Itinerari Benedettini - Regione Umbria
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ITINERARI A PIEDI E IN BICICLETTA<br />
IN VALNERINA
Coniugare la tradizione del pellegrinaggio con le moderne esigenze<br />
di chi fa trekking o ciclismo, completare una giornata di visita alle<br />
antiche abbazie benedettine con la buona tavola: queste le finalità della<br />
guida agli itinerari sulle tracce di san Benedetto in Valnerina, la prima<br />
di una serie che interesserà la figura del santo patrono d’Europa<br />
in tutta l’<strong>Umbria</strong>.<br />
Non solo descrizione dei luoghi, della cultura e delle attrazioni<br />
da non perdere in questo angolo orientale della nostra regione<br />
che è famoso proprio per aver dato i natali a santi famosi, ma anche<br />
e soprattutto l’indicazione di itinerari da percorrere in sicurezza, testati<br />
e segnalati per chi va a piedi e in bicicletta. Si tratta di un modo ideale<br />
di conoscere l’<strong>Umbria</strong>: percorrere la natura, lasciarsi incantare<br />
da monumenti e chiese, assaggiare le famosissime ‘norcinerie’, scoprire<br />
la connessione che esiste fra monachesimo, artigianato e persino<br />
la chirurgia. Il tutto con ritmi lenti, a misura d’uomo e d’ambiente.<br />
Questa guida fa parte di un lavoro di più ampio respiro, che punta<br />
proprio a valorizzare le possibilità di mettere insieme un turismo ‘slow’<br />
con le caratteristiche e l’identità dell’<strong>Umbria</strong>, legata a tradizioni<br />
spirituali e religiose, ma anche al richiamo alla pace come valore civile<br />
e laico.<br />
Sono stati infatti già presentati i percorsi che, collegando la regione<br />
con Roma, permettono di viaggiare a piedi, a cavallo e in bicicletta<br />
sulle orme di san Francesco.<br />
Questo sforzo, accompagnato dall’impegno nella mappatura<br />
e manutenzione delle infrastrutture, vuole rendere la nostra regione<br />
sicura e aperta a quei turisti che, in numero crescente, non si<br />
accontentano di viaggi standard, ma personalizzano il loro incontro<br />
con il territorio dal punto di vista della fruibilità, dei tempi, della<br />
scelta sul cosa fare e quando.<br />
In questo modo si potrà svelare il volto autentico di una regione,<br />
l’<strong>Umbria</strong>, dove è ancora possibile fermarsi a parlare con gli abitanti<br />
dei luoghi, scoprire angoli nascosti, entrare in abbazie accoglienti<br />
e silenziose, assaggiare prodotti tipici di assoluta freschezza e qualità.<br />
Soprattutto, sarà possibile conoscere la figura di san Benedetto<br />
e il suo legame fortissimo con la Valnerina e con tutta l’<strong>Umbria</strong>:<br />
un legame che non si ferma all’aspetto religioso e alle testimonianze<br />
di fede e di spiritualità che esso ha lasciato, ma che ha toccato l’ambiente<br />
e la sua tutela, le arti e i mestieri, persino le tradizioni enogastronomiche<br />
e che quindi è un aspetto portante della nostra attuale comunità<br />
e identità.<br />
Maria Rita Lorenzetti<br />
Presidente <strong>Regione</strong> <strong>Umbria</strong>
LA VALNERINA al tempo di san Benedetto da Norcia<br />
Nel V secolo, nel corso della decadenza dell’impero romano, molti cittadini abbandonarono le<br />
città per rifugiarsi nelle campagne e nelle valli, in cerca di una vita più serena.<br />
La situazione in cui versava la regione <strong>Umbria</strong>, preda delle razzie dei Goti, era di generale<br />
desolazione: la sottrazione delle terre avveniva da parte dei barbari, il furto di ogni altro bene<br />
ad opera degli eserciti imperiali che tentavano di arginare l’invasione. Allo spopolamento delle<br />
città faceva riscontro un’intensa migrazione verso luoghi difficili da raggiungere, solitari e poco<br />
appetibili per l’invasore. Gregorio Magno inizia i suoi Dialoghi con un’infinita nostalgia del<br />
cenobio: “L’infelice animo mio, debilitato dalle occupazioni del secolo, ricorda con rimpianto<br />
i giorni felici trascorsi nel cenobio […] ora so valutare il tesoro che ho perduto. Sono come<br />
una barca sbattuta dai flutti di un mare tempestoso […] rimpiangendo il lontano porto”.<br />
La Valnerina, caratterizzata dalla sua asprezza e dall’isolamento dei suoi monti, fu luogo<br />
di un intenso movimento eremitico, che alcune antiche testimonianze agiografiche imputano<br />
all’azione missionaria di monaci siriani, fuggiti alle persecuzioni e alle lotte connesse ai concili<br />
d’Oriente. Questi monaci, uomini solitari, diffondevano l’ideale eremitico orientale anacoretico,<br />
tipico dei Padri del deserto, e quello organizzato in forme cenobitiche come prescritto nelle<br />
Regole di san Pacomio e san Basilio, che precorrevano la più tarda Regola di san Benedetto,<br />
fondatore del monachesimo occidentale.<br />
La valle del Nera diventò, in breve tempo, sede di centri laboriosi di bonifica spirituale, agricola<br />
e civile. Per la solitudine che offriva la sua natura fu prescelta dagli eremiti del V e del VI secolo<br />
al pari del deserto degli anacoreti egiziani.<br />
Mauro e il figlio Felice furono, ad esempio, i bonificatori della paludosa valle, vissero nell’eremo<br />
di San Fele (oggi San Felice) a Castel San Felice.<br />
Più storicamente documentata da Gregorio Magno è la valle Castoriana dove Spes, Eutizio e<br />
Fiorenzo compirono numerosi prodigi. Questa valle, per la vicinanza con la terra di san Benedetto<br />
da Norcia, può giustamente chiamarsi culla del movimento spirituale benedettino. Fu, infatti,<br />
dietro a queste esperienze, che san Benedetto contestò, sul finire del V secolo, a Roma le scuole<br />
fanatiche.<br />
Per la valle del Nera risalì la Regola di san Benedetto da Norcia per trasformare gli eremi<br />
in abbazie, come quelle di Farfa, di Sassovivo, di San Pietro in Valle e di Sant’Eutizio.<br />
Prima della fondazione dei comuni, le abbazie estesero la loro importanza grazie alle donazioni<br />
dei signori, che ne traevano vantaggio in quanto mettevano le loro terre al sicuro dai desideri<br />
di altri feudatari e potevano coltivarle a usufrutto.<br />
È ormai riconosciuto che, nel rinnovamento dell’economia agraria, un posto preminente debba<br />
essere assegnato ai monaci, specialmente i <strong>Benedettini</strong>, i quali, in materia di bonifiche,<br />
dissodamenti, canalizzazioni, piantagioni e, più in generale dell’organizzazione del lavoro,<br />
avevano lunghe tradizioni. In molti paesi d’Europa i monaci benedettini, chiamati per restaurare<br />
le opere di culto, finirono per rinnovare anche le attività umane ed economiche. Lo sviluppo delle<br />
colture fu, ovviamente, variabile con il clima e la struttura dei terreni; in una regione collinare<br />
come l’<strong>Umbria</strong>, le bonifiche consistettero più che altro nelle sistemazioni del terreno mediante<br />
terrazzamenti, di cui ancora oggi si scorgono gli esempi. A parte la vite, fu sviluppata<br />
la coltivazione del grano e dell’olivo.<br />
1
LA VALNERINA tra storia e natura<br />
La Valnerina, abitata prima della conquista romana da una tribù sabina chiamata Naharci,<br />
oltre la gola ternana verso i monti Sibillini, si dirama a triangolo collegando l’<strong>Umbria</strong> alle Marche<br />
e all’Abruzzo in un paesaggio ancora arcaico, ma sempre vario e suggestivo.<br />
La Valnerina fu il primo sentiero della transumanza appenninica verso la valle Tiberina, fin dalla<br />
preistoria. Questa pratica, contrastata solo nel XIII secolo dai comuni, proseguì sotto papa<br />
Bonifacio IX nel 1402 con la tassa della “dogana delle pecore”, in vigore fino al 1923.<br />
Fu una via di passaggio di truppe in tutto il Medioevo. Guerre e alluvioni spinsero gli abitanti<br />
della zona a rifugiarsi sulle alture, così i piccoli villaggi divennero communitas assorbite<br />
dal Comune di Spoleto (Arrone, Montefranco, Ferentillo, Ceselli, Scheggino, Sant’Anatolia, Caso<br />
e Gavelli, Vallo di Nera, Geppa, Cerreto, Sellano, Montesanto, Orsano, Monteleone). Restarono,<br />
invece, indipendenti: Visso e Castel Sant’Angelo, Norcia con la valle di Preci e Cascia con i suoi<br />
trenta castelli.<br />
L‘insediamento nella valle è costituito da antichi casali isolati, spesso in stato di abbandono:<br />
gruppi di poche abitazioni unite e abbinate agli annessi rustici, oppure tipiche case di pendio,<br />
con l’abitazione sovrapposta al fienile. Nella valle si ritrovano anche esempi notevoli di “torri<br />
colombare” (anticamente sorte per fini difensivi, riutilizzate per l’allevamento dei colombi<br />
e successivamente adibite a fienili), che dominano gli edifici circostanti.<br />
Attira l’attenzione anche la presenza sui pendii di relitti di “vite maritata”: una vite appoggiata<br />
a un sostegno vivo come l’acero campestre e l’olmo.<br />
2<br />
IL FIUME NERA<br />
Udilla de la Nera il bianco fiume,<br />
e di Velino i fonti, e tal l’udiro,<br />
che ne strinser le madri i figli in seno.<br />
(Virgilio, Eneide, VII, 793, trad. di A. Caro)<br />
Con queste parole, tratte dall’Eneide di Virgilio,<br />
si ricorda la discesa dei pastori nel 700 a.C.<br />
in aiuto a Turno re dei Rutuli e dei Latini contro<br />
i Troiani invasori. Nel 299 a.C. la Valle del Nera<br />
fu aperta alla conquista romana.<br />
Il suo corso è stato modificato dallo sfruttamento idroelettrico che conduce parte delle risorse<br />
idriche direttamente al lago di Piediluco. La generosità delle sue acque, e la presenza<br />
di canalizzazioni all’interno di tutto il bacino fluviale, ha permesso lo sviluppo nei secoli<br />
di coltivazioni “igrofile” (le cosiddette “canepine”, piccoli appezzamenti di terreno adiacenti<br />
al fiume, sfruttati per la coltivazione della canapa). Si annovera, inoltre, la coltura dello<br />
scotano e del guado, essenze vegetali molto utilizzate, un tempo, per conciare le pelli<br />
e tingere i tessuti.
La valle Castoriana e i monti Sibillini<br />
Generata dal fiume che si getta nel Nera all’altezza del paesino di Ponte Chiusita, la valle<br />
Castoriana si sviluppa in un alternarsi di spazi stretti e ampi tra boschi e campi. Volgendo<br />
lo sguardo in direzione dell’abbazia di Sant’Eutizio si possono scorgere incombenti cime,<br />
alcune superiori ai 1800 metri, tra cui monte Patino, incastonato all’interno dei monti Sibillini.<br />
Lo sguardo non può che cadere sulla dorsale dei monti Sibillini che, attraverso la forca<br />
di Ancarano, collegano la valle Castoriana con l’adiacente piano di Santa Scolastica.<br />
Strade ricche di storia si sviluppano lungo questi monti, antichi percorsi con sentieri e mulattiere,<br />
utilizzate un tempo per la transumanza e per gli intensi scambi commerciali tra l’<strong>Umbria</strong>,<br />
la Sabina e il Piceno.<br />
La valle Castoriana si collega alla Valnerina seguendo il corso del fiume Campiano e dei suoi<br />
affluenti, e si estende dalla forca di Ancarano a Ponte Chiusita, dove il fiume si getta nel Nera.<br />
È una vallata aspra, ma mitigata da una rigogliosa vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea.<br />
Attraversando la valle Castoriana molto suggestive sono le grotte del V secolo dove vivevano<br />
gli eremiti. Un tempo, lungo questa vallata abbondavano anche le erbe medicinali,<br />
le cui proprietà curative erano note ai monaci orientali che qui realizzarono i primi insediamenti,<br />
e successivamente ai <strong>Benedettini</strong>. La valle Castoriana trarrebbe il suo nome dal culto pagano<br />
degli dei Castore e Polluce, oppure da Castorius, ricco possidente della zona, ma viene anche<br />
denominata Vallis Campli da Gregorio Magno, ed è maggiormente conosciuta come valle<br />
di Sant’Eutizio, dall’omonima abbazia del cui feudo faceva parte la valle di Preci.<br />
La Valnerina è stata scavata dal fiume,<br />
l’antico Nar, che trae il suo nome<br />
o dal popolo dei Naharci, che abitarono<br />
la valle oltre 2.000 anni fa; o da nar,<br />
termine sabino che indica lo zolfo; o ancora<br />
da nar, parola greca che indica la sua natura<br />
forte e impetuosa; o addirittura da un muschio,<br />
che crescendo sul fondo del fiume<br />
gli conferisce quella tipica colorazione<br />
verde scuro, quasi nera.<br />
Il fiume Nera nasce nell’anfiteatro morenico dei ghiacciai pedemontani del monte Cornaccione<br />
per risorgenza dai bacini idrici sotterranei dei Sibillini. Scaturisce da uno scoglio a duplice<br />
apertura, in cui gli storici vedevano la figura di un muso di vitello con due narici, dando<br />
il significato di narici al nome Nar.<br />
La trota domina il fiume Nera, un pesce che per vivere ha bisogno di acque pure, limpide<br />
e ricche di ossigeno. La specie autoctona che da sempre popola il fiume è la trota fario, la più<br />
apprezzata in cucina e oggetto di una pesca sportiva che, dall’ultima domenica di febbraio fino<br />
alla prima di ottobre, la insegue lungo le sponde del fiume.<br />
3
LA VALNERINA i prodotti tipici<br />
IL TARTUFO<br />
La Valnerina è il più<br />
importante luogo<br />
di produzione del tartufo<br />
nero.<br />
È il frutto di un fungo<br />
che vive sotto terra<br />
con uno scambio simbiotico<br />
con alcune radici di piante<br />
legnose, come quercia,<br />
carpino e nocciolo.<br />
È molto usato anche nelle<br />
ricette più popolari: crostini,<br />
spaghetti al tartufo, frittata<br />
e filetto ai tartufi, trota e<br />
insalata tartufata, agnello<br />
tartufato e persino dessert<br />
al tartufo.<br />
LO ZAFFERANO<br />
Negli antichi documenti<br />
si fa espresso riferimento<br />
alla città di santa Rita<br />
in cui produttori e mercanti<br />
avevano conquistato molte<br />
piazze dell’Italia centrale<br />
con questa preziosa spezia.<br />
All’epoca lo zafferano veniva<br />
coltivato in gran parte<br />
dell’<strong>Umbria</strong>.<br />
È una pianta erbacea<br />
perenne di colore rosso<br />
vermiglio, dalla quale<br />
si ricava la sostanza<br />
colorante gialla.<br />
4<br />
LA NORCINERIA<br />
La Valnerina è la patria<br />
della norcineria, ovvero<br />
l’arte della lavorazione<br />
della carne suina. Grazie<br />
al particolare clima fresco<br />
e asciutto, da sempre<br />
è diffusa la tradizione<br />
dell’allevamento del maiale<br />
e della trasformazione delle<br />
sue carni, attraverso la<br />
salagione e la stagionatura<br />
di prosciutti, spallette,<br />
capocolli, salsicce, salami,<br />
ciauscoli, pancette, cotechini<br />
e guanciali, ognuno con un<br />
gusto diverso e particolare.<br />
FORMAGGI<br />
I pascoli, ricchi di erbe selvatiche,<br />
conferiscono<br />
un sapore particolare<br />
ai formaggi di queste zone.<br />
Il patrimonio ambientale<br />
naturale ancora<br />
incontaminato e puro<br />
è anche alla base della<br />
genuinità dei formaggi:<br />
la caciotta, la mozzarella,<br />
il pecorino, la scamorza,<br />
il burro, i formaggi al tartufo<br />
nero, la ricotta e la ricotta<br />
salata.<br />
IL FARRO<br />
È un cereale che veniva<br />
coltivato fin dall’antichità<br />
sia in Egitto che in Grecia.<br />
Per i Romani era uno<br />
degli elementi base<br />
dell’alimentazione.<br />
Recentemente nei terreni<br />
della frazione di Gavelli<br />
una cooperativa del luogo<br />
ha riscoperto tale<br />
coltivazione con una specie<br />
molto pregiata: il Triticum<br />
durum dicoccum, con una<br />
produzione limitata e di alta<br />
qualità.<br />
LE LENTICCHIE<br />
Già famose nei tempi<br />
antichi, quelle coltivate<br />
nei piani di Castelluccio<br />
sono sicuramente<br />
le più rinomate al mondo.<br />
Ricca di ferro, proteine e sali<br />
minerali, la lenticchia<br />
di Castelluccio è unica<br />
anche per il suo aspetto<br />
policromo (tigrata,<br />
giallognola, marroncina)<br />
e per le sue dimensioni<br />
piuttosto ridotte.
NORCIA: LA CITTÀ DI SAN BENEDETTO<br />
Alla luce splendente di codesta fiaccola<br />
possano, quanti incontrerete<br />
lungo le strade del vostro pellegrinaggio,<br />
sentirsi fratelli e comporre le ragioni<br />
dei dissidi e dei conflitti<br />
che fanno gli uomini nemici tra loro,<br />
e diventare capaci di perdono reciproco,<br />
di rispetto, di concordia e di collaborazione.<br />
Sia la vostra davvero la fiaccola della pace.<br />
(Giovanni Paolo II)<br />
LA BASILICA DI SAN BENEDETTO<br />
A Norcia nacque san Benedetto nel 480 d.C., da un’agiata famiglia romana, insieme alla<br />
sorella gemella Scolastica e qui visse il suo periodo giovanile fino all’età di 12 anni, quando<br />
si allontanò dalla sua terra natale per andare a studiare a Roma e per non farvi più ritorno.<br />
Sui monti della vicina valle Castoriana il giovane Benedetto ebbe modo di entrare in contatto<br />
con i monaci siriani giunti dall’Oriente, che frequentavano l’abbazia di Sant’Eutizio a Preci<br />
e le grotte circostanti.<br />
Nella piazza principale di Norcia, dedicata a san Benedetto, intorno alla statua eretta in onore<br />
del santo nel 1880, si affaccia la basilica. Sorge sopra i ruderi di un edificio romano del I-II<br />
secolo d.C. identificato, secondo la tradizione, come la casa dove nacquero i santi gemelli. La<br />
basilica, eretta tra il 1290 e il 1338, è stata rimaneggiata varie volte in seguito ai danni pro -<br />
vo cati dai vari terremoti, e restaurata in occasione del Giubileo del 2000.<br />
L’edificio presenta all’esterno una facciata a capanna della fine del XIV secolo in stile gotico,<br />
con un portale sovrastato da una lunetta raffigurante la Ma -<br />
donna con Bambino tra gli angeli. Alla fiancata destra della<br />
chiesa è stata addossata, intorno al 1570, la Loggia dei<br />
mercanti, o Portico delle misure, per creare una sorta di<br />
mer cato coperto dei cereali: ancora oggi sono visibili i reci -<br />
pienti in pietra utilizzati per le misurazioni. All’interno, al<br />
piano superiore, si trova la chiesa principale che mescola<br />
elementi romanici, gotici e barocchi a testimonianza delle<br />
varie modifiche subite nei secoli. Le pareti sono decorate<br />
con preziosi affreschi del 1500 e tele del 1600, tra cui quella<br />
che racconta una storia curiosa della vita di san Be ne det -<br />
to: quando il santo ricevette un fante travestito da sovrano,<br />
inviato al suo posto da Totila, re dei Goti.<br />
LA CHIESA DI SANTA SCOLASTICA<br />
Poco distante da Norcia, la chiesa di Santa Scolastica è ubicata su un fertile altopiano, fondo<br />
di un antico lago, inserito nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Secondo<br />
la tradizione, in questo luogo santa Scolastica riunì le prime consorelle e vi dimorò fino al trasferimento<br />
a Cassino.<br />
Il primitivo nucleo della chiesa risale al periodo<br />
altomedievale, ristrutturazioni e rifacimenti si<br />
ebbero sia tra la fine del XIV secolo e gli inizi del<br />
XV, che nei secoli XVII e XVIII.<br />
Come risulta dalle cronache locali, il luogo nei<br />
secoli è sempre stato oggetto di culto e meta di<br />
continui pellegrinaggi, soprattutto in caso di siccità.<br />
Santa Scolastica è, infatti, invocata dalla tradizione<br />
popolare per la difesa dai fulmini e per<br />
ottenere la pioggia.<br />
5
NORCIA<br />
Situata tra la catena dei monti Sibillini,<br />
le valli e gli altipiani densamente<br />
punteggiati di antichi insediamenti, Norcia<br />
si mostra nell’intreccio tra natura e cultura.<br />
Ne sono testimonianza le “Marcite”. Aree di interesse<br />
naturalistico, non distanti dalla città, sono i piani<br />
carsici di Castelluccio (il Pian Grande, il Pian Piccolo<br />
e il Pian Perduto) e il monte Vettore, la cima più<br />
elevata dei monti Sibillini. Al suo interno, giace il lago<br />
di Pilato, il cui nome è legato alla leggenda del<br />
proconsole romano, reo della morte di Cristo,<br />
trasportato da un carro trainato da due buoi sulla<br />
cima del monte e scaraventato nelle sue gelide acque.<br />
Anticamente chiamata Nursia, fu importante centro strategico sabino che trasse il nome da<br />
Northia, divinità propiziatrice di fortuna, venerata dagli Etruschi.<br />
L’antico villaggio sabino sorgeva sulla parte più alta dell’odierno abitato, la cosiddetta aerea<br />
di Capo la Terra ma, intorno al 300 a.C., i Romani arrivarono in questo territorio e in breve tempo<br />
lo conquistarono, nonostante la resistenza del popolo sabino.<br />
Al crollare dell’impero romano, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre<br />
e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, san Benedetto e i suoi monaci portarono<br />
il progetto cristiano a tutte le popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda<br />
alle pianure della Polonia.<br />
Verso il 572, i Longobardi insediatisi a Spoleto distrussero Norcia. Nel 1200 si costituì libero<br />
Comune. Fatti i conti con la peste del 1300, nel secolo successivo, il Comune guelfo di Norcia<br />
fu spesso in lotta con i castelli circostanti e, per acquisire maggiore autonomia politica,<br />
ebbe lunghi e accesi contrasti con i legati pontifici di Spoleto.<br />
Nel 1484, infine, passò direttamente sotto la Legazione pontificia di Perugia. Nel 1600 conobbe,<br />
per la prima metà, un notevole rinnovamento edilizio e artistico.<br />
Il 1700 secolo viene ricordato unicamente per i due terremoti che cancellarono di colpo quanto<br />
era stato costituito dopo il 1328.<br />
Nel 1809 Norcia entrò a far parte dell’impero francese, ma ben presto venne restaurato<br />
il governo pontificio e ripristinato anche l’antico vescovado. Venne annessa al Regno d’Italia<br />
nel 1860.<br />
Il fascino di Norcia<br />
risiede soprattutto<br />
nel suo fitto reticolo<br />
di vie e stradine punteggiate<br />
da piazze con fontane,<br />
disseminato di orti<br />
e giardini interni,<br />
dove i palazzi gentilizi<br />
si affiancano a conventi<br />
o edifici civili.<br />
Interessanti sono<br />
anche le torri e le porte<br />
dislocate lungo il perimetro<br />
delle mura urbiche medievali,<br />
perfettamente conservate<br />
con la loro caratteristica<br />
forma a cuore.<br />
6<br />
La piazza San Benedetto,<br />
realizzata nel 1869, al fine di<br />
dare un nuovo assetto<br />
urbanistico alla città.
Del palazzo Comunale,<br />
originario del XIII secolo,<br />
rimangono la scalinata<br />
con i due leoni in marmo<br />
e l’intero prospetto<br />
superiore, tutto frutto<br />
del rifacimento portato<br />
a termine nel 1876.<br />
La torre campanaria venne<br />
riedificata in seguito<br />
al terremoto del 1703.<br />
All’interno del palazzo<br />
si trovano la sala del<br />
Consiglio, la sala Sertoriana<br />
(o dei Quaranta conservatori<br />
della pace, dove si riunì,<br />
nel 1532, un consesso<br />
per mantenere la pace<br />
e la giustizia all’interno del<br />
territorio) e la cappella dei<br />
Priori (dove erano conservati<br />
il reliquiario del dente<br />
di san Benedetto, il codice<br />
miniato del XV secolo<br />
con episodi della vita<br />
di san Francesco, detto<br />
la Franceschina, e un<br />
esemplare degli Statuti<br />
di Norcia).<br />
L’edificio che ospita<br />
il Museo civico<br />
e diocesano<br />
“La Castellina” è stato<br />
realizzato nel 1554 dal<br />
Vignola per volontà di papa<br />
Giulio III. Nacque come<br />
residenza fortificata per i<br />
governatori apostolici e fu<br />
utilizzato, sin dall’origine,<br />
per il controllo dei territori<br />
periferici da parte della Stato<br />
della Chiesa. Quando nel<br />
1569 venne istituita la<br />
Prefettura della montagna,<br />
la Castellina ne divenne la<br />
naturale sede. Restaurata<br />
nel XVIII secolo<br />
a seguito dei frequenti<br />
terremoti, a partire dal 1860<br />
accolse gli uffici del Comune,<br />
fino a quando nel 1967<br />
divenne sede del museo.<br />
Dal 2003 vi si può visitare<br />
la mostra archeologica<br />
permanente “Partire per<br />
l’Aldilà”, con esposte alcune<br />
delle tombe di epoca<br />
ellenistica con relativi corredi<br />
rinvenuti tra Norcia<br />
e la vicina frazione di Popoli.<br />
Il criptoportico (galleria<br />
sotterranea), in via Roma,<br />
situato nell’area urbana<br />
del municipio, presso porta<br />
Ascolana, è del I secolo a.C.<br />
Dell’edificio si conservano<br />
parte del braccio corto e il<br />
muro di fondo. Mancano le<br />
tracce di incassi per perni<br />
o battenti, poiché l’ingresso<br />
al foro era, probabilmente,<br />
libero e non chiuso da porte.<br />
Parte dell’edificio situato<br />
accanto al portico ospita<br />
oggi una mostra<br />
archeologica permanente<br />
che raccoglie gran parte<br />
dei materiali rinvenuti<br />
durante gli scavi in località<br />
Campo Boario.<br />
La chiesa di San<br />
Giovanni, in via Gioberti,<br />
è frutto di rifacimenti<br />
settecenteschi (dopo<br />
il terremoto del 1703),<br />
anche se l’antica fondazione<br />
risale al XIV secolo.<br />
La chiesa di Santa Maria<br />
Argentea, in piazza<br />
del Duomo, fu edificata<br />
tra il 1560 e il 1574<br />
in sostituzione di una pieve<br />
altomedievale, e demolita<br />
per far posto alla rocca<br />
della Castellina.<br />
Secondo la tradizione,<br />
l’antico edificio era stato<br />
eretto su un precedente<br />
tempio pagano consacrato<br />
nel III secolo d.C. da<br />
san Feliciano, vescovo<br />
di Foligno, con il nome<br />
di basilica Argentea.<br />
7
La chiesa del Crocifisso<br />
è nella piazzetta di<br />
Capolaterra. Rifacimento<br />
del 1747 di una struttura<br />
più antica, conserva il portale<br />
in pietra del XVI secolo.<br />
Il complesso<br />
monumentale San<br />
Francesco si trova<br />
in Piazza Garibaldi.<br />
Del secolo XIV, oggi sede<br />
dell’Auditorium, della<br />
Biblioteca comunale<br />
e dell’Archivio storico.<br />
La facciata esterna<br />
dell’Auditorium si deve<br />
alla ricostruzione portata<br />
a termine dai Francescani<br />
conventuali.<br />
La chiesa di<br />
Sant’Agostino è in via<br />
Amadio. Domina la porta<br />
un affresco del XVI secolo,<br />
raffigurante san Nicola da<br />
Tolentino con una colomba<br />
sulla spalla, la Madonna<br />
col Bambino benedicente<br />
al centro e sant’Agostino,<br />
dottore della Chiesa.<br />
L’oratorio di<br />
Sant’Agostinuccio, in via<br />
Anicia, è del XVI secolo, con<br />
un ricco soffitto dorato e gli<br />
stalli lignei riservati<br />
ai confratelli.<br />
8<br />
Da visitare sono anche:<br />
la chiesa della Madonna<br />
addolorata che custodisce<br />
la miracolosa immagine della<br />
Madonna raffigurata su una<br />
tela dipinta nel XVIII secolo;<br />
la chiesa del Crocifisso,<br />
a ridosso delle mura urbiche,<br />
nella parte alta della città<br />
e la chiesa di San Lorenzo,<br />
la più antica di quelle<br />
presenti a Norcia;<br />
il palazzo Fusconi, in via<br />
Foscolo, dove venne invitato<br />
Benvenuto Cellini che<br />
rimase stupito dalla sua<br />
collezione di antichità;<br />
il palazzo Passerini,<br />
in piazza Carignano.<br />
Edificato nel XVIII secolo,<br />
ha un portale che immette<br />
nel giardino dove si trova<br />
una statua ottocentesca<br />
di Sertorio, tribuno militare<br />
e governatore in Spagna,<br />
che fomentò la popolazione<br />
locale contro Roma;<br />
il palazzo Colizzi, in via<br />
Anicia, del XVIII secolo.<br />
Al suo interno si può<br />
ammirare un ampio giardino;<br />
il palazzo Battaglia,<br />
in via Cappellini. Edificato<br />
nel XVI secolo, il nome<br />
gli deriva dalla famiglia<br />
Battaglia che ne divenne<br />
proprietaria nell’Ottocento;<br />
il palazzo Bucchi-<br />
Corazzini, in piazza<br />
Margherita. Del XVII secolo,<br />
nell’ala est sono conservati<br />
la lastra tombale<br />
di Boccamaggiore di Ancona,<br />
capitano di Norcia morto<br />
all’inizio del XIV secolo,<br />
e i resti di colonne<br />
quattrocentesche inserite<br />
nelle murature;<br />
la Mostra della civiltà<br />
contadina, presso il palazzo<br />
dei Cavalieri di Malta in<br />
piazza Patrizi Forti. Si tratta<br />
di una collezione privata<br />
di oggetti legati ad antichi<br />
mestieri: ci sono gli strumenti<br />
degli artigiani, dal falegname<br />
al fabbro, dal calzolaio al<br />
bottaio, quelli del boscaiolo<br />
e del vignaiolo. La raccolta<br />
è arricchita con oggetti che<br />
riguardano il mondo della<br />
scuola, dal banco alla<br />
cartella, dai quaderni ai libri,<br />
dalla penna al calamaio.<br />
EVENTI<br />
Mostra mercato<br />
del tartufo<br />
febbraio-marzo<br />
Un’importante rassegna<br />
agroalimentare finalizzata<br />
a valorizzare le produzioni<br />
tipiche locali, nazionali<br />
e internazionali.<br />
Celebrazioni benedettine<br />
marzo-luglio
PRECI: CITTÀ DI SANT’EUTIZIO E DEI CHIRURGHI<br />
Se a Preci volgi i passi, o pellegrino,<br />
tendi l’orecchio, quando sei vicino;<br />
sussurrerò, passando per la valle,<br />
di pietra in pietra, sull’acqua, nelle stalle,<br />
voce di storie antiche mai perdute,<br />
di storie vere, di storie non vissute.<br />
ABBAZIA DI SANT’EUTIZIO, PIEDIVALLE<br />
Siamo sul finire del 400 d.C. Il monaco Eutizio, trascorse diversi anni nella vita solitaria di un<br />
eremo, in compagnia di un rozzo fratello che custodiva un piccolo gregge, e provvedeva ai<br />
pasti quotidiani.<br />
Eletto superiore generale, Eutizio riuscì ad addomesticare un giovane orso, che fu il fedele<br />
compagno del religioso e del suo amico pastorello. Alcuni confratelli però non tolleravano la<br />
bestia am man sita, e di nascosto la uccisero. Poco tempo dopo quegli stessi monaci che avevano<br />
com messo il delitto si ammalarono e morirono di lebbra.<br />
Il fatto dei frati della valle Castoriana fu notizia oggetto di commento degli abitanti della zona.<br />
Erano questi gli anni dell’infanzia di san Benedetto e santa Scolastica da Norcia: le immagini<br />
di quei solitari si impressero nella loro mente.<br />
Si deve agli esempi dei venerati asceti della regione se san Benedetto, inviato a Roma a compiere<br />
gli studi, ben presto se ne allontana per ritirarsi nelle vicinanze di Subiaco, abbracciando<br />
un modo di vivere eremitico simile a quello che conducevano i religiosi della valle Ca sto -<br />
riana.<br />
Il regime eletto da questi monaci, dopo la scomparsa dei primi fondatori, fu la Regola di san<br />
Benedetto e tale rimase finché vi fu osservata la vita regolare monastica, alla fine del XV secolo.<br />
L’abbazia si trova nella valle Castoriana, sopra l’abitato di Piedivalle, alle pendici di monte<br />
Colle scille, su un terrazzamento posto tra la scogliera (dove sono le antiche grotte degli eremiti)<br />
e la ripida vallata. Piedivalle è una piccola frazione del Comune di Preci, nel territorio<br />
della valle Oblita. Il nome deriva dal tardo latino pes che, nel XIV secolo, indicava la “parte<br />
inferiore”, della valle. Piedivalle doveva svolgere la funzione di borgo commerciale dell’intero<br />
sistema di insediamenti a monte della stessa abbazia.<br />
Si presenta chiusa come un castello, immersa nello scenario della montagna appenninica.<br />
9
10<br />
È considerata la culla del monachesimo occi den ta le di tipo cenobitico, cioè comunitario, basato<br />
sul la preghiera, sul lavoro e su un’organiz zazio ne “familiare” della comunità diretta da un pa -<br />
dre (abbah), in contrasto con quello orientale pra ti cato dal singolo (monos) e fondato solo sul -<br />
l’a sce tismo, la contemplazione e la preghiera.<br />
Le origini dell’abbazia sono molto antiche. La tradizione la vuole fondata verso la fine del V secolo<br />
d.C. proprio dal monaco siriano Eutizio, successore di Spes, alla guida dei numerosi ere mi esistenti<br />
a quell’epoca in val Castoriana.<br />
Il nucleo principale si stabilì in un costone di pietra, dove si aprivano delle grotte che diven nero<br />
dimora dei primi eremiti che seguivano Re gole ispirate a quelle dei grandi monaci d’Orien te, ma<br />
adattate alle mutate situazioni e sempre più per meate della concretezza romana.<br />
Quando la crisi demografica, che investì l’im pero romano nella tarda antichità, e i guasti causati<br />
dalle invasioni barbariche resero questi luoghi dei veri deserti, l’antica città di Cample fu annientata<br />
e l’abbazia rimase l’unico punto di riferimento per le smarrite popolazioni della zo na. L’abate<br />
divenne il maestro, il padre e l’u nica autorità del luogo.<br />
Politicamente, come tutta la “Montagna”, era<br />
compresa nella giurisdizione del gastaldato di<br />
Ponte, presso Cerreto di Spoleto.<br />
È probabile che prima dell’anno Mille fosse già<br />
il maggior centro di potere economico e politico<br />
della zona, grazie proprio alle donazioni e<br />
alle concessioni di privilegi imperiali e papali.<br />
La prosperità di cui godeva permise ai frati di<br />
migliorare gli edifici del complesso monastico<br />
e di dotarsi di una buona biblioteca. Il nome<br />
del l’abbazia di Sant’Eutizio è legato, infatti,<br />
anche a un importante documento letterario:<br />
un monaco vi scrisse uno dei più antichi testi in volgare, la Confessio eutiziana (prima metà dell’XI<br />
sec.). Inoltre, i monaci arricchirono le loro conoscenze con l’esperienza della vita di ogni giorno<br />
e dettero origine a un’importante scuola chirurgica. Successivamente, mutando la sensibilità e le<br />
condizioni storiche, agli ecclesiastici fu proibito di esercitare l’arte medica. Così i monaci trasmisero,<br />
probabilmente, agli abitanti dei paesi circostanti le cognizioni di cui erano depositari: quelle<br />
derivate dalla tradizione letteraria, quelle acquisite con l’esperienza di generazioni, la conoscenza<br />
delle erbe medicamentose e l’uso delle acque curative, creando così l’ambiente favorevole<br />
allo sviluppo dell’attività chirurgica empirica conosciuta come “Scuola chirurgica preciana”.
In tutti i monasteri esistevano dei particolari<br />
ripostigli (armarium pigmentariorum)<br />
dove venivano conservate piante<br />
medicinali. Certamente in questa abbazia<br />
la pratica della medicina doveva<br />
essere discretamente sviluppata, favorita<br />
dal fatto che nella zona era presente,<br />
come lo è tutt’ora, una grande varietà<br />
di piante officinali, oltre ad alcune sorgenti<br />
di acque curative di eccezionale<br />
efficacia.<br />
Alla fine del XII secolo ebbe inizio la de -<br />
cadenza dell’abbazia e con essa il po -<br />
tere politico ed economico di San t’Eu -<br />
tizio. Ciononostante la scuola d’arte, la<br />
farmacia e la ricca biblioteca continua -<br />
rono a operare una notevole in fluenza<br />
come centri di cultura. Nel XIV secolo, le<br />
numerose mire e l’alternarsi dei detentori<br />
del potere la ridussero in condizioni<br />
economiche disastrose. Fu, quindi,<br />
sot toposta a regime commendatario.<br />
L’abbazia è oggi priva del ricco patrimonio<br />
artistico acquisito durante i secoli.<br />
L’isolamento e l’assenza di religiosi hanno causato<br />
il trasferimento, forzato, delle opere superstiti nella<br />
parrocchiale di Piedivalle.<br />
L’insediamento monastico com prende: le grotte<br />
eremitiche alla base del campanile, la chiesa, il cortile<br />
interno, il complesso delle fabbriche mona ste -<br />
riali con le cel le affacciate a valle, la dimora del -<br />
l’abate sul braccio trasversale, l’ingresso e il sagrato<br />
sorretto da arconi e il ruscelletto che scende in<br />
diagonale dietro l’abside.<br />
Si presenta con un lungo pro spet to su cui si aprono<br />
due ordini di finestre; le più basse duecen te sche, le<br />
più alte quattro-cin que centesche. Sei arcate del<br />
1599 (epoca dell’abate commen data rio Giacomo<br />
Crescenzi) so sten go no il piazzale pensile anti stan te<br />
(già adibito ad area cimi te ria le).<br />
La primitiva chiesa altomedievale, sorta dopo la riforma<br />
benedettina, fu rinnovata nel 1190. L’interno è<br />
a navata unica e conserva resti di decorazione a fresco<br />
che in an tico la ornavano (dal XIV al XVII secolo).<br />
Entrando sulla sini stra si trova il fonte battesimale,<br />
rica va to da un marmo romano (per se coli fu<br />
l’unico di tutti i territori cir costanti). Di fronte alla<br />
porta la te rale è collocata la grande tela com mis -<br />
sionata a Niccolò Circi gna ni, detto il Poma rancio,<br />
dal l’a ba te Giacomo Crescenzi nei pri mi anni del<br />
XVII secolo.<br />
Sul muro che separa l’altare dal sepolcro dei Santi<br />
Eutizio e Spes è collocata una croce sagomata di<br />
epoca tardogotica.<br />
11
PRECI<br />
Il primo documento dal quale si rileva il nome<br />
dell’abitato di Preci risale al 1232: era costituito da<br />
un piccolo insediamento non distante da un oratorio<br />
benedettino da cui, probabilmente, ne assunse il nome Preces,<br />
preghiera. Nella seconda metà del XIII secolo, a protezione<br />
del villaggio, sorse il castello. Inizialmente fece parte dei<br />
possedimenti di Spoleto per poi passare, nel 1276, sotto<br />
l’autorità comunale di Norcia. Nel 1533 il pontefice Paolo III<br />
acconsentì alla ricostruzione di Preci a condizione di una<br />
definitiva riconciliazione con Norcia.<br />
Preci vanta l’origine della protochirugia. I medici, chiamati<br />
“empirici”, perché non avevano frequentato università, divennero espertissimi. I ferri,<br />
presumibilmente appartenenti alla Scuola chirurgica, si possono osservare presso l’abbazia<br />
di Sant’Eutizio e presso la sede municipale. Nel 1817, per volontà di papa Pio VII, Preci, fu eretta<br />
a Comune, titolo che conservò anche nel 1860, quando entrò a far parte del Regno d’Italia.<br />
Sostanzialmente,<br />
l’abitato di Preci<br />
ha mantenuto il suo aspetto<br />
cinquecentesco,<br />
tipico dei villaggi fortificati<br />
costruiti sulle alture.<br />
L’abitato è attraversato<br />
da una ragnatela di stradine<br />
che, tortuosamente,<br />
confluiscono nella piazza<br />
principale sulla quale si erge<br />
la pieve di Santa Maria,<br />
edificata nel XIII secolo<br />
dai monaci di Sant’Eutizio.<br />
Il castello di Preci.<br />
Originariamente Preci<br />
era un piccolo villaggio<br />
rurale sulla sinistra del<br />
torrente Campiano, vicino<br />
a un oratorio benedettino,<br />
da cui probabilmente<br />
deriva quel nome; già<br />
menzionata nei Dialoghi<br />
da Gregorio Magno,<br />
per la presenza<br />
di numerosi eremi<br />
prebenedettini.<br />
12<br />
La chiesa della Madonna<br />
della peschiera sorse<br />
su un antico oratorio<br />
probabilmente nel 1243.<br />
Successivamente<br />
la costruzione fu ampliata<br />
e abbellita nel XVI secolo,<br />
in forme rinascimentali,<br />
ad opera della comunità<br />
che ne aveva il patronato.<br />
La chiesa dei Santi<br />
Nicola ed Egidio,<br />
documentata nel 1393,<br />
fu concessa alla comunità<br />
in patronato nel 1514.<br />
La chiesa di San Giovanni<br />
Battista (fraz. Piedivalle)<br />
doveva esistere già prima<br />
del XIII secolo, ma subì<br />
una radicale trasformazione<br />
nel 1520, con relativo<br />
ampliamento che ne ha<br />
raddoppiato la superficie.<br />
La piccola facciata a<br />
capanna ha un portale<br />
del 1535.<br />
La chiesa di Santo Spes<br />
(fraz. Saccovescio) è la più<br />
antica della frazione,<br />
documentata in una bolla<br />
vescovile del 1350.<br />
La chiesa di Sant’Andrea<br />
fu edificata insieme al primo<br />
ospedale dedicato<br />
all’apostolo per iniziativa<br />
del Comune che, nel 1421,<br />
ottenne l’autorizzazione<br />
dal vescovo di Fermo.<br />
La presente sistemazione<br />
risale alla seconda metà<br />
del XVIII secolo.<br />
EVENTI<br />
Festa di Sant’Eutizio,<br />
23 maggio<br />
Festa di Santa Maria<br />
della pietà, 7 giugno<br />
Festa di Sant’Antonio<br />
da Padova,<br />
13 giugno<br />
Festa di San Giovanni,<br />
24 giugno<br />
Pane, prosciutto<br />
e fantasia, luglio<br />
Valle Castoriana “Porte<br />
Aperte”,<br />
luglio-agosto<br />
Festa della Madonna<br />
della peschiera,<br />
15 agosto<br />
Festa di San Martino,<br />
11 novembre<br />
Focone della venuta,<br />
8 dicembre
SAN LAZZARO: TRA IL LEBBROSARIO E IL FOSSO “LU CUGNUNTU”<br />
Non solamente serviva volentieri a cancerosi, ma oltre questo avea ordinato che li frati del suo<br />
Ordine, andando o stando per lo mondo, servissero ai leprosi per amor di Cristo, el quale volse<br />
per noi essere reputato leproso.<br />
(Francesco d’Assisi, Fioretti)<br />
Era comune nel Medioevo la costruzione, lungo le strade principali, di locali destinati ad ac -<br />
co gliere i lebbrosi.<br />
Percorrendo la strada statale della Valnerina, poco prima dell’altezza di Preci, in direzione di<br />
Visso, si trova la località di San Lazzaro dove, secondo la tradizione, fu eretto un lebbrosario<br />
in torno al 1218, quando il feudatario del castello di Roccapazza, Razzardo, concesse al pre -<br />
sbi tero Bono (probabilmente monaco eutiziano) un vasto territorio boschivo e pascolato, af -<br />
finché edificasse una chiesa e un ospedale per accogliere i pellegrini, e per alloggiare i lebbrosi<br />
e gli infermi. A testimonianza di ciò esiste una pergamena presso l’archivio storico comunale<br />
di Norcia.<br />
Per oltre cento anni i frati francescani si dedicarono alla cura dei bisognosi e dei poveri e sem -<br />
bra che lo stesso Francesco d’Assisi fece visita più volte al lebbrosario. Quando il luogo fu ab -<br />
bandonato dai monaci, l’ospedale fu annesso ai possedimenti del Comune di Norcia e suc -<br />
cessivamente passò sotto il controllo dell’ordine gerosolimitano di san Lazzaro. Da allora fu<br />
sempre dato in commenda finché i marchesi di Sorbello, nel 1914, vendettero la proprietà ai<br />
Mas si di Poggio di Croce e ai Betti di Belforte.<br />
Il complesso comprendeva la chiesa, l’ospedale e alcune abitazioni che, purtroppo, nel corso<br />
dei secoli hanno subito profonde modificazioni che ne hanno alterato l’architettura antica. La<br />
chiesa risale al XIV secolo, ma attualmente solo la navata anteriore destra ne è parte, il resto<br />
è occupato da una cantina.<br />
Nei pressi di San Lazzaro, alla congiunzione delle vallate di Poggio di Croce e Montaglioni, è<br />
pos sibile ammirare il fosso detto “lu Cugnuntu”, caratterizzato da una piccola cascata di circa<br />
20 metri al termine di un percorso escursionistico molto affascinante, tipico dell’alta Valnerina.
14<br />
CERRETO DI SPOLETO:<br />
LA CITTÀ DEI CIARLATANI<br />
Me, dopo la morte, si vanti l’<strong>Umbria</strong> d’annoverarmi<br />
tra i suoi illustri figli, io che con i miei carmi l’ho<br />
onorata: l’<strong>Umbria</strong>, cultrice delle Muse, patria<br />
nobile di Properzio e che ridente mi diede<br />
alla luce sull’alto colle, cui intorno scorrono<br />
il Vigi con l’acque sue placide e gelate e il fiume<br />
Nera, sempre caldo per sulfuree sorgenti.<br />
(G. Pontano, Partenopeo o Amori, I, 18, vv. 23-28)<br />
CHIESA DI SAN LORENZO, BORGO CERRETO<br />
Borgo Cerreto è un antico castello sito alla confluenza del fiume Vigi con il Nera, nel ter ritorio<br />
di Norcia.<br />
Il centro, sviluppatosi nel periodo tardomedievale, sorse su un crocevia di fondamentale im -<br />
portanza fin dall’epoca preromana e romana; qui correva infatti il confine tra le antiche regioni<br />
della Sabina e dell’<strong>Umbria</strong>.<br />
Nel Medioevo l’abitato si snodava lungo la via che sale al castello di Cerreto. Presso gli attuali<br />
ponti si riconoscono alcune strutture murarie a torre, che dovevano vigilare su due antichi<br />
ponti levatoi. Il sistema difensivo di Borgo Cerreto si completava sui lati nord ed est con la<br />
cinta muraria, dove si apriva la porta verso Cerreto, e con la torre presso la chiesa di San<br />
Paterniano.<br />
Faceva parte del sistema di castelli e torri di avvistamento che formavano il reticolo fortificato<br />
a difesa dell’accesso al nursino.<br />
Borgo Cerreto era un avamposto con funzione di difesa del castello di Cerreto e di quello di<br />
Ponte (con le cui torri comunicava a vista) e controllava l’attraversamento dei fiumi e la viabilità<br />
di due arterie principali (lungo il Nera e verso Sellano-Colfiorito).<br />
La chiesa di San Lorenzo,<br />
parrocchiale, si trova<br />
presso il ponte sul Nera.<br />
Fra i numerosi centri<br />
francescani della valle,<br />
fu certo uno dei più<br />
importanti. Nello stesso<br />
luogo sembra esistesse<br />
in precedenza una chiesa<br />
intitolata a san Basso,<br />
vescovo martire vissuto<br />
nel III secolo, le cui<br />
reliquie erano venerate<br />
nella diocesi di Fermo.<br />
Sul terreno pianeggiante<br />
lungo il fiume e al lato<br />
della strada per Ponte,<br />
la chiesa e l’edificio<br />
conventuale che vi si<br />
congiunge con un unico<br />
lungo braccio, conservano<br />
quasi intatto il decoro<br />
che possedevano quando<br />
vi sorsero quasi sette<br />
secoli fa.<br />
La facciata, in pietra concia<br />
di colore rossastro, non<br />
presenta altri ornamenti che<br />
quelli finemente scolpiti nel<br />
portale.<br />
L’interno è quello tipico<br />
delle chiese degli ordini<br />
minori mendicanti:<br />
è composto da una spaziosa<br />
navata rettangolare,<br />
e da un coro. L’eliminazione<br />
dei numerosi altari e di altre<br />
aggiunte del XVII secolo<br />
ha restituito solo in parte<br />
l’interno originale e la sua<br />
decorazione a fresco. Delle<br />
pale dell’altare, è rimasta<br />
solo una Madonna con i santi<br />
Antonio da Padova, Filippo<br />
Neri, Francesco di Sales<br />
e Francesco d’Assisi. La pala<br />
dell’altare maggiore,<br />
con il Martirio di san Lorenzo,<br />
si trova, in pessime<br />
condizioni di conservazione,<br />
nei locali dell’ex convento.<br />
Nella controfacciata,<br />
a destra, una Madonna<br />
della misericordia dei primi<br />
del XV secolo.<br />
Nella parete di fondo<br />
del coro gli affreschi<br />
si distinguono, secondo<br />
la cronologia, in tre<br />
gruppi. Il più antico,<br />
riferibile ai primi anni<br />
del XIV secolo, comprende<br />
le due grandi immagini<br />
del Crocifisso.<br />
Il secondo, in basso ai lati,<br />
comprende il San Ludovico<br />
e la Madonna del XV<br />
secolo.<br />
Il terzo, ornato<br />
di una ricca cornice<br />
e di candelabri, raffigura<br />
la Madonna in trono<br />
con san Francesco e un<br />
altro santo francescano.
CERRETO DI SPOLETO<br />
Una leggenda locale<br />
narra che il paese<br />
sia stato fondato<br />
nell’Ottocento dai Franchi che<br />
erano scesi al seguito di Carlo<br />
Magno per contrastare il<br />
potere del potente gastaldato<br />
longobardo di Ponte.<br />
Il suo nome deriva dalla<br />
diffusa presenza di piante<br />
di cerro e, tra l’altro, fino<br />
al secolo scorso si poteva ammirare una quercia centenaria nella piazza principale del paese.<br />
Il cerro è anche presente nello stemma comunale.<br />
Le prime notizie storiche si hanno intorno al XII secolo, ma la nascita di Cerreto risale sicuramente<br />
al 290 a.C. quando avviene la romanizzazione del territorio ad opera delle legioni del console<br />
Mario Curio Dentato. Nell’alto Medioevo, in epoca longobarda, Cerreto fece parte del fondo<br />
rustico (amministrazione giuridica, economica e militare, gestita da funzionari del sovrano<br />
longobardo) di Ponte. Continue discordie si alternarono tra i cerretani, desiderosi di autonomia<br />
politica e amministrativa, e il Comune di Spoleto che nominò frate Elia ministro dei frati minori,<br />
per calmare i dissensi. Per un periodo venne affidato al governo di Norcia che ne fece richiesta,<br />
ma poi tornò sotto il ducato di Spoleto. Le continue lotte fra Spoleto e Norcia finirono per<br />
dividere Cerreto in due fazioni.<br />
Nel 1569 fu definitivamente aggregato alla prefettura della montagna, con sede a Norcia.<br />
Solo nell’800, con i francesi, tornò a far parte della giurisdizione spoletina e con il Regno d‘Italia<br />
acquistò la sua autonomia amministrativa.<br />
L’insediamento di Cerreto<br />
di Spoleto, costituito dal<br />
castello e dal suo borgo, sorge<br />
alla confluenza del fiume Nera<br />
con il Vigi e il Tissino, dove<br />
s’incrociano le principali vie<br />
di comunicazione che<br />
attraversavano, e attraversano<br />
ancora oggi, il territorio della<br />
Valnerina.<br />
La Chiesa di San Lorenzo<br />
risale al XIII secolo.<br />
Al suo interno è conservato<br />
il reperto lapideo che<br />
documenta l’esistenza<br />
di “Balnea Cerretana”,<br />
la protochirurgia con le<br />
testimonianze delle attività<br />
del medico folignate Baronio<br />
Vincenzi specializzatosi nel<br />
XVII secolo nella trapanazione<br />
del cranio, che operava presso<br />
la chiesa di Gesù e Maria<br />
a Borgo Cerreto e la cura<br />
con le erbe, illustrata<br />
nell’orto del Ciarlatano.<br />
Degni di nota il monastero<br />
di San Giacomo,<br />
del XII secolo e l’orto<br />
del Ciarlatano,<br />
15
il monastero di San<br />
Nicola, del XIII secolo,<br />
contenente<br />
la documentazione<br />
sul Ciarlatano, e la chiesa<br />
di Santa Maria de Libera,<br />
del XVI secolo, con il centro<br />
studi sul Pontano.<br />
EVENTI<br />
Fiera della Befana,<br />
2 gennaio<br />
Canto della Pasquetta,<br />
5 gennaio<br />
Festa della Madonna<br />
delle grazie, Triponzo,<br />
domenica precedente<br />
l’Ascensione<br />
Festa della Madonna,<br />
Bugiano,<br />
domenica dell’Ascensione<br />
Festa della Madonna<br />
dei miracoli, domenica<br />
di Pentecoste<br />
Festa della Madonna<br />
di Costantinopoli,<br />
Collesoglio, domenica<br />
della Santissima Trinità<br />
Festa dei Santi Pietro<br />
e Paolo, Nortosce,<br />
29 giugno<br />
Rievocazione storica dei<br />
mestieri tradizionali,<br />
Macchia, “La carbonaia”,<br />
luglio<br />
Festa della Madonna<br />
del verde, Rocchetta,<br />
prima domenica di luglio<br />
16<br />
Festa della Madonna del<br />
monte,<br />
terza domenica di luglio<br />
Festa del perdono,<br />
Collesoglio, 2 agosto<br />
Festa di San Lorenzo,<br />
Borgo Cerreto, 10 agosto<br />
Sagra del fungo,<br />
Borgo Cerreto, metà agosto<br />
Sagra del Ciarlatano,<br />
metà agosto<br />
Rievocazione storica dei<br />
mestieri tradizionali,<br />
Rocchetta, “La trebbiatura”,<br />
agosto<br />
Rievocazione storica dei<br />
mestieri tradizionali,<br />
“La vendemmia”, settembre<br />
Rievocazione storica dei<br />
mestieri tradizionali,<br />
Borgo Cerreto,<br />
“Carri e carrettieri”,<br />
settembre<br />
Festa a Monte Maggiore,<br />
prima domenica di settembre<br />
Festa della Madonna<br />
addolorata,<br />
Macchia, quarta domenica<br />
di settembre<br />
Fiera di San Nicola,<br />
6 dicembre<br />
Fuochi della venuta,<br />
grandi falò accesi la notte<br />
del 9 dicembre per ricordare<br />
il passaggio della Santa Casa<br />
della Madonna trasportata<br />
da angeli della Palestina<br />
a Loreto.
SANT’ANATOLIA DI NARCO: CITTÀ DELLA CANAPA<br />
San Mauro, insieme al figlioletto Felice e alla nutrice<br />
si ritirò nella valle di Narco, dove edificò un piccolo eremo.<br />
(L. Iacobilli, Vite dei Santi e Beati dell’<strong>Umbria</strong>, 1645)<br />
ABBAZIA DI SAN FELICE DI NARCO, CASTEL SAN FELICE<br />
Tra Sant’Anatolia e Vallo di Nera si estende un promontorio, antico terrazzo fluviale preistorico,<br />
habitat umbro, poi colonia romana. Al tempo di Teodorico (VI secolo d.C.) si formò l’eremo<br />
di San Fele: una cella monastica agricola attorno a un oratorio.<br />
Nel XII secolo la colonia agricola si raccolse sull’altura formando Castel San Felice, ceduto ad<br />
Innocenzo III. Scrive lo Iacobilli nelle Vite dei Santi e Beati dell’<strong>Umbria</strong>, nel 1645: “San Mauro<br />
fu uno dei trecento compagni che da Laodicea e Cesarea di Siria emigrarono in Italia al tempo<br />
di Teodorico e di Anastasio imperatore d’Oriente, ariano. Giunsero a Roma e, essendo gli altri<br />
andati per l’Italia centrale, Mauro, insieme al figlioletto Felice e alla nutrice si ritirò nella valle<br />
di Narco, dove edificò un piccolo eremo. Mauro era umile e voleva trascorrere la vita nella<br />
penitenza e nei digiuni, educando il figlio a questo genere di vita”.<br />
La gente chiese loro di essere liberata da un drago che infastidiva gli abitanti del luogo. I due<br />
si armarono di un bastone e di un arnese di ferro. Mentre Mauro affrontò il drago, Felice piantò<br />
in terra il bastone, che subito germogliò.<br />
È la metafora della bonifica di un territorio, oltre a quella bonifica spirituale dovuta all’opera<br />
di evangelizzazione dei due santi.<br />
Questo episodio è illustrato nel bassorilievo sotto il rosone della chiesa: il drago che esce dalla<br />
grotta rap pre senterebbe il fiume Nera.<br />
La fantasia popolare colloca la grotta del drago in un anfratto, oltre il ponte. La memoria di<br />
zone paludose è, infatti, presente nella tradizione orale lungo tutta la Valnerina.<br />
Felice morì prematuramente e Mauro, rimasto solo, depose il suo corpo insieme con quello<br />
della nutrice, in un oratorio che poi divenne la chiesa dedicata a san Felice, e anche il vicino<br />
castello ebbe il suo nome.<br />
Per l’afflusso di altri giovani all’eremo di san Mauro, questi costruì, attiguo alla chiesa, un<br />
monastero di cui fu eletto abate, e lo diresse secondo la Regola di san Benedetto da Norcia.<br />
Mauro vi morì nel 555.<br />
Come san Benedetto, giungendo a Montecassino, distrusse il tempio di Apollo per impiantarvi<br />
un oratorio, sacro al vero Dio, così Mauro, Felice e i loro successori fugarono la malaria della<br />
palude e la peste del paganesimo che, all’inizio del VI secolo, ancora dominava le campagne<br />
circostanti.<br />
17
18<br />
Castel San Felice sorge su un col -<br />
le isolato che, anticamente, con -<br />
trollava un ponte sul Nera e la valle<br />
a nord (l’antico percorso, pro ve -<br />
nien te da Spoleto, attraversava il<br />
fiume alle spalle della chiesa per<br />
dirigersi a nord verso Vallo e a sud<br />
verso Sant’A na to lia).<br />
L’impianto urbano è tipico dei ca -<br />
stelli arroccati sulla sommità di un<br />
colle.<br />
Fra i più interessanti esempi della<br />
scultura romanica umbra sono il ro -<br />
sone, con i simboli evangelici, i rilievi<br />
sottostanti che raffigurano le Sto -<br />
rie di san Felice (Risuscita il figlio della<br />
vedova, L’angelo guida i santi, San Fe -<br />
lice uccide il drago), e l’Agnus Dei nel<br />
timpano, d’epoca medie vale (se -<br />
con do la tradizione orale lo sguardo<br />
dell’agnello indicherebbe il luogo<br />
dove è sepolto un tesoro).<br />
L’interno è una sola navata. Qui si<br />
conserva il sarcofago che la tradi -<br />
zione attribuisce al santo titolare.<br />
Nella piccola abside, in fondo, si trova il Cristo maestro tra angeli atterriti, affresco del XIV secolo<br />
di influsso orientale.<br />
Sotto al presbiterio si apre la cripta, con al centro il sarcofago in pietra contenente i resti di<br />
san Felice, san Mauro e la nutrice siriaca.<br />
Nei pressi dell’abbazia si trova un ponte medievale che attraversa il fiume Nera immettendosi<br />
nella vecchia strada della Valnerina; poco lontana c’è l’osteria, un tempo usata dai viandanti,<br />
attualmente ristrutturata.
SANT’ANATOLIA DI NARCO<br />
Un’ipotesi fa derivare il suo nome dal fatto che<br />
Sant’Anatolia fu il centro dei primi popoli sabini<br />
Naharci. Secondo un’altra ipotesi, invece, il nome<br />
deriverebbe dal fiume Nar (Nera).<br />
Altri lo fanno derivare dalla presenza dei monaci siriaci,<br />
o dal nome di un nobile francese, Narco, che avrebbe avuto<br />
il dominio della Valnerina e avrebbe edificato Castel San Felice.<br />
Sant’Anatolia di Narco si colloca al centro della Valnerina,<br />
nel punto in cui la valle si allarga dando origine ad ampi terreni<br />
alluvionali pianeggianti nominati Canapine, dal nome della<br />
pianta di canapa, che qui si coltivava fino a qualche tempo fa.<br />
Abitato già nell’epoca preistorica, nel Medioevo subì il dominio<br />
di Spoleto.<br />
Dal XV secolo fu coinvolta in vicende di lotta con i centri vicini<br />
e con i domini pontifici.<br />
La sua autonomia fu definitivamente conquistata solo nel<br />
1930, quando ottenne la separazione dal territorio del Comune<br />
di Spoleto che il Regno d’Italia del 1860 aveva ridisegnato con<br />
confini più vasti degli attuali.<br />
Il centro storico<br />
mantiene le caratteristiche<br />
di un antico borgo fortificato,<br />
con mura di cinta,<br />
torrioni e tre porte di accesso,<br />
una delle quali ancora oggi<br />
ben conservata.<br />
Il castello di<br />
Sant’Anatolia di Narco<br />
è ubicato sulla sinistra del<br />
fiume Nera, lungo l’antica<br />
strada della Valnerina.<br />
Di origine medievale, sorge<br />
ai margini di una terrazza<br />
fluviale, già abitata<br />
dall’antico popolo dei<br />
Naharci, con mura di<br />
cinta, torrioni e tre porte<br />
di accesso. Dentro le mura si<br />
può ammirare la disposizione<br />
urbanistica, molto originale,<br />
data la presenza contigua di<br />
case comuni e di palazzetti<br />
gentilizi, divisi tra loro<br />
da vie molto strette.<br />
La chiesa parrocchiale<br />
di Sant’Anatolia, contigua<br />
al palazzo, sorge in una<br />
piazzetta. Conserva al suo<br />
interno una decorazione<br />
pittorica dei secoli XIV e XV.<br />
La chiesa di San Martino,<br />
sull’antica strada per<br />
Spoleto, è un edificio del XIII<br />
secolo a navata unica, con<br />
campanile.<br />
Nella chiesa di Santa<br />
Maria delle grazie si<br />
distinguono tre diverse fasi<br />
di costruzione corrispondenti<br />
rispettivamente all’edicola,<br />
alla parte presbiteriale e alla<br />
navata. All’interno, sull’altare<br />
maggiore è raffigurata la<br />
Madonna tra i santi Giacomo<br />
e Antonio abate, affresco<br />
databile alla metà del XV<br />
secolo e riferibile al Maestro<br />
di Eggi.<br />
La chiesa di Santa Maria<br />
di Narco è dedicata a<br />
sant’Anatolia. È l’antica<br />
pieve, più volte ricostruita,<br />
situata dentro il castello.<br />
Non si conosce l’epoca<br />
esatta della sua fondazione.<br />
La sua struttura interna, così<br />
antica e così cara al culto dei<br />
fedeli, e la sua pianta a croce<br />
latina creano un’atmosfera<br />
di raccoglimento<br />
e di preghiera, un senso<br />
di umiltà, soddisfano<br />
un bisogno di serenità<br />
e di pace, che rigenerano<br />
e rinnovano l’animo di colui<br />
che la visita.<br />
19
GROTTI<br />
Il nome deriva<br />
dalla morfologia<br />
del luogo, in cui<br />
sono evidenti grotte e picchi<br />
rocciosi. A monte dell’attuale<br />
abitato si scorgono i resti<br />
dell’antico castello, di epoca<br />
medievale, con molti elementi<br />
naturali, dominati dal<br />
fortilizio chiamato “la Torre”.<br />
La chiesa parrocchiale di<br />
San Pietro sorge in uno dei<br />
nuclei del paese, di antica<br />
origine, ma oggetto di diversi<br />
interventi, nel cui interno<br />
seicentesco si conservano<br />
alcune tele della stessa<br />
epoca e un organo del 1857.<br />
Ha una sola navata con<br />
tre altari.<br />
Nel 1603 fu pubblicata<br />
un’iscrizione sepolcrale<br />
in versi, di età cristiana,<br />
qui rinvenuta.<br />
La chiesa della<br />
Confraternita del<br />
Santissimo Sacramento,<br />
o dell’Addolora ta, è in<br />
posizione centrale rispetto<br />
all’abitato. Vi si conserva un<br />
interessante ciclo pittorico<br />
dei secoli XV e XVI.<br />
La chiesa della Madonna<br />
delle Scentelle è poco<br />
distante dal paese, lungo<br />
la strada per Spoleto.<br />
Il suo nome, Centum celle,<br />
ricorda gli antichi<br />
stanziamenti eremitici.<br />
Conserva, nella sua dedica,<br />
la memoria di questa<br />
presenza religiosa.<br />
EVENTI<br />
Canto delle Pasquarelle,<br />
gennaio<br />
Festa della Madonna<br />
del buon consiglio<br />
o Festa delle “Santesse”,<br />
ultima domenica di maggio<br />
Festa di San Felice,<br />
Castel San Felice,<br />
20<br />
26 giugno<br />
Festa di Sant’Anatolia,<br />
9 luglio<br />
Festa di San Pietro,<br />
Grotti, luglio<br />
Festa di San Michele<br />
arcangelo,<br />
Gavelli, agosto<br />
Festa della Madonna<br />
delle grazie, agosto<br />
CESELLI<br />
(Comune di Scheggino)<br />
Nel XII secolo il<br />
territorio era<br />
dominato da un<br />
castello feudale del duca di<br />
Spoleto. Nel 1190 il castello<br />
divenne parte del feudo<br />
abbaziale di San Pietro in<br />
Valle. È di quest’epoca la<br />
chiesa principale di San<br />
Sabino; era la pieve della<br />
comunità di Ceselli, prima<br />
che fosse costruito il castello<br />
comunale.<br />
Nel XIII secolo la valle non<br />
poté resistere all’espansione<br />
comunale di Spoleto che<br />
cercò di fortificare il colle<br />
attorno a un’altra chiesa<br />
dedicata a san Michele<br />
arcangelo e a san<br />
Sebastiano. Il castello rimase<br />
fedele a Spoleto anche dopo<br />
la ribellione della Valnerina<br />
del 1522, tanto che i<br />
castellani tagliarono il ponte<br />
ai banditi Petrone e Picozzo.<br />
Stando Ceselli sulla via breve<br />
di Spoleto, non doveva<br />
mancare una taberna con<br />
vino a buon mercato e<br />
il necessario per ospitare<br />
qualche passante. Era qui<br />
l’accesso al gioco della<br />
ruzzola: ruzzole di legno<br />
venivano fatte rotolare<br />
per conquistarsi quelle di<br />
formaggio. Il gioco, date le<br />
grida che lo caratterizzano,<br />
doveva svolgersi lontano<br />
dalle ultime case del borgo<br />
del 1522.<br />
Nel 1527 lanzichenecchi<br />
e colonnesi, reduci dal sacco<br />
di Roma, transitarono<br />
per questo territorio,<br />
devastandolo.<br />
Lo statuto del Comune<br />
di Ceselli è del 1546.<br />
Di notevole interesse sono la<br />
chiesa extra castrum di San<br />
Vito, edificata nel 1080,<br />
con affreschi rinascimentali<br />
raffiguranti i santi martiri<br />
e la chiesa di San Sabino<br />
(del XII secolo). L’edicola<br />
dell’Osteria di Ceselli,<br />
importante nodo viario,<br />
è ornata con affreschi<br />
del 1500 di pittori della<br />
Valnerina. In questa osteria<br />
ha sostato il 26 marzo 1831<br />
l’arcivescovo Mastai Ferretti<br />
in fuga da Spoleto verso<br />
lo Stato borbonico.<br />
Nel 1875 il Comune<br />
di Ceselli è stato soppresso<br />
e annesso al Comune<br />
di Scheggino.<br />
COLLEPONTE<br />
(Comune di Ferentillo)<br />
Il centro abitato<br />
di origine<br />
altomedievale<br />
è diviso in due nuclei,<br />
Macenano e Colleponte,<br />
dalla strada statale<br />
Valnerina.<br />
La chiesa parrocchiale<br />
di Sant’Antonio del XVI<br />
secolo conserva affreschi<br />
rinascimentali che decorano<br />
le pareti laterali.<br />
La chiesa di Santa<br />
Caterina, a Sambucheto,<br />
risalente al XIV secolo, al suo<br />
interno presenta un ciclo di<br />
affreschi eseguiti da Pierino<br />
Cesarei nel XVI secolo.
ABBAZIA DI SAN PIETRO IN VALLE,<br />
MACENANO DI FERENTILLO<br />
La leggenda narra che due eremiti siriaci, Giovanni e<br />
Lazzaro, diretti verso lo Spoletino in cerca di un luogo<br />
re condito e mistico, arrivassero in Valnerina e qui co stru is -<br />
sero un eremo divenuto luogo di culto tra le genti locali.<br />
Dopo la morte di Giovanni, Lazzaro, afflitto, pregò il<br />
Signore di consolarlo e questi fece apparire in sogno a<br />
Faroaldo II, duca di Spoleto, san Pietro, che lo invitò a<br />
costruire una chiesa e un monastero in suo onore.<br />
Più tardi Faroaldo, recatosi a caccia in Valnerina, in di -<br />
viduò nel piccolo oratorio il posto adatto alla co stru -<br />
zione della chiesa dedicata a san Pietro (VIII sec.) e l’a -<br />
dia cente monastero che adottò la Regola di san Be ne -<br />
detto.<br />
Pri mitivo cenobio benedettino, assunse un’importanza<br />
fondamentale nell’evoluzione religiosa, politica, economica<br />
e sociale di tutta l’area.<br />
Si trova all’interno del Parco Fluviale del Nera, a 13 chilometri dalla Cascata delle Marmore.<br />
L’abbazia di San Pietro in Valle è inoltre una delle testimonianze più significative del ducato<br />
di Spoleto. Costruita sul luogo in cui si erano ritirati gli eremiti Lazzaro e Giovanni nel VI secolo,<br />
la chiesa è una ricostruzione del X-XI secolo: le pareti erano coperte di affreschi, dei quali<br />
si può osservare qualche resto.<br />
All’interno si trovano un cippo votivo, frammenti scultorei e architettonici anche romani, vari<br />
sarcofagi romani e medievali, tra i quali quello di Faroaldo. L’altare maggiore è composto di<br />
vari resti marmorei recuperati nella zona. L’abside è decorata da un grande affresco: nella<br />
parte superiore un Cristo benedicente, sotto una Madonna col Bambino, angeli e santi e ancora<br />
più in basso i Santi Benedetto, Placido, Marziale, Eleuterio e Lazzaro.<br />
Il campanile, eretto nel XII secolo, presenta molti frammenti più antichi e interessanti de co -<br />
razioni.<br />
Le testimonianze di epoca romana più importanti conservate nella chiesa di San Pietro in<br />
Valle sono i cinque sarcofagi: Amore e Psiche, della fine del III secolo; Faroaldo II, del II secolo<br />
(si dice che accolga le spoglie del duca longobardo fondatore); Santi Giovanni e Lazzaro, del<br />
IV secolo; Psiche su tre barche, del III secolo e un Sarcofago con scene di caccia.<br />
21
PONTE<br />
(Comune di Cerreto di Spoleto)<br />
Fuit olim fortilium<br />
munitum, sed nunc<br />
a bellorum<br />
et terremotorum ictibus<br />
est fere dirutum.<br />
La frazione di Ponte ha<br />
origini di epoca longobarda,<br />
quando vi aveva sede<br />
un potente gastaldato<br />
che estendeva la sua<br />
giurisdizione su tutto<br />
il territorio della Valnerina.<br />
Si adagia su un colle a forma<br />
di cono, a 441 metri, lungo<br />
un’unica strada, che un<br />
tempo raggiungeva la rocca.<br />
Della strada oggi restano<br />
solo poche tracce.<br />
Il nome della località<br />
è legato, quasi sicuramente,<br />
alla presenza nelle vicinanze<br />
di un ponte romano,<br />
che campeggia sul<br />
suo stemma.<br />
L’insediamento attuale si<br />
divide in diversi nuclei:<br />
Il castello “fuit olim<br />
fortilium munitum, sed nunc<br />
a bellorum et terremotorum<br />
ictibus est fere dirutum”.<br />
Con queste parole viene<br />
ricordata l’antichità e la<br />
robustezza del castello di<br />
Ponte. Presso la curtis, centro<br />
di mercato curtense, sede dei<br />
tribunali e dei magazzini di<br />
raccolta, sorse la pieve di<br />
Santa Maria. Il castello fu<br />
fortificato per difendersi<br />
dalle incursioni dei Saraceni<br />
e dei comuni rivali.<br />
Il castello seguì le vicende<br />
movimentate di Cerreto<br />
capitolando al Comune<br />
di Spoleto nel 1221, ma,<br />
a differenza di Cerreto di<br />
tendenze ghibelline, Ponte<br />
resta fedele alla santa sede<br />
apostolica.<br />
Nel ’400 vi dominano i Trinci<br />
e nel secolo successivo farà<br />
parte del breve ducato di<br />
Cesare Borgia.<br />
22<br />
La pieve di Santa Maria<br />
era l’antica pieve<br />
fuori del castello.<br />
Divenne poi il centro<br />
della comunità.<br />
La struttura romanica,<br />
come per San Felice<br />
di Narco, prova<br />
l’appartenenza a un<br />
monastero benedettino,<br />
di cui si può immaginare<br />
il piccolo chiostro presso<br />
la casa parrocchiale.<br />
La chiesa è dedicata<br />
all’Assunta incoronata.<br />
Nella parte superiore<br />
domina il rosone,<br />
agli angoli sono i quattro<br />
simboli degli evangelisti<br />
in altorilievo come a<br />
Sant’Eutizio.<br />
Alcune statue lignee<br />
arricchiscono la chiesa,<br />
una delle quali rappresenta<br />
la Vergine con il Bambino<br />
che sostiene la mano<br />
della mediatrice di grazia<br />
sulla quale è appoggiato<br />
il mondo, mentre con<br />
l’altra stringe il rotolo<br />
della legge.<br />
La chiesa di San Pietro<br />
si trova dentro il castello, in<br />
parte incassata nel terreno.<br />
Di piccola mole quadrata,<br />
custodiva una statua lignea<br />
della beata Vergine, definita<br />
“indecente”. È quella<br />
che si venera nella pieve,<br />
che fu ritoccata per renderla<br />
decorosa.<br />
La chiesa della Madonna<br />
della porta, all’interno del<br />
castello di Ponte. Eretta nel<br />
XVI secolo, se ne possono<br />
ammirare le mura perimetrali<br />
a monte della strada che<br />
si snoda lungo la collina<br />
per raggiungere la rocca.<br />
Da visitare anche la chiesa<br />
di San Martino, edicola<br />
devozionale del XVI secolo,<br />
e la chiesa di San<br />
Giuliano, romanica<br />
campestre del XII secolo.<br />
EVENTI<br />
Festa della Madonna<br />
della porta, seconda<br />
domenica di settembre
POGGIODOMO: IL PIÙ PICCOLO COMUNE DELL’UMBRIA<br />
Ognuno di noi percorre dei sentieri, reali o ideali, per ascoltarli e farsi ascoltare, i passi si fanno<br />
memoria e una pietra, una pianta, una siepe si lasciano sfogliare in molatura di ricordi e sogni,<br />
camminare e smarrirsi per ritrovare storia e storie, passato di una comunità che ritorna con<br />
l’orgoglio di appartenervi e la voglia di non lasciarlo passare. La sera sarà più ricca dopo il riposo<br />
negli eremi, i piedi bagnati nei fossi, la striatura di una lumaca sul palmo della mano e i tronchi<br />
cavi delle querce saranno colmi di altre voci che qualcuno, domani, avrà la pazienza di ascoltare.<br />
Questo e altro è Poggiodomo, tratturi e campi falciati, edicole e chiese campestri, l’acqua di gole<br />
strozzate, mulini, carezze di albe e tramonti su paesi di pietra che la pazienza dei vecchi<br />
protegge. Venire a Poggiodomo è percorrere un sentiero, perché i pensieri nascono sui passi<br />
che ognuno percorre.<br />
(Egidio Spada)<br />
EREMO DELLA MADONNA DELLA STELLA, ROCCATAMBURO<br />
Le vicende storiche dell’eremo della Madonna della Stella risalgono all’VIII secolo quando, alla<br />
confluenza di valle Noce e valle Marta, lungo gli antichi itinerari che confluivano verso il ga -<br />
stal dato pontano e quindi verso Spoleto, sorse il monasterium Sancti Benedicti in Faucibus o in<br />
Vallibus, soggetto all’abbazia di San Pietro di Fe -<br />
ren tillo. La costruzione del monastero si lega sia<br />
alla politica di controllo del territorio esercitata<br />
dai duchi di Spoleto, sia all’opera di evangelizzazione<br />
e di espansione del monachesimo nella<br />
montagna.<br />
Il declino dei <strong>Benedettini</strong> in tutto il territorio, verificatosi<br />
dal 1200, favorì l’insediamento degli A -<br />
go stiniani, che pren devano possesso dei beni e<br />
dei monasteri abbandonati dai <strong>Benedettini</strong>. Due<br />
eremiti, Andrea da Cascia e Gio vanni da Norcia,<br />
diedero tuttavia inizio all’opera di edificazione<br />
dell’eremo attuale che poi prese il nome di Santa<br />
Croce in Valle. Alla nuova chiesa, in parte ricavata<br />
scavando nella roccia, si aggiunsero una decina di celle monastiche. Sorgeva così una sorta<br />
di “laura”, dove l’esperienza cenobitica si fondeva con quella più antica degli eremiti orientali.<br />
Alla vita comunitaria intorno alla chiesa e al refettorio, dislocato sul piazzale, si affiancava<br />
quella del silenzio e della meditazione nell’alveare di celle scavate nella roccia.<br />
23
24<br />
Nel 1416 la chiesa di Santa Croce fu ornata da una<br />
raffigurazione della Madonna in trono con il Bambino<br />
poppante tra san Pietro e san Paolo. Con il passare degli<br />
anni anche gli Agostiniani di Cascia cominciarono a<br />
disertare questo luogo di culto. Persa quasi la memoria<br />
del luogo, nel 1833 due pastorelli di Roccatamburo<br />
ne rinvennero il dipinto in mezzo ai rovi. Riprese, allora,<br />
il culto da parte delle popolazioni dei paesi vicini e<br />
con le offerte ricavate dai fedeli fu restaurata la chiesa<br />
che da allora prese il nome di Madonna della Stella.<br />
Da allora il culto mariano è rimasto vivo in tutta la<br />
popolazione della montagna e ogni anno, nel mese di<br />
maggio, numerose processioni provenienti dai paesi<br />
vicini si inerpicano per il ripido sentiero a rinnovare la<br />
devozione tramandata attraverso le generazioni.<br />
Il complesso di grotte aperte nella rupe della Madonna<br />
della Stella evoca l’idea di un colombario, o di certi<br />
sepolcreti etruschi scavati nelle pareti rocciose.<br />
Il santuario della Madonna della Stella e le grotte eremitiche,<br />
aperte nella parete rocciosa, sono ubicati in<br />
una strettoia ombrosa, valle Noce, compresa tra le formazioni<br />
orografiche del monte Maggio e del Porretta.<br />
Un ruscello che nasce sui versanti orientali del monte<br />
Porretta, percorre l’angusta strettoia formando una<br />
piccola cascata a poca distanza dal santuario. “Quegli<br />
antichi eremiti scelsero di vivere in mezzo a due altissimi<br />
monti, dove non si vede altro che due palmi di cielo”, scrive Marco Franceschini. Forse<br />
proprio questa caratteristica fu determinante per la scelta del luogo: il fatto d’essere un posto<br />
in cui nulla distoglie l’attenzione perché lo sguardo non ha dove vagare, né alcun panorama<br />
grandioso spalanca le finestre del cuore sì da indurre a celebrare le lodi del Creatore.<br />
Un luogo umile e raccolto, valle Noce, lontano dai cammini transitati, anche se non troppo<br />
distante da un’antica e importante via di comunicazione, come a dire: nel mondo, ma non del<br />
mondo.
POGGIODOMO<br />
Poggiodomo è<br />
stato negli anni<br />
meta di monaci,<br />
eremiti, mistici, fuoriusciti<br />
del ghibellinismo medievale,<br />
fino ai ribelli partigiani, che<br />
nell’ultima guerra fondarono<br />
qui le brigate più operative.<br />
Esempio di questo<br />
isolamento è l’eremo della<br />
Madonna della Stella,<br />
sempre conteso fra<br />
Poggiodomo e Cerreto,<br />
frequentato, da centinaia<br />
di anni, da grandi mistici<br />
che vi hanno trovato rifugio<br />
e ne hanno fatto luogo<br />
privilegiato di vita<br />
contemplativa. Gli ultimi<br />
eremiti furono Vincenzo<br />
Zolfanelli di Fabriano,<br />
sepolto all’interno della<br />
chiesa e Luigi Crescenzi<br />
di Poggioprimocaso.<br />
Quest’ultimo fu eremita<br />
per trent’anni, fino al 1949,<br />
anno nel quale morì cadendo<br />
dal ripido piazzale di fronte<br />
alle celle monastiche.<br />
Poggiodomo sorge su un picco<br />
naturale di 974 metri<br />
a strapiombo sulla vallata<br />
sottostante, ed è il Comune<br />
più piccolo della provincia<br />
di Perugia, con i suoi<br />
187 abitanti.<br />
Il paese deriva il suo nome<br />
da “poggio”, dal latino<br />
podium e dal greco podion,<br />
che significava originariamente<br />
“pedana”; e da “domo”,<br />
riferito, probabilmente,<br />
sia alla forma a cupola,<br />
derivato da dôme, sia da<br />
domo, cioè “messo a coltura”.<br />
Da sempre sotto<br />
la dominazione delle altre<br />
cittadine circostanti, la sua<br />
storia non è molto diversa<br />
dalle altre del comprensorio<br />
della Valnerina: barbari<br />
e terremoti la devastarono<br />
nel corso di alterne vicende.<br />
Fece parte del ducato di<br />
Spoleto e, dopo il XVI secolo,<br />
appartenne alternativamente<br />
a Leonessa, a Cascia e a<br />
Spoleto, di cui seguì le sorti.<br />
Fu sotto lo Stato pontificio,<br />
durante il papato di Urbano<br />
VIII, che il villaggio conobbe<br />
il suo periodo più florido.<br />
II Comune vero e proprio<br />
fu istituito nel 1809, sotto<br />
il governo napoleonico,<br />
e fu confermato dallo Stato<br />
italiano nel 1860.<br />
Il centro storico è costituito<br />
da un castello fondato<br />
nel XIII secolo, tipico degli<br />
insediamenti edificati su uno<br />
sperone di roccia. L’unica<br />
chiesa del villaggio è San<br />
Pietro che contiene cicli<br />
pittorici, come gli affreschi<br />
del 1400 e del 1500.<br />
Da visitare anche la chiesa<br />
di San Carlo Borromeo,<br />
del 1633, con all’interno<br />
nove altari lignei barocchi<br />
del XVII e del XVIII secolo.<br />
Non lontano da<br />
Poggiodomo, a Usigni,<br />
noto come “paese-palazzo”<br />
per la qualità dei suoi edifici,<br />
si possono visitare la<br />
chiesa di San Salvatore,<br />
fatta costruire dal cardinale<br />
Poli tra il 1631 e il 1644<br />
e la cisterna del<br />
Cardinale, nei pressi<br />
del palazzo Poli.<br />
A Mucciafora<br />
si trova la chiesa di<br />
San Bartolomeo, meta<br />
mistica, luogo di rifugio<br />
e di vita contemplativa.<br />
EVENTI<br />
La Pasquarella,<br />
5 gennaio<br />
Festa del patrono<br />
Sant’Antonio abate,<br />
17 gennaio<br />
Festa dei giovanotti,<br />
agosto<br />
Festa degli sposati<br />
o “ncamata”,<br />
agosto<br />
25
26<br />
FONTEVECCHIA (Comune di Giano dell’<strong>Umbria</strong>)<br />
O tu che passi per questa via non ti scordar di salutar Maria<br />
La tradizione vuole che tutti coloro che passavano davanti all’edicola sacra sita nei pressi della<br />
fonte, da cui il nome Fontevecchia, si fermassero qualche istante per venerare la Madonna dei<br />
miracoli. La stessa tradizione ricorda il motto, simile a quello di altre antiche dediche alla<br />
Vergine: “O tu che passi per questa via non ti scordar di salutar Maria”.<br />
Fontevecchia è un’antica fontana del 1585, successivamente trasformata in maestà a uso<br />
devozionale, nel 1756. È realizzata in pietra cinerea e rosata, ha il nicchione affrescato, la volta<br />
a sesto ribassato in laterizio ed è illuminata da ceri votivi. È ubicata ai margini di una delle<br />
antiche strade di accesso al castello di Giano dell’<strong>Umbria</strong>. Il manto d’intonaco armato relativo<br />
all’ultimo restauro ha completamente coperto l’originaria cortina in pietra. Attualmente ha<br />
un uso puramente devozionale. Conserva l’affresco con la Madonna<br />
del rosario, completato dalla raffigurazione di Sant’Antonio da Padova, a sinistra, e di San<br />
Giuseppe da Copertino, a destra.<br />
L’affresco attuale sostituisce quello originario raffigurante la Madonna della Fonte, risalente<br />
probabilmente al 1585, del quale ci restano solo alcuni frammenti.<br />
ABBAZIA DI SAN FELICE<br />
Poco lontano da Giano si trova l’abbazia di San Felice, tipico esempio di architettura romanica.<br />
La chiesa mostra ancora la sua originaria struttura romanica risalente al XII secolo, mentre<br />
il chiostro e le costruzioni, che si sviluppano sul fianco destro della chiesa, vennero edificati<br />
e completati in un lasso di tempo che va dalla seconda metà del XVI secolo al XVIII secolo.<br />
Una scalinata in travertino conduce al presbiterio e alle tre absidi.<br />
La cripta risale alla stessa epoca della chiesa e conserva l’arca con le reliquie del santo.<br />
Il chiostro, di pianta rettangolare, ha le arcate sorrette da robusti pilastri quadrangolari a mattoni<br />
vivi; sopra ogni pilastro sono dipinti busti di santi e beati. Gli affreschi sulle pareti raffigurano<br />
le storie della vita di san Felice. All’interno del quadrato del chiostro si trova una cisterna<br />
per la raccolta delle acque piovane.
MONTELEONE DI SPOLETO: IL LEONE DEGLI APPENNINI<br />
LA CHIESA-FORTEZZA DI SAN FRANCESCO<br />
Oratorio dei <strong>Benedettini</strong> e successivamente di proprietà dei frati dell’ordine dei Minori conventuali,<br />
fu ingrandito intorno al 1285. Furono costruiti il convento e il chiostro con all’interno<br />
una cisterna. Inizialmente il chiostro era a un solo porticato con tetto, poi fu sopraelevato<br />
e adibito, in parte, ad abitazioni per il convento. Tra il 1395 ed il 1398 la chiesa fu ‘tagliata’<br />
nella sua altezza da una volta a tutto sesto. Con questo intervento, le chiese divennero due.<br />
Quella superiore, dedicata a san Francesco, a due navate, ha la sacrestia e un corridoio laterale<br />
con le porte di accesso al convento. All’interno sono presenti affreschi dei secoli XV e XVI,<br />
tele, sculture lignee e dipinti dei secoli XVII e XVIII.<br />
Al di sopra della chiesa si erge la torre campanaria. Quattro sono le campane, ognuna delle<br />
quali reca incisa un’iscrizione.<br />
Di pregio è il portale esterno in pietra; in una delle sue fasce, con fiori, frutti, foglie, animali,<br />
santi, angeli, draghi, sole, luna e perfino la morte, è raffigurato il Cantico delle Creature di san<br />
Francesco.<br />
Nella parte esterna sta un leone che afferra un cervo con un ramoscello in bocca, forse a significare<br />
la severità della chiesa contro coloro che si ostinano a disconoscere la sua autorità, nel<br />
primo incavo il giglio guelfo e un volto di uomo, nel successivo incavo l’aquila ghibellina e<br />
ancora un volto d’uomo completano la decorazione.
MONTELEONE<br />
DI SPOLETO<br />
La sua posizione di<br />
castello di pendio<br />
gli ha fatto<br />
guadagnare nei secoli<br />
l’appellativo di “Leone degli<br />
Appennini”. Il paese, che si<br />
apre nella massiccia struttura<br />
calcarea appenninica, è il più<br />
elevato capoluogo di comune<br />
della montagna.<br />
Il territorio è nel Parco Naturale<br />
Coscerno-Aspra, caratterizzato<br />
da rilievi montuosi, ricoperti da<br />
boschi intervallati da pascoli e<br />
piccoli campi separati tra loro.<br />
Queste recinzioni naturali, già<br />
in essere nel Medioevo, oltre<br />
a difendere dai ladruncoli<br />
che si aggiravano nei dintorni<br />
dei borghi, sostenevano<br />
e rafforzavano, nei terreni<br />
accidentati, i ciglioni e i fossi,<br />
frenandone l’erosione;<br />
in prossimità delle proprietà<br />
collettive, proteggevano anche<br />
da occupazioni abusive e dal<br />
vago pascolo del bestiame.<br />
Dal punto di vista insediativo<br />
il territorio è organizzato<br />
intorno a quattro nuclei abitati<br />
(Ruscio, Rescia, Trivio e<br />
Butino), legati da sempre<br />
all’agricoltura e alla pastorizia<br />
o a storiche attività industriali,<br />
come le miniere di ferro e di<br />
lignite di Ruscio.<br />
28<br />
La presenza umana risale<br />
a più di 3000 anni fa, come<br />
ci dicono le tracce<br />
di un insediamento trovate<br />
poco distanti dal capoluogo.<br />
La popolazione apparteneva<br />
al gruppo etnico dei Naharci,<br />
identificabili con le<br />
popolazioni autoctone<br />
della media Valnerina.<br />
Nel 1265, il Comune<br />
di Spoleto ricevette<br />
in donazione il castello<br />
di Brufa, sulle cui rovine<br />
fu edificato il castello<br />
di Monteleone.<br />
Occupato nel XVI secolo da<br />
Sciarra Colonna, Monteleone<br />
vede la sua sottomissione<br />
all’impero romano.<br />
Raggiunse l’indipendenza<br />
nel 1560 per concessione<br />
di Pio IV.<br />
Nel 1634, ad opera<br />
di Urbano VIII, si attivano le<br />
miniere del ferro e del forno<br />
per la fonderia di Ruscio.<br />
Nel corso del secolo<br />
successivo, a causa dei<br />
terremoti si avviò il declino<br />
e la crisi dell’industria<br />
mineraria.<br />
Monteleone vide il passaggio<br />
di Giuseppe Garibaldi nel<br />
1849, ed entrò a far parte<br />
del Regno d’Italia nel 1860.<br />
Il castello, cinto da solide<br />
mura, baluardi, torri<br />
di vedetta, porte, antemurali<br />
e diviso in terzieri,<br />
“San Nicolò”, “Santa<br />
Maria”, “San Jacobo”,<br />
conserva al suo interno<br />
l’urbanistica tipica dei<br />
fortilizi di epoca medievale<br />
e rinascimentale con palazzi<br />
gentilizi, case e chiese che si<br />
affacciano su vicoli e piazze.<br />
Oltre alla fortificazione<br />
esterna, sono in pietra la<br />
torre dell’Orologio, le chiese,<br />
le abitazioni, i portali,<br />
gli archi, i muri a secco<br />
e le macine di mulino.<br />
Varcate le mura con sguardo<br />
rivolto all’entroterra,<br />
è possibile scoprire<br />
attraverso piacevoli percorsi<br />
un mondo che racchiude,<br />
quasi mimetizzate, altre<br />
ricchezze storiche e<br />
artistiche: la necropoli<br />
proto-villanoviana<br />
con 44 tombe; l’area del<br />
ritrovamento della biga<br />
(secondo quarto del VI sec.<br />
a.C.); i santuari<br />
protostorici d’altura;<br />
i giacimenti ferriferi;<br />
i castellieri (VII-VIII sec.<br />
a.C.); i ruderi dei templi<br />
pagani e delle ville romane.
La chiesa di San Nicola<br />
fu distrutta dal terremoto<br />
del 1703. I primi documenti<br />
risalgono al 1310,<br />
era la chiesa castellana.<br />
Ha un’unica porta,<br />
e un unico altare.<br />
Alcuni frammenti<br />
scultorei provenienti<br />
dalla costruzione originale<br />
sono conservati nel chiostro<br />
della chiesa di San<br />
Francesco.<br />
La chiesa di San Giovanni<br />
è dedicata ai due Giovanni,<br />
battista ed evangelista.<br />
Sorge presso la porta<br />
del borgo, detta porta<br />
di San Giovanni.<br />
Al suo interno una tela<br />
rappresenta i santi titolari.<br />
La chiesa della Santa<br />
Croce è invece fuori porta.<br />
La chiesa della Madonna<br />
della Quercia, situata<br />
sotto il monastero di Santa<br />
Caterina, è cosi chiamata<br />
da una grande quercia.<br />
Ha un unico altare con<br />
immagine della Madonna<br />
insigne per molte grazie.<br />
Dell’ex convento e<br />
chiesa di Santa Caterina<br />
si conoscono le origini da<br />
alcuni documenti autentici<br />
conservati nell’archivio della<br />
comunità e del monastero,<br />
dai quali si è desunto<br />
che nel 1310, al tempo di<br />
Clemente V, dieci monache<br />
si riunirono a professare la<br />
Regola di Chiara di Norcia<br />
per propagarne l’Ordine.<br />
Le mura castellane<br />
risalgono ai secoli XIII, XIV<br />
e XV.<br />
I baluardi del XV secolo:<br />
baluardo della Macchia,<br />
baluardo dell’Annunziata,<br />
baluardo di Catosa,<br />
porta della Fonte e baluardo<br />
di San Giovanni.<br />
La biga, “carro da parata e da corteo”, in legno di noce<br />
interamente rivestita di lamine di bronzo dorato, fu realizzata<br />
intorno al secondo quarto del VI secolo a.C. Fu<br />
rinvenuta in ottimo stato di conservazione, in una tomba<br />
in località Colle del Capitano nel febbraio del 1902 dagli<br />
abitanti del posto, durante lavori di sterro. Sepolti con la<br />
biga c’erano i corpi di un uomo e di una donna e un ricchissimo<br />
corredo funerario datato intorno al 530 a.C. Dal<br />
1903 la biga è esposta al Metropolitan Museum of Art<br />
di New York.<br />
Le porte: porta delle<br />
Monache, porta della Fonte<br />
o di San Giacomo, porta<br />
Vecchia, porta Spoletina<br />
e porta San Pietro.<br />
I palazzi: palazzo Bernabò,<br />
palazzo Rotondi (sede del<br />
Comune), palazzo Ranaldi-<br />
Bernabei, ex palazzo dei<br />
Priori, ex palazzo Sinibaldi-<br />
Congiunti, ex palazzo Cesi,<br />
ex palazzo Moriconi.<br />
Gli archi: arco delle Coppe,<br />
arco in via San Francesco,<br />
arco in vicolo del Giglio,<br />
arco in vicolo dello Scarico,<br />
arco in vicolo Baciadonne,<br />
arco in vicolo del Moro<br />
e arco in via di Pago.<br />
EVENTI<br />
La Pasquarella,<br />
giorni dell’Epifania<br />
Festa di Sant’Antonio<br />
abate, 17 gennaio<br />
Festa della Santa Croce,<br />
3 maggio<br />
Le Agnelle di<br />
Sant’Antonio, 13 giugno<br />
Fiera di San Felice,<br />
prima domenica di luglio<br />
Festa di Sant’Anna,<br />
Rescia,<br />
ultima domenica di luglio<br />
Festa della Madonna<br />
degli angeli,<br />
Butino,<br />
prima domenica di agosto<br />
Riambientazione storicarinascimentale<br />
e Festa<br />
della Madonna assunta,<br />
15 agosto<br />
Sagra degli strascinati,<br />
16 agosto<br />
Festa della Madonna<br />
addolorata,<br />
Ruscio,<br />
terza domenica di agosto<br />
Festa dei Santissimi<br />
Cuori di Gesù,<br />
Trivio,<br />
ultima domenica di agosto<br />
Festa della Madonna<br />
della misericordia,<br />
prima domenica di settembre<br />
Festa di Santa Gemma,<br />
seconda domenica<br />
di settembre<br />
Farro di San Nicola,<br />
5 dicembre<br />
Festa di San Nicola,<br />
6 dicembre<br />
Focone della venuta,<br />
9 dicembre<br />
29
30<br />
CASCIA: CITTÀ DELLE ROSE<br />
O beata con fermezza et con virtude / che meritu sci grande adtribuisti / che sopra ogni donna fu<br />
donata / che una delle spine de xpo recepisti / et non te parve esser munda / per andare a la vita<br />
più iocunda.<br />
IL SANTUARIO DI SANTA RITA<br />
La basilica-santuario di Santa Rita offre una significativa occasione di riflessione e di<br />
preghiera. L’amore e il perdono sono stati la forza vitale della santa delle rose, così come il<br />
suo desiderio di pace e la sua capacità di vivere la sofferenza. Chiunque si avvicini al suo messaggio<br />
rimane affascinato dalle virtù che Margherita, questo il suo nome di battesimo, ap prese<br />
alla scuola spirituale del suo protettore sant’Agostino.<br />
La basilica-santuario è stata rinnovata e arricchita dalla beata Maria Teresa Fasce, supe rio ra<br />
del monastero, venerata anch’essa accanto a Santa Rita.<br />
Il santuario fu eretto nel 1937-47 sul luogo dell’antica chiesa agostiniana annessa al monastero<br />
dove morì santa Rita, nel 1457. Si trova nella parte più alta del nucleo abi tativo di Cascia<br />
e si inserisce nel contesto urbano.<br />
Ai lati del portale sono due pilastri divisi in dieci riquadri scolpiti con rilievi che si ri feriscono agli<br />
episodi salienti della vita della santa, con iscrizioni in volgare, tratte dalla cassa lignea quattrocentesca<br />
nata per accogliere la prima sepoltura di santa Rita:<br />
“O beata con fermezza et con virtude / che meritu sci grande adtribuisti / che sopra ogni don -<br />
na fu donata / che una delle spine de xpo recepisti / et non te parve esser munda / per an dare<br />
a la vita piu’ iocunda”.
L’altare maggiore è decorato da rilievi con l’Ultima cena e custodisce il Corpus Christi portato<br />
a Cascia dal beato agostiniano Simone Fidati; ne fu riconosciuto il culto da Bo nifacio IX.<br />
Il miracolo avvenne nel 1330 a Siena: un sacerdote, mentre andava a portare la comunione<br />
a un infermo, pose l’ostia nel breviario. Giunto a casa del malato vide che l’ostia era diventata<br />
sangue, e le macchie di sangue avevano la forma di un profilo di volto umano.<br />
La cappella di Santa Rita, in cui è custodito il suo corpo, si apre dietro una grande can -<br />
cellata in ferro battuto. Sotto l’altare della cappella della Consolazione è invece con -<br />
servato il corpo del beato agostiniano Simone Fidati (1285 ca-1348).<br />
Nell’aprile 1988 è stata inaugurata anche una basilica inferiore, molto moderna, sempre<br />
con la pianta a croce greca, nata su una vecchia cripta. Tra la basilica superiore e quella in -<br />
feriore, scendendo, a sinistra, collegata con le due chiese, si trova la penitenzieria.<br />
IL MONASTERO DI SANTA RITA<br />
Situato a sinistra della basilica, conserva memorie legate alla vita della santa e alla devozione<br />
ritiana: il coro interno dove santa Rita fu introdotta “miracolosamente”, la vite da lei piantata,<br />
la dimora delle api, la cella dove morì e dove è collocato il sarcofago nel quale venne<br />
deposta nel 1457; il roseto trapiantato qui, secondo la tradizione,<br />
dall’orto della nativa Roccaporena.<br />
SANTA RITA DA CASCIA (1381-1457)<br />
Fu proclamata santa da papa Leone XIII il 24 maggio<br />
1900.<br />
Figlia unica, nacque a Roccaporena e fu battezzata<br />
a Cascia con il nome di Margherita. Educata nell’amore<br />
di Cristo, a sedici anni si sposò ed ebbe due<br />
figli maschi. Con una vita semplice, ricca di preghiera<br />
e di virtù, tutta dedita alla famiglia, Rita aiutò il<br />
marito a convertirsi e a condurre una vita onesta e la -<br />
boriosa. La sua esistenza di sposa e madre fu sconvolta<br />
dall’assassinio del coniuge, vittima dell’odio tra le fazioni.<br />
Rita riuscì ad essere coerente con il Vangelo, perdonando pienamente,<br />
come Gesù, chi le stava procurando tanto dolore. I figli<br />
invece, influenzati dall’ambiente e dai parenti, erano tentati dalla<br />
vendetta. La madre, per evitare che si rovinassero umanamente e spiritualmente, chiese a Dio<br />
piuttosto la loro morte che saperli macchiati di sangue: entrambi morirono di malattia in giovane<br />
età. Vedova e sola, Rita pacificò gli animi e riconciliò le famiglie con la forza della preghiera<br />
e dell’amore. Quindi entrò nel monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena a<br />
Cascia, dove visse per quarant’anni, servendo Dio e il prossimo con generosità, attenta ai<br />
drammi del suo ambiente e della Chiesa del suo tempo.<br />
Negli ultimi quindici anni Rita ebbe sulla fronte la stigmata di una delle spine di Cristo, completando<br />
così nella sua carne i patimenti del Salvatore.<br />
Fu venerata come santa subito dopo la sua morte, come è attestato dal sarcofago ligneo e<br />
dal Codex Miraculorum, documenti risalenti entrambi al 1457.<br />
Le sue ossa, dal 18 maggio 1947, riposano nel santuario in un’urna d’argento e cristallo.<br />
Recenti ricognizioni mediche hanno affermato che, sulla fronte a sinistra, vi sono tracce di una<br />
piaga ossea aperta. Il piede destro ha segni di una malattia sofferta negli ultimi anni, forse<br />
una sciatalgia. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, mentre sotto l’abito di suora ago -<br />
stiniana vi è l’intero scheletro.<br />
Di lei non ci sono pervenuti libri, né lettere o diari da lei composti. II suo messaggio è la sua<br />
vita semplice ed eroica. Rita fu una grande evangelizzatrice: non annuncia se stessa, ma Gesù<br />
Signore e la forza del suo mistero pasquale di croce e resurrezione.<br />
31
CASCIA<br />
Situata nella parte<br />
sudorientale<br />
dell’<strong>Umbria</strong>, Cascia<br />
sorge nella zona più montuosa<br />
della regione, vicino al Parco<br />
Nazionale dei Monti Sibillini.<br />
Adagiata sul colle<br />
Sant’Agostino, è circondata<br />
da rilievi che scendono<br />
fino al fiume Corno.<br />
La prima volta che la città<br />
viene menzionata in un<br />
documento ufficiale è in<br />
occasione della guerra tra<br />
Bizantini e Goti, quando<br />
nel 553 il generale Narsete<br />
impose ad Aligerno di recarsi<br />
a Cascia per contrastare il<br />
passaggio dei soldati gotici<br />
che si stavano dirigendo<br />
dall’<strong>Umbria</strong> verso la<br />
Campania.<br />
L’origine della città si fa<br />
risalire a qualche secolo<br />
prima della fondazione di<br />
Roma. Il territorio era abitato<br />
da popolazioni italiche che<br />
vennero in contatto con<br />
la nascente civiltà romana.<br />
L’imperatore Vespasiano<br />
traeva le sue origini familiari<br />
proprio da qui.<br />
Nel 63 a.C. Cascia fu<br />
distrutta e ricostruita e,<br />
con la caduta dell’impero<br />
romano iniziò una lunga<br />
serie di dominazioni,<br />
di saccheggi e distruzioni.<br />
Turbata dai contrasti tra<br />
guelfi e ghibellini, per porre<br />
fine alle lotte papa Paolo II<br />
fa erigere nel 1465 una<br />
rocca sulla sommità<br />
del colle Sant’Agostino,<br />
che viene smantellata<br />
nel 1517 per ordine di papa<br />
Leone X per non offrire<br />
rifugio ai ribelli.<br />
La prima metà del 1500<br />
vide a Cascia l’avvicendarsi<br />
di sconvolgimenti politici e,<br />
nello stesso tempo, il<br />
protrarsi della fioritura<br />
delle arti figurative.<br />
Il 28 gennaio 1849 Cascia<br />
ospitò Giuseppe Garibaldi,<br />
di passaggio nella città,<br />
diretto a Roma; l’episodio è<br />
ricordato da due lapidi nella<br />
piazza principale.<br />
La collocazione di Cascia ai<br />
confini con il regno di Napoli<br />
ne ha fatto un caposaldo<br />
dello Stato pontificio, di cui<br />
Cascia è stata presidio fino<br />
al 1860.<br />
La chiesa di San<br />
Francesco si trova in piazza<br />
Garibaldi. I Francescani,<br />
insediatisi a ridosso della<br />
cinta muraria, ormai<br />
distrutta, riedificarono la<br />
chiesa nel 1339 e nel 1424.<br />
Dell’edificio colpiscono,<br />
soprattutto, la bellezza del<br />
rosone e il portone ogivale.<br />
La chiesa di<br />
Sant’Agostino è nei pressi<br />
della rocca di Cascia, sul<br />
punto più elevato del colle.<br />
Edificata nel 1059 su una<br />
preesistente cella monastica,<br />
che accoglieva un tempio<br />
pagano, con oratorio<br />
intitolato a san Giovanni<br />
battista, fu ampliata<br />
nel 1380.<br />
L’edificio è citato in una bolla<br />
di papa Nicolò II datata<br />
1059, quando venne<br />
promossa la costruzione<br />
dell’annesso convento<br />
agostiniano.
Sotto l’attuale<br />
si trova un vano della<br />
primitiva chiesa dell’XI<br />
secolo, decorata da<br />
maestranze umbromarchigiane.<br />
La chiesa di Sant’Antonio<br />
abate, in via porta<br />
Orientale, è oggi adibita<br />
a museo di proprietà<br />
comunale, con annesso<br />
ex monastero benedettino.<br />
Originaria del 1400 ma<br />
ristrutturata e modificata<br />
in epoca barocca,<br />
all’interno presenta<br />
un ciclo di tele sulla<br />
storia del santo.<br />
Il ciclo delle Storie di<br />
sant’Antonio abate si ispira<br />
alle Vite dei Santissimi Padri,<br />
opera probabilmente dovuta<br />
al beato Simone Fidati di<br />
Cascia (1285 ca-1348).<br />
La collegiata di Santa<br />
Maria è uno degli edifici<br />
più vecchi di tutta la città.<br />
Di epoca longobarda,<br />
conserva un ricco patrimonio<br />
di dipinti e di arredi sacri.<br />
Si trova accanto alla porta<br />
Leonina.<br />
Al suo interno possono<br />
essere ammirate opere<br />
d’arte come il Crocifisso<br />
ligneo del 1400 e il fonte<br />
battesimale dove secondo<br />
la leggenda, nel 1381,<br />
fu battezzata santa Rita.<br />
Il palazzo Carli<br />
è in via del Plebiscito.<br />
Sede della Biblioteca<br />
comunale che conserva,<br />
oltre ai circa cinquemila libri,<br />
rari incunaboli manoscritti<br />
e numerose cinquantine.<br />
Edificato nel XVI secolo,<br />
il suo interno è forse<br />
l’esempio più<br />
rappresentativo<br />
dell’architettura civile<br />
della città.<br />
Il palazzo Santi<br />
è sede del Museo civico,<br />
in piazza Aldo Moro.<br />
Il museo è notevole<br />
da un punto di vista<br />
sia archeologico<br />
che storico-artistico.<br />
Di particolare interesse<br />
è la sezione dedicata alla<br />
scultura, che raccoglie<br />
esemplari per lo più<br />
provenienti dal territorio<br />
circostante.<br />
Il centro di Roccaporena<br />
è ricco di ricordi legati<br />
a santa Rita: la casa<br />
dove visse la santa, l’orto<br />
del miracolo, lo scoglio<br />
e il roseto.<br />
Degni di nota i ruderi del<br />
castello di San Giorgio<br />
e la pieve del XV secolo.<br />
La villa di San Silvestro<br />
con le rovine del Tempio<br />
pagano (II sec. a.C.)<br />
è in località La Villa presso<br />
Chiavano, che dista circa<br />
16 chilometri da Cascia,<br />
in un’area che riveste<br />
un interesse panoramico<br />
e naturalistico per le<br />
estensioni boschive.<br />
L’ingresso al tempio era<br />
sul lato breve sudorientale<br />
e avveniva tramite<br />
una gradinata di cui<br />
si conservano tracce.<br />
Anche l’articolazione interna<br />
del tempio è stata restituita<br />
grazie alla sovrapposizione<br />
dei muri perimetrali della<br />
chiesa sulle fondazioni<br />
dei muri interni dell’edificio<br />
antico.<br />
EVENTI<br />
Le Pasquarelle,<br />
seconda domenica di gennaio.<br />
Antichi canti e strumenti<br />
della tradizione popolare<br />
della Valnerina, che andando<br />
di casa in casa, annunciano<br />
la nascita del Messia.<br />
Festa di Sant’Antonio<br />
abate, 17 gennaio<br />
Festa delle rose e delle<br />
Rite, santuario di<br />
Roccaporena,<br />
terza domenica di giugno.<br />
Un rito collettivo sulle tracce<br />
della Via Crucis che si snoda,<br />
nel pieno della notte,<br />
all’interno del piccolo centro<br />
e si conclude all’alba<br />
con la distribuzione<br />
di pani benedetti.<br />
Mostra mercato dello<br />
zafferano,<br />
ultimo fine settimana<br />
di ottobre<br />
33
falco<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
FOLIGNO<br />
<br />
Trevi<br />
<br />
SPOLETO<br />
Monteluco<br />
Collefabbri<br />
Contaglia<br />
Ferentillo<br />
<br />
Scheggino<br />
Ceselli<br />
Abb.<br />
S. Pietro<br />
in Valle<br />
<br />
<br />
Monterivoso<br />
Meggiano<br />
Geppa<br />
Grotti<br />
<br />
<br />
Macchia<br />
<br />
Piedipaterno<br />
Castel S. Felice<br />
S. Anatolia<br />
di Narco<br />
Colleponte<br />
<br />
Cerreto<br />
di Spoleto<br />
Borgo<br />
Cerreto<br />
Ponte<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Poggiodomo<br />
U<br />
Montele<br />
di Spolet
Bagni di<br />
Triponzo<br />
Triponzo<br />
Rocchetta<br />
signi<br />
one<br />
o<br />
Pontechiusita<br />
<br />
<br />
Madonna<br />
d. Stella<br />
Roccaporena<br />
<br />
S. Lazzaro<br />
<br />
Fonte<br />
Vecchia Colle<br />
Capitano<br />
Ruscio<br />
Castelvecchio<br />
<br />
Ocosce<br />
<br />
S. Vito<br />
<br />
<br />
<br />
Cascia<br />
Agriano<br />
<br />
Preci<br />
S. Giorgio<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Abeto<br />
<br />
Colforcella<br />
<br />
<br />
<br />
Abbazia<br />
S. Eutizio<br />
Piedivalle<br />
Acquaro<br />
Ospedaletto<br />
<br />
Avendita<br />
Campi<br />
Visso<br />
<br />
Campi Vecchio<br />
Norcia<br />
<br />
Piè d. Colle<br />
Capo<br />
del Colle<br />
<br />
<br />
<br />
Forca<br />
d’Ancarano<br />
S. Scolastica<br />
NORCIA-PRECI<br />
PRECI-CERRETO DI SPOLETO<br />
CERRETO DI SPOLETO-SANT’ANATOLIA DI NARCO<br />
SANT’ANATOLIA DI NARCO-SAN PIETRO IN VALLE<br />
CERRETO DI SPOLETO-POGGIODOMO<br />
POGGIODOMO-MONTELEONE DI SPOLETO<br />
MONTELEONE DI SPOLETO-CASCIA<br />
CASCIA-NORCIA<br />
FONTE VECCHIA (Poggiodomo)-CASCIA<br />
Castelluccio
36<br />
L’itinerario<br />
sulle tracce<br />
del benedettino<br />
A leggia ancora, tra i pochi abitanti, la calma meditativa dei monaci<br />
che vi risiedevano.<br />
Un viaggio in Valnerina non si fa solo per l’incontro leggendario<br />
con la ninfa Nerina che presso le Marmore accolse il pastorello Velino,<br />
si tratta piuttosto di un pellegrinaggio singolare, di una ricerca di valori<br />
spirituali che il misticismo eremitico, la storia dei piccoli comuni<br />
e l’arte ci hanno trasmesso.<br />
Per cogliere l’animo di antichi popoli, ricercare eremi prebenedettini<br />
e per raggiungere, ad esempio, l’ascetismo della Madonna della Stella<br />
sul Tessino, serve una particolare passione e uno spirito desideroso<br />
di ritrovare se stesso a contatto con una natura pressoché incontaminata.<br />
La statale 209 e le ramificazioni che solcano le valli raggiungono i più<br />
antichi casolari, dalle balze di Monteleone, con la vicina edicola sacra<br />
di Fonte Vecchia, ai castelli di Cascia, con il villaggio di Roccaporena<br />
e il vicino piccolo Comune di Poggiodomo, dalla piana di Norcia<br />
all’abbazia di Sant’Eutizio, dai terrazzi fluviali alle alture di Gavelli<br />
dove la valle del Nera apre il suo prezioso passato. Colpisce chi percorre<br />
l’itinerario la prima rocca dello spirito: l’abbazia di San Pietro in Valle<br />
di epoca longobarda, tra le più antiche dell’<strong>Umbria</strong>.<br />
Poco prima di Preci, in direzione di Visso, si trova la località<br />
di San Lazzaro dove secondo la tradizione fu eretto un lebbrosario<br />
intorno al 1218. Sui pendii si possono scorgere le elci sempreverdi<br />
e i filari di olivi che incorniciano i terrazzi fluviali<br />
di Sant’Anatolia, di Macenano e Colleponte e,<br />
più in basso, si erge la chiesa romanica di San Felice<br />
di Narco.<br />
Da Sant’Anatolia si può raggiungere Ceselli,<br />
frazione del Comune di Scheggino.<br />
A questo punto la valle si snoda tra filari di<br />
pioppi e di salici vigilati dai ruderi di vecchi<br />
castelli aggrappati a promontori rocciosi.<br />
A destra sorge il castello longobardo di Ponte<br />
con la pieve romanica di Santa Maria,<br />
a sinistra il castello di Cerreto di Spoleto.<br />
A pochi chilometri si trova Triponzo<br />
con le sue sorgenti solforose.<br />
Da Preci si arriva a Cerreto di Spoleto,<br />
posto sulla cima di uno sperone<br />
a dominare la valle del fiume Nera.
itinerario 1<br />
Norcia - Abbazia<br />
di Sant’Eutizio<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Norcia<br />
Arrivo: abbazia di Sant’Eutizio<br />
Distanza: 14,2 km<br />
Dislivello: +550/-520<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 5 h<br />
Fondo stradale: sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da piazza San Benedetto. Uscire dal centro seguendo le indicazioni<br />
per Perugia e Roma.<br />
0,35 Porta Romana. Appena usciti dalle mura, all’incrocio, girare a destra.<br />
0,5 Lasciare la strada principale e girare sulla strada di sinistra. Subito dopo<br />
proseguire sullo sterrato di destra seguendo le indicazioni bianco-rosse.<br />
0,9 All’incrocio con l’asfalto attraversare la strada e proseguire diritto ancora<br />
in salita.<br />
1 Proseguire sullo sterrato di destra.<br />
1,2 Proseguire sullo sterrato tenendo la sinistra.<br />
1,9 Alla diramazione proseguire diritto.<br />
2,5 Svoltare sul sentiero a sinistra.<br />
2,8 All’incrocio con l’asfalto attraversare e proseguire sul sentiero di fronte.<br />
4,1 Forca d’Ancarano. Girare sullo sterrato di destra seguendo le indicazioni<br />
per i sentieri 181 e 182. Alla successiva biforcazione tenere lo sterrato di sinistra.<br />
5,8 Proseguire diritto e riprendere lo sterrato.<br />
7 Capo del Colle. All’incrocio girare a destra e subito dopo a sinistra seguendo<br />
la segnaletica e continuando a salire per una strada cementata.<br />
7,5 Proseguire a sinistra verso Campi Vecchio.<br />
7,7 Proseguire a sinistra in discesa.<br />
8,4 All’incrocio con l’asfalto girare a destra verso Campi Vecchio e prima di entrare<br />
nel paese prendere la strada che scende a sinistra.<br />
9 Dopo la chiesa di Sant’Antonio girare a destra.<br />
9,3 Girare a sinistra e dopo 100 m ancora a sinistra.<br />
10 Chiesa di San Salvatore. All’incrocio con l’asfalto girare a destra e subito dopo<br />
ancora a destra riprendendo lo sterrato.<br />
10,3 Alla diramazione proseguire sullo sterrato a sinistra.<br />
11,2 Proseguire a sinistra seguendo le indicazioni per Sant’Eutizio.<br />
13,3 Girare a sinistra e poi continuare a seguire le indicazioni.<br />
13,8 Acquaro. Girare a sinistra e subito dopo le scale svoltare a destra e passare sotto<br />
un portico.<br />
14,2 Abbazia di Sant’Eutizio.<br />
37
itinerario 2<br />
Abbazia di Sant’Eutizio -<br />
Cerreto di Spoleto<br />
Km Percorso<br />
Partenza: abbazia di Sant’Eutizio<br />
Arrivo: Cerreto di Spoleto<br />
Distanza: 24,1 km<br />
Dislivello: +1170/-730<br />
Difficoltà: EE (escursionisti esperti)<br />
Tempo di percorrenza: 8 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza dall’ingresso dell’abbazia, seguendo il sentiero che sale ai bordi della<br />
struttura.<br />
0,2 Tornati sulla strada asfaltata proseguire a destra e all’incrocio girare a sinistra<br />
continuando in salita. Successivamente seguire le indicazioni per Collescille.<br />
1,5 Subito dopo un casolare sulla sinistra, in corrispondenza di un grande albero, lasciare<br />
la strada asfaltata e girare sul sentiero di sinistra.<br />
3,5 Borgo, all’incrocio con la strada asfaltata girare a destra.<br />
3,7 Lasciare la strada principale e girare a destra in salita.<br />
4,8 All’incrocio girare a destra e subito dopo a sinistra.<br />
5,2 Dopo la chiesa di Santo Spes proseguire diritto e all’incrocio con l’asfalto girare<br />
a destra verso Saccovescio.<br />
6 Girare a sinistra e poi proseguire sulla strada asfaltata ancora in salita.<br />
7,6 Castelvecchio. Girare a destra e subito dopo a sinistra girando attorno al paese.<br />
8,8 Girare a sinistra.<br />
9,8 All’incrocio con l’asfalto girare a destra e subito dopo a sinistra verso San Vito.<br />
50 metri più avanti, dopo aver superato il torrente, girare sullo sterrato<br />
di destra che lo costeggia.<br />
13,5 San Lazzaro, proseguire diritto.<br />
15,7 Proseguire diritto nel bosco.<br />
15,9 Tenere il sentiero a sinistra.<br />
17,5 All’incrocio con la strada asfaltata girare a destra.<br />
17,7 Girare a sinistra entrando ai Bagni di Triponzo.<br />
18 Superati i Bagni di Triponzo seguire strada sterrata in direzione Triponzo.<br />
Tratto di sentiero esposto, si consiglia l’uso di scarpe da trekking;<br />
prestare attenzione se il fondo è bagnato.<br />
19,8 Attraversato il centro di Triponzo, girare a destra sulla strada asfaltata SS 209.<br />
20,2 Attraversare la SS 209 e girare a destra sulla strada sterrata.<br />
24,1 Arrivo al centro di Cerreto di Spoleto.<br />
38
itinerario 3<br />
Cerreto di Spoleto -<br />
Sant’Anatolia di Narco<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Cerreto di Spoleto<br />
Arrivo: Sant’Anatolia di Narco<br />
Distanza: 25 km<br />
Dislivello: +1060/-1250<br />
Difficoltà: EE (escursionisti esperti)<br />
Tempo di percorrenza: 8 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza dalla piazza centrale; si scende a destra per la chiesa di Santa Maria<br />
de Libera.<br />
1,3 Incrocio con la strada statale in località Colle del Piano: proseguire diritto in direzione<br />
della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.<br />
2,8 Arrivo presso la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.<br />
4,5 Girare a sinistra, seguire le indicazioni bianco-rosse.<br />
7,1 Arrivo al paese di Macchia, girare a sinistra per il sentiero seguendo le indicazioni<br />
bianco-rosse.<br />
11,0 Arrivo a Piedilacosta.<br />
11,7 Arrivo a Meggiano.<br />
16,7 Proseguire lungo il sentiero fino al centro abitato di Piedipaterno.<br />
16,8 Dalla piazza del paese proseguire verso la chiesa di San Sebastiano, prendere<br />
la strada asfaltata in salita (direzione Spoleto), dopo 50 m girare a destra per la strada<br />
sterrata e seguire le indicazioni bianco-rosse.<br />
18,6 Arrivati alla strada asfaltata in località Geppa girare a destra, poi dopo la chiesa<br />
a sinistra.<br />
19,8 In prossimità di un tornante girare a destra per la strada sterrata, seguire le indicazioni<br />
bianco-rosse.<br />
20,7 Arrivati a Grotti, nei pressi della chiesa di San Pietro girare a sinistra per la strada<br />
asfaltata, poi dopo pochi metri a destra per l’asfaltata in discesa, seguendo<br />
le indicazioni bianco-rosse.<br />
21,2 Girare a sinistra per la strada sterrata, seguendo le indicazioni bianco-rosse.<br />
22,2 Giunti a Castel San Felice oltrepassare il ponte, quindi proseguire per la strada<br />
asfaltata in discesa che passa intorno al paese.<br />
22,8 Arrivati nei pressi dell’omonima abbazia proseguire in direzione della SS 209,<br />
girare a sinistra lungo il tracciato della vecchia ferrovia, dopo gli impianti sportivi<br />
attraversare la SS 209 e proseguire per la strada sterrata in salita con le indicazioni<br />
bianco-rosse.<br />
25 Arrivo a Sant’Anatolia di Narco.<br />
39
itinerario 4<br />
Sant’Anatolia<br />
di Narco -<br />
Abbazia di San<br />
Pietro in Valle<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Sant’Anatolia di Narco<br />
Arrivo: abbazia di San Pietro in Valle<br />
Distanza: 17,3 km<br />
Dislivello: +530/-580<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 6 h<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da Sant’Anatolia di Narco, in prossimità della SS 209 salire sopra<br />
il terrapieno della vecchia ferrovia, seguendo la segnaletica bianco-rossa.<br />
0,8 In corrispondenza dell’incrocio con la strada asfaltata, girare a sinistra, passare davanti<br />
al cimitero e proseguire verso il sottopasso.<br />
1,4 Arrivati in prossimità di un casolare girare a sinistra e attraversare un ponticello,<br />
seguendo le indicazioni bianco-rosse.<br />
2,6 Incrocio con una strada sterrata: prendere la strada di destra, con le indicazioni<br />
bianco-rosse. La strada prosegue nel bosco.<br />
4,4 Incrocio con un’altra sterrata: girare a sinistra. Il sentiero prosegue nel bosco.<br />
6,4 Il sentiero raggiunge il valico; inizio della discesa.<br />
7,7 Arrivo a Collefabbri. Proseguire per la strada asfaltata in direzione Ceselli.<br />
9,3 Arrivo in località Contaglia.<br />
9,5 Per visitare il paese di Ceselli girare a destra, oppure proseguire diritto fino<br />
all’incrocio con la SS 209.<br />
10 Oltrepassare il ponte sul fiume Nera seguendo le indicazioni della via di Roma.<br />
10,4 Imboccare la strada sterrata seguendo le indicazioni della via di Roma.<br />
13,3 Incrocio con la strada asfaltata, proseguire diritto seguendo le indicazioni della<br />
via di Roma.<br />
14,9 Arrivo a Colleponte, girare a destra e oltrepassare il ponte sul fiume Nera.<br />
All’incrocio con la SS 209, girare a destra e proseguire per la SS 209.<br />
15,4 Girare a sinistra, seguire le indicazioni per l’abbazia di San Pietro in Valle.<br />
17,3 Arrivo all’abbazia di San Pietro in Valle.<br />
40
itinerario 5<br />
Cerreto di Spoleto -<br />
Poggiodomo<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Cerreto di Spoleto<br />
Arrivo: Poggiodomo<br />
Distanza: 16,9 km<br />
Dislivello: +1500/-950<br />
Difficoltà: EE (escursionisti esperti)<br />
Tempo di percorrenza: 6 h<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da Cerreto di Spoleto; alla fine del paese in via della Circonvallazione/<br />
via degli Archi, prendere il sentiero che scende lungo la rupe.<br />
0,4 Girare a sinistra.<br />
0,7 Attraversare la SS 209.<br />
0,9 Attraversato il ponte sul fiume Nera, dopo la chiesa prendere la strada sterrata a destra.<br />
1,6 Lasciare la strada e imboccare il sentiero a sinistra.<br />
1,8 Girare a destra per la strada asfaltata.<br />
1,9 Girare a destra per il paese di Ponte e prendere la strada a sinistra sotto l’arco.<br />
2,8 Girare a sinistra lungo il fosso del fiume Tissino.<br />
4,6 Girare a destra, seguire il sentiero con la segnaletica bianco-rossa.<br />
12,2 Girare a destra.<br />
0 Girare a a sinistra, variante per il santuario benedettino della Madonna della Stella.<br />
0,3 Girare a sinistra.<br />
2 Girare a destra.<br />
2,5 Arrivo al santuario.<br />
12,6 Attraversare la SP 470.<br />
14,1 Oltrepassato il cimitero, girare a sinistra sulla strada asfaltata in direzione di Poggiodomo.<br />
16,9 Arrivo a Poggiodomo.<br />
41
itinerario 6<br />
Poggiodomo -<br />
Monteleone di Spoleto<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Poggiodomo<br />
Arrivo: Monteleone di Spoleto<br />
Distanza: 12 km<br />
Dislivello: +470/-300<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 4 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da Poggiodomo.<br />
0,7 Girare a sinistra per la strada sterrata.<br />
2,7 Usigni. Girare a destra per la strada asfaltata.<br />
2,8 Girare a sinistra per la strada sterrata direzione Fonte Vecchia.<br />
4,2 Seguire la strada a sinistra.<br />
9 In località Colle del Capitano girare a destra.<br />
10,4 Girare a sinistra.<br />
11,4 Girare a sinistra, camminare lungo il fosso sotto il centro di Monteleone<br />
di Spoleto.<br />
12 Arrivo a Monteleone di Spoleto.<br />
42
itinerario 7<br />
Monteleone di Spoleto -<br />
Cascia<br />
Km Percorso<br />
0 Partenza da Monteleone di Spoleto in via Umberto I.<br />
0,2 Prendere via Boccanera.<br />
0,5 Girare a sinistra per la strada sterrata.<br />
1 Attraversare la provinciale e proseguire sulla strada asfaltata.<br />
2,3 Girare a sinistra per la strada asfaltata.<br />
2,5 Girare a sinistra per la strada sterrata.<br />
6,5 Proseguire per la strada asfaltata.<br />
7,2 Girare a sinistra per la strada sterrata.<br />
8,8 Attraversare la SS 471 e proseguire per la strada sterrata.<br />
11,6 Attraversare l’abitato di Ocosce.<br />
16 Arrivo al centro di Cascia.<br />
Partenza: Monteleone di Spoleto<br />
Arrivo: Cascia<br />
Distanza: 16 km<br />
Dislivello: +500/-840<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 5 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
43
itinerario 8<br />
Cascia - Norcia<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Cascia<br />
Arrivo: Norcia<br />
Distanza: 18,7 km<br />
Dislivello: +670/-650<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 6 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da via del Pago, girare a sinistra in prossimità della collegiata di Santa<br />
Maria, proseguire diritto per via Novenio Bucchi, poi per una stradina fino alla<br />
cupola del palazzetto dello sport e oltrepassare il ponte di legno che porta all’area<br />
verde.<br />
1,0 Percorrere la pista ciclabile, passare sotto la SS 320, girare a destra per il ponticello<br />
di legno e dopo 200 m prendere la strada asfaltata.<br />
2,1 Lasciare la SS 320, girare a destra per la strada sterrata, proseguire in salita seguendo<br />
le indicazioni bianco-rosse.<br />
3,8 Attraversare la strada asfaltata, proseguire in direzione del cimitero di Col Forcella.<br />
4,0 All’incrocio con la strada sterrata, girare a sinistra in salita. Indicazioni bianco-rosse.<br />
5,7 Arrivo al cimitero di San Giorgio, girare a sinistra e proseguire per la strada<br />
asfaltata; in prossimità del bivio La Croce girare a destra per la strada sterrata,<br />
proseguire per 200 m poi prendere la strada sterrata a destra in prossimità<br />
della chiesetta della Madonna di Loreto.<br />
7,5 Arrivo ad Angriano, proseguire in direzione della chiesa di San Vito, poi a sinistra<br />
per la strada stretta in salita, quindi diritto per la strada sterrata in discesa. Seguire<br />
le indicazioni bianco-rosse.<br />
9,5 Al tornante prendere la strada sterrata di destra in salita, poi in prossimità di un prato<br />
cespuglioso a destra sempre in salita, seguire le indicazioni bianco-rosse fino a un<br />
valico che ridiscende con una sterrata alla strada asfaltata.<br />
13,1 Voltare a sinistra e proseguire fino a Ospedaletto.<br />
13,3 In prossimità della chiesa di San Filippo Neri voltare a sinistra per la strada sterrata<br />
in discesa.<br />
17,3 Arrivo alla chiesa della Madonna di Cascia, girare a sinistra e proseguire<br />
per il sentiero che porta all’interno dell’area protetta delle Marcite.<br />
18,3 Arrivo a Norcia.<br />
18,7 Proseguire fino alla piazza San Benedetto.<br />
44
itinerario 9<br />
Fonte Vecchia - Cascia<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Fonte Vecchia<br />
Arrivo: Cascia<br />
Distanza: 13,4 km<br />
Dislivello: +130/-500<br />
Difficoltà: E (escursionistico)<br />
Tempo di percorrenza: 4 h 30’<br />
Fondo stradale: asfaltato/sterrato<br />
Percorrenza: a piedi<br />
0 Partenza da Fonte Vecchia, bivio per Cascia.<br />
6,5 Arrivo presso il centro abitato di Roccaporena.<br />
7 Seguire la strada asfaltata in direzione di Cascia.<br />
11 Seguire le indicazioni per il sentiero di Santa Rita, quindi proseguire lungo<br />
il vecchio acquedotto.<br />
13,4 Arrivo a Cascia, collegiata di Santa Maria.<br />
45
FOLIGNO<br />
<br />
Trevi<br />
<br />
SPOLETO<br />
Monteluco<br />
Collefabbri<br />
Contaglia<br />
Ferentillo<br />
Scheggino<br />
Ceselli<br />
Abb. <br />
S. Pietro<br />
in Valle<br />
<br />
<br />
<br />
Grotti<br />
Monterivoso<br />
<br />
Meggiano<br />
Geppa<br />
<br />
Macchia<br />
Piedipaterno<br />
Castel S. Felice<br />
<br />
S. Anatolia<br />
di Narco<br />
Colleponte<br />
<br />
Buggiano<br />
<br />
Cerreto<br />
di Spoleto<br />
Borgo<br />
Cerreto<br />
Ponte<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Rocchetta<br />
<br />
<br />
<br />
Bagni di<br />
Triponzo<br />
Triponzo<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Madonna<br />
d. Stella<br />
<br />
Roccaporen<br />
<br />
Poggiodomo<br />
Usigni<br />
Fonte Vecchia<br />
Colle<br />
Capitano<br />
Pontec<br />
<br />
Monteleone Rusc<br />
di Spoleto
hiusita<br />
<br />
<br />
<br />
a<br />
io<br />
Castelvecchio<br />
S. Lazzaro<br />
S. Vito<br />
<br />
<br />
Ocosce<br />
<br />
<br />
Cascia<br />
<br />
Forca<br />
Rua la Cama<br />
Preci<br />
<br />
S. Giorgio<br />
Colforcella<br />
<br />
<br />
<br />
Abeto<br />
<br />
<br />
Ospedaletto<br />
Agriano<br />
<br />
Abbazia<br />
S. Eutizio<br />
Piedivalle<br />
Acquaro<br />
Avendita<br />
Campi<br />
<br />
Visso<br />
Campi Vecchio<br />
Piè d. Colle<br />
Capo<br />
del Colle<br />
Norcia<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Forca<br />
d’Ancarano<br />
S. Scolastica<br />
NORCIA-CERRETO DI SPOLETO<br />
Castelluccio<br />
CERRETO DI SPOLETO-BORGO CERRETO<br />
BORGO CERRETO-NORCIA
TAPPA 1<br />
NORCIA - CERRETO<br />
DI SPOLETO<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Norcia<br />
Arrivo: Cerreto di Spoleto<br />
Distanza: 33 km<br />
Dislivello: 650 m<br />
Difficoltà: media-difficile<br />
Fondo stradale: asfaltato<br />
Bici consigliata: da strada, ibrida<br />
Da vedere in zona: Norcia, Forca d’Ancarano, Campi, Abbazia di Sant’Eutizio, Preci, Cerreto di<br />
Spoleto.<br />
0 Partenza da piazza San Benedetto. Uscire dal centro seguendo le indicazioni<br />
per Perugia e Roma.<br />
0,35 Porta Romana. Appena usciti dalle mura, all’incrocio, girare a destra.<br />
Inizio della salita.<br />
0,8 Girare a sinistra in direzione di Visso e Preci. Poi continuare in salita<br />
seguendo sempre la SP 476.<br />
4,5 Proseguire a destra in direzione di Preci.<br />
6,7 Valico di Forca d’Ancarano.<br />
10 Ancarano. Proseguire diritto.<br />
11,9 Campi. Proseguire diritto.<br />
14 All’incrocio proseguire diritto ancora in direzione di Preci.<br />
16 Piedivalle. Proseguire diritto. Sulla destra la deviazione per l’abbazia<br />
di Sant’Eutizio.<br />
17,2 Bivio per Preci. Girare a sinistra per visitare il centro storico altrimenti proseguire<br />
diritto.<br />
18 Preci. Proseguire diritto seguendo le indicazioni per “La Grande via del Parco”.<br />
22,7 Pontechiusita. All’incrocio con la strada principale della Valnerina girare<br />
a sinistra verso Perugia. Attenzione al traffico.<br />
30,5 Triponzo. Proseguire a destra in direzione di Terni e Norcia.<br />
31,1 Subito dopo la galleria girare a destra verso Cerreto di Spoleto.<br />
Inizio della salita.<br />
33 Cerreto di Spoleto. Fine della salita. Fine della tappa.<br />
48
TAPPA 2<br />
CERRETO DI SPOLETO -<br />
BORGO CERRETO<br />
Km Percorso<br />
Partenza: Cerreto di Spoleto<br />
Arrivo: Borgo Cerreto<br />
Distanza: 65 km<br />
Dislivello: 890 m<br />
Difficoltà: difficile<br />
Fondo stradale: asfaltato, sterrato<br />
Bici consigliata: da strada, ibrida<br />
Da vedere in zona: Cerreto di Spoleto, Meggiano, abbazia di San Felice, Sant’Anatolia di Narco,<br />
Scheggino, abbazia di San Pietro in Valle, Ferentillo, Borgo Cerreto.<br />
0 Partenza dal centro di Cerreto di Spoleto. Scendere in direzione di Perugia<br />
e Foligno seguendo la SP 465.<br />
3,6 All’incrocio girare a sinistra verso Borgo Cerreto.<br />
3,7 Lasciare la strada principale e girare a destra verso Meggiano. Inizio della salita.<br />
7 Buggiano, proseguire ancora in salita e successivamente continuare a seguire la strada<br />
provinciale.<br />
9,3 All’incrocio proseguire diritto in direzione di Meggiano.<br />
11,8 Macchia, proseguire diritto.<br />
13,6 Fine della salita.<br />
14,3 Alla biforcazione proseguire a sinistra per la strada in discesa.<br />
15,4 Meggiano, proseguire sulla strada principale.<br />
16,7 Proseguire diritto in discesa.<br />
22,7 All’incrocio con SS 395 girare a sinistra.<br />
23 Svoltare a destra in direzione di Sant’Anatolia di Narco. Attenzione: discesa<br />
ripida e tortuosa.<br />
25,6 All’incrocio con la SS 209 proseguire a destra in direzione di Terni. Attenzione<br />
al traffico.<br />
26,6 Proseguire diritto in direzione di Terni.<br />
29,6 Scheggino, proseguire diritto.<br />
33 Ceselli, proseguire diritto.<br />
37,9 Girare a destra verso l’abbazia di San Pietro in Valle. Inizio della salita.<br />
39,3 Proseguire diritto. Inizio dello sterrato.<br />
39,6 Abbazia di San Pietro in Valle. Fine della salita. Da qui rigirare e tornare verso<br />
Cerreto di Spoleto.<br />
40 Fine dello sterrato.<br />
40,8 Fontanella sulla destra.<br />
41,4 All’incrocio con la SS 209 girare a sinistra e ripercorrere lo stesso itinerario fino<br />
a Castel San Felice.<br />
52,2 Proseguire diritto in direzione di Norcia e Cascia.<br />
52,6 Bivio per Sant’Anatolia di Narco. Proseguire ancora diritto verso Norcia.<br />
53,6 Castel San Felice, proseguire diritto. Sulla destra l’abbazia di San Felice.<br />
57,3 Piedipaterno, continuare ancora diritto sulla SS 209.<br />
65 Borgo Cerreto, parco pubblico. Fine della tappa.<br />
49
TAPPA 3<br />
BORGO CERRETO - NORCIA<br />
Km Percorso<br />
50<br />
Partenza: Borgo Cerreto<br />
Arrivo: Norcia<br />
Distanza: 64,5 km<br />
Dislivello: 1.700 m<br />
Difficoltà: molto difficile<br />
Fondo stradale: asfaltato<br />
Bici consigliata: da strada, ibrida<br />
Da vedere in zona: Borgo Cerreto, Ponte, eremo della Madonna della Stella, Poggiodomo,<br />
Monteleone di Spoleto, Cascia, Norcia.<br />
0 Partenza dal parco pubblico di Borgo Cerreto. Muoversi in direzione di Norcia.<br />
0,3 All’incrocio girare a destra in direzione di Leonessa e Monteleone di Spoleto<br />
superando il ponte sul Nera.<br />
0,6 Sulla destra la chiesa di San Lorenzo. Proseguire tenendo la sinistra sulla SP 470.<br />
Inizio della salita.<br />
1,6 Ponte. Proseguire a sinistra sulla strada principale sempre in salita.<br />
7 Rocchetta.<br />
7,7 Proseguire a destra in direzione di Monteleone di Spoleto.<br />
13,4 A destra il bivio per l’eremo della Madonna della Stella raggiungibile tramite<br />
2 km di strada sterrata.<br />
15,5 All’incrocio proseguire diritto riprendendo a salire.<br />
18 Poggiodomo. Continuare diritto.<br />
21 Usigni. Proseguire diritto.<br />
22,8 All’incrocio girare a sinistra verso Monteleone di Spoleto. Fine della salita.<br />
Punto panoramico.<br />
27,4 Proseguire a sinistra verso Monteleone di Spoleto.<br />
28,9 Monteleone di Spoleto. Proseguire a destra in discesa in direzione di Leonessa.<br />
31,6 Ruscio. All’incrocio con la strada principale girare a sinistra e seguire le indicazioni<br />
per Cascia.<br />
40,5 Proseguire diritto in direzione di Cascia.<br />
42,6 Proseguire a sinistra ancora verso Cascia.<br />
44,1 Cascia, proseguire diritto.<br />
46,2 All’incrocio girare a destra in direzione di Avendita. Dopo 100 m girare<br />
a sinistra verso Avendita, Agriano.<br />
49,1 All’incrocio proseguire a sinistra in direzione di Norcia.<br />
51,6 Avendita. Continuare a sinistra verso Norcia.<br />
53,1 Agriano.<br />
56 Ospedaletto, fine della salita.<br />
63 All’incrocio con la strada principale girare a sinistra e tornare verso il centro<br />
di Norcia. Girando a destra, dopo circa 1 km si raggiunge l’abbazia di Santa<br />
Scolastica.<br />
63,7 Girare a sinistra in direzione di Norcia centro.<br />
63,8 Girare a destra in direzione di Norcia centro e rientrare al punto di partenza.<br />
64,5 Piazza San Benedetto, fine dell’itinerario.<br />
50
Testi di<br />
Marianna Rosati<br />
Referenze fotografiche<br />
Studio Foto Image di Massimo Chiappini<br />
Enrico Nannetti<br />
Archivio fotografico FIE: Sandro Mazzei, Fabrizio Stramaccia, Antonella Tucci<br />
STA Valnerina<br />
Ringraziamenti<br />
STA Valnerina<br />
FIE (Federazione Italiana Escursionisti)<br />
Nicola Checcarelli<br />
Enrico Nannetti<br />
Le informazioni contenute in questa guida sono state aggiornate<br />
il più scrupolosamente possibile alla data della stampa.<br />
I dati presenti nelle cartine degli itinerari sono puramente indicativi.<br />
L'Editore declina ogni responsabilità per qualsiasi conseguenza<br />
derivante dall'uso della presente guida.<br />
Realizzazione<br />
Quattroemme<br />
© <strong>Regione</strong> <strong>Umbria</strong><br />
Stampato da Litoart, Città di Castello<br />
nel mese di aprile 2009 per conto di Quattroemme Editore, Perugia
Unione Europea<br />
Repubblica Italiana<br />
Progetto cofinanziato con i fondi della L. 135/01<br />
<strong>Umbria</strong><br />
cuore verde d’Italia