazione richiesta per la presentazione di una<br />

proposta deve essere inviata in triplice copia utilizzando i formulari allegati alle istruzioni che corredano l’invito<br />

a presentare proposte.<br />

La proposta completa deve essere inviata a mezzo lettera raccomandata o mediante corriere privato oppure<br />

consegnata a mano all’ufficio postale centrale della Commissione, rue de Genève 1, B-1140 Bruxelles (Commune:<br />

Evere). La data del timbro postale, la data di consegna al corriere e la dichiarazione di ricevimento rilasciata<br />

dal competente servizio della Commissione servono come prova della data di presentazione della proposta. I<br />

fax, i messaggi elettronici, i fascicoli incompleti o inviati in fasi successive non saranno accettati. La proposta<br />

deve conservare la sua validità almeno fino al 31 dicembre 2004.<br />

La procedura per la valutazione delle proposte è la seguente:<br />

- ricezione, registrazione e avviso di ricevimento da parte dei servizi della Commissione,<br />

- esame da parte dei servizi della Commissione e consultazione del comitato consultivo previsto del quadro<br />

comunitario di cooperazione,<br />

- elaborazione dell’elenco definitivo dei beneficiari e comunicazione dell’esito ai candidati.<br />

I beneficiari verranno scelti in base ai criteri indicati nella documentazione relativa al presente invito a<br />

presentare proposte ed entro i limiti degli stanziamenti disponibili.<br />

Quando la Commissione avrà operato la propria scelta definitiva, verrà stipulato un contratto (denominato in<br />

euro) fra la Commissione stessa e il soggetto che ha presentato la proposta.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 41


ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

di Stefano Marsella, Dirigente del Corpo Nazionale VVF<br />

I controsoffitti, come altri materiali<br />

che si installano per la finitura<br />

degli edifici, svolgono un<br />

ruolo chiave nella sicurezza delle<br />

persone in caso di incendio.<br />

La loro importanza è immediatamente<br />

evidente se si considera<br />

che il passaggio dalla fase di innesco<br />

a quella di principio di incendio<br />

si può verificare solo se<br />

l’apporto termico che può determinare<br />

l’avvio della combustione<br />

trova un ambiente adeguato<br />

alla propagazione solo in determinate<br />

circostanze, largamente<br />

legate alle caratteristiche chimico-fisiche<br />

dei materiali e delle<br />

sostanze adiacenti. Con la lettera-circolare<br />

16 gennaio 2004,<br />

Prot. n. DCPST/A5/283/FR, il Ministero<br />

dell’Interno ha chiarito alcuni<br />

aspetti della classificazione<br />

e dell’impiego dei controsoffitti.<br />

[1] Si veda <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 22/2003, pag. 30.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Dal Dipartimento dei VVF indicazioni sull’impiego degli elementi certificati ai sensi della circolare MI.SA. n. 91/1961<br />

Chiarimenti sui controsoffitti certificati<br />

per strutture resistenti al fuoco<br />

Dopo il recente decreto sulla<br />

classificazione dei materiali<br />

di rivestimento delle condotte<br />

aerotermiche (decreto 31 marzo<br />

2003, «Requisiti di reazione al fuoco<br />

dei materiali costituenti le condotte<br />

di distribuzione e ripresa dell’aria<br />

degli impianti di condizionamento<br />

e ventilazione») [1] , il Ministero<br />

dell’Interno - Dipartimento<br />

dei Vigili del Fuoco - ha emanato<br />

una nota che chiarisce alcuni punti<br />

non sempre chiari sulla classificazione<br />

e sull’impiego di un altro<br />

tipo di finitura: i controsoffitti.<br />

In particolare, la lettera-circolare,<br />

qui di seguito integralmente<br />

riportata, e che ha per oggetto<br />

«Controsoffitti per strutture resistenti<br />

al fuoco - Chiarimenti sull’impiego<br />

di controsoffitti certificati<br />

ai sensi della circolare MI.<br />

SA. 14 settembre 1961, n. 91»<br />

spiega che esiste un problema abbastanza<br />

diffuso di interpretazione<br />

circa i limiti di impiego dei<br />

controsoffitti certificati resistenti<br />

al fuoco secondo la circolare MI.<br />

SA. del 14 settembre 1961, n. 91,<br />

«Norme di sicurezza per la protezione<br />

contro il fuoco dei fabbricati<br />

a strutture in acciaio destinati<br />

ad uso civile» (la circolare che<br />

tuttora stabilisce uno dei metodi<br />

utilizzabili per classificare ai fini<br />

della resistenza al fuoco le strutture<br />

e che consente, inoltre, di valutare<br />

- nei soli edifici civili - il<br />

rapporto che esiste tra carico di<br />

incendio e livello di protezione<br />

antincendio necessario alle strutture<br />

portanti per evitare una crisi<br />

prematura durante un incendio).<br />

Nel caso trattato dalla recente lettera-circolare,<br />

invece, il problema<br />

riguarda il fatto che non sono ancora<br />

regolate da norme comunitarie<br />

di prodotto le modalità di attribuzione<br />

dei risultati delle prove di<br />

resistenza al fuoco condotte su<br />

controsoffitti quando tali prove siano<br />

riferite a strutture protette in<br />

opera. Per questo motivo, il Ministero<br />

ha dovuto chiarire alcuni limiti<br />

di utilizzazione di tali prodotti,<br />

che ai fini del comportamento<br />

termico e della protezione delle<br />

strutture si dividono in due categorie:<br />

a) controsoffitti con funzione propria<br />

di compartimentazione (anche<br />

detti controsoffitti a membrana);<br />

b) controsoffitti senza funzione<br />

propria di compartimentazione ma<br />

che contribuiscono alla resistenza al<br />

fuoco della struttura da essi protetta.<br />

La distinzione fra le due categorie<br />

di controsoffitto nasce con<br />

l’esigenza di differenti modalità di<br />

prova: i primi sono sottoposti alle<br />

prove usualmente previste per i<br />

solai e le solette non portanti,<br />

con le quali vengono determinati<br />

sperimentalmente i requisiti I ed<br />

E. A questi requisiti si aggiunge il<br />

requisito R, come previsto dal<br />

44 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


D.M. 30 novembre 1983, «Termini<br />

e definizioni generali e simboli<br />

grafici di prevenzione incendi», in<br />

quanto questa classe di prodotti<br />

costituisce una separazione orizzontale<br />

antincendio che non varia<br />

con l’eventuale struttura posta al<br />

di sopra di essi.<br />

I controsoffitti di cui alla lettera<br />

b) (quelli che contribuiscono<br />

alla compartimentazione) sono<br />

invece sottoposti a prova, a scelta<br />

del produttore, con le modalità<br />

previste dalla circolare n. 91/<br />

1961 per le strutture protette senza<br />

applicazione oppure con applicazione<br />

di carico. Proprio questa<br />

doppia possibilità di classificazione<br />

si è rivelata fonte di ambiguità<br />

nella lettura delle certificazioni e<br />

nella conseguente ammissione all’uso<br />

dei controsoffitti, e per questo<br />

motivo il Ministero ha evidenziato<br />

che:<br />

1) la valutazione del requisito<br />

R che scaturisce dalle prove sui<br />

controsoffitti condotte nel rispetto<br />

della circolare n. 91/1961 (in questo<br />

caso, del comma 3.2.2, e cioè<br />

limitando il riscaldamento delle<br />

strutture protette a 350 ˚C), è direttamente<br />

applicabile a qualsiasi tipologia<br />

o struttura protetta da un<br />

controsoffitto identico a protezione<br />

di una struttura dalle caratteristiche<br />

geometriche di quella cui è<br />

applicato nonché dalle condizioni<br />

di carico, di vincolo e di resistenza<br />

meccanica del materiale impiegato<br />

sia esso acciaio, calcestruzzo,<br />

legno. In questo caso si deve verificare,<br />

peraltro, che il controsoffitto<br />

sia posto ad una distanza dalla<br />

struttura non inferiore a quella di<br />

prova;<br />

2) la valutazione del requisito<br />

REI che scaturisce dalle prove<br />

condotte su controsoffitti nel rispetto<br />

della circolare n. 91/1961<br />

(in questo caso del comma 3.2.1<br />

cioè portando alla perdita di capacità<br />

portante la struttura cui esso è<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

applicato), è direttamente applicabile<br />

soltanto a tipologie strutturali<br />

identiche, e quindi caratterizzate<br />

da geometrie, condizioni di carico,<br />

di vincolo e di resistenza meccanica<br />

conservative rispetto alle<br />

rispettive caratteristiche della<br />

struttura in prova. In questo caso<br />

la distanza fra controsoffitto e<br />

struttura non deve essere inferiore<br />

a quella di prova. A differenza del<br />

caso precedente, in questo caso<br />

non valgono i contenuti della lettera-circolare<br />

17 dicembre 1987, n.<br />

23752/4122;<br />

3) per i controsoffitti di cui al<br />

punto 2) è possibile determinare<br />

anche il tempo di raggiungimento<br />

della temperatura di 350 ˚C misurata<br />

sulla fibra termicamente più<br />

sollecitata dell’elemento di acciaio<br />

protetto dal controsoffitto in<br />

prova.<br />

In modo estremamente chiaro,<br />

inoltre, la nota chiarisce che per<br />

le strutture protette dai controsoffitti<br />

è possibile applicare i metodi<br />

analitici previsti dal decreto del<br />

Ministero dell’Interno 4 maggio<br />

1998, «Disposizioni relative alle<br />

modalità di presentazione ed al<br />

contenuto delle domande per l’avvio<br />

dei procedimenti di prevenzione<br />

incendi, nonché all’uniformità<br />

dei connessi servizi resi dai Comandi<br />

provinciali dei vigili del<br />

fuoco», Allegato II, «Documentazione<br />

tecnica allegata alla domanda<br />

di sopralluogo» (si fa specifico<br />

riferimento in questo caso alle<br />

norme UNI 9502, UNI 9503 e agli<br />

eurocodici EN 1992-1;2 e EN<br />

1993- 1;2), utilizzando - come curva<br />

di variazione nel tempo delle<br />

temperate e dei gas di combustione<br />

- in luogo della curva nominale<br />

standard (ISO 834), la temperatura<br />

media misurata sull’ala inferiore<br />

dell’elemento di acciaio protetto<br />

dal controsoffitto in prova ma<br />

incrementata del 15%.<br />

La lettera-circolare chiarisce, in-<br />

ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

fine, che per le varie tipologie di<br />

controsoffitti si dovrà in ogni caso<br />

accertare che le condizioni di posa<br />

rispecchino fedelmente quanto previsto<br />

in prova, sia per quanto attiene<br />

alle modalità di installazione<br />

sia per quanto riguarda i dettagli<br />

costruttivi. Questa responsabilità<br />

è, ovviamente, una specifica attribuzione<br />

del professionista che predispone<br />

la documentazione da allegare<br />

alla domanda di sopralluogo<br />

per il rilascio del certificato di prevenzione<br />

incendi. Come anche richiamato,<br />

seppure indirettamente,<br />

nel decreto che dettaglia la documentazione<br />

da allegare alle domande<br />

di esame del progetto e di certificato<br />

di prevenzione incendi (il<br />

D.M. 4 maggio 1998 citato), tale<br />

documentazione è essenziale per<br />

disporre di un quadro oggettivo<br />

dell’opera. La lettera-circolare, a<br />

questo riguardo, richiama significativamente<br />

ed in dettaglio che<br />

una particolare attenzione deve essere<br />

posta alla carpenteria metallica<br />

leggera di sostegno, al tipo ed<br />

al passo della pendinatura, al fissaggio<br />

delle cornici perimetrali, alla<br />

presenza di dispositivi di bloccaggio<br />

dei pannelli alla carpenteria<br />

metallica di sostegno (clip), al<br />

trattamento dei giunti, alla presenza<br />

di finiture superficiali, all’alternanza<br />

degli strati costituenti il pannello<br />

isolante ed alla presenza di<br />

eventuali intercapedini all’interno<br />

del pannello. Tutti questi particolari<br />

costruttivi, infatti, se non controllati<br />

in fase di posa in opera e<br />

di verifica finale possono rivelarsi<br />

fatali sia per il pericolo di crollo<br />

sulle persone che si trovano negli<br />

ambienti sottostanti i controsoffitti,<br />

sia per il rischio di un decadimento<br />

molto più rapido della resistenza<br />

delle strutture a causa della<br />

protezione imperfetta contro i prodotti<br />

della combustione offerta da<br />

una controsoffittatura priva della<br />

continuità necessaria. l<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 45


ANTINCENDIO<br />

Documento<br />

Lettera-Circolare del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico<br />

e della Difesa Civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica<br />

- Area protezione passiva, 16 gennaio 2004,<br />

Prot. n. DCPST/A5/283/FR<br />

Oggetto: Controsoffitti per strutture resistenti al<br />

fuoco - Chiarimenti sull’impiego di controsoffitti<br />

certificati ai sensi della circolare MI.SA. del 14<br />

settembre 1961, n. 91.<br />

Pervengono a questo Ministero richieste di chiarimenti<br />

circa l’impiego di controsoffitti certificati resistenti al fuoco<br />

secondo la MI.SA. del 14 settembre 1961 n. 91 da<br />

laboratori autorizzati dal Ministero dell’Interno e applicati<br />

su strutture lignee in conformità alla lettera circolare n.<br />

23752/4122 del 7 dicembre 1987.<br />

La problematica in questione è di carattere generale<br />

e riguarda le modalità di attribuzione dei risultati di<br />

prove di resistenza al fuoco, condotte su controsoffitti,<br />

a strutture protette in opera da detti controsoffitti.<br />

In attesa di norme comunitarie che regolamentino il<br />

prodotto, acquisito il parere del Comitato Tecnico Scientifico<br />

di Prevenzione Incendi, si ritiene necessario chiarire<br />

quanto segue.<br />

I controsoffitti utilizzati come protezione antincendio<br />

delle strutture si dividono in due categorie:<br />

a) controsoffitti con funzione propria di compartimentazione<br />

(anche detti soffitti a membrana);<br />

b) controsoffitti senza funzione propria di compartimentazione<br />

ma che contribuiscono alla resistenza al<br />

fuoco della struttura da essi protetta.<br />

I controsoffitti di cui al comma a) sono sottoposti a<br />

prova con le modalità previste per i solai e le solettenon<br />

portanti, con le quali vengono determinati sperimentalmente<br />

i requisiti I ed E cui si aggiunge il requisito R come<br />

previsto dal D.M. 30 novembre 1983. Costituiscono, loro<br />

stessi, una separazione orizzontale antincendio, prescindendo<br />

dalla eventuale struttura posta al di sopra di essi.<br />

I controsoffitti di cui al comma b) sono sottoposti a<br />

prova, a scelta del produttore, con le modalità previste<br />

per le strutture protette senza applicazione di carico<br />

(comma 3.2.2 della circ. 91/61) ovvero con le modalità<br />

previste per le strutture protette con applicazione di<br />

carico (comma 3.2.1 di detta circolare).<br />

Tale possibilità di scelta è fonte di dubbi sul più<br />

corretto impiego dei risultati riportati nei relativi rapporti<br />

di prova. A tale fine, per i controsoffitti di cui al<br />

comma b), si fa presente che:<br />

1) Il risultato R di prove su controsoffitti condotte<br />

nel rispetto del comma 3.2.2 della circ. 91/61, cioè<br />

limitando il riscaldamento delle strutture protette a 350<br />

˚C, è direttamente applicabile a qualsiasi tipologia strutturale<br />

protetta da identico controsoffitto, prescindendo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

dalle caratteristiche geometriche della struttura cui è<br />

applicato nonché dalle condizioni di carico, di vincolo e<br />

di resistenza meccanica del materiale impiegato sia esso<br />

acciaio, calcestruzzo, legno e purché il controsoffitto<br />

sia posto ad una distanza dalla struttura non inferiore a<br />

quella di prova. Per essi valgono i contenuti della lettera<br />

circolare n. 23752/4122 del 7 dicembre 1987.<br />

2) Il risultato REI di prove condotte su controsoffitti<br />

nel rispetto del comma 3.2.1 della circ. 91/61, cioè<br />

portando alla perdita di capacità portante la struttura cui<br />

esso è applicato, è direttamente applicabile, soltanto a<br />

identiche tipologie strutturali caratterizzate da geometrie,<br />

condizioni di carico, di vincolo e di resistenza<br />

meccanica che risultino conservative rispetto alle rispettive<br />

caratteristiche della strutture in prova nonché con<br />

distanza fra controsoffitto e struttura non inferiore a<br />

quella di prova. Per essi non valgono i contenuti della<br />

lettera circolare n. 23752/4122 del 7 dicembre 1987.<br />

3) È possibile determinare anche per i controsoffitti<br />

di cui al punto 2) il tempo di raggiungimento della<br />

temperatura di 350 ˚C misurata sulla fibra termicamente<br />

più sollecitata dall’elemento di acciaio protetto dal<br />

controsoffitto in prova. Classificando il controsoffitto<br />

in base a questo tempo esso rientra nella casistica prevista<br />

al punto 1) e per esso valgono i contenuti della<br />

lettera circolare n. 23752/4122 del 7 dicembre 1987.<br />

4) Per le strutture protette dai controsoffitti è possibile<br />

applicare i metodi analitici previsti dal DM 4 maggio<br />

1998 All. II (in riferimento alle norme UNI 9502, UNI<br />

9503 e agli eurocodici EN 1992-1.2 e EN 1993-1.2),<br />

utilizzando come andamento delle temperature dei gas<br />

di combustione, in luogo della curva nominale standard<br />

(ISO 834), la temperatura media misurata sull’ala inferiore<br />

dell’elemento di acciaio protetto dal controsoffitto<br />

in prova incrementata del 15%.<br />

Per le varie tipologie di controsoffitti illustrate ai<br />

commi a) e b) si dovrà in ogni caso accertare che le<br />

condizioni di posa rispecchino fedelmente quanto previsto<br />

in prova, sia per quanto attiene alle modalità di<br />

installazione sia per quanto riguarda i dettagli costruttivi<br />

dei controsoffitti.<br />

Particolare attenzione andrà posta sulla carpenteria<br />

metallica leggera di sostegno, sul tipo e sul passo della<br />

pendinatura, sul fissaggio delle cornici perimetrali, sulla<br />

presenza di dispositivi di bloccaggio dei pannelli alla<br />

carpenteria metallica di sostegno (clip), sul trattamento<br />

dei giunti, sulla presenza di finiture superficiali, sulla<br />

alternanza degli strati costituenti il pannello isolante e<br />

sulla presenza di eventuali intercapedini all’interno del<br />

pannello. l<br />

46 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


di Vittorio Mazzocchi, Dirigente di Ricerca e Direttore del Dipartimento Omologazione<br />

e Certificazione - ISPESL<br />

Finalmente, ma abbondantemente<br />

fuori tempo massimo -<br />

l’art. 19 del D.Lgs. n. 93/2000<br />

(si veda il riquadro 1) stabiliva,<br />

infatti, un termine di un anno<br />

dalla pubblicazione del decreto<br />

stesso - si è avviato l’iter conclusivo<br />

del decreto riportante<br />

le disposizioni per la messa in<br />

servizio e l’utilizzazione delle<br />

attrezzature e degli insiemi a<br />

pressione, così come previsto<br />

dal già citato articolo 19 del<br />

D.Lgs. n. 93/2000, «Attuazione<br />

della direttiva 97/23/CE in materia<br />

di attrezzature a pressione».<br />

Ricordiamo che <strong>Ambiente</strong>&<br />

<strong>Sicurezza</strong> ha pubblicato due<br />

speciali interamente dedicati<br />

alla applicazione della direttiva<br />

PED e TPED, nei numeri n.<br />

12/2002 e n. 8/2003.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

In fase di pubblicazione il decreto previsto dall’articolo 19 del D.Lgs. 93/2000 di attuazione della direttiva PED<br />

La Commissione Ue approva le disposizioni per la messa in servizio<br />

e l’utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione<br />

Osservatorio ISPESL<br />

a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico<br />

Dipartimento Relazioni Esterne<br />

In data 22 dicembre 2003 il Ministero<br />

delle Attività Produttive,<br />

acquisito il parere favorevole<br />

degli uffici legislativi del Ministero<br />

del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />

e del Ministero della Salute,<br />

ha inviato alla Commissione europea<br />

di Bruxelles per la prevista<br />

procedura d’informazione la bozza<br />

riportante la proposta di norme<br />

per la messa in servizio e l’utilizzazione<br />

delle attrezzature a pressione<br />

e degli insiemi di cui al<br />

D.Lgs. n. 25 febbraio 2000, n. 93.<br />

La stessa bozza è, al momento, in<br />

fase di inolto al Consiglio di Stato,<br />

Sezione Consultiva, per gli atti<br />

normativi per il previsto parere.<br />

Pur essendo possibile qualche<br />

rilievo da parte dei due menzionati<br />

Organismi, tali osservazioni potranno<br />

essere soltanto di carattere<br />

formale senza però intaccare la sostanza<br />

del provvedimento.<br />

Siamo perciò nelle condizioni<br />

di esprimere delle prime valutazioni<br />

sul testo ormai presumibilmente<br />

definitivo del prossimo decreto,<br />

valutazioni che nel presente articolo,<br />

limitiamo al ruolo che continuerà<br />

a svolgere l’ISPESL nella veste<br />

di Organismo incaricato per le verifiche<br />

di primo impianto ai sensi<br />

del decreto legge 30 giugno 1982,<br />

n. 390, convertito con modificazioni<br />

nella legge 12 agosto 1982 n.<br />

597, «Disciplina delle funzioni<br />

prevenzionali ed Omologative del-<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

le Unità Sanitarie Locali e dell’Istituto<br />

Superiore per la Prevenzione<br />

e <strong>Sicurezza</strong> sul Lavoro».<br />

Per un dovuto rispetto verso<br />

l’autorità competente per l’emanazione<br />

definitiva del decreto ed una<br />

ovvia prudenza legata alla lettura<br />

di un testo in ogni caso non ancora<br />

formalmente definitivo, tutte le<br />

valutazioni di seguito riportate, sono<br />

state espresse in termini condizionali.<br />

Lo stesso valore è anche<br />

da attribuirsi ai testi degli articoli<br />

del provvedimento citati in riferimento.<br />

L’esame dei primi sei articoli<br />

della bozza (riportati nel riquadro<br />

2, con eccezione dell’articolo 2 riguardante<br />

le esclusioni, non funzionale<br />

al testo del presente articolo,<br />

che potrà essere esaminato in<br />

altra occasione) è fondamentale<br />

per comprendere quale sia il coinvolgimento<br />

dell’ISPESL e su quali<br />

direttrici esso potrà esprimersi.<br />

Preliminarmente possiamo osservare<br />

che pur nominando genericamente<br />

«soggetti incaricati delle<br />

verifiche» gli Organismi incaricati<br />

delle verifiche oggetto del provvedimento,<br />

lo stesso provvedimento<br />

non individua quali saranno gli altri<br />

Organismi d’ispezione che affiancheranno<br />

l’ISPESL e le ASL,<br />

che come sopra ricordato, sono al<br />

momento i soli titolari di questa<br />

attività di controllo.<br />

Probabilmente, se il Ministero<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 47


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

delle Attività Produttive, vorrà<br />

estendere questa competenza anche<br />

ad altri soggetti privati, non<br />

essendo tale questione oggetto del<br />

decreto di recepimento della direttiva<br />

97/23/CE, si dovrà mettere<br />

mano ad un successivo provvedimento<br />

legislativo che, modificando<br />

la legislazione attualmente vigente,<br />

riconosca anche altri soggetti<br />

idonei a svolgere tale attività.<br />

All’articolo 3, «Specifiche tecniche<br />

relative all’esercizio delle<br />

attrezzature e degli insiemi» viene<br />

confermato per l’ISPESL, pur se<br />

affiancato dall’UNI, il compito di<br />

elaborare le Specifiche tecniche legate<br />

alle modalità di esecuzione<br />

delle verifiche e dei controlli. Resta<br />

anche in questo nuovo provvedimento<br />

la scarsa funzionalità per<br />

le modalità di pubblicazione delle<br />

stesse specifiche, in quanto, per<br />

esse, rimane previsto come nella<br />

già citata legge n. 597/1982, un<br />

decreto del Ministero delle Attività<br />

Produttive con il concerto del<br />

Ministero del Lavoro e delle Politiche<br />

Sociali<br />

Uno dei cardini del provvedimento,<br />

che probabilmente darà<br />

luogo a molte discussioni, è la definizione<br />

della verifica di primo<br />

impianto nonché delle relative modalità,<br />

che nell’accezione del provvedimento,<br />

viene denominata verifica<br />

di «primo impianto ovvero di<br />

messa in servizio» ed è finalizzata<br />

al controllo del funzionamento in<br />

sicurezza delle attrezzature e degli<br />

insiemi (articolo 1, comma 2, lettera<br />

a).<br />

Tale definizione non solo conferma<br />

quanto previsto dall’articolo<br />

4 del decreto ministeriale 21<br />

maggio 1974 (Raccolta E) almeno<br />

per i recipienti a pressione - «i<br />

recipienti (...) devono essere sottoposti<br />

in sede di I o nuovo impianto<br />

ad un ispezione generale intesa ad<br />

accertare che i recipienti stessi siano<br />

stati assoggettati alle regolamentari<br />

verifiche di costruzione e<br />

non abbiano subito danni durante<br />

il trasporto ed il montaggio, non-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

ché ad una verifica di esercizio<br />

intesa ad accertare la rispondenza<br />

degli accessori di sicurezza e<br />

controllo alle norme vigenti.», ma<br />

amplia anche lo scopo della predetta<br />

verifica. L’articolo 4, comma<br />

2, prevede che «la verifica, effettuata<br />

su richiesta dell’azienda utilizzatrice,<br />

riguarda l’accertamento<br />

della rispondenza delle attrezzature<br />

a pressione alle rispettive certificazioni<br />

e della loro corretta installazione<br />

sull’impianto».<br />

Alla luce delle finalità riportate<br />

nell’art. 1, comma 2, lettera a),<br />

sopra citato, assegnate alla predetta<br />

verifica. L’articolo 4, comma<br />

2, lascerebbe intendere che l’accertamento<br />

della correttezza dell’installazione<br />

deve essere effettuata<br />

verificando il funzionamento in sicurezza<br />

dell’attrezzatura stessa, testando<br />

cioè l’attrezzatura ed i relativi<br />

dispositivi di controllo e di<br />

sicurezza nelle reali condizioni di<br />

funzionamento.<br />

Del resto questo concetto è ben<br />

chiarito dall’articolo 4, comma 4,<br />

che prevede che ai soli effetti della<br />

verifica di primo impianto è<br />

consentita la temporanea messa in<br />

funzione dell’attrezzatura. Vale a<br />

dire che il controllo deve essere<br />

effettuato sull’attrezzatura in funzione.<br />

Peraltro, anche nel definire i limiti<br />

dell’obbligatorietà della verifica<br />

di primo impianto, viene messo<br />

in risalto che la stessa si verifica<br />

quando le attrezzature a pressione<br />

sono «assemblate dall’utilizzatore<br />

sull’impianto».<br />

Vale a dire che quando l’attrezzatura<br />

o l’insieme diventa parte<br />

integrante di un impianto (insieme)<br />

che la/lo comprenda, deve essere<br />

verificata non solo la funzionalità<br />

dei dispositivi di sicurezza e<br />

di controllo propri ma la loro coerenza<br />

con l’insieme così prodottosi.<br />

Pertanto, anche per le esclusioni<br />

dalla verifica di primo impianto previste<br />

dall’articolo 5, comma 3, la condizione<br />

necessaria dovrebbe essere:<br />

1. che l’insieme sia completamente<br />

autonomo;<br />

2. che il richiesto controllo dell’efficienza<br />

degli accessori di sicurezza<br />

e dei dispositivi di controllo<br />

da parte dell’Organismo Notificato<br />

o dell’Ispettorato degli Utilizzatori<br />

che hanno svolto la relativa<br />

attività di certificazione, sia stata<br />

effettuato nelle condizioni di reale<br />

funzionamento.<br />

Per quanto riguarda poi l’iter<br />

che il provvedimento traccia per<br />

la messa in funzione delle attrezzature<br />

e gli insiemi a pressione, essi<br />

vengono divisi in due classi:<br />

1. attrezzature ed insiemi soggetti<br />

a verifica obbligatoria di primo<br />

impianto;<br />

2. attrezzature ed insiemi non<br />

soggetti a verifica obbligatoria di<br />

primo impianto.<br />

Per la prima classe l’utilizzatore,<br />

prima della messa in servizio,<br />

dovrà richiedere al «soggetto verificatore»<br />

la verifica di messa in<br />

servizio.<br />

Il soggetto verificatore, una volta<br />

terminati i controlli e le verifiche<br />

necessarie, rilascerà all’utilizzatore<br />

un verbale della verifica<br />

completo del relativo esito.<br />

L’utilizzatore a questo punto è<br />

autorizzato a mettere in funzione<br />

l’attrezzatura o l’insieme previa<br />

comunicazione all’ISPESL ed all’ASL<br />

competente, comunicazione<br />

che oltre a tutti dati dell’attrezzatura<br />

e dell’impianto nel quale la<br />

stessa verrà installata, conterrà il<br />

verbale riportante l’esito (positivo)<br />

del controllo di messa in servizio.<br />

Per la seconda classe, invece,<br />

l’utente dovrà solamente comunicare<br />

all’ISPESL e alla ASL competente<br />

la messa in funzione dell’attrezzatura<br />

o dell’insieme.<br />

In questo caso, oltre alla documentazione<br />

richiesta per le attrezzature<br />

e gli insiemi della prima categoria<br />

(con l’ovvia esclusione del<br />

verbale della verifica di messa in<br />

servizio), l’utente dovrà attestare<br />

con relativa dichiarazione che «le<br />

48 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


predette attrezzature o insiemi siano<br />

stati debitamente installati, mantenuti<br />

in efficienza e utilizzati conformemente<br />

alla loro destinazione,<br />

non pregiudichino la salute e la<br />

sicurezza delle persone o degli animali<br />

domestici o la sicurezza dei<br />

beni».<br />

È ovvio presumere che ciascuna<br />

delle due amministrazioni destinatarie<br />

delle dichiarazioni di messa<br />

in servizio (ISPESL ed ASL), tratterà<br />

questa documentazione in base<br />

ai fini istituzionali ad essa assegnati.<br />

In particolare, all’ISPESL, oltre<br />

ad un ovvio controllo sulla completezza<br />

della documentazione inviata<br />

in ordine a quanto richiesto dal decreto,<br />

competerà un controllo circa<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

la legittimità della categoria prescelta<br />

dall’utilizzatore per la propria<br />

attrezzatura o insieme.<br />

È a questo proposito, ancora<br />

una volta, è da rimarcare l’accento<br />

messo nel testo del decreto alla<br />

condizione di inserimento, da parte<br />

dell’utilizzatore, dell’attrezzatura<br />

o insieme in un impianto.<br />

Tale contesto, infatti, indicherebbe<br />

che le esclusioni dal controllo<br />

della messa in servizio debbano<br />

riguardare esclusivamente quelle<br />

attrezzature o insiemi la cui messa<br />

in servizio possa avvenire autonomamente<br />

senza nessun legame né<br />

funzionale, né di sicurezza con altre<br />

attrezzature a pressione.<br />

Per quanto fin qui esposto in<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

base a un esame necessariamente<br />

sommario del testo e con le precisazioni<br />

riportate in premessa, si<br />

può affermare come il ruolo dell’ISPESL<br />

conservi, anche in questa<br />

nuova definizione delle norme<br />

per l’esercizio, un carattere fondamentale,<br />

sia per la prevista e confermata<br />

funzione nell’elaborazione<br />

delle specifiche tecniche, sia<br />

nell’attività di controllo di primo<br />

impianto, sia infine nella ridisegnata<br />

funzione di responsabile del<br />

data base di tutto il parco degli<br />

apparecchi a pressione messi in<br />

funzione nel paese con possibilità<br />

di indirizzo e coordinamento preziosi<br />

per la prevenzione degli incidenti<br />

e la sicurezza dell’esercizio<br />

degli apparecchi a pressione. l<br />

Riquadro 1<br />

Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93<br />

Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione<br />

Art. 19<br />

Disposizioni per la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature<br />

a pressione e degli insiemi<br />

1. Con uno o più decreti del Ministro dell’Industria, del Commercio dell’Artigianato da emanare, di<br />

concerto con il Ministro del Lavoro a della Previdenza sociale sentito il Ministro della Sanità, entro un<br />

anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adottate prescrizioni volta ad assicurare<br />

la permanenza dei requisiti di <strong>Sicurezza</strong> in occasione dell’utilizzazione delle attrezzature a pressione e<br />

degli insiemi, compresi quelli in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, e di<br />

adeguare a tale scopo le vigenti prescrizioni tecniche In materia di utilizzazione In particolare sono<br />

individuate le attrezzature a pressione e gli insiemi per i quali è obbligatoria la verifica di prima o<br />

nuovo impianto e sono adottate prescrizioni in ordine all’installazione, alla messa in servizio, alla<br />

manutenzione, alla riparazione, nonché alla sottoposizione della attrezzature e degli insiemi a una o<br />

più delle procedure di seguito elencate:<br />

a) dichiarazione di messa in servizio;<br />

b) controllo di messa in servizio;<br />

c) riqualificazione periodica;<br />

d) controllo dopo riparazione.<br />

2. Con i decreti di cui al comma 1, d’intesa con il Ministero della difesa sono individuate peculiari<br />

procedure di controllo per le attrezzature a gli insiemi in uso alle amministrazioni preposte alla tutela<br />

della sicurezza ad alla difesa della Stato.<br />

3. Nelle more dell’adozione dei decreti di cui al comma 1, l’utilizzatore deve comunicare la messa in<br />

servizio delle attrezzature a pressione a degli insiemi all’ISPESL a all’azienda unità sanitaria locale<br />

competenti per territorio.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 49


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

50 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

Decreto sulla messa in servizio e l’utilizzazione<br />

delle attrezzature a pressione e degli insiemi<br />

(di attuazione dell’art. 19, D.Lgs. n. 93/2000)<br />

Riquadro 2<br />

Art. 1<br />

Campo di applicazione<br />

1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle attrezzature a pressione e agli “insiemi”<br />

come definiti nel decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93 e, in particolare, ai seguenti oggetti:<br />

a) le attrezzature di cui all’art. 3 lett. a), b) e c);<br />

b) i generatori di vapor d’acqua o di acqua surriscaldata, i recipienti in pressione di vapore d’acqua<br />

ovvero di gas compressi liquefatti o disciolti o vapori diversi dal vapor d’acqua e gli impianti funzionanti<br />

con liquidi caldi sotto pressione preesistenti alla data del 29 maggio 2002 e omologati dall’Istituto<br />

Superiore per la Prevenzione e <strong>Sicurezza</strong> sul Lavoro (ISPESL) secondo la legislazione vigente prima della<br />

data di entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 93/2000;<br />

c) gli apparecchi semplici a pressione disciplinati dal decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311,<br />

recante attuazione delle direttive 87/404/CEE e n. 90/488/CEE;<br />

d) i recipienti per liquidi e le tubazioni per liquidi, vapori e gas preesistenti e già posti in esercizio alla<br />

data del 29 maggio 2002, non sottoposti ad alcuna omologazione nazionale e non rientranti nelle<br />

condizioni di esclusione del presente regolamento, da classificare secondo i fluidi e le categorie previste<br />

dal D.lgvo 25 febbraio 2000, n. 23;<br />

2. Le disposizioni di cui al presente regolamento riguardano le seguenti verifiche:<br />

a) verifiche di “primo impianto”, ovvero di “messa in servizio”, riferite anche alle attrezzature a<br />

pressione o agli insiemi quando inseriti in impianti, finalizzate al controllo del funzionamento in<br />

sicurezza delle attrezzature e degli insiemi;<br />

b) verifiche di riqualificazione periodica;<br />

c) verifiche di riparazione o modifica.<br />

(omissis)<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

Art. 3<br />

Specifiche tecniche relative all’esercizio delle attrezzature e degli insiemi<br />

1. Su richiesta del Ministero delle Attività produttive le eventuali specifiche tecniche concernenti<br />

l’esercizio delle attrezzature e degli insiemi di cui all’articolo 1 sono elaborate in collaborazione con<br />

l’ISPESL e con l’UNI, tenendo conto delle normative emanate dal Comitato Europeo di normazione,<br />

sentite le associazioni di categoria interessate, e successivamente approvate dal Ministero delle Attività<br />

produttive di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.<br />

Art. 4<br />

Verifica obbligatoria di primo impianto ovvero della messa in servizio<br />

1. Le attrezzature a pressione, qualora risultino assemblate dall’utilizzatore sull’impianto, sono soggette<br />

a verifica per la messa in servizio.<br />

2. La verifica, effettuata su richiesta dell’azienda utilizzatrice, riguarda l’accertamento della rispondenza<br />

delle attrezzature a pressione alle rispettive certificazioni e della loro corretta installazione nell’impianto.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 51


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

3. Al termine della verifica il soggetto verificatore consegna all’azienda un’attestazione dei risultati<br />

degli accertamenti effettuati. In caso di esito negativo della verifica, il documento indica espressamente<br />

il divieto di messa in servizio dell’attrezzatura a pressione esaminata.<br />

4. Ai soli fini della verifica di primo impianto è consentita la temporanea messa in funzione dell’attrezzatura.<br />

Art. 5<br />

Esclusioni dal controllo della messa in servizio<br />

1. Non sono soggetti alla verifica della messa in servizio le seguenti categorie di apparecchi e insiemi:<br />

a) gli estintori portatili e le bombole portatili per apparecchi respiratori;<br />

b) i recipienti semplici di cui al decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311 aventi pressione minore o<br />

uguale a 12 bar e prodotto pressione per volume minore di 8000 bar*1;<br />

c) gli insiemi per i quali da parte del competente organismo notificato o di un ispettorato degli<br />

utilizzatori risultano effettuate per quanto di propria competenza le verifiche di accessori di sicurezza o<br />

dei dispositivi di controllo. L’efficienza dei citati accessori o dispositivi deve risultare dalle documentazioni<br />

trasmesse all’atto della presentazione della dichiarazione di messa in servizio.<br />

Art. 6<br />

Condizioni per la messa in servizio e l’utilizzazione, dichiarazione di messa in servizio<br />

1. All’atto della messa in servizio l’utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi soggetti a controllo o a<br />

verifica invia all’ISPESL e all’Unità Sanitaria Locale o all’Azienda Sanitaria Locale competente una<br />

dichiarazione di messa in servizio, contenente:<br />

a) l’elenco delle singole attrezzature, con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacità e fluido<br />

di esercizio;<br />

b) una relazione tecnica, con lo schema dell’impianto, recante le condizioni d’installazione e di esercizio,<br />

le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate;<br />

c) una espressa dichiarazione, redatta ai sensi dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica del<br />

20 ottobre 1998 n. 403, attestante che l’installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato<br />

nel manuale d’uso;<br />

d) il verbale della verifica di cui all’art. 4 del presente regolamento, ove prescritta;<br />

e) un elenco dei componenti operanti in regime di scorrimento viscoso, o sottoposti a fatica oligociclica;<br />

2. Per le apparecchiature costruiti in serie, quali i serbatoi di stoccaggio di gas petrolio liquefatto (GPL),<br />

di capacità non superiore a 13 m 3 e dei loro insiemi, nonché i serbatoi di gas criogenici liquefatti di<br />

capacità non superiore a 35 m 3 e dei loro insiemi installati presso utilizzatori da Aziende che, conservandone<br />

la proprietà e la responsabilità tecnica provvedono al loro rifornimento, l’interessato può compilare<br />

un’unica dichiarazione di messa in servizio cumulativa per tutte le apparecchiature e per i loro<br />

insiemi installati in un semestre. In tal caso, la dichiarazione di messa in servizio è trasmessa dall’azienda<br />

all’ASL e all’ISPESL.<br />

3. Gli accessori di sicurezza, i dispositivi di controllo e le valvole di intercettazione, indicate all’articolo 9<br />

del presente regolamento non formano oggetto di autonoma dichiarazione di messa in servizio. Essi<br />

seguono le procedure delle attrezzature a pressione che sono destinate a proteggere.<br />

4. Per le attrezzature a pressione e insiemi esclusi dal controllo della messa in servizio, ai sensi<br />

dell’articolo 5 del presente regolamento, la dichiarazione di messa in servizio di cui al comma 1<br />

consente di esercire l’attrezzatura o l’insieme a condizione che l’utilizzatore attesti che le predette<br />

attrezzature o insiemi siano stati debitamente installati, mantenuti in efficienza e utilizzati conformemente<br />

alla loro destinazione, non pregiudichino la salute e la sicurezza delle persone o degli animali<br />

domestici o la sicurezza dei beni.<br />

52 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


di Vittorio Mazzocchi, Dirigente di Ricerca e Direttore del Dipartimento Omologazione e<br />

Certificazione ISPESL e Corrado Delle Site, Tecnologo del Dipartimento Omologazione e Certificazione - ISPESL<br />

Con la circolare ISPESL 5 dciembre<br />

2003, n. 48, è stata emanata<br />

dall’Istituto una nuova Procedura<br />

Tecnica (PT) contenente<br />

le disposizioni per le verifiche<br />

di calcolo ed i controlli su<br />

componenti di apparecchi a<br />

pressione operanti in regime<br />

di scorrimento viscoso finalizzate<br />

all’ulteriore esercizio oltre<br />

la vita teorica di progetto. Per<br />

quanto riguarda i controlli in<br />

campo la PT definisce le variabili<br />

fondamentali per la stesura<br />

del Piano Controlli, introduce<br />

l’indagine statistica anonima<br />

dei danneggiamenti riscontrati<br />

dalle Ditte esercenti nei<br />

controlli periodici e precisa le<br />

caratteristiche dell’esame metallografico.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

La circolare dell’Istituto n. 48/2003 sugli apparecchi a pressione sostituisce le precedenti<br />

Dall’ISPESL una nuova circolare sui componenti<br />

operanti in regime di scorrimento viscoso<br />

Osservatorio ISPESL<br />

a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico<br />

Dipartimento Relazioni Rsterne<br />

La nuova Procedura Tecnica innova<br />

il quadro normativo già<br />

esistente sostituendo oltre che<br />

la circolare ISPESL 27 febbraio<br />

1992, n. 15, anche le successive circolari<br />

esplicative sull’argomento:<br />

● circolare 11 febbraio 1993, n. 11;<br />

● circolare 15 febbraio 1993, 12;<br />

● circolare 14 febbraio 1994, n. 24;<br />

● circolare 19 dicembre 1994, n. 139;<br />

● circolare 19 febbraio 1997, n. 20;<br />

● circolare 29 settembre 1998, 100.<br />

In primo luogo, si è allargato il<br />

campo di applicazione della circolare<br />

n. 48/2003 gli apparecchi costruiti<br />

in accordo alla direttiva PED per<br />

far fronte alle nuove disposizioni legislative<br />

in materia di costruzione<br />

degli apparecchi a pressione.<br />

Si è introdotto inoltre il concetto di<br />

«analisi del rischio», alla stregua delle<br />

normative del nuovo approccio, al<br />

fine di individuare con maggior precisione<br />

i componenti rilevanti ai fini<br />

della sicurezza da considerare nella<br />

valutazione di vita consumata.<br />

Un altro interessante elemento di<br />

chiarificazione introdotto nella nuova<br />

PT riguarda la definizione della temperatura<br />

convenzionale di inizio scorrimento<br />

viscoso quale valore di soglia<br />

da impiegare in mancanza di indicazioni<br />

nei calcoli originali di progetto.<br />

La PT prevede anche la possibilità<br />

d’impiego, nei calcoli di vita consumata,<br />

dello spessore misurato in luogo<br />

di quello nominale a condizione di<br />

intensificare opportunamente il controllo<br />

degli spessori secondo mappature<br />

particolarmente “infittite”.<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Commento<br />

Sono permessi, in questa nuova<br />

versione della PT, metodi di calcolo<br />

alternativi a quello basato sul diagramma<br />

bi-logaritmico tempo-sollecitazione<br />

qualora essi consentano, a giudizio<br />

del PR, di ottenere un valore di vita<br />

consumata maggiormente rappresentativo<br />

del reale stato del componente.<br />

In tal caso occorre tuttavia garantire<br />

un sufficiente margine di sicurezza<br />

mediante un fattore moltiplicativo sulla<br />

sollecitazione di esercizio.<br />

La PT prevede di valutare l’importanza<br />

della fatica termica in componenti<br />

di impianti funzionanti in regimi<br />

flessibili variabili in funzione del<br />

carico. Se è vero, infatti, che fino ad<br />

ora si sono presentati ben pochi casi<br />

di apparecchi con danneggiamento da<br />

fatica, è vero anche che gli impianti<br />

di produzione di energia elettrica di<br />

un mercato sottoposto a “deregulation”<br />

lavorano secondo regimi flessibili<br />

di two-shift o load-follow in cui la<br />

fatica diventa spesso rilevante e non<br />

trascurabile.<br />

Per quanto riguarda i controlli in<br />

campo la PT definisce le variabili fondamentali<br />

per la stesura del Piano<br />

Controlli (frazione di vita consumata,<br />

criticità delle saldature e pericolosità<br />

dell’apparecchio secondo la PED), introduce<br />

l’indagine statistica anonima<br />

dei danneggiamenti riscontrati dalle<br />

Ditte esercenti nei controlli periodici<br />

e precisa le caratteristiche dell’esame<br />

metallografico (numero di repliche<br />

funzione della pericolosità e dimensione<br />

dell’apparecchio, evoluzione di microcavità,<br />

evoluzione microstrutturale<br />

ed esame delle “seconde fasi”).<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 53


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Commento<br />

È stata introdotta la possibilità di<br />

eseguire prove su microcampioni<br />

(prove di small punch) per determinare<br />

le caratteristiche di tenacità del materiale<br />

in presenza di cricche affioranti<br />

in una moderna ottica di Fitness For<br />

Service (FFS) secondo la quale è possibile<br />

prorogare l’intervento di riparazione<br />

del difetto previa dimostrazione,<br />

mediante l’ausilio di diagrammi<br />

sperimentali FAD (Fracture Analysis<br />

Diagram), della stabilità del componente<br />

nelle condizioni d’esercizio.<br />

La nuova PT richiede al PR di eseguire<br />

una verifica di congruenza tra<br />

calcoli e controlli e di indicare, nella<br />

relazione conclusiva, sia le prescrizio-<br />

La circolare ISPESL n. 15/92 del 27 febbraio 1992<br />

stabiliva le verifiche da effettuare su generatori di vapore e<br />

recipienti a pressione di vapore o di gas funzionanti in<br />

regime di scorrimento viscoso. Dopo oltre dieci anni di<br />

applicazione della circolare medesima e dopo l’emissione<br />

di ulteriori circolari esplicative sull’argomento (Circ.<br />

11/93 del 11.2.1993, Circ. 12/93 del 15.2.1993, Circ.<br />

24/94 del 14.2.1994, Circ. 139/94 del 19/12/1994, Circ.<br />

100/98 del 29.9.1998) si è ritenuto opportuno, a scopo di<br />

chiarezza, procedere a conglobare i contributi delle sopra<br />

elencate circolari in un testo unico, di chiara formulazione<br />

e facile consultazione.<br />

Pur lasciando sostanzialmente immutato il senso generale<br />

della citata circolare n. 15/92, la nuova procedura tecnica,<br />

sinteticamente denominata PT, adegua le disposizioni<br />

allo stato dell’arte e all’evoluzione normativa sull’argomento.<br />

Essa stabilisce i criteri generali da seguire per le<br />

verifiche su componenti progettati in regime di scorrimento<br />

viscoso con valori di resistenza associati a durata al fine<br />

di autorizzarne l’ulteriore esercizio alla scadenza della vita<br />

teorica di progetto.<br />

La disposizione è strutturata in maniera modulare per<br />

essere più flessibile alle continue evoluzioni sull’argomento.<br />

Accanto alla procedura tecnica (PT - allegato 1) avente<br />

carattere di cogenza, è stata redatta una linea guida LG<br />

(inviata separatamente ai Dipartimenti periferici dell’Istituto)<br />

che fornisce gli strumenti operativi raccomandati per<br />

effettuare la valutazione della vita residua.<br />

La procedura tecnica comprende, con le limitazioni ivi<br />

ni particolari a cui l’esercizio è subordinato<br />

che le azioni correttive da intraprendere.<br />

Nel capitolo 4 la PT definisce le<br />

scadenze temporali per l’esecuzione<br />

dei controlli: gli intervalli di ricontrollo,<br />

da definire con metodologia RBI<br />

(Risk-Based Inspection), non devono<br />

superare il minimo tra 60% della Vita<br />

Residua e 50.000 ore anziché il minimo<br />

tra 20% della vita teorica totale e<br />

50.000 ore (circolare n. 15/1992).<br />

La PT elenca inoltre tutta la documentazione<br />

obbligatoria da allegare<br />

alla pratica di valutazione di vita residua<br />

e classifica gli apparecchi in funzione<br />

delle ore di esercizio in regime<br />

di creep. A seconda della categoria<br />

dell’apparecchio derivante da tale<br />

classificazione sono previsti diversi<br />

adempimenti regolamentari allo scadere<br />

della vita di progetto e diversi<br />

intervalli di ricontrollo.<br />

La Procedura Tecnica è stata redatta<br />

dal Dipartimento Omologazione e<br />

Certificazione dell’ISPESL sulla base<br />

dell’esperienza acquisita in oltre dieci<br />

anni di applicazione della circolare n.<br />

15/1992 con il contributo dei maggiori<br />

esperti italiani nel campo dello scorrimento<br />

viscoso e della life-extension<br />

partecipanti al gruppo di lavoro<br />

“scorrimento viscoso” del CTI (Comitato<br />

Termotecnico Italiano). l<br />

Circolare ISPESL, Dipartimento Omologazione e Certificazione<br />

5 dicembre 2003, n. 48<br />

Oggetto: Procedura tecnica per le verifiche di<br />

calcolo e controlli su componenti in pressione in<br />

regime di scorrimento viscoso del materiale.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

specificate, anche gli apparecchi costruiti secondo le nuove<br />

disposizioni in materia di certificazione, ai sensi della<br />

Direttiva 97/23/CE.<br />

Alle scadenze temporali previste nella PT, le Ditte esercenti<br />

i cui apparecchi ricadono nel campo d’applicazione<br />

della Procedura Tecnica stessa, devono inoltrare, in duplice<br />

copia, la documentazione relativa alla valutazione di<br />

vita residua ai Dipartimenti ISPESL competenti per territorio<br />

d’installazione. I suddetti Dipartimenti provvederanno<br />

a trasmettere al DOM copia originale della documentazione,<br />

dopo un primo esame di carattere tecnico. Esso verrà<br />

eseguito sulla base di una check-list che il Dipartimento<br />

Omologazione e Certificazione provvederà a trasmettere<br />

unitamente alla linea guida per la corretta applicazione<br />

della presente circolare.<br />

L’ISPESL, competente ai sensi della normativa vigente<br />

per le verifiche di calcolo e per i controlli su componenti<br />

in pressione in regime di scorrimento viscoso del materiale,<br />

provvederà, in qualità di Ente Preposto, al rilascio<br />

dell’autorizzazione all’ulteriore esercizio dell’apparecchio<br />

per un determinato intervallo temporale.<br />

I Dipartimenti Periferici devono portare a conoscenza<br />

della presente Circolare il proprio personale sia tecnico<br />

che amministrativo, le Ditte Esercenti del proprio territorio<br />

di competenza e gli Organismi preposti alla vigilanza sul<br />

territorio.<br />

La presente Circolare abroga le precedenti Circolari<br />

ISPESL sull’argomento (Circ. 15/92 del 27.2.92, Circ.<br />

11/93 del 11.2.1993, Circ. 12/93 del 15.2.1993, Circ.<br />

24/94 del 14.2.1994, Circ. 139/94 del 19/12/1994, Circ.<br />

100/98 del 29.9.1998) ad esclusione della Circ. 20/97 del<br />

19.2.1997 inerente l’autorizzazione dei laboratori per il<br />

prelievo e la valutazione delle repliche e la qualificazione<br />

del personale. l<br />

54 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

Procedura Tecnica (PT)<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

Verifiche di calcolo e controlli su componenti in pressione<br />

in regime di scorrimento viscoso del materiale<br />

Allegato<br />

INDICE<br />

1. Termini e definizioni..................................................................................................................... pag. 56<br />

2. Scopo e campo d’applicazione ................................................................................................... pag. 56<br />

2.1 Considerazioni generali .........................................................................................pag. 56<br />

2.2 Temperatura convenzionale .................................................................................pag. 57<br />

2.3 Componenti particolari .........................................................................................pag. 57<br />

3. Impostazione della verifica .........................................................................................................pag. 57<br />

3.1 Analisi e valutazioni preliminari .........................................................................pag. 58<br />

3.2 Calcolo del consumo di vita teorico ....................................................................pag. 58<br />

3.2.1 Considerazioni generali .............................................................................................pag. 58<br />

3.2.2 Calcolo preliminare e finale ......................................................................................pag. 58<br />

3.2.3 Calcolo del consumo di vita per scorrimento viscoso ...............................................pag. 59<br />

3.2.3.1 Comportamento dei materiali a scorrimento viscoso ..............................................pag. 59<br />

3.2.3.2 Sollecitazione di esercizio ..........................................................................................pag. 59<br />

3.2.3.3 Impiego di parametri di interpolazione e/o estrapolazione ...................................pag. 59<br />

3.2.3.4 Calcolo in prima approssimazione ............................................................................pag. 60<br />

3.2.3.5 Calcolo in seconda approssimazione ........................................................................pag. 60<br />

3.2.3.6 Calcolo della vita teorica ...........................................................................................pag. 60<br />

3.2.4 Calcolo del consumo di vita per fatica oligociclica ..................................................pag. 60<br />

3.2.5 Valutazione del danno combinato scorrimento viscoso-fatica oligociclica ............pag. 61<br />

3.2.6 Fenomeni di erosione e corrosione: valutazione degli effetti della riduzione<br />

di spessore ai fini del calcolo della frazione di vita consumata. .............................pag. 61<br />

3.2.7 Valutazioni relative ai giunti saldati .........................................................................pag. 61<br />

3.2.8 Revisione dei calcoli della frazione di vita consumata ............................................pag. 62<br />

3.3 Controlli ....................................................................................................................pag. 62<br />

3.3.1 Considerazioni generali .............................................................................................pag. 62<br />

3.3.2 Piano controlli ............................................................................................................pag. 62<br />

3.3.3 Controlli non distruttivi .............................................................................................pag. 62<br />

3.3.3.1 Procedure di metodo dei controlli non distruttivi ...................................................pag. 62<br />

3.3.3.2 Punti critici ....................................................................................................................pag. 63<br />

3.3.3.3 Tipologia dei controlli non distruttivi da effettuare .................................................pag. 63<br />

3.3.3.4 Localizzazione ed estensione dei controlli .................................................................pag. 63<br />

3.3.3.5 Controllo spessimetrico e diametrale .........................................................................pag. 63<br />

3.3.3.6 Esame per replica (esami metallografici) ....................................................................pag. 63<br />

3.3.3.6.1 Evoluzione di microcavità ............................................................................................pag. 64<br />

3.3.3.6.2 Evoluzione microstrutturale ........................................................................................pag. 64<br />

3.3.3.6.3 Evoluzione delle seconde fasi .....................................................................................pag. 64<br />

3.3.3.7 Controlli non distruttivi su generatori di vapore a collettori multipli ......................pag. 64<br />

3.3.4 Prove distruttive ...........................................................................................................pag. 64<br />

3.4 Valutazioni finali ......................................................................................................pag. 64<br />

3.4.1 Relazione conclusiva ....................................................................................................pag. 64<br />

3.4.2 Verifica di congruenza .................................................................................................pag. 65<br />

3.4.3 Azioni correttive ..........................................................................................................pag. 65<br />

3.4.4 Autorizzazione .............................................................................................................pag. 65<br />

4. Scadenze temporali ........................................................................................................................pag. 65<br />

4.1.1 Primo controllo ............................................................................................................pag. 65<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 55


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

4.1.2 Controlli successivi .......................................................................................................pag. 66<br />

4.1.3 Impianti a ciclo continuo .............................................................................................pag. 66<br />

4.1.4 Controlli su generatori di vapore ................................................................................pag. 66<br />

5. Documentazione ..............................................................................................................................pag. 66<br />

6. Apparecchi progettati ma non eserciti in regime di scorrimento viscoso .........................pag. 67<br />

7. Apparecchi progettati secondo il D.Lgs. 25.2.2000, n. 93 ......................................................pag. 68<br />

8. Verifiche in campo ..........................................................................................................................pag. 68<br />

1. Termini e definizioni<br />

Autorità Competente (AC): Autorità pubblica competente per i controlli sulle attrezzature a pressione.<br />

Componente: Membratura di apparecchio a pressione o di attrezzatura a pressione, progettata in regime<br />

di scorrimento viscoso.<br />

Ente Preposto (EP): Ente che verifica la valutazione oggetto della presente PT e che concede l’autorizzazione<br />

all’ulteriore esercizio.<br />

Esercente (ES): Responsabile dell’esercizio della attrezzatura a pressione oggetto della presente PT.<br />

Fattore di sicurezza (C s): Fattore di sicurezza nel calcolo della sollecitazione di esercizio.<br />

Fattore di riduzione (C r): Fattore di riduzione della resistenza a creep in funzione delle caratteristiche del<br />

giunto saldato.<br />

Fitness For Service (FFS): Valutazione di idoneità al servizio di componenti esercìti.<br />

Frazione di vita consumata (z): Sommatoria dei rapporti tra ore di esercizio effettuate alle varie condizioni<br />

di carico e i corrispondenti valori di vita teorica.<br />

Intervallo di ricontrollo (IR): Intervallo temporale di ulteriore esercizio del componente proposto dal PR e<br />

autorizzato dall’EP.<br />

Linea guida (LG): Linea guida raccomandata per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in<br />

regime di scorrimento viscoso.<br />

Ore di esercizio (OE): Ore di esercizio del componente dichiarate dall’ES.<br />

Ore di esercizio in creep (OC): Ore di esercizio del componente, dichiarate dall’ES, in regime di scorrimento<br />

viscoso.<br />

Procedura Tecnica (PT): Procedura tecnica per le verifiche di calcolo e controllo su componenti progettati<br />

con valori di resistenza associati a durata.<br />

Progettista (PR): Ingegnere abilitato iscritto all’albo professionale, incaricato dall’ES per la valutazione<br />

oggetto della presente PT.<br />

Risk Based Inspection (RBI): Metodologia basata sul rischio per la programmazione delle attività ispettive.<br />

Temperatura convenzionale (T 0): Valore convenzionale di temperatura per il quale gli effetti dello<br />

scorrimento viscoso divengono rilevanti ai fini della presente PT.<br />

Vita consumata (VC): Vita consumata dal componente, espressa in termini percentuali rispetto alla VT.<br />

Vita di progetto (VP): Ore di esercizio del componente previste in fase di progetto.<br />

Vita residua (VR): Ore di esercizio rimanenti per il componente, in via teorica, per esercizio futuro<br />

analogo a quello passato.<br />

Vita teorica (VT): Ore di esercizio totali sopportabili dal componente, in via teorica, per esercizio futuro<br />

analogo a quello passato (VT = VC + VR).<br />

2. Scopo e campo d’applicazione<br />

2.1 Considerazioni generali<br />

I componenti progettati in campo di scorrimento viscoso con valori di sollecitazione dipendenti dal<br />

tempo, devono essere sottoposti, alla scadenza della vita teorica di progetto (VP), ad una serie di verifiche<br />

atte a valutare la vita residua e l’idoneità all’ulteriore esercizio, in condizioni di sicurezza, dell’apparecchio<br />

o attrezzatura di cui fanno parte.<br />

La presente procedura tecnica stabilisce pertanto le verifiche da effettuare qualora si intendano esercire,<br />

oltre la VP, i seguenti componenti:<br />

i. componenti di generatori di vapore, di forni industriali, di recipienti in pressione di vapore o di gas già<br />

in esercizio di cui al R.D. 12/5/1927, n. 824 e successive modifiche ed integrazioni e D.M. 1/12/1975 e<br />

56 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

relativa specifica applicativa (Raccolta F), dimensionati in fase di progetto con valori di resistenza dei<br />

materiali associati a durata secondo il D.M. 21/11/1972.<br />

ii. componenti di attrezzature a pressione di cui al D.Lgs. 25/2/2000, n. 93 dimensionati in fase di progetto<br />

con valori di resistenza dei materiali associati a durata (vedere considerazioni particolari al punto 7 della<br />

presente PT).<br />

iii. componenti di cui al successivo punto 2.2.<br />

Le verifiche oggetto della presente PT devono essere effettuate alle scadenze temporali indicate al<br />

successivo punto 4.<br />

2.2 Temperatura convenzionale<br />

In mancanza di precise indicazioni riguardanti i calcoli originari di progetto (non è noto cioè se l’apparecchio<br />

è stato progettato con valori di resistenza dei materiali associati a durata), si assume che la PT si<br />

applichi ai componenti la cui temperatura di progetto supera la temperatura convenzionale di inizio<br />

scorrimento viscoso To.<br />

La temperatura To può essere determinata mediante uno dei seguenti metodi:<br />

● Come primo valore di temperatura in corrispondenza del quale il valore di Rp0.2T risulta pari a σR/100000/T (secondo D.M. 21 novembre 1972) con riferimento a dati riportati in normative europee o internazionali.<br />

Tale valore può essere ottenuto come punto d’incrocio fra la curve rappresentative di Rp0.2T e σR/100000/T in<br />

funzione del tempo, ottenute mediante estrapolazione o interpolazione lineare fra le coppie di valori<br />

rispettivamente disponibili;<br />

● Come valore di temperatura a partire dal quale gli effetti del creep divengono rilevanti (vedi tabella<br />

nella sezione 1 della LG). In tal caso il PR è tenuto a valutare l’influenza dello scorrimento viscoso anche<br />

per temperature inferiori a tale valore, in relazione allo specifico regime di esercizio del componente;<br />

● Mediante equiparazione (per i materiali di cui non sono note le caratteristiche meccaniche ad alta<br />

temperatura) a materiali di proprietà note sulla base della composizione chimica e delle caratteristiche<br />

meccaniche. L’impiego di detta equiparazione deve essere oggetto di valutazione da parte dell’EP.<br />

Per i materiali non contemplati nei casi precedenti la temperatura convenzionale di inizio scorrimento<br />

viscoso deve essere individuata caso per caso, utilizzando i valori forniti dalle norme di riferimento.<br />

In ogni caso il PR deve indicare, nella relazione conclusiva di cui al punto 3.4.1, la metodologia seguita per<br />

determinare la temperatura convenzionale.<br />

La sezione 1 della LG riporta la procedura raccomandata per la determinazione della temperatura<br />

convenzionale di inizio scorrimento viscoso.<br />

2.3 Componenti particolari<br />

Per i componenti progettati ma non eserciti in regime di scorrimento viscoso, si applicano le disposizioni<br />

di cui al punto 6 della presente procedura tecnica.<br />

Per quanto concerne specificatamente i tubi di scambio termico contenuti all’interno di un fasciame o di<br />

una camera di combustione di resistenza adeguata, i controlli e le verifiche debbono essere effettuati<br />

limitatamente ai componenti soggetti a scorrimento viscoso rilevanti ai fini della sicurezza individuati dal<br />

PR a seguito di dettagliata analisi, che tenga in debita considerazione il rischio connesso sia con la<br />

temperatura che con la natura del fluido.<br />

3. Impostazione della verifica<br />

La valutazione dello stato dell’apparecchio viene effettuata sulla base degli esiti delle seguenti azioni, da<br />

eseguire nell’ordine:<br />

● Analisi e valutazioni preliminari che tengano conto del progetto, della storia di esercizio dell’apparecchio,<br />

dei risultati di ispezioni precedenti e di eventuali incidenti e/o riparazioni;<br />

● Calcolo preliminare del consumo di vita teorico dei componenti soggetti al degrado da scorrimento viscoso;<br />

● Definizione del piano dei controlli non distruttivi da effettuare sui componenti soggetti a scorrimento<br />

viscoso, tenendo conto del calcolo preliminare;<br />

● Esecuzione dei controlli non distruttivi e degli esami metallografici al fine di valutare l’integrità<br />

strutturale, in accordo al piano controlli di cui sopra;<br />

● Esecuzione (eventuale) di indagini supplementari di tipo distruttivo sul materiale al fine di valutarne lo<br />

stato di degrado;<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 57


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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IGIENE E SICUREZZA<br />

● Calcolo del consumo di vita teorico dei componenti soggetti a degrado da scorrimento viscoso, nelle<br />

reali condizioni evidenziate dai controlli eseguiti (spessori reali, dimensioni effettive, corrosioni, ecc.);<br />

● Valutazioni finali. Lo stato di degrado dei componenti dell’apparecchio e la loro frazione di vita<br />

consumata deve essere valutata alla luce dei risultati di tutte le analisi richieste per ogni singola<br />

situazione in quanto nessuna delle stesse, presa individualmente, può considerarsi esaustiva o probante.<br />

Deve essere effettuata una analisi di congruenza tra risultati dei calcoli e controlli: eventuali discordanze<br />

tra risultati di calcoli e controlli devono essere evidenziate, valutate e opportunamente giustificate. Alla<br />

luce di detta analisi il PR deve proporre un intervallo di ulteriore esercizio dell’apparecchio.<br />

3.1 Analisi e valutazioni preliminari<br />

Il PR effettua le analisi e le valutazioni preliminari sulla base dei seguenti elementi, disponibili presso<br />

l’utente e/o il costruttore:<br />

● Elenco dei componenti ricadenti nelle condizioni specificate al punto 2 (scopo);<br />

● Analisi dei dati di progetto del componente (materiali, condizioni di progetto, norme di calcolo, ecc.);<br />

● Se disponibili, criteri di verifica di stabilità adottati in sede progettuale;<br />

● Disegno schematico dell’apparecchio e dei componenti interessati al fenomeno di scorrimento viscoso,<br />

riportante tutte le informazioni necessarie alle valutazioni da effettuare;<br />

● Valori di pressione e di temperatura corrispondenti alle condizioni nominali di esercizio;<br />

● Dati misurati o valutati, risultanti da documentazione probante, riguardanti le effettive condizioni di<br />

esercizio (pressione, temperatura, tempo, numero di avviamenti e spegnimenti, fluidi, ecc.);<br />

● Esame dei risultati di eventuali specifici controlli eseguiti in fase di costruzione (rilievi di spessori,<br />

diametri, controlli non distruttivi, ecc.);<br />

● Esito delle precedenti ispezioni effettuate durante l’esercizio sia dell’Ente di Controllo sia dall’Esercente;<br />

● Riepilogo delle eventuali azioni correttive effettuate (riparazioni, modifiche e sostituzioni) e degli<br />

eventuali incidenti avvenuti, corredato dalla relativa documentazione;<br />

● Esito delle precedenti valutazioni di vita residua dell’apparecchio.<br />

La verifica di vita residua oggetto della presente P.T. si basa sul presupposto che siano disponibili o<br />

reperibili i dati e le informazioni sopra elencati.<br />

Pertanto, in mancanza di dati e documentazione relativi al progetto delle attrezzature oggetto della<br />

presente PT (materiali, calcoli, disegni, ecc.) e all’esercizio delle stesse, la presente procedura potrebbe<br />

non essere valutabile dall’EP e pertanto l’ulteriore esercizio dell’apparecchio deve essere subordinato alle<br />

decisioni dell’Autorità Competente.<br />

3.2 Calcolo del consumo di vita teorico<br />

3.2.1 Considerazioni generali<br />

Il calcolo del consumo di vita teorico va effettuato dal PR sulla base dei fattori di danno dipendenti dal<br />

tempo (scorrimento viscoso, fatica, corrosione, ecc.), presenti sul componente. È responsabilità del PR<br />

individuare, ai fini del calcolo, tutti i fattori di degrado legati all’esercizio dell’apparecchio. Nei successivi<br />

punti vengono elencati i criteri generali da rispettare per il calcolo delle principali cause di degrado del<br />

materiale. I metodi di calcolo raccomandati sono riportati nelle sezioni 2, 3 e 4 della LG.<br />

Il PR può avvalersi, in casi particolari, di altre metodologie di calcolo. L’EP si riserva comunque la facoltà di<br />

accettare, caso per caso, metodi discordi da quelli riportati nella LG.<br />

Per eseguire il calcolo del consumo di vita teorico occorre:<br />

● Calcolare la frazione di vita consumata per scorrimento viscoso (punto 3.2.3);<br />

● Valutare il contributo della fatica oligociclica (punto 3.2.4);<br />

● Valutare il contributo del danno combinato creep-fatica (punto 3.2.5);<br />

● Tenere in considerazione l’effetto della corrosione ed erosione sulla riduzione di spessore (punto 3.2.6);<br />

● Applicare i fattori di riduzione C r per la presenza dei giunti saldati di cui al punto 3.2.7;<br />

● Tenere in debita considerazione le sollecitazioni indotte dal resto dell’impianto.<br />

Il calcolo deve essere effettuato o in 1^ o in 2^ approssimazione secondo quanto indicato nei punti 3.2.3.4 e 3.2.3.5.<br />

3.2.2 Calcolo preliminare e finale<br />

L’analisi di calcolo preliminare (da presentare unitamente al piano controlli) deve essere effettuata per<br />

58 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

l’individuazione dell’estensione dei controlli non distruttivi. Successivamente, sulla scorta dei risultati dei<br />

CND, deve essere effettuato il calcolo finale per la valutazione della vita residua.<br />

I valori di spessore da impiegare per il calcolo finale devono rispettare le seguenti prescrizioni:<br />

● Se lo spessore minimo misurato è inferiore a quello nominale va impiegato lo spessore minimo<br />

misurato.<br />

● Se lo spessore minimo misurato è superiore a quello nominale va impiegato:<br />

1. lo spessore nominale oppure<br />

2. lo spessore minimo misurato a condizione che la misurazione relativa venga effettuata con un reticolo<br />

di misura sufficientemente “fitto” (vedi punto 3.3.3.5).<br />

I valori di diametro da impiegare per il calcolo finale devono rispettare le seguenti prescrizioni:<br />

● Se il diametro massimo misurato è superiore a quello nominale va impiegato il diametro massimo<br />

misurato.<br />

● Se il diametro massimo misurato è inferiore a quello nominale va impiegato:<br />

1. il diametro nominale oppure<br />

2. il diametro massimo misurato a condizione che le sezioni di misura siano in numero adeguato rispetto<br />

alla lunghezza del componente (vedi punto 3.3.3.5).<br />

3.2.3 Calcolo del consumo di vita per scorrimento viscoso<br />

Il calcolo del consumo di vita per scorrimento viscoso è richiesto per tutte le tipologie di componente.<br />

Qualunque sia il metodo di calcolo impiegato devono essere rispettate, comunque, le prescrizioni di cui ai<br />

punti successivi.<br />

3.2.3.1 Comportamento dei materiali a scorrimento viscoso<br />

I valori medi dei carichi di rottura per scorrimento viscoso dei materiali devono essere ricavati dalle norme<br />

nazionali (Raccolta M) o, per materiali ivi non contemplati, da norme estere. Nel caso di materiali non<br />

unificati (di marca) si può far riferimento a bollettini del fabbricante.<br />

In caso di mancanza, parziale o totale, di dati affidabili si può ricorrere a prove significative di scorrimento<br />

viscoso o alla equivalenza tra materiali simili comparando caratteristiche meccaniche e composizione<br />

chimica ed accertandosi che tale comparazione risulti conservativa. In tal caso la comparazione deve<br />

essere oggetto di valutazione da parte dell’EP.<br />

3.2.3.2 Sollecitazione di esercizio<br />

Il valore della sollecitazione da utilizzare per il calcolo della frazione di vita consumata per scorrimento<br />

viscoso va maggiorato dividendo la sollecitazione di esercizio per il fattore di riduzione della resistenza a<br />

creep C r, funzione delle caratteristiche del giunto saldato (punto 3.2.7).<br />

1 σes σes = –––––––<br />

Cr Nei casi particolari previsti al punto 3.2.3.6, nei quali non si utilizza il diagramma bilogaritmico, la<br />

sollecitazione di esercizio va divisa anche per il fattore di sicurezza Cs = 0.8.<br />

3.2.3.3 Impiego di parametri di interpolazione e/o estrapolazione<br />

Eventuali interpolazioni sulle temperature ed estrapolazioni sui tempi possono essere effettuate con<br />

l’impiego di parametri di impiego corrente. In particolare qualora venga impiegata la teoria di Larson-Miller<br />

il relativo parametro (PLM) avrà la seguente espressione:<br />

PLM = (T + 273) (Log 10 H + C)/ 10 3<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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essendo H il tempo a rottura in ore alle varie temperature e T la temperatura in gradi centigradi. In<br />

assenza di indicazioni affidabili in letteratura si può assumere, per la costante C, il valore 20 o 15<br />

rispettivamente per acciai ferritici od austenitici.<br />

È necessario verificare che i parametri di estrapolazione e/o interpolazione siano idonei in relazione ai<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 59


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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IGIENE E SICUREZZA<br />

campi di temperatura, sollecitazione e meccanismi di deformazione per creep. A tal fine possono essere<br />

impiegate mappe di deformazione sperimentali (es. Mappe di Ashby).<br />

L’estrapolazione per il calcolo della sollecitazione a rottura è tollerabile ove non interessi un rapporto tra<br />

i tempi che superi 3 in relazione alle prove meccaniche effettivamente eseguite sul materiale costituente<br />

le membrature stesse. In particolare le prove sperimentali per determinare il carico di rottura a 100.000<br />

ore devono durare non meno di 30.000 ore.<br />

L’estrapolazione per il calcolo della vita teorica totale è invece tollerata soltanto all’interno della stessa decade<br />

logaritmica cui appartiene il valore della sollecitazione a rottura. Pertanto, qualora venga impiegata la<br />

sollecitazione a rottura a 100.000 ore, si deve limitare la vita teorica totale a 1.000.000 di ore.<br />

3.2.3.4 Calcolo in prima approssimazione<br />

In prima approssimazione, una stima della frazione di vita consumata per scorrimento viscoso è fornita<br />

dal rapporto fra il tempo di esercizio effettivo h trascorso alla temperatura di esercizio considerata ed il<br />

tempo di rottura teorico (o ammesso) H, alla stessa temperatura, dedotto dal calcolo:<br />

h<br />

z s = ––––––––<br />

H<br />

Qualora si utilizzi il calcolo in 1^ approssimazione si deve far riferimento, in via cautelativa, alla coppia<br />

pressione/temperatura più conservativa.<br />

3.2.3.5 Calcolo in seconda approssimazione<br />

In seconda approssimazione, una stima della frazione di vita consumata per scorrimento viscoso può<br />

essere effettuata sulla base di dati storici di pressione, temperatura e periodi di esercizio forniti<br />

dall’utente.<br />

La valutazione si basa sulla regola lineare del danneggiamento, previa individuazione del tempo totale<br />

speso ai vari livelli di pressione e temperatura, opportunamente discretizzati in funzione del grado di<br />

affinamento dell’analisi.<br />

Note così le “n” coppie di valori di sollecitazione e temperatura alle quali il componente ha effettivamente<br />

lavorato e i rispettivi numeri di ore h, la frazione totale della vita consumata è data dall’espressione:<br />

n h j<br />

z s = Σ ––––––<br />

i=l H i<br />

in cui, per ogni condizione i, H i è il tempo a rottura teorico.<br />

3.2.3.6 Calcolo della vita teorica<br />

La vita teorica del componente va determinata, sulla base delle sollecitazioni significative presenti,<br />

mediante la costruzione, in un diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione, della curva minima dei<br />

carichi di rottura per scorrimento viscoso alla temperatura desiderata (deducibile riducendo del 20% i<br />

valori della curva media).<br />

Metodi di calcoli alternativi che non contemplano l’impiego del diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione,<br />

possono essere utilizzati limitatamente a casi specifici qualora essi, a giudizio del PR, consentano di<br />

ottenere un valore di vita consumata maggiormente rappresentativo del reale stato del componente. In<br />

tali casi il valore della sollecitazione di esercizio va diviso per il fattore di sicurezza C s = 0.8.<br />

I metodi raccomandati per il calcolo del consumo di vita per scorrimento viscoso sono riportati nella<br />

sezione 2 della LG.<br />

3.2.4 Calcolo del consumo di vita per fatica oligociclica<br />

Il calcolo del consumo di vita a fatica oligociclica deve essere effettuato al raggiungimento del numero di<br />

cicli teorici di progetto del componente.<br />

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IGIENE E SICUREZZA<br />

Nei casi in cui tale dato non sia noto, gli effetti della fatica devono essere tenuti in considerazione nei<br />

casi ritenuti significativi dal PR. In particolare il PR deve valutare l’influenza della fatica termica in<br />

componenti di impianti funzionanti in regimi flessibili variabili in funzione del carico (“load follow”) oa<br />

due livelli di carico (”two shift”). L’effetto della fatica oligociclica sull’apparecchio deve essere comunque<br />

valutato, quando è ritenuto rilevante, secondo i criteri generali indicati nella sezione 3 della LG.<br />

È obbligo dell’ES comunicare il numero di cicli effettuati dal componente indicando in particolare il<br />

numero di avviamenti da caldo, da tiepido e da freddo ed il massimo gradiente termico adottato.<br />

La frazione di vita consumata per fatica risulta essere pari a:<br />

z f =D rse + ΣΣ∆D ik<br />

Dove:<br />

∆D ik = contributo dei cicli (i, k) ∆D ik =n ik/N ik<br />

n ik = numero di cicli nella classe (i, k)<br />

N ik = numero di cicli limite nella classe (i, k)<br />

D rse = contributo della sequenza degli estremi relativi<br />

Il numero di cicli limite teorico N va ricavato dalle curve minime di fatica del materiale, corrispondenti<br />

alla temperatura massima durante il ciclo. Le curve di fatica del materiale devono essere ricavate da<br />

norme nazionali ed estere o da specifiche dei fabbricanti di materiali.<br />

La sezione 3 della LG riporta il metodo raccomandato per il calcolo della frazione di vita consumata per fatica.<br />

3.2.5 Valutazione del danno combinato scorrimento viscoso-fatica oligociclica<br />

Il calcolo del consumo di vita per azione combinata scorrimento viscoso-fatica oligociclica va effettuato<br />

solo quando sono presenti entrambi i meccanismi di danno.<br />

Il metodo raccomandato per il calcolo del consumo di vita per danno combinato scorrimento viscoso-fatica<br />

oligociclica è riportato nella sezione 4 della LG.<br />

3.2.6 Fenomeni di erosione e corrosione: valutazione degli effetti della riduzione<br />

di spessore ai fini del calcolo della frazione di vita consumata<br />

La riduzione di spessore in esercizio può avvenire a causa di fenomeni di corrosione e/o erosione.<br />

L’effetto di tali fenomeni nel calcolo del consumo di vita va considerato quando, per particolari<br />

condizioni di esercizio, gli effetti sulla riduzione di spessore siano rilevanti.<br />

L’effetto della corrosione e/o dell’erosione, nel calcolo delle sollecitazioni specifiche per la valutazione<br />

della vita residua delle membrature del componente, va tenuto in considerazione utilizzando la velocità<br />

di riduzione dello spessore (mm/anno) rilevata durante l’esercizio; il calcolo può essere eseguito sia sulla<br />

base dello spessore finale stimato sia in modo iterativo.<br />

3.2.7 Valutazioni relative ai giunti saldati<br />

La frazione di vita consumata delle zone interessate dalle saldature deve essere valutata utilizzando curve di<br />

rottura per scorrimento viscoso e di fatica oligociclica relative alla specifica tipologia di giunto saldato. Esse<br />

possono essere ricavate da norme nazionali od estere o da risultati di prove effettuate da laboratori specializzati.<br />

In alternativa è ammesso utilizzare dati relativi al materiale base corrispondente così modificati:<br />

● per il calcolo della frazione di vita consumata per fatica oligociclica: un valore di N (numero di cicli<br />

teorico) pari alla metà di quello ammesso per il materiale base;<br />

● per il calcolo della frazione di vita consumata per scorrimento viscoso: un valore di H (vita teorica)<br />

determinato in base alla procedura descritta nella sezione 2 della LG, dividendo il valore della sollecitazione<br />

effettiva per un fattore di riduzione della resistenza a creep C r. Tale valore (inferiore all’unità)<br />

deve essere funzione delle caratteristiche del giunto saldato e del materiale impiegato e può essere<br />

ricavato dalla letteratura tecnica esistente. In assenza di precise indicazioni in proposito, il fattore di<br />

riduzione deve risultare non superiore al coefficiente di efficienza della saldatura adottato nel progetto.<br />

Il PR deve esplicitare, nella documentazione tecnica prodotta, sia i fattori di riduzione per la resistenza a<br />

j k<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 61


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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IGIENE E SICUREZZA<br />

creep, sia i coefficienti di efficienza delle saldature per i componenti presi in considerazione.<br />

Per giunti saldati eterogenei si deve far riferimento, nei calcoli della frazione di vita consumata, alle<br />

caratteristiche meccaniche del materiale meno resistente.<br />

L’analisi del sistema tensioni/deformazioni e dell’interazione scorrimento viscoso/fatica, deve essere condotta<br />

tenendo conto dei fattori di concentrazione massimi presenti nella zona interessata dalla saldatura.<br />

3.2.8 Revisione dei calcoli della frazione di vita consumata<br />

Ove i dati di esercizio rilevati ai fini del calcolo della vita residua dovessero essere difformi (più accurati) da quelli<br />

indicati in occasione di una precedente valutazione di vita residua e, con documentazione probante, si fosse in<br />

grado di risalire ai parametri storici di effettivo funzionamento del componente (pressione e temperatura), è<br />

consentita la revisione dei calcoli di vita residua tenendo conto di tali tempi e pressioni effettive. Tale revisione è<br />

ammessa anche per il periodo antecedente alla precedente valutazione di vita residua, a condizione che i controlli<br />

non distruttivi effettuati abbiano avuto esito congruente con la nuova valutazione. Inoltre qualora il PR revisioni i<br />

calcoli di vita residua utilizzando metodi difformi (purché contemplati tra i metodi previsti dalla LG) da quelli<br />

presentati nella precedente valutazione, il PR medesimo deve evidenziare e giustificare opportunamente e<br />

puntualmente tale revisione. L’EP si riserva di valutarne, caso per caso, la validità.<br />

3.3 Controlli<br />

3.3.1 Considerazioni generali<br />

I controlli costituiscono parte integrante del processo di valutazione dello stato dell’apparecchio.<br />

Essi comprendono:<br />

● Controlli sul componente al fine di valutarne l’integrità strutturale;<br />

● Indagini sperimentali sul materiale al fine di valutarne lo stato di degrado.<br />

Sono divisi in:<br />

1. Controlli non distruttivi;<br />

2. Prove distruttive.<br />

Prima di eseguire i controlli il PR deve presentare un piano controlli, secondo quanto indicato al punto seguente.<br />

3.3.2 Piano controlli<br />

Il Piano controlli, contenente il tipo e l’estensione degli esami non distruttivi proposti dal PR, va consegnato<br />

all’EP prima dell’esecuzione degli stessi. Esso deve essere redatto in base ai seguenti elementi:<br />

1. Caratteristiche di progetto dei componenti (temperatura, pressione, ecc.);<br />

2. Elementi di giudizio emersi durante l’esercizio;<br />

3. Tipo e frequenza dei difetti riscontrati durante i controlli precedenti;<br />

4. Tipologia dei giunti saldati;<br />

5. Calcolo preliminare del consumo di vita teorico.<br />

Nella scelta della tipologia e dell’estensione dei controlli non distruttivi il PR deve rivolgere particolare<br />

attenzione alle seguenti grandezze:<br />

● frazione di vita consumata dedotta dal calcolo preliminare;<br />

● criticità delle saldature (punto 3.3.3.2);<br />

● pericolosità dell’apparecchio in relazione alle dimensioni ed alle condizioni di processo (fluido,<br />

pressione, volume, ecc.).<br />

Nel piano controlli il PR deve indicare inoltre i criteri di accettabilità dei difetti che intende adottare, con riferimento<br />

alle relative fonti normative. Tali criteri devono essere oggetto di valutazione ed approvazione da parte dell’EP.<br />

La sezione 5 della LG riporta una procedura raccomandata per la determinazione del piano controlli e<br />

per l’eventuale intensificazione dei controlli in corso d’opera. La sezione 8 della LG illustra invece un<br />

esempio applicativo di tale procedura.<br />

3.3.3 Controlli non distruttivi<br />

3.3.3.1 Procedure di metodo dei controlli non distruttivi<br />

Gli esami non distruttivi devono essere effettuati secondo procedure di metodo dettagliate, proposte<br />

dal PR e ritenute valide dall’EP.<br />

Le procedure devono essere conformi alla norma UNI 11096 oppure a normative che garantiscano un<br />

livello di sicurezza equivalente.<br />

62 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

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3.3.3.2 Punti critici<br />

Per punti critici di un apparecchio si intendono quelle parti delle membrature soggette a scorrimento<br />

viscoso che per la temperatura alla quale sono soggette e per le sollecitazioni alle quali sono sottoposte<br />

lasciano presumere le cinetiche di danno più elevate.<br />

Nei punti critici individuati dal PR deve essere prevista una maggiore estensione dei controlli non<br />

distruttivi previsti dalla presente PT.<br />

Devono essere prese in particolare considerazione le saldature, ed in special modo quelle più critiche in<br />

relazione alle conseguenze associate ad una eventuale rottura.<br />

3.3.3.3 Tipologia dei controlli non distruttivi da effettuare<br />

Il PR deve individuare i controlli non distruttivi più idonei per ciascuna zona del componente in relazione<br />

a tutte le tipologie di danno prevedibili.<br />

La tabella 1 della sezione 5 della LG riporta gli esami non distruttivi raccomandati per ogni tipo di giunto<br />

saldato e per il materiale base.<br />

In tale tabella, per controlli di base, si intendono i controlli non distruttivi considerati più idonei per i<br />

componenti da esaminare. I controlli aggiuntivi sono invece quelli rivolti ad una indagine supplementare<br />

da utilizzare nel caso in cui siano presenti difetti o si abbiano ragioni per sospettarne la presenza.<br />

3.3.3.4 Localizzazione ed estensione dei controlli<br />

In ordine ai controlli di cui sopra si specifica che gli esami non distruttivi devono essere condotti nei punti<br />

critici individuati con l’analisi ed il calcolo preliminare e in altre zone scelte secondo criteri statistici.<br />

In assenza di determinazione di punti critici ben definiti, deve essere effettuato un controllo di tipo<br />

statistico di tutte le membrature progettate in regime di scorrimento viscoso che tenga conto anche<br />

dell’esperienza acquisita su componenti analoghi.<br />

A tal fine l’EP renderà noti periodicamente i risultati dell’indagine statistica anonima sui danneggiamenti<br />

riscontrati, in base a quanto rilevato dalle Ditte esercenti nei controlli periodici e comunicato all’EP<br />

tramite il modello riportato nella sezione 9 della LG (da compilare a cura del PR).<br />

L’estensione dei controlli su ciascun giunto saldato deve comunque rispettare dei criteri specifici, ben<br />

individuati dal progettista, volti ad assicurare un sufficiente livello di attendibilità dell’esame. I controlli<br />

devono essere adeguatamente intensificati nei casi in cui vengano rilevati difetti, prediligendo i controlli<br />

più efficaci in relazione alla specificità dei difetti stessi (sezione 5 della LG).<br />

3.3.3.5 Controllo spessimetrico e diametrale<br />

Il controllo ultrasonoro spessimetrico, essendo di fondamentale importanza per valutare la stabilità<br />

dell’apparecchio, è da considerarsi un controllo di base obbligatorio. Il reticolo di misura deve essere tale<br />

da individuare, con sufficiente attendibilità, l’esistenza di eventuali sottospessori.<br />

Qualora si intenda utilizzare nei calcoli della frazione di vita consumata uno spessore reale superiore a<br />

quello nominale (punto 3.2.2) è necessario predisporre, nelle misure di spessore, un reticolo particolarmente<br />

fitto, conforme alle indicazioni contenute nella sezione 5 della LG.<br />

Qualora si intenda adottare, negli stessi calcoli, un diametro reale inferiore a quello nominale (punto<br />

3.2.2), è necessario predisporre un numero di sezioni di misura adeguato rispetto alla lunghezza del<br />

componente, per rilevare con sufficiente attendibilità il valore reale del diametro stesso.<br />

Nel caso in cui i controlli spessimetrici evidenzino dei sottospessori, il PR è tenuto a verificare il<br />

permanere delle condizioni di stabilità in condizioni di progetto. Le formule di verifica da applicare sono<br />

quelle della normativa nazionale vigente (Raccolte VSR, VSG) o quelle adottate in sede di progetto.<br />

Rilievi diametrali di precisione su sezioni significative dei componenti possono essere impiegati per<br />

tenere sotto controllo l’andamento delle deformazioni dovute allo scorrimento viscoso del materiale.<br />

3.3.3.6 Esame per replica (esami metallografici)<br />

L’esame per replica è finalizzato, in particolar modo, a valutare l’esistenza di fenomeni di danneggiamento da<br />

scorrimento viscoso del materiale (microcavità o microcricche) ed è pertanto un controllo di base obbligatorio.<br />

Le repliche metallografiche devono essere posizionate nei punti individuati dal PR privilegiando le zone<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 63


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IGIENE E SICUREZZA<br />

ritenute più critiche dal punto di vista del danneggiamento da scorrimento viscoso. Se effettuate su<br />

giunti saldati, devono interessare, ove tecnicamente possibile, ciascuna zona caratteristica della saldatura<br />

ed, in particolare, entrambe le zone termicamente alterate.<br />

Si precisa inoltre che, su ogni componente soggetto a scorrimento viscoso (collettori, tubi radianti, ecc.),<br />

devono essere prelevate almeno due repliche. Per componenti complessi (reattori, recipienti vapore o<br />

gas, ecc) il numero delle repliche deve essere incrementato per tener conto della dimensione e della<br />

pericolosità dell’apparecchio in esame.<br />

Allo scopo di monitorare l’eventuale evoluzione del grado di danneggiamento, all’atto dei controlli<br />

successivi, in aggiunta a nuove posizioni individuate dal progettista, le repliche devono essere prelevate<br />

in prossimità di almeno uno dei punti già esaminati nel primo controllo, privilegiando le aree in cui siano<br />

stati già rilevati danneggiamenti da scorrimento viscoso.<br />

I laboratori che effettuano il prelievo e la valutazione delle repliche devono essere autorizzati dall’EP. Il<br />

personale che effettua e/o interpreta le repliche deve essere opportunamente qualificato.<br />

La procedura per il prelievo e l’osservazione degli esami metallografici deve far riferimento a quanto<br />

riportato nella sezione 6 della LG.<br />

3.3.3.6.1 Evoluzione di microcavità<br />

Le repliche metallografiche sono finalizzate principalmente ad evidenziare eventuali fenomeni di danneggiamento<br />

da scorrimento viscoso (microcavità isolate e/o orientate, microcricche e macrocricche).<br />

3.3.3.6.2 Evoluzione microstrutturale<br />

Le repliche prelevate, oltre a rilevare eventuali fenomeni di scorrimento viscoso, devono caratterizzare<br />

l’evoluzione microstrutturale del materiale esercìto.<br />

Tale evoluzione può essere utile per valutare lo stato di invecchiamento e di decadimento delle proprietà<br />

meccaniche dovuto alla esposizione prolungata alle alte temperature a cui il componente è stato<br />

sottoposto durante l’esercizio.<br />

3.3.3.6.3 Evoluzione delle seconde fasi<br />

L’esame metallografico per replica estrattiva, finalizzato a valutare l’evoluzione delle seconde fasi,<br />

rivestendo una importanza particolare solo in casi specifici, è da considerarsi un controllo aggiuntivo.<br />

3.3.3.7 Controlli non distruttivi su generatori di vapore a collettori multipli<br />

Alcuni tipi di generatori di vapore contengono più collettori di limitate dimensioni i quali per numero e similitudine<br />

vengono in genere denominati “multipli”. Questi sono caratterizzati da identiche funzioni, medesima denominazione,<br />

uguali caratteristiche geometriche (diametri e spessori) e stesse caratteristiche tecniche di progetto, di<br />

esercizio e di costruzione, essendosi adottate identiche modalità di fabbricazione. Per tali generatori il controllo dei<br />

collettori può essere eseguito a campione secondo la procedura raccomandata riportata nella sezione 5 della LG.<br />

3.3.4 Prove distruttive<br />

Le prove distruttive dei materiali esercìti possono essere effettuate nei seguenti casi, al fine di valutare la<br />

possibilità di ulteriore esercizio del componente danneggiato:<br />

1. Si abbia evidenza di avanzato stato di degrado del materiale base. In tal caso, ad integrazione degli<br />

esami non distruttivi, si può ricorrere al prelievo di microcampioni di materiale da destinare alle prove<br />

distruttive (prove accelerate di creep, prove meccaniche, esami micrografici, ecc.);<br />

2. Si rendano necessarie valutazioni di stabilità meccanica in presenza di cricche affioranti evidenziate<br />

dagli esami non distruttivi (vedi punto 3.4.3). In questi casi, al fine di valutare la criticità dei difetti<br />

mediante i criteri della meccanica della frattura, si possono determinare le caratteristiche di tenacità del<br />

materiale sulla base dei risultati di prove su microcampioni prelevati dal materiale del componente (es.<br />

prove di “small punch”). Le suddette prove devono essere effettuate da laboratori riconosciuti dall’EP.<br />

3.4 Valutazioni finali<br />

3.4.1 Relazione conclusiva<br />

Il PR deve presentare una relazione conclusiva (Dichiarazione del Progettista) sulle valutazioni effettuate<br />

sui componenti tenendo conto dei risultati di tutte le seguenti analisi:<br />

64 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

● analisi preliminare;<br />

● calcoli della frazione di vita consumata;<br />

● controlli non distruttivi convenzionali;<br />

● repliche metallografiche;<br />

● prove distruttive;<br />

allo scopo di formulare un giudizio finale sullo stato del singolo componente e dell’apparecchio nel suo<br />

complesso.<br />

La suddetta relazione deve contenere anche una dichiarazione di ulteriore esercibilità dell’apparecchio per<br />

un determinato intervallo temporale nel rispetto delle cadenze previste dalla presente PT (vedi punto 4.1.2).<br />

Il PR deve sottolineare nella relazione conclusiva le condizioni di pressione e temperatura alle quali è<br />

subordinato l’ulteriore esercizio. Qualora l’esercizio futuro risultasse diverso da quello previsto, l’ES deve<br />

darne comunicazione immediata all’EP. Contestualmente il PR deve individuare il nuovo intervallo<br />

temporale di ricontrollo.<br />

3.4.2 Verifica di congruenza<br />

Il PR deve presentare nella relazione conclusiva una verifica incrociata dei risultati dei calcoli, dei<br />

controlli e delle repliche. Nell’ipotesi che vengano evidenziate delle incongruenze (per esempio bassa<br />

frazione di vita spesa dedotta dal calcolo ed alto degrado da creep rilevato dai controlli) il PR deve<br />

segnalarne le cause (per esempio temperatura di esercizio più alta di quella dichiarata, vincoli mal<br />

disposti, concomitante effetto della fatica, ecc.) e se necessario aggiornare i calcoli di vita spesa.<br />

3.4.3 Azioni correttive<br />

Nelle valutazioni finali il PR deve indicare, oltre all’intervallo di ulteriore esercizio dell’apparecchio, le<br />

prescrizioni particolari a cui tale esercizio è subordinato (monitoraggio, manutenzione, declassamento<br />

delle condizioni di bollo, variazioni delle condizioni di processo, ecc.) e le azioni correttive da intraprendere<br />

(sostituzioni, riparazioni, ecc.).<br />

I difetti le cui dimensioni eccedono i limiti di accettabilità definiti dal PR (ed approvati dall’EP) devono essere<br />

adeguatamente riparati. La relativa procedura di riparazione deve essere preventivamente comunicata<br />

all’EP, adeguatamente realizzata e documentata conformemente alle disposizioni legislative vigenti.<br />

Per i componenti contenenti difetti eccedenti i limiti di cui sopra può essere concessa, previa autorizzazione<br />

dell’EP, una limitata proroga all’esecuzione della riparazione quando il PR dimostri, con procedure di<br />

valutazione di tipo FFS, che la stabilità del componente sia assicurata, in assoluta sicurezza per il<br />

personale, per un congruo intervallo temporale.<br />

L’applicazione delle suddette procedure FFS è subordinata alla conoscenza delle proprietà meccaniche del<br />

materiale esercìto. In particolar modo qualora il suo valore di tenacità non sia disponibile in letteratura esso<br />

deve essere determinato mediante prove sperimentali sul materiale reale (vedi punto 3.3.4).<br />

3.4.4 Autorizzazione<br />

In base alla relazione conclusiva redatta dal PR, l’EP può autorizzare l’ulteriore esercizio dell’apparecchio.<br />

Si precisa che l’intervallo di ulteriore esercizio (vedi punto 4.1.2) sarà definito tenendo conto dello<br />

stato generale dell’apparecchio. Tuttavia il controllo dei componenti più critici può essere prescritto ad<br />

intervalli più ristretti.<br />

Gli apparecchi per i quali i calcoli mostrino il superamento del 100% di vita teorica totale devono essere<br />

messi fuori uso.<br />

Nelle more dell’esame della documentazione da parte dell’EP, ove il PR abbia dichiarato che i componenti<br />

soggetti a creep abbiano ancora un congruo valore di vita residua, l’apparecchio s’intende autorizzato<br />

provvisoriamente al funzionamento. Tale autorizzazione provvisoria può essere revocata in qualsiasi<br />

momento a seguito di esito sfavorevole delle valutazioni fatte nel corso o al termine dell’esame della<br />

documentazione presentata.<br />

4. Scadenze temporali<br />

4.1.1 Primo controllo<br />

La prima valutazione di vita residua (primo controllo) va eseguita alla scadenza della vita teorica di<br />

progetto o, in assenza di tale informazione, dopo 100.000 di esercizio effettivo.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 65


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Previo giustificato parere da parte del progettista, i controlli possono essere effettuati in occasione di<br />

una fermata programmata dell’impianto, purché essa abbia luogo entro una tolleranza del 10% rispetto<br />

al limite sopraccitato.<br />

4.1.2 Controlli successivi<br />

Le valutazioni successive di vita residua (controlli successivi) devono essere ripetute ad intervalli che<br />

saranno funzione dei risultati di tutte le verifiche effettuate e, comunque, non superiori al 60% della<br />

vita residua o 50.000 ore di esercizio aggiuntive (il minore dei due).<br />

Il PR deve proporre gli intervalli di ricontrollo tenendo conto del rischio insito nel componente esaminato,<br />

mediante una procedura chiaramente identificata che tenga conto sia della probabilità di rottura che<br />

delle conseguenze associate alla rottura stessa (impiegando ad esempio metodi RBI di cui alla procedura<br />

raccomandata riportata nella sezione 7 della LG e all’esempio applicativo descritto nella sezione 8).<br />

Si precisa che gli intervalli temporali di cui sopra debbono essere intesi come numero di ore effettivo di<br />

esercizio, tenendo conto dei periodi di inoperosità dichiarati dall’utente, oggettivamente dimostrabili con<br />

documentazioni ufficiali. L’EP fisserà comunque una data limite per l’effettuazione dei controlli successivi.<br />

In occasione delle valutazioni successive occorre ripetere tutta la procedura già seguita per la prima valutazione,<br />

che prevede anche il rilascio della dichiarazione del PR di cui al punto 3.4.1 della presente PT.<br />

4.1.3 Impianti a ciclo continuo<br />

Per gli apparecchi facenti parte di impianti a ciclo continuo l’EP, su richiesta motivata e documentata dal<br />

PR può, in via eccezionale e a proprio giudizio, concedere il “nullaosta” all’ulteriore esercizio temporaneo<br />

fino alla prima scadenza per visita interna sempre che a tale data la frazione di vita consumata nelle<br />

condizioni di effettivo esercizio non abbia superato il 60% della vita teorica totale.<br />

4.1.4 Controlli su generatori di vapore<br />

Oltre alle scadenze temporali sopra elencate, specifiche degli apparecchi in scorrimento viscoso, si<br />

evidenzia che, ai sensi della circolare ISPESL n. 60/1997 del 14/7/1997, i generatori di vapore che abbiano<br />

raggiunto o superato il 45˚ anno di età devono essere sottoposti, al fine di consentirne l’ulteriore<br />

esercizio, a controlli specifici. A tale scopo un tecnico qualificato secondo le disposizioni vigenti deve<br />

redigere un apposito piano di controlli nel quale sono precisati il tipo, il numero e la posizione dei punti<br />

o delle zone da controllare, riferiti alle parti del generatore presumibilmente più sollecitate in esercizio.<br />

In ogni caso, devono essere effettuati, almeno i controlli seguenti:<br />

1. analisi chimica, su trucioli o limature di materiale prelevati dalla caldaia, mirante a verificare la<br />

presenza di elementi che possano favorire l’infragilimento dello stesso materiale, nonché ad individuarne<br />

la qualità se privo di certificazione di provenienza oppure non identificato;<br />

2. micrografie per replica morfologica tendenti, in particolare, alla valutazione del possibile invecchiamento<br />

del materiale;<br />

3. esami con metodi non distruttivi volti a determinare lo spessore delle membrature e ad individuare la<br />

presenza di eventuali difetti generatisi durante l’esercizio del generatore;<br />

4. misure di durezza sulle membrature più critiche e più sollecitate.<br />

Ove, a seguito di detti controlli, permangano dubbi sulla possibile fragilizzazione del materiale, devono<br />

effettuarsi ulteriori indagini metallografiche atte a definirne lo stato effettivo, attraverso il prelievo di<br />

schegge o con opportuno carotaggio del componente.<br />

5. Documentazione<br />

La pratica di valutazione di vita residua oggetto della presente PT deve contenere, oltre alla Dichiarazione<br />

del PR di cui al punto 3.4.1, tutta la documentazione ad essa relativa.<br />

In particolare deve essere presentata:<br />

1. copia del libretto matricolare dell’apparecchio con relativi verbali di verifiche di costruzione, di primo<br />

impianto e di esercizio allo scopo di avere un quadro completo della vita trascorsa prima di decretarne la<br />

vita residua.<br />

2. copia del dettaglio dei calcoli della frazione di vita consumata riportanti anche la metodologia<br />

seguita, le assunzioni fatte e i riferimenti tecnico/legislativi relativi.<br />

3. copia dei calcoli di stabilità dell’apparecchio in corrispondenza degli eventuali sottospessori rilevati.<br />

66 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

4. copia dei certificati relativi ai CND effettuati; tali certificati devono riportare anche la valutazione di<br />

merito dei controlli medesimi, la firma dell’operatore qualificato (secondo UNI EN 473) e la data di<br />

effettuazione.<br />

5. copia della documentazione relativa agli esami metallografici corredata dai relativi rapporti del<br />

tecnico qualificato, debitamente firmata, redatta in accordo alle prescrizioni della sezione 6 della LG e<br />

contenente immagini originali delle repliche effettuate con adeguata risoluzione e sufficiente contrasto.<br />

6. copia delle procedure dei controlli non distruttivi in campo, degli esami metallografici in campo e<br />

degli esami di laboratorio (o riferimento alle procedure già in possesso dell’EP).<br />

7. copia della documentazione attestante la qualifica del laboratorio che ha eseguito gli esami metallografici<br />

e i controlli distruttivi.<br />

8. dichiarazione dell’ES, debitamente firmata, recante indicazione dettagliata dei parametri storici di<br />

esercizio (numero di ore, temperature, pressioni, numero di avviamenti da caldo, da tiepido e da freddo<br />

ed il massimo gradiente termico adottato, ecc.) dei singoli componenti soggetti a creep. Tale dichiarazione<br />

deve inoltre contenere un resoconto, relativo al periodo di riferimento, su:<br />

● eventuali interventi di riparazione, sostituzione e modifica;<br />

● eventuali incidenti;<br />

● verifiche effettuate dall’autorità competente.<br />

9. copia degli eventuali verbali inerenti l’inattività dell’apparecchio firmati dall’ISPESL o dalle A.S.L.<br />

10. copia dei disegni costruttivi disponibili.<br />

11. relazione sintetica del progettista, redatta secondo il modello riportato nella sezione 8 della LG,<br />

riassumente le informazioni principali sullo stato dell’apparecchio.<br />

Tutta la documentazione, incluso il piano controlli deve essere depositata presso l’EP competente per<br />

territorio che rilascerà un attestato di deposito senza esame di merito.<br />

6. Apparecchi progettati ma non esercìti in regime di scorrimento viscoso<br />

Gli apparecchi che, pur progettati in scorrimento viscoso non sono esercìti, per la totalità del tempo, in<br />

tale regime di funzionamento sono suddivisi, ai fini della presente procedura, in tre categorie:<br />

A. Apparecchi che non sono stati mai esercìti in regime di scorrimento viscoso;<br />

B. Apparecchi che sono stati esercìti in regime di scorrimento viscoso per un periodo di tempo inferiore al<br />

10% della vita di progetto.<br />

C. Apparecchi che sono stati esercìti in regime di scorrimento viscoso per un periodo di tempo superiore<br />

al 10% della vita di progetto.<br />

A seconda della categoria degli apparecchi si procede, alle scadenze previste da questa P.T., nel seguente modo:<br />

● Per gli apparecchi di cui al punto A) il PR si limita a comunicare, sulla base della dichiarazione<br />

dell’esercente di cui al punto 5, che l’apparecchio non è stato mai esercìto in regime di scorrimento<br />

viscoso; la dichiarazione deve essere documentata con verbali inerenti l’inattività dell’apparecchio<br />

firmati dall’ISPESL o dalle A.S.L. e/o con registrazione dei dati di esercizio effettuati da un Organo<br />

ufficiale dello Stato;<br />

● Per gli apparecchi di cui al punto B) il PR comunica, sulla base della dichiarazione dell’esercente di cui<br />

al punto 5, la storia di esercizio dell’apparecchio; la dichiarazione deve essere documentata con verbali<br />

inerenti l’inattività dell’apparecchio firmati dall’ISPESL o dalle A.S.L. e/o con registrazione dei dati di<br />

esercizio effettuati da un Organo ufficiale dello Stato. In tal caso la comunicazione deve esser accompagnata<br />

da una valutazione complessiva d’idoneità all’esercizio sulla base dei risultati di calcoli di vita<br />

spesa e di controlli non distruttivi.<br />

● Per gli apparecchi di cui al punto C) si applica in modo integrale la presente procedura.<br />

L’esclusione totale degli apparecchi dalle incombenze della presente P.T. può essere ottenuta solo previo<br />

declassamento delle condizioni di progetto da parte dell’EP competente per territorio.<br />

Per gli apparecchi di tipo A), in mancanza di tale declassamento, deve essere ripresentata la pratica di<br />

valutazione di vita residua dopo un numero di ore di esercizio pari a quelle di progetto.<br />

Per gli apparecchi di tipo B), in mancanza di tale declassamento, deve essere ripresentata la pratica di<br />

valutazione di vita residua dopo un numero di ore di esercizio pari alla differenza tra le ore di progetto e<br />

le ore esercite in regime di creep.<br />

Un prospetto completo riguardante gli adempimenti relativi è riportato, insieme alla classificazione<br />

degli apparecchi, in tabella 1.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 67


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

Osservatorio ISPESL - Documento<br />

Apparecchi progettati secondo il D.Lgs. 25/2/2000, n. 93<br />

Per le attrezzature a pressione di cui al D.Lgs. 25/2/2000, n. 93, la presente PT si applica alla scadenza<br />

della vita teorica di progetto prevista dal Fabbricante.<br />

Nella determinazione degli intervalli periodici di ricontrollo, ed in particolare nell’applicazione del<br />

precedente punto 6, si deve tener conto delle istruzioni contenute nel manuale d’uso derivanti dall’analisi<br />

dei rischi. Inoltre si deve tener conto delle eventuali condizioni a cui l’estensione di vita è subordinata,<br />

quali ad esempio l’esecuzione di controlli specifici, il monitoraggio dei componenti, la tipologia dei<br />

controlli periodici e l’estensione degli stessi<br />

Eventuali interventi di riparazione resisi necessari in seguito all’esecuzione dei controlli devono essere<br />

eseguiti in accordo alle prescrizioni della Direttiva 97/23/CE.<br />

Infine, come già evidenziato nel punto 3.1 si ribadisce che la valutazione di vita residua, in assenza di<br />

dati e documentazione relativi al progetto dei componenti in considerazione, potrebbe non essere<br />

valutabile dall’EP. Pertanto, in tale evenienza, l’ulteriore esercizio dell’apparecchio deve essere subordinato<br />

alle decisioni dell’Autorità competente.<br />

Verifiche in campo<br />

L’EP si riserva, nel caso ritenuto opportuno, di effettuare controlli e/o sopralluoghi al fine di sorvegliare<br />

sull’applicazione integrale della presente P.T.<br />

In particolare l’EP si riserva la facoltà di eseguire verifiche ispettive durante l’esecuzione dei controlli. È<br />

obbligo dell’ES comunicare all’EP, in occasione della presentazione del Piano controlli, la data prevista<br />

per l’esecuzione degli stessi.<br />

Categoria<br />

dell’apparecchio<br />

Ore di esercizio<br />

in regime di creep<br />

(OC)<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

TABELLA 1<br />

Apparecchi progettati in regime di scorrimento viscoso<br />

(paragrafo 6): suddivisione in categorie e definizione dei<br />

relativi adempimenti, a partire dalla scadenza della VP,<br />

in funzione delle ore di esercizio in creep<br />

Adempimenti<br />

immediati<br />

(allo scadere<br />

della VP)<br />

A Nessuna ● Dichiarazione<br />

Esercente<br />

● Verbali ore di<br />

esercizio (***)<br />

B OC ≤ 10% VP ● Dichiarazione<br />

Esercente<br />

● Verbali ore di<br />

esercizio (***)<br />

● Valutazione complessiva<br />

del PR (^)<br />

C OC >10% VP ● Dichiarazione<br />

Esercente<br />

● Valutazione di<br />

VR completa<br />

Adempimenti<br />

futuri:<br />

ricontrollo ai sensi<br />

della presente PT<br />

Controllo dopo<br />

t=VP<br />

Ricontrollo dopo<br />

t = VP-OC (*)<br />

Ricontrollo secondo<br />

punto 4 della PT<br />

Esonerato<br />

da valutazioni<br />

successive<br />

No (**)<br />

No (**)<br />

No (**)<br />

Note:<br />

(*) se esito positivo valutazione di VR.<br />

(**) Esonerabile solo a seguito di declassamento delle condizioni di progetto.<br />

(***) Verbali inerenti all’inattività dell’apparecchio firmati dall’ISPESL o dalle A.S.L. e/o registrazione dei dati di esercizio<br />

effettuati da un Organo ufficiale dello Stato.<br />

(^) Valutazione complessiva d’idoneità all’esercizio sulla base dei risultati di calcoli di vita spesa e di controlli non distruttivi.<br />

68 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


di Ilaria Massardi, ricercatrice nel campo della formazione e della salute e sicurezza del lavoro<br />

In occasione della Settimana<br />

europea per la salute e la sicurezza<br />

sul lavoro 2003, l’Agenzia<br />

ha raccolto una serie di<br />

esempi di buone prassi relativi<br />

ai metodi per trasferire efficacemente<br />

le informazioni sulla<br />

sicurezza e la salute del lavoro.<br />

L’obiettivo è quello di fornire<br />

ai decisori politici, fornitori di<br />

prodotti chimici, ricercatori,<br />

professionisti della sicurezza,<br />

ai datori di lavoro e alle Parti<br />

sociali le informazioni di carattere<br />

pratico a supportare e a<br />

valutare l’efficacia degli approcci.<br />

In allegato a questo approfondimento,<br />

in cui <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

pubblica l’abstract<br />

delle prime quattro buone<br />

pratiche, riportiamo il periodico<br />

Factsheet n. 44, edito dall’Agenzia<br />

di Bilbao, che spiega<br />

le motivazioni dei premi assegnati.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

1. Matrice dei prodotti chimici secondo l’uso e il settore<br />

Caisse Régionale d’Assurance Maladie Alsace-Moselle - Francia<br />

www.cram-alsace-moselle.fr<br />

Il problema affrontato<br />

Dal 1998, il servizio prevenzione<br />

del CRAM Alsace-Moselle ha redatto<br />

una lista delle sostanze e dei preparati<br />

chimici usati dalle imprese<br />

nel proprio territorio di competenza.<br />

L’obiettivo è aiutare le imprese<br />

stesse nella gestione del rischio e<br />

fornire loro un servizio tecnico di<br />

monitoraggio per l’uso di prodotti<br />

chimici. Inoltre ha ritenuto importante<br />

elaborare un’accurata mappa<br />

d’uso di questi prodotti all’interno<br />

della regione.<br />

Per gestire il rischio chimico è<br />

essenziale prima di tutto identificare<br />

il rischio stesso, il che ha significato<br />

determinare quali sostanze chimiche<br />

sono in uso sul posto di lavoro<br />

e i relativi rischi. Uno dei sistemi<br />

per supportare le società in questo<br />

percorso di identificazione, è fornire<br />

loro l’accesso a un efficiente database<br />

delle sostanze comunemente<br />

utilizzate nel settore, includendo anche<br />

le informazioni in materia di<br />

sicurezza. Questo strumento è di interesse<br />

anche per i servizi di prevenzione<br />

in quanto è essenziale conoscere<br />

quali prodotti sono utilizzati<br />

nelle aziende di loro competenza e<br />

in che modo vengono manipolati,<br />

così da avere una visione complessiva<br />

in merito al loro utilizzo al fine<br />

di migliorare il supporto per la prevenzione<br />

dei rischi di esposizione<br />

per gli utilizzatori e gli addetti (per<br />

esempio, fornendo consigli epro-<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Le best practice del 2003 mettono a disposizione informazioni operative a supporto delle misure preventive sulla salute<br />

Premiate nel 2003 a Bilbao 19 buone prassi<br />

sull’utilizzo in sicurezza delle sostanze pericolose<br />

grammando azioni di prevenzione<br />

ad ampio raggio). Poiché non era<br />

disponibile un database coerente<br />

con i bisogni delle imprese locali e<br />

del servizio di prevenzione del<br />

CRAM Alsace-Moselle (Alsace-Moselle<br />

Regional Health Insurance<br />

Fund) il servizio stesso ha deciso di<br />

crearne uno.<br />

La soluzione individuata<br />

La soluzione consiste nella produzione<br />

di un database tramite il<br />

quale è stata realizzata la mappatura<br />

relativa all’uso dei prodotti chimici,<br />

tenendo anche conto delle differenze<br />

all’interno dei diversi settori produttivi,<br />

dal titolo “Matrice dei prodotti<br />

chimici secondo l’uso e il settore”.<br />

I lavori sono iniziati nel 2001<br />

stilando una lista dei prodotti chimici<br />

pericolosi usati nelle imprese con<br />

più di 50 lavoratori, attraverso l’aiuto<br />

dei medici competenti. Per rilevare<br />

le informazioni è stato sviluppato<br />

un apposito strumento, chiamato<br />

“sistema per la valutazione del rischio<br />

lavorativo dei prodotti chimici<br />

nelle industrie e nelle imprese<br />

(SEPPI)”. Alle società partecipanti<br />

è stato chiesto di inviare un elenco<br />

di tutto i prodotti che stavano utilizzando<br />

ed etichettati come tossici,<br />

dannosi e irritanti. In aggiunta alla<br />

loro denominazione, di ogni prodotto<br />

veniva chiesto di fornire informazioni<br />

in merito alla quantità utilizzata<br />

e al numero dei lavoratori interes-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 69


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

sati. All’inizio del 2003 le informazioni<br />

ricevute provenivano da 363<br />

imprese, che in totale occupavano<br />

86.299 lavoratori.<br />

Il database realizzato è accessibile<br />

dal sito del CRAM Alsace-Moselle<br />

(www.cram-alsace-moselle.fr).<br />

Le imprese partecipanti sono divise<br />

in nove settori principali. Ogni società<br />

presenta l’indicazione del numero<br />

di lavoratori coinvolti nella rilevazione<br />

e anche il relativo valore<br />

percentuale rispetto al totale degli<br />

occupati nel settore. Per ogni campo<br />

di attività sono presenti i dettagli<br />

relativi alle sostanze in uso e al numero<br />

delle preparazioni che si effettuano.<br />

Parte di queste sostanze possiedono<br />

un documento descrittivo<br />

contenente le informazioni sull’eti-<br />

Il problema affrontato<br />

L’azienda austriaca specializzata<br />

nell’estrazione e nella produzione<br />

di materiali minerari ha rilevato<br />

l’esigenza di prevenire i rischi di<br />

esposizione a sostanze chimiche per<br />

lo staff addetto alla manutenzione<br />

dei macchinari.<br />

La realizzazione del progetto ha<br />

permesso la definizione di specifiche<br />

misure preventive contro la riaccensione<br />

involontaria di unità operative<br />

o la fuga di sostanze a rischio<br />

durante il lavoro di manutenzione e<br />

riparazione. E a questo fine si è deciso<br />

di migliorare la comunicazione<br />

tra i lavoratori che si occupano della<br />

manutenzione e quelli addetti alla<br />

produzione.<br />

Il lavoro di manutenzione e riparazione<br />

prevede più di 500 compiti:<br />

dal cambiare lampadine elettriche all’aggiustare<br />

attrezzature e macchinari<br />

in cui si sono verificati guasti.<br />

Una valutazione comprensiva di tutti<br />

i rischi da sostanze pericolose per<br />

i meccanici e gli elettricisti, include<br />

la valutazione dei rischi di esposizione<br />

a: diesel, oli idraulici, benzina,<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

chettatura, sui sinonimi, sulla forma<br />

molecolare e il valore CAS. Il database<br />

copre 1.205 sostanze ed è regolarmente<br />

aggiornato.<br />

I risultati ottenuti<br />

Il database ha permesso di stabilire<br />

uno stretto collegamento tra i prodotti<br />

e il loro uso, supportando il<br />

servizio di prevenzione e gli ispettori<br />

nella rapida identificazione del rischio<br />

secondo i settori di attività,<br />

migliorandone così anche il processo<br />

di valutazione. Il database provvede<br />

anche a fornire informazioni<br />

sui significati dei prodotti, laddove<br />

ci fossero dei dubbi, semplicemente<br />

controllando la denominazione delle<br />

sostanze. Inoltre, nelle varie imprese,<br />

il database è fruibile sia da<br />

2. Sistemi di bloccaggio durante l’attività di manutenzione<br />

Luzenac Naintsch Mineralwerke GmbH - Austria<br />

e-mail:naintsch@europe.luzenac.com<br />

acido idroclorico, agenti cationizzanti,<br />

gas e liquidi pressurizzati,<br />

agenti per la pulizia, gas in bottiglia<br />

(acetilene, nitrogeno, ossigeno, gas<br />

protettivo), gas liquidi, gas da saldatura,<br />

solventi, fumi di scappamento.<br />

Bisogna, inoltre, tenere conto<br />

che molte di queste sostanze sono<br />

altamente combustibili, sotto pressione<br />

o ad alte temperature.<br />

Si è compreso, inoltre, che era<br />

possibile si verificasse l’accensione<br />

involontaria delle macchine durante<br />

la manutenzione, considerando che<br />

l’unica misura di protezione predisposte<br />

erano dei segnali di attenzione.<br />

L’azienda ha pertanto deciso di<br />

introdurre ulteriori sistemi di arresto<br />

per rendere più sicura l’attività<br />

di manutenzione.<br />

La soluzione individuata<br />

A seguito della valutazione dei<br />

rischi, un sistema di bloccaggio è<br />

stato installato per prevenire l’accensione<br />

involontaria delle unità operative<br />

soggette a manutenzione ed evitare<br />

l’emissione di sostanze a rischio.<br />

Inoltre, per quanto riguarda<br />

parte del personale competente in<br />

materia di sicurezza e medicina del<br />

lavoro come dai funzionari del servizio<br />

prevenzione. Questo è confermato<br />

anche dal fatto che le pagine internet<br />

del database sono le più visitate<br />

del sito del CRAM. La riuscita di<br />

questa metodologia, permetterà<br />

l’estensione del database, coprendo<br />

anche le piccole imprese.<br />

I database relativi alle sostanze<br />

chimiche possono quindi essere utili<br />

strumenti se realizzati con l’intento<br />

di riflettere la reale situazione delle<br />

industrie e i loro effettivi bisogni.<br />

Le specifiche informazioni relative<br />

ai rischi chimici sono inoltre preziose<br />

per mettere in grado le Autorità<br />

di identificare le priorità nell’ambito<br />

dei programmi di prevenzione.<br />

tutte le unità e i compiti è stata<br />

definita una specifica procedura che<br />

prevede esplicitamente come tutte<br />

le fonti di rischio vadano rese sicure<br />

attraverso procedure di bloccaggio<br />

da attivare prima dell’inizio del lavoro.<br />

Le attività interessate dalle procedure<br />

di bloccaggio sono state: la<br />

decontaminazione, gli impianti per<br />

la produzione e conservazione dell’energia,<br />

gli impianti di ventilazione,<br />

arresto e avvio di macchinari,<br />

tubi e container. Mentre sono stati<br />

previsti punti di ancoraggio per la<br />

salvaguardia e le ispezioni.<br />

Il sistema opera attraverso l’uso<br />

di una chiave di bloccaggio principale<br />

insieme a chiavi di bloccaggio<br />

personali di esclusivo controllo da<br />

parte dei lavoratori addetti alla manutenzione<br />

e alla riparazione.<br />

Bloccaggio principale<br />

● Prima dell’inizio dei lavori di<br />

manutenzione, viene nominato un<br />

manager del bloccaggio (detto<br />

LOM, dalle iniziali di Lockout Manager)<br />

per ciascun turno di lavoro.<br />

70 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Questa persona si assicura che il<br />

sistema, l’impianto e l’equipaggiamento<br />

siano messi in sicurezza nel<br />

rispetto delle procedure di bloccaggio<br />

definite. Il Lockout Manager è<br />

responsabile di mettere in sicurezza<br />

e bloccare le unità operative interessate<br />

alla manutenzione. Questa figura<br />

deve essere formata, valutata e<br />

certificata come competente nella<br />

realizzazione di procedure di isolamento<br />

per particolari compiti di manutenzione.<br />

● Il LOM esegue il blocco principale<br />

e il suo nome è registrato in<br />

un’apposita lista. Solamente il manager<br />

possiede le chiavi del bloccaggio<br />

principale ed è in grado di garantire<br />

che il blocco principale rimanga<br />

su tutto il gruppo anche quando tutti<br />

gli altri bloccaggi saranno rimossi.<br />

● Dopo aver bloccato tutto il necessario,<br />

il LOM evidenzia l’area di<br />

competenza degli operatori prima<br />

ed esegue un collaudo così da assicurarsi<br />

che l’impianto e l’equipaggiamento<br />

siano realmente ben isolati.<br />

Dopo questa verifica il lavoro di<br />

manutenzione può partire.<br />

● Se il lavoro copre più di un tur-<br />

Il problema affrontato<br />

Gli studenti universitari della facoltà<br />

di chimica di Leuvan oltre a<br />

lezioni teoriche frequentano lezioni<br />

di pratica all’interno dei laboratori<br />

entrando quotidianamente a contatto<br />

con strumenti, materiali e sostanze<br />

pericolose. Quando realizzano<br />

esperimenti questi studenti possono<br />

essere esposti a una vasta serie di<br />

rischi.<br />

Uno dei più importanti è il rischio<br />

di esposizione agli agenti chimici<br />

e in merito a ciò:<br />

● gli studenti non sono sufficientemente<br />

informati della pericolosità<br />

nell’utilizzare specifici prodotti e<br />

macchinari;<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

no, la chiave di bloccaggio principale<br />

è consegnata al LOM del nuovo<br />

turno, previa registrazione del suo<br />

nome.<br />

● Dopo aver concluso il lavoro e<br />

rimosso tutti i blocchi (il bloccaggio<br />

principale è l’ultimo a essere rimosso),<br />

il manager realizza una prova<br />

per assicurarsi del corretto funzionamento<br />

dell’unità, registra il completamento<br />

del lavoro nella lista di<br />

bloccaggio e informa il dipartimento<br />

della produzione.<br />

Bloccaggio personale<br />

Le procedure di bloccaggio sono<br />

seguite dal manager ma, prima che<br />

inizi il lavoro di manutenzione, ciascun<br />

lavoratore impegnato nell’attività<br />

di manutenzione deve effettuare<br />

il proprio bloccaggio personale e<br />

apporre la propria sigla identificativa.<br />

Questa procedura è valida anche<br />

per tutti i lavoratori a contratto che<br />

devono ricevere i bloccaggi personali<br />

dalla figura di riferimento in<br />

azienda. Ogni lavoratore conserva<br />

la propria chiave nella postazione di<br />

blocco e nessun’altra.<br />

Solamente i proprietari delle chia-<br />

3. <strong>Sicurezza</strong> per gli studenti di chimica<br />

Katholieke Universiteit Leuven - Belgium<br />

www.chem.kuleuven.ac.be/safety/index.html<br />

www.kuleuven.ac.be/admin/lp/niv2/pd-k01.htm<br />

● agli studenti, nel proseguo della<br />

loro carriera professionale, saranno<br />

richieste informazione e conoscenza<br />

delle tematiche relative alla sicurezza.<br />

Consapevole di questi rischi (e<br />

dell’importanza di una formazione<br />

precoce) la facoltà ha deciso di realizzare<br />

un’analisi dei rischi per gli<br />

studenti universitari di chimica.<br />

La soluzione individuata<br />

È stata definita una metodologia<br />

per la valutazione dei rischi più gravi<br />

e ricorrenti per gli studenti che<br />

svolgono attività di laboratorio la<br />

cui implementazione ha riguardato<br />

differenti livelli operativi:<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

vi possono rimuovere il proprio<br />

blocco. Se un bloccaggio rimane attivo<br />

e il lavoratore responsabile non<br />

può essere trovato (per esempio perché<br />

è andato a casa al termine del<br />

turno di lavoro), il blocco può essere<br />

rimosso solo dopo un’attenta analisi<br />

della situazione e con il beneplacido<br />

del responsabile dell’impianto.<br />

Tutti i lavoratori ricevono una<br />

formazione specifica sul sistema di<br />

bloccaggio. Per garantire l’efficacia<br />

del sistema sono stati diffusi volantini,<br />

diagrammi e altri strumenti informativi<br />

appositamente realizzati.<br />

I risultati ottenuti<br />

Il rischio potenziale di incidenti<br />

durante la manutenzione è stato ridotto.<br />

L’applicazione del sistema di<br />

bloccaggio prima dell’inizio dell’attività<br />

di manutenzione serve anche<br />

a ricordare ai lavoratori il rischio<br />

presente durante le loro operazioni.<br />

Sebbene l’introduzione di questo sistema<br />

abbia richiesto dei costi rilevanti,<br />

si sono riscontrati delle riduzioni<br />

significative sia nei tempi non<br />

produttivi che nella gravità degli incidenti.<br />

1. il servizio interno di prevenzione<br />

ha sviluppato un’idea per la valutazione<br />

del rischio. Questo è stato<br />

realizzato in collaborazione con il<br />

servizio ambientale, il servizio di<br />

salute sul lavoro, gli studenti e i<br />

lavoratori del laboratorio;<br />

2. è stato creato un gruppo di<br />

lavoro con il nome di “Safety and<br />

Didactics”;<br />

3. il gruppo di lavoro ha formulato<br />

delle regole base per svolgere<br />

le attività di laboratorio. Queste<br />

regole hanno incluso la pratica di<br />

effettuare un’analisi del rischio<br />

prima di ogni singolo esperimento;<br />

4. è stato realizzato un corso di<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 71


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

formazione per lo staff che svolge<br />

l’attività di laboratorio;<br />

5. le misure preventive di base<br />

individuate sono state proposte al<br />

comitato di prevenzione e protezione<br />

sul lavoro per l’approvazione;<br />

6. le mise preventive di base sono<br />

state diffuse come istruzioni di<br />

lavoro, attraverso vari sistemi di divulgazione<br />

tra cui un Manuale fornito<br />

a tutti gli studenti.<br />

Metodologia per l’analisi<br />

dei rischi durante gli esperimenti<br />

La metodologia individuata fa riferimento<br />

alla gerarchia per le misure<br />

di prevenzione e si avvale di una<br />

scheda pratica, utilizzabile sia nei<br />

laboratori di ricerca che nelle esercitazioni<br />

di chimica, su cui vengono<br />

registrate le informazioni che riguardano:<br />

● le caratteristiche dell’esperimento<br />

e i relativi prodotti e strumenti<br />

utilizzati;<br />

● lo staff e gli studenti esposti;<br />

● i rischi associati ai prodotti e agli<br />

strumenti utilizzati;<br />

● l’intenzione di ridurre i pericoli<br />

alla fonte. La sostituzione di prodotti<br />

altamente pericolosi con quelli<br />

meno pericolosi è stata considerata<br />

come passo prioritario. Se ciò non è<br />

possibile, l’uso di queste sostanze<br />

pericolose dovrebbe prevedere l’utilizzo<br />

della minima quantità necessa-<br />

Problema<br />

Con questo progetto si è inteso<br />

sviluppare una serie di strumenti di<br />

comunicazione per gli utenti dei laboratori<br />

scolastici di chimica con<br />

l’obiettivo di accrescere la sicurezza<br />

e la conoscenza dei rischi relativi<br />

all’uso di sostanza pericolose.<br />

Una ricerca realizzata dalla Federazione<br />

delle Aziende Chimiche (Fedichem)<br />

in più di 200 laboratori scolastici<br />

aveva rilevato che le misure<br />

di sicurezza applicate nei laboratori<br />

ria;<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

● l’esposizione deve essere limitata<br />

utilizzando protezioni collettive e<br />

individuali, laddove le prime non si<br />

dimostrassero sufficienti;<br />

● le modalità di supervisione degli<br />

studenti;<br />

● lo smaltimento dei rifiuti;<br />

● le azioni da intraprendere in caso<br />

di incidenti, emergenza e primo soccorso.<br />

Per alcuni specifici e pericolosi<br />

agenti chimici, bisogna dimostrare<br />

che il loro uso è indispensabile e<br />

che non possono essere sostituiti. Il<br />

dipartimento di sicurezza deve<br />

averne approvato l’uso.<br />

Ci sono inoltre alcuni agenti chimici<br />

per i quali bisogna richiedere<br />

una speciale licenza.<br />

Il Comitato<br />

“Safety and Didactics”<br />

Formato un apposito comitato di<br />

lavoro, in aggiunta al servizio di<br />

prevenzione, al servizio di salute<br />

sul lavoro e al servizio ambientale,<br />

il comitato prevede la rappresentanza<br />

anche di membri delle facoltà in<br />

cui vengono utilizzati gli agenti pericolosi.<br />

Questi rappresentanti sono le persone<br />

che in genere si occupano delle<br />

supervisioni durante le esercitazioni.<br />

4. Prevenzione del rischio chimico nei laboratori scolastici<br />

Ministry of the French-speaking Community - Belgium<br />

www.espace.cfwb.be/sippt<br />

scolastici di chimica sono insufficienti.<br />

Il Ministro della Comunità di Lingua<br />

Francese ha deciso di assumere<br />

un’iniziativa finalizzata a migliorare<br />

la cultura della sicurezza e della<br />

prevenzione del rischio nei laboratori<br />

scolastici di chimica. Gli insegnanti<br />

sono stati direttamente interessati<br />

in quanto è stato loro richiesto<br />

di saper implementare misure di<br />

sicurezza nei laboratori. Un’attività<br />

d’informazione è stata poi rivolta al<br />

Le regole base<br />

Le regole base approntate dal comitato<br />

sono state divulgate attraverso<br />

i seguenti sistemi:<br />

● pubblicazione sul sito Web;<br />

● discussione durante la formazione<br />

dei supervisori delle esercitazioni.<br />

La formazione di questo personale<br />

è organizzata annualmente dal servizio<br />

di prevenzione;<br />

● pubblicazione sul Manuale delle<br />

esercitazioni di chimica;<br />

● presenza nel pacchetto informativo<br />

per gli studenti. Questo pacchetto<br />

è consegnato agli studenti di chimica<br />

del primo anno sottoforma di<br />

CD-ROM. Gli altri studenti possono<br />

consultare la documentazione<br />

sul sito Web.<br />

I risultati ottenuti<br />

Gli studenti hanno migliorato<br />

la loro conoscenza dei rischi e delle<br />

relative misure preventive. La<br />

gerarchia delle misure di prevenzione<br />

è ora osservata in maniera<br />

più scrupolosa. Nell’esecuzione di<br />

un discreto numero di esperimenti<br />

le sostanze altamente pericolose<br />

sono state sostituite da altre alternative<br />

e meno pericolose. Una<br />

maggiore attenzione è stata posta<br />

nell’uso di cappe aspiranti e nell’utilizzo<br />

di misure di protezione<br />

individuale come camici, occhiali<br />

e guanti.<br />

personale del laboratorio perché fosse<br />

ben informato sui rischi e le implicazioni<br />

associate ad alcuni specifici<br />

esperimenti, venisse messo in<br />

grado di implementare le misure di<br />

sicurezza, e fosse capace di intervenire<br />

effettivamente in casi di incendio<br />

o altri incidenti.<br />

Le soluzioni individuate<br />

Il Ministero si è impegnato direttamente<br />

nello sviluppo dei vari strumenti<br />

di comunicazione e informa-<br />

72 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 73


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

74 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


zione, l’ufficio ministeriale competente,<br />

gli ispettori delle aziende chimiche<br />

e i medici hanno collaborato<br />

nell’implementazione degli strumenti.<br />

Le risorse sviluppate includono:<br />

● un opuscolo, dal titolo “Il buon<br />

senso nell’uso di prodotti pericolosi”<br />

che fornisce informazioni accessibili<br />

in merito ai requisiti legali,<br />

alle denominazioni chimiche, alla<br />

gestione dell’inventario, all’utilizzo<br />

di prodotti pericolosi (conservazione,<br />

utilizzo, dispositivi di protezione,<br />

smaltimento dei rifiuti, norme di<br />

sicurezza, buone prassi, ...);<br />

● una lista di controllo composta<br />

da una serie di domande atte a valutare<br />

la conformità del laboratorio<br />

con norme, metodi e buone prassi.<br />

Spiegazioni pratiche e riferimenti legislativi<br />

accompagnano tutte le domande;<br />

● delle sedute di formazione e informazione<br />

per insegnanti e assistenti<br />

in merito al rischio chimico<br />

nei laboratori scolastici e misure di<br />

prevenzione, uso di strumenti comu-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

nicativi inclusi specifici software.<br />

Queste sessioni di formazione sono<br />

organizzate in collaborazione con il<br />

servizio responsabile della progettazione<br />

e dell’osservanza delle linee<br />

guida nei corsi di chimica (ispettori<br />

della chimica);<br />

● una lista di sostanze cancerogene,<br />

agenti chimici e inoltre alcune<br />

sostanze proibite per i giovani lavoratori<br />

e le lavoratrici incinte;<br />

● una lista delle domande poste<br />

con più frequenza;<br />

● un software per stampare le etichette<br />

di sicurezza degli agenti chimici<br />

usati nei laboratori scolastici;<br />

● delle linee guida per gli studenti,<br />

il loro comportamento, l’uso sicuro<br />

della strumentazione, l’igiene, la<br />

salute e l’utilizzo in sicurezza delle<br />

sostanze chimiche;<br />

● delle lezioni speciali, sia per studenti<br />

che per insegnanti, al fine di<br />

introdurre il concetto di valutazione<br />

della sicurezza e della prevenzione;<br />

● una circolare informativa rivolta<br />

a tutte le scuole secondarie con<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

oggetto: principali misure di prevenzioni<br />

del rischio chimico, strumenti<br />

di comunicazione e loro<br />

obiettivi, regole e responsabilità civili<br />

e penali della direzione scolastica,<br />

degli insegnanti e degli assistenti.<br />

I risultati ottenuti<br />

Gli strumenti sono stati positivamente<br />

recepiti. Le scuole sono ora<br />

in una migliore condizione rispetto<br />

alla comprensione dei rischi presenti<br />

nelle attività di laboratorio e possono<br />

così realizzare una valutazione<br />

di questi rischi e mettere in campo<br />

le necessarie misure e infrastrutture<br />

per utilizzare in sicurezza sostanze<br />

e preparati pericolosi. Il progetto<br />

prevede anche successive attività come<br />

la conservazione di sostanze pericolose,<br />

l’eliminazione dei rifiuti,<br />

l’implementazione di infrastrutture<br />

uniformi all’interno di tutti i laboratori<br />

scolastici e l’inserimento di informazioni<br />

nel sito Web. l<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 75


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Si conclude la pubblicazione degli abstract delle buone prassi premiate dall’Agenzia nel 2002<br />

Organizzazione del lavoro e prevenzione della violenza<br />

tra i temi delle buone pratiche scelte da Bilbao<br />

di Ilaria Massardi, ricercatrice nel campo della formazione e della salute e sicurezza del lavoro<br />

In occasione della Settimana<br />

europea per la salute e la sicurezza<br />

del lavoro del 2002 erano<br />

state premiate le aziende<br />

europee che avevano presentato<br />

gli approcci maggiormente<br />

innovativi nella prevenzione<br />

dei rischi psicosociali e dello<br />

stress, tema prescelto per quella<br />

edizione. Pubblichiamo gli<br />

ultimi abstract (si vedano gli articoli<br />

della stessa autrice in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

nn. 7 e<br />

12/2003) delle esperienze vincitrici<br />

nel 2002.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

9. Organizzazione del lavoro salubre<br />

e di successo in un call center<br />

Stadtsparkasse Hannover - Germania<br />

Problema<br />

Il Centro informazioni della Stadtsparkasse<br />

di Hannover, tenendo conto<br />

dei fattori di rischio psicosociali a cui i<br />

dipendenti di un call center sono sottoposti,<br />

si è posto come obiettivo di realizzare<br />

un piano di prevenzione dello<br />

stress professionale al momento dell’attivazione<br />

di un proprio call center.<br />

I fattori di rischio psicosociale più<br />

frequenti nell’ambito di questa attività<br />

lavorativa sono rappresentati dalla monotonia,<br />

dallo scarso controllo esercitabile<br />

sul proprio lavoro e dal lungo<br />

tempo trascorso al telefono, in particolare<br />

quest’ultima attività, che caratterizza<br />

il lavoro degli addetti ai call center,<br />

rappresenta il fattore principale<br />

che influisce sulla fatica mentale cui<br />

gli operatori sono sottoposti.<br />

Intervento<br />

L’intervento è stato realizzato adottando<br />

un approccio olistico e preventivo.<br />

Durante la fase di pianificazione<br />

sono stati, pertanto, utilizzati strumenti<br />

di valutazione qualitativi e quantitativi<br />

per stabilire il livello di impegno cognitivo-relazionale<br />

che comportano le attività<br />

svolte dallo staff del call center.<br />

Durante la realizzazione del progetto<br />

è stata utilizzata un’attrezzatura software<br />

per identificare in quali momenti<br />

della giornata lavorativa si presentassero<br />

condizioni particolarmente significative<br />

di stress. La programmazione del<br />

lavoro è stata, quindi, attuata prevedendo<br />

una sequenza mista di compiti semplici<br />

e compiti più complessi, mante-<br />

nendo così lo stress ad un livello adeguato<br />

alle reali condizioni di lavoro. A<br />

riguardo sono stati consultati i realizzatori<br />

dell’hardware e del software dell’ufficio<br />

e i produttori di attrezzature e<br />

le associazioni industriali coinvolte,<br />

mentre lo staff è stato interpellato una<br />

volta istituito il call center.<br />

Le misure organizzative adottate a<br />

seguito dell’indagine fanno riferimento<br />

ai principi di seguito illustrati:<br />

● partecipazione: coinvolgimento<br />

dello staff nel prendere decisioni;<br />

● rotazione del lavoro: realizzazione<br />

di un sistema di rotazione tra i<br />

componenti dello staff all’interno<br />

dello stesso livello gerarchico;<br />

● completezza del compito: garantire<br />

che ciascun lavoratore, facendo<br />

scelte e prendendo decisioni, sia responsabile<br />

di seguire un caso dall’inizio<br />

alla fine;<br />

● campo lavorativo: tentativi sono<br />

stati fatti per ampliare per quanto<br />

possibile il campo di attività, così<br />

che i componenti dello staff possano<br />

scegliere quale compito eseguire<br />

e quando. I membri dello staff hanno,<br />

inoltre, completa libertà nel rapporto<br />

con l’utenza rispetto a ciò che<br />

dicono; non ci sono quindi testi<br />

scritti sullo schermo da seguire;<br />

● un sistema di brevi pause: dopo<br />

ogni ora di lavoro, i componenti<br />

dello staff possono prendere 10 minuti<br />

di pausa e sono incoraggiati ad<br />

allontanarsi dallo schermo.<br />

Le misure preventive adottate includono<br />

percorsi formativi per il man-<br />

76 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


tenimento e l’uso della voce, la gestione<br />

dello stress e il rilassamento. Inoltre<br />

sono stati effettuati miglioramenti<br />

dell’ambiente di lavoro quali ad esempio<br />

l’introduzione dell’aria condizionata<br />

e l’utilizzo di scrivanie con altezza<br />

regolabile.<br />

Problema<br />

Lo Jorvi Hospital ha sviluppato un<br />

progetto pilota per pianificare i turni<br />

di lavoro nel reparto di fisioterapia.<br />

L’ospedale prevede, infatti, servizi di<br />

fisioterapia per i pazienti ricoverati in<br />

tutti i reparti dell’ospedale e per pazienti<br />

esterni che usufruiscono del servizio<br />

a livello ambulatoriale.<br />

I turni, organizzati in periodi di tre<br />

settimane, sono effettuati dal lunedì<br />

al venerdì, dalle ore 8,00 alle 16,00,<br />

mentre il sabato e la domenica sono<br />

liberi.<br />

L’incremento del numero dei pazienti<br />

di fisioterapia, in modo particolare<br />

di quelli esterni, ha portato ad un<br />

aumento del carico di lavoro per gli<br />

operatori. Inoltre era divenuta più intensa<br />

anche l’attività di fisioterapia<br />

nei confronti dei pazienti interni in<br />

quanto, per ridurre i costi di degenza,<br />

veniva sempre più spesso richiesto di<br />

abbreviare il periodo di riabilitazione<br />

e di convalescenza dei ricoverati.<br />

In questo tipo di situazione si è<br />

osservato come la programmazione<br />

non flessibile dei turni di lavoro fosse<br />

d’intralcio all’efficienza del lavoro e<br />

creasse problemi di affaticamento e<br />

stress per i dipendenti. La rigidità dell’orario<br />

di lavoro, infatti, metteva i<br />

fisioterapisti nella condizione di doversi<br />

contendere i pazienti con il resto<br />

dello staff ospedaliero che lavorava<br />

nei medesimi orari. Questo fatto causava<br />

problemi alla buona riuscita dell’attività<br />

terapeutica. Durante la fisioterapia<br />

i pazienti svolgono un ruolo<br />

attivo, devono quindi essere messi nella<br />

condizione di essere coinvolti attivamente<br />

nella sessione di terapia.<br />

Inoltre, la relazione paziente-fisio-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Risultati<br />

Dopo l’apertura del call center è<br />

stato effettuato un riesame delle misure<br />

preventive.<br />

Non è stata registrata nessuna indicazione<br />

relativa all’incremento del livello<br />

di stress, né sono stati rilevati<br />

terapista gioca un ruolo chiave per la<br />

buona riuscita dell’intervento terapeutico;<br />

la tranquillità, la concentrazione<br />

e la privacy sono aspetti che non possono<br />

essere trascurati.<br />

L’introduzione di turni di lavoro<br />

flessibili per i fisioterapisti avrebbe,<br />

quindi, risolto il problema relativo alla<br />

disponibilità dei pazienti e dei locali<br />

per la fisioterapia. Inoltre un uso<br />

più flessibile dell’orario di lavoro<br />

avrebbe garantito maggiori opportunità<br />

di incontri e scambi tra i fisioterapisti<br />

e i parenti dei pazienti.<br />

Il lavoro svolto nel settore della cura<br />

alla persona prevede attività che<br />

comportano fatica fisica e mentale ed<br />

in particolare nel lavoro person to person,<br />

come quello del fisioterapista, il<br />

livello di stress mentale dovuto al carico<br />

di lavoro è anche maggiore. Inoltre<br />

bisogna tenere conto che l’utilizzo di<br />

turni rigidi rappresenta una discriminante<br />

di genere che colpisce prioritariamente<br />

le donne, e la fisioterapia è<br />

un’attività professionale che impegna<br />

molte donne. Spesso gli orari di lavoro<br />

risultano incompatibili con la cura della<br />

famiglia e la gestione della casa,<br />

attività che riguardano ancora in modo<br />

prevalente le donne. L’introduzione di<br />

turni flessibili organizzati in modo autonomo<br />

dai dipendenti può rendere,<br />

quindi, più compatibile il lavoro anche<br />

con la vita familiare e ne trarrebbe<br />

giovamento sia il benessere dei lavoratori<br />

che l’organizzazione del lavoro.<br />

Intervento<br />

Gli obiettivi sviluppati dal progetto<br />

del reparto di fisioterapia dello Jorvi<br />

Hospital sono da individuare ne:<br />

● la realizzazione di una sperimen-<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

livelli di tensioni inaccettabili.<br />

È stato, inoltre, constatato un alto<br />

grado di soddisfazione e motivazione<br />

al lavoro; il coinvolgimento è alto. Il<br />

successo economico del call center è<br />

in parte basato sulle buone condizioni<br />

di lavoro.<br />

10. Modello per la pianificazione dei turni di lavoro in autonomia<br />

HYKS - Jorvi Hospital (Finlandia)<br />

tazione in merito alla pianificazione<br />

dei turni di lavoro autonomi in modo<br />

tale che i dipendenti abbiano il<br />

controllo sulla programmazione dei<br />

tempi di lavoro. Ciascun lavoratore<br />

deve saper pianificare il proprio tempo<br />

di lavoro e, attraverso il controllo<br />

di un supervisore, compilare un<br />

programma di lavoro;<br />

● la valutazione dell’impatto dell’azione<br />

intrapresa sul benessere<br />

dei lavoratori;<br />

● il monitoraggio in merito all’impatto<br />

che sulla produttività, sul contenuto<br />

del lavoro e sull’efficienza<br />

del servizio ha avuto la crescita di<br />

autonomia nella programmazione<br />

dei turni di lavoro da parte dei fisioterapisti.<br />

Il modello del Jorvi Hospital è costituito<br />

da due fondamentali elementi: il<br />

primo consente agli operatori di pianificare<br />

e implementare i turni base con<br />

turni di lavoro autonomi da loro stessi<br />

proposti; il secondo invece punta a formare<br />

gli impiegati perché acquisiscano<br />

le competenze necessarie per la pianificazione<br />

dei turni di lavoro.<br />

Mentre la tradizionale organizzazione<br />

del lavoro garantiva il servizio<br />

di fisioterapia dalle 8,00 alle 16,00, la<br />

sperimentazione di turni definiti autonomamente<br />

dai dipendenti ha permesso<br />

di coprire con il servizio una fascia<br />

oraria più ampia della precedente inclusa<br />

tra le 7,00/8,00 e le 16,00/18,00.<br />

La Capo sala ha il compito di controllare<br />

le liste dei turni 10 giorni prima<br />

del loro inizio e, se necessario,<br />

può effettuare cambiamenti intensificando<br />

la presenza di unità lavorative<br />

se valuta che in determinati orari o<br />

giorni il personale previsto è inadeguato.<br />

I dipendenti possono cambiare il<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 77


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

loro turno di lavoro ma solo previa<br />

approvazione della Capo sala.<br />

Risultati<br />

La sperimentazione realizzata allo<br />

Jorvi Hospital sulla programmazione<br />

di turni di lavoro autonomi è stata<br />

condotta nel rispetto della normativa<br />

sull’orario di lavoro della Comunità<br />

Europea, dei regolamenti e della legislazione<br />

del lavoro finlandese, degli<br />

Accordi collettivi stipulati tra le parti<br />

sociali.<br />

L’implementazione e l’impatto del-<br />

Problema<br />

Il Midland Health Board, una<br />

struttura del Servizio sanitario regionale,<br />

all’interno della propria complessiva<br />

strategia organizzativa, ha lavorato<br />

per costruire un Programma<br />

di prevenzione allo stress per il proprio<br />

staff, al fine di migliorarne la<br />

qualità della vita lavorativa.<br />

L’obiettivo prioritario del progetto<br />

è rappresentato dall’elaborazione di<br />

uno strumento per la valutazione del<br />

livello di stress.<br />

L’Autorità Nazionale di Salute e<br />

<strong>Sicurezza</strong> ha, inoltre, deciso di progettare<br />

uno strumento per la valutazione<br />

e la gestione del rischio che fosse di<br />

facile utilizzo e, quindi, particolarmente<br />

adatto anche per le Piccole e<br />

Medie Imprese.<br />

Secondo l’Autorità di Salute e <strong>Sicurezza</strong>,<br />

per una buona riuscita del programma<br />

di prevenzione era necessario<br />

che la gestione dello strumento e<br />

l’analisi dei dati e delle informazioni<br />

non richiedesse l’intervento di uno<br />

staff di livello professionale, ma che<br />

fosse possibile una gestione autonoma<br />

dello strumento proposto anche da parte<br />

di un utente non esperto.<br />

Intervento<br />

Il Midland Health Board ha sviluppato<br />

un’iniziativa congiunta in colla-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

la nuova metodologia di pianificazione<br />

dei turni sono stati monitorati per<br />

un intero anno. L’impatto sulla disponibilità<br />

del servizio di fisioterapia è<br />

stato studiato con questionari e interviste<br />

rivolte ai pazienti e al personale<br />

dello staff:<br />

● i fisioterapisti hanno dichiarato<br />

che la realizzazione della sperimentazione<br />

ha accresciuto la loro capacità<br />

di gestione, il desiderio di lavorare<br />

e la produttività;<br />

● i dipendenti dell’ospedale hanno<br />

segnalato che la sperimentazione ha<br />

borazione con l’Autorità Nazionale di<br />

Salute e <strong>Sicurezza</strong> la quale, avvalendosi<br />

della collaborazione del Servizio di<br />

Educazione alla Salute, ha promosso<br />

la ricerca “Work Positive - Prevenzione<br />

dello stress professionale” per l’individuazione<br />

di un metodo di gestione<br />

del rischio di stress. Il progetto pilota<br />

che prevede un sistema di comunicazione<br />

e consultazione, mediante il quale<br />

identificare, prevenire e gestire lo<br />

stress professionale, è stato realizzato<br />

in 14 strutture individuate nell’ambito<br />

del Servizio sanitario Regionale<br />

Il progetto Work positive traccia<br />

un percorso articolato in 5 Azioni finalizzate<br />

a migliorare la gestione dello<br />

stress correlato al lavoro:<br />

Azione 1: elevare la consapevolezza<br />

dei lavoratori riguardo alle situazioni<br />

che possono essere causa di stress<br />

professionale;<br />

Azione 2: effettuare delle misurazioni<br />

con un apposito strumento;<br />

Azione 3: identificare i rischi, attraverso<br />

l’apposito questionario messo a<br />

punto per la valutazione del rischio;<br />

Azione 4: individuare e implementare<br />

soluzioni;<br />

Azione 5: valutare le soluzioni<br />

adottate e riesaminare i rischi.<br />

Per la realizzazione del percorso ideato<br />

viene messo a disposizione degli<br />

utenti un kit di supporto contenente:<br />

● uno strumento di misurazione;<br />

migliorato la compatibilità tra lavoro,<br />

tempo libero e impegni familiare,<br />

mentre ha ridotto la fatica mentale<br />

e lo stress correlato al lavoro;<br />

● l’utilizzo di questo sistema di rotazione<br />

ha facilitato l’accesso al trattamento<br />

da parte dei pazienti.<br />

Alla luce dei risultati del monitoraggio<br />

i dipendenti dell’ospedale, ed<br />

in particolare i fisioterapisti, hanno<br />

chiesto alla direzione del Jorvi Hospital<br />

di continuare ad usare il modello<br />

per la pianificazione dei turni di lavoro<br />

in autonomia, così il sistema è stato<br />

adottato in modo permanente.<br />

11. “Work positive” - Uno strumento per l’esame del livello di stress<br />

sul luogo di lavoro utilizzabile nelle Pmi<br />

Midland Health Board, Irlanda<br />

● un questionario per la valutazione<br />

del rischio;<br />

● una guida (per manager, dipendenti<br />

e per valutatori);<br />

● le istruzioni per l’applicazione;<br />

● una guida per la riduzione dei<br />

rischi che presenta studi di casi.<br />

Per realizzare l’azione pilota prevista<br />

dal progetto è stato scelto, insieme<br />

al Servizio sanitario regionale, un piccolo<br />

ospedale situato in un paese di campagna,<br />

che già precedentemente aveva<br />

rivolto la propria attenzione al problema<br />

dello stress correlato al lavoro.<br />

Per comprendere le modalità di attuazione<br />

del progetto è interessante<br />

seguirne la realizzazione attraverso le<br />

sue fasi, di cui illustriamo di seguito<br />

le azioni pratiche attuate:<br />

● invio di una lettera a tutto lo<br />

staff per informarlo riguardo agli<br />

obiettivi e alle azioni del progetto;<br />

● realizzazione, da parte degli<br />

ispettori di salute e sicurezza, di<br />

una sessione di workshop rivolta a<br />

tutto lo staff, nell’ambito del quale<br />

sono state fornite informazioni riguardo<br />

i rischi, i danni e la prevenzione,<br />

a livello individuale e organizzativo,<br />

dello stress correlato al<br />

lavoro. L’amministrazione ha organizzato<br />

una copertura dell’orario dello<br />

staff affinché tutti i componenti<br />

potessero prendere parte alle sessioni<br />

di studio;<br />

78 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


● invio di un questionario a tutto lo<br />

staff da compilare autonomamente<br />

con l’obiettivo di individuare i tre<br />

principali fattori di rischio mediante il<br />

coinvolgimento anche del dirigente responsabile.<br />

Alla luce dell’indagine svolta i<br />

principali fattori di stress individuati<br />

sono stati:<br />

● l’orario di inizio del lavoro degli<br />

assistenti infermieri che non permette<br />

a questi di prendere parte agli incontri<br />

mattutini dello staff infermieristico.<br />

Questo significa che gli assistenti non<br />

ricevono le informazioni relative ai<br />

pazienti di cui si dovranno poi prendere<br />

cura;<br />

● l’inconsistenza della struttura dei<br />

turni e dell’organizzazione del lavoro<br />

in particolare per quanto riguarda il<br />

numero degli addetti;<br />

● la mancanza di una struttura adeguata<br />

per poter fare la doccia facilmente<br />

sul luogo di lavoro.<br />

Problema<br />

Indagini che hanno coinvolto datori<br />

di lavoro ed esperti di business, nel<br />

nord del Rhine-Westphalia hanno evidenziato<br />

i seguenti aspetti:<br />

- da un parte, si verifica una crescita<br />

dei fattori di stress occupazionale<br />

(sovraccarico di responsabilità, orari<br />

eccessivi, frequenti pressioni, vessazioni);<br />

- dall’altra, i datori di lavoro e gli<br />

esperti di business ritengono che questi<br />

problemi poco o nulla hanno a che<br />

fare con la salute e la sicurezza sul<br />

lavoro. Molti di loro, infatti, continuano<br />

a considerare le questioni relative<br />

alla salute e alla sicurezza connesse<br />

esclusivamente alle tradizionali misure,<br />

quali, ad esempio, l’indossare scarpe<br />

protettive, occhiali ed elmetti di<br />

protezione, ecc.<br />

Ne emerge, quindi, la necessità di promuovere<br />

una maggiore consapevolezza<br />

tra le figura chiave della prevenzione<br />

aziendale riguardo ai problemi e<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Per far fronte ai principali fattori di<br />

stress individuati sono state proposte<br />

e adottate le seguenti misure:<br />

● modifica dell’orario di inizio di lavoro<br />

degli assistenti infermieri in modo<br />

che questi possano prendere parte<br />

alle riunioni degli infermieri. Questo<br />

intervento comporta vantaggi ad entrambe<br />

le figure interessate; in particolare<br />

si è notato che gli infermieri si<br />

sentono, in questo modo, maggiormente<br />

sostenuti ed aiutati;<br />

● consultazione di un esperto di organizzazione<br />

del lavoro all’atto della<br />

pianificazione dei turni, inserimento<br />

di nuovi assistenti;<br />

● costruzione di due docce per gli<br />

operatori all’interno della struttura<br />

dell’ospedale.<br />

Sono stati inoltre realizzati ulteriori<br />

interventi complementari che includono:<br />

● la costruzione di un Servizio permanente<br />

di promozione della salute;<br />

alle misure che possono ridurre i fattori<br />

di stress.<br />

Intervento<br />

L’azione d’intervento è stata individuata<br />

in una Campagna di informazione<br />

regionale, pianificata con l’obiettivo<br />

di coinvolgere un vasto numero di<br />

partner interessati ai problemi relativi<br />

allo stress professionale e al fenomeno<br />

del bullying sul luogo di lavoro.<br />

La prima Fase del progetto GiGa<br />

(Iniziativa congiunta per un ambiente<br />

di lavoro più salubre) ha previsto la<br />

realizzazione di uno studio finalizzato<br />

a comprendere quale fosse il modo<br />

migliore per affrontare il problema.<br />

Ne è emerso che un aspetto ritenuto<br />

fondamentale per la buona riuscita<br />

del progetto era l’effettivo coinvolgimento<br />

delle parti sociali della regione<br />

del nord Rhine-Westphalia. Sono stati<br />

pertanto coinvolti:<br />

● i lavoratori;<br />

● i sindacati;<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

● la definizione di un quadro di programmi<br />

per promuovere un corretto<br />

stile di vita e il benessere dello staff;<br />

● la divulgazione di informazioni<br />

riguardo all’alimentazione sana, all’organizzazione<br />

del lavoro, ad esercizi<br />

di rilassamento e per la gestione<br />

dello stress.<br />

Risultati<br />

Prima di questa iniziativa i livelli<br />

di stress professionale erano drammaticamente<br />

in crescita. In seguito alla<br />

sperimentazione attuata con il progetto<br />

pilota è stata registrata una diminuzione<br />

dei fattori di stress. Le attività<br />

realizzate fuori e durante l’orario di<br />

lavoro sono frequentate con assiduità<br />

e interesse.<br />

I risultati ottenuti con il progetto pilota<br />

hanno soddisfatto il Servizio sanitario<br />

regionale tanto da indurlo ad estendere<br />

la realizzazione di un programma<br />

di prevenzione allo stress all’intera<br />

struttura territoriale del Midland.<br />

12. “GiGa” - Iniziativa congiunta per un ambiente di lavoro più salubre - Campagna<br />

di informazione regionale sullo stress e sul fenomeno del bullying nell’ambiente di lavoro<br />

Gemeinnschaftsinitiative Gesünder Arbeiten e. V. (Germania)<br />

● le compagnie d’assicurazione<br />

che operano all’interno di imprese<br />

pubbliche e private. L’intero programma<br />

della campagna di informazione<br />

verrà realizzato nel corso di 3 anni.<br />

Obiettivi generali della campagna<br />

sono il favorire l’apprendimento gli<br />

uni dagli altri e promuovere la creazione<br />

di un network di lavoro, pertanto<br />

si è puntato a:<br />

● accrescere la consapevolezza tra<br />

gli attori chiave - lavoratori dipendenti,<br />

sindacati e assicurazioni sulla salute<br />

e gli infortuni - e lo scambio di<br />

informazioni e conoscenze tra questi<br />

ultimi e coloro che aiutano a formare<br />

l’opinione pubblica, quali i giornalisti<br />

di quotidiani, riviste e riviste specializzate,<br />

agenzie di notizie, radio, televisione;<br />

● favorire lo sviluppo di un approccio<br />

olistico tra i vari attori, in particolare<br />

lavoratori dipendenti, datori di lavoro,<br />

manager, consigli aziendali, ufficio<br />

di salute e sicurezza, medici del<br />

lavoro nelle piccole e medie imprese.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 79


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Le modalità di attuazione della<br />

campagna hanno riguardato:<br />

● la garanzia di un forte impatto su<br />

un vasto pubblico realizzato dai media<br />

e dalla pubblicità;<br />

● la definizione di misure di carattere<br />

informativo;<br />

● la previsione di attività di consulenza<br />

e assistenza pratica;<br />

● l’individuazione e la pubblicizzazione<br />

di esempi di buone prassi;<br />

● la creazione di una rete.<br />

Attività specifiche hanno incluso<br />

la realizzazione di:<br />

● un premio di buona prassi per le<br />

piccole e medie imprese;<br />

● una linea telefonica d’aiuto per<br />

Problema<br />

La Semta, società che garantisce il<br />

servizio del trasporto pubblico nella<br />

città di Amiénois, occupa 335 addetti<br />

e realizza quotidianamente 16 itinerari<br />

cittadini con un numero di passeggeri<br />

che, nel corso del 2001, ha raggiunto<br />

le 14.500.000 unità.<br />

Gli operatori che lavorano in contatto<br />

con il pubblico subiscono frequentemente<br />

aggressioni da parte di<br />

terzi. Si tratta prevalentemente di azioni<br />

violente contro la persona, nella<br />

forma di attacchi verbali o fisici e,<br />

inoltre, di danni materiali contro le<br />

vetture, causati dal lancio di pietre<br />

contro i finestrini.<br />

La ripetuta esperienza di situazioni<br />

violente ha portato ad un deterioramento<br />

del clima nell’ambiente di lavoro<br />

ed il personale si trova a svolgere<br />

la propria attività in uno stato di permanente<br />

tensione.<br />

Intervento<br />

L’Azienda ha realizzato un piano<br />

di prevenzione dei rischi connessi alla<br />

violenza da parte di terzi che include:<br />

● l’impiego di risorse umane e materiali<br />

secondo quanto stabilito nell’ac-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

le vittime di vessazioni e mobbing<br />

nel luogo di lavoro. Durante la sola<br />

prima settimana la helpline ha ricevuto<br />

più 5.000 telefonate;<br />

● una hotline per disponibili sulla homepage<br />

relative al progetto GiGa;<br />

● una campagna d’informazione<br />

lanciata dal Ministero del Lavoro;<br />

● una linea telefonica diretta con il<br />

Ministero sui problemi di mobbing.<br />

La linea telefonica per le vittime di<br />

mobbing forniva assistenza sul problema<br />

e informazioni relative a chi rivolgersi,<br />

mettendo a disposizione contatti<br />

con medici, psicologi e avvocati. Il<br />

lancio della linea è stato accompagnato<br />

da un’intensa campagna dei media.<br />

cordo aziendale del 4 marzo 1999<br />

(Accordo sulla sicurezza dello staff e<br />

dei veicoli della società Semta);<br />

● l’assistenza legale e il supporto psicologico<br />

(attraverso specifiche metodologie<br />

di counselling) al personale<br />

dell’azienda, coinvolto in aggressioni<br />

o incidenti gravi;<br />

● il coordinamento operativo con le<br />

forze dell’ordine della municipalità di<br />

Amiénois. La costituzione della Commissione<br />

<strong>Sicurezza</strong> cui partecipano oltre<br />

al Comune della Città di Amiénois,<br />

il sevizio d’ordine metropolitano,<br />

la polizia nazionale e municipale, l’autorità<br />

giudiziaria, gli sponsor per le<br />

iniziative sociali, le autorità scolastiche,<br />

professionisti nel campo della psicoterapia<br />

e del sostegno;<br />

● la stretta collaborazione tra i rappresentati<br />

eletti dai lavoratori e i membri<br />

della Commissione aziendale di<br />

Igiene, <strong>Sicurezza</strong> e delle Condizioni<br />

di Lavoro. Pubblicazioni statistiche trimestrali<br />

forniscono rapporti aggiornati<br />

e dettagliati sulle aggressioni allo<br />

staff e sul materiale danneggiato. Inoltre<br />

si è provveduto ad un’esauriente<br />

presentazione delle nuove misure di<br />

prevenzioni e di sicurezza;<br />

● un sistema di comunicazione tra-<br />

Risultati<br />

La riuscita della Campagna è stata<br />

valutata considerando:<br />

● i numerosi contatti ricevuti attraverso<br />

i quotidiani;<br />

● il successo del sito web;<br />

● il materiale informativo distribuito;<br />

● le richieste d’aiuto e informazioni<br />

ricevute tramite telefono, posta, e-mail.<br />

L’utilizzo delle reti e delle strutture<br />

informative ha permesso alla Campagna<br />

di realizzare un forte impatto<br />

su un vasta area di utenza. Mentre la<br />

creazione del network, il coinvolgimento<br />

delle parti sociali e degli attori<br />

chiave sono stati fondamentali per la<br />

buona riuscita della Campagna.<br />

13. Implementazione di un piano di prevenzione dei rischi connessi alla violenza<br />

esercitata da terzi nel settore del trasporto pubblico urbano<br />

SEMTA Transport Publics Urbains Amiénois - ASMIS Service Interenterprises de Santé<br />

au travail de la Somme, Francia<br />

sparente nell’azienda, il personale viene<br />

infatti informato in tempo reale in<br />

merito agli incidenti, attraverso messaggi<br />

alla radio e locandine, o volantini<br />

informativi appesi a bordo delle<br />

vetture. Nello stesso tempo un rapporto<br />

sugli incidenti viene regolarmente<br />

spedito all’autorità pubblica.<br />

Le misure preventive per i rischi<br />

riguardano più specificamente:<br />

● il consolidamento del team<br />

d’ispezione anche per mezzo degli<br />

assistenti responsabili del controllo<br />

del biglietto;<br />

● la graduale installazione su tutti i<br />

bus di telecamere a circuito chiuso;<br />

● lo stretto controllo delle zone a rischio<br />

di lancio di sassi mediante un<br />

coordinatore per la sicurezza e ufficiali<br />

d’intervento che hanno una buona<br />

conoscenza dei distretti e rapporti<br />

con le associazioni locali (con le quali<br />

hanno organizzato la settimana antiagressione);<br />

● un maggiore coinvolgimento delle<br />

autorità nello sveltire i casi e rendere<br />

più semplici tutti gli stadi del procedimento<br />

giudiziario.<br />

Risultati<br />

L’azienda ha dovuto affrontare co-<br />

80 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


sti relativi sia alle risorse umane che a<br />

quelle materiali:<br />

risorse umane - sono stati impiegati<br />

18 ufficiali nell’attività di controllo<br />

su tutta la rete, un coordinatore per la<br />

prevenzione con responsabilità nella<br />

scuola di addestramento, un istruttore<br />

esterno per la gestione delle situazioni<br />

problematiche e dello stress, uno psicoterapeuta<br />

responsabile del monitoraggio<br />

psicologico;<br />

risorse materiali di intervento im-<br />

Problema<br />

Nelle aziende torinesi dei servizi<br />

pubblici e del trasporto urbano Atm e<br />

Satti si sono verificati nel corso degli<br />

ultimi anni significativi cambiamenti<br />

per quanto riguarda le caratteristiche<br />

del personale, a seguito dell’ingresso<br />

di lavoratrici donne in numero sempre<br />

maggiore e di lavoratori provenienti<br />

da altre culture e Paesi. Questo<br />

cambiamento è stato accompagnato<br />

dalla crescita di casi di molestia, mobbing<br />

e discriminazione.<br />

Tenendo conto di questi fenomeni,<br />

le due Aziende hanno deciso di avviare<br />

un percorso per costruire un quadro<br />

di valori condiviso ed una strumentazione<br />

adeguata sul piano culturale<br />

e formativo atta a prevenire ogni<br />

forma di prevaricazione.<br />

Le motivazioni che hanno guidato<br />

il progetto nella sua fase ideativa e<br />

durante la sua realizzazione sono:<br />

● la consapevolezza dell’entità del rischio<br />

connessa a molestie, mobbing e<br />

discriminazione in questo settore professionale,<br />

problema evidenziato anche<br />

da ricerche realizzate a livello comunitario;<br />

● la necessità di garantire effettiva<br />

assistenza ai lavoratori utilizzando la<br />

legislazione in materia;<br />

● il bisogno di proteggere da molestie<br />

o discriminazioni il crescente numero<br />

di donne e lavoratori stranieri<br />

impiegati nei servizi pubblici;<br />

● la natura frequentemente nascosta<br />

del problema;<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

mediato - installazione di radiotelefoni,<br />

telecamere a circuito chiuso e dispositivi<br />

di protezione per il conduttore<br />

(vetri e cabine protettive).<br />

I benefici dell’intervanto sono stati<br />

valutati attraverso:<br />

● un indicatore collettivo - registrazione<br />

delle assenze, per i 18 mesi<br />

conseguenti l’intervento;<br />

● indicatori individuali - colloqui<br />

personali realizzati con gli operatori,<br />

cui sono state poste domande del<br />

● la convinzione che una buona cultura<br />

del lavoro ha effetti positivi sulle<br />

relazioni professionali, promuove una<br />

forza lavoro soddisfatta ed è, inoltre,<br />

garanzia di un servizio efficace e di un<br />

cliente più disponibile e amichevole.<br />

Intervento<br />

Nella realizzazione dell’intervento<br />

le aziende si sono rese conto che<br />

un’azione in questa area aveva bisogno<br />

di essere realizzata mediante un<br />

accordo collettivo. Nasce così l’Accordo<br />

di Clima, sviluppato in partnership<br />

con sindacati (Cgil, Cisl e Uil), Commissione<br />

pari opportunità e con i coinvolgimento<br />

di tutta la forza lavoro.<br />

L’Accordo sulla cultura del lavoro,<br />

che ha come obiettivo il miglioramento<br />

della gestione delle risorse umane,<br />

si fonda sui seguenti elementi:<br />

● tutto lo staff (manager, lavoratori<br />

che svolgono lavori esecutivi, manuali<br />

e non manuali) è coinvolto nell’Accordo;<br />

● la posizione professionale e la situazione<br />

personale di coloro che compiono<br />

azioni offensive sono irrilevanti,<br />

e lo stesso vale per le vittime;<br />

● ogni lavoratore deve rispettare la<br />

personalità e la dignità di ogni altro<br />

lavoratore;<br />

● ogni lavoratore ha il diritto di veder<br />

rispettata la propria personalità e<br />

dignità, senza essere oggetto di azioni<br />

di molestia sessuale, mobbing o discriminazione;<br />

● ogni lavoratore è soggetto a rispet-<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

tipo «che cosa è cambiato?», «pensi<br />

che le tue esigenze siano state ascoltate?»,<br />

hanno permesso di verificare<br />

l’impatto del progetto sul personale.<br />

Dal 2002 le misure preventive adottate<br />

hanno iniziato a dare risultati positivi<br />

ed è stata registrata una diminuzione<br />

del numero delle aggressioni alle<br />

persone e dei danni materiali alle vetture.<br />

Inoltre, il dialogo sociale all’interno<br />

dell’azienda è stato valorizzato mediante<br />

l’implementazione del Piano di<br />

prevenzione contro le aggressioni.<br />

14. “Accordo di Clima” per affrontare il problema delle molestie,<br />

delle vessazioni e della discriminazione<br />

ATM-SATTI, FILT-CGIL, UIL-TRASPORTI e FIT-CISL, Italia<br />

tare specifiche norme di condotta nel<br />

rispetto degli altri lavoratori;<br />

● il mancato rispetto delle norme di<br />

condotta sarà oggetto di obblighi contrattuali<br />

e materia disciplinare;<br />

● la vittime possono richiedere l’intervento<br />

dell’azienda, dei sindacati,<br />

della commissione pari opportunità o<br />

della Commissione sulla Cultura del<br />

lavoro;<br />

● la Commissione sulla cultura del<br />

lavoro è composta da persone esterne<br />

all’impresa, che non hanno nessuna<br />

connessione con la gerarchia aziendale<br />

e non sono suscettibili di subire<br />

alcuna influenza;<br />

● la Commissione è composta di 3<br />

membri scelti dall’azienda, 3 dal sindacato<br />

e 1 magistrato come presidente;<br />

● la Commissione agisce nel rispetto<br />

delle sue stesse regole e di una<br />

procedura definita.<br />

Risultati<br />

L’azione di intervento è ancora nel<br />

pieno della sua realizzazione.<br />

La maggiore difficoltà incontrata fino<br />

ad ora è stata quella di stabilire tra i<br />

lavoratori e la Commissione un rapporto<br />

di fiducia e confidenza, passo fondamentale<br />

che consente un clima favorevole<br />

per la denuncia di casi di molestia,<br />

mobbing e discriminazione.<br />

Allo scopo di migliorare la relazione<br />

e la comunicazione con i lavoratori<br />

la Commissione ha deciso di realizzare<br />

ulteriori interventi sul terreno della<br />

formazione e della comunicazione.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 81


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Problema<br />

Una grande catena di negozi per la<br />

vendita al dettaglio di vestiti e accessori<br />

alla moda, cosmetici e prodotti<br />

per la casa, si è trovata a dover affrontare<br />

il problema delle aggressioni fisiche<br />

e verbali nei confronti del proprio<br />

personale.<br />

Le Organizzazioni sindacali di categoria<br />

dei venditori al dettaglio avevano<br />

messo in luce i casi di violenza<br />

nei confronti dei lavoratori del settore<br />

e la catena di negozi già svolgeva<br />

d’altronde, quotidianamente, valutazioni<br />

del rischio e investigazioni sugli<br />

incidenti ed aveva realizzato, sulla<br />

base dei dati raccolti, corsi di formazione<br />

indirizzati ai manager dei<br />

magazzini.<br />

Durante questi incontri le denunce<br />

di violenze sul luogo di lavoro subite<br />

dal personale sembravano crescere<br />

sempre di più.<br />

Le cause dell’aumento del numero<br />

di incidenti erano in parte da attribuirsi<br />

a cambiamenti nell’organizzazione<br />

del lavoro, essendo stati introdotti turni<br />

di lavoro sia al mattino presto che<br />

durante la notte, con conseguente crescita<br />

dell’esposizione al rischio di aggressione<br />

di lavoratori e lavoratrici,<br />

che dovevano spostarsi dal lavoro a<br />

casa e da casa al lavoro in fasce orarie<br />

in cui le strade cittadine sono meno<br />

frequentate.<br />

Contemporaneamente il personale è<br />

stato oggetto di ripetute minacce all’indirizzo<br />

anche delle proprie abitazioni.<br />

A seguito di una più attenta valutazione<br />

sono stati individuati come prioritari<br />

i rischi di:<br />

Problema<br />

Nel 2000 il Mid-Western Regional<br />

Hospitals ha registrato 12 casi di violenza<br />

e abusi perpetuati da pazienti<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

15. Prevenzione della violenza nell’ambiente di lavoro<br />

nel settore della vendita al dettaglio<br />

Debenhams Retal PLC, Regno Unito<br />

● azioni violente contro la merce e<br />

la cassa;<br />

● di contatti con clienti aggressivi,<br />

spesso sotto l’influenza di droghe o<br />

alcool.<br />

Sono stati così definiti due obiettivi<br />

prioritari cui indirizzare le azioni di<br />

intervento:<br />

● diminuire gli episodi di violenze<br />

nei confronti dello staff;<br />

● diminuire l’effetto e il post effetto<br />

che gli incidenti possono causare<br />

sul personale.<br />

Intervento<br />

Data l’entità del problema si è deciso<br />

di realizzare una Campagna per la<br />

sicurezza del personale e di formare<br />

un Gruppo di supporto regionale.<br />

Il Comitato salute e sicurezza<br />

aziendale, contemporaneamente al<br />

Gruppo di supporto regionale, ha proceduto<br />

alla valutazione dei rischi e<br />

alla verifica dell’adeguatezza delle<br />

azioni intraprese.<br />

Nell’ambito del proprio programma<br />

di intervento i due gruppi hanno<br />

analizzato i rapporti scritti relativi<br />

agli incidenti ed hanno valutato materiale<br />

informativo e formativo prodotto<br />

precedentemente.<br />

Questionari e interviste sono serviti<br />

per raccogliere nuove informazione.<br />

L’utilizzo del colloquio è stato<br />

inoltre fondamentale per il supporto<br />

psicologico ed emotivo dell’intero<br />

staff. In seguito alla valutazione svolta<br />

dal Comitato e dal gruppo di lavoro,<br />

precedenti e inefficaci misure preventive<br />

sono state abbandonate.<br />

Il progetto, che prevede uno svilup-<br />

nei confronti del personale ospedaliero.<br />

Nel 2001 il problema delle aggressioni<br />

si è imposto in modo ancora più<br />

evidente, in quanto l’incremento dei<br />

po a lungo termine, ha utilizzato un<br />

approccio olistico tenendo anche conto<br />

degli addetti alle pulizie e dei rischi<br />

che i lavoratori incontrano nel percorso<br />

casa lavoro e viceversa in alcune<br />

fasce orarie considerate particolarmente<br />

a rischio.<br />

Tra i punti salienti del progetto:<br />

● effettuare la valutazione del rischio<br />

(ambientale e relativo ai compiti<br />

svolti), utilizzando check list,<br />

guide, percorsi formativi, lettura di<br />

buone prassi;<br />

● informare e formare tutto lo staff<br />

(compresi gli addetti alla pulizie);<br />

● provvedere adeguate risorse;<br />

● lavorare in team adottando uno<br />

schema di prevenzione del crimine<br />

locale e collaborando con le forze di<br />

polizia;<br />

● installare telecamere a circuito<br />

chiuso e sistemi d’allarme, installando<br />

telecamere anche nelle case degli<br />

stessi impiegati;<br />

● ricevere informazioni, effettuare<br />

consultazioni e feed back dallo staff;<br />

● garantire supporto legale e psicologico<br />

a seguito ad un incidente;<br />

● fornire ciascun lavoratore di dispositivi<br />

di allarme individuali.<br />

Risultati<br />

L’intervento è ancora nel pieno della<br />

sua realizzazione ma è stata già<br />

prevista un’azione di monitoraggio<br />

continuo. Dati sull’andamento degli<br />

incidenti non sono pertanto ancora disponibili.<br />

Mentre il feed-back con il<br />

personale e i manager ha fatto registrare<br />

un positivo atteggiamento nei confronti<br />

dell’intervento.<br />

16. Gestione dei rischi di violenza<br />

nei confronti del personale che opera nel servizio ospedaliero<br />

Mid - Western Regional Hospitals, Irlanda<br />

casi è stato cinque volte quello dell’anno<br />

precedente, fino a raggiungere<br />

i 64 incidenti in un anno.<br />

Oltre all’evento vennero, inoltre,<br />

82 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


prese in considerazione anche le ripercussioni<br />

che queste azioni violente<br />

avevano sugli operatori: stress,<br />

frustrazione, paura e vulnerabilità<br />

erano i diversi aspetti del disagio<br />

che il personale addetto manifestava.<br />

L’Organizzazione dell’ospedale,<br />

riconoscendosi una responsabilità legale<br />

e morale nel proteggere e tutelare<br />

i propri impiegati e garantire loro<br />

un ambiente di lavoro sicuro, decise<br />

di realizzare insieme al Dipartimento<br />

per la Gestione del Rischio e all’Esecutivo<br />

di Salute e <strong>Sicurezza</strong> dell’Ospedale<br />

stesso una struttura specifica<br />

per gestire la violenza sul luogo<br />

di lavoro.<br />

Intervento<br />

Fu costituito un piccolo gruppo di<br />

lavoro multidisciplinare con il compito<br />

di promuovere azioni finalizzate<br />

alla gestione della violenza nell’ospedale.<br />

La complessità dell’intervento fu<br />

subito evidente perché la persona<br />

che compie azioni violente nei confronti<br />

del personale ospedaliero è allo<br />

stesso tempo paziente e aggressore,<br />

questo significa per gli operatori<br />

che essi devono difendersi dall’azione<br />

aggressiva di questa persona e<br />

nel contempo devono prendersi cura<br />

di lei.<br />

Venne deciso pertanto di dare vita<br />

ad una nuova politica della gestione<br />

del rischio e ad una nuova modalità<br />

di denuncia degli incidenti. Si puntò<br />

a incoraggiare una pubblica denuncia<br />

degli incidenti e a promuovere<br />

una cultura non accusatoria nei confronti<br />

del personale coinvolto. Tutti<br />

gli incidenti furono inseriti in un database<br />

elettronico utilizzato per ottenere<br />

una gestione dell’informazione<br />

flessibile e i dati furono organizzati<br />

in modo tale da poter fornire informazioni<br />

mensili e settimanali.<br />

L’obiettivo prioritario dell’intervento<br />

fu, quindi, identificato nella<br />

costruzione di una Struttura formale<br />

omnicomprensiva con uno specifico<br />

programma per la gestione delle violenze<br />

e delle aggressioni sul luogo di<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

lavoro. La Struttura per la Gestione<br />

della Violenza individuava la propria<br />

mission nell’identificazione, analisi,<br />

controllo e valutazione del rischio<br />

di aggressione, e doveva essere<br />

in grado anche di effettuare un<br />

bilancio dell’efficacia delle misure<br />

preventive, protettive e delle misure<br />

di trattamento e sicurezza attuate.<br />

L’analisi dei report sui casi di violenza<br />

all’interno dell’ospedale venne<br />

definita come una procedura base<br />

della struttura e l’analisi dei dati a<br />

disposizione mostrò che aggressioni<br />

e violenze erano state fino ad allora<br />

trattate nello stesso modo in cui venivano<br />

trattati tutti gli altri rischi professionali.<br />

Gli interventi precedenti non avevano<br />

tenuto conto che ciascun rischio<br />

deve essere identificato e valutato<br />

nella sua specificità in modo da<br />

poter progettare misure realmente efficaci<br />

di cui poter valutare gli effetti.<br />

Per promuovere le politiche di gestione<br />

del rischio tra il personale venne<br />

realizzato un opuscolo in cui si<br />

evidenziava come nei servizi di cura<br />

della persona si verificano frequentemente<br />

situazioni in cui allo staff è<br />

richiesto di intervenire in condizioni<br />

di relazioni aggressive e violente<br />

che coinvolgono, per lo più, pazienti<br />

con comportamenti disturbati. Si sottolineava<br />

inoltre la necessità che il<br />

personale coinvolto in queste situazioni<br />

potesse ricevere una formazione<br />

specifica per prevenire e ridurre il<br />

rischio di incidenti lievi o gravi per<br />

sé e per i pazienti.<br />

L’intervento formativo successivamente<br />

programmato, nell’ambito<br />

del Programma di intervento nelle<br />

situazioni di crisi ha coinvolto nel<br />

ruolo di formatori 14 membri dello<br />

staff.<br />

Questo programma mira a sviluppare<br />

tra gli operatori dell’ospedale,<br />

impiegati nelle diverse mansioni,<br />

una condotta adeguata per la gestione<br />

di situazioni di crisi, fornendo importanti<br />

informazioni sul “comportamento<br />

violento” e addestrando<br />

i lavoratori mediante facili modelli<br />

da utilizzare quando ci si confronta<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

con soggetti in preda all’ansia, che<br />

manifestano ostilità e minacciano<br />

azioni violente.<br />

Dal novembre 2001 è stata effettuata<br />

anche la formazione dei membri<br />

del Servizio clienti, ponendo particolare<br />

attenzione alla comunicazione,<br />

e si è proceduto a migliorare aree<br />

strategiche come quella del pronto<br />

soccorso o delle dimissioni del paziente.<br />

Inoltre, Il Comitato di Salute e<br />

<strong>Sicurezza</strong> dell’Ospedale ha lavorato<br />

con un team multidisciplinare nel Dipartimento<br />

del pronto soccorso per<br />

affrontare al meglio la gestione del<br />

rischio per gli operatori impegnati<br />

nelle attività del reparto.<br />

A seguito della sperimentazione<br />

le azioni programmate sono state:<br />

● ripetizione del programma formativo;<br />

● incremento dell’utilizzo del Servizio<br />

di sicurezza all’interno dell’ospedale;<br />

● informazioni rivolte a tutti i dipartimenti<br />

in merito alle politiche di<br />

gestione del rischio di aggressione;<br />

● sostegno al personale e sistema<br />

di allarme per situazioni di panico;<br />

● installazione di telecamere a circuito<br />

chiuso;<br />

● stretta collaborazione con la polizia;<br />

● attenzione all’ergonomia dei dipartimenti<br />

dal punto di vista della<br />

prevenzione e della sicurezza delle<br />

pratiche di lavoro.<br />

Risultati<br />

È stato già possibile mettere in<br />

evidenza importanti risultati:<br />

● il numero degli incidenti registrati<br />

nei primi sei mesi del 2002 è<br />

diminuito;<br />

● il sistema dell’approccio multidisciplinare<br />

è stato adottato in altre<br />

aree dell’ospedale;<br />

● l’ospedale ha ricevuto finanziamenti<br />

dal Dipartimento regionale<br />

della Salute;<br />

● è cresciuta la consapevolezza<br />

nello staff sull’importanza di utilizzare<br />

un sistema di report degli incidenti.<br />

l<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 83


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

EUROPA<br />

CONTROLLI VETERINARI<br />

Regolamento (CE) della Commissione<br />

22 gennaio 2004, n. 136/2004<br />

«Regolamento (CE) n. 1362004 della Commissione<br />

22 gennaio 2004 Che fissa le<br />

modalità dei controlli veterinari da effettuare<br />

ai posti d’ispezione frontalieri della Comunità<br />

sui prodotti importati da paesi terzi» (G.U.C.E.<br />

L del 28 gennaio 2004, n. 21)<br />

Il regolamento individua le modalità tecniche,<br />

e relative analisi di laboratorio, da applicare<br />

ai controlli documentali ex art. 4,<br />

par. 3, direttiva 97/78/CE in materia di organizzazione<br />

dei controlli veterinari dei prodotti<br />

che provengono da paesi terzi ed introdotti<br />

nella Comunità europea (art. 1 del regolamento<br />

che rinvia agli allegati I e II). Al<br />

fine di consentire l’esecuzione di tali controlli<br />

è previsto che, prima dell’arrivo fisico della<br />

partita nel territorio della Comunità, venga<br />

esperita una notifica, da parte del responsabile<br />

del carico, relativamente all’arrivo dei<br />

prodotti al personale veterinario del posto<br />

di ispezione frontaliero a cui gli stessi dovranno<br />

essere presentati, con onere di utilizzare<br />

all’uopo uno speciale Documento veterinario<br />

comune di entrata (DVCE) individuato<br />

in allegato III. Sono, inoltre, previste particolari<br />

procedure da attuare dopo l’esecuzione<br />

dei controlli veterinari (art. 3) (con le<br />

modalità di compilazione del DVCE da parte<br />

del personale veterinario), nel caso di partite<br />

pur autorizzate ma restanti ugualmente<br />

sottoposte a sorveglianza doganale (art. 4)<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

ovvero nel caso di partite di prodotti frazionate<br />

in regime di sorveglianza doganale<br />

(art. 5), con la previsione di una clausola di<br />

esenzione dalla disciplina in questione nel<br />

caso di prodotti parte del bagaglio di viaggiatori<br />

o inviati come piccole spedizioni a<br />

privati (al di sotto di 1 kg di peso e destinati<br />

al consumo personale) (art. 8). In chiusura<br />

risulta abrogata la decisione 93/13/CEE recante<br />

la precedente disciplina relativa alle<br />

modalità di controlli veterinari.<br />

ITALIA<br />

CORPO DEI VIGILI DEL FUOCO<br />

D.L. 30 gennaio 2004, n. 24<br />

«Disposizioni urgenti concernenti il personale<br />

del Corpo nazionale dei Vigili del<br />

fuoco, nonché in materia di accise sui tabacchi<br />

lavorati» (G.U. del 2 febbraio 2004, n. 26)<br />

Al di là degli aspetti indennitari (art. 1) e di<br />

incremento di organico del Corpo dei Vigili<br />

del fuoco (aumentato di 500 unità - art. 2),<br />

il decreto reca una particolare disciplina relativa<br />

ai bandi di assunzione per il profilo<br />

dei vigili del fuoco da impiegarsi nelle isole<br />

Eolie, di Lampedusa e di Pantelleria. In tal<br />

senso risulta demandata al Ministero dell’Interno<br />

la facoltà di inserire nei bandi in<br />

questione taluni particolari requisiti per<br />

l’accesso ai posti disponibili nelle relative<br />

sedi di servizio presenti in ciascuna delle<br />

dette isole, così da tener conto del servizio<br />

in relazione alle difficoltà connesse alla situazione<br />

geografica e morfologica dei territori<br />

(art. 3).<br />

84 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


IL CASO<br />

di Pierguido Soprani, avvocato<br />

GLI OBBLIGHI DEI LAVORATORI AUTONOMI<br />

NEI CANTIERI MINORI<br />

«Sussistono obblighi di sicurezza per i lavoratori<br />

autonomi nei c.d. cantieri minori<br />

(quelli “sottosoglia” - cioè di entità inferiore<br />

ai 200 uomini-giorno - e quelli che non presentano<br />

fattori di rischio “particolari”), a fronte<br />

dell’assenza del coordinatore per l’esecuzione<br />

dei lavori? In particolare, sussistono obblighi<br />

nei confronti delle imprese esecutrici, o quantomeno<br />

dell’appaltatore principale (o aggiudicatario<br />

dei lavori)?»<br />

La premessa per poter fornire una risposta<br />

al quesito proposto, è che, nei cantieri<br />

minori, nei quali non è richiesta la presenza<br />

delle figure del coordinatore per la progettazione<br />

e del coordinatore per l’esecuzione, e<br />

che numericamente sono la maggioranza di<br />

quelli esistenti sul territorio, non scatta l’obbligo<br />

di redazione del piano di sicurezza e di<br />

coordinamento; cosicché si può affermare a<br />

ragione che, di fatto, la gestione della sicurezza<br />

è totalmente affidata alle imprese esecutrici<br />

dei lavori, le quali, senza eccezioni (cioè<br />

anche le imprese familiari o quelle con meno<br />

di 10 addetti, sottratte all’obbligo di valutazione<br />

dei rischi intra-aziendali ai sensi dell’art. 4<br />

del D.Lgs. n. 626/1994), sono tenute a redigere<br />

ciascuna il proprio piano operativo di sicurezza,<br />

quale documento ispirato ad una logica<br />

prevenzionale e di programma, che abbia specifico<br />

«riferimento al singolo cantiere interessato»,<br />

oltre a dover porre in essere con le altre<br />

imprese e con i lavoratori autonomi quei flussi<br />

di informazione reciproca «sui rischi specifici<br />

esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad<br />

operare e sulle misure di prevenzione e di<br />

emergenza adottate in relazione alla propria<br />

attività» previsti dall’art. 7, comma 1, lettera<br />

b) del D.Lgs. n. 626/1994 e agli obblighi di<br />

cooperazione e di coordinamento conseguenti<br />

alla sussistenza di fattori di rischio comuni<br />

e/o interferenziale (art. 7, comma 2).<br />

Vero è che sull’idoneità del POS dovrebbe vigilare<br />

a monte il committente o il responsabile<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

dei lavori: ma si tratta (non nascondiamocelo<br />

ipocritamente, anche considerando quale sia<br />

la tipologia media dei committenti per questo<br />

tipo di cantieri minori) di una previsione più<br />

teorica che dotata di efficacia ed effettività<br />

sul piano pratico. Per di più, non essendo previste<br />

sanzioni per l’omessa vigilanza sulle imprese,<br />

è ragionevole prevedere che detta vigilanza<br />

investirà prioritariamente il rispetto degli<br />

obblighi stabiliti nel contratto di appalto.<br />

Per questi cantieri minori non opera poi neppure<br />

il meccanismo della segnalazione al committente,<br />

da parte del coordinatore per l’esecuzione<br />

dei lavori, prevista dall’art. 5, comma<br />

1, lettera e) del D.Lgs. n. 494/1996. Né si potrà<br />

sperare che il committente (o il responsabile<br />

dei lavori - che, per contenere i costi, il più<br />

delle volte non sarà nominato) assicurino la<br />

loro assidua presenza in cantiere.<br />

Ciò detto, gli obblighi dei lavoratori autonomi<br />

sono quelli predeterminati in linea generale<br />

dall’art. 7 del D.Lgs. n. 494/1996, e cioè di<br />

utilizzare le attrezzature di lavoro in conformità<br />

alle disposizioni del titolo III del D.Lgs. n.<br />

626/1994, e i dispositivi di protezione individuale<br />

conformemente a quanto previsto dal<br />

titolo IV del medesimo decreto.<br />

Non potrà sussistere, invece, l’obbligo di adeguarsi<br />

alle indicazioni fornite dal coordinatore<br />

per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza<br />

(art. 7, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n.<br />

494/1996).<br />

Il fatto poi che l’art. 12, comma 3 del D.Lgs. n.<br />

494/1996 disponga che tanto i datori di lavoro<br />

delle imprese esecutrici, quanto i lavoratori<br />

autonomi «sono tenuti ad attuare» quanto<br />

previsto nel piano di sicurezza e di coordinamento<br />

e nel piano operativo di sicurezza, non<br />

significa che anche i lavoratori autonomi (i<br />

quali non hanno l’obbligo di redigere il Piano<br />

operativo di sicurezza) siano soggetti alle<br />

eventuali direttive delle imprese, contenute<br />

nel POS e a loro indirizzate. Infatti la ratio<br />

della norma è di delineare un meccanismo di<br />

rigida soggezione, tanto delle imprese che degli<br />

autonomi, al solo Piano di sicurezza e di<br />

coordinamento: non è un caso che, nel testo<br />

originario, precedente alle modifiche apporta-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 85


LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

te dal D.Lgs. n. 528/1999, il suddetto «obbligo<br />

di attuazione» delle imprese appaltatrici e dei<br />

lavoratori autonomi, fosse riferito proprio (ed<br />

unicamente) al PSC.<br />

Tale indicazione normativa era perfettamente<br />

in linea con la previsione della Direttiva comunitaria<br />

92/57/CEE [art. 9, par. 1, lett. b) e art.<br />

10, par. 1, lett. b)]; e, d’altro canto, la soggezione<br />

dei lavoratori autonomi esclusivamente<br />

alle indicazioni del coordinatore per l’esecuzione<br />

è chiaramente affermata all’art. 7, comma<br />

1, lett. c) del D.Lgs. n. 494/1996, e assistita<br />

da sanzione penale in caso di inosservanza.<br />

Dunque l’attuale indicazione, contenuta nel<br />

testo della norma come novellato dal D.Lgs. n.<br />

528/1999, che prevede l’obbligo di attuare<br />

quanto previsto non solo nel PSC ma anche<br />

«nel piano operativo di sicurezza», deve essere<br />

riferita solo alle imprese, non anche ai lavoratori<br />

autonomi: “ratio” di essa è quella di<br />

“autovincolare” ciascuna impresa esecutrice<br />

al rispetto del proprio POS. Quindi, il senso<br />

della locuzione di legge «sono tenuti ad attuare»<br />

deve intendersi, sul piano interpretativo,<br />

come «ciascuno per la parte di rispettiva competenza».<br />

Ne deriva che il cosiddetto «obbligo<br />

di attuazione» di cui all’art. 12 del D.Lgs. n.<br />

494/1996, ove riferito ai lavoratori autonomi,<br />

riguarda il (solo) PSC.<br />

Del resto non c’è motivo che le imprese si<br />

relazionino gerarchicamente con i lavoratori<br />

autonomi: e se relazione gerarchico-funzionale<br />

deve esserci, questa non può che avvenire<br />

secondo il modello collaborativo dell’art. 7 del<br />

D.Lgs. n. 626/1994. Non operando infatti, nell’assenza<br />

del PSC, l’art. 12 del decreto<br />

“cantieri” - il coordinamento tra l’unica o le<br />

più imprese, e i lavoratori autonomi eventualmente<br />

presenti in cantiere, deve avvenire utilizzando<br />

lo specifico modello del citato art. 7<br />

del D.Lgs. n. 626/1994. Ed è a questo stesso<br />

fine, di assicurare un’efficace logica di coordinamento<br />

tra le imprese e i lavoratori autonomi<br />

che, nei cantieri edili in cui sono presenti i<br />

coordinatori, soccorre il meccanismo, del tutto<br />

simile a quello del citato art. 7 del D.Lgs. n.<br />

626/1994, delineato alla lettera c) dell’art. 5<br />

del D.Lgs. n. 494/1996 («(...) il coordinatore<br />

[1] Si veda <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 7/2001, pag. 52.<br />

[2] Si veda <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 9/2001, pag. 62.<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

per l’esecuzione dei lavori provvede a (...) organizzare<br />

tra i datori di lavoro, ivi compresi i<br />

lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento<br />

delle attività nonché la loro reciproca<br />

informazione»).<br />

Per concludere, di fronte all’eventualità che<br />

nel POS di un’impresa - verificato come idoneo<br />

e coerente con il PSC - sia previsto che un<br />

lavoratore autonomo debba avere un determinato<br />

ruolo, a fini di coordinamento delle lavorazioni<br />

nel cantiere, quest’ultimo sarà tenuto<br />

ad uniformarvisi sempreché sia il coordinatore<br />

per l’esecuzione a stabilirlo (direttamente nel<br />

PSC, o ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. c), del<br />

D.Lgs. n. 494/1996); nei cantieri minori, l’obbligo<br />

di cooperazione e di coordinamento tra<br />

imprese e lavoratori autonomi stabilito dall’art.<br />

7 del D.Lgs. n. 626/1994 non prevede<br />

l’irrogazione di sanzioni a carico dei secondi,<br />

in caso di inosservanza.<br />

Nel caso poi in cui nel cantiere operino soltanto<br />

lavoratori autonomi, l’assenza di aree di<br />

subordinazione lavorativa riconducibili alla<br />

presenza di imprese rende inapplicabile sia la<br />

disciplina del D.Lgs. n. 494/1996, sia quella dell’art.<br />

7 del D.Lgs. n. 626/1994, anche se permane<br />

- e desta legittima perplessità - l’oggettiva<br />

esigenza di tutela del lavoratore autonomo in<br />

quanto tale; esigenza messa in evidenza nella<br />

Raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio<br />

europeo del 18 febbraio 2003, relativa al «miglioramento<br />

della protezione della salute e<br />

della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi»,<br />

in base all’ovvia considerazione che i<br />

lavoratori autonomi, «sia che lavorino da soli<br />

o con altri dipendenti, possono essere esposti<br />

a rischi per la salute e la sicurezza analoghi a<br />

quelli che corrono i lavoratori dipendenti».<br />

Deve poi essere ricordato che sia il Ministero<br />

del Lavoro (nota 22 febbraio 2001, n. 418,<br />

«Richiesta di chiarimenti in ordine all’applicazione<br />

del Decreto Legislativo n. 494 del<br />

1996») [1] , sia l’Autorità di Vigilanza per i Lavori<br />

pubblici (determinazione del 29 marzo<br />

2001, n. 11, «Oneri di sicurezza») [2] , hanno<br />

chiarito che anche il datore di lavoro, quando<br />

eserciti personalmente (senza dipendenti al<br />

seguito) un’attività lavorativa, è qualificabile<br />

come lavoratore autonomo. l<br />

86 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


a cura di Alessandro Jazzetti, magistrato, e Maria Melizzi, consulente legale<br />

NESSO DI CONDIZIONAMENTO PROVATO<br />

SE RICONDUCIBILE ALLA CONDOTTA COLPOSA<br />

Cassazione penale, sez. IV, (ud. 27 marzo<br />

2003) 11 giugno 2003, n. 25193<br />

Infortunio sul lavoro - Omicidio colposo -<br />

Protezione - Luogo di lavoro - Rischio - Condotta<br />

colposa - Evento - Nesso di causalità<br />

Il nesso di condizionamento deve ritenersi provato<br />

non solo quando venga accertata compiutamente<br />

la concatenazione causale che ha dato<br />

luogo all’evento ma, altresì, in tutti quei casi nei<br />

quali, pur non essendo compiutamente descritto<br />

o accertato il complessivo succedersi di tale<br />

meccanismo, l’evento sia, comunque, riconducibile<br />

alla condotta colposa dell’agente. Poiché il<br />

giudice non può conoscere tutte le fasi intermedie<br />

attraverso le quali la causa produce il suo<br />

effetto, né procedere ad una spiegazione fondata<br />

su una serie continua di eventi, l’ipotesi ricostruttiva<br />

formulata in partenza sul nesso di condizionamento<br />

tra condotta umana e singolo<br />

evento potrà essere riconosciuta fondata soltanto<br />

con una quantità di precisazioni e purché sia<br />

ragionevolmente da escludere l’intervento di<br />

un diverso ed alternativo decorso causale.<br />

Nota<br />

Sulla base di questi principi di diritto, il secondo<br />

dei quali recentemente pronunciato, sul tema<br />

della causalità omissiva, dalle Sezioni Unite, la<br />

Corte di Cassazione ha confermato la decisione<br />

del giudice di primo grado che aveva condannato,<br />

per il delitto di omicidio colposo, il ricorrente,<br />

quale legale rappresentante dell’impresa edile<br />

alle cui dipendenze il lavoratore deceduto<br />

prestava la propria opera.<br />

Il giudice di primo grado, a giudizio della Suprema<br />

Corte, aveva motivatamente optato per la<br />

tesi secondo cui la caduta era avvenuta perché<br />

l’operaio stava camminando a ritroso per riavvolgere<br />

il tubo dello strumento necessario per<br />

l’opera di impermeabilizzazione del terrazzo<br />

che rientrava nelle mansioni del proprio lavoro.<br />

Questa dinamica non poteva ritenersi provata<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

(anche se non la si poteva escludere), ma, sicuramente,<br />

la presenza di un muro, o un’altra protezione<br />

conforme alle norme di prevenzione,<br />

avrebbe costituito per il corpo del lavoratore un<br />

ostacolo accidentalmente non superabile.<br />

Dunque, è sembrato giusto ravvisare l’esistenza<br />

del rapporto di causalità perché in ogni caso<br />

(anche in quelli ipotizzati dal ricorrente che la<br />

persona offesa fosse stata colta da malore o che<br />

si fosse seduta sul muretto per fumare una sigaretta)<br />

l’adozione della richiesta protezione<br />

avrebbe evitato il prodursi dell’evento.<br />

È stata esclusa, inoltre, l’esistenza di un comportamento<br />

assolutamente imprevedibile del lavoratore<br />

non essendo stato indicato dal ricorrente<br />

alcun elemento di prova idoneo a fondarlo: la<br />

stessa ipotesi ricostruttiva della dinamica dell’incidente<br />

formulata dal ricorrente (malore o disattenzione)<br />

non sarebbe stata idonea ad escludere<br />

la colpa del datore di lavoro dal momento<br />

che le misure di prevenzione contro gli infortuni<br />

sul lavoro devono essere predisposte anche per<br />

evitare le conseguenze di tali comportamenti<br />

(malore, errore, disattenzione, ecc.).<br />

NON VALIDA L’ACCUSA<br />

ALLA DISTRAZIONE DEL LAVORATORE<br />

PER ESENTARSI DALLA RESPONSABILITÀ<br />

Cassazione penale, sez. IV, (ud. 21 gennaio<br />

2003) 28 febbraio 2003, n. 9291<br />

Prevenzione infortuni sul lavoro - Obblighi<br />

del datore di lavoro - Posizione di garanzia<br />

- Comportamento del lavoratore -<br />

Lesioni gravi - <strong>Sicurezza</strong> degli strumenti<br />

Quando il datore di lavoro è in colpa non può<br />

essere esentato da responsabilità adducendo la<br />

distrazione del lavoratore, atteso che la distrazione<br />

non connota di abnormità il comportamento<br />

assunto, essendo essa facilmente prevedibile<br />

dal datore di lavoro tenuto a fare il possibile<br />

per proteggere il lavoratore anche dalla sua<br />

stessa imprudenza.<br />

Né la situazione si modifica quando si sia in<br />

presenza di un lavoratore esperto, giacché la<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 87


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

familiarità con il lavoro svolto è fattore che, secondo<br />

la comune esperienza, comporta minore<br />

attenzione da parte del lavoratore stesso e deve,<br />

dunque, essere tenuto presente dal datore<br />

di lavoro e “controbilanciato” con le opportune<br />

cautele, evidentemente sempre nei limiti del<br />

possibile.<br />

Nota<br />

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza<br />

con cui il Tribunale di Chiavari ha assolto gli<br />

imputati per le gravi lesioni riportate da un elettricista<br />

del Comune addetto alla misurazione<br />

della tensione di un’impianto, operazione resasi<br />

necessaria in seguito ad un guasto nella centrifuga<br />

del depuratore comunale.<br />

Il giudice del Tribunale aveva sostenuto che alcune<br />

pronunce della Suprema Corte, secondo cui<br />

«il comportamento avventato del lavoratore posto<br />

in essere mentre è dedito al lavoro affidatogli<br />

può essere invocato come imprevedibile o<br />

abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto<br />

a tutti gli obblighi che gli sono imposti in<br />

materia di sicurezza sul lavoro» avrebbero comportato,<br />

secondo la propria interpretazione,<br />

una inammissibile estensione della responsabilità<br />

del datore di lavoro nell’ambito della responsabilità<br />

oggettiva.<br />

Questo orientamento giurisprudenziale, ha affermato<br />

la Cassazione, in realtà, è caratterizzato<br />

dall’intento di richiamare l’attenzione sull’esistenza<br />

in capo al datore di lavoro di una posizione<br />

di garanzia in base alla quale egli è tenuto a<br />

porre in essere tutte le misure necessarie per<br />

tutelare la salute e l’incolumità del lavoratore,<br />

assicurando l’efficienza dei macchinari utilizzati<br />

e adoperandosi perché ci sia il rispetto di tutte<br />

le modalità prescritte.<br />

Nel caso in cui il datore di lavoro sia inadempiente<br />

a tale dovere di garanzia, quindi, non si dovrà<br />

parlare di responsabilità oggettiva, ma di un suo<br />

comportamento colposo che, messo in relazione<br />

con quello del lavoratore, nei limiti della prevedibilità<br />

e della evitabilità, fonda la responsabilità<br />

per colpa del primo.<br />

La Suprema Corte non ha ritenuto soddisfacente<br />

la valutazione, fatta dal giudice del Tribunale,<br />

dell’eventuale comportamento abnorme del<br />

lavoratore, che è risultata sostanzialmente apodittica<br />

non essendo rapportata alla particolarità<br />

ed alle circostanze del caso concreto.<br />

La sentenza impugnata, infatti, dopo aver dato<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

atto che l’impianto depuratore non era a norma<br />

e che solo dopo l’incidente erano stati eliminati<br />

i difetti di conformità alla normativa di sicurezza<br />

precedentemente accertati, ha trascurato, in<br />

seguito, del tutto tale elemento, non accertando<br />

in cosa consisteva la mancanza di conformità<br />

e se essa si poneva in rapporto causale con l’infortunio<br />

avvenuto.<br />

Inoltre, dopo aver riconosciuto che le istruzioni<br />

del “tester” per la misurazione della tensione<br />

dell’impianto indicavano le modalità per un corretto<br />

utilizzo ed i pericoli derivanti da un impiego<br />

scorretto, la sentenza del Tribunale ha ricollegato<br />

alla mera distrazione del lavoratore l’aver<br />

effettuato la misurazione sbagliata, trascurando<br />

del tutto di considerare se, come sostenuto<br />

dal ricorrente, fosse possibile dotare il “tester”<br />

di dispositivi (come un semplice fusibile) in grado<br />

di neutralizzare i rischi di un eventuale uso<br />

improprio, dispositivi di sicurezza che avrebbero<br />

dovuto essere presenti nel rispetto delle fondamentali<br />

regole di prevenzione dettate dalla normativa<br />

di sicurezza.<br />

DELEGA DI FUNZIONI IN GRANDI SOCIETÀ<br />

ORGANIZZATE IN DISTINTI SETTORI<br />

Cassazione penale, sez. III,<br />

(ud. 6 marzo 2003)<br />

28 aprile 2003, n. 19642<br />

<strong>Sicurezza</strong> alimentare - Disciplina igienica -<br />

Cattivo stato di conservazione - Reato di<br />

pericolo - Responsabilità - Delega - Onere<br />

della prova - Grandi strutture produttive -<br />

Decentramento<br />

L’esigenza di una delega scritta, o comunque<br />

formale, da parte degli organi verticistici di una<br />

società di rilevanti dimensioni è superflua, dovendosi<br />

presumere in re ipsa allorquando ricorra<br />

la suddivisione dell’azienda in distinti settori,<br />

rami o servizi, ai quali siano preposti soggetti<br />

qualificati ed idonei.<br />

Nota<br />

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza<br />

impugnata dal ricorrente riconosciuto responsabile<br />

in quanto, sulla base di quanto disposto<br />

dall’articolo 5, lettera b) della legge n. 283/1962,<br />

«deteneva per vendere, o comunque distribuire<br />

al consumo, diverse bottiglie di acqua minerale<br />

88 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


in cattivo stato di conservazione ed in particolare<br />

in luogo esposto al sole e pertanto in violazione<br />

del disposto di cui all’articolo del D.M.<br />

20/1/1927».<br />

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo<br />

addotto dal ricorrente in ordine alla sua responsabilità<br />

penale in relazione alle vastissime dimensioni<br />

aziendali, alle specifiche mansioni dello<br />

stesso ed alla ingiustificata, secondo il parere<br />

dell’imputato, pretesa di una prova scritta della<br />

delega.<br />

La riconduzione della responsabilità all’imputato<br />

si è basata su argomentazioni astratte e formalistiche<br />

che, ponendo a carico dello stesso<br />

l’onere della prova di una formale delega al<br />

locale preposto, si sono tradotte nell’inammissibile<br />

applicazione, in campo penale, di presunzioni<br />

di colpa, a vero e proprio titolo di responsabilità<br />

oggettiva ed in violazione dei fondamentali<br />

principi della personalità della responsabilità<br />

penale.<br />

Il giudice di merito, pur tenendo presenti le<br />

rilevanti dimensioni della società (Autogrill<br />

s.p.a.) nell’ambito della quale l’imputato occupava<br />

una posizione di “direttore vendite e logi-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

stica” lo ha, comunque, ritenuto responsabile<br />

di una violazione, evidentemente, di natura<br />

episodica che doveva necessariamente far capo<br />

alla persona che, in quella singola unità aziendale<br />

della complessa struttura societaria, era<br />

incaricata delle specifiche mansioni di direzione<br />

e vigilanza.<br />

Sulla base di alcune pronunce di legittimità che<br />

hanno affrontato analoghe tematiche, la Cassazione<br />

ha sostenuto che una realistica valutazione<br />

delle esigenze della moderna economia impone,<br />

necessariamente, un articolato decentramento<br />

delle grandi strutture produttive: in casi,<br />

come quello in esame, dunque, in cui l’apparato<br />

produttivo della società sia articolato in<br />

una serie di unità territoriali autonome, ciascuna<br />

affidata ad un soggetto all’uopo investito di<br />

mansioni direttive, il problema della responsabilità<br />

deve essere affrontato con riferimento a<br />

quella singola struttura aziendale, all’interno<br />

della quale, soltanto, dovrà ricercarsi il responsabile<br />

dei fatti, commissivi o omissivi, integranti<br />

la colpa contravvenzionale in concreto contestata,<br />

senza dover esigere la prova specifica di<br />

una delega ad hoc da parte del legale rappresentante<br />

al preposto alla singola struttura o<br />

settore di servizio. l<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 89


Sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>:<br />

● aria: direttiva “emission trading” e borsa delle emissioni: quali prospettive<br />

dopo il COP9 di Milano? (direttiva 2003/87/CE del Parlamento e del<br />

Consiglio del 13 ottobre 2003);<br />

● energia: la riforma dei servizi pubblici locali (art. 4, comma 234, legge 24<br />

dicembre 2003, n. 350);<br />

● energia: le nuove misure a favore della promozione dell’energia elettrica<br />

prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (decreto<br />

legislativo 29 dicembre 2003, n. 387);<br />

● incidenti rilevanti: le modifiche della “Seveso-bis”(direttiva 2003/105/CE<br />

del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2003)<br />

● le nuove disposizioni per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in<br />

condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi (testo del D.L. 14<br />

novembre 2003, n. 314 coordinato con la legge 24 dicembre 2003, n. 368);<br />

● rifiuti: le ultime sentenze in materia di TARSU;<br />

● le novità per la gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche<br />

ed elettroniche per gli utenti non domestici (direttiva 2003/108/CE del<br />

Parlamento Europeo e del Consiglio 8 dicembre 2003).


VIA<br />

Commento<br />

di Elisabetta Mariotti, professoressa incaricata di diritto amministrativo e dell’ambiente<br />

presso il Politecnico di Milano<br />

Con la legge di conversione 16<br />

gennaio 2004, n. 5, è stato convertito<br />

il D.L. n. 315/2003 in materia<br />

di composizione delle commissioni<br />

per la valutazione di impatto<br />

ambientale. Tra le modifiche<br />

introdotte l’integrazione<br />

dei soggetti abilitati a essere<br />

chiamati quali membri della<br />

commissione, aggiungendo, a<br />

quelli già nominati dal decreto,<br />

la possibilità di nominare<br />

“esperti” del settore, l’integrazione<br />

da parte di un componente<br />

designato dalle regioni o dalle<br />

province autonome interessate<br />

per le valutazioni dell’impatto<br />

ambientale di infrastrutture e<br />

di insediamenti nonché la procedura<br />

semplificata per l’installazione,<br />

su aree ferroviarie, di una<br />

rete di telecomunicazioni. Resta<br />

confermata la soppressione delle<br />

precedenti commissioni speciali<br />

di VIA. Cade, invece, nel vuoto<br />

l’invito della sentenza della Consulta<br />

n. 303/2003 a sanare il mancato<br />

coinvolgimento delle autonomie<br />

locali nelle decisioni di localizzazione<br />

delle infrastrutture<br />

che presentano aspetti di impatto<br />

ambientale e territoriale.<br />

AMBIENTE<br />

Resta ancora senza esito la sentenza della Consulta 1˚ ottobre 2003, n. 303<br />

Anche la legge di conversione n. 5/2004<br />

esclude le PA dalle Commissioni VIA<br />

Il D.L. n. 315/2003<br />

A seguito alla sentenza della Corte<br />

costituzionale 1˚ ottobre 2003, n.<br />

303, con la quale è stata dichiarata<br />

la illegittimità costituzionale:<br />

● dell’articolo 19, comma 2, del decreto<br />

legislativo 20 agosto 2002, n.<br />

190 («Attuazione della legge 21 dicembre<br />

2001, n. 443 per la realizzazione<br />

delle infrastrutture e degli insediamenti<br />

produttivi strategici di<br />

interesse nazionale») [1] nella parte<br />

in cui, per le infrastrutture e gli insediamenti<br />

produttivi riconosciuti di<br />

interesse nazionale, non prevede<br />

che la Commissione speciale per la<br />

valutazione di impatto ambientale<br />

sia integrata da componenti designati<br />

dalle regioni o province autonome<br />

interessate;<br />

● del decreto legislativo 4 settembre<br />

2002, n. 198 («Disposizioni volte<br />

ad accelerare la realizzazione delle<br />

infrastrutture di telecomunicazioni<br />

strategiche per la modernizzazione<br />

e lo sviluppo del paese, a norma<br />

dell’art. 1, comma 2, della legge 21<br />

dicembre 2001, n. 443») [2] ,<br />

il Governo ha ritenuto di emanare<br />

il D.L. 14 novembre 2003, n.<br />

315 [3] .<br />

Le ragioni di conformazione al<br />

giudicato costituzionale sono state<br />

ravvisate con riferimento alla composizione<br />

della commissione per le<br />

valutazioni dell’impatto ambientale,<br />

istituita ai sensi dell’art. 18,<br />

comma 5, legge 11 marzo 1988, n.<br />

67 [4] , con la conseguenza di recepire<br />

sostanzialmente i motivi di ricorso<br />

delle regioni e delle province<br />

autonome di Trento e Bolzano che<br />

hanno denunciato la legge 21 dicembre<br />

2001, n. 443 [5] , in quanto<br />

contrastante con il livello di autonomia,<br />

spettante alla provincia ai sensi<br />

dell’art. 117, Costituzione e dell’art.<br />

10, legge costituzionale n.<br />

3/2001 [6] .<br />

La legge n. 5/2004<br />

di conversione<br />

Il testo originario del decretolegge<br />

14 novembre 2003, n. 315,<br />

nel corso della procedura di conversione<br />

in legge ha subito alcune modificazioni,<br />

come mostra il testo coordinato<br />

con la legge di conversione<br />

16 gennaio 2004, n. 5, che è<br />

stato redatto dal Ministero della<br />

Giustizia ai sensi dell’art. 11, comma<br />

1, Testo Unico delle disposizioni<br />

sulla promulgazione delle leggi,<br />

sull’emanazione dei decreti del Presidente<br />

della Repubblica e sulle<br />

pubblicazioni ufficiali della Repubblica<br />

italiana, al solo fine di facilitare<br />

la lettura sia delle disposizioni<br />

del decreto-legge, integrate con le<br />

modifiche apportate dalla legge di<br />

conversione, che di quelle modificate<br />

o richiamate nel decreto, trascritte<br />

nelle note. Restano invariati<br />

il valore e l’efficacia degli atti legislativi<br />

richiamati e delle prescrizioni<br />

entrate in vigore.<br />

[1] In S.O. n. 174 alla Gazzetta Ufficiale del 26 agosto 2002, n. 199. Si vedano anche A. Martelli, Nel decreto attuativo della legge<br />

obiettivo la procedura di VIA per le “grandi opere”, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 21/2002, pag. 77 ed E. Mariotti VIA,<br />

(segue)<br />

92 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


I ritocchi del decreto al momento<br />

della conversione<br />

Le modificazioni apportate in sede<br />

di conversione prevedono, innanzitutto,<br />

l’integrazione dei soggetti<br />

abilitati a essere chiamati quali<br />

membri della commissione, aggiungendo,<br />

a quelli già nominati dal<br />

decreto, la possibilità di leggere<br />

“esperti” del settore.<br />

Con riferimento all’art. 19, comma<br />

2, D.Lgs. n. 190/2002 il nuovo<br />

testo è, quindi, oggi formulato come<br />

segue: «Ai fini delle valutazioni<br />

di cui al comma 1, con decreto del<br />

Presidente del Consiglio dei Ministri,<br />

su proposta del Ministro dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela del territorio,<br />

sentito il Ministro delle Infrastrutture<br />

e dei Trasporti, è istituita<br />

una commissione speciale di valutazione<br />

di impatto ambientale, composta<br />

da diciotto membri oltre il<br />

presidente, scelti tra professori universitari,<br />

tra professionisti ed<br />

esperti, particolarmente qualificati<br />

in materie progettuali, ambientali,<br />

economiche e giuridiche, e tra dirigenti<br />

della pubblica amministrazione.<br />

Per le valutazioni dell’impatto<br />

ambientale di infrastrutture e di insediamenti<br />

strategici, per i quali<br />

sia stato riconosciuto, in sede di<br />

intesa, un concorrente interesse regionale,<br />

la commissione è integrata<br />

da un componente designato dalle<br />

regioni o dalle province autonome<br />

interessate. A tale fine, entro<br />

quindici giorni dalla data del decreto<br />

di costituzione della commissio-<br />

AMBIENTE<br />

ne, le regioni e le province autonome<br />

di Trento e di Bolzano provvedono<br />

alla designazione tra persone<br />

aventi gli stessi requisiti degli altri<br />

componenti di nomina statale. Con<br />

il decreto di costituzione della commissione<br />

sono stabilite la durata e<br />

le modalità per l’organizzazione ed<br />

il funzionamento della stessa».<br />

Nello stesso senso della precedente<br />

modificazione, è stato cambiato<br />

l’art. 18, comma 5, legge 11<br />

marzo 1988, n. 67, come modificato<br />

dall’articolo 6, comma 1, legge<br />

23 marzo 2001, n. 93 [7] , che viene<br />

così ad avere la seguente formulazione:<br />

«Ai fini dell’applicazione<br />

della disciplina sulla valutazione<br />

dell’impatto ambientale di cui all’articolo<br />

6 della legge 8 luglio<br />

1986, n. 349, e successive modifiche<br />

ed integrazioni, con decreto<br />

del Presidente del Consiglio dei Ministri,<br />

su proposta del Ministro dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela del territorio,<br />

è istituita una commissione<br />

per le valutazioni dell’impatto ambientale,<br />

composta da trentacinque<br />

membri, oltre al presidente, scelti<br />

tra professori universitari, tra professionisti<br />

ed esperti, qualificati in<br />

materie progettuali, ambientali,<br />

economiche e giuridiche, e tra dirigenti<br />

della pubblica amministrazione».<br />

Questo articolo viene ulteriormente<br />

modificato con la sostituzione<br />

dell’originario comma 5 che stabiliva<br />

che «per le valutazioni dell’impatto<br />

ambientale delle opere re-<br />

VIA<br />

Commento<br />

lativamente alle quali sussistano interessi<br />

regionali o delle province<br />

autonome inerenti al governo del<br />

territorio, ai porti ed aeroporti civili<br />

e alle grandi reti di trasporto e<br />

di navigazione, riconosciuti in programmi,<br />

ovvero in convenzioni con<br />

i soggetti promotori o presentatori<br />

dei progetti sottoposti alla procedura<br />

di valutazione, la commissione è<br />

integrata da un componente designato<br />

dalle regioni o dalle province<br />

autonome interessate. A tale fine,<br />

entro quindici giorni dalla data<br />

del decreto di costituzione della<br />

commissione, le regioni e le province<br />

autonome di Trento e di Bolzano<br />

provvedono alla designazione tra<br />

persone aventi gli stessi requisiti<br />

degli altri componenti di nomina<br />

statale. Con il decreto di costituzione<br />

della commissione sono stabilite<br />

la durata e le modalità per l’organizzazione<br />

ed il funzionamento della<br />

stessa.<br />

Con successivo decreto del Ministro<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela<br />

del territorio, di concerto col Ministro<br />

dell’Economia e delle Finanze,<br />

sono stabiliti i compensi spettanti<br />

al presidente ed ai componenti<br />

della commissione, nei limiti delle<br />

risorse stanziate, nello stato di previsione<br />

del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela del territorio, per<br />

il funzionamento della commissione<br />

medesima. Qualora le regioni e<br />

le province autonome di Trento e<br />

di Bolzano non provvedano alle designazioni<br />

entro il termine predet-<br />

elettrosmog e “legge obiettivo”: giudizi di costituzionalità della Consulta in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 20/2003, pag. 103.<br />

[2] In Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2002, n. 215. È il cosiddetto “decreto sblocca-antenne”. Si veda anche G. Benedetti, Per<br />

le infrastrutture di telecomunicazione basta la procedura di “silenzio-assenso” in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 21/2002, pag. 64,<br />

[3] «Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti<br />

autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica» (in Gazzetta Ufficiale del 18 novembre 2003, n. 268). Si veda,<br />

della stessa Autrice, Novità in arrivo per le commissioni di VIA in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 1/2004, pag. 97.<br />

[4] «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato (legge finanziaria 1988)» (in S.O. n. 19 alla<br />

Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 1988, n. 61).<br />

[5] «Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività<br />

produttive» (in S.O. n. 279 alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2001, n. 299). È la cosiddetta “legge Obiettivo”.<br />

[6] «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione» (in Gazzetta Ufficiale del 24 ottobre 2001, n. 248). Si vedano<br />

anche i nn. 7/2002 e 17/2002 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

[7] «Disposizioni in campo ambientale» (in Gazzetta Ufficiale del 4 aprile 2001, n. 79). È il collegato ambientale 2001. Si vedano<br />

anche i nn. 9-11-12/2001 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 93


VIA<br />

Commento<br />

to, la commissione procede, sino<br />

alla designazione, alle valutazioni<br />

dell’impatto ambientale nella composizione<br />

ordinaria».<br />

Il testo coordinato stabilisce che<br />

la commissione sia integrata da un<br />

componente designato dalle regioni<br />

o dalle province autonome interessate<br />

per le valutazioni dell’impatto<br />

ambientale di infrastrutture e<br />

di insediamenti, per i quali sia stato<br />

riconosciuto, in sede di intesa,<br />

un concorrente interesse regionale.<br />

Infine, rispetto all’originario testo<br />

del D.L. n. 315/2003, la revisione<br />

del Ministero ha previsto la modificazione<br />

dell’art. 4, inserendo il<br />

nuovo comma 1-bis che modifica<br />

l’articolo 87, decreto legislativo<br />

1˚ agosto 2003, n. 259 [8] . Nell’ambito<br />

della disciplina dei procedimenti<br />

di rilascio di autorizzazione<br />

all’installazione di infrastrutture di<br />

comunicazioni elettroniche iniziati<br />

ai sensi del D.Lgs. n. 198/2002 e in<br />

corso alla data di pubblicazione della<br />

sentenza della Corte costituzionale<br />

n. 303/2003, disciplinati dal<br />

D.Lgs. n. 259/2003 e i cui termini<br />

procedimentali, ferma restando la<br />

loro decorrenza dalla data di presentazione<br />

della domanda o della<br />

denuncia di inizio attività, sono<br />

computati ai sensi degli articoli 87<br />

e 88, medesimo D.Lgs. n.<br />

259/2003, è stata introdotta la<br />

“corsia preferenziale” per la società<br />

di gestione della rete ferroviaria<br />

(Società Rete Ferroviaria Italiana<br />

S.p.A. - RFI). La disposizione introdotta<br />

prevede che a uso esclusivo<br />

interno della Società e al fine di<br />

garantire un maggiore livello di sicurezza<br />

e di affidabilità della rete<br />

ferroviaria italiana, è sufficiente la<br />

denuncia di inizio attività di cui al<br />

comma 3 per l’installazione, su<br />

aree ferroviarie, di una rete di telecomunicazioni,<br />

nel rispetto dei limiti<br />

di esposizione, dei valori di<br />

attenzione e degli obiettivi di quali-<br />

AMBIENTE<br />

tà indicati dalla disciplina specifica<br />

del settore.<br />

Le norme rimaste in vigore<br />

nell’originaria formulazione<br />

Rimangono inalterati i restanti articoli<br />

del D.L. n. 315/2003 come<br />

scritti nella versione non coordinata.<br />

Di conseguenza, restano invariate<br />

le disposizioni che prevedono come:<br />

● le commissioni di valutazione di<br />

impatto ambientale siano costituite<br />

entro quindici giorni dalla data di<br />

entrata in vigore del decreto;<br />

● dalla data dei provvedimenti di<br />

costituzione delle commissioni di<br />

cui al comma 1, siano soppresse la<br />

commissione speciale di valutazione<br />

di impatto ambientale costituita con<br />

decreto del Presidente del Consiglio<br />

dei Ministri in data 14 novembre<br />

2002 e la commissione di cui al decreto<br />

del Presidente del Consiglio<br />

dei Ministri in data 15 maggio 2001<br />

e successive modificazioni.<br />

Quale spazio<br />

per gli enti locali?<br />

Se è vero che il decreto legge n.<br />

315/2003 nasce per l’esigenza di recepire<br />

tempestivamente le prescrizioni<br />

della Corte costituzionale e<br />

per sanare il mancato coinvolgimento<br />

delle autonomie locali nelle decisioni<br />

di localizzazione delle infrastrutture<br />

che presentano aspetti di<br />

impatto ambientale e territoriale, i<br />

ritocchi operati in sede di conversione<br />

potevano costituire un’occasione<br />

per attuare un coinvolgimento degli<br />

enti territoriali adeguato alle competenze<br />

che questi ricoprono nel sistema<br />

giuridico nazionale.<br />

Il nuovo testo del decreto legge<br />

14 novembre 2003, n. 315, anche<br />

dopo il passaggio al Parlamento per<br />

la sua conversione in legge, non<br />

sembra aver recepito alcuna delle<br />

critiche emerse dopo la sua entrata<br />

in vigore.<br />

In particolare, si era sollevata la<br />

questione dell’incostituzionalità di<br />

questo provvedimento per carenza<br />

dei presupposti costituzionali di necessità<br />

e urgenza, anche con riferimento<br />

all’esigenza di rinnovare la<br />

commissione per la valutazione di<br />

impatto ambientale.<br />

Al riguardo, si osservava che l’articolo<br />

1, comma 3, legge n. 443/<br />

2001 prevede come, entro due anni,<br />

possano essere emanate modificazioni<br />

e integrazioni ai decreti legislativi;<br />

attraverso questo percorso,<br />

quindi, si sarebbe potuto agevolmente<br />

modificare l’articolo 19, comma<br />

2, D.Lgs. n. 190/2002, recependo le<br />

indicazioni contenute nella sentenza<br />

della Corte costituzionale n. 303/<br />

2003.<br />

Ulteriori valutazioni fortemente<br />

critiche avevano investito anche l’articolo<br />

4, D.L. n. 315/2003, rilevando<br />

che lo stesso non era in grado di<br />

risolvere gli aspetti problematici posti<br />

in risalto dalla ricordata sentenza<br />

della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità<br />

costituzionale, per eccesso<br />

di delega, del D.Lgs. n. 198/2002.<br />

Infine, numerose critiche riguardavano<br />

l’effettiva adeguata modalità<br />

di rappresentanza delle regioni e<br />

degli enti locali nella Commissione;<br />

in particolare, su questi ultimi<br />

incideranno, in maniera più diretta,<br />

le decisioni adottate. Già in occasione<br />

dell’approvazione della<br />

“legge obiettivo”, era stata da più<br />

parti rilevata la necessità di considerare<br />

in modo più pregnante la<br />

rappresentanza degli enti locali. La<br />

mancanza della previsione della facoltà<br />

di nomina nella commissione<br />

di membri rappresentativi delle<br />

province e, soprattutto, dei comuni<br />

nel cui territorio viene a essere localizzata<br />

l’infrastruttura rappresenta<br />

un indubbio errore da parte del<br />

Legislatore che ben poteva essere<br />

recuperato in occasione della conversione<br />

in legge del decreto. l<br />

[8] «Codice delle comunicazioni elettroniche» (in S.O. n. 150 alla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2003, n. 214).<br />

94 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Testo coordinato del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315<br />

Testo del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, coordinato con la legge di conversione<br />

16 gennaio 2004, n. 5, recante: «Disposizioni urgenti in tema di composizione<br />

delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti<br />

autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica»<br />

in Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio 2004, n. 13<br />

Avvertenza:<br />

Il testo coordinato qui pubblicato è stato redatto dal<br />

Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 11, comma 1,<br />

del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione<br />

delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente<br />

della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della<br />

Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre<br />

1985, n. 1092, nonché dell’art. 10, commi 2 e 3, del<br />

medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura<br />

sia delle disposizioni del decreto-legge, integrate con le<br />

modifiche apportate dalla legge di conversione, che di<br />

quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte<br />

nelle note. Restano invariati il valore e l’efficacia degli<br />

atti legislativi qui riportati.<br />

Le modifiche apportate dalla legge di conversione<br />

sono stampate con caratteri corsivi.<br />

Tali modifiche sono riportate sul terminale tra i segni<br />

(( )).<br />

A norma dell’art. 15, comma 5, della legge 23 agosto<br />

1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento<br />

della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le<br />

modifiche apportate dalla legge di conversione hanno<br />

efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.<br />

Art. 1<br />

1. L’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20<br />

agosto 2002, n. 190, è sostituito dal seguente:<br />

«2. Ai fini delle valutazioni di cui al comma 1, con<br />

decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su<br />

proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del<br />

territorio, sentito il Ministro delle infrastrutture e dei<br />

trasporti, è istituita una commissione speciale di valutazione<br />

di impatto ambientale, composta da diciotto membri<br />

oltre il presidente, scelti tra professori universitari,<br />

tra professionisti ((ed esperti,)) particolarmente qualificati<br />

in materie progettuali, ambientali, economiche e<br />

giuridiche, e tra dirigenti della pubblica amministrazione.<br />

Per le valutazioni dell’impatto ambientale di infrastrutture<br />

e di insediamenti strategici, per i quali sia<br />

stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente<br />

interesse regionale, la commissione è integrata da un<br />

componente designato dalle regioni o dalle province<br />

autonome interessate. A tale fine, entro quindici giorni<br />

dalla data del decreto di costituzione della commissione,<br />

le regioni e le province autonome di Trento e di<br />

Bolzano provvedono alla designazione tra persone<br />

AMBIENTE<br />

VIA<br />

Legislazione<br />

aventi gli stessi requisiti degli altri componenti di nomina<br />

statale. Con il decreto di costituzione della commissione<br />

sono stabilite la durata e le modalità per l’organizzazione<br />

ed il funzionamento della stessa. Con successivo<br />

decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela<br />

del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia<br />

e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti al<br />

presidente ed ai componenti della commissione, nell’ambito<br />

delle risorse di cui al comma 3. Qualora le<br />

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano<br />

non provvedano alle designazioni entro il termine predetto,<br />

la commissione procede, sino alla designazione,<br />

alle valutazioni dell’impatto ambientale nella composizione<br />

ordinaria».<br />

Art. 2<br />

1. L’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo<br />

1988, n. 67, come modificato dall’articolo 6, comma<br />

1, della legge 23 marzo 2001, n. 93, è sostituito dal<br />

seguente:<br />

«5. Ai fini dell’applicazione della disciplina sulla<br />

valutazione dell’impatto ambientale di cui all’articolo<br />

6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche<br />

ed integrazioni, con decreto del Presidente del<br />

Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente<br />

e della tutela del territorio, è istituita una<br />

commissione per le valutazioni dell’impatto ambientale,<br />

composta da trentacinque membri, oltre al presidente,<br />

scelti tra professori universitari, tra professionisti<br />

((ed esperti,)) qualificati in materie progettuali, ambientali,<br />

economiche e giuridiche, e tra dirigenti della pubblica<br />

amministrazione. ((Per le valutazioni dell’impatto<br />

ambientale di infrastrutture e di insediamenti, per i<br />

quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente<br />

interesse regionale,)) la commissione è integrata<br />

da un componente designato dalle regioni o dalle province<br />

autonome interessate. A tale fine, entro quindici<br />

giorni dalla data del decreto di costituzione della commissione,<br />

le regioni e le province autonome di Trento e<br />

di Bolzano provvedono alla designazione tra persone<br />

aventi gli stessi requisiti degli altri componenti di nomina<br />

statale. Con il decreto di costituzione della commissione<br />

sono stabilite la durata e le modalità per l’organizzazione<br />

ed il funzionamento della stessa. Con successivo<br />

decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela<br />

del territorio, di concerto col Ministro dell’economia e<br />

delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti al presi-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 95


VIA<br />

Legislazione<br />

dente ed ai componenti della commissione, nei limiti<br />

delle risorse stanziate, nello stato di previsione del<br />

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per<br />

il funzionamento della commissione medesima. Qualora<br />

le regioni e le province autonome di Trento e di<br />

Bolzano non provvedano alle designazioni entro il termine<br />

predetto, la commissione procede, sino alla designazione,<br />

alle valutazioni dell’impatto ambientale nella<br />

composizione ordinaria.».<br />

Art. 3<br />

1. Le commissioni di cui agti articoli 1 e 2 sono<br />

costituite entro quindici giorni dalla data di entrata in<br />

vigore del presente decreto.<br />

2. Dalla data dei provvedimenti di costituzione delle<br />

commissioni di cui al comma 1, sono soppresse la<br />

commissione speciale di valutazione di impatto ambientale<br />

costituita con decreto del Presidente del Consiglio<br />

dei Ministri in data 14 novembre 2002 e la commissione<br />

per le valutazioni di impatto ambientale costituita<br />

con decreto del Presidente del Consiglio dei<br />

Ministri in data 15 maggio 2001 e successive modificazioni.<br />

Art. 4<br />

1. I procedimenti di rilascio di autorizzazione alla<br />

installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche<br />

iniziati ai sensi del decreto legislativo 4 settembre<br />

2002, n. 198, ed in corso alla data di pubblicazione<br />

della sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 1˚<br />

ottobre 2003, sono disciplinati dal decreto legislativo 1˚<br />

agosto 2003, n. 259. I termini procedimentali, ferma<br />

restando la loro decorrenza dalla data di presentazione<br />

della domanda o della denuncia di inizio attività, sono<br />

computati ai sensi degli articoli 87 e 88 del medesimo<br />

decreto legislativo n. 259 del 2003.<br />

((1-bis. All’articolo 87 del decreto legislativo 1˚ agosto<br />

2003, n. 259, dopo il comma 3 è inserito il seguente:<br />

«3-bis. Ad uso esclusivo interno della Società Rete<br />

Ferroviaria Italiana (RFI) Spa ed al fine di garantire<br />

un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità della<br />

rete ferroviaria italiana, è sufficiente la denuncia di<br />

inizio attività di cui al comma 3 per l’installazione, su<br />

aree ferroviarie, di un rete di telecomunicazioni, nel<br />

rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione<br />

e degli obiettivi di qualità indicati al comma 1.».))<br />

Art. 5<br />

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo<br />

a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta<br />

Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle<br />

Camere per la conversione in legge. l<br />

LA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI:<br />

UN CONVEGNO SUL NUOVO D.P.R. N. 254/2003<br />

L’Associazione Nazionale dei Medici Ospedalieri (ANMDO) e SanitaSicura.it organizzano, in collaborazione<br />

con <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, un convegno dal titolo “La gestione dei rifiuti sanitari nel nuovo D.P.R. 254<br />

del 2003”.<br />

Il Convegno, che si terrà a Milano in data 10 marzo 2004, dalle ore 10:00 alle ore 18:00, presso il Palazzo<br />

Unione Commercianti, in Corso Venezia 49, vuole essere una giornata di riflessione che vede a confronto<br />

le figure istituzionali, fra le quali è confermata la presenza della dottoressa Aurelia Fonda del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio, che ha collaborato alla stesura del D.P.R. n. 254/2003, e gli<br />

operatori del settore coinvolti nell'attuazione del provvedimento.<br />

Moderatore: Francesco Demuro, Direttore Responsabile <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> - Il Sole 24 ORE<br />

La partecipazione del pubblico è gratuita.<br />

Segreteria organizzativa a cura di:<br />

GS STUDIO s.r.l. - via Soperga 13, 20127 Milano - tel. 02/67078300 fax 02/67020323<br />

In collaborazione con<br />

AMBIENTE<br />

96 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

ITALIA<br />

ACQUA. GESTIONE EMERGENZIALE<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004<br />

«Proroga dello stato di emergenza in ordine<br />

alla situazione determinatasi nel settore della<br />

depurazione delle acque reflue urbane della<br />

città di Milano» (G.U. del 3 febbraio 2004, n.<br />

27)<br />

Il decreto proroga, fino al 31 dicembre 2004,<br />

lo stato di emergenza in ordine alla situazione<br />

determinatasi nel settore della depurazione<br />

delle acque reflue urbane nella città di Milano,<br />

così da consentire il proseguimento degli<br />

interventi all’uopo predisposti dal Commissario<br />

delegato - Sindaco di Milano.<br />

APPROVVIGIONAMENTO IDRICO.<br />

GESTIONE EMERGENZIALE<br />

D.P.C.M. 16 gennaio 2004<br />

«Proroga dello stato di emergenza in relazione<br />

alla crisi di approvvigionamento idrico che<br />

ha colpito le regioni Puglia e Basilicata» (G.U.<br />

del 26 gennaio 2004, n. 20)<br />

Il decreto proroga, fino al 31 dicembre 2004,<br />

lo stato di emergenza in ordine alla crisi di<br />

approvvigionamento idrico che ha colpito le<br />

regioni Puglia e Basilicata, così da consentire il<br />

proseguimento degli interventi straordinari in<br />

corso di esecuzione.<br />

RIFIUTI. GESTIONE EMERGENZIALE<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004<br />

«Proroga dello stato di emergenza in ordine a<br />

situazioni di crisi connesse ad emergenze ambientali<br />

dovute all’inquinamento da sostanze<br />

nocive nei territori di Asti e Cirié» (G.U. del 2<br />

febbraio 2004, n. 26)<br />

AMBIENTE<br />

Il decreto proroga, fino al 31 dicembre 2004, lo<br />

stato di emergenza nei territori di Asti e Cirié,<br />

colpiti dal fenomeno di inquinamento da sostanze<br />

nocive, al fine di consentire il proseguimento<br />

degli interventi di contrasto dell’inquinamento.<br />

D.P.C.M. 23 gennaio 2004<br />

«Proroga dello stato di emergenza nel territorio<br />

della regione Lazio in ordine alla situazione<br />

di crisi socio-economico-ambientale nel settore<br />

dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi»<br />

(G.U. del 3 febbraio 2004, n. 27)<br />

Il decreto proroga, fino al 31 dicembre 2004,<br />

lo stato di emergenza nella regione Lazio al<br />

fine di consentire il proseguimento degli interventi<br />

già posti in essere dal Commissario delegato<br />

per l’emergenza medesima. Dalla proroga<br />

risultano esclusi gli interventi finalizzati alla<br />

delocalizzazione definitiva dei centri di autodemolizione<br />

e rottamazione di cui all’ordinanza<br />

n. 3283/2003, già attribuiti al Comandante<br />

provinciale dei carabinieri di Roma -<br />

Commissario delegato. A quest’ultimo saranno<br />

attribuite, con successiva ordinanza, le risorse<br />

necessarie per fronteggiare tutti gli oneri<br />

connessi alla delocalizzazione definitiva dei<br />

detti centri di autodemolizione e rottamazione.<br />

Ordinanza del Presidente<br />

del Consiglio dei Ministri<br />

23 gennaio 2004<br />

LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

«Ulteriori disposizioni per fronteggiare l’emergenza<br />

nel settore dello smaltimento dei rifiuti<br />

urbani, pericolosi, non pericolosi ed inerti, in materia<br />

di bonifica e risanamento ambientale dei<br />

suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché<br />

in materia di tutela delle acque superficiali e<br />

sotterranee e dei cicli di depurazione nella Regione<br />

siciliana» (G.U. del 2 febbraio 2004, n. 26)<br />

L’ordinanza reca diverse disposizioni volte a<br />

consentire una gestione emergenziale dello<br />

stato di crisi ambientale determinatasi in diverse<br />

componenti dell’ambiente siciliano. Innanzi-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 97


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

tutto, risultano confermati fino a data da destinarsi<br />

(«cessazione dello stato di emergenza») i<br />

poteri già assegnati al commissario delegato -<br />

presidente della Regione siciliana con ordinanza<br />

n. 2983/1999 e succ. modd., in materia di<br />

gestione dei rifiuti urbani, pericolosi, non pericolosi<br />

e inerti, nonché in materia di bonifiche<br />

e risanamento ambientale dei suoli, delle falde<br />

e dei sedimenti inquinati, come anche in<br />

materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee<br />

e dei cicli di depurazione nell’intero<br />

territorio della Regione siciliana (art. 1). Seguono,<br />

quindi, alcune disposizioni in materia di<br />

discariche, con assegnazione ai prefetti, d’intesa<br />

con il Commissario delegato, della competenza<br />

autorizzatoria alla realizzazione, eventuale<br />

ampliamento ed esercizio delle discariche,<br />

ai sensi del D.Lgs. n. 36/2003. Ciò, tuttavia,<br />

non prima di una valutazione di impatto ambientale<br />

(com’è noto prescritta dalla legge) e,<br />

comunque, per un periodo non superiore allo<br />

stato di emergenza (viene sostituito, in questo<br />

senso, l’art. 4, comma 4, ordinanza n.<br />

3072/2000 e succ. modd.). Peraltro, se da un<br />

lato risulta inserita la libera possibilità di appaltare<br />

i progetti per la realizzazione di discariche,<br />

già approvati ex art. 27, D.Lgs. n. 22/1997,<br />

al momento della pubblicazione dell’ordinanza<br />

in questione, dall’altro il rilascio dell’autorizzazione<br />

al successivo esercizio delle discariche<br />

ex art. 28, D.Lgs. n. 22/1997, è, a sua volta,<br />

subordinato all’applicazione della nuova disciplina<br />

prevista dall’art. 17, D.Lgs. n. 36/2003<br />

(art. 2, ordinanza in questione). Tra le altre<br />

disposizioni rilevano, infine, il conferimento al<br />

Commissario delegato, da un lato, della potestà<br />

autorizzatoria anche per gli scarichi provenienti<br />

dagli impianti di depurazione delle industrie<br />

ittico-conserviere (art. 5) e, dall’altro, del<br />

potere di adottare tutte le iniziative di carattere<br />

straordinario e urgente finalizzate all’integrale<br />

e definitiva attuazione sull’intero territorio<br />

regionale, entro e non oltre il 31 dicembre<br />

2004, del piano per il settore dei centri di raccolta<br />

per la messa in sicurezza, la demolizione,<br />

il recupero dei materiali e la rottamazione dei<br />

veicoli a motore e dei loro rimorchi (già adottato<br />

con ordinanza commissaraiale del 29 maggio<br />

2002) (art. 6).<br />

AMBIENTE<br />

TRASPORTO<br />

Decreto del Ministero delle<br />

Infrastrutture e dei trasporti<br />

13 gennaio 2004, n. 36<br />

«Procedure per il rilascio dell’autorizzazione<br />

all’imbarco e trasporto marittimo e<br />

per il nulla osta allo sbarco e al reimbarco su<br />

altre navi (transhipment) delle merci pericolose»<br />

(G.U. del 30 gennaio 2004, n. 24)<br />

Il decreto reca approvazione delle procedure<br />

indicate al titolo, con contestuale abrogazione<br />

della precedente disciplina in materia ex<br />

D.M. 4 maggio 1995 e D.M. 14 agosto 1997.<br />

Trattasi, in particolare, delle istruzioni da applicare<br />

alle operazioni che si effettuano nei<br />

porti italiani per quanto concerne il trasporto<br />

delle merci pericolose in colli e unità di trasporto<br />

del carico, fatta eccezione per le procedure<br />

di sosta e movimentazione delle merci<br />

pericolose all’interno delle aree portuali, a terra.<br />

Le sostanze ammesse al trasporto marittimo<br />

risultano, a loro volta, essere quelle elencate<br />

nel codice IMDG o nella normativa nazionale.<br />

In estrema sintesi, le procedure passano<br />

attraverso un «documento di conformità» e<br />

una «attestazione di idoneità», che dovranno<br />

essere posseduti dalle navi adibite al trasporto<br />

di merci pericolose, una rispondenza dei veicoli<br />

stradali imbarcati al punto 5 della risoluzione<br />

IMO A.581(14), un’autorizzazione all’imbarco<br />

e un nulla-osta all’imbarco, da rilasciare<br />

a cura della locale autorità marittima, nonché<br />

una dettagliata documentazione da allegare<br />

all’istanza di autorizzazione al trasporto, funzionale<br />

alla tipologia di merce che dovrà essere<br />

veicolata. La medesima procedura di “via<br />

libera” preventiva (sempre da rilasciare da parte<br />

dell’autorità marittima) sarà necessaria anche<br />

per le operazioni di transhipment di merci<br />

pericolose, mentre è prevista una clausola di<br />

favore nel caso di trasporto di merci pericolose<br />

«in quantità limitata» (subordinato al mero<br />

visto, da parte dell’autorità marittima, di un<br />

documento di trasporto recante la dicitura<br />

“quantità limitata”).<br />

Gli annessi al decreto recano il format del documento<br />

di conformità al trasporto di merci<br />

98 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


pericolose (Annesso I), il fac-simile della domanda<br />

di autorizzazione all’imbarco e trasporto/nulla<br />

osta allo sbarco di merci pericolose<br />

(Annesso II), la lista tipo delle merci pericolose<br />

da imbarcare o sbarcare (Annesso III) e la traduzione<br />

non ufficiale della documentazione<br />

di cui al capitolo 5.4. del Codice IMDG, 31˚<br />

emendamento (Annesso IV).<br />

BONIFICHE E DECONTAMINAZIONE<br />

Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e Tutela del territorio<br />

23 ottobre 2003<br />

«Perimetrazione del sito di interesse nazionale<br />

di Frosinone» (G.U. del 3 febbraio 2004, n. 26)<br />

Il decreto reca individuazione, in via provvisoria,<br />

delle aree della provincia di Frosinone oggetto<br />

di smaltimento di rifiuti o soggette agli effetti<br />

inquinanti dello stesso, da sottoporre a interventi<br />

di caratterizzazione e, sulla base dei risultati,<br />

ai necessari interventi di messa in sicurezza<br />

d’emergenza, bonifica, ripristino ambientale e<br />

attività di monitoraggio. La cartografia ufficiale<br />

di individuazione è conservata presso il Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio e<br />

presso la Regione Lazio e resta inteso come l’attuale<br />

perimetrazione non escluda l’obbligo di<br />

bonifica rispetto alle porzioni di territorio eventualmente<br />

risultanti anch’esse inquinate, ma al<br />

momento non ricomprese nel perimetro allegato<br />

al decreto in questione.<br />

RISCHI BIOTECNOLOGICI<br />

Legge 15 gennaio 2004, n. 27<br />

«Ratifica ed esecuzione del protocollo di Cartagena<br />

sulla prevenzione dei rischi biotecnologici<br />

relativo alla Convenzione sulla diversità<br />

biologica, con Allegati, fatto a Montreal il 29<br />

gennaio 2000» (in S.O. n. 20 alla G.U. 4 febbraio<br />

2004, n. 28)<br />

Trattasi della ratifica ed esecuzione in Italia<br />

del Protocollo indicato al titolo, con contestuale<br />

autorizzazione alla spesa di euro 655.145<br />

annui a decorrere dal 2003, per la relativa<br />

attuazione. Com’è noto, il documento in questione,<br />

elaborato in conformità all’approccio<br />

precauzionale di cui al principio 15, dichiara-<br />

AMBIENTE<br />

zione di Rio de Janeiro su <strong>Ambiente</strong> e sviluppo,<br />

risulta precipuamente finalizzato a garantire<br />

un livello adeguato di protezione per il<br />

trasferimento, la manipolazione e l’uso, indenne<br />

da pericoli, degli organismi viventi modificati<br />

risultanti dalla biotecnologia moderna, suscettibili<br />

di avere effetti sfavorevoli sulla conservazione<br />

e l’uso duraturo della diversità biologica,<br />

tenendo altresì conto dei rischi per la<br />

salute umana, ed evidenziando, in particolare,<br />

i movimenti trasfrontalieri (art. 1, protocollo<br />

detto). Per l’effetto, ne segue il solenne<br />

impegno delle parti contraenti ad adottare<br />

tutte le misure giuridiche, amministrative e di<br />

altro tipo necessarie per adempiere agli impegni<br />

del protocollo, tra l’altro accertandosi che<br />

la messa a punto, la manipolazione, il trasporto,<br />

l’uso il trasferimento e la fuoriuscita di<br />

qualsiasi organismo vivente modificato avvengano<br />

in considerazione, altresì, dei rischi per<br />

la salute umana (art. 2, comma 2). Rileva, in<br />

questo senso, la nozione di “organismo vivente<br />

modificato” da intendere quale «ogni organismo<br />

vivente che possiede una combinazione<br />

inedita di materiale genetico, ottenuta avvalendosi<br />

della biotecnologia moderna» (art. 3,<br />

lettera g), Protocollo) e quella di “organismo<br />

vivente” da intendersi quale «ogni entità biologica<br />

in grado di trasferire o di replicare materiale<br />

genetico, ivi compresi gli organismi sterili,<br />

i virus ed i virodidi» (art. 3, lettera h).<br />

APPALTI DI LAVORI PUBBLICI<br />

LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30<br />

«Modificazioni alla disciplina degli appalti di<br />

lavori pubblici concernenti i beni culturali»<br />

(G.U. del 7 febbraio 2004, n. 31)<br />

Trattasi di una disciplina specialistica, emanata<br />

in attuazione dell’art. 9, Costituzione, relativamente<br />

agli appalti di lavori pubblici concernenti<br />

i beni mobili e immobili, nonché gli interventi<br />

sui beni architettonici e sulle superfici<br />

decorate di beni del patrimonio culturale (ivi<br />

compresi gli scavi archeologici), sottoposti alle<br />

disposizioni di tutela del D.Lgs. n. 490/1999,<br />

così da assicurare l’interesse pubblico alla conservazione<br />

e protezione dei beni medesimi,<br />

anche in considerazione delle relative caratteristiche<br />

oggettive. l<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 99


LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

IL CASO<br />

di Cesare Parodi, Procura della Repubblica di Torino, docente a contratto<br />

Diritto dell’ambiente, Università di Torino, Facoltò Scienze MFN<br />

ELETTROSMOG E TUTELA PENALE<br />

Quali disposizioni del sistema sono dirette<br />

a tutelare i soggetti che possono trovarsi<br />

esposti a emissioni di onde elettromagnetiche?<br />

In che termini è applicabile a queste<br />

situazioni la disciplina dell’art. 674 c.p.? In che<br />

rapporto si pone quest’ultima con le indicazioni<br />

della legge quadro 36/2001?<br />

A distanza di due anni dall’entrata in vigore<br />

della legge quadro sulla protezione<br />

dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici<br />

ed elettromagnetici - legge n. 36/2001 [1] -la<br />

cui emanazione era stata salutata come un<br />

fondamentale punto di svolta con riguardo<br />

alla tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente<br />

- molte sono ancora le perplessità sulla<br />

effettiva portata ed efficacia del testo approvato,<br />

nonché delle implicazioni giuridiche di<br />

carattere generale che la stessa potrebbe determinare<br />

sul sistema. In questo senso, occorre<br />

sottolineare che la legge in oggetto - all’art. 1<br />

- ha lo scopo di dettare i principi fondamentali,<br />

tra l’altro, diretti ad assicurare:<br />

● la tutela della salute dei lavoratori, delle<br />

lavoratrici e della popolazione dagli effetti<br />

dell’esposizione a determinati livelli di campi<br />

elettrici, magnetici ed elettromagnetici, ai sensi<br />

e nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione;<br />

● la tutela dell’ambiente e del paesaggio;<br />

● la promozione dell’innovazione tecnologica;<br />

● le azioni di risanamento volte a minimizzare<br />

l’intensità e gli effetti dei campi elettrici,<br />

magnetici ed elettromagnetici, secondo le migliori<br />

tecnologie disponibili.<br />

Una serie di problematiche la cui essenza è<br />

direttamente espressa dall’indicazione nella<br />

legge delle finalità di attivare misure di cautela<br />

in applicazione del “principio di precauzio-<br />

AMBIENTE<br />

ne”, di matrice comunitaria, previsto dall’art.<br />

174, paragrafo 2, trattato istitutivo dell’Unione<br />

Europea. In particolare, questo postulato<br />

afferma la necessità di un’azione preventiva<br />

in grado di assicurare la tutela avanzata per i<br />

beni direttamente o indirettamente rilevanti<br />

in funzione dell’integrità dell’ambiente, a<br />

fronte non solo di condotte certamente in grado<br />

di nuocere ai beni in oggetto, ma anche di<br />

situazioni per le quali le conseguenze negative<br />

sull’ambiente - e, quindi, sulla salute delle<br />

persone - possano presentarsi come meramente<br />

ipotetiche.<br />

In questo senso, certamente la scienza non è<br />

allo stato in grado di fornire una risposta<br />

precisa ai numerosi e inquietanti dubbi che<br />

sono stati anche autorevolmente posti con<br />

riguardo all’esposizione alle emissioni “non<br />

ionizzanti”; peraltro, manca anche quella risposta<br />

“certa” in senso negativo che sola potrebbe<br />

consentire un ridimensionamento - a<br />

livello di percezione sociale di preoccupazione,<br />

prima ancora che giuridico - del problema.<br />

La singolare rilevanza assunta dalla tematica<br />

in oggetto è facilmente desumibile da<br />

una rapida disamina della giurisprudenza della<br />

Cassazione in relazione al reato di cui all’art.<br />

674 c.p., ossia dell’ipotesi storicamente<br />

demandata a fornire una tutela sostanziale<br />

per tutta una serie di aspetti legati all’inquinamento<br />

“genericamente” atmosferico; tra<br />

le decisione più recenti, in effetti, una gran<br />

parte riguarda proprio questioni di varia natura<br />

legate all’interpretazione della fattispecie<br />

in relazione alla disciplina della legge n.<br />

36/2001 o, comunque, in rapporto alla sussistenza<br />

del reato con riguardo all’emissione di<br />

onde elettromagnetiche.<br />

Il precedente “storico” - per quanto non molto<br />

risalente nel tempo - delle decisioni che si<br />

intendono analizzare è individuabile in una<br />

nota sentenza con la quale la Suprema Corte<br />

aveva stabilito che il fenomeno noto come<br />

[1] «Legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici» (in Gazzetta<br />

Ufficiale del 7 marzo 2001, n. 55); si veda il Supplemento n. 3/2001 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

100 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


inquinamento elettromagnetico è astrattamente<br />

riconducibile alla previsione dell’art.<br />

674 c.p. [2] ; pronuncia che aveva, tuttavia, al<br />

contempo, ritenuto quest’ultima norma come<br />

inapplicabile per la mancanza di uno degli<br />

elementi essenziali della fattispecie criminosa<br />

rappresentato dalla non accertata idoneità<br />

del fenomeno a produrre effetti sulla<br />

salute delle persone. Secondo la Corte «allo<br />

stato attuale delle ricerche, non risulta in alcun<br />

modo dimostrata l’attitudine delle onde<br />

elettromagnetiche a bassa frequenza, quali<br />

sono quelle emesse dagli elettrodotti, a recare<br />

danni apprezzabili, ancorché transitori e<br />

limitati alla sfera psichica agli individui direttamente<br />

coinvolti per ragioni di lavoro o altro»<br />

essendo «il problema, assai dibattuto nella<br />

comunità scientifica internazionale (...) tuttora<br />

aperto ad ogni soluzione». Nondimeno,<br />

la Corte riconosce l’astratta applicabilità della<br />

norma, in quanto, anche se l’art. 674 c.p.<br />

non è stato pensato in relazione alla diffusione<br />

delle onde elettromagnetiche, lo stesso<br />

codice penale equipara l’energia medesima,<br />

quella elettrica e le altre aventi un valore<br />

economico, alle “cose mobili”, riconducendola<br />

alla «categoria di elementi non materiali<br />

ma, almeno strumentalmente percepibili, misurabili<br />

e apprezzabili», così che «proprio<br />

l’apertura culturale mostrata dal codice Rocco<br />

nel dilatare la nozione di cosa rilevante<br />

per il diritto penale autorizza ad attribuire<br />

all’art. 674 una dimensione più ampia di quella<br />

originariamente conferitagli e conforme<br />

ad una visione della legge in armonia con il<br />

marcato dinamismo dello Stato moderno»;<br />

conseguentemente, «sia che si voglia imputare<br />

agli elettrodotti direttamente la formazione<br />

dei campi elettromagnetici, sia che si faccia<br />

risalire a loro soltanto la variazione del<br />

campo generale preesistente con la formazione<br />

di sequele di onde, è evidente che, in entrambi<br />

i casi, essi rappresentano la fonte del<br />

turbamento».<br />

Le decisioni intervenute dopo l’entrata in vigore<br />

della legge n. 36/2001 non hanno assunto<br />

un segno univoco, anche se l’opzione erme-<br />

AMBIENTE<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

neutica maggioritaria sembra voler lasciare<br />

spazio a una autonoma possibilità di applicazione<br />

della fattispecie di cui all’art. 674 c.p.<br />

Al proposito, non è mancata una decisione in<br />

senso nettamente contrario a questa impostazione,<br />

fondata su un duplice ordine di ragioni;<br />

in questo senso, non integrerebbe la fattispecie<br />

di cui all’art. 674 c.p. la propagazione<br />

di onde elettromagnetiche da impianti di radiodiffusione,<br />

atteso che la condotta consistente<br />

nel gettare cose, ivi sanzionata, ne presupporrebbe<br />

la preesistenza in natura, mentre<br />

l’emissione di onde elettromagnetiche<br />

consisterebbe nel generarne flussi prima non<br />

esistenti; inoltre, l’assimilabilità delle onde<br />

elettromagnetiche al concetto di cose necessiterebbe<br />

di un’esplicita previsione normativa,<br />

in quanto, in caso contrario, si tratterebbe di<br />

un’interpretazione estensiva in malam partem<br />

della norma incriminatrice vietata dal<br />

principio di stretta legalità, delineato nell’ordinamento<br />

giuridico italiano dall’art. 25 Costituzione,<br />

dall’art. 1 c.p. e dall’art. 14 delle<br />

cosiddette preleggi al codice civile [3] . Inoltre,<br />

la Corte ha fatto proprio l’argomento, già<br />

utilizzato dalla sopra menzionata decisione,<br />

ritenendo indispensabile per la configurabilità<br />

dell’ipotesi di cui all’art. 674 c.p., la prova<br />

concreta dell’effettiva idoneità della condotta<br />

a ledere o a infastidire le persone o a<br />

produrre nocumento certo per la salute di<br />

esse.<br />

Su una posizione differente si pongono due<br />

ulteriore recenti pronunce, con le quale la<br />

Corte ha specificato, con riguardo all’emissione<br />

di onde elettromagnetiche, che il superamento<br />

dei limiti indicati dalla vigente normativa<br />

speciale possa dar luogo alla configurabilità<br />

del reato di cui all’art. 674 c.p., solo qualora<br />

risulti concretamente accertata l’effettiva<br />

nocività di detta emissione per la salute umana.<br />

Un’affermazione che, peraltro, risolve in<br />

senso positivo il problema dell’applicazione<br />

del principio di specialità tra le norme previste<br />

dagli artt. 15 e 16, legge n. 36/2001 e la<br />

fattispecie penale in oggetto.<br />

Non sussisterebbe, quindi, rapporto di specia-<br />

[2] Si tratta delle sentenze della Cassazione penale, sez. I, 29 novembre 1999; si veda anche <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n.<br />

13/2000, pag 81 e, dello stesso Autore, Prime osservazioni sulla rilevanza penale della legge 36/2001 nel<br />

Supplemento n. 3/2001 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, pag. 84.<br />

[3] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. I, 27 febbraio 2002, n 8102, CED 221105.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 101


LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

lità, ai sensi dell’art. 15 c.p. tra le norme sanzionatorie<br />

della legge quadro e l’art. 674 c.p.,<br />

trattandosi di disposizioni dirette alla tutela<br />

di beni giuridici diversi e fondate su diversi<br />

presupposti, in quanto, nel primo caso, la condotta<br />

sarebbe sanzionata - con la pena amministrativa<br />

- solo nel caso in cui l’emissione di<br />

onde elettromagnetiche sia tale da superare i<br />

limiti previsti dalla legge, mentre, nel secondo<br />

caso, la condotta costitutiva dell’illecito<br />

penale sussisterebbe a prescindere dal superamento<br />

dei predetti limiti, per il solo fatto di<br />

avere cagionato offesa o molestie alle persone<br />

[4] . Su questo punto, la seconda delle decisioni<br />

citate pare maggiormente lineare, nel<br />

momento in cui distingue tra superamento<br />

dei limiti e attitudine nociva delle emissioni;<br />

solo quest’ultima circostanza, in effetti, laddove<br />

accertata, potrebbe porsi come presupposto<br />

del reato.<br />

La Corte, inoltre, proprio affrontando la problematica<br />

della legittimità di decreti di sequestro<br />

preventivo emessi con riferimento a impianti<br />

di ripetizione radiotelevisivi, ha precisato<br />

che, per l’adozione della confisca, a differenza<br />

di quanto necessario per l’emissione di<br />

una pronuncia di condanna, è sufficiente la<br />

sussistenza del fumus commissi delicti, vale a<br />

dire l’astratta sussumibilità del fatto nella fattispecie<br />

di reato considerata e, quindi, l’astratta<br />

ravvisabilità di una previsione di pericolosità<br />

e non anche la accertata e inequivoca possibilità<br />

di induzione di conseguenze nocive.<br />

Anche le più recenti decisioni sul tema non<br />

sembrano aver determinato chiarezza sul<br />

punto; è stato, così, ritenuto configurabile il<br />

reato in oggetto nelle emissioni di onde elettromagnetiche<br />

generate da ripetitori radiotelevisivi,<br />

laddove siano superati i valori indicativi<br />

dell’intensità di campo fissati dalla normativa<br />

specifica vigente in materia, a nulla rilevando<br />

la concreta idoneità delle emissioni stesse<br />

a nuocere alla salute umana [5] ; al contrario<br />

nel gennaio 2003 - pure esprimendosi su materia<br />

differente dalle onde in oggetto - la<br />

Suprema Corte ha dato una nuova “sterzata”<br />

in senso sostanzialista, ravvisando l’illecito di<br />

AMBIENTE<br />

cui all’art. 674 c.p. a fronte di immissioni di<br />

gas, fumi, vapori e simili, non solo tali da<br />

superare i limiti eventualmente fissati dalle<br />

norme in materia di tutela dell’ambiente, ma<br />

da assumere un carattere effettivamente molesto,<br />

cioè avvertibile come sgradevole e fastidioso<br />

da una determinata parte della collettività,<br />

indicando, in caso contrario, come ravvisabile,<br />

in via esclusiva, soltanto il diverso e<br />

autonomo reato eventualmente previsto dalla<br />

legge speciale [6] .<br />

Alla luce delle indicazioni sopra riportate non<br />

è semplice trarre una traccia di sintesi. Il problema<br />

è che la fattispecie di cui all’art. 674<br />

c.p. non esaurisce il disvalore penale di comportamenti<br />

legati all’emissione di radiazioni<br />

non ionizzanti, dovendosi ritenere eventualmente<br />

configurabile in astratto il reato di<br />

lesioni e/o omicidio colposo. Tuttavia, proprio<br />

l’analisi del reato di lesioni impone la valutazione<br />

con riguardo all’ipotesi di cui all’art.<br />

674 c.p. Quest’ultima ipotesi costituisce un<br />

reato di mero pericolo, nel senso che non è<br />

necessario che sia determinato un effettivo<br />

nocumento alle persone, essendo sufficiente<br />

l’ attitudine - delle cose gettate - a offenderle<br />

o molestarle.<br />

Se anche oggi non vi sono certezze sull’incidenza<br />

delle radiazioni non ionizzanti sulla<br />

vita dell’uomo, è altrettanto possibile affermare<br />

che non vi siano dubbi sul fatto che un<br />

sempre crescente numero di soggetti risultino<br />

“turbati” da un quadro di indicazioni contrastanti<br />

e di valutazione, in termini ipotetici,<br />

che riguardano anche patologie gravi; persone<br />

che attendono dalla Stato e dalla scienza<br />

una risposta ovvero provvedimenti che consentano<br />

di “attendere” dati scientificamente<br />

assodati senza l’angoscia di subire conseguenze<br />

oscure e irreparabili. Il problema è, allora,<br />

di valutare cosa debba intendersi per “offesa<br />

o molestia” in rapporto all’evento lesione;<br />

francamente, non pare che i due concetti siano<br />

coincidenti, visto anche il diverso interesse<br />

tutelato. Certamente, quindi, l’evento lesione/malattia<br />

si configura quando risulti interessata<br />

l’integrità fisica di un soggetto, così<br />

[4] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. I, 24 aprile 2002, n. 15717, CED 221362; analogamente, si veda la<br />

sentenza della Cassazione, sez I, 13 marzo 2002, n. 10475, CED 221610.<br />

[5] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. I, 14 giugno 2002, n. 23066, CED 221653.<br />

[6] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 13 gennaio 2003, n. 760, CED 223531.<br />

102 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


che allo stato le valutazioni scientifiche sul<br />

punto rendono problematica l’individuazione<br />

di un rapporto giuridicamente significativo<br />

tra esposizione e malattia.<br />

Tuttavia, laddove si considerino come possibili<br />

molestie le situazioni di fastidio, disagio,<br />

disturbo e, comunque, di turbamento della<br />

tranquillità e della quiete delle persone, che<br />

producono un effetto negativo - anche solo<br />

psichico - sullo svolgimento delle attività quotidiane<br />

di lavoro e sulla vita di relazione, diviene<br />

differente la possibilità di configurare il<br />

reato di cui all’art. 674 c.p.<br />

Al proposito, si potrebbe, anzi, ritenere che il<br />

superamento dei limiti di esposizione e dei<br />

valori di attenzione [7] , nonché delle misure di<br />

tutela di cui all’art. 5, possa costituire attività<br />

di “emissione” atta a offendere o molestare<br />

persone, in “casi non consentiti dalla legge”,<br />

come previsto dall’art. 674 c.p., ovvero possano<br />

essere considerati profili di colpa in relazione<br />

all’individuazione di fattispecie penali<br />

quali l’omicidio ovvero le lesioni colpose [8] .<br />

Un’indicazione, quest’ultima, che assume un<br />

particolare significato proprio in relazione ai<br />

D.P.C.M. 8 luglio 2003 [9] , che hanno fissato i<br />

limiti di esposizione, i valori di attenzione e<br />

gli obiettivi di qualità per la protezione della<br />

popolazione dall’esposizione ai campi elettrici,<br />

magnetici ed elettromagnetici generati a<br />

AMBIENTE<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

frequenze compresa tra 100 kHz e 300 GHz e<br />

ai campi elettrici e magnetici generati dagli<br />

elettrodotti alla frequenza di rete 50 Hz.<br />

Peraltro, è stato correttamente osservato che<br />

«il solo superamento di limiti normativamente<br />

fissati non può essere di per sé ritenuto<br />

sinonimo di offesa o molestia, dovendosi pur<br />

sempre pervenire ad un accertamento concreto,<br />

seppur fondato (...) non già sulla sola considerazione<br />

di un’eventuale potenzialità offensiva<br />

(e cioè lesiva) della condotta, ma anche<br />

sulla rilevanza dell’eventuale, e più limitata,<br />

attitudine della condotta stessa ad arrecare<br />

una situazione di disagio o turbamento,<br />

oggettivamente intesa»; in effetti «ciò che<br />

integra la contravvenzione in parola è anche<br />

una semplice, ma concreta e apprezzabile,<br />

situazione di fastidio o disturbo, tale da integrare<br />

il concetto di molestia», mentre qualora<br />

si dovesse pervenire a dimostrare la concreta<br />

produzione di un danno alla salute risulterebbe<br />

consumato il ben più grave delitto di<br />

lesioni personali [10] . Su questo aspetto, in generale<br />

la Cassazione ha recentemente ribadito<br />

che, al fine della integrazione del reato di<br />

cui all’art. 674 c.p., costituisce molestia anche<br />

il fatto di arrecare alle persone preoccupazione<br />

e allarme circa eventuali danni alla salute<br />

a seguito della esposizione a emissioni atmosferiche<br />

inquinanti [11] . l<br />

[7] Definiti dall’art 3 come segue:<br />

«b) limite di esposizione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di<br />

immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione<br />

di esposizione della popolazione e dei lavoratori per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a);<br />

c) valore di attenzione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di<br />

immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze<br />

prolungate per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettere b) e c)».<br />

[8] Allo stesso modo, anche se non direttamente posto in relazione a possibili violazioni penali, il contenuto del principio<br />

di colpa rilevabile dalla fattispecie di cui all’art. 674 c.p. può essere individuato nella altre due violazioni<br />

amministrative previste dall’art. 15, consistenti nell’inosservanza sia delle prescrizioni previste, ai fini della tutela<br />

dell’ambiente e della salute, dall’autorizzazione, dalla concessione o dalla licenza per l’installazione e l’esercizio<br />

degli impianti disciplinati dalla legge quadro, che del decreto di cui all’articolo 12, comma 1, diretto a individuare<br />

le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo,<br />

generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle<br />

lavoratrici, mediante apposite etichettature o schede informative.<br />

[9] «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della<br />

popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100<br />

kHz e 300 GHz» (in Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 2003, n. 199) e «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori<br />

di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e<br />

magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti» (in Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2003, n. 200).<br />

Si veda anche il n. 17/2003 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

[10] G. De Falco, Inquinamento elettromagnetico: l’eccezione conferma la regola, in <strong>Ambiente</strong> e <strong>Sicurezza</strong> sul lavoro, n.<br />

7/8-2003, pag. 14.<br />

[11] Si veda la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 12 maggio 2003, n. 20755, CED 225304.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 103


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

a cura di Alessandro Jazzetti magistrato e Maria Melizzi, consulente legale<br />

CONSUMI IDRICI<br />

TAR Lombardia, 20 maggio 2003, n. 1847,<br />

Pres. e Rel. Guerrieri, Ric. Pa.Ro.GRA.<br />

Risorse idriche - Legge Galli - Obbligo del<br />

costruttore di installare presso ogni unità<br />

abitativa un contatore individuale - Sussistenza<br />

Il sistema della legge Galli, in tema di tutela<br />

delle risorse idriche, impegna l’utente finale<br />

(domestico, terziario o/e industriale) ad essere<br />

responsabile del proprio consumo idrico,<br />

a valle del contatore individuale, cioè lo impegna<br />

personalmente (perché direttamente<br />

esposto al relativo pagamento) a controllare<br />

sciupii dell’acqua erogata ed eventuali perdite<br />

dell’impianto interno alla sua abitazione,<br />

o struttura produttiva.<br />

Qualora l’impresa costruttrice abbia assunto<br />

formale impegno di provvedere, a mente<br />

dell’art. 5 della citata legge, ad installare i<br />

contatori per il consumo dell’acqua in ogni<br />

singola unità abitativa, all’atto della richiesta<br />

della concessione edilizia, non può essere<br />

addotta, a giustificazione del mancato<br />

adempimento dell’obbligo, la carenza di<br />

una legislazione tecnica regionale, perché la<br />

legge prevede unicamente che le Regioni<br />

emanino norme di carattere programmatico,<br />

come è palese nel fatto che il Comune<br />

non può rilasciare concessioni edilizie che<br />

non prevedono l’installazione di un contatore<br />

individuale, a prescindere dalla legislazione<br />

regionale.<br />

Nota<br />

L’art. 5, comma 1-bis, legge “Galli”, novellato<br />

e ribadito dall’art. 25 del D.Lgs. n.<br />

152/1998, adottato in recepimento delle direttive<br />

n. 91/271/CEE e n. 91/676/CEE, prevede,<br />

tra l’altro, che il comune rilasci la concessione<br />

edilizia se il progetto contempla l’installazione<br />

di contatori per ogni singola unità<br />

abitativa.<br />

AMBIENTE<br />

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />

Questa normativa, secondo il TAR Lombardia,<br />

pur demandando alle regioni il compito<br />

di adottare norme e misure volte a favorire<br />

la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli<br />

sprechi, non richiede, per la sua operatività,<br />

un regolamento tecnico regionale, ma è<br />

direttamente applicabile.<br />

DISCARICHE ABUSIVE<br />

Tribunale di Grosseto, 9 ottobre 2003, n.<br />

793, Giudice Branda<br />

Deposito incontrollato di rifiuti - Discarica<br />

non autorizzata - Reato - Configurabilità<br />

Al fine della individuazione del concetto di<br />

discarica sono necessari due elementi:<br />

a) il numero e il tempo dei conferimenti, che<br />

denota una sorta di organizzazione dell’attività;<br />

b) la trasformazione subita dal territorio per<br />

effetto degli stessi, a seguito della permanenza<br />

della destinazione dell’area.<br />

Alla stregua del decreto 36/2003, che in attuazione<br />

della direttiva comunitaria n.<br />

31/1999, ha introdotto nel nostro ordinamento<br />

la definizione di discarica, gli elementi<br />

caratterizzanti (che giustificano il particolare<br />

rigore nella disciplina e nelle precauzioni<br />

da adottare per impianti di tal genere),<br />

sono costituiti dalla stabile destinazione alle<br />

fasi dello smaltimento e dal contatto diretto<br />

dei rifiuti con il suolo.<br />

Nota<br />

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto<br />

che l’area in questione fosse stata adibita a<br />

una fase dello smaltimento, consistita nel<br />

deposito preliminare mediante operazioni<br />

di scarico sul suolo di ingenti quantitativi di<br />

rifiuti, poi abbandonati in loco per un considerevole<br />

lasso di tempo e senza alcuna precauzione<br />

per evitare inquinamento del suolo;<br />

è stato, inoltre, escluso che il cantiere in<br />

104 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


oggetto potesse costituire «impianto in cui i<br />

rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati<br />

per il successivo trasporto in un impianto<br />

di recupero, trattamento o smaltimento»,<br />

atteso che quest’ipotesi normativa deve<br />

essere, infatti, riferita agli impianti in cui<br />

le fasi dello scarico e del successivo prelievo<br />

per il trasporto altrove non siano intervallate<br />

da lunghi periodi di tempo in cui i rifiuti<br />

restino abbandonati sul suolo, con evidente<br />

pericolo di inquinamento del terreno sottostante.<br />

TOLLERABILITÀ ACUSTICA<br />

Tribunale di Modena, 11 novembre 2003,<br />

n. 42, Pres. Cigarini, Est. Pagliani<br />

Emissioni rumorose - Lesione del diritto<br />

alla salute - Presupposti - Normale tollerabilità<br />

- Nozione<br />

Il bene salute deve ritenersi comprensivo<br />

non solo dell’incolumità fisica ma anche del<br />

benessere psichico dell’individuo e di tutto<br />

ciò che vale a costituire la “qualità” stessa<br />

della vita, intesa come esaustiva realizzazione<br />

della persona umana nella totalità e globalità<br />

delle sue manifestazioni e dei suoi<br />

valori.<br />

Le immissioni sonore intollerabili portano<br />

all’attenzione il rumore non già per le lesioni<br />

organiche che possa in ipotesi provocare<br />

per l’organismo umano, ma proprio per la<br />

oggettiva capacità dello stesso di travolgere<br />

l’equilibrio della persona, intesa come tale,<br />

cioè come soggetto teso a realizzare, come<br />

d’ordinario, le sue funzioni psichiche, ed ad<br />

espletare le attività rispondenti all’esercizio<br />

delle sue qualità soggettive e sociali, sicché<br />

vi è danno alla persona anche in ipotesi di<br />

assenza di lesioni immediatamente obiettivabili.<br />

IL D.P.C.M. 1˚ marzo 1991 pone dei limiti<br />

massimi assoluti differenziati per zona e limiti<br />

relativi, consistenti nella differenza massima<br />

insuperabile rispetto al livello del rumore<br />

ambientale, ma non può precludere una<br />

valutazione in concreto di intollerabilità, atteso<br />

anche che l’integrità della persona ed il<br />

AMBIENTE<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

bene primario della salute non possono essere<br />

valutati in termini esclusivamente fisici e<br />

materialmente constatabili, e comprende anche<br />

la sfera emotiva e psichica, le cui sofferenze<br />

sono meno obiettivamente misurabili<br />

ma non per questo meno reali.<br />

Pertanto, anche dopo l’emanazione del decreto,<br />

ai fini della determinazione della<br />

“normale tollerabilità” va seguito il criterio<br />

del superamento del limite dei tre decibel<br />

del rumore di fondo.<br />

Nota<br />

Nella specie il Tribunale ha ritenuto che sussistessero<br />

i presupposti della tutela cautelare in<br />

relazione ai rumori provenienti dall’area di<br />

parcheggio annessa a un ristorante, in cui sostavano<br />

anche di notte, automezzi pesanti.<br />

RUMORE E POTERI DEL SINDACO<br />

TAR Puglia 24 settembre 2003, n. 3591,<br />

Pres. Ferrari, Est. Cabrini, Ric. Santoro<br />

Inquinamento acustico - Ordinanza contingibile<br />

e urgente adottata dal Sindaco -<br />

Presupposti<br />

Il potere di ordinanza del sindaco in materia<br />

di inquinamento acustico trova fondamento<br />

in norme (art. 9 legge n. 447/1985 -<br />

per quanto attiene ai poteri dei sindaci - e<br />

art. 3 L.R. Puglia n. 36/1984) che costituiscano<br />

espressione specifica del più generale<br />

potere di ordinanza previsto dall’art. 54,<br />

comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 -<br />

Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli<br />

enti locali (già art. 38, comma 2, legge n.<br />

142/1990).<br />

Tale norma ha determinato un allargamento<br />

della sfera d’azione dei provvedimenti<br />

contingibili e urgenti del Sindaco, quale ufficiale<br />

di governo, in materia di sanità, disponendo<br />

che tali provvedimenti possono<br />

essere emessi non più per “motivi di sicurezza<br />

pubblica” o solo di quella, come prevedeva<br />

l’abrogato art. 153 T.U. 4 febbraio 1915,<br />

n. 148, ma anche e soprattutto «al fine di<br />

prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano<br />

l’incolumità dei cittadini»; pertan-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 105


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

to, è legittimo il provvedimento col quale il<br />

Sindaco, con riferimento alla suddetta norma,<br />

ordini l’abbattimento delle emissioni rumorose<br />

che superino i limiti di rumorosità consentiti<br />

e costituiscano quindi la fonte di rischi<br />

da esposizione ad inquinamento acustico.<br />

Nota<br />

Si vedano le sentenze del TAR Lazio, sez. II, 22<br />

febbraio 1995, n. 242; TAR Toscana, sez. II, 14<br />

febbraio 2000, n. 168; TAR Sicilia - Palermo,<br />

sez. II, 1˚ luglio 1993, n. 564 e TAR Sicilia -<br />

Catania, sez. II, 9 giugno 1992, n. 596.<br />

BONIFICHE<br />

E ORDINANZE SINDACALI<br />

TAR Valle d’Aosta, 20 febbraio 2003, n. 17<br />

Presidente Guida, Rel. Vigotti, Ric. Brocherel<br />

Ordinanza sindacale di ripristino - Ingiunzione<br />

di procedere alla bonifica - Rapporto<br />

di consequenzialità - Esclusione<br />

Non esiste rapporto di consequenzialità logico-giuridica<br />

tra l’ordinanza sindacale emessa<br />

ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997 e<br />

la successiva ingiunzione di presentare il progetto<br />

per la bonifica del sito inquinato ex<br />

art. 17, comma 2, lett. c) D.Lgs. n. 22/1997,<br />

che pure al primo faccia riferimento, trattandosi<br />

di norme attinenti a fattispecie diverse,<br />

l’una riguardando la repressione dell’abbandono<br />

di rifiuti e l’altra la bonifica dei siti<br />

interessati dal superamento dei limiti di accettabilità<br />

della contaminazione del suolo e<br />

delle acque.<br />

Nota<br />

Il potere sindacale di ordinanza contingibile<br />

ed urgente ex art. 14, D.Lgs. n. 22/1997 e il<br />

provvedimento con il quale si ingiunge, ai<br />

sensi dell’art. 17, medesimo decreto, di presentare<br />

il progetto per la bonifica del sito<br />

inquinato, hanno fondamento e natura diversi,<br />

in quanto il primo presuppone l’abbandono<br />

e il deposito incontrollati di rifiuti<br />

sul suolo ed è finalizzato alla rimozione,<br />

all’avvio a recupero o allo smaltimento dei<br />

rifiuti nonché al ripristino dello stato dei<br />

AMBIENTE<br />

luoghi, mentre il secondo presuppone il verificarsi<br />

di un evento che abbia determinato<br />

il superamento dei limiti di contaminabilità<br />

di un sito ed è finalizzato alla bonifica di<br />

quest’ultimo.<br />

COMITATI A TUTELA<br />

DI INTERESSI AMBIENTALISTICI<br />

TAR Toscana, 27 ottobre 2003, n. 5491,<br />

Pres. Petruzzelli, Rel. Silvestri, Ric. Trematerra<br />

et al.<br />

Comitato di cittadini - Legittimazione ad<br />

agire - Esclusione<br />

Sia un comitato di cittadini costituitosi per<br />

la valorizzazione di interessi ambientalistici<br />

collegati alla tutela della salute, sia i singoli<br />

cittadini in un ambito territoriale interessato<br />

da interventi incidenti su interessi ambientali,<br />

non hanno di per sé legittimazione<br />

a proporre ricorso giurisdizionale avverso i<br />

provvedimenti che tali interventi consentano<br />

in quanto la vicinitas non è di per sé un<br />

elemento differenziatore della posizione<br />

giuridica soggettiva cantata dagli stessi, occorrendo<br />

diversamente una situazione concreta<br />

e fattuale che si rifletta negativamente<br />

sulla posizione sostanziale stessa ledendola.<br />

Diversamente il ricorso ad un modello<br />

organizzativo sostanziale libero nella forma,<br />

o la mera vindicatio della vicinitas maschererebbero<br />

in realtà il ricorso ad un’azione<br />

popolare che nel nostro ordinamento è<br />

consentita nei soli casi espressamente previsti<br />

da una legge.<br />

Nota<br />

La sentenza ha escluso la legittimazione processuale<br />

ex art. 1, legge n. 349/1986 sia di un<br />

comitato di cittadini costituitosi per la valorizzazione<br />

di interessi ambientalistici che<br />

dei singoli cittadini in un ambito interessato<br />

da interventi incidenti su interessi ambientali,<br />

perché costoro sono titolari di un interesse<br />

di mero fatto che giustifica solo l’intervento<br />

ad adiuvandum (si vedano le sentenze<br />

della Cassazione, sez. VI, 5 dicembre 2002, n.<br />

6657; sez. V, 18 novembre 1997, n. 1325; sez.<br />

VI, 16 lulgio 1990, n. 728). l<br />

106 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Dopo un primo approfondimento dedicato alle terne (n. 18/2003, pag. II),<br />

un secondo sulle gru a torre (n. 22/2003, pag. II), e un terzo sugli escavatori<br />

(n. 1/2004, pag. II) <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> prosegue la pubblicazione degli<br />

inserti dedicati alla sicurezza delle macchine da cantiere, occupandosi<br />

delle gru a torre automontante.<br />

All’interno della famiglia degli apparecchi di sollevamento, la gru automontante<br />

rappresenta uno dei più diffusi apparecchi per la movimentazione<br />

dei carichi nei cantieri edili di piccola dimensione. Questo tipo di gru,<br />

chiamate anche a montaggio rapido o a braccio ripiegabile, sono apparecchi<br />

in grado di assicurare prestazioni di tiro generalmente più modeste se<br />

confrontate con una gru a torre di tipo tradizionale. Queste macchine<br />

sono costituite da una torre verticale per lo più solidale con il braccio,<br />

entrambi in tralicci di acciaio, rotanti assieme alla zavorra su una piattaforma<br />

di base; la capacità lavorativa è garantita da un argano posizionato sul<br />

carrello del braccio.<br />

L’inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento<br />

che guida all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle principali<br />

caratteristiche e modalità di impiego, indica la documentazione necessaria<br />

a corredo della macchina, affronta il tema della formazione dell’operatore<br />

addetto alla conduzione. In chiusura, una check list guida al controllo<br />

delle condizioni della macchina.<br />

Commenti di:<br />

● Marco Vigone<br />

● Claudio Conio<br />

LA SICUREZZA<br />

DELLE MACCHINE DA CANTIERE:<br />

GRU A TORRE AUTOMONTANTE<br />

4<br />

Nei prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>:<br />

autocarro<br />

autogrù<br />

autobetoniera<br />

argani<br />

pompa per il calcestruzzo<br />

sollevatore telescopico<br />

pala caricatrice<br />

carrello elevatore fuoristrada sviluppabile


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

di Marco Vigone, Presidente Commissione “<strong>Sicurezza</strong>” UNI Milano - Rapporteur Settore “<strong>Sicurezza</strong><br />

e salute sul posto di lavoro” CEN Bruxelles - Direttore Generale I.E.C. S.r.l. Torino<br />

L’art. 1, comma 3, della direttiva<br />

98/37/CE, cosiddetta Direttiva<br />

Macchine, esclude che un<br />

autocarro o un suo telaio destinato<br />

ad essere successivamente<br />

equipaggiato con altre attrezzature<br />

possa essere considerato<br />

una macchina alla quale<br />

sia applicabile la direttiva<br />

stessa. Infatti, i rischi legati alla<br />

funzione “trasporto” non<br />

rientrano nel campo di applicazione<br />

della direttiva in quanto<br />

sono già disciplinati da altri<br />

provvedimenti comunitari specifici<br />

in materia di sicurezza<br />

dei veicoli e, in particolare, per<br />

quanto riguarda l’illuminazione,<br />

la visibilità delle vie di circolazione,<br />

i carichi massimi sugli<br />

assi, la frenatura, ecc. Molti<br />

problemi, invece, sono sorti se<br />

si debba applicare la Direttiva<br />

Macchine alle attrezzature che<br />

possono essere montate sull’autocarro<br />

(quali: gru ausiliarie,<br />

sponde idrauliche, dispositivi<br />

di compattazione, betoniere,<br />

ecc.) e a chi competa questo<br />

onere.<br />

INSERTO<br />

Queste attrezzature devono essere marcate in quanto macchine ma anche per l’influenza che esercitano sul veicolo<br />

Gru a torre automontante:<br />

a chi compete la marcatura CE?<br />

Poiché, l’esclusione dall’applicazione<br />

della direttiva riguarda<br />

solamente i veicoli per<br />

quanto riguarda la loro funzione<br />

di trasporto, l’esclusione non può<br />

riguardare le attrezzature che possono<br />

essere installate su di essi<br />

per modificarne o integrarne le<br />

funzioni.<br />

È, quindi, evidente che queste<br />

attrezzature presentano esse stesse<br />

dei rischi e/o causano sui veicoli<br />

altri rischi, a causa della loro installazione,<br />

che richiedono l’applicazione<br />

della Direttiva Macchine.<br />

Occorre, pertanto, valutare la<br />

macchina nel suo complesso (veicoli<br />

ed attrezzatura ausiliaria) per<br />

riscontrare se essa rispetta i requisiti<br />

essenziali riportati nell’allegato<br />

I della direttiva.<br />

È necessario, cioè, riscontrare<br />

che siano stati considerati e tecnicamente<br />

ridotti, se non addirittura<br />

eliminati - quando possibile - gli<br />

altri rischi non legati alla funzione<br />

trasporto, quali: la stabilità del veicolo<br />

al momento dello scarico di<br />

una benna o delle operazioni di<br />

sollevamento, la visibilità dell’area<br />

di lavoro a partire dal posto<br />

di comando di queste attrezzature,<br />

ecc.<br />

È evidente, quindi, che queste<br />

attrezzature devono essere marcate<br />

“CE” non solo in quanto esse<br />

stesse macchine, ma anche per<br />

quanto queste influiscono sul funzionamento<br />

del veicolo.<br />

Chi deve apporre<br />

la marcatura<br />

Molta confusione è emersa in<br />

questi primi nove anni di applicazione<br />

della Direttiva Macchine su<br />

chi debba apporre la marcatura<br />

“CE”, e quindi, rilasciare la dichiarazione<br />

“CE” di conformità. Infatti,<br />

queste attrezzature (quali le gru<br />

ausiliarie) possono essere installate<br />

ed immesse sul mercato direttamente<br />

da fabbricante o vendute separatamente<br />

e fissate successivamente<br />

al telaio del veicolo da un<br />

meccanico (su richiesta di un utilizzatore<br />

finale o per una successiva<br />

vendita) o dall’utilizzatore stesso.<br />

È evidente che nel primo caso<br />

citato il fabbricante dell’attrezzatura<br />

è il “depositario” dell’obbligo<br />

di marcatura e del rilascio della<br />

dichiarazione “CE” di conformità.<br />

Negli altri due casi, invece, i<br />

fabbricanti delle attrezzature non<br />

hanno marcato “CE” l’attrezzatura<br />

stessa ed hanno rilasciato all’acquirente<br />

una dichiarazione di incorporazione<br />

di un sottoinsieme,<br />

cioè una dichiarazione di cui all’allegato<br />

II, tipo B, della direttiva.<br />

Occorre precisare che questo tipo<br />

di dichiarazione non è una dichiarazione<br />

“CE” di conformità alla<br />

Direttiva Macchine, ma un avvertimento<br />

al cliente sul fatto che<br />

il materiale fornito non è conforme<br />

alla direttiva stessa: in altri<br />

termini, è una dichiarazione di<br />

mancata conformità.<br />

II www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


La dichiarazione di incorporazione<br />

è stata concepita appositamente<br />

per le macchine incomplete,<br />

che possono essere normali<br />

macchine da cui sono stati rimossi<br />

i dispositivi di sicurezza prima dell’inserimento<br />

in un insieme complesso.<br />

La sicurezza è integrata<br />

dal fabbricante della macchina<br />

completa o dall’acquirente, a livello<br />

di impianto.<br />

Il ricorso alla dichiarazione di<br />

incorporazione non deve, tuttavia,<br />

comportare abusi. Essa potrebbe<br />

INSERTO<br />

riguardare qualsiasi componente,<br />

ma questo non era l’intento della<br />

direttiva, che invece prende in considerazione<br />

i sottoinsiemi elaborati<br />

e le macchine incomplete: le<br />

cosiddette “quasi macchine”.<br />

Nel caso specifico, invece, le<br />

macchine sono complete e solamente<br />

non installate sul telaio del<br />

veicolo che poi le trasporterà.<br />

Queste attrezzature, quindi, non<br />

sono altro che attrezzature intercambiabili<br />

[1] contemplate nella Direttiva<br />

Macchine.<br />

È anche in questo caso, pertan-<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

to, onere del fabbricante di queste<br />

attrezzature, per esempio una gru<br />

ausiliaria, apporre la marcatura<br />

“CE”, corredarle di una dichiarazione<br />

“CE” di conformità e predisporre<br />

il fascicolo tecnico di cui<br />

all’allegato V della direttiva.<br />

Le istruzioni per l’uso devono,<br />

pertanto, contenere anche precise<br />

indicazioni per il montaggio e le<br />

eventuali incompatibilità, cioè la<br />

possibilità di installare, per es. la<br />

gru, solo su alcuni veicoli e non<br />

su altri. l<br />

[1] Definite nella direttiva come «attrezzatura intercambiabile: un’attrezzatura che modifica la funzione di una macchina, immessa<br />

sul mercato per essere montata su una macchina o su una serie di macchine diverse o su un trattore dall’operatore stesso, nei<br />

limiti in cui tale attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un utensile».<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com III


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

di Claudio Conio, Esem - Ente Scuola Edile Milanese<br />

Le gru automontanti vengono posizionate<br />

e preparate alle operazioni<br />

di tiro da un solo operatore<br />

che deve realizzare l’intera installazione<br />

da terra seguendo le procedure<br />

e le sequenze indicate dalla<br />

ditta costruttrice. Il montaggio<br />

dovrà essere eseguito da personale<br />

competente e specializzato che<br />

alla fine dell’intervento dovrà rilasciare<br />

certificazione di idoneità dichiarando<br />

l’esecuzione dell’installazione<br />

in ottemperanza alle norme<br />

di sicurezza e di igiene del lavoro,<br />

nonché alle istruzioni fornite<br />

dai rispettivi fabbricanti dei<br />

macchinari e degli altri mezzi tecnici<br />

per la parte di loro competenza,<br />

secondo quanto menzionato<br />

dall’articolo 6, comma 3, del<br />

D.Lgs. n. 626/1994.<br />

INSERTO<br />

Completano queste macchine i dispositivi di sicurezza elettrica per prevenire i pericoli da malfunzionamento ed errori dell’operatore<br />

Gru a torre automontante: dall’analisi dei rischi<br />

al controllo delle condizioni della macchina<br />

All’interno della famiglia degli apparecchi<br />

di sollevamento, la gru automontante<br />

rappresenta uno dei più<br />

diffusi apparecchi per la movimentazione<br />

ed il sollevamento dei carichi nei cantieri<br />

edili di piccola dimensione. Questo tipo<br />

di gru, chiamate anche a montaggio rapido<br />

o a braccio ripiegabile, sono apparecchi<br />

in grado di assicurare prestazioni di<br />

tiro generalmente più modeste se confrontate<br />

con una gru a torre di tipo tradizionale.<br />

Le gru a torre automontanti sono così<br />

chiamate in virtù di un sistema di argani e<br />

dispositivi idraulici che garantiscono l’elevazione<br />

da terra del tronco e il sollevamento<br />

in posizione di lavoro del braccio<br />

senza l’ausilio di altri dispositivi di supporto.<br />

Le versioni automontanti sono costituite<br />

da una torre verticale per lo più<br />

solidale con il braccio, entrambi in tralicci<br />

di acciaio, rotanti assieme alla zavorra<br />

di base su una piattaforma di base.<br />

La capacità lavorativa è garantita da<br />

un argano posizionato sul carrello del<br />

braccio.<br />

La stabilità della macchina è assicurata<br />

dal sistema di appoggio garantito<br />

dagli stabilizzatori e dalla zavorra posta<br />

alla base della torre verticale; tipicamente<br />

la zavorra ed il tradizionale braccio<br />

di controfreccia, presenti nei modelli di<br />

gru a torre, sono in questo caso sostituiti<br />

da un tirante in acciaio che si collega<br />

con la zavorra presente alla base della<br />

torre.<br />

Completano la macchina l’insieme<br />

dei dispositivi di sicurezza elettrica necessari<br />

per prevenire pericoli dovuti a<br />

malfunzionamenti e a possibili errori<br />

dell’operatore.<br />

Questo tipo di gru, molto più agile e<br />

compatto di una gru a torre fissa, garantisce<br />

velocità di installazione e ingombri<br />

contenuti, ma generalmente raggiunge<br />

altezze massime e sbracci di circa 30<br />

metri con un carico massimo di punta<br />

di circa 1.100 kg, solo pochi modelli<br />

sul mercato riescono a raggiungere altezze<br />

e sbracci da 50 metri con una<br />

portata in punta di circa 1.300 kg.<br />

Come sulle gru di tipo tradizionale,<br />

sul dispositivo di sollevamento del carrello<br />

è possibile installare diversi accessori<br />

idonei per la movimentazione dei<br />

diversi materiali presenti in cantiere:<br />

● gancio di sollevamento, per sollevare<br />

materiali imbracati;<br />

● cassoni metallici, per la movimentazione<br />

di inerti;<br />

● ceste, per il sollevamento di materiali<br />

e attrezzature minuti;<br />

● forche, per il carico e lo scarico di<br />

bancali dagli autocarri;<br />

● gabbie, per la movimentazione di<br />

bancali mediante l’uso della forca ad<br />

altezze superiori a 2 m.<br />

Generalmente non è mai omologata<br />

al trasporto ed all’elevazione di persone.<br />

Principali tipologie<br />

in commercio<br />

Tutte le tipologie di gru automontante<br />

presenti in commercio sono progettate<br />

per agevolare al massimo la<br />

fase di installazione e messa in funzione;<br />

in genere il montaggio può infatti<br />

essere realizzato anche da una persona<br />

sola senza particolare addestramento<br />

formativo.<br />

Queste macchine vengono commercializzate<br />

sempre con la predisposizione<br />

per il trasporto su strada tramite carro<br />

gommato.<br />

È tuttavia possibile individuare due<br />

principali tipologie di gru automontante<br />

in ragione delle diverse caratteristiche<br />

di traslazione orizzontale del carico:<br />

● con braccio incernierato sulla torre e<br />

dispositivo fisso di aggancio del carico<br />

posto all’estremità del braccio (garantisce<br />

lo spostamento orizzontale del carico<br />

mediante la rotazione della gru e la<br />

IV www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


variazione dell’angolo tra braccio e torre);<br />

● con braccio fisso sulla torre e dispositivo<br />

di aggancio del carico carrellato<br />

(sistema di traslazione orizzontale del<br />

carico analogo a quello della tradizionale<br />

gru a torre).<br />

Il secondo modello in genere garantisce<br />

migliori portate e quindi ha recentemente<br />

conquistato la prevalenza del<br />

mercato.<br />

Caratteristiche tecniche<br />

La facilità e la velocità di montaggio,<br />

smontaggio e rimozione della macchina<br />

è la caratteristica primaria di queste<br />

attrezzature, che quindi trovano particolare<br />

diffusione nei cantieri di ristrutturazione<br />

e in generale di piccola dimensione.<br />

Al contrario di quanto avviene nella<br />

gru a torre fissa tradizionale, nei modelli<br />

di gru automontante la torre tralicciata<br />

è solidale con il braccio ed entrambi<br />

ruotano assieme alla zavorra che è calettata<br />

sul piano della torre e funge anche<br />

da contrappeso.<br />

Come per le gru a torre, anche le gru<br />

automontanti vengono classificate in base<br />

alla portata massima espressa in tonnellate;<br />

analogamente anche gli altri parametri<br />

di riferimento della macchina<br />

sono significativi per identificare la capacità<br />

operativa dell’apparecchio, ma<br />

occorre ricordare che generalmente questa<br />

tipologia di gru non riesce a competere<br />

con le gru a torre per carico massimo<br />

sollevabile, altezza massima del<br />

braccio, lunghezza dello sbraccio, portata<br />

massima realizzata alla massima altezza<br />

e alla massima distanza di sbraccio<br />

(capacità di carico in punta), numero<br />

di taglie in cui si ha la portata massima,<br />

ovvero portata dell’argano alla prima<br />

ed all’ennesima spira, diametro dell’argano<br />

e sua velocità di avvolgimento.<br />

Sempre i limiti di operatività del<br />

mezzo sono forniti dal produttore insieme<br />

al libretto tecnico e rappresentano<br />

dei massimi assolutamente non derogabili.<br />

Tutti i parametri citati concorrono a<br />

realizzare macchine con prestazioni assai<br />

varie.<br />

I motori e gli organi di movimento<br />

del braccio e dell’argano sono generalmente<br />

alimentati da un motore elettrico<br />

trifase a 380 Volt. L’alimentazione dovrà<br />

avvenire con interruttore generale<br />

INSERTO<br />

ubicato sul quadro elettrico tramite cavo<br />

di alimentazione flessibile di tipo<br />

H07RN-F o tipo equivalente in grado di<br />

resistere all’acqua ed all’abrasione.<br />

I cavi di alimentazione devono essere<br />

disposti parallelamente alle vie di<br />

transito e, se possibile, tenuti sollevati<br />

da terra; non devono essere sollecitati a<br />

piegamenti di piccolo raggio né sottoposti<br />

a torsione, né agganciati su spigoli<br />

vivi o su materiali caldi o lasciati su<br />

pavimenti sporchi di cemento, oli o<br />

grassi; se soggetti a calpestio o al transito<br />

di mezzi pesanti devono essere opportunamente<br />

preservati con tubazioni o<br />

assito di protezione.<br />

Se per l’alimentazione dell’apparecchio<br />

si volesse ricorrere ad un cavo con<br />

guaina in PVC, sarà necessario sincerarsi<br />

che l’impianto sia realizzato con cavi<br />

a posa fissa e protetta in quanto a temperature<br />

inferiori a 0˚ il PVC se piegato o<br />

raddrizzato si fessura e non è in grado<br />

di garantire un efficace isolamento elettrico.<br />

Completano la macchina l’insieme<br />

dei dispositivi di sicurezza elettrica necessari<br />

per prevenire pericoli dovuti a<br />

malfunzionamenti e a possibili errori<br />

dell’operatore.<br />

Generalmente non hanno cabina di<br />

guida; il radiocomando deve rispondere<br />

a quanto previsto dal D.M. 10 maggio<br />

1988, n. 347.<br />

Ai fini di un utilizzo sicuro le regole<br />

di buona tecnica e la normativa prevedono<br />

i seguenti equipaggiamenti minimi:<br />

● limitatore di prestazioni (carico e<br />

momento);<br />

● freno automatico, tale che quando i<br />

controlli sono rilasciati, il funzionamento<br />

si arresta (controllo ad uomo presente);<br />

● discesa solo a motore innestato;<br />

● fine corsa dei movimenti gru;<br />

● il gancio deve essere dotato di un<br />

dispositivo di sicurezza che impedisca<br />

la fuoriuscita dei sistemi di imbraco e<br />

deve recare inciso il carico massimo<br />

ammissibile. Il gancio deve essere marchiato<br />

di conformità alle norme.<br />

Principali caratteristiche<br />

di impiego<br />

Le gru automontanti vengono posizionate<br />

e preparate alle operazioni di<br />

tiro da un solo operatore che deve realizzare<br />

l’intera installazione da terra seguendo<br />

le procedure e le sequenze indicate<br />

dalla ditta costruttrice. Sebbene il<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

montaggio sia notevolmente semplificato,<br />

rispetto ad una gru a torre, dovrà<br />

essere eseguito da personale competente<br />

e specializzato che alla fine dell’intervento<br />

dovrà rilasciare certificazione di<br />

idoneità dichiarando l’esecuzione dell’installazione<br />

in ottemperanza alle norme<br />

di sicurezza e di igiene del lavoro,<br />

nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi<br />

fabbricanti dei macchinari e degli<br />

altri mezzi tecnici per la parte di loro<br />

competenza, secondo quanto menzionato<br />

dall’articolo 6, comma 3, del D.Lgs.<br />

n. 626/1994.<br />

Al termine dell’installazione occorre<br />

sempre controllare l’efficienza ed il corretto<br />

funzionamento dei dispositivi di<br />

sicurezza in dotazione:<br />

● fine corsa e salita del gancio;<br />

● fine corsa di traslazione del carrello;<br />

● taratura dei dispositivi limitatori di<br />

carico e di momento;<br />

● arresto automatico della gru e del<br />

carico in caso di interruzione di energia;<br />

● dispositivo di frenatura e pronto arresto<br />

e la posizione di fermo del carico e<br />

del mezzo;<br />

● dispositivi acustici di segnalazione<br />

ed avvertimento;<br />

● funzionamento del motore innestato<br />

anche durante la discesa del carico;<br />

● prova di funzionamento e di carico.<br />

I maggiori rischi nell’utilizzo di un<br />

apparecchio di sollevamento sono ovviamente<br />

ricollegabili al completo collasso<br />

della struttura, evento che assai<br />

raramente è riconducibile a errori di progettazione,<br />

infatti il più delle volte sono<br />

errori realizzati nella fase di installazione<br />

a produrre il crollo della gru e del<br />

carico.<br />

Questi rischi sono particolarmente<br />

critici nell’utilizzo di questo specifico<br />

apparecchio perché si prestano particolarmente<br />

per veloci installazioni e spostamenti<br />

anche frequenti all’interno del<br />

cantiere e purtroppo spesso si sottovaluta<br />

il rischio di una cattiva installazione.<br />

Il rischio più ricorrente nell’uso di questo<br />

apparecchio di sollevamento è quello<br />

del ribaltamento che può essere causato<br />

da una non perfetta preparazione<br />

del piano di lavoro sul quale la macchina<br />

è installata, con la conseguenza che<br />

la macchina stessa può, a causa del peso<br />

stesso, sprofondare. È necessario<br />

quindi che il piano sul quale viene installata<br />

la macchina sia adeguatamente<br />

preparato tenendo conto della consisten-<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com V


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

za del terreno, della movimentazione da<br />

realizzare, della conformazione del terreno<br />

ed eventualmente della necessità<br />

di realizzare scavi di fondazione in prossimità<br />

della gru.<br />

La particolare conformazione dei<br />

contrappesi delle gru, automontanti induce<br />

inoltre specifici rischi di schiacciamento<br />

e di interferenza alla base della<br />

gru; si deve infatti ricordare che le zavorre<br />

ruotano assieme alla torre ed al<br />

braccio rappresentando spesso un significativo<br />

ingombro a livello del terreno.<br />

Occorre quindi verificare che sia<br />

sempre garantito un passaggio di almeno<br />

70 cm tra la traiettoria descritta dal<br />

contrappeso mobile posizionato sul carro<br />

di base della gru e le strutture fisse<br />

limitrofe.<br />

Alla manovra dell’apparecchio sarà<br />

addetta normalmente una sola persona<br />

per la quale il datore di lavoro, dell’impresa<br />

appaltatrice, dovrà dichiarare di<br />

avere effettuato un idoneo addestramento<br />

per l’uso e la manovra della gru.<br />

Modalità di impiego<br />

Prima di iniziare l’utilizzo è opportuno<br />

verificare la perfetta messa a livello<br />

del basamento della gru ed accertarsi<br />

della solidità del piano di appoggio con<br />

particolare cura se sono presenti scavi<br />

nelle immediate vicinanze.<br />

La consistenza del terreno in prossimità<br />

degli appoggi degli stabilizzatori<br />

deve infatti essere garantita con particolare<br />

cura ed attenzione. In mancanza di<br />

un basamento di fondazione, evento assai<br />

frequente con questo tipo di gru, è<br />

per esempio opportuno predisporre un<br />

efficace sistema di drenaggio che non<br />

consenta alle acque meteoriche di stagnare<br />

in prossimità degli appoggi degli<br />

stabilizzatori; analogamente, se gli stabilizzatori<br />

sono posizionati in prossimità<br />

di scavi aperti o dirupi, sarà necessario<br />

puntellare lo scavo o ricorrere a muri di<br />

sostegno che permettano di eliminare i<br />

rischi legati a potenziali smottamenti o<br />

cedimenti.<br />

Le gru devono essere installate in<br />

modo che durante l’utilizzo e per qualsiasi<br />

movimento consentito all’apparecchio,<br />

qualsiasi struttura della gru, funi e<br />

carico inclusi, si mantenga ad almeno 5<br />

metri dalle linee elettriche aeree.<br />

Se nelle vicinanze vi sono ripetitori<br />

radiofrequenza di potenza occorre aggiungere<br />

un elemento di imbracatura<br />

isolante al gancio dell’apparecchio (art.<br />

168, D.P.R. n. 547/1955).<br />

INSERTO<br />

La gru deve essere protetta contro le<br />

scariche atmosferiche secondo le disposizioni<br />

delle norme CEI 81-1, terza edizione.<br />

Occorre sempre realizzare una delimitazione<br />

del basamento della gru operata<br />

con solidi recinti.<br />

Il braccio della gru deve essere libero<br />

di ruotare su un angolo giro completo<br />

(360˚), non sono ammesse interferenze<br />

con alcun tipo di ostacolo, se la rotazione<br />

avviene al di sotto della quota<br />

massima degli ostacoli presenti sul luogo<br />

di installazione, deve essere garantito<br />

un franco di almeno 70 cm tra la<br />

sagoma d’ingombro della gru e gli ostacoli<br />

fissi.<br />

Lungo il braccio della gru devono<br />

essere indicate le diverse portate massime<br />

in funzione dello sbraccio operativo.<br />

Durante l’utilizzo operativo è necessario<br />

attenersi alle seguenti indicazioni:<br />

● i carichi non devono mai superare i<br />

valori massimi stabiliti dal diagramma<br />

delle portate. I diagrammi di portata<br />

devono essere resi visibili dagli appositi<br />

cartelli fissati lungo il braccio;<br />

● la gru deve essere usata solo per tiri<br />

verticali. Non è consentito utilizzare la<br />

gru per tiri inclinati o per traino;<br />

● il gancio di sollevamento deve sempre<br />

agire verticalmente;<br />

● è vietato utilizzare la gru per sradicare<br />

alberi o smuovere casseforme o altri<br />

dispositivi interrati;<br />

● è generalmente vietato sollevare persone.<br />

La gru è un dispositivo idoneo<br />

esclusivamente alla movimentazione<br />

dei carichi;<br />

● le manovre di partenza e di arresto<br />

devono essere graduali in modo da evitare<br />

bruschi strappi ed ondeggiamenti<br />

del carico. Non far dondolare il carico;<br />

● prima di ogni tiro verificare che il<br />

carico sia idoneamente imbracato ed<br />

equilibrato;<br />

● durante le manovre di sollevamento<br />

il carico deve essere tenuto ad almeno 2<br />

metri dal suolo per evitare contatti accidentali<br />

con persone che si trovino sulla<br />

traiettoria di passaggio del carico;<br />

● durante il passaggio dei carichi sospesi,<br />

nelle zone interessate, deve essere<br />

interdetto il transito e lo stazionamento<br />

dei lavoratori. In ogni caso, tutti i<br />

lavoratori che accedono al cantiere dovranno<br />

indossare idoneo casco di sicurezza;<br />

● quando il carico viene posato a terra<br />

si deve sempre tenere la fune in tensione<br />

con il peso del bozzello per evitare<br />

un anormale avvolgimento della fune<br />

stessa sul tamburo dell’argano o possibili<br />

scarrucolamenti che potrebbero causare<br />

la rottura delle funi e delle parti meccaniche<br />

della gru;<br />

● evitare di far passare il carico sopra<br />

le zone di transito o di lavoro; non far<br />

transitare il carico al di fuori del cantiere;<br />

● sui tamburi, in qualsiasi condizione<br />

di lavoro, devono sempre essere avvolte<br />

almeno tre spire di fune;<br />

● la gru non deve mai essere abbandonata<br />

con il carico sospeso;<br />

● in caso di gru interferenti, occorre<br />

designare un responsabile unico delle<br />

manovre che dovrà fornire istruzioni,<br />

dirigere e vigilare sulle operazioni di<br />

lavoro; i manovratori dovranno essere<br />

istruiti sui pericoli derivanti dalle interferenze,<br />

sulle modalità di comunicazione,<br />

sulle segnalazioni da adottare prima<br />

e durante le manovre, sulle precedenze<br />

e sul posizionamento della macchina e<br />

dei suoi dispositivi al fine del turno di<br />

lavoro. Le istruzioni dovranno essere<br />

fornite per iscritto;<br />

● la gru deve essere posta fuori servizio<br />

quando a causa del vento, della pioggia<br />

o di altro fenomeno atmosferico, gli<br />

imbracatori e l’operatore ritengono di<br />

non poter controllare con sufficiente<br />

margine di sicurezza il sollevamento, il<br />

trasporto e la posa dei carichi;<br />

● alla fine del servizio o comunque<br />

prima di abbandonare la gru si deve<br />

provvedere a: alzare il gancio sotto il<br />

braccio, lasciare libero il braccio di ruotare<br />

sotto la spinta del vento, togliere<br />

corrente agendo sull’apposito interruttore<br />

generale;<br />

● le operazioni di manutenzione ordinaria<br />

della macchina devono essere eseguite<br />

come prescritto nel libretto di<br />

“Uso e Manutenzione”;<br />

● le verifiche trimestrali di ganci, funi,<br />

catene, imbrachi ed altri apparecchi di<br />

sollevamento utilizzati devono essere registrate<br />

sul libretto di omologazione della<br />

macchina. Detto compito spetta all’operatore<br />

designato dal datore di lavoro,<br />

mentre il preposto ha l’obbligo di<br />

accertarsi che ciò venga fatto.<br />

Procedure di imbracatura<br />

dei carichi<br />

Le procedure di corretto imbraco so-<br />

VI www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


no essenzialmente identiche a quelle utilizzate<br />

per l’utilizzo in sicurezza di una<br />

gru a torre. Questa fase lavorativa è<br />

assai delicata e spesso responsabile di<br />

gravi infortuni avvenuti per perdita di<br />

parte del carico causata da errori di imbraco<br />

o cedimento degli accessori di<br />

sollevamento (ganci, brache, catene, funi)<br />

con conseguente caduta del carico.<br />

Durante l’utilizzo operativo è quindi<br />

necessario attenersi alle seguenti indicazioni:<br />

● per evitare gli infortuni caratteristici<br />

della sua professione e dovuti al contatto<br />

con i mezzi per l’imbracatura e col<br />

carico, l’imbracatore deve effettuare<br />

l’agganciamento e lo sganciamento solo<br />

a gancio fermo, usare le apposite funi<br />

o attrezzi per la guida del carico (ad<br />

esempio, un tirante terminante ad uncino);<br />

● prima di ogni tiro verificare che il<br />

carico sia idoneamente imbracato ed<br />

equilibrato. I materiali devono essere<br />

sollevati utilizzando opportuni sistemi<br />

di imbraco in relazione alla tipologia,<br />

alla dimensione ed al peso del carico da<br />

movimentare;<br />

● effettuata l’imbracatura, controllarne<br />

la corrispondenza a quanto voluto (sia<br />

come entrata in azione di tutti i tratti<br />

previsti attivi, sia come tenuta generale)<br />

e la buona equilibratura del carico, facendo<br />

innalzare il carico lentamente e<br />

soltanto di poco;<br />

● dopo aver effettuato una revisione<br />

visiva dell’imbracatura operata, può essere<br />

iniziato il sollevamento del carico<br />

avendo cura che esso avvenga verticalmente;<br />

● tiri obliqui e accentuate inclinazioni<br />

del carico sono vietati e pericolosi perché<br />

danno luogo a cambiamenti di equilibrio<br />

con possibilità di sfilamento del<br />

carico nonché ad aumenti di sollecitazioni<br />

nei mezzi di imbracatura;<br />

● durante l’imbraco evitare che catene<br />

e funi entrino in contatto con spigoli<br />

vivi e su qualsiasi bordo il cui raggio di<br />

curvatura sia inferiore o pari al diametro<br />

della fune. A tal fine alcune precauzioni<br />

risultano molto utili, quali ad<br />

esempio l’incamiciamento, con tubolare<br />

di PVC della fune, oppure l’applicazione<br />

nei punti critici di contatto di paraspigoli<br />

che ammorbidiscono ed amplificano<br />

contemporaneamente l’aderenza<br />

tra la fune e il carico;<br />

● si dovrà inoltre evitare di piegare le<br />

funi di acciaio su piccoli perni o ganci.<br />

Le portate, in simili condizioni, decrescono<br />

rapidamente con valori pari an-<br />

INSERTO<br />

che inferiori al 50% della portata nominale<br />

per funi che hanno, ad esempio, la<br />

piegatura su perni uguali a due volte il<br />

diametro della fune stessa;<br />

● è buona norma evitare la piegatura<br />

delle brache in coincidenza con i manicotti,<br />

con i capicorda e con le impalmature;<br />

● precauzione importante nell’utilizzo<br />

di imbracature ad anello continuo è<br />

quella di evitare di appoggiare il carico<br />

nei punti protetti dipinti con vernice o<br />

ricoperte di nastro; zone queste che<br />

coincidono con l’annegamento delle<br />

estremità della fune;<br />

● il sollevamento di casseforme deve<br />

avvenire utilizzando idonee staffe di ancoraggio<br />

o utilizzando gli agganci previsti<br />

quando predisposti dal produttore<br />

del cassero. Sono rigorosamente vietati<br />

agganci di fortuna o l’utilizzo di dispositivi<br />

che impediscano la corretta chiusura<br />

del fermo di sicurezza del gancio;<br />

● il sollevamento dei laterizi e di altri<br />

materiali minuti deve essere effettuato<br />

esclusivamente mediante cassoni metallici<br />

o ceste muniti di idoneo fondo e di<br />

sponde perimetrali di contenimento alte<br />

quanto il carico. L’utilizzo di forche per<br />

il sollevamento di bancali di laterizio è<br />

vietato indipendentemente dal tipo di<br />

imballo utilizzato (imbrachi, reggette,<br />

cellophane, ecc.); è consentito l’utilizzo<br />

di elevatori semplici e forche se dotati<br />

di cestello esterno;<br />

● l’uso di forche sospese al gancio richiede<br />

speciale attenzione, infatti, occorre<br />

valutare caso per caso la capacità<br />

delle forche di trattenere efficacemente<br />

il carico nelle condizioni in cui esso si<br />

presenta al momento del sollevamento;<br />

● l’uso della forca, secondo le disposizioni<br />

attualmente vigenti, può considerarsi<br />

ammissibile, con le cautele appena<br />

viste, solo per quei materiali per i quali<br />

non vi siano esplicite disposizioni in<br />

contrario, come ad esempio quelle dell’art.<br />

58 del D.P.R. n. 164/1956;<br />

● per le brache a più bracci e per carichi<br />

la cui superficie induce ad angolare<br />

le stesse in modo accentuato, bisognerà<br />

tenere presente che tale portata varia<br />

notevolmente con il variare dell’angolo<br />

al vertice. Non è opportuno operare con<br />

angoli superiori a 60˚, meglio ricorrere<br />

all’utilizzo di bilancieri o bilancini;<br />

● per particolari tipi, pesi e dimensioni<br />

di carichi, è buona norma dotare i carichi<br />

stessi di due o più funi di guida in<br />

modo da agevolare e rendere più sicura<br />

la fase di posa in opera del materiale,<br />

soprattutto in presenza di vento. I carichi<br />

ingombranti o pesanti devono esse-<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

re guidati mediante fune o altro dispositivo<br />

da posizione di sicurezza;<br />

● gli addetti al ricevimento dei carichi<br />

debbono sostare in zona sicura ed intervenire<br />

solo quando i carichi sono in<br />

prossimità della quota di arrivo;<br />

● per la ricezione di carichi in quota<br />

non devono essere rimossi i dispositivi<br />

di protezione collettiva presenti (parapetti,<br />

tavole fermapiede, ecc.) qualora<br />

sia indispensabile agire altrimenti, l’operatore<br />

dovrà lavorare obbligatoriamente<br />

indossando una imbracatura di sicurezza<br />

opportunamente vincolata con cordino<br />

di sicurezza al dispositivo di sicurezza<br />

predisposto e segnalato dal Direttore<br />

Tecnico di cantiere;<br />

● il carico va deposto su adeguati appoggi<br />

che possano facilitare la sua successiva<br />

movimentazione o ulteriore imbracatura,<br />

il tiro va allentato gradualmente<br />

per controllare che non vi siano<br />

cadute o spostamenti di parti del carico<br />

prima e/o a seguito della rimozione dei<br />

mezzi di imbracatura;<br />

● quando il carico viene posato a terra<br />

si deve sempre tenere la fune in tensione<br />

con il peso del bozzello per evitare<br />

un anormale avvolgimento della fune<br />

stessa sul tamburo dell’argano o possibili<br />

scarrucolamenti che potrebbero causare<br />

la rottura delle funi e delle parti meccaniche<br />

della gru;<br />

● se gli accessori di imbraco tornano<br />

al posto di partenza appesi al gancio di<br />

trasporto, occorre sistemarli in modo<br />

che non diano luogo a inconvenienti o<br />

infortuni durante la corsa;<br />

● se gli imbracatori sono più di uno,<br />

soltanto uno di essi può dare i segnali al<br />

manovratore. Il carico sospeso non va guidato<br />

con le mani ma con funi o ganci; non<br />

va spinto ma solo tirato, evitando di sostarvi<br />

sotto.<br />

Documentazione a corredo<br />

della macchina<br />

Oggi tutti gli apparecchi di sollevamento<br />

sono soggetti alla marcatura CE,<br />

a dichiarazione di conformità, al rilascio<br />

del libretto di istruzioni circa l’uso<br />

e la manutenzione, pertanto devono essere<br />

provvisti di targa riportante, in modo<br />

facilmente leggibile ed indelebile,<br />

almeno le seguenti indicazioni:<br />

● marcatura CE e altri marchi di conformità;<br />

● nome ed indirizzo del fabbricante;<br />

● designazione della serie e del tipo;<br />

● anno di fabbricazione;<br />

● eventuale numero di serie;<br />

● principali caratteristiche tecniche della<br />

macchina.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com VII


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Per le gru automontanti il documento<br />

riportante indicazioni di uso e manutenzione<br />

deve riportante le informazioni<br />

di carattere tecnico, le istruzioni<br />

d’uso e manutenzione ordinaria, straordinaria<br />

e preventiva, e le indicazioni<br />

necessarie per eseguire in sicurezza, la<br />

messa in funzione, l’utilizzazione, il trasporto,<br />

l’installazione, il montaggio e lo<br />

smontaggio, la regolazione, la manutenzione<br />

e la riparazione della macchina,<br />

la possibilità di montare accessori. In<br />

particolare devono essere chiaramente<br />

indicate: le norme di sicurezza da adottare,<br />

la portata massima dell’elevatore,<br />

le istruzioni per l’imbracatura dei carichi,<br />

le segnalazioni per comunicare con<br />

il manovratore, le principali istruzioni<br />

d’uso.<br />

Tutti gli apparecchi di sollevamento<br />

aventi una portata utile superiore ai 200 kg<br />

sono soggetti ad omologazione ISPESL.<br />

La targhetta di immatricolazione rilasciata<br />

dall’ISPESL deve essere apposta<br />

in maniera ben visibile e non rimovibile<br />

sulla macchina. Il libretto di omologazione<br />

deve accompagnare il mezzo nei<br />

suoi spostamenti operativi.<br />

Le gru, in conformità alle prescrizioni<br />

del D.Lgs. n. 262/2002, devono inoltre<br />

recare in modo visibile, leggibile ed<br />

indelebile l’indicazione del livello di potenza<br />

sonora garantito.<br />

Gli stessi accessori, eventualmente<br />

previsti dal libretto di omologazione della<br />

gru, sono a loro volta “macchine” e<br />

devono quindi essere marcati CE. I rispettivi<br />

documenti di accompagnamento<br />

devono specificare a quali macchine<br />

(costruttore, tipo e modello) possono<br />

essere applicati. È vietato assemblare<br />

macchine ed accessori che non siano<br />

esplicitamente compatibili.<br />

Per esempio funi e catene devono<br />

essere contrassegnate dal produttore e<br />

corredate di una dichiarazione riportante<br />

tutte le indicazioni e le certificazioni<br />

richieste dal D.P.R. 21 luglio 1982 e/o<br />

dalla direttiva CEE 91/368. La documentazione<br />

relativa dovrà sempre essere<br />

tenuta in cantiere. I ganci devono<br />

essere dotati di un dispositivo di sicurezza<br />

che impedisca la fuoriuscita delle<br />

funi o delle catene. Devono recare inciso<br />

il carico massimo ammissibile e il<br />

marchio di conformità alle norme.<br />

Operatore addetto alla<br />

conduzione della gru a torre<br />

La legislazione nazionale non preve-<br />

INSERTO<br />

de alcuna formazione obbligatoria per<br />

l’utilizzo e la manutenzione degli apparecchi<br />

di sollevamento. Tuttavia, con<br />

l’entrata in vigore del D.Lgs. 19 settembre<br />

1994, n. 626, il legislatore ha introdotto<br />

il principio che questi mezzi, così<br />

come tutte le attrezzature speciali, debbano<br />

essere utilizzati dall’operatore solo<br />

dopo una formazione adeguata e specifica.<br />

Questa formazione deve garantire<br />

che l’uso delle macchine avvenga in<br />

modo corretto, in relazione ai rischi che<br />

possono essere causati a se stessi o ad<br />

altre persone.<br />

La conduzione di un qualsiasi apparecchio<br />

di sollevamento richiede sempre<br />

una particolare abilità e preparazione tecnica,<br />

nonché un elevato senso di responsabilità.<br />

Quindi l’operatore deve possedere<br />

specifici requisiti psicofisici per essere<br />

idoneo a svolgere questo lavoro. Pertanto<br />

l’uso di questi mezzi deve essere<br />

riservato solo a personale incaricato.<br />

Gli operatori debbono essere opportunamente<br />

addestrati sull’uso della macchina<br />

ed informati su eventuali rischi particolari<br />

presenti nei luoghi di lavoro.<br />

È consigliato un corso di formazione<br />

che preveda l’insegnamento di un uso<br />

efficace e sicuro della macchina e una<br />

conoscenza specifica del funzionamento<br />

del motore e dell’impianto idraulico per<br />

gli interventi di pulizia e manutenzione.<br />

È inoltre opportuno ricordare che esiste<br />

un documento per la formazione dei<br />

preposti alla gestione e supervisione del<br />

sollevamento dei carichi. Il documento<br />

di riferimento è l’ISO TC 96/sc5 del 14<br />

maggio 2001, n. 248 intitolato «Cranes<br />

- Training of appointed person» dove<br />

con il termine appointed person si identifica<br />

una «persona competente che ha<br />

la supervisione delle operazioni della<br />

gru e delle iniziative di organizzazione<br />

richieste dalla movimentazione dei carichi».<br />

Ciò per evidenziare il particolare<br />

rischio in tali attività e la conseguente<br />

necessità di preparazione tecnica di tutto<br />

il personale coinvolto, sia con mansioni<br />

operative che organizzative e di<br />

coordinamento operativo.<br />

Accessori di imbracatura<br />

Poiché quasi mai i carichi possono<br />

essere collegati direttamente al gancio<br />

di un apparecchio di sollevamento, si<br />

devono usare sistemi di imbracatura<br />

quali, brache, catene, funi, o elementi<br />

intermedi quali, tenaglie, forche, ceste,<br />

cassoni, reti o altri accessori particolari<br />

studiati per carichi di forma o natura<br />

speciali.<br />

Va altresì ricordato che l’imbracatura<br />

dei carichi deve essere effettuata<br />

usando mezzi idonei per evitare la caduta<br />

del carico o il suo spostamento dalla<br />

primitiva posizione di partenza.<br />

In linea generale, le norme tecniche<br />

di riferimento in merito fanno capo soprattutto<br />

a quanto riportato alle norme<br />

UNI ISO 4308 (1 e 2) e prEN 13411,<br />

prEN 13414.<br />

In particolare, per gli accessori di<br />

sollevamento è da ricordare che ognuno<br />

di essi all’atto della immissione sul mercato,<br />

ovvero della prima utilizzazione<br />

per quelli allestiti direttamente dall’utente,<br />

deve oggi soddisfare a quanto<br />

riportato ai punti 4.3.2 e 4.4.1 del<br />

D.P.R. n. 459/96 i quali specificano che<br />

ogni accessorio di sollevamento deve<br />

recare, come già brevemente accennato,<br />

i seguenti dati:<br />

● marcatura CE;<br />

● identificazione del fabbricante;<br />

● identificazione del materiale (ad<br />

esempio: classe internazionale quando<br />

questa informazione è necessaria per la<br />

compatibilità dimensionale);<br />

● identificazione del carico massimo<br />

di utilizzazione.<br />

Per gli accessori di imbracatura che<br />

comprendono componenti sui quali la<br />

marcatura è materialmente impossibile<br />

(per es. funi e cordami) le indicazioni ...<br />

devono essere apposte su una targa o<br />

con altro supporto solidamente fissato<br />

in modo tale da non compromettere la<br />

resistenza dell’accessorio. Inoltre dette<br />

indicazioni debbono essere leggibili e<br />

disposte in un punto tale da non rischiare<br />

di scomparire in seguito alla lavorazione,<br />

all’usura, ecc.<br />

Ogni accessorio di sollevamento o<br />

ciascuna partita di accessori di sollevamento<br />

commercialmente indivisibile deve<br />

essere accompagnato da istruzioni<br />

per l’uso che forniscano almeno le seguenti<br />

indicazioni:<br />

● le condizioni normali di esercizio;<br />

● le prescrizioni per l’uso, il montaggio<br />

e la manutenzione;<br />

● i limiti di utilizzazione.<br />

Gli accessori di sollevamento devono<br />

essere scelti in funzione delle modalità<br />

di sollevamento. In particolare per le<br />

imbracature si dovrà tenere conto di tutte<br />

le riduzioni di capacità in funzione<br />

delle componenti delle forze peso che si<br />

VIII www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


generano. Utile riferimento per la scelta<br />

delle funi è la norma UNI ISO 4308.<br />

I mezzi per l’imbracatura possono<br />

essere collegati al carico in diversi modi:<br />

a) attaccati direttamente a golfari ad<br />

occhio circolare con gambo filettato<br />

UNI 2947, e ad occhio allungato, con<br />

foro filettato UNI 2948;<br />

b) con attacchi solidali predisposti<br />

tipo maniglione ad anello con zanca annegata<br />

nel manufatto di calcestruzzo;<br />

c) per quanto concerne particolari<br />

tipi di carico (vedi ad esempio grandi<br />

manufatti in calcestruzzo), bisognerà<br />

porre attenzione ai sistemi di attacco<br />

che saranno costituiti da una parte metallica<br />

appositamente annegata nel calcestruzzo<br />

ed un elemento di sospensione<br />

ed aggancio ad esso opportunamente<br />

collegato;<br />

d) con attacchi di tipo flessibile variamente<br />

collegati al carico:<br />

● attaccati a legature passanti attorno<br />

al carico o preventivamente predisposte<br />

con l’impiego di corde, funi o catene<br />

tese a mano o mediante appositi dispositivi;<br />

● passati sotto e attorno ai carichi, a<br />

forma di cappio o canestro o con sistema<br />

più complesso. In tal caso, essi svolgono<br />

anche funzione di legatura.<br />

Tra le imbracature più diffuse nei<br />

cantieri si possono distinguere alcune<br />

tipologie prevalenti:<br />

● a tratto unico aperto (brache semplici<br />

o tiranti);<br />

● a tratto unico chiuso su se stesso<br />

(brache ad anello);<br />

● a più tratti concorrenti ad un estremo<br />

ad un unico anello (brache multiple o<br />

gioghi);<br />

● a più tratti collegati ad un estremo<br />

ad una o più traverse (bilancieri o bilancini).<br />

La maggior parte degli accessori sono<br />

dimensionati per sopportare carichi<br />

e tensioni passanti per il proprio asse.<br />

Ne risulta che i tiri obliqui devono essere<br />

evitati scrupolosamente al fine di non<br />

incorrere in sollecitazioni anomale e<br />

quindi non previste nel dimensionamento<br />

dell’accessorio.<br />

In ogni caso, indipendentemente dalla<br />

tipologia di imbraco e di ancoraggio<br />

utilizzato, è necessario che:<br />

● siano rispettate le portate dei diversi<br />

dispositivi, fissate in relazione alle caratteristiche<br />

costruttive e alle modalità<br />

d’impiego;<br />

INSERTO<br />

● che la manutenzione sia operata in<br />

modo soddisfacente e siano effettuate le<br />

verifiche periodiche trimestrali;<br />

● che gli imbracatori ricevano le necessarie<br />

istruzioni per l’uso e vi si attengano<br />

e conoscano anche le prescrizioni<br />

per i segnali gestuali.<br />

Le brache, nel contesto generale di<br />

cantiere, e per l’uso che di esse viene<br />

fatto, risultano molto esposte a danneggiamenti<br />

vari. Per limitare questo facile<br />

processo di degrado, le brache, non dovranno<br />

mai essere utilizzate e poi abbandonate<br />

sul terreno, oppure a contatto<br />

con agenti di degrado, vedi ad esempio<br />

fonti di calore, schiacciamento sotto i<br />

carichi a terra, contatto con agenti chimici<br />

aggressivi.<br />

Al fine di proteggere le brache di<br />

catena alla fine del ciclo lavorativo giornaliero,<br />

sarà bene che esse vengano immagazzinate<br />

e sistemate su rastrelliere<br />

previa lubrificazione, onde evitare i fenomeni<br />

della corrosione. A tal fine bisognerà<br />

evitare inoltre l’uso di solventi<br />

per la loro pulizia.<br />

I tempi lavorativi, a volte, inducono<br />

ad operazioni d’uso approssimativo o<br />

improprio dei mezzi. In questo senso, ai<br />

fini della sicurezza, bisognerà evitare di<br />

accoppiare, ad esempio, in modo improprio<br />

brache di funi costituite da elementi<br />

di tiro di tipo differente.<br />

I dispositivi di imbraco più diffusi<br />

nei cantieri edili sono:<br />

● brache di catena;<br />

● brache di fune in acciaio;<br />

● brache di fibre sintetiche e naturali.<br />

Brache di catena metallica<br />

Le portate delle catene sono definite<br />

in base alla direttiva 98/37/CE che ne<br />

indica pari a 4, in generale, il coefficiente<br />

di sicurezza ovvero 5 per quanto riportato<br />

all’art. 179 del D.P.R. n.<br />

547/1955.<br />

La portata rappresenta lo sforzo massimo<br />

sopportabile nei limiti di sicurezza,<br />

dato il coefficiente di riduzione. Si<br />

consideri che tale sforzo non coincide<br />

sempre con il carico effettivamente sollevato:<br />

la capacità di sollevamento infatti<br />

è tanto minore quanto più la direzione<br />

della braca si scosta dalla verticale.<br />

In base alle norme di calcolo, la portata<br />

dell’intera braca deve essere identificata<br />

con quella del componente che risulta<br />

più debole; inoltre, non bisognerà<br />

in alcun caso intraprendere il sollevamento<br />

essendo presenti carichi superiori<br />

alla effettiva capacità della braca stessa.<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Gli effetti termici rappresentano un<br />

ulteriore fattore di riduzione dell’efficienza<br />

dell’imbraco. È da ricordare che<br />

una catena che lavora in presenza di<br />

calore subisce infatti una riduzione di<br />

portata che varia in funzione della temperatura<br />

raggiunta dalla catena stessa.<br />

Mai scaldare o usare la braca dopo un<br />

preriscaldamento che vada oltre i 450<br />

˚C.<br />

Protezioni per catene in corrispondenza<br />

di spigoli del carico sono anche<br />

da prendere in considerazione se il carico<br />

presenta asperità o spigoli o altre<br />

particolarità per cui risulti opportuno<br />

interporre degli spessori in legno o gomma.<br />

Le catene devono essere contrassegnate<br />

dal produttore e corredate di una<br />

dichiarazione riportante tutte le indicazioni<br />

e le certificazioni richieste dal<br />

D.P.R. 21 luglio 1982 e/o dalla direttiva<br />

CEE 91/368. La documentazione relativa<br />

dovrà sempre essere tenuta in cantiere.<br />

Brache di fune in acciaio<br />

Tutte le brache costituite da funi di<br />

acciaio devono essere conformi alla norma<br />

ISO 2408.<br />

Tali accessori di sollevamento sono<br />

costituiti essenzialmente da funi di acciaio<br />

aventi alle estremità terminali che<br />

consentono il collegamento con i ganci<br />

delle gru, con i carichi da sollevare o<br />

con organi di macchine. Il terminale<br />

della fune è generalmente protetto da<br />

una “redancia”.<br />

Le funi per brache sono normalmente<br />

di acciaio lucido, e sono di tipo flessibile<br />

a 6 trefoli, con anima tessile oppure<br />

con anima metallica. Sono anche disponibili<br />

brache di funi di acciaio zincato o<br />

di acciaio inossidabile per applicazioni<br />

particolari.<br />

Le portate delle funi di acciaio sono<br />

definite a livello europeo dalla direttiva<br />

98/37/CE che, in generale, indica pari a<br />

“5” il coefficiente di sicurezza quando<br />

si sia tenuto conto anche dell’efficienza<br />

del terminale, mentre in Italia l’art. 179<br />

del D.P.R. n. 547/1955, così dispone:<br />

«Le funi e le catene degli impianti e<br />

degli apparecchi di sollevamento e di<br />

trazione, salvo quanto previsto al riguardo<br />

dai regolamenti speciali, devono<br />

avere, in rapporto alla portata e allo<br />

sforzo massimo ammissibile, un coefficiente<br />

di sicurezza di almeno 6 per le<br />

funi metalliche, 10 per le funi composte<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com IX


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

di fibre e 5 per le catene. Le funi e le<br />

catene debbono essere sottoposte a verifiche<br />

trimestrali».<br />

In merito alla riduzione di efficienza<br />

(capacità di portata) dovuta al terminale<br />

usato, gli attuali progetti di norma<br />

CEN armonizzati alla Direttiva Macchine<br />

portano i seguenti valori riduttivi in<br />

funzione dei terminali utilizzati:<br />

a) “Impalmatura a mano” (prEN<br />

13411-2: 1998) - Efficienza rispetto al<br />

carico di rottura della fune 80% (per<br />

funi di diametro fino a 60 mm) e 70%<br />

(per funi di diametro superiore a 60<br />

mm);<br />

b) “Capicorda a testa fusa” (prEN<br />

13411-4: 1998) - Efficienza rispetto al<br />

carico di rottura della fune 100%;<br />

c) “Morsetti a cavalletto” (prEN<br />

13411-5: 1998) - Efficienza rispetto al<br />

carico di rottura della fune almeno<br />

80%;<br />

d) “Capicorda asimmetrici a cuneo”<br />

(prEN 13411-6: 1998) - Efficienza rispetto<br />

al carico di rottura della fune<br />

85% (per funi con resistenza = 1960<br />

N/mm 2) e 80% (per funi con resistenza<br />

> 1960 N/mm 2);<br />

e) “Asole fissate con manicotti o impalmatura”<br />

- (prEN 13414-1: 199 - Efficienza<br />

rispetto al carico di rottura della<br />

fune 90% per manicotti, 80% per impalmatura<br />

(per funi di diametro fino a 60<br />

mm).<br />

Anche le funi devono essere contrassegnate<br />

dal produttore e corredate di<br />

una dichiarazione riportante tutte le indicazioni<br />

e le certificazioni richieste dal<br />

D.P.R. 21 luglio 1982 e/o dalla direttiva<br />

CEE 91/368. La documentazione relativa<br />

dovrà sempre essere tenuta in cantiere.<br />

Brache di fibre sintetiche e naturali<br />

Le brache sintetiche sono costituite<br />

da nastro di poliammide e di poliestere<br />

ed in quanto tali rispondono alle norme<br />

UNI 9351-88 (ISO 4878-81) ed al prEN<br />

1492 - 1 e prEN 1492 - 2 per le quali il<br />

riferimento è rivolto ai tessuti con fibre<br />

multifilamento resistente ai raggi ultravioletti<br />

e termofissati.<br />

Le portate delle brache in fibra sono<br />

definite per l’Europa dalla direttiva<br />

98/37/CE che ne indica in “7” il coefficiente<br />

di sicurezza, mentre per l’Italia<br />

abbiamo visto che l’art. 179 del D.P.R.<br />

n. 547/1955 innalza a “10” i coefficiente<br />

di sicurezza per gli imbrachi realizzati<br />

con fibre tessili.<br />

INSERTO<br />

La versatilità delle imbracature in<br />

fibra risolve efficacemente tutti i problemi<br />

di collegamento tra il gancio del<br />

mezzo di sollevamento ed il carico da<br />

sollevare.<br />

È preferibile l’utilizzo di questo tipo<br />

di brache nei casi in cui i carichi da<br />

sollevare presentino particolari forme o<br />

superfici tali che non sopporterebbero,<br />

ad esempio, lo sfregamento di una catena;<br />

ovvero quando la braca metallica<br />

può venire a contatto con sostanze che<br />

aggrediscono i materiali acciaiosi.<br />

Con riferimento al sollevamento dei<br />

carichi pesanti ma delicati, è evidente la<br />

duttilità della braca in fibra che con la<br />

sua elasticità riesce ad ammortizzare in<br />

modo più che soddisfacente gli eventuali<br />

strappi che si possono presentare durante<br />

le manovre; né tanto meno è da<br />

sottovalutare il fattore sicurezza, dovuto<br />

al fatto che tali mezzi non sono conduttori<br />

di elettricità e vanno quindi a<br />

favore della sicurezza del lavoratore.<br />

Non ultimo il vantaggio per tali mezzi<br />

di riuscire a sollevare agevolmente<br />

piccoli carichi per i quali le brache di<br />

catene o di funi sarebbero meno adatte<br />

per la loro rigidità.<br />

Individuazione e analisi<br />

dei rischi<br />

Durante l’uso delle gru si possono<br />

riscontrare principalmente i seguenti rischi<br />

particolari:<br />

● cedimento del piano di appoggio,<br />

collasso e crollo della struttura con rischio<br />

di schiacciamento di persone<br />

estranee o dello stesso operatore;<br />

● cesoiamento e schiacciamento degli<br />

operatori, durante l’installazione e durante<br />

le normali fasi di lavoro;<br />

● le gru automontanti sono anche chiamate<br />

a rotazione bassa in virtù dei rilevanti<br />

ingombri e delle traiettorie tipiche<br />

dei contrappesi posizionati alla base del<br />

carro mobile; questi elementi inducono<br />

gravi rischi di schiacciamento e di urto<br />

degli operatori a terra;<br />

● rischi derivanti dal cattivo funzionamento<br />

o stato di manutenzione del mezzo<br />

(vibrazioni, rumore, ecc.);<br />

● elettrocuzione per contatto con linee<br />

elettriche aeree;<br />

● rischi elettrici dovuti all’impianto<br />

elettrico di cantiere, all’impianto di messa<br />

a terra e/o all’impianto di protezione<br />

dalle scariche atmosferiche;<br />

● rischi indotti dalle condizioni atmosferiche;<br />

● scivolamenti, cadute a livello durante<br />

la fase di imbraco, carico e scarico;<br />

● caduta dall’alto durante le fasi di carico<br />

e scarico in quota;<br />

● rischi derivanti da urti, colpi, impatti,<br />

compressioni e schiacciamento,<br />

durante i lavori di imbraco, carico e<br />

scarico;<br />

● rischi derivanti dal rilascio o caduta<br />

di parte del carico e caduta di materiale<br />

dall’alto;<br />

● urto del braccio con strutture fisse e<br />

rischi indotti dalla presenza di altre gru<br />

interferenti;<br />

● rischi derivanti da un uso improprio<br />

del mezzo;<br />

● rischi indotti dall’abbandono del<br />

mezzo;<br />

● rischi indotti da malfunzionamenti;<br />

● rischi indotti dalle attività di manutenzione.<br />

Schede di valutazione<br />

dei rischi<br />

Le macchine utilizzate debbono possedere,<br />

funzionanti, tutti i dispositivi di<br />

sicurezza previsti dalla legge e debbono<br />

essere mantenute in efficienza mediante<br />

regolare manutenzione.<br />

Le attività di seguito illustrate debbono<br />

intendersi come presidio minimo alla<br />

buona realizzazione in sicurezza delle<br />

diverse fasi di lavorazione.<br />

La valutazione del rischio dovrà essere<br />

opportunamente integrata in relazione<br />

al contesto operativo nel quale si<br />

è chiamati ad operare.<br />

Si prefigura la necessità di ricorrere<br />

all’utilizzo di Dispositivi di Protezione<br />

Individuale per minimizzare il rischio<br />

residuo a livelli accettabili.<br />

I DPI da considerarsi in via preliminare<br />

per l’operatore macchina sono:<br />

● calzature di sicurezza con suola antisdrucciolo;<br />

● indumenti protettivi (tute);<br />

● casco di sicurezza con sottogola (installazione/manutenzione);<br />

● guanti (installazione/manutenzione);<br />

● occhiali protettivi o Visiera (manutenzione).<br />

I DPI da considerarsi in via preliminare<br />

per l’operatore ausiliario a terra<br />

sono:<br />

● casco di sicurezza;<br />

● calzature di sicurezza;<br />

● indumenti protettivi ad alta visibilità;<br />

● guanti. l<br />

X www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


Rischio<br />

Cedimento del piano di appoggio, collasso e crollo della struttura con rischio<br />

di schiacciamento di persone estranee o dello stesso operatore, rovesciamento<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

● il Direttore di cantiere dovrà verificare la stabilità del terreno prima di installare la gru ed<br />

iniziare i lavori;<br />

● l’operatore deve conoscere bene prestazioni, peso e carico massimo sollevabile dalla macchina<br />

in relazione allo sbraccio;<br />

● i carichi non devono mai superare i valori massimi stabiliti dal diagramma delle portate. I<br />

diagrammi di portata devono essere resi visibili dagli appositi cartelli fissati lungo il braccio;<br />

● la gru deve essere usata solo per tiri verticali. Non è consentito utilizzare la gru per tiri inclinati<br />

o per traino; il gancio di sollevamento deve sempre agire verticalmente;<br />

● è vietato utilizzare la gru per sradicare alberi o smuovere casseforme o altri dispositivi interrati;<br />

● evitare di raggiungere le condizioni limite ed in genere comportarsi con prudenza;<br />

● non utilizzare in modo improprio la macchina.<br />

Elettrocuzione per contatto<br />

con linee elettriche aeree<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

● verificare che nelle vicinanze della zona di lavoro non vi siano linee elettriche aeree che<br />

possano interferire con le manovre del mezzo;<br />

● non possono essere eseguiti lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza minore di m<br />

5; detta distanza minima inderogabile deve essere rispettata sia dagli elementi strutturali della<br />

torre e del braccio che dai carichi sospesi movimentati (art. 11, D.P.R. n. 164/1956 );<br />

● durante le lavorazioni l’operatore dovrà fare particolare attenzione nel manovrare il braccio e<br />

l’argano affinché non si generino oscillazioni del carico che possano condurre a contatti con le<br />

linee elettriche aeree;<br />

● particolare attenzione dovrà essere posta durante la movimentazione di grandi elementi<br />

prefabbricati che, a causa della loro dimensione, potrebbero vanificare anche un corretto rispetto<br />

delle distanze di installazione.<br />

Cesoiamento e schiacciamento degli operatori, durante l’installazione<br />

durante le normali fasi di lavoro<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

● durante la fase di installazione: delimitare la zona di lavoro, nel raggio d’azione della macchina è<br />

necessario predisporre sbarramenti e segnaletica di sicurezza;<br />

● è buona norma tenersi a distanza di sicurezza dai mezzi operativi in movimento;<br />

● le operazioni di montaggio della gru devono essere eseguite da un operatore esperto e qualificato;<br />

● durante le fasi di montaggio e quando le strutture sono in movimento gli operai devono restare<br />

fuori dalla zona di pericolo;<br />

● le operazioni di montaggio e smontaggio devono essere eseguite in assenza di vento. La velocità<br />

massima consentita e di 10 km/h;<br />

● è obbligatorio verificare le zavorre e attenersi a quanto indicato nel libretto di montaggio della gru;<br />

● prima dell’entrata in funzione della gru, il personale addetto, deve indicare i controlli indicati nel<br />

libretto di montaggio;<br />

● gli elementi delle macchine, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza<br />

quando sono fonte di pericolo;<br />

● è necessario prestare attenzione alle segnalazioni acustiche e/o luminose ed alla segnaletica di<br />

sicurezza.<br />

Rischio Rumore<br />

Magnitudo Media<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

INSERTO<br />

Utilizzo delle gru a torre automontanti:<br />

individuazione e analisi dei rischi<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

● l’esecuzione programmata della manutenzione, la verifica periodica dell’idoneità della macchina e<br />

la verifica della rumorosità della stessa permettono di intervenire tempestivamente per prevenire il<br />

rischio;.<br />

● le gru sono macchine elencate all’interno dell’allegato I al D.Lgs. 262/2002 e devono pertanto<br />

soddisfare i requisiti in materia di emissione acustica ambientale stabiliti per dette attrezzature;<br />

● sulla macchina deve essere riportata l’indicazione della potenza acustica garantita secondo quanto<br />

stabilito all’allegato IV del D.Lgs. n. 262/2002;<br />

● controllare che gli sportelli del vano motore siano tutti correttamente chiusi e gli organi in<br />

movimento (tamburi, pulegge, ecc.) opportunamente ingrassati.<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com XI


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Rischio<br />

Rischi elettrici dovuti all’impianto elettrico di cantiere, all’impianto di messa a terra<br />

e/o all’impianto di protezione dalle scariche atmosferiche<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

INSERTO<br />

● l’impianto elettrico di cantiere e l’impianto di terra devono essere certificati dall’installatore ai sensi<br />

della L. 46/90;<br />

● tutte le connessioni dell’impianto elettrico e di terra devono essere realizzate da personale qualificato<br />

e controllate periodicamente per verificarne l’efficienza;<br />

● la realizzazione dell’impianto di terra ad anello chiuso tutela gli operatori anche in caso di taglio<br />

accidentale;<br />

● al fine di disperdere a terra le scariche atmosferiche, tutti gli apparecchi e le strutture metalliche di<br />

grande dimensione dovranno essere collegate elettricamente a terra. Le dimensioni minime dei conduttori<br />

utilizzabili come dispersori sono individuate dalla norma CEI 11-8;<br />

● l’alimentazione della gru dovrà avvenire preferibilmente tramite cavo di alimentazione flessibile di<br />

tipo H07RN-F con interruttore generale ubicato sul quadro elettrico;<br />

● è vietato inserire o disinserire macchine utensili su prese in tensione. Prima di effettuare l’allacciamento<br />

occorre accertarsi che l’interruttore di avvio della macchina sia nella posizione “aperto” (motore<br />

elettrico fermo), cioè in assenza di tensione alla presa;<br />

● prima di operare qualsiasi intervento di manutenzione su apparecchiature alimentate elettricamente<br />

si deve togliere tensione agendo sull’interruttore del quadro di alimentazione e/o staccando la spina<br />

di alimentazione.<br />

● quando i cavi vengono posizionati a terra devono essere protetti dall’usura meccanica, evitando<br />

comunque lo schiacciamento da parte di mezzi pesanti.<br />

Rischio Rischi dovuti alle condizioni atmosferiche<br />

Magnitudo Media<br />

Misure<br />

● l’utilizzo di un apparecchio di sollevamento deve essere immediatamente sospeso nei seguenti casi:<br />

di Prevenzione - in presenza di nebbia;<br />

e Protezione<br />

- in presenza di forte pioggia che limiti la visibilità;<br />

- in caso di scarsa illuminazione;<br />

- in presenza di vento forte;<br />

● per le gru installate all’aperto soggette ad agenti atmosferici devono essere presi provvedimenti<br />

tecnici e organizzativi per garantire la stabilità in presenza di azioni meteorologiche prevedibili sia<br />

in servizio che fuori servizio (ancoraggi, anemometri, dispositivi di avvertimento, ecc.);<br />

● la stabilità della gru deve essere verificata nelle condizioni più sfavorevoli;<br />

● azione del vento: il vento può sovraccaricare considerevolmente la gru che va sempre posta fuori<br />

servizio al raggiungimento della velocità denominata “vento limite di servizio” e riportata sul libretto<br />

d’uso della macchina;<br />

● si deve quindi controllare durante il servizio la velocità del vento;<br />

● le norme prevedono che tutte le gru a torre e simili debbano sempre essere poste fuori servizio con<br />

velocità del vento superiori a 72 km/h; a tale velocità la pressione specifica corrispondente è di 25 N/m 2 ;<br />

● al raggiungimento della velocità limite si deve interrompere immediatamente il lavoro, sbloccare il<br />

braccio lasciandolo libero di ruotare, rialzare il gancio ed avvicinarlo alla torre della gru;<br />

● le gru poste fuori servizio devono comunque resistere alle spinte del vento previste localmente<br />

Rischio<br />

in casi eccezionali. La stabilità della gru fuori servizio deve pertanto essere garantita per i valori del<br />

vento previsti nella zona di impiego. L’installatore può ricorrere anche a mezzi ausiliari di ancoraggio<br />

per garantire la suddetta stabilità, ma sempre nel rispetto delle caratteristiche d’uso e<br />

manutenzione prescritte dal costruttore.<br />

Scivolamenti e cadute a livello durante le fasi di imbraco dei carichi<br />

Magnitudo Media<br />

Misure<br />

● prima di iniziare qualsiasi attività lavorativa bisogna organizzare le aree di lavoro, gli spazi da<br />

di Prevenzione adibire a deposito, gli spazi da destinare alle attrezzature, in maniera tale da consentire tutti gli<br />

e Protezione<br />

spostamenti sul piano di lavoro in sicurezza;<br />

● le zone di ricezione dei carichi, in particolare i solai di copertura dei vari piani dell’edificio in<br />

Rischio<br />

costruzione, non devono presentare pericolo di caduta per gli operatori.<br />

Caduta dall’alto durante le fasi di carico e scarico in quota<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

● la zona di ricezione del carico posizionata in quota dovrà sempre essere dotata di regolamentare<br />

di Prevenzione<br />

parapetto con tavola fermapiede e corrente intermedio;<br />

e Protezione<br />

● l’addetto alla ricezione del carico dovrà porre particolare attenzione durante la guida del carico alla<br />

postazione di sgancio. Particolarmente pericolose sono le azioni di guida del carico che possono<br />

condurre l’operatore a perdere l’equilibrio;<br />

● per particolari tipi, pesi e dimensioni di carichi, è buona norma dotare i carichi stessi di due o più funi di guida<br />

in modo da agevolare e rendere più sicura la fase di posa in opera del materiale, soprattutto in presenza di vento;<br />

● i carichi ingombranti o pesanti devono essere guidati mediante fune o altro dispositivo da posizione<br />

di sicurezza;<br />

● qualora le dimensioni del carico rendano necessaria la rimozione dei parapetti e degli altri<br />

dispositivi di protezione collettiva, gli operatori in quota dovranno indossare obbligatoriamente<br />

l’imbracatura di sicurezza ed essere opportunamente vincolati, mediante cordino di sicurezza con<br />

dissipatore, ad un punto di ancoraggio appositamente predisposto;<br />

XII www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


● quando argani, paranchi e apparecchi simili sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi<br />

tra piani diversi di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il<br />

passaggio del carico ai singoli piani, nonché il sottostante spazio di arrivo o di sganciamento del<br />

carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad<br />

eccezione di quello del piano terreno, di arresto al piede;<br />

● i parapetti devono essere disposti in modo da garantire i lavoratori anche contro i pericoli<br />

derivanti da urti o da eventuale caduta del carico di manovra;<br />

● gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui lati delle aperture dove si effettua il carico<br />

e lo scarico, a meno che per le caratteristiche dei materiali in manovra ciò non sia possibile. In<br />

quest’ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile,<br />

non asportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo.<br />

Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al<br />

piano corrispondente.<br />

Rischio<br />

Rischi derivanti da urti, colpi, impatti, compressioni e schiacciamento,<br />

durante i lavori di imbraco, carico e scarico<br />

Magnitudo Grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

● durante le operazioni di tiro, di sollevamento e di trasporto la parte inferiore del carico si deve<br />

sempre trovare ad almeno due metri dal suolo onde evitare contatti accidentali con le persone;<br />

● il gruista dal posto di guida deve avere garantita la completa visibilità della zona di lavoro e di<br />

spostamento del carico, ciò anche mediante l’ausilio di specchi, dispositivi video, fari e fanali per<br />

lavori notturni;<br />

● richiedere l’assistenza di personale a terra per eseguire lavorazioni in spazi ristretti o con<br />

visibilità insufficiente;<br />

● durante il tiro deve essere vietata la presenza delle persone nell’area di lavoro di carico e<br />

scarico, mediante idonea segnaletica e delimitazione dell’area. L’operatore (o persona incaricata di<br />

ciò) deve far rispettare tale divieto anche sospendendo il lavoro;<br />

● prima di effettuare il sollevamento assicurarsi che questo sia perfettamente bilanciato;<br />

● prima di effettuare lo sgancio del carico assicurarsi che questo sia perfettamente fermo e stabile<br />

sugli appoggi previsti;<br />

● l’operatore addetto all’imbraco e l’operatore addetto alla ricezione dei tiri devono indossare<br />

indumenti ad alta visibilità.<br />

Rischio Rischi derivanti dal rilascio o caduta di parte del carico e caduta di materiale dall’alto<br />

Magnitudo Grave<br />

Misure<br />

● non sovraccaricare la macchina ed assicurarsi che il carico da trasportare sia stabile e ben imbracato<br />

di Prevenzione<br />

prima di effettuare ogni tiro di sollevamento;<br />

e Protezione<br />

● controllare che i dispositivi di chiusura dei ganci siano funzionanti e che la portata dei ganci sia<br />

coerente con quella della gru. Nel caso in cui la portata risultasse inferiore a quella della gru dovrà<br />

assumersi come limite massimo della portata sollevabile;<br />

● i ganci dovranno essere sostituiti qualora l’imboccatura risulti deformata a causa di un sovraccarico o<br />

di un’errata posizione della linea di carico. Un gancio deformato può cedere anche per un carico<br />

inferiore al 40% della sua portata nominale;<br />

● le funi e le catene devono essere protette dal contatto con gli spigoli vivi del materiale da sollevare,<br />

mediante l’adozione di paraspigoli metallici e/o angolari;<br />

● le brache in fibra devono essere protette dal contatto con materiali potenzialmente taglienti quali<br />

per esempio lamiere, laterizi, ecc.;<br />

● i tiranti dell’imbracatura non devono formare angoli al vertice superiori a 60˚, per evitare eccessive<br />

sollecitazioni degli stessi;<br />

● se vengono rilevate diminuzioni di sezione degli elementi costitutivi gli accessori per valori superiori<br />

al 10%, lo stesso accessorio dovrà essere sostituito;<br />

● gli accessori assoggettati a sollecitazioni che abbiano fatto superare il limite elastico del materiale<br />

con effetto permanente (deformazioni) devono essere sostituiti;<br />

● l’operatore deve evitare di passare con i carichi sospesi al di sopra delle postazioni di lavoro; qualora<br />

questo non fosse possibile le manovre dovranno essere preannunciate con apposite segnalazioni acustiche;<br />

● si deve evitare il transito di carichi sospesi su aree pubbliche esterne al cantiere o comunque laddove<br />

vi sia la presenza di persone estranee al cantiere;<br />

● i posti di lavoro e di passaggio sottostanti il raggio di azione della gru, devono essere idoneamente<br />

difesi contro la caduta e l’investimento dai materiali che possono cadere durante l’attività lavorativa;<br />

● utilizzare sbarramenti e segnaletica di sicurezza per evitare l’avvicinamento, il transito e la sosta di<br />

persone non addette alle lavorazioni;<br />

● è vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano<br />

Rischio<br />

necessari si dovrà provvedere a puntellare lo scavo.<br />

Urto del braccio con strutture fisse<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

● la gru e le sue parti mobili, ivi compresi i carichi, relativamente ad oggetti od opere fisse deve<br />

di Prevenzione<br />

rispettare un franco minimo di 70 cm.;<br />

e Protezione<br />

● la presenza di un ostacolo fisso che può essere toccato dal braccio o dal contrappeso, rende<br />

necessaria la limitazione dell’area di lavoro e ciò dovrà essere ottenuto oltre che con l’applicazione<br />

di dispositivi automatici di finecorsa anche con l’installazione di arresti meccanici;<br />

● l’installazione di dispositivi ed arresti meccanici costringe il braccio ad offrire al vento una superficie<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com XIII


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

maggiore di quella minima per la quale il costruttore ha condotto i calcoli di stabilità (ribaltamento e<br />

resistenza), pertanto, si dovrà garantire la stabilità della gru con mezzi ausiliari di ancoraggio dimensionati<br />

introducendo nei calcoli le nuove spinte del vento sulla parte rotante;<br />

● il franco tra gli ingombri delle opere fisse o provvisionali ed il gancio nella posizione di fine<br />

corsa superiore deve essere almeno di 2,5 m misurati in verticale;<br />

● Le gru a torre devono essere installate in modo da evitare il rischio di collisione:<br />

- fra braccio rotante ed ostacoli fissi;<br />

- fra controbraccio ed ostacoli fissi;<br />

- fra il carico ed ostacoli fissi (individuazione di aree di sorvolo critiche o vietate.<br />

Rischio Rischi indotti dalla presenza di altre gru interferenti<br />

Magnitudo Molto grave<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

INSERTO<br />

● la gravità dei rischi connessi con l’eventualità di urti tra gru interferenti richiede che, in sede di<br />

predisposizione dei cantieri, si debba porre ogni cura affinché l’installazione dei mezzi di sollevamento sia<br />

prevista in maniera che non vi siano possibilità di interferenze tra di loro. Quando non è possibile attuare<br />

questo comportamento di tutela sarà necessario predisporre procedure speciali di gestione del rischio;<br />

● il rischio di collisione fra gru in movimento causato da:<br />

- contatto tra la fune di sollevamento di una gru alta ed il contrappeso di una gru bassa;<br />

- contatto tra la fune di sollevamento di una gru alta ed il braccio di una gru bassa;<br />

- contatto tra il braccio e/o il controbraccio di una gru bassa e la torre di una gru alta;<br />

● al fine di ridurre al minimo il rischio di interferenza si deve preferire l’individuazione della<br />

localizzazione di mezzi di sollevamento in posizione fissa in modo da eliminare o ridurre al minimo<br />

le zone di possibile interferenza, sia in fase di lavoro, sia in fase di inattività;<br />

● nel caso dovessero operare più apparecchi di sollevamento dovranno essere presi provvedimenti consistenti<br />

nell’adozione di dispositivi automatici antinterferenza ed anticollisione e attuate procedure organizzative<br />

come quelle prescritte nella lettera circolare del Ministero del Lavoro n. 22856 del 12 novembre 1984;<br />

● in presenza di gru interferenti si dovrà:<br />

- attuare una programmazione delle fasi di movimentazione dei carichi in modo da eliminare la contemporanea<br />

attività di apparecchi interferenti;<br />

- garantire la perfetta visibilità dal posto di manovra di tutte le zone di azione del mezzo e la<br />

predisposizione di un servizio di segnalazione svolto con lavoratori incaricati, nei casi di impossibilità di<br />

controllo (dal posto di manovra) di tutta la zona di azione del mezzo;<br />

- fare sistematico ricorso al servizio di segnalazioni previsto dall’ultimo comma dell’art. 182 del D.P.R. 27<br />

aprile 1955, n. 547;<br />

● nel caso di più imprese con apparecchi di sollevamento operanti nella stessa zona di lavoro, un<br />

idoneo livello di sicurezza può essere conseguibile mediante l’unicità di direzione del cantiere e<br />

mediante l’istituzione di un servizio di coordinamento interaziendale con compiti, oltre che di<br />

programmazione e di coordinamento, anche di gestione di efficaci sistemi di intercomunicazione<br />

fra gru presentanti rischi di potenziale interferenza.<br />

Rischio Rischi derivanti da un uso improprio del mezzo<br />

Magnitudo Grave<br />

Misure<br />

● le istruzioni necessarie per il corretto utilizzo della gru devono sempre essere a disposizione<br />

di Prevenzione<br />

dell’operatore addetto;<br />

e Protezione<br />

● la macchina deve essere utilizzata in modo rispondente alle sue caratteristiche, senza subire<br />

modificazioni o essere utilizzata per usi impropri;<br />

● la gru deve essere usata solo per tiri verticali. Non è consentito utilizzare la gru per tiri inclinati o per<br />

traino; il gancio di sollevamento deve sempre agire verticalmente;<br />

● è vietato utilizzare la gru per sradicare alberi o smuovere casseforme o altri dispositivi interrati;<br />

● non avviare mai le leve di comando senza conoscere a cosa servono;<br />

● salvo particolare omologazione della macchina, è generalmente vietato il trasporto di persone con<br />

la gru a torre. Il sollevamento di persone è effettuato soltanto con attrezzature di lavoro e accessori<br />

previsti a tal fine (art. 184, comma 1, D.P.R. n. 547/1955);<br />

● è assolutamente vietato trasportare persone all’interno di ceste, cassoni o benne che non siano<br />

specificatamente rispondenti alle prescrizioni di sicurezza previste per il trasporto di persone. Nel caso<br />

di utilizzazione di accessori per il sollevamento di persone (cestelli) le apparecchiature devono essere<br />

omologate ed oggetto di specifici collaudi (ISPESL) e verifiche periodiche (ASL-ARPA);<br />

● la legge prevede che, in casi eccezionali, possano essere utilizzate per il sollevamento di persone<br />

Rischio<br />

attrezzature non previste a tal fine a condizione che siano state prese adeguate misure in materia di<br />

sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei<br />

mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura<br />

di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in<br />

permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro con il posto di<br />

comando. Devono essere prese le opportune misure per assicurare la loro evacuazione in caso di pericolo.<br />

Rischi indotti dall’abbandono del mezzo<br />

Magnitudo Media<br />

Misure<br />

● qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di<br />

di Prevenzione<br />

carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza;<br />

e Protezione<br />

● durante le pause di lavoro si deve togliere l’alimentazione elettrica alla macchina;<br />

● prima di lasciare incustodita l’apparecchio si deve:<br />

XIV www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4


- aprire tutti gli interruttori;<br />

- liberare il gancio da qualsiasi tipo di carico;<br />

- rialzare il gancio, portandolo in prossimità della torre;<br />

- sbloccare il freno di rotazione per consentire al braccio di ruotare liberamente e disporsi secondo la<br />

direzione del vento, in modo da offrire ad esso la minor superficie possibile.<br />

Rischio Rischi indotti da malfunzionamenti<br />

Magnitudo Bassa<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

INSERTO<br />

● avvenimento potenzialmente critico, si riscontra una casistica limitata sempre dovuta a cattiva<br />

manutenzione della macchina ed usura degli accessori di sollevamento (ganci, catene, funi, brache<br />

sintetiche, ecc.);<br />

● operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />

● segnalare tempestivamente eventuali anomalie o guasti di funzionamento o situazioni pericolose.<br />

Rischio Rischi indotti dalle attività di manutenzione<br />

Magnitudo Media<br />

Misure<br />

● operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />

di Prevenzione<br />

● le funi, i loro dispositivi di trattenuta e gli accessori di sollevamento (gancio, brache, ecc.)<br />

e Protezione<br />

devono essere verificate trimestralmente. Gli esiti della verifica devono essere annotati su libretto<br />

apposito e controfirmati dalla persona che ha effettuato la verifica;<br />

● è assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in movimento;<br />

● nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono<br />

utilizzare pressioni di esercizio basse (max 2 atmosfere) ed utilizzare nel caso, gli occhiali o le visiere<br />

protettive.<br />

Check list per lavorare in sicurezza<br />

con le gru a torre automontanti<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Messa in funzione della gru: q<br />

● verificare che la traiettoria descritta dal contrappeso mobile e dal bilancio rispetti la distanza minima obbligatoria da altri<br />

ostacoli fissi (70 cm);<br />

● verificare che le linee elettriche aeree, nella zona di lavoro, non interferiscano con operazioni e manovre della macchina<br />

(distanza minima 5m);<br />

● verificare che la zavorra del carro di base sia in opera secondo le indicazioni del libretto d’uso e manutenzione; q<br />

● verificare la messa a livello della gru; q<br />

● verificare la consistenza del terreno in prossimità degli appoggi degli stabilizzatori; q<br />

● verificare l’idoneità della zona di ricezione dei carichi; q<br />

● prima dell’entrata in funzione della gru, il personale addetto, deve effettuare tutti i controlli indicati nel libretto di montaggio; q<br />

● effettuare un controllo visivo di tutto il mezzo, eventualmente compiendo un giro completo; q<br />

● esaminare attentamente tutta la struttura osservando eventuali danni strutturali evidenti; q<br />

● verificare il regolare serraggio di tutti i bulloni e il rifornimento di lubrificante agli ingrassatori delle parti che si trovano in<br />

rotazione;<br />

● provvedere alla lubrificazione delle varie parti secondo quanto prescritto dal costruttore nel libretto d’uso e manutenzione; q<br />

● verificare che non vi siano manomissioni dei carter di protezione e di sistemi di sicurezza. q<br />

Verifiche periodiche: q<br />

● con cadenza trimestrale devono essere eseguite le verifiche dell’efficienza e della buona manutenzione (rilevamento di<br />

deformazioni, schiacciamenti, tagli e allungamenti) dei materiali costituenti i seguenti accessori: - ganci - morsetti (con<br />

verifica del corretto serraggio) - anelli - campanelle di sospensione - grilli - capicorda- funi- catene - brache in fibra, ecc.;<br />

q<br />

Dispositivi di segnalazione: q<br />

● controllare l’efficienza del segnalatore acustico; q<br />

● controllare l’efficienza del segnalatore luminoso; q<br />

● controllare l’efficienza dei fari. q<br />

Prima di iniziare il turno di lavoro: q<br />

● delimitare la zona di lavoro; q<br />

● provare a vuoto il regolare funzionamento di tutte le leve di comando; q<br />

● controllare l'efficienza della pulsantiera; q<br />

● controllare il corretto funzionamento dei freni di rotazione; q<br />

2 marzo 2004 - N. 4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com XV<br />

q<br />

q<br />

q


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

● controllare il corretto funzionamento dei limitatori di corsa; q<br />

● controllare il corretto funzionamento degli altri dispositivi di sicurezza e segnalazione in dotazione; q<br />

● verificare l'efficienza della protezione della zavorra (rotazione bassa); q<br />

● controllare la chiusura dello sportello del quadro e l'integrità dell'apparato elettrico, quadri, valvole, cavi, ecc.; q<br />

● verificare l'efficienza dei dispositivi di arresto d'emergenza; q<br />

● controllare che la visuale di tutta l'area di lavoro non risulti ostruita da ostacoli; q<br />

● effettuare una rotazione completa con il braccio; q<br />

● accertarsi che la portata della gru, in relazione alle condizioni operative (sbraccio, altezza del tiro, ecc.) sia adeguata al<br />

carico da sollevare;<br />

q<br />

● accertarsi che i dispositivi di chiusura dei ganci siano funzionanti e che la portata dei ganci sia adeguata ai carichi da<br />

sollevare;<br />

q<br />

● accertarsi che la portata delle brache sia adeguata ai carichi da sollevare; q<br />

● eliminare le brache che risultino in qualche modo danneggiate; q<br />

● escludere le brache la cui portata sia ignota o di difficile accertamento; q<br />

● ispezionare gli accessori di sollevamento prima della loro messa in opera con particolare attenzione a possibili cedimenti in<br />

punti delicati, quali le cuciture sui tratti normali della braca e sugli ancoraggi per il trattenimento del carico.<br />

q<br />

Durante il lavoro: q<br />

● adottare tutte le misure di sicurezza e precauzioni prescritte dal manuale d'uso della macchina; q<br />

● verificare che sia costantemente garantita una buona visibilità dalla postazione di manovra; q<br />

● prima di effettuare il tiro controllare che le persone non autorizzate si siano allontanate dal raggio d'azione della<br />

macchina;<br />

q<br />

● osservare le istruzioni nell'effettuare le operazioni di carico e scarico dei materiali; q<br />

● preavvisare l'inizio delle manovre con apposita segnalazione acustica; q<br />

● evitare, nella movimentazione del carico, di transitare su postazioni di lavoro e/o di passaggio, nel caso sia necessario<br />

preavvisare il tiro con la segnalazione acustica ed attendere l'allontanamento del personale dalla zona di pericolo;<br />

q<br />

● eseguire le operazioni di sollevamento e scarico con le funi in posizione verticale; q<br />

● controllare che la fune di sollevamento si avvolga correttamente; q<br />

● i carichi devono essere ben imbracati ed equilibrati; q<br />

● evitare nodi ed incroci, attorcigliamenti, abrasioni ed inclusione di elementi che possano danneggiare gli imbrachi; q<br />

● utilizzare dispositivi e contenitori adatti allo specifico materiale da movimentare; q<br />

● la forca deve essere utilizzata solo per operazioni di carico e scarico dagli automezzi e senza mai superare altezze di 2<br />

metri da terra;<br />

q<br />

● per movimentare materiali minuti utilizzare benne, cestelli o cassoni metallici dotati di ganci di chiusura; q<br />

● richiedere l'aiuto di persone a terra per manovre difficili; q<br />

● mantenere a distanza adeguata il personale durante la lavorazione; q<br />

● allontanare il personale che si dovesse trovare all'interno degli spazi operativi della macchina; q<br />

● utilizzare i dispositivi di protezione individuale e collettivi; q<br />

● l'operatore addetto allo sgancio del carico o al suo posizionamento deve utilizzare appositi bastoni dotati di uncino per<br />

evitare di sporgersi da impalcati di protezione e preservare gli arti da rischi di schiacciamento;<br />

q<br />

● prima di sganciare il carico controllare che sia stabile; q<br />

● durante le soste, se si abbandona la pulsantiera di guida, ritirare il gancio in posizione di riposo, liberare la gru al vento; q<br />

● segnalare appena possibile al preposto eventuali difetti di funzionamento, situazioni pericolose ed eventuali incidenti<br />

verificatisi;<br />

q<br />

● sospendere immediatamente il lavoro in caso di gravi anomalie di funzionamento. q<br />

Al termine del turno di lavoro: q<br />

● liberare il gancio da qualsiasi tipo di carico e non lasciare alcun carico sospeso; q<br />

● rialzare il gancio, portandolo in prossimità della torre; q<br />

● sbloccare il freno di rotazione per consentire al braccio di ruotare liberamente e disporsi secondo la direzione del vento; q<br />

● aprire tutti gli interruttori; q<br />

● disinserire l'alimentazione elettrica agendo sul quadro generale di alimentazione; q<br />

● riporre gli accessori di sollevamento e le brache in appositi alloggiamenti (rastrelliere e/o contenitori) che possano<br />

preservarli da danneggiamenti dovuti a calpestio, contatto con acidi caustici, grassi, sabbia, polvere, ovvero in luoghi asciutti,<br />

lontano da superfici calde e da fonti di calore;<br />

q<br />

● pulire il mezzo e gli organi di comando. È assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in movimento; q<br />

● nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono utilizzare pressioni di esercizio<br />

basse (max 2 atmosfere);<br />

q<br />

● per la pulizia degli organi meccanici non vanno mai utilizzati liquidi infiammabili come gasolio, nafta, benzina, ma<br />

appositi liquidi detergenti non infiammabili e non tossici;<br />

q<br />

● operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore eseguendo il ciclo di<br />

manutenzione e pulizia come descritto nel manuale;<br />

q<br />

● segnalare eventuali guasti di funzionamento. q<br />

XVI www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 2 marzo 2004 - N. 4

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