Breve storia del burro nell'alimentazione umana e recenti ...
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Quaderni <strong>del</strong> Parmigiano-Reggiano<br />
IL BURRO:<br />
TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO<br />
Reggio Emilia 15 Aprile 2010
Alma Mater Studiorum,<br />
Università di Bologna<br />
“Il <strong>burro</strong>: tra passato, presente e futuro”<br />
Reggio Emilia 15 Aprile 2010<br />
A cura di:<br />
Consorzio <strong>del</strong> Formaggio<br />
Parmigiano-Reggiano<br />
Dott. Alessandro Gori, Dott. Fabio Coloretti, Prof. Giuseppe Losi<br />
Ragazza che prepara il <strong>burro</strong><br />
Jean-Francois Millet, 1869-1870
INDICE<br />
PREFAZIONE – Prof. N. G. Frega III<br />
RELAZIONI PRESENTATE<br />
Giulio Zucchi, Professore Emerito Università di Bologna<br />
Presentazione <strong>del</strong> Seminario pag. 8<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Tendenze <strong>recenti</strong> <strong>del</strong>la produzione e <strong>del</strong> consumo di <strong>burro</strong><br />
nell’unione europea e in Italia pag. 12<br />
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA,<br />
Università di Bologna<br />
Alimentazione <strong>del</strong>le bovine, produzione e composizione <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte pag. 34<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Composizione e struttura <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte pag. 48<br />
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
<strong>Breve</strong> <strong>storia</strong> <strong>del</strong> <strong>burro</strong> nell’alimentazione <strong>umana</strong> e <strong>recenti</strong> acquisizioni sugli aspetti<br />
nutrizionali ed extra-nutrizionali pag. 69<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni,<br />
Giuseppe Losi, DISA, Università di Bologna<br />
Nuove conoscenze sulla composizione acidica dei burri di zangola prodotti nel CFPR:<br />
primi risultati di una ricerca biennale pag. 96<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi<br />
Analisi dei burri e difesa dalle frodi pag. 125<br />
Leo Bertozzi, Consorzio <strong>del</strong> Formaggio Parmigiano-Reggiano<br />
Conclusioni pag. 142<br />
INTERVENTI PROGRAMMATI<br />
Emilio Braghin - Consorzio Granterre Scarl pag. 146<br />
Luciano Castellani - Grana d’oro S.P.A.<br />
Carlo Pontiroli – Resp.le Produzione e Controllo Qualità,<br />
pag. 148<br />
Montanari & Gruzza S.P.A. pag. 149<br />
Enrico Bussi - Centro Italiano Servizi dalla Terra<br />
alla Tavola, Parma pag. 150
PREFAZIONE<br />
In passato ho scritto altre prefazioni ed editoriali per riviste scientifi che, ma sono particolarmente<br />
onorato di poter introdurre, nonostante la grande responsabilità che comporta, un libro redatto<br />
da studiosi di chiara fama e autentici conoscitori <strong>del</strong>l’argomento quali: Alfonso Bonezzi,<br />
Andrea Brugnoli, Giovanni Ballarini, Giovanna Contarini, Andrea Formigoni, Giovanni Lercker,<br />
Giuseppe Losi.<br />
Nella società attuale sia media che sedicenti conoscitori sembrano colpiti da una sorta di<br />
bulimia logorroica, dove predomina l’imperativo: parlare senza conoscere. A tal proposito<br />
vorrei ricordare una frase di Galileo: “parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro,<br />
pochissimi”. Quindi ben vengano iniziative come questo libro che senza dubbio contribuiscono<br />
a ridurre l’oscurità scientifi ca grazie alla lunga attività di ricerca e alla grande esperienza<br />
didattica degli Autori.<br />
Non è secondario ricordare che la ricerca scientifi ca è l’attività intellettuale che mira ad<br />
aumentare il grado di conoscenza e si pone alla base <strong>del</strong>lo sviluppo di una società avanzata.<br />
É infatti impossibile elevare il livello culturale di una collettività senza ricerca, così come diventa<br />
impossibile l’innovazione e la competizione. Promuovere la ricerca oggi, in questi momenti<br />
congiunturali diffi cili, consente di ridurre domani la povertà, l’emarginazione e il disagio sociale.<br />
In questi ultimi anni la diversa struttura sociale, il differente stile di vita, hanno prodotto una<br />
modifi ca sostanziale <strong>del</strong> concetto di alimentazione: se fi no a poco tempo fa alimentarsi signifi cava<br />
soddisfare solo un bisogno primario, oggi la società orienta le sue scelte verso alimenti che, oltre<br />
ad apportare l’energia necessaria per lo svolgimento dei normali processi metabolici, sono in<br />
grado di preservare un buono stato di salute <strong>del</strong>l’organismo e di ridurre il rischio di insorgenza<br />
di alcune patologie.<br />
Il <strong>burro</strong>, come <strong>del</strong> resto altri tipi di grassi di origine animale, rappresenta oggi un alimento<br />
bersaglio, ha subito e subisce tutt’ora numerosi attacchi il più <strong>del</strong>le volte immeritati ed ingiustifi cati.<br />
Attualmente il <strong>burro</strong> non entra a far parte dei suggerimenti nutrizionali raccomandati, forse<br />
semplicemente per pregiudizio, per sentito dire o per scarsa conoscenza. Gli Autori, con<br />
magistrale chiarezza espressiva, riescono a dare un forte contributo alla conoscenza chimica<br />
compositiva, alle proprietà dietetiche nutrizionali, concorrendo a migliorare l’informazione<br />
sull’alimento, anche <strong>del</strong>la stampa specializzata.<br />
Nessuno si sognerebbe di dire a chi giornalmente assume mezzo litro di latte intero che tale<br />
comportamento dietetico potrebbe produrre, nel tempo, l’insorgenza di patologie cronicodegenerative.<br />
Molti invece punterebbero il dito su chi con la propria dieta assume 20 g di<br />
<strong>burro</strong> al giorno. Forse non è secondario ricordare che in mezzo litro di latte intero sono presenti<br />
mediamente 17,5 g di grasso da cui si ricavano, circa 20-21g di <strong>burro</strong>.<br />
Il <strong>burro</strong> è il grasso alimentare ricavato dalla lavorazione <strong>del</strong>la crema di latte vaccino. La sua <strong>storia</strong><br />
è antichissima, risale al tempo degli egizi che lo ricavavano dal latte degli animali da allevamento.<br />
È un alimento ad alto valore energetico da integrare nella dieta sia come condimento che come<br />
ingrediente. È di particolare interesse per le sue caratteristiche nutrizionali, antinfettive e, come<br />
è stato dimostrato da <strong>recenti</strong> studi, anticancerogene. Queste caratteristiche sono determinate<br />
dalla particolare struttura <strong>del</strong>la frazione lipidica <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, in particolare, dalla composizione<br />
<strong>del</strong>la frazione trigliceridica e <strong>del</strong>la frazione dei componenti “minori” (insaponifi cabile). In questi<br />
ultimi anni una immeritata penalizzazione di questo alimento grasso, correlato alla quantità<br />
di colesterolo in esso presente, ha portato a contrazione dei consumi. In realtà, un aspetto che<br />
molto spesso viene omesso, mentre è ben precisato ed illustrato dagli Autori, è che il colesterolo
presente nel <strong>burro</strong> è in diretto rapporto, nei soggetti sani, con il colesterolo HDL, meglio conosciuto<br />
come il colesterolo buono. La ricerca ha dimostrato che il <strong>burro</strong> presenta una serie di composti<br />
che determinano effetti benefi ci sulla salute, come l’acido linoleico coniugato, le sfi ngomieline,<br />
l’acido butirrico e tutta una serie di composti minori, tra cui i tocoferoli, lo squalene, i pigmenti<br />
carotenoidi, gli steroli, le vitamine liposolubili (vitamina A o retinolo). Questa composizione<br />
non sorprende in quanto questo derivato <strong>del</strong> latte è caratterizzato da una varietà di oltre<br />
400 acidi grassi identifi cati mediante tecniche cromatografi che ad alta risoluzione, quali la<br />
gascromatografi a (GC) e la cromatografi a liquida ad alta prestazione (HPLC), accoppiate alla<br />
spettrometria di massa (MS) di primo o secondo ordine (tandem MS, MS-MS).<br />
Importanza rilevante assume la dieta. In particolare oggi la tendenza è quella di orientare<br />
verso una dieta caratterizzata da un basso apporto di grassi, ma si è visto che questo non<br />
è abbastanza; bisogna valutare la qualità dei grassi assunti e in quest’ambito risultano di<br />
particolare interesse gli acidi grassi polinsaturi <strong>del</strong>la serie ω3, PUFA (Polyunsaturated fatty<br />
acids) quali l’ac. a-linolenico (C18:3, ALA), l’ac. eicosapentaenoico (C20:5, EPA), l’ac.<br />
docosapentaenoico (C:22:5, DPA) e l’ac.docosaesaenoico (C22:6, DHA) per le loro funzioni,<br />
esiti e benefi ci che svolgono nell’organismo. Di notevole interesse sono gli effetti favorevoli<br />
dei PUFA ω3 sullo stato di salute, soprattutto riguardo le patologie cardiovascolari, per le<br />
funzioni preventive riconducibili alle molteplici azioni che svolgono nell’organismo, quali<br />
l’attività ipotensiva, ipotriglicerimizzante, antiaritmica, antitrombosica ed antiaterogenica.<br />
Tra queste spicca il ruolo protettivo nella patogenesi <strong>del</strong>la placca ateromasica, correlato alla<br />
riduzione <strong>del</strong>la concentrazione dei trigliceridi e <strong>del</strong> colesterolo LDL nel sangue ed all’aumento<br />
<strong>del</strong> colesterolo HDL. Rilevante è anche l’aumento <strong>del</strong>la fl uidità <strong>del</strong>le membrane cellulari con<br />
effetti anti-trombotici.<br />
Particolare importanza a fi ni salutistici è sicuramente la presenza in questo alimento degli<br />
isomeri coniugati <strong>del</strong>l’acido linoleico (C18:3 , CLA) sulle cui proprietà la comunità scientifi ca, in<br />
questi anni, si è pronunciata in maniera molto chiara. Infatti, la National Academy of Science ha<br />
defi nito CLA “l’unico acido grasso che mostra in maniera inequivocabile attività anticancerogena<br />
in esperimenti condotti su animali”. I CLA si sono dimostrati attivi nel controllo di importanti<br />
patologie quali l’arterosclerosi, il diabete, l’obesità, svolgendo un’azione anticolesterolemica e<br />
di protezione dalle coronaropatie.<br />
Inoltre hanno mostrato effetti positivi anche sulla formazione ossea e come antinfi ammatori,<br />
in patologie come l’artrite reumatoide. Da qui si comprendono i tentativi di incrementare la<br />
concentrazione di CLA nei prodotti alimentari quali la carne, le uova e i prodotti lattiero caseari.<br />
negli alimenti è l’acido Rumenico (C18:2 cis-9, trans-11) che è ampiamente predominante tra i<br />
CLA trovati nelle carni dei ruminanti e nei prodotti lattiero caseari (<strong>burro</strong>).<br />
Data l’importanza che riveste il <strong>burro</strong> come alimento, e la ricaduta nutrizionale dei suoi<br />
componenti, ampiamente descritti nel libro ed a cui ho accennato in questa prefazione, mi<br />
sento ancora una volta di sottolineare la levatura e l’importante ricaduta nel settore nutrizionale,<br />
<strong>del</strong>l’opera di ricerca svolta dagli Autori, anche nell’ottica <strong>del</strong>la salvaguardia <strong>del</strong>la qualità e <strong>del</strong>la<br />
genuinità di questo alimento. Sono certo che il libro verrà apprezzato non solo dai tecnici <strong>del</strong><br />
settore ma anche da tutti coloro che si accingano a leggerlo per aumentare le loro conoscenze<br />
nel campo dei lipidi in generale e <strong>del</strong> <strong>burro</strong> in particolare e sono certo che sarà di stimolo per i<br />
giovani ricercatori con l’esito di implementare ancor di più le nostre conoscenze.<br />
Natale G. Frega
Relazioni presentate<br />
7
Presentazione <strong>del</strong> S eminario<br />
La mia generazione degli anni “30” è stata testimone <strong>del</strong>la parabola<br />
evolutiva <strong>del</strong> <strong>burro</strong>: da alimento nobile, ricercato, di grande prestigio<br />
gastronomico e dietologico, a, progressivamente, alimento di tradizione<br />
gastronomica apprezzata ma con la macchia di essere un grasso animale,<br />
epperciò condannato dagli igienisti e mortifi cato presso l’opinione<br />
pubblica. Al <strong>burro</strong> si sono contrapposti altri grassi da condimento con<br />
in primo piano quelli vegetali e soprattutto l’olio d’oliva: quest’ultimo<br />
glorifi cato come depositario di ogni virtù.<br />
Ora, e questo Convegno ne è la testimonianza, grazie alle nuove<br />
conoscenze derivanti dai progressi scientifi ci realizzati sulla conoscenza<br />
<strong>del</strong>le effettive peculiarità <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, questo prodotto può avere potenzialità<br />
di rilancio sulla base di dati obiettivi che ridimensionano le negatività<br />
e ne evidenziano le positività, così come, in effetti, la cultura popolare<br />
empiricamente aveva intuito.<br />
La tradizione alimentare popolare è specchio <strong>del</strong>le relazioni fra le<br />
risorse territoriali e le esigenze di sussistenza. Quanto essa permane<br />
nel tempo signifi ca che le scelte, sottoposte a verifi che plurisecolari e<br />
plurigenerazionali, corrispondono ad aspetti reali.<br />
In Europa geografi camente si è sempre fatta una distinzione fra la “civiltà”<br />
dei grassi animali e quella dei grassi vegetali.<br />
La prima si è affermata negli areali nordici laddove l’olivo non poteva<br />
convenientemente vegetare mentre le condizioni ambientali favorivano lo<br />
sviluppo <strong>del</strong>la zootecnia da latte e <strong>del</strong>la suinicoltura.<br />
Viceversa, la seconda, era praticabile negli ambienti temperati caldi<br />
idonei alla coltivazione e <strong>del</strong>l’olivo e comparativamente, meno favorevoli<br />
alla zootecnia.<br />
La produzione di oli di semi si è inserita più tardivamente come opportunità<br />
“ponte” fra i diversi ambienti.<br />
Queste caratterizzazioni ambientali ed i relativi vincoli hanno determinato<br />
forti infl uenze nei mo<strong>del</strong>li di consumo che, come dimostrano studi <strong>recenti</strong>,<br />
hanno a loro volta infl uenzato anche l’ “adattamento genetico” <strong>del</strong>le<br />
popolazioni.<br />
Pare infatti dimostrato che le popolazioni tradizionalmente assuefatte<br />
alle diete “nordiche” (e nei loro contesti) non subissero gli effetti negativi<br />
derivanti dal consumo di grassi animali, che, in assoluto, le opinioni<br />
dietetiche moderne attribuiscono.<br />
8
Giulio Zucchi, Professore Emerito Università di Bologna<br />
Ambiente, modalità di vita, alimentazione, tradizione come sintesi, hanno<br />
sempre testo ad esplicare equilibri positivi.<br />
Oggi sono soprattutto le modifi che <strong>del</strong>le modalità di vita a determinare,<br />
come logico, un profondo cambiamento nei mo<strong>del</strong>li alimentari favorendo<br />
in essi equilibri dietologici che dovrebbero essere realizzati attraverso<br />
un ricco mix di alimenti, più che con scelte unilaterali o con ostracismi<br />
preconcetti: tanto più se questi scaturiscono da giudizi sommari.<br />
L’Italia è un paese che avendo una ampia longitudine comprende entrambe<br />
le tradizioni le quali hanno convissuto fi no a tempi relativamente <strong>recenti</strong><br />
determinando lo straordinario patrimonio produttivo gastronomico che la<br />
caratterizzano.<br />
Come già citato, appartenendo alla generazione degli anni ’30 sono stato<br />
testimone diretto di questa cultura popolare <strong>del</strong>la convivenza dei diversi<br />
tipi di grasso alimentare così come <strong>del</strong>le sue evoluzioni.<br />
Era norma, nelle famiglie emiliane, che l’olio di oliva fosse utilizzato<br />
prevalentemente a “crudo” (anche perché costava molto) mentre nella<br />
cucina prevalevano i grassi di maiale ed il <strong>burro</strong>. Burro che, oltre ad<br />
essere di produzione industriale, era anche di produzione familiare.<br />
Infatti il latte (acquistato non confezionato dalla “lattaia”) veniva bollito<br />
prima di essere consumato e la “panna” che si isolava con la bollitura era<br />
successivamente raccolta in una tazza ove, con un cucchiaio di legno, si<br />
mescolava fi nchè non si fosse determinata l’aggregazione <strong>del</strong>le particelle<br />
di grasso in <strong>burro</strong>. Di solito il compito di questa “zangolatura” domestica<br />
era affi dato ai ragazzi ed il premio era una fetta di pane con zucchero:<br />
una vera e propria leccornia di grandi virtù nutrizionali nel contesto di<br />
vita di allora.<br />
Estendendo queste concettualità in termini di economia territoriale si<br />
può comprendere anche <strong>del</strong> perché nell’area italiana più vocata alla<br />
produzione <strong>del</strong> latte bovino si sia affermata la produzione di formaggi e<br />
fra questi di quelli semigrassi come il grana. Facendo riferimento ai tempi<br />
trascorsi è ben noto come la produzione di latte fosse condizionata alla<br />
cadenza naturale dei parti <strong>del</strong>le vacche ed alla produzione foraggera<br />
locale.<br />
Le condizioni prevalenti di decadenza produttiva degli alimenti foraggeri in<br />
estate-autunno, nonché il freddo o la copertura nevosa, oppure la diffi cile<br />
9
Giulio Zucchi, Professore Emerito Università di Bologna<br />
accessibilità dei terreni nei periodi piovosi, hanno concorso nel favorire<br />
la concentrazione dei parti in fi ne inverno-primavera e, di conseguenza,<br />
al concentrazione <strong>del</strong>la massima produzione di latte nei periodo da<br />
primavera a primo autunno. Fanno eccezione le zone a marcita.<br />
In tale situazione come era possibile conservare l’eccesso di produzione<br />
lattiera rispetto ai consumi? Con i formaggi, soprattutto con quelli a pasta<br />
dura (la tecnologia <strong>del</strong> latte in polvere è relativamente recente).<br />
I formaggi a pasta dura, tanto più se di lunga conservazione, consentono di<br />
garantire i rifornimenti alimentari nell’intero anno oltre che di compensare<br />
le annate di magra con quelle ricche.<br />
Nell’ambito dei formaggi duri per sfruttare al meglio il latte (e gli stessi<br />
processi caseari) si sono affermati i formaggi semimagri come i grana,<br />
scremando parzialmente i latti mediante la tecnica <strong>del</strong>l’affi oramento. Ecco<br />
perché per lungo tempo in Italia il <strong>burro</strong> era in prevalenza da affi oramento:<br />
con tutti i problemi che ne derivano.<br />
Ora questi vincoli si sono attenutati e le tecnologie si sono evolute.<br />
L’immagine storica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> italiano è comunque rimasta con i suoi<br />
“chiaroscuri” perché essa è troppo radicata.<br />
Ma, come si notava all’inizio, il mondo cambia e così si evolvono le<br />
conoscenze intrinseche sui prodotti, quelle nutrizionali correlate all’uomo<br />
moderno, le tecniche di produzione e di lavorazione, le modalità di<br />
consumo e via dicendo.<br />
Alla luce <strong>del</strong>le nuove conoscenze per ogni prodotto (tanto più se ricco di<br />
una tradizione plurisecolare come è il <strong>burro</strong>) vi è però la necessità di una<br />
“reinterpretazione” e di una riproposizione sia sul piano intrinseco e sia<br />
su quello <strong>del</strong>l’immagine.<br />
In questa nuova prospettiva i burri italiani che derivano da latti prodotti<br />
secondo i rigidi disciplinari <strong>del</strong>le DOP, potrebbero avvantaggiarsi <strong>del</strong>la<br />
immagine positiva di questi nobili formaggi.<br />
La regolamentazione Ue non consente questi sinergismi promozionali<br />
espliciti, ma riteniamo che oltre ad insistere per superare questi divieti,<br />
la fantasia italiana dovrebbe essere capaci di trovare qualche soluzione<br />
vantaggiosa.<br />
Purtroppo il <strong>burro</strong> è considerato una “commodity” derivante in modo<br />
congiunto dal latte ed in quanto tale (anche in relazione alla struttura<br />
produttiva <strong>del</strong> comparto specifi co) non stimola investimenti promozionali<br />
rilevanti.<br />
10
Giulio Zucchi, Professore Emerito Università di Bologna<br />
Tenuto conto di questo contesto, avendo potuto avere cognizione <strong>del</strong>le<br />
Relazioni che saranno svolte ritengo che questo Convegno consentirà un<br />
originale aggiornamento scientifi co sulle peculiatià <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
È su queste “novità” che possono ravvisarsi i presupposti per poterlo<br />
rilanciare.<br />
Va dato merito al Prof. Giuseppe Losi – che da molti anni sapientemente<br />
e tenacemente si è dedicato alle tematiche <strong>del</strong> <strong>burro</strong> – di avere avuto la<br />
determinazione di proseguire le ricerche e di avere organizzato questa<br />
assiste coinvolgendo non solo gli studiosi ma anche tutto il mondo<br />
operativo.<br />
La valorizzazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> riveste un forte interesse economico e<br />
sociale per tutta la fi liera produttiva. L’ottica di analisi non può che<br />
essere internazionale ma, in essa, le peculiarità italiane possono trovare<br />
condizioni obiettive di competitività. Per esprimere queste potenzialità si<br />
deve puntare sull’innovazione – innestata sulla tradizione – evitando scelte<br />
che irretiscano nella ricerca di protezionismi, destinati, inevitabilmente,<br />
a creare attese illusorie.<br />
Se il mondo cambia è indispensabile porsi nella scia <strong>del</strong> cambiamento.<br />
Se possibile per orientarlo, ma mai per contrapporsi ad esso!<br />
11
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Tendenze <strong>recenti</strong> <strong>del</strong>la produzione e <strong>del</strong><br />
consumo di <strong>burro</strong> nell’unione europea e in<br />
italia 1<br />
Riassunto<br />
La realtà <strong>del</strong> mercato nazionale <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, in questo lavoro, viene affrontata<br />
in un’ottica di fi liera evidenziando le tendenze evolutive di medio periodo<br />
in tutti i suoi segmenti, dall’industria di trasformazione ai consumi, senza<br />
trascurare il commercio estero ed i canali distributivi. Trattandosi di una<br />
commodity derivata dal latte si è ritenuto utile inquadrare il mercato <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong>, nel contesto europeo ed internazionale <strong>del</strong>l’intero settore lattierocaseario<br />
al fi ne di meglio interpretarne le dinamiche. E’ noto infatti che<br />
la riduzione <strong>del</strong> prezzo d’intervento comunitario ha determinato una<br />
convergenza progressiva <strong>del</strong>le quotazioni nazionali ed europee verso<br />
il prezzo mondiale <strong>del</strong>le commodities <strong>del</strong> settore. L’elevata volatilità dei<br />
prezzi registrata negli ultimi anni ha prodotto effetti destabilizzanti sui<br />
mercati sia alla produzione che al dettaglio, innescando un processo<br />
di aggiustamento che ha dilatato ulteriormente i margini distributivi<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Nell’ultima parte <strong>del</strong> lavoro viene affrontato il problema <strong>del</strong><br />
posizionamento <strong>del</strong> prodotto in esame in rapporto alla GDO.<br />
Recenti tendenze <strong>del</strong>la produzione europea e<br />
mondiale di latte<br />
L’Unione europea a 27 Paesi, con circa 141 milioni di tonnellate di latte (di<br />
tutte le specie), pur rimanendo la principale area di produzione, a livello<br />
mondiale, registra un peso decrescente (dal 24,4% nel 2004 al 21,6%<br />
nel 2009): infatti nell’ultimo quinquennio, mentre nell’Ue la produzione è<br />
leggermente diminuita (-1,5%), nel resto <strong>del</strong> mondo ha registrato un balzo<br />
<strong>del</strong> 15,4% (+24,6% in Asia, +13% in America sia <strong>del</strong> Nord che <strong>del</strong> Sud e<br />
+12,5% in Africa). Gli incrementi produttivi maggiori riguardano i Paesi<br />
in via di sviluppo, mentre la crescita appare assai contenuta in importanti<br />
aree sviluppate come l’Oceania e il resto <strong>del</strong>l’Europa.<br />
La situazione <strong>del</strong> mercato europeo <strong>del</strong> latte (in particolare di quello vaccino)<br />
1 Il lavoro è frutto <strong>del</strong>lo sforzo congiunto di entrambi gli autori anche se A. Bonezzi<br />
ha curato prevalentemente i paragrafi : Evoluzione dei margini distributivi e Il<br />
posizionamento <strong>del</strong> <strong>burro</strong> e La Grande Distribuzione Organizzata<br />
12
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
è caratterizzata da una notevole rigidità <strong>del</strong>l’offerta: tale rigidità dipende<br />
non solo dalla lunghezza <strong>del</strong> ciclo produttivo, ma anche dal principale<br />
strumento di regolazione <strong>del</strong> mercato costituito dalle quote. Va tuttavia<br />
rilevato che anche l’incertezza ricollegabile alla notevole volatibilità dei<br />
prezzi, che ha caratterizzato la dinamica negli ultimi anni, ha avuto un<br />
peso determinante. L’andamento sfavorevole dei prezzi registrato nel<br />
2008 e 2009 appare, infatti, come la causa principale <strong>del</strong>la contrazione<br />
produttiva prevista per il 2009, nell’Ue nonostante l’aumento <strong>del</strong>le quote<br />
avvenuto nel corso <strong>del</strong>l’anno.<br />
Sulla base dei dati defi nitivi concernenti il quinquennio 2003-’08 si<br />
desume che nell’Ue a 25, a fronte di una contrazione <strong>del</strong> patrimonio<br />
vacche di 1,5 milioni di capi (da 24 a 22,5 milioni) le consegne di latte<br />
nel quinquennio sono leggermente aumentate (da 131,4 a 132,1 milioni<br />
di t, pari a +0,6%).<br />
D’altra parte si deve rimarcare che negli anni 2006 e 2007 le consegne di<br />
latte erano inferiori al livello registrato nel 2003; solo nel 2008 esse hanno<br />
evidenziato un incremento signifi cativo (<strong>del</strong>l’1,3%) sull’anno precedente.<br />
Questo incremento è stato determinato dall’impennata <strong>del</strong> prezzo <strong>del</strong> latte<br />
alla stalla registrata nel 2007 e all’inizio <strong>del</strong> 2008. Data la lunghezza <strong>del</strong><br />
ciclo produttivo occorre infatti ammettere uno scarto temporale di almeno<br />
12 mesi tra variazioni di prezzo e adattamento <strong>del</strong>l’offerta 2 .<br />
Se si disaggrega il dato tra vecchia Ue a 15 e nuovi Stati membri si osserva<br />
che nella prima area anche le consegne <strong>del</strong> 2008 restano inferiori <strong>del</strong>l’1%<br />
al dato <strong>del</strong> 2003 (114,9 milioni di t contro 116,1). Per contro, nei 10 Stati<br />
membri <strong>del</strong>l’Europa orientale entrati nell’Ue fi no al 2004, le consegne di<br />
latte hanno registrato un balzo di quasi il 13%.<br />
Queste dinamiche produttive diversifi cate trovano una spiegazione nel<br />
processo di riavvicinamento fra i due blocchi di Paesi <strong>del</strong>l’Ue che ha ridotto<br />
il differenziale di prezzo <strong>del</strong> latte all’azienda: nel medio periodo, infatti,<br />
le quotazioni nei nuovi Paesi membri sono aumentate facendo registrare<br />
una variazione (35%) quasi doppia rispetto alla vecchia Europa a 15<br />
(19%).<br />
Analizzando la dinamica <strong>del</strong>le consegne di latte dei principali partner<br />
europei (di fonte Eurostat), a conferma di quanto osservato sopra, si rileva<br />
che la massima performance produttiva è stata realizzata dalla Polonia<br />
2 In Francia gli accordi interprofessionali prevedono che il prezzo <strong>del</strong> latte venga<br />
determinato sulla base <strong>del</strong>le quotazioni <strong>del</strong>l’anno precedente, di un determinato<br />
gruppo di prodotti.<br />
13
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
(+24% <strong>del</strong> latte consegnato nel quinquennio): l’unico Paese <strong>del</strong> blocco<br />
orientale che appare in grado di competere con i grandi produttori <strong>del</strong>la<br />
“vecchia” Europa. D’altra parte non va dimenticato che la Polonia è uno<br />
dei Paesi in cui, nell’ultimo quinquennio, le quotazioni <strong>del</strong> latte all’azienda<br />
hanno registrato i maggiori incrementi.<br />
Tra i principali Paesi produttori <strong>del</strong>la “vecchia Europa”, solo Francia,<br />
Olanda, e Danimarca nel medio periodo, evidenziano dinamiche positive<br />
con incrementi ridotti ma signifi cativi <strong>del</strong>le consegne di latte (+3%, +2,2%<br />
e +1,1% rispettivamente); il principale produttore <strong>del</strong>l’Ue - la Germania<br />
- registra un incremento lieve (+0,5%) che gli consente comunque di<br />
mantenere invariata al 20,8% la propria quota di latte consegnato.<br />
Gli altri principali partner <strong>del</strong>la vecchia Europa, nel medio termine, hanno<br />
subito fl essioni che risultano più accentuate nel Regno Unito (-8,3%), in<br />
Italia (-5,2%) e in Irlanda (-3,8%) rispetto a quella registrata in Spagna<br />
(-1,1%).<br />
Evoluzione <strong>del</strong>la produzione di trasformati <strong>del</strong><br />
latte<br />
Nel medio termine nell’Ue si osservano dinamiche produttive assai<br />
diversifi cate per i principali derivati <strong>del</strong> latte: a fronte di un incremento<br />
per il formaggio e di una sostanziale stabilità <strong>del</strong>la produzione di latte<br />
alimentare e <strong>del</strong>la polvere di latte intero (con una crescita nell’ultimo<br />
biennio), si rilevano fl essioni che risultano accentuate per il latte scremato<br />
in polvere e più contenute per il <strong>burro</strong> (stabile nell’ultimo biennio).<br />
L’offerta di <strong>burro</strong><br />
L’offerta mondiale di <strong>burro</strong>, nel 2007, ha sfi orato i 9,5 milioni di t; negli<br />
ultimi anni essa è cresciuta rapidamente, trainata soprattutto dall’India<br />
(primo Paese produttore) e dagli Stati Uniti (che si collocano al 3° posto,<br />
dopo l’Ue). La Nuova Zelanda - 4° produttore mondiale - presenta, invece,<br />
un’offerta che oscilla da un anno all’altro <strong>del</strong> 5% attorno ad una media<br />
di 400 mila t.<br />
Analizzando più dettagliatamente la dinamica <strong>del</strong>la produzione di <strong>burro</strong><br />
nella Ue si osserva, nel medio periodo, una fl essione <strong>del</strong> 6% che si è,<br />
tuttavia, arrestata nel biennio 2007-’08, allorquando la quantità prodotta<br />
nelle latterie si è stabilizzata intorno a 1.890.000 t. La contrazione<br />
produttiva, nel quinquennio 2003-’08, è risultata più accentuata nei nuovi<br />
Paesi membri (-11%) rispetto alla vecchia Ue-15, ove la fl essione è stata<br />
14
contenuta al 5%. Tra i nuovi membri (che detengono complessivamente<br />
una quota assai modesta pari al 14% <strong>del</strong>la produzione comunitaria di<br />
<strong>burro</strong>), la Polonia, terzo produttore <strong>del</strong>l’Ue (con 174 mila t nel 2008),<br />
risulta in controtendenza, segnando un incremento <strong>del</strong> 4%, nel medio<br />
termine. Tra i principali competitor <strong>del</strong>la vecchia Europa, soltanto Olanda<br />
e Germania hanno realizzato, nel medio termine incrementi signifi cativi<br />
<strong>del</strong>la produzione di <strong>burro</strong> (<strong>del</strong> 13% e 3% rispettivamente). Gli altri grandi<br />
produttori, per contro, hanno subito fl essioni abbastanza consistenti<br />
che vanno dal -10%, -11% di Italia e Irlanda, al -15% <strong>del</strong> Regno Unito<br />
(Figura 1).<br />
La Francia, 2° Paese produttore europeo dopo la Germania, ha contenuto<br />
la fl essione sotto il 2%. Si deve rimarcare, tuttavia, l’evoluzione positiva,<br />
nel biennio 2007-’08, registrata nei due principali competitor che hanno<br />
ormai superato il 47% <strong>del</strong>l’offerta totale comunitaria di <strong>burro</strong>.<br />
L’offerta di formaggi<br />
L’offerta mondiale di formaggi risulta anch’essa in crescita, ma ad un tasso<br />
notevolmente inferiore rispetto al <strong>burro</strong>; tale crescita è trainata anzitutto<br />
dalle due principali aree di produzione – Ue e soprattutto Stati Uniti – che<br />
detengono quote produttive rispettivamente di<br />
Figura 1 Dinamica <strong>del</strong>la produzione di <strong>burro</strong> nei principali<br />
Paesi UE dal 2003 al 2008 (000 t)<br />
Fonte: Eurostat<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
oltre un terzo e quasi un quinto <strong>del</strong> totale mondo. Molto più elevato risulta<br />
il tasso di crescita <strong>del</strong>l’offerta di formaggi negli altri tre Paesi produttori<br />
che seguono nella graduatoria decrescente (Brasile, Argentina e Russia).<br />
Per quanto concerne l’Unione europea è possibile effettuare un’analisi<br />
15
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
di medio periodo limitatamente alla “vecchia” Ue-15, ove si concentra,<br />
però, l’86% <strong>del</strong>la produzione comunitaria di formaggi (per alcuni dei<br />
nuovi Paesi membri non sono disponibili dati anteriori al 2005). Nel<br />
quinquennio 2003-08 l’offerta di formaggi nell’Ue-15 è aumentata di<br />
oltre il 7%: nell’ambito dei tre maggiori produttori – Germania, Francia<br />
e Italia – solo il primo Paese evidenzia una crescita superiore alla media<br />
Ue, mentre l’Italia, con un incremento <strong>del</strong> 6%, si colloca leggermente al<br />
di sotto. Tra i principali Paesi produttori <strong>del</strong>l’Europa occidentale, anche<br />
Olanda, Regno Unito e soprattutto Irlanda evidenziano alti tassi di crescita.<br />
Per contro, l’offerta di formaggi risulta in fl essione in Spagna e Svezia, in<br />
Austria e Danimarca appare stazionaria. Tra i nuovi membri <strong>del</strong>l’Europa<br />
orientale emergono alcuni Paesi con alti tassi di crescita <strong>del</strong>l’offerta tra<br />
cui: Polonia (che è il 5° maggior produttore <strong>del</strong>l’Ue-27) e Lituania.<br />
Offerta di latte in polvere<br />
Per quanto concerne la polvere di latte si osserva anzitutto che l’offerta<br />
mondiale, nel 2007, ammontava a 8,8 milioni di t, di cui poco più <strong>del</strong>la<br />
metà (50,6%) ottenuta da latte scremato ed il rimanente 49,4% da latte<br />
intero. Il principale Paese produttore di polvere di latte intero è la Cina,<br />
con un’offerta in forte crescita che, nel 2007 ha superato il 26% <strong>del</strong> totale<br />
mondo. Dopo l’Ue – che si colloca al 2° posto - gli altri comprimari sono:<br />
Nuova Zelanda (con un’offerta stazionaria) e Brasile che, nel medio<br />
termine, presenta un’evoluzione molto positiva. A livello comunitario<br />
nello stesso anno 2007 la produzione complessiva di polvere di latte ha<br />
superato il quantitativo di 1,8 milioni di t, con uno scarto maggiore tra<br />
le due commodities (54,2% ottenuta da latte scremato e 45,8% da latte<br />
intero) rispetto a quello osservato sul totale mondiale.<br />
Le diverse dinamiche evidenziate nel corso <strong>del</strong> 2008 dall’offerta di queste<br />
commodities (decrescente per la polvere magra e crescente per quella di<br />
latte intero) hanno però ridotto lo scarto tra l’offerta <strong>del</strong>le due categorie<br />
merceologiche.<br />
L’area principale per la produzione di latte scremato in polvere, a livello<br />
mondiale, è rappresentata dall’Ue (con oltre un quinto <strong>del</strong> totale mondo)<br />
seguita da USA e India (con produzioni in forte crescita) e dalla Nuova Zelanda.<br />
I principali Paesi produttori di latte scremato in polvere<br />
nell’Unione Europea<br />
Poiché la produzione di <strong>burro</strong> è strettamente correlata a quella di polvere<br />
16
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
magra di latte conviene prendere in esame le dinamiche produttive di<br />
quest’ultima commodity nei Paesi <strong>del</strong>l’Ue. Nel medio termine si rileva<br />
una forte fl essione <strong>del</strong>l’offerta comunitaria (-27%); analizzando la serie<br />
annuale dal 2003 al 2008 si osserva un andamento ciclico con una<br />
fase decrescente fi no al 2006, seguita da una rapida ripresa nel 2007<br />
e da un’ulteriore fl essione nel 2008. Si deve considerare, infatti, che il<br />
latte scremato in polvere è una commodity la cui offerta risulta molto<br />
infl uenzata dall’andamento <strong>del</strong> mercato internazionale.<br />
I maggiori produttori europei sono Francia, Germania e Polonia che, nel<br />
2008, controllavano quasi i due terzi <strong>del</strong>l’offerta comunitaria di questa<br />
commodity; tra questi Paesi la Francia, nel medio termine, ha registrato una<br />
lieve crescita produttiva che le ha consentito di superare la Germania (la cui<br />
produzione è calata <strong>del</strong> 30%) nella graduatoria dei Paesi membri <strong>del</strong>l’Ue.<br />
In sintesi si osserva che le due graduatorie dei principali Paesi produttori<br />
di <strong>burro</strong> e di polvere magra di latte, tranne qualche scambio di posizione,<br />
sono simili. Per quanto concerne le prime sette posizioni, entrambe<br />
comprendono i sei Paesi seguenti: Germania, Francia, Polonia, Olanda,<br />
Irlanda e Regno Unito. Gli unici Paesi che compaiono in una sola<br />
graduatoria sono, da un lato, l’Italia, che non produce latte in polvere<br />
e dall’altro, il Belgio, che occupa il 4° posto per questa commodity pur<br />
producendo solo una modestissima quantità di <strong>burro</strong> 3 .<br />
Non soltanto i livelli produttivi ma anche le loro dinamiche di medio termine<br />
confermano l’esistenza di una stretta correlazione tra i due derivati <strong>del</strong><br />
latte. In ben 8 Paesi membri <strong>del</strong>l’Ue-15 si osserva infatti una concordanza<br />
(stesso segno) tra le variazioni (anche se di diversa intensità) <strong>del</strong>l’offerta<br />
di polvere magra e di <strong>burro</strong>.<br />
Dinamica dei prezzi internazionali e <strong>del</strong>le<br />
giacenze comunitarie<br />
Il prezzo <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, così come avviene in generale per le commodities agroalimentari,<br />
subisce un’infl uenza diretta degli equilibri che si formano sul mercato globale, con<br />
rapidi adeguamenti alle nuove situazioni che si vengono a determinare.<br />
3 Una simile correlazione anche se meno stretta si osserva anche a livello mondiale; in<br />
particolare per Ue, USA e India. Vale la pena di annotare la situazione <strong>del</strong>la Cina<br />
che pur detenendo la quarta posizione per la produzione <strong>del</strong> latte, non appare tra le<br />
prime 11 nazioni produttrici, di <strong>burro</strong>, formaggio e polvere magra di latte; essa però<br />
si colloca in testa alla graduatoria <strong>del</strong>la produzione mondiale di latte intero in polvere.<br />
17
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Generalmente per osservare l’andamento <strong>del</strong>le quotazioni internazionali<br />
dei prodotti lattiero-caseari si fa riferimento al mercato <strong>del</strong>la Nuova<br />
Zelanda che è uno dei principali Paesi esportatori di questi prodotti.<br />
L’evoluzione <strong>del</strong> prezzo internazionale <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, ha registrato, una prima<br />
fase di crescita - dal 2002 a metà <strong>del</strong> 2005 - seguita da un’accentuata<br />
discesa nell’anno successivo. A partire dal 4° trimestre 2006, sotto la<br />
spinta di una domanda sostenuta, è iniziata una nuova ed accentuata fase<br />
ascendente che, dopo 12 mesi ha portato le quotazioni internazionali <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> oltre i 4000 dollari/t. A partire dall’ottobre 2007 il suddetto prezzo<br />
ha subito una repentina fl essione che è proseguita fi no al febbraio 2009<br />
(Figura 2). Il meccanismo dei prezzi garantiti, combinato con il sistema<br />
<strong>del</strong>le quote produttive, aveva garantito fi no al 2004 una notevole stabilità<br />
dei prezzi nel settore lattiero. La progressiva riduzione <strong>del</strong>l’intervento<br />
comunitario negli ultimi anni ha esposto il mercato europeo agli effetti di<br />
una liberalizzazione sempre più spinta che ha determinato una progressiva<br />
convergenza <strong>del</strong>le quotazioni europee verso i prezzi internazionali.<br />
Poiché l’Ue, assieme alla Nuova Zelanda, rappresenta una <strong>del</strong>le principali<br />
aree strutturalmente eccedentarie, non si può prescindere <strong>del</strong>l’evoluzione<br />
<strong>del</strong>le giacenze comunitarie di “commodities” lattiero-casearie per valutare<br />
lo stato di salute <strong>del</strong> settore.<br />
Figura 2 Prezzi Fob Nuova Zelanda dei principali prodotti<br />
lattiero-caseari.<br />
Fonte: Elaborazione Osservatorio Latte su dati FAS-USDA<br />
Le variazioni <strong>del</strong>le scorte generalmente infl uenzano rapidamente le quotazioni<br />
<strong>del</strong>le commodities determinando su queste variazioni di segno opposto.<br />
Le giacenze di <strong>burro</strong> nell’Ue e particolarmente quelle private presentano<br />
18
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
una spiccata stagionalità, con valori minimi nel primo trimestre e valori<br />
massimi nei mesi centrali <strong>del</strong>l’anno. I valori minimi sono diminuiti dal<br />
2004 al 2008: le scorte pubbliche, che dal 2004 al 2006 superavano<br />
quelle private, si sono drasticamente ridotte fi no a scomparire a metà <strong>del</strong><br />
2007 per ricomparire all’inizio <strong>del</strong> 2009. Nel corso <strong>del</strong> 2008 le scorte<br />
private, invece, hanno evidenziato un andamento stagionale anomalo,<br />
con un primo picco a marzo, seguito da un azzeramento e quindi da un<br />
secondo picco molto alto ad agosto (Figura 3).<br />
Si deve ricordare che gli acquisti all’intervento devono essere considerati<br />
come misure connesse a situazioni contingenti di pesantezza <strong>del</strong> mercato;<br />
l’Ue infatti ha manifestato un orientamento sfavorevole nei confronti di<br />
misure permanenti di sostegno dei prezzi.<br />
Tendenze dei consumi e <strong>del</strong> grado di autoapprovvigionamento<br />
di <strong>burro</strong> nei principali Paesi<br />
produttori <strong>del</strong>l’Ue<br />
I consumi apparenti di prodotti lattiero-caseari nell’Ue mostrano tendenze<br />
analoghe a quelle osservate per i fl ussi produttivi: si tratta di dati medi che<br />
scontano, da un lato un più basso livello dei consumi nei Paesi <strong>del</strong>l’Europa<br />
orientale e dall’altro una più lenta crescita, se non addiritturaun regresso<br />
per taluni prodotti, nell’Europa occidentale.<br />
Figura 3 Giacenze di <strong>burro</strong> e di latte scremato in polvere<br />
nella UE dal 2000 al 2009 (000 t).<br />
Fonte: Elaborazione Osservatorio Latte su dati Commissione Europea.<br />
19
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
A fronte di una dinamica crescente osservata per i formaggi (+6% nel<br />
periodo 2003-08), il cui consumo medio ha raggiunto i 17,7 Kg “procapite”,<br />
il latte scremato in polvere evidenzia una domanda in forte<br />
regresso (-22%) dovuta anche alla crisi <strong>del</strong>l’allevamento <strong>del</strong> vitello a carne<br />
bianca (Tabella1).<br />
Tabella 1<br />
Consumo apparente di prodotti lattiero-caseari nella UE,<br />
nel 2007 e 2008 (.000 t)<br />
2007 2008 var. % kg pro-capite 2008<br />
Burro 1930 1910 -1,0 3,9<br />
Formaggio 8710 8750 0,5 17,7<br />
Latte scremato in polvere 850 770 -9,4<br />
Fonte: Elaborazioni Osservatorio Latte su dati Eurostat e ZMP.<br />
Per quanto concerne il <strong>burro</strong>, invece, si riscontra una sostanziale stagnazione<br />
<strong>del</strong> consumo medio per abitante che, nella Ue, nel 2008, si aggira intorno<br />
ai 4 Kg.<br />
Le statistiche di fonte Eurostat risultano incomplete e, per quanto concerne il<br />
bilancio di auto-approvvigionamento <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, consentono di analizzare le<br />
dinamiche dei fl ussi soltanto nei principali Paesi produttori <strong>del</strong>la vecchia Ue.<br />
Nel periodo 2000-2005 quasi tutti i suddetti Paesi evidenziano contrazioni<br />
più o meno accentuate dei consumi apparenti con l’eccezione <strong>del</strong> Regno<br />
Unito che registra, nel quinquennio considerato, una lieve crescita (Figura 4).<br />
Figura 4 Evoluzione dei consumi pro-capite di <strong>burro</strong> in<br />
alcuni Paesi Ue dal 2000 al 2005.<br />
Fonte: Eurostat (il dato iniziale <strong>del</strong>l’Olanda è riferito al 1999).<br />
20
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Nonostante la diminuzione di 1 kg dei consumi “pro-capite” (da 8,7 a<br />
7,7 kg osservata nel medio periodo), i francesi rimangono i maggiori<br />
utilizzatori di <strong>burro</strong> nella vecchia Ue, seguiti da tedeschi (6,4 kg) e olandesi<br />
(5,5 kg nel 2005 con una domanda in forte fl essione).<br />
Irlanda e Italia, nel 2005, registravano livelli simili dei consumi apparenti<br />
(2,8 Kg “pro-capite”) e inferiori al dato osservato nel Regno Unito (3,3<br />
kg); a differenza <strong>del</strong>l’Irlanda, ove la domanda di <strong>burro</strong> risulta in netto<br />
calo, l’Italia registra una tendenziale stagnazione.<br />
Le dinamiche produttive e dei consumi determinano l’evoluzione <strong>del</strong> grado<br />
di auto- approvvigionamento <strong>del</strong> <strong>burro</strong> che, nello stesso quinquennio<br />
2000-’05, è aumentato nella maggior parte dei Paesi produttori <strong>del</strong>la<br />
“vecchia Ue”. Tali incrementi hanno riguardato principalmente i due Paesi<br />
strutturalmente eccedentari (Irlanda e Olanda), ma anche Germania e<br />
Francia hanno migliorato l’indice; per contro, Regno Unito e Italia hanno<br />
registrato un arretramento <strong>del</strong> tasso percentuale di autoapprovvigionamento<br />
<strong>del</strong> prodotto in esame.<br />
Gli scambi di prodotti lattiero-caseari <strong>del</strong>l’Unione<br />
europea con i Paesi terzi<br />
Negli scambi internazionali di <strong>burro</strong> l’Ue-27 occupa il secondo posto nelle<br />
graduatorie sia dei principali esportatori (preceduta dalla Nuova Zelanda e<br />
seguita dagli Stati Uniti), sia degli importatori (preceduta dalla Russia): da ciò<br />
si deduce che l’Ue pur risultando nettamente eccedentaria è coinvolta anche<br />
in un commercio di tipo orizzontale di questa commodity.<br />
I successivi allargamenti <strong>del</strong>l’Ue consentono un confronto omogeneo<br />
limitatamente al biennio 2007-’08. I dati analizzati permettono di<br />
affermare che l’Ue rimane un’area strutturalmente eccedentaria sul mercato<br />
internazionale, nonostante la riduzione <strong>del</strong> saldo (export-import) rilevata nel<br />
2008 per tutti i derivati <strong>del</strong> latte ad eccezione <strong>del</strong>la polvere di latte intero.<br />
Si deve annotare, infatti, che a causa <strong>del</strong>la crisi economica globale da un<br />
lato, e <strong>del</strong>la scarsa competitività dei prodotti europei dall’altro nel 2008,<br />
le esportazioni di prodotti lattiero-caseari <strong>del</strong>l’Ue hanno subito un sensibile<br />
regresso. Tra i derivati <strong>del</strong> latte il <strong>burro</strong>, con un calo <strong>del</strong> 30% dei volumi<br />
esportati, è il prodotto che ha manifestato la maggiore debolezza (Figura 5).<br />
21
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Figura 5 Saldo (export-import) <strong>del</strong> 2007 e 2008,<br />
riguardante lo scambio dei principali prodotti lattierocaseari<br />
<strong>del</strong>la UE con i paesi terzi (000 t).<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat e ZMP.<br />
Il lieve incremento <strong>del</strong>le consegne di latte <strong>del</strong> 2008 è stato destinato, infatti,<br />
alla produzione di polvere di latte intero che è stata esportata in gran<br />
parte nei Paesi terzi: le esportazioni di questo prodotto, nel 2008, sono<br />
cresciute <strong>del</strong> 32% ed hanno compensato la forte riduzione <strong>del</strong>l’export di<br />
<strong>burro</strong>. Occorre inoltre ricordare che nel 2° semestre 2007 e per tutto il<br />
2008 le esportazioni di <strong>burro</strong> non hanno benefi ciato <strong>del</strong>le restituzioni<br />
comunitarie, che sono state ripristinate (anche se in misura ridotta) solo<br />
nel 2009.<br />
La situazione <strong>del</strong> mercato nazionale <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Evoluzione <strong>del</strong>la produzione e degli scambi con l’estero<br />
In Italia dal 2005 si rileva una continua fl essione <strong>del</strong>la produzione di<br />
<strong>burro</strong> che è scesa da 124.100 a 110.200 t nel 2008. Parallelamente si è<br />
assistito ad una crescita continua <strong>del</strong>la produzione di crema da consumo<br />
(da 121.900 a 148.600 t). Tale dinamica trova una parziale giustifi cazione<br />
nella evoluzione sfavorevole <strong>del</strong> prezzo (relativo) all’origine <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
rispetto a quello <strong>del</strong>la crema; tale andamento negativo si è accentuato nel<br />
corso <strong>del</strong> 2008 ed è proseguito anche nella prima metà <strong>del</strong> 2009.<br />
Per quanto concerne l’evoluzione <strong>del</strong>la struttura industriale negli ultimi<br />
25 anni, in Italia, si osserva una forte contrazione <strong>del</strong>le piccole unità<br />
22
produttive (nel 2007 ne erano rimaste 632) ed una sostanziale stabilità<br />
<strong>del</strong>le medio-grandi (che erano 112 nel 2007); queste ultime controllano<br />
ormai quasi il 90% <strong>del</strong>la produzione nazionale di <strong>burro</strong>.<br />
L’Italia è un Paese strutturalmente defi citario per i grassi <strong>del</strong> latte; il<br />
saldo normalizzato <strong>del</strong> nostro commercio estero di <strong>burro</strong> è nettamente<br />
peggiorato nel periodo 2005/2008. Ciò è avvenuto nonostante il consumo<br />
sia leggermente calato (da 2,8 a 2,6 kg pro-capite).<br />
Le dinamiche <strong>del</strong>la produzione e dei consumi hanno determinato<br />
come effetto congiunto una riduzione di tre punti <strong>del</strong> tasso di<br />
autoapprovvigionamento <strong>del</strong>l’Italia che, dal 2005 al 2008, è sceso dal<br />
75 al 72% (Tabella 2). I nostri principali fornitori sono Benelux, Francia,<br />
Germania e Regno Unito (da cui importiamo soprattutto <strong>burro</strong> anidro)<br />
(Figura 6). Nell’ultimo decennio la ragione di scambio si è determinata<br />
progressivamente, infatti il prezzo all’importazione dal 2000 risulta<br />
sistematicamente superiore a quello di esportazione (Figura 7); il prodotto<br />
nord-europeo è infatti generalmente considerato di qualità superiore a quello<br />
italiano (ottenuto come prodotto congiunto <strong>del</strong>la produzione di formaggi).<br />
Tabella 2<br />
Evoluzione dei consumi pro-capite, <strong>del</strong> tasso di auto<br />
approvvigionamento e saldo normalizzato in Italia<br />
per i principali prodotti lattiero-caseari. (Fonte: Nostre<br />
elaborazioni su dati Istat)<br />
Latte<br />
alimentare<br />
Consumi pro-capite (kg) Tasso di autoapprov. (%) Saldo normalizzato (%)<br />
Media 2004-05<br />
Media 2007-08<br />
Differenza<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Media 2004-05<br />
23<br />
Media 2007-08<br />
57,4 55,7 -1,7 86,3 87,8 1,5 -98,6 -97,1 1,5<br />
Formaggi 21,2 21,4 0,2 83,5 83,3 -0,2 -3,2 -2,0 1,2<br />
Yogurt 7,0 8,4 1,4 64,3 61,3 -3,0 -92,8 -90,5 2,3<br />
Burro 2,8 2,6 -0,2 74,9 71,9 -3,0 -54,7 -72,3 -17,6<br />
Differenza<br />
Media 2004-05<br />
Media 2007-08<br />
Differenza
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Figura 6 Saldo tra export ed import con i principali<br />
fornitori di <strong>burro</strong> <strong>del</strong>l’Italia nel 2008 - (t)<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati INEA.<br />
Figura 7 Evoluzione dei prezzi di import ed export <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> <strong>del</strong>l’Italia.<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati INEA.<br />
Dinamica dei consumi alimentari<br />
Le <strong>recenti</strong> tendenze dei consumi alimentari degli italiani hanno risentito<br />
degli effetti prodotti, da un lato dalla crisi economica e dall’altro dalla<br />
impennata dei prezzi. L’insieme di queste condizioni ha determinato negli<br />
anni 2006-2008 una contrazione <strong>del</strong>la spesa reale <strong>del</strong>le famiglie per<br />
alimenti e bevande che è risultata più accentuata nel 2008, allorquando<br />
l’aumento dei prezzi di questi beni (5,5%) è andato ben oltre il livello<br />
generale di infl azione (3,3%).<br />
Un indicatore che rifl ette la riduzione <strong>del</strong> potere di acquisto dei consumatori<br />
è rappresentato dalla quota di spesa nominale destinata all’alimentazione<br />
24
che, nel 2008, è leggermente risalita (al 19,1% rispetto al 18,8% <strong>del</strong>l’anno<br />
precedente).<br />
La composizione <strong>del</strong>la spesa alimentare degli italiani da alcuni anni<br />
sembra essersi ormai stabilizzata per quanto concerne le voci principali<br />
considerate dalla Contabilità Nazionale: carne (22,6%), frutta e ortaggi<br />
(18%), latte formaggi e uova (13,5%), zucchero, caffè, cacao ecc. (9,8%) e<br />
bevande (9,1%). Cresce, invece, la quota di spesa per pane e cereali che,<br />
nel 2008, a causa soprattutto <strong>del</strong> forte aumento dei prezzi, ha raggiunto<br />
il 14,6%, mentre calano quelle per il pesce (8,5%) e per gli oli e grassi<br />
(3,7%).<br />
Gli acquisti domestici di <strong>burro</strong><br />
Sulla base dei dati Ismea-AC Nielsen si può <strong>del</strong>ineare un quadro sintetico<br />
<strong>del</strong>le tendenze degli acquisti domestici dei prodotti lattiero-caseari, sia in<br />
quantità che in valore. In particolare nel 2008 gli acquisti domestici di <strong>burro</strong><br />
hanno raggiunto le 39.469 tonnellate superando il dato <strong>del</strong> 2006, dopo la<br />
forte fl essione registrata nel 2007. L’incremento in valore degli acquisti 2008<br />
sull’anno precedente (13,7%) è nettamente superiore a quello registrato in<br />
termini quantitativi (4,1%); esso risente, infatti, <strong>del</strong> forte aumento <strong>del</strong> prezzo<br />
al dettaglio <strong>del</strong> <strong>burro</strong> rilevato nell’anno in esame (9,3%).<br />
Il grado di penetrazione <strong>del</strong> prodotto nell’universo <strong>del</strong>le famiglie italiane,<br />
pur mostrando un regresso rimane, tuttavia, abbastanza elevato (81,1%<br />
nel 2008) ma con forti differenziazioni sul territorio nazionale. Esso tende,<br />
infatti, a ridursi signifi cativamente man mano che dal nord-ovest (86,2%)<br />
si scende alle regioni meridionali (72,1%), ove i consumatori preferiscono<br />
prodotti sostitutivi di origine vegetale (Tabella 3).<br />
Tabella 3<br />
Indici di penetrazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> in Italia – 2008.<br />
Ripartizione geografi ca Indice di penetrazione %<br />
Nord-ovest 86,2<br />
Nord-est 84,7<br />
Centro 83,2<br />
Sud 72,1<br />
Italia 81,1<br />
Fonte: Ismea-AC Nielsen.<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
25
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
I canali distributivi <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
In riferimento alla distribuzione si deve ricordare anzitutto che i dati sulle<br />
vendite al dettaglio, rilevati da AC Nielsen escludono alcuni punti vendita<br />
tradizionali come il commercio ambulante e gli spacci aziendali che per<br />
taluni derivati <strong>del</strong> latte hanno un ruolo non trascurabile. Ciò spiega, in<br />
parte, la differenza che si riscontra tra vendita al dettaglio e consumi <strong>del</strong>le<br />
famiglie analizzati nel paragrafo precedente.<br />
Le vendite al dettaglio di <strong>burro</strong> nel 2008 sono scese di poco sotto le 45<br />
mila tonnellate registrando una contrazione <strong>del</strong> 13,6% rispetto al 2007,<br />
per un controvalore di 300 milioni di euro (-10,7%). Le vendite in quantità<br />
rilevate da AC Nielsen rappresentano, perciò, quasi il 30% dei consumi<br />
apparenti4 (154 mila t) desunti dal bilancio di approvvigionamento di<br />
questo prodotto per l’anno 2008.<br />
Riguardo alla tipologia dei punti vendita, il <strong>burro</strong> è indubbiamente un<br />
prodotto che privilegia i canali moderni: la quota dei super+ipermercati<br />
nel 2008 è <strong>del</strong> 62%, superiore a quella rilevata sul totale <strong>del</strong> mercato<br />
lattiero-caseario (58%) (Figura 8). La tipologia super+ipermercati nel<br />
2008 ha però segnato un regresso in favore dei negozi tradizionali e<br />
soprattutto dei discount; questi ultimi infatti con la loro politica di bassi<br />
prezzi sono riusciti ad attrarre un numero crescente di famiglie colpite<br />
dalla crisi economica.<br />
L’andamento <strong>del</strong>le vendite nei diversi canali distributivi dipende, infatti,<br />
in misura rilevante dalle loro strategie di prezzo: queste presentano<br />
un’accentuata variabilità, che è infl uenzata anche dalle diverse strategie<br />
adottate dalle imprese industriali.<br />
Analizzando i prezzi impliciti <strong>del</strong> <strong>burro</strong> nel 2008 (ottenuti dal rapporto<br />
valore/quantità vendute) per tipologia di punto vendita, si nota infatti che<br />
essi variano tra il minimo praticato nei discount di 4,60 euro/kg ed il<br />
livello massimo dei negozi tradizionali di 8,10 (media Italia: 6,66 euro/<br />
Kg). Per quanto concerne le variazioni 2008/2007, inoltre, gli incrementi<br />
maggiori hanno interessato sia il canale distributivo più importante<br />
(super+ipermercati) che le superette, mentre nei discount i valori unitari<br />
sono leggermente diminuiti. I prezzi impliciti debbono essere utilizzati,<br />
4 I consumi apparenti includono sia la componente domestica ed extradomestica sia<br />
i reimpieghi, nonché gli scarti di lavorazione; essi vengono ottenuti dalla somma<br />
algebrica dei seguenti aggregati: produzione, saldo import-export e variazione <strong>del</strong>le<br />
scorte.<br />
26
tuttavia, nella consapevolezza che essi possono rifl ettere aggregati molto<br />
eterogenei sotto il profi lo qualitativo.<br />
Figura 8 Distribuzione % <strong>del</strong>le vendite al dettaglio <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> (a) e dei prodotti lattiero-caseari (b) nel 2008 in<br />
Italia per tipo di punto vendita.<br />
(a)<br />
(b)<br />
Fonte: Elaborazioni Osservatorio Latte su dati AC Nielsen.<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
In Italia il <strong>burro</strong> viene consumato in prevalenza come ingrediente e/o<br />
condimento e solo in minima parte come alimento. Ciò non incoraggia le<br />
imprese produttrici ad introdurre vere e proprie innovazioni di prodotto<br />
che troverebbero modesti sbocchi sul mercato interno. E’ pur vero che<br />
alcune imprese hanno cercato di differenziare il <strong>burro</strong> lanciando prodotti<br />
a basso contenuto di grassi e colesterolo, aromatizzati, o salati, il cui<br />
consumo, nonostante i <strong>recenti</strong> segnali positivi, rimane <strong>del</strong> tutto marginale.<br />
Questi prodotti differenziati non sembrano in grado di modifi care il trend<br />
negativo <strong>del</strong>le vendite di <strong>burro</strong> riconducibile essenzialmente al mutamento<br />
degli stili di vita e dei mo<strong>del</strong>li alimentari, sempre più improntati ad aspetti<br />
“salutistici”.<br />
Il trend negativo <strong>del</strong>le vendite condiziona le scelte <strong>del</strong>le grandi imprese<br />
lattiero-casearie che non puntano sul <strong>burro</strong> come prodotto strategico e che<br />
27
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
quindi perdono quote di mercato in favore <strong>del</strong>le medie imprese che sono<br />
in grado di rapportarsi alla GDO. La struttura di mercato <strong>del</strong> prodotto<br />
in esame appare, infatti, poco concentrata; la quota <strong>del</strong>le prime quattro<br />
imprese produttive raggiunge appena il 26% e tende a diminuire.<br />
Tutto ciò ha dato spazio alle iniziative <strong>del</strong>la distribuzione moderna che si<br />
manifestano soprattutto nella crescita <strong>del</strong>le marche commerciali, che per<br />
il <strong>burro</strong> raggiungono il livello massimo riscontrato trai prodotti lattierocaseari.<br />
Quote di mercato <strong>del</strong>le marche commerciali<br />
Nel mercato italiano <strong>del</strong> <strong>burro</strong> il ruolo <strong>del</strong>le marche commerciali (o marche<br />
dei distributori) è notevolmente cresciuto guadagnando oltre il 6% in 4<br />
anni: sulla base di elaborazioni SMEA su dati IRI Infoscan esse, nel 2008,<br />
hanno raggiunto quasi un terzo <strong>del</strong>le vendite, sia per il <strong>burro</strong> classico,<br />
che per quelli alleggeriti o aromatizzati; per il <strong>burro</strong> salato il peso <strong>del</strong>le<br />
“private label” scende, invece, al 10%.<br />
Nel segmento nettamente prevalente <strong>del</strong> <strong>burro</strong> classico la struttura produttiva<br />
risulta poco concentrata e le marche commerciali nel loro complesso sono<br />
leader nel mercato al dettaglio. Nei segmenti marginali la concentrazione<br />
<strong>del</strong>la struttura industriale è molto più elevata; è utile soffermare l’attenzione,<br />
in particolare, sulla categoria dei burri alleggeriti o aromatizzati nella<br />
quale è cessata la leadership <strong>del</strong>le marche commerciali nel 2008, quando<br />
la loro quota di mercato è scesa <strong>del</strong> 5% in favore di marche industriali.<br />
A livello territoriale si osserva una notevole variabilità nella diffusione <strong>del</strong>le<br />
“private-label”: le quote maggiori si riscontrano nel Centro (40%) e nel<br />
Nord-est (32), mentre nelle rimanenti aree geografi che scendono al 27%.<br />
Evoluzione dei margini distributivi<br />
Il prezzo alla produzione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> ha mostrato, a partire dal 2002,<br />
una lunga fase discendente con un progressivo deterioramento che si è<br />
consolidato con la riforma di medio termine <strong>del</strong>la PAC e la conseguente<br />
riduzione progressiva <strong>del</strong> prezzo di intervento.<br />
Questa fase si è esaurita nel secondo trimestre <strong>del</strong> 2007, quando si è<br />
verifi cata un’impennata <strong>del</strong>le quotazioni, trascinate dalla crescita <strong>del</strong>la<br />
domanda mondiale e dalla scarsa disponibilità di prodotto (evidenziata<br />
dalla riduzione <strong>del</strong>le scorte). La media <strong>del</strong> prezzo alla produzione è<br />
salita in un anno <strong>del</strong> 35,5% passando da 1,72 euro/Kg <strong>del</strong> 2006 a 2,33<br />
<strong>del</strong> 2007. A partire dall’autunno <strong>del</strong> 2007 è iniziata una nuova fase<br />
28
discendente che ha riportato la quotazione media nel 2008 a 1,76 euro/<br />
Kg (-24,5% rispetto all’anno precedente) (Tabella 4).<br />
Per quanto concerne il prezzo al consumo, invece, si osserva un andamento<br />
sostanzialmente stazionario fi no a metà <strong>del</strong> 2007; nella seconda metà<br />
<strong>del</strong>l’anno è iniziata una fase crescente proseguita fi no al febbraio 2008.<br />
Dalla primavera successiva si registra un andamento decrescente. Il<br />
punto di svolta superiore <strong>del</strong> ciclo <strong>del</strong>le quotazioni alla produzione ha<br />
anticipato, perciò, di circa quattro mesi quello <strong>del</strong> prezzo al dettaglio;<br />
quest’ultimo però presenta variazioni di minore intensità e in taluni casi di<br />
segno opposto: +5,8% dal 2006 al 2007 e +9,3% nell’anno successivo.<br />
Tabella 4 Dinamica prezzi al dettaglio e alla produzione<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Anni<br />
Al Dettaglio Alla Produzione<br />
Euro/kg Var.% Euro/kg Var.%<br />
2005 6,00 - 1,97 -<br />
2006 6,01 0,20 1,72 -12,70<br />
2007 6,36 5,80 2,33 35,50<br />
2008 6,97 9,30 1,76 -24,50<br />
2009 (*)<br />
2009/2008(*)<br />
6,89 1,46 -<br />
2008/2005<br />
(*) primo semestre.<br />
16,2 -10,7<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Ismea e AC Nielsen.<br />
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Prescindendo dagli effetti destabilizzanti (soprattutto per i produttori)<br />
provocati dall’alternanza di fasi di crescita impetuosa e di caduta<br />
repentina dei listini, il risultato <strong>del</strong>l’intero processo di aggiustamento<br />
avvenuto nel triennio 2005-2008, appare molto negativo, in quanto ha<br />
ulteriormente dilatato i margini distributivi. Infatti, a fronte di una fl essione<br />
<strong>del</strong>le quotazioni all’origine (-10,7%) si è registrato un rilevante incremento<br />
dei prezzi al consumo (+16,2%).<br />
Vale la pena di ricordare che l’aumento, parzialmente ingiustifi cato, dei<br />
margini distributivi rilevato nel corso <strong>del</strong> 2008 ha richiamato l’attenzione<br />
<strong>del</strong> Garante per la sorveglianza dei prezzi che, nell’ambito <strong>del</strong>le azioni<br />
tese a calmierare il costo <strong>del</strong>la vita, ha sollecitato le parti interessate a<br />
trasferire più velocemente sui prezzi al dettaglio, i consistenti ribassi subiti,<br />
nel corso <strong>del</strong>l’anno, dai listini alla produzione.<br />
29
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
Il posizionamento <strong>del</strong> <strong>burro</strong> e la Grande<br />
Distribuzione Organizzata<br />
Il <strong>burro</strong> appartiene ai condimenti solidi affermato nella gastronomia<br />
italiana sia come tale che come ingrediente di numerose ricette.<br />
Da tempo sconta un decadimento <strong>del</strong>la propria immagine nutrizionale<br />
in relazione alla natura di grasso animale e alla tendenza a limitare il<br />
contenuto calorico dei cibi.<br />
Il basso consumo per famiglia ne implica anche una ridotta frequenza<br />
d’acquisto (5-10 atti di acquisto).<br />
Ciò contribuisce a rafforzare la percezione di prodotto “stantio” per la<br />
lunga permanenza in frigorifero dove per la sua natura chimica, tende<br />
ad irrancidire e ad adsorbire gli odori di volta in volta presenti (aglio,<br />
cipolla, frutta, ecc.).<br />
Il consumo come alimento “freddo e crudo” non è diffuso in Italia al<br />
contrario dei Paesi <strong>del</strong> Nord Europa e di quelli <strong>del</strong>la UE allargata.<br />
Non si vede poi come tale divario nelle tipologie di consumo possa essere<br />
recuperato anche attraverso proposte di cross-selling (<strong>burro</strong>+marmellata,<br />
<strong>burro</strong>+fette biscottate) per il diffondersi di abitudini alimentari che vedono<br />
la prima colazione perdere sempre più importanza.<br />
Le ragioni principali di tale tendenza sono molteplici:<br />
- tendenza a posticipare gli orari di riposo notturno,<br />
- minore senso di appetito al risveglio (fattore fi siologico),<br />
- tempi ristretti per raggiungere scuola e posto di lavoro,<br />
inoltre, oltre il 20% <strong>del</strong>la popolazione considera la colazione un pasto<br />
minore che può essere “saltato”. La percentuale di popolazione abituata<br />
ad una colazione corretta oscilla intorno al 30%. Si diffonde la tendenza<br />
ad assumere una colazione sbrigativa (caffè , cappuccino ecc.) fuori casa<br />
e come occasione conviviale.<br />
Una migliore percezione di questo pasto, da ottenere con un’appropriata<br />
informazione-comunicazione, gioverebbe anche alle occasioni di<br />
consumo <strong>del</strong> <strong>burro</strong> tenendo conto che una colazione regolare e corretta<br />
basata sui cardini: gusto-naturalità-salute è dimostrato garantisca migliori<br />
prestazioni fi siche e cognitive nello studio e sul lavoro inoltre nel mediolungo<br />
termine, assicura la prevenzione di malattie metaboliche e facilita<br />
il controllo <strong>del</strong> peso.<br />
La colazione dovrebbe, secondo studi Inran (Istituto Nazionale di Ricerca<br />
per gli Alimenti e la Nutrizione), apportare dal 15 al 20% <strong>del</strong> fabbisogno<br />
calorico giornaliero. Spesso un fattore importante è la monotonia di questo<br />
30
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
pasto che ne limita la possibilità di essere un appuntamento regolare col<br />
cibo.<br />
Per questo gli “spalmabili” potrebbero essere un fattore di gusto in grado<br />
di coinvolgere anche il <strong>burro</strong> nelle sue forme aromatizzate.<br />
Riguardo alla GDO il <strong>burro</strong> entra nell’assortimento dei condimenti<br />
strettamente collegato agli altri prodotti lattiero-caseari. Essa copre ormai<br />
oltre il 90% degli acquisti domestici; se si fa riferimento a super+iper la<br />
quota è prossima ai due terzi.<br />
La GDO ha da tempo inserito il <strong>burro</strong> nell’assortimento <strong>del</strong>la Private<br />
Labels con lo scopo di rafforzare il ruolo strategico <strong>del</strong>le medesime nel<br />
posizionamento d’insegna. Nelle Private Labels il <strong>burro</strong> copre il 30%<br />
circa, <strong>del</strong>le vendite.<br />
Le innovazioni di prodotto sono per lo più focalizzate sulla grammaturaconfezionamento,<br />
sul contenuto in grassi e colesterolo e sulle specialità<br />
quali <strong>burro</strong> salato o aromatizzato con erbe.<br />
Riguardo alla grammatura il 63% <strong>del</strong>le vendite è concentrato sui panetti<br />
da 250 gr mentre il 125 gr è intorno al 15%.<br />
Rimangono statici (8%) i consumi di porzioni monodose da 10 gr<br />
confezionate in blister da 20 pezzi, come pure quelli <strong>del</strong>le porzioni da 1<br />
kg che pure sono presenti specie nelle grandi superfi ci di vendita.<br />
Riguardo al packaging taluni produttori propongono la confezione in<br />
vaschette di poliuretano, che oltre a garantire una migliore conservazione<br />
in frigorifero, nel caso di consumo crudo agevolano la formazione dei<br />
“riccioli” di <strong>burro</strong>.<br />
Un discorso a parte meritano le posizioni dei burri speciali: “alleggeriti”<br />
o “aromatizzati”.<br />
I primi faticano ad affermarsi nonostante la presenza ultradecennale sia<br />
per la scarsa attività promozionale resa problematica dal rapporto fra<br />
costi di advertising a margine sui prodotti, sia per la qualità percepita che<br />
raramente risulta attrattiva.<br />
Per questi fattori il tema salutistico è diffi cilmente sfruttabile sia a livello<br />
di industria che di GDO. E’ da segnalare, come completamento di linea,<br />
anche la comparsa di <strong>burro</strong> prodotto con creme da produzione biologica,<br />
anche nelle Privale Labels.<br />
Considerazioni fi nali<br />
Nel mercato italiano <strong>del</strong> <strong>burro</strong> operano imprese di trasformazione assai<br />
diversifi cate: un ruolo importante è svolto dalle cooperative che producono<br />
31
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
formaggio Grana, o da burrifi ci che acquistano la materia prima presso<br />
i caseifi ci (specialmente nel comprensorio <strong>del</strong> Parmigiano-Reggiano)<br />
per i quali il <strong>burro</strong> rappresenta un prodotto congiunto. In questo settore<br />
operano anche grandi imprese lattiero-casearie per le quali il prodotto in<br />
esame ha un’incidenza sul fatturato assai modesta. All’interno di queste<br />
grandi imprese la produzione di <strong>burro</strong> generalmente non assume un ruolo<br />
strategico, ma viene considerata solo in termini di completamento <strong>del</strong>la<br />
gamma dei prodotti offerti dall’azienda.<br />
Esistono, tuttavia, anche alcune imprese focalizzate sul prodotto in esame<br />
che, al fi ne di aumentare il grado di utilizzazione dei loro impianti, spesso<br />
producono anche per conto terzi.<br />
In una situazione di crisi economica caratterizzata da una contrazione <strong>del</strong><br />
reddito disponibile, la leva <strong>del</strong> prezzo ha assunto un ruolo determinante<br />
nella scelta dei consumatori: ciò ha comportato una erosione dei profi tti<br />
<strong>del</strong>le imprese di trasformazione che hanno reagito attuando una strategia<br />
di differenziazione <strong>del</strong> prodotto.<br />
Le politiche di prodotto attuate dalle imprese <strong>del</strong> settore in un’ottica di<br />
marketing hanno puntato anche (ma fi nora con scarso successo) alla<br />
creazione di nuove occasioni di consumo. In realtà la principale minaccia<br />
per la domanda di <strong>burro</strong> è rappresentata dal mutamento dei mo<strong>del</strong>li di<br />
consumo alimentare che tendono ad orientare i consumatori verso sostituti<br />
di origine vegetale. Lo sviluppo di nuove occasioni di consumi andrebbe<br />
perseguito, però, con un continuo sviluppo di nuove nicchie di mercato<br />
individuate attraverso una più incisiva segmentazione <strong>del</strong>la domanda.<br />
In una fase di maturità come quello che sta attraversando il mercato <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong>, per rivitalizzare la domanda e per valorizzare il prodotto non si<br />
può prescindere dall’attività di ricerca e sviluppo di prodotti evoluti ed<br />
innovativi; le imprese italiane, anche a causa <strong>del</strong>le loro ridotte dimensioni,<br />
sembrano, tuttavia, poco inclini ad investire risorse aziendali, non solo in<br />
questa direzione, ma anche in comunicazione; ciò perché non considerano<br />
il <strong>burro</strong> come prodotto strategico per la loro crescita.<br />
L’esigenza di innovazione e promozione <strong>del</strong> marchio industriale dovrebbe<br />
spingere le imprese <strong>del</strong> settore ad ampliare la loro dimensione sia per<br />
contrastare il potere contrattuale crescente <strong>del</strong>la GDO sia per cercare<br />
nuovi sbocchi sui mercati esteri.<br />
Le imprese di trasformazione infatti devono ormai competere direttamente<br />
con quelle <strong>del</strong>la GDO che, attraverso il fenomeno <strong>del</strong>le marche commerciali,<br />
hanno progressivamente sottratto alle prime quote di mercato al dettaglio.<br />
32
Andrea Brugnoli Alfonso Bonezzi, DIPROVAL, Università di Bologna<br />
L’unica eccezione è rappresentata dal segmento <strong>del</strong> <strong>burro</strong> alleggerito e<br />
aromatizzato che, nel 2008, ha visto il rilancio di alcune marche industriali.<br />
In una fase di recessione e di margini distributivi crescenti occorre,<br />
tuttavia, riconoscere che le marche commerciali hanno svolto un’azione<br />
calmieratrice sui prezzi al dettaglio.<br />
Bibliografi a<br />
Barboni M. (2010) Il punto sul packaging, Largo Consumo, 2, 78-81.<br />
Fanfani R., Pieri R. (a cura di) (2010) Il sistema agroalimentare <strong>del</strong>l’Emilia-<br />
Romagna – Rapporto 2009, Maggioli Editore, Rimini.<br />
Inea (2009) Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari-2008,<br />
Edizioni Scientifi che Italiane, Napoli.<br />
Ismea (2009) Indicatori <strong>del</strong> sistema agroalimentare italiano 2008, Roma.<br />
Mancinelli M. (2009) La leva <strong>del</strong>la marca, Largo Consumo, 10, 57-58.<br />
Pieri R. (a cura di) (2009) Il mercato <strong>del</strong> latte-rapporto 2009, Franco<br />
Angeli, Milano.<br />
Schiavocampo G. (2010) L’alimentazione sana comincia al mattino, Largo<br />
Consumo, 3, 87-90.<br />
Torelli F. (1990) Il consumo <strong>del</strong> <strong>burro</strong> in Italia: problemi ed opportunità. In:<br />
Atti <strong>del</strong> convegno: Norme igienico-sanitarie in latteria e produzione <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> di caseifi cio. Reggio Emilia, 1 marzo 1990. Consorzio fra Produttori<br />
e Cooperative Agricole, Reggio Emilia<br />
Siti consultati<br />
www.clal.it<br />
http://epp.eurostat.ec.europa.eu<br />
www.inran.it<br />
33
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
Alimentazione <strong>del</strong>le bovine, produzione e<br />
composizione <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte<br />
Introduzione<br />
Il grande interesse per il controllo dei fattori genetici e ambientali che<br />
condizionano la sintesi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte deriva dal fatto che i lipidi<br />
infl uenzano le caratteristiche sensoriali, il valore merceologico, le rese<br />
casearie e le proprietà nutrizionali <strong>del</strong> latte. L’attenzione al problema è<br />
aumentata da quando malattie croniche come l’aterosclerosi sono state<br />
associate al consumo dei grassi saturi e, poiché il latte apporta fra il 25 e<br />
il 60% degli acidi grassi saturi assunti, il mondo medico si è allarmato. In<br />
realtà questi timori sono in gran parte ingiustifi cati, tenuto conto che molti<br />
degli acidi grassi contenuti nel latte sono a corta catena e questi, insieme<br />
all’acido stearico e all’oleico (contenuto in notevoli quantità), sono favorevoli<br />
sotto il profi lo dietetico; il latte, inoltre, ha anche la peculiarità di contenere<br />
alcuni isomeri degli acidi grassi insaturi, i coniugati <strong>del</strong>l’acido linoleico<br />
(CLA), che svolgono documentate azioni favorevoli sulla salute <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Il principale CLA è l’acido rumenico (C18:2; cis-9, trans-11); esso deriva<br />
dalla bio-idrogenazione <strong>del</strong>l’acido linoleico operata dalla microfl ora<br />
nel rumine e dalla desaturazione <strong>del</strong>l’acido vaccenico che avviene nella<br />
mammella per l’azione <strong>del</strong>l’enzima Stearoil-CoA Desaturasi (SCD).<br />
La sintesi dei grassi <strong>del</strong> latte<br />
Il 60% circa degli acidi grassi necessari alla sintesi dei trigliceridi deriva<br />
dal circolo ematico, mentre la rimanente quota è prodotta nelle cellule<br />
mammarie a partire da acetato e β-idrossibutirrato, che derivano dalla<br />
fermentazione <strong>del</strong>la sostanza organica degli alimenti nel rumine. La<br />
mammella sintetizza completamente gli acidi grassi di lunghezza inferiore<br />
o uguale a 14 atomi di carbonio e il 50% circa <strong>del</strong>l’acido palmitico (16<br />
atomi di carbonio). Il processo vede l’intervento di due enzimi essenziali:<br />
l’Acetil CoA Carbossilasi (ACC) e l’Acido Grasso Sintasi (FAS).<br />
Nella ghiandola mammaria, al contrario di ciò che avviene negli altri<br />
tessuti <strong>del</strong>la bovina, l’acido palmitico non può essere allungato ad<br />
acido stearico; quest’ultimo però può essere convertito ad acido oleico<br />
per l’azione <strong>del</strong>la Stearoil-CoA Desaturasi (SCD) che introduce un<br />
doppio legame in posizione cis-Δ9 <strong>del</strong>la catena carboniosa; attraverso<br />
questo processo la mammella riesce a modulare la fl uidità <strong>del</strong> latte.<br />
34
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
Gli acidi grassi che hanno una lunghezza di catena superiore a 16 atomi<br />
di carbonio, derivano dall’assorbimento intestinale e dalle riserve adipose:<br />
il contributo di queste ultime è interessante soprattutto nelle prime fasi<br />
<strong>del</strong>la lattazione.<br />
L’apporto dei lipidi di origine alimentare è variabile e dipendente dalle<br />
caratteristiche <strong>del</strong>la dieta; in generale, nelle razioni basate sull’impiego<br />
di foraggi, cereali e farine d’estrazione, i lipidi sono rappresentati in<br />
quantità comprese entro il 3-3,5% <strong>del</strong>la sostanza secca, e anche quando<br />
si aggiungono alimenti ricchi di grassi, gli apporti si mantengono entro il<br />
5,5- 6%.<br />
I lipidi disponibili all’assorbimento intestinale derivano anche dalla<br />
digestione dei batteri ruminali che sono in grado di sintetizzare ex-novo<br />
gli acidi grassi e hanno un ruolo fondamentale nell’idrogenare quelli<br />
insaturi presenti negli alimenti.<br />
La biosintesi mammaria dei lipidi è direttamente infl uenzata dagli acidi<br />
grassi disponibili.<br />
Per esempio, la presenza di acido acetico e butirrico (entrambi derivati<br />
dalle fermentazioni ruminali), comportano un’effi ciente e intensa sintesi<br />
mammaria di trigliceridi; viceversa, i saturi a lunga catena, che originano<br />
dalle riserve o dagli alimenti, inibiscono le sintesi de novo degli acidi<br />
grassi a corta catena. In tal senso si comprende la diffi coltà di elevare la<br />
quantità di grasso nel latte attraverso l’aggiunta di lipidi alle diete; nella<br />
maggioranza dei casi, infatti, la maggiore disponibilità di acidi grassi<br />
saturi a lunga catena, che generalmente costituiscono i grassi aggiunti<br />
alle razioni, limita l’utilizzo <strong>del</strong>l’acetato e <strong>del</strong> butirrato da parte <strong>del</strong>la<br />
mammella. Queste molecole, quindi, possono essere utilizzate come fonti<br />
di energia per la sintesi di una maggiore quantità di latte.<br />
La presenza di alcuni coniugati <strong>del</strong>l’acido linoleico agisce direttamente<br />
sull’attività <strong>del</strong>la FAS; in questo senso possono essere spiegate le fl essioni,<br />
spesso repentine e imponenti, dei titoli lipidici <strong>del</strong> latte quando siano<br />
presenti intermedi <strong>del</strong> ciclo di bio-idrogenazione ruminale dei grassi<br />
insaturi.<br />
Il punto di fusione <strong>del</strong> grasso<br />
Il punto di fusione <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte, mediamente compreso tra 32 e i<br />
39°C, varia notevolmente in funzione <strong>del</strong>l’alimentazione ed è infl uenzato<br />
degli acidi grassi insaturi apportati con la dieta. Da esso dipende la<br />
spalmabililità <strong>del</strong>la crema e <strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Il punto di solidifi cazione è compreso<br />
35
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
tra 20 e 24°C. La variabilità dei punti di fusione e di solidifi cazione dipende<br />
dal fatto che il grasso <strong>del</strong> latte è una miscela di trigliceridi a diverso peso<br />
molecolare e grado d’insaturazione; il punto di fusione dei trigliceridi è,<br />
con buona approssimazione, collegato a quello dei principali acidi grassi<br />
che li compongono.<br />
L’acido palmitico e stearico innalzano il punto di fusione mentre gli<br />
acidi grassi mono e polinsaturi e quelli a corta catena lo abbassano;<br />
la mammella attraverso l’azione <strong>del</strong>l’enzima SCD riesce a modulare<br />
la fl uidità riducendo la quantità di acido stearico e innalzando quella<br />
<strong>del</strong>l’oleico. In generale, si può affermare che l’impiego di lipidi insaturi<br />
nella dieta riduce il punto di fusione e di solidifi cazione rendendo più<br />
spalmabile il <strong>burro</strong>.<br />
Il controllo <strong>del</strong>le fermentazioni ruminali<br />
La degradazione dei glucidi e <strong>del</strong>le proteine, operata dalle popolazioni<br />
batteriche presenti nel rumine, porta alla formazione <strong>del</strong>l’acetato e <strong>del</strong><br />
butirrato che la mammella utilizza per la sintesi degli acidi grassi a corta e<br />
media catena <strong>del</strong> latte; questi acidi grassi, peraltro, rappresentano anche<br />
una <strong>del</strong>le principali fonti di energia per l’animale. E’ noto che la sintesi<br />
di acetato è prevalente quando sono fermentati i glucidi fi brosi come la<br />
cellulosa e le emicellulose che, principalmente, sono presenti nei foraggi;<br />
il butirrato è invece prodotto dalla fermentazione <strong>del</strong>le pectine e degli<br />
zuccheri. In generale, si può affermare che tanto più rapida e intensa è<br />
la presenza e la degradazione di questi glucidi, tanto maggiore sarà la<br />
disponibilità di substrati utili alla sintesi di acidi grassi a corta catena.<br />
Perché la degradazione <strong>del</strong>la fi bra sia effi ciente, è necessario che si creino<br />
condizioni favorevoli allo sviluppo e all’attività dei batteri cellulosolitici nel<br />
rumine. Queste popolazioni hanno un fabbisogno specifi co di ammoniaca<br />
che usano come substrato azotato, e temono valori di pH inferiori a 6,2.<br />
Il pH nel rumine dipende dall’equilibrio che si realizza tra potere<br />
acidifi cante degli acidi grassi prodotti, rispetto al potere assorbente<br />
<strong>del</strong>la mucosa ruminale e alla quantità di sostanze tampone disponibili.<br />
Numerosi fattori intervengono nel regolare questo equilibrio; in genere<br />
possiamo affermare che quando si ha una lenta produzione di acidi<br />
grassi volatili (AGV), è relativamente facile mantenere elevato il pH; nel<br />
caso in cui i glucidi apportati siano facilmente degradabili (zuccheri<br />
semplici e amidi), la liberazione di AGV è più rapida, il rischio di un loro<br />
accumulo aumenta e il pH più facilmente tende ad abbassarsi. Altri fattori<br />
36
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
contribuiscono a mantenere relativamente costante il pH ruminale, e fra<br />
questi ricordiamo il numero dei pasti e la struttura fi sica degli alimenti,<br />
foraggi in particolare. Senza volere entrare troppo nel dettaglio si ritiene<br />
opportuno ricordare che, in condizioni naturali, il ruminante dedica molto<br />
tempo all’assunzione di alimenti che avviene in molti e piccoli pasti; ciò<br />
assicura un substrato costante di fermentazione ai batteri ruminali e un<br />
regolare assorbimento di AGV da parte <strong>del</strong>la mucosa. Negli allevamenti<br />
si dovrebbero mettere in atto strategie di razionamento che perseguano lo<br />
stesso obiettivo ; infatti, se l’ingestione di glucidi rapidamente fermentabili<br />
(in pratica i mangimi) avviene in pochi e abbondanti pasti (meno di 4-6<br />
al giorno), il pH ruminale fl uttua più intensamente raggiungendo valori<br />
inferiori a 5,6-5,8 per molte ore; questa condizione è suffi ciente a ridurre<br />
intensamente la digestione <strong>del</strong>la fi bra e con essa diminuiscono le quantità<br />
di acidi grassi volatili utili alla sintesi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte.<br />
La struttura fi sica dei foraggi e la loro resistenza alla frantumazione<br />
infl uenza il numero di atti masticatori necessari per ingerire e ruminare gli<br />
alimenti, la quantità di saliva prodotta e i ritmi di svuotamento <strong>del</strong> rumine.<br />
Tutti questi fattori contribuiscono a infl uenzare i valori e la costanza <strong>del</strong><br />
pH ruminale; in genere tanto più la struttura degli alimenti è fi ne, tanto<br />
più rapida è la loro ingestione e meno intense sono la masticazione e la<br />
secrezione di saliva; quest’ultima, per il suo contenuto di bicarbonato,<br />
fosfato, ed urea, è la principale sostanza tampone in grado di controllare<br />
le fl uttuazioni di pH nel rumine. Si può quindi affermare che esiste una<br />
relazione diretta e positiva fra apporto di fi bra fi sicamente effi cace (in<br />
pratica l’apporto di foraggi), induzione <strong>del</strong>la masticazione, e sintesi di<br />
grasso nel latte.<br />
L’impiego di quantità più elevate di mangimi modifi ca i rapporti di<br />
produzione fra AGV riducendo l’acetato a favore <strong>del</strong> propionato ma,<br />
com’è stato giustamente rilevato, ciò non è generalmente suffi ciente per<br />
giustifi care le fl essioni dei titoli di grasso che frequentemente si osservano<br />
negli allevamenti; quasi mai, infatti, la produzione di acetato è così<br />
depressa da apparire insuffi ciente per la normale attività di biosintesi<br />
<strong>del</strong>la mammella.<br />
La giustifi cazione <strong>del</strong>la cosiddetta “sindrome <strong>del</strong> latte magro” deve quindi<br />
trovare spiegazione in altri fattori.<br />
Nutrizione lipidica e titolo di grasso <strong>del</strong> latte<br />
La maggior parte dei lipidi presenti negli alimenti assunti dal ruminante<br />
37
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
è sotto forma di trigliceridi insaturi e a lunga catena. Quando giungono<br />
nel rumine, i trigliceridi sono idrolizzati; il glicerolo è utilizzato come<br />
immediata fonte di energia, mentre gli acidi grassi sono rapidamente<br />
idrogenati da parte di numerosi ceppi batterici e in particolare di quelli<br />
celluloso litici. La ragione per la quale i batteri agiscono prontamente a<br />
carico dei lipidi, saturandoli, è legata al fatto che gli acidi grassi insaturi<br />
ne alterano la fl uidità di membrana, distruggono le proteine di trasporto,<br />
e reagiscono con il magnesio e calcio batterico per formare dei saponi.<br />
I ceppi cellulosolitici risentono particolarmente di questa potenziale<br />
tossicità, infatti, la digeribilità <strong>del</strong>la fi bra si riduce di oltre il 10% quando<br />
nella dieta sono presenti elevate quantità di grassi insaturi.<br />
Il processo di bio-idrogenazione, che può essere considerato un<br />
meccanismo di difesa dei batteri, procede per tappe successive che portano<br />
alla formazione di prodotti intermedi e all’acido stearico come prodotto<br />
fi nale. In fi gura 1 viene riportato uno schema semplifi cato raffi gurante<br />
le diverse tappe <strong>del</strong> processo che avviene a carico <strong>del</strong>l’acido linoleico.<br />
La produzione di acido rumenico (CLA - cis-9, trans-11) è attuata molto<br />
velocemente da un gruppo di batteri di cui fanno parte i butirrivibrio, i<br />
clostridi e le spirochete; la saturazione ad acido stearico (C18:0) invece<br />
avviene più lentamente, ed è operata da microorganismi non ancora<br />
completamente identifi cati ma meno attivi dei primi.<br />
Figura 1 Principali tappe che portano alla completa idrogenazione<br />
dei lipidi insaturi nel rumine in presenza di diverse assetti fermentativi.<br />
Il primo passaggio <strong>del</strong> processo è un’isomerizzazione che sposta uno<br />
dei doppi legami di una posizione per produrre un intermedio coniugato<br />
38
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
necessario per la successiva tappa di saturazione. Se l’acido grasso di<br />
partenza è il linoleico, l’intermedio è defi nito CLA ovvero, Coniugato<br />
<strong>del</strong>l’Acido Linoleico. Molto simile è anche la sorte <strong>del</strong>l’acido linolenico e<br />
degli acidi grassi polinsaturi a lunga catena che, presentando più doppi<br />
legami, necessitano di più passaggi per essere completamente saturati.<br />
Il fatto che la trasformazione ad acido stearico dei CLA sia relativamente<br />
lenta giustifi ca, almeno in parte, la comparsa di questi intermedi<br />
nell’intestino. Il processo di formazione dei CLA è strettamente dipendente<br />
dalle popolazioni microbiche presenti nel rumine, dalla quantità di acidi<br />
grassi insaturi apportati con la dieta, e dalla velocità di transito degli<br />
alimenti nel rumine. Nel caso in cui la dieta contenga quantità elevate di<br />
acidi grassi insaturi e siano presenti condizioni critiche per l’attività dei<br />
microorganismi capaci di bio idrogenare, si ha un’elevata formazione<br />
di composti intermedi <strong>del</strong> processo. Recenti lavori hanno dimostrato<br />
l’esistenza di almeno dieci differenti CLA. Senza dubbio, l’isomero cis-<br />
9, trans-11 è il principale ma, in determinate condizioni fermentative<br />
dipendenti solo in parte dal pH, si può avere la produzione di quantità<br />
sensibili di trans-10, cis-12, un secondo isomero <strong>del</strong>l’acido linoleico;<br />
quest’ultimo è in grado di inibire la sintesi <strong>del</strong>l’enzima acido grasso<br />
sintasi nella ghiandola mammaria e si ritiene per questo il principale<br />
responsabile <strong>del</strong>la “sindrome <strong>del</strong> latte magro”.<br />
In concomitanza con l’insorgere di questa sindrome è stata recentemente<br />
riscontrata la presenza di alcune specie batteriche ruminali, altresì assenti<br />
o diffi cilmente quantifi cabili in condizioni di concentrazione standard di<br />
grasso.<br />
Alcuni ceppi di Megasphaera Elsdenii sono, infatti, in grado di produrre<br />
il trans-10, cis-12 CLA e, in molti casi, la loro presenza è promossa da<br />
diete ricche di amidi e povere di fi bra. Il fenomeno è riconducibile al<br />
fatto che la crescita di questi batteri è stimolata dalla presenza di acido<br />
lattico nel rumine. In razioni ricche di glucidi rapidamente fermentabili<br />
(zuccheri e amidi), specie se assunte in pasti infrequenti e abbondanti, si<br />
può registrare una repentina fl essione <strong>del</strong> pH dovuta alla grande quantità<br />
di AGV prodotti in seguito alla degradazione <strong>del</strong>la sostanza organica.<br />
Se la vacca non è in grado di tamponare effi cientemente il sistema, il<br />
pH continua la discesa favorendo lo sviluppo di Streptoccocus Bovis<br />
che è il principale produttore di acido lattico; quest’ultimo ha un potere<br />
acidifi cante dieci volte maggiore degli AGV, quindi il pH discende ancora<br />
più velocemente e si può incorrere in accumulo di acido lattico che stimola<br />
39
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
lo sviluppo di M. Elsdenii, in grado di utilizzare il lattato per ricavare<br />
energia.<br />
Come mantenere elevati titoli di grasso <strong>del</strong> latte?<br />
In base alle considerazioni fi n qui svolte appare chiaro che per esaltare<br />
la sintesi di grasso nel latte si debba agire limitando le condizioni<br />
che promuovono lo sviluppo di ceppi dei microorganismi produttori<br />
<strong>del</strong>l’isomero trans-10, cis-12 nel rumine ed esaltando la formazione degli<br />
acidi grassi che la mammella utilizzerà per le sintesi de-novo degli acidi<br />
grassi.<br />
Per perseguire questi obiettivi, nelle condizioni pratiche di allevamento, si<br />
dovrà porre attenzione ai seguenti punti:<br />
- includere nelle razioni suffi cienti quantità di foraggi (minimo 40-<br />
50% <strong>del</strong>la sostanza secca <strong>del</strong>la razione), dotati di adeguata struttura<br />
(dimensione superiore a 0,8-1 centimetri di lunghezza) per indurre<br />
un’effi ciente attività masticatoria e produzione di saliva;<br />
- formulare razioni con contenuti di fi bra neutro detersa sempre superiori<br />
al 28-30% <strong>del</strong>la sostanza secca e caratterizzata da un’elevata<br />
degradabilità ruminale per “nutrire” i batteri cellulosolitici; la fi bra<br />
neutro detersa degradabile non dovrà essere inferiore al 10-11% <strong>del</strong>la<br />
sostanza secca;<br />
- adottare livelli prudenti di amido degradabile (rapporti inferiori<br />
all’unità rispetto alla quota di fi bra effettiva per la masticazione) per<br />
evitare eccessive fl uttuazioni <strong>del</strong> pH ruminale; in tal senso particolare<br />
attenzione andrà posta anche alle modalità con cui le razioni sono<br />
somministrate e assunte;<br />
- limitare l’inclusione di acidi grassi insaturi (semi oleosi, sottoprodotti<br />
ricchi di lipidi ad elevato punto di insaturazione), soprattutto quando<br />
sussistano condizioni aziendali considerate a rischio di acidosi ruminale;<br />
in termini pratici l’apporto di acidi grassi insaturi dovrebbe sempre<br />
essere contenuto entro l’1,5-2% <strong>del</strong>la sostanza secca <strong>del</strong>la razione.<br />
Strategie per modifi care la composizione in acidi<br />
grassi <strong>del</strong> latte<br />
Le possibilità di modifi care le frazioni lipidiche <strong>del</strong> latte si basano<br />
sull’apporto di alimenti dotati di acidi grassi polinsaturi (vedi tabella 1) e<br />
interessanti sono le possibilità di elevare il contenuto di CLA e di Omega 3.<br />
40
Strategie per innalzare il contenuto in Omega 3<br />
Gli acidi grassi polinsaturi non sono sintetizzati dai tessuti animali. La<br />
loro concentrazione nel latte dipende quindi dagli apporti dietetici e dalla<br />
resistenza alla bio-idrogenazione ruminale <strong>del</strong>le fonti impiegate.<br />
La bio-idrogenazione può essere prevenuta attraverso una protezione<br />
indotta da particolari trattamenti tecnologici effettuati a carico di alimenti<br />
ricchi di Omega 3 o per mezzo di protezioni fi siche di olii ricchi in questi<br />
acidi grassi.<br />
Il seme di lino è l’alimento d’elezione (in quest’alimento il C18:3 rappresenta<br />
più <strong>del</strong> 50% <strong>del</strong> titolo lipidico totale) e il trattamento tecnologico più usato<br />
è l’estrusione. I risultati di numerose ricerche hanno dimostrato che il tasso<br />
di trasferimento <strong>del</strong>l’acido α- linolenico, usando il lino estruso, non supera<br />
in genere il 5-6% rispetto agli apporti. Di sovente, l’uso di seme di lino<br />
estruso, specie se in quantità rilevanti (oltre i 200-300 grammi per capo<br />
al giorno) in diete relativamente povere di fi bra, provoca sensibili fl essioni<br />
dei tassi lipidici, dimostrabili alla luce <strong>del</strong>le considerazioni già svolte (vedi<br />
tabella 2 ).<br />
Tabella 1<br />
Composizione in acidi grassi dei principali alimenti usati<br />
per razionare le bovine da latte (g/KG/S.S.).<br />
Alimento<br />
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
Acidi<br />
grassi<br />
41<br />
Acido<br />
linoleico<br />
Medica erba “matura” 16.3 3.1 8.1<br />
Medica erba “giovane” 22.8 4.3 11.3<br />
Graminacee erba “giovane” 35 5 10.6<br />
Medica fi eno “giovane” 19.3 3.6 7.1<br />
Medica fi eno “maturo” 13.4 2.5 5.1<br />
Graminacee fi eno 21.7 3.1 6.6<br />
Mais farina 35 17.8 0.7<br />
Orzo farina 20 11.2 0.9<br />
Sorgo farina 23 11.3 0.4<br />
Soia seme integrale 147 80.3 14<br />
Lino seme 308 44 166<br />
Acido<br />
linolenico
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
Tabella 2<br />
Effetti <strong>del</strong>la somministrazione di lino estruso (1.5 kg)<br />
nell’alimentazione di bovine da latte (Formigoni et al.,<br />
dati non pubblicati).<br />
Gruppi Controllo<br />
42<br />
Seme di<br />
Lino<br />
Latte kg/capo/d. 26.7 26.2 -1.7<br />
Grasso % 4.16 3.9 -6.3<br />
Grasso g/capo/d. 1100 1020 -7.3<br />
Acidi Grassi g/capo/d. 1026 952 -7.3<br />
< C14:0 % <strong>del</strong> totale 32.2 31.5 -2.1<br />
C16:0 % <strong>del</strong> totale 35.6 28.5 -19.9<br />
> C16:0 % <strong>del</strong> totale 32.2 40 24.1<br />
P.to fusione °C 37.6 36.2 -3.7<br />
Differenza<br />
in % verso<br />
il controllo<br />
Un incremento in acidi grassi <strong>del</strong>la serie Omega 3 a più lunga catena<br />
è possibile quando la dieta sia addizionata con olii di pesce o alghe,<br />
entrambi ricchi di EPA e DHA. Anche in questi casi il rischio di fl essioni<br />
importanti dei titoli lipidici è concreto e l’effi cienza di trasferimento al latte<br />
è comunque modesta.<br />
Una strategia che, almeno da un punto di vista teorico, consentirebbe<br />
di aumentare il tasso di trasferimento senza interferire negativamente<br />
con l’attività <strong>del</strong> microbiota ruminale e penalizzare i titoli di grasso <strong>del</strong><br />
latte, è rappresentata dalla protezione fi sica di substrati (olii di lino e di<br />
pesce, alghe, ecc.) con microsferule di materiali inerti per le fermentazioni<br />
ruminali, che rendano quindi liberi all’assorbimento intestinale gli acidi<br />
grassi. Questa tecnologia è effi cacemente utilizzata per la protezione<br />
di diversi nutrienti; tuttavia, nel caso dei lipidi, esistono <strong>del</strong>le diffi coltà<br />
tecnologiche rilevanti, considerato anche il fatto che la maggior parte<br />
<strong>del</strong>le matrici di protezione sono esse stesse di natura lipidica; in effetti,<br />
la bio-idrogenazione ruminale è molto intensa e rapida nel caso in cui la<br />
protezione non sia perfetta. Ciò giustifi ca le numerose diffi coltà, peraltro<br />
segnalate anche in letteratura, nell’ottenere prodotti affi dabili nel garantire<br />
livelli costanti di arricchimento <strong>del</strong> latte.<br />
Il pascolo, così come la somministrazione di foraggi freschi, permette<br />
di mantenere una migliore assunzione di C18:3, con conseguente
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
trasferimento al latte fi no a quattro volte maggiore di quello osservato con<br />
alimentazione a base di fi eni. In ogni caso, dall’esame dei dati reperibili in<br />
bibliografi a, sono diffi cilmente ottenibili valori di C18:3 nel latte superiori<br />
all’1%.<br />
Strategie per elevare il contenuto in CLA<br />
I diversi studi che hanno permesso di individuare e raggruppare i fattori<br />
in grado di infl uenzare il contenuto di CLA nel latte, hanno evidenziato<br />
un importante effetto individuale <strong>del</strong>l’animale connesso all’espressione<br />
<strong>del</strong>l’enzima SCD.<br />
Da un punto di vista alimentare, le vie più concrete sono riferibili all’utilizzo<br />
di maggiori quantità di substrati capaci di portare alla formazione di CLA o<br />
acido vaccenico nel rumine; al contempo, è importante considerare anche<br />
i fattori in grado di modifi care l’attività microbica di bio-idrogenazione.<br />
Considerando le vie di formazione dei CLA, appare evidente che la loro<br />
concentrazione sarà tanto maggiore quando:<br />
- la razione apporti elevate quantità di lipidi insaturi;<br />
- il trattamento tecnologico cui sono sottoposti gli alimenti “esponga”<br />
i lipidi - contenuti all’azione saturante dei batteri;<br />
- il transito degli alimenti nel rumine sia veloce.<br />
Queste condizioni si realizzano naturalmente con il consumo di foraggi<br />
verdi e giovani (generalmente al pascolo ma anche forniti in stalla); in<br />
questi casi, infatti, l’apporto di acidi grassi insaturi è più abbondante che<br />
nei foraggi conservati e il transito ruminale degli alimenti è più veloce di<br />
quando si usano dei fi eni maturi.<br />
In condizioni di allevamento confi nato, l’inclusione nella dieta di semi<br />
oleosi ricchi di acido linoleico (soia, girasole e colza), linolenico (semi di<br />
lino) e LCPUFA (oli di pesce), è la più comune <strong>del</strong>le strategie adottabili per<br />
arricchire il contenuto di CLA nel latte (tabella 3 e 4). L’inclusione di acido<br />
linoleico e di LCPUFA, piuttosto che di linolenico, sarebbe più effi cace<br />
perché la velocità di bio-idrogenazione a carico di questi composti è più<br />
lenta e quindi sarebbe maggiore la quantità di “intermedi” che giungono<br />
alla mammella.<br />
43
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
Tabella 3<br />
Infl uenza di diversi fattori alimentari sull’aumento <strong>del</strong>la<br />
concentrazione in CLA <strong>del</strong> latte (Nudda et al., 2007).<br />
Quantità di lipidi addizionati<br />
Controllo mg/100 g 0.52<br />
< 2% <strong>del</strong>la s.s. mg/100 g 0.78<br />
2-2.99 % <strong>del</strong>la s.s. mg/100 g 0.99<br />
3-3.99% <strong>del</strong>la s.s. mg/100 g 1.29<br />
>4% <strong>del</strong>la s.s.<br />
Qualità dei lipidi addizionati<br />
mg/100 g 1.93<br />
Controllo mg/100 g 0.54<br />
Ricco in 18:1 mg/100 g 0.95<br />
Ricco in 18:2 mg/100 g 1.45<br />
Ricco in 18:3 mg/100 g 1.17<br />
Olio di pesce mg/100 g 2.19<br />
C16:0+C18:0<br />
Forma fi sica dei lipidi addizionati<br />
mg/100 g 0.71<br />
Controllo mg/100 g 0.44<br />
Mangimi mg/100 g 1.74<br />
Olio mg/100 g 1.78<br />
Saponi mg/100 g 0.62<br />
Altro mg/100 g 0.90<br />
Considerazioni fi nali<br />
Il controllo <strong>del</strong>la sintesi mammaria <strong>del</strong> grasso, in termini quantitativi<br />
e qualitativi, è perseguibile attraverso un’appropriata modulazione<br />
degli apporti alimentari dei glucidi e dei lipidi; al contempo non è da<br />
trascurare l’infl uenza <strong>del</strong>la modalità con cui sono assunte le razioni da<br />
parte <strong>del</strong>l’animale. In generale appare determinante il controllo <strong>del</strong>le<br />
fermentazioni e dei processi di bio-idrogenazione che avvengono nel<br />
rumine.<br />
44
Tabella 4<br />
Effetti <strong>del</strong>l’inclusione di semi integrali di soia (1 kg/<br />
capo/giorno) e di lino estruso (0,4 kg/capo/giorno) sui<br />
contenuti di CLA (mg/100 grammi di grasso) <strong>del</strong> latte di<br />
bovine alimentate con razioni a base fi eni di medica e<br />
graminacee.<br />
Settimane dal<br />
trattamento<br />
Andrea Formigoni, Nico Brogna, Nicola Panciroli, DIMORFIPA, Università di Bologna<br />
C18:2 C18:2 CLA<br />
cis 9, trans 11 trans 10, cis 12 Totali<br />
Controllo 0.29 0.047 0.34<br />
2 0.47* 0.056 0.53<br />
4 0.37 0.049 0.42<br />
6 0.46* 0.041 0.5<br />
8 0.45* 0.046 0.5<br />
10 0.45* 0.044 0.49<br />
13 0.45* 0.039 0.49<br />
15 0.44* 0.047 0.49<br />
17 0.53* 0.045 0.58<br />
19 0.49* 0.055 0.54<br />
21 0.31 0.046 0.36<br />
(Gli asterischi indicano differenze signifi cative rispetto al controllo).<br />
(A.L. Mordenti et al., 2009).<br />
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47
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Composizione e struttura <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong><br />
latte<br />
Riassunto<br />
Il grasso <strong>del</strong> latte è costituito prevalentemente da globuli di dimensione<br />
variabile da 0,1 a 10 µm, con prevalenza numerica dei globuli più piccoli,<br />
ma quantitativamente determinata da quelli più grossi. La composizione<br />
<strong>del</strong> grasso dei globuli di grasso <strong>del</strong> latte è caratterizzata da una prevalenza<br />
di triacilgliceroli (trigliceridi), molto numerosi e di dimensioni ampiamente<br />
variabili, insieme ad una piccola percentuale di lipidi polari di varia<br />
composizione. La enorme variabilità <strong>del</strong>la composizione dei triglicerisi va<br />
considerata determinata da una varietà di oltre 400 acidi grassi differenti<br />
già identifi cati. Le caratteristiche chimiche, chimico-fi siche e reologiche<br />
<strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte sono legate alla dimensione e all’insaturazione <strong>del</strong>le<br />
catene idrocarburiche degli acidi grassi, che spaziano da 4 a 20 atomi di<br />
carbonio totale e da 0 a 3 doppi legami presenti.<br />
La composizione degli acidi grassi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte è prevalentemente<br />
costituita da acidi grassi saturi, fra i quali prevale l’acido palmitico.<br />
Questa composizione ha avuto nell’ultimo mezzo secolo una cattiva fama,<br />
in quanto considerata troppo ricca di acidi grassi saturi e per questo non<br />
ottimale come fonte lipidica alimentare per la protezione <strong>del</strong>la salute in<br />
relazione alle malattie cardiovascolari.<br />
Recentemente, è stato osservato che le membrane dei bambini sono<br />
particolarmente ricche di acidi grassi saturi, a differenza degli adulti,<br />
condizione legata alla presenza di minori quantità di colesterolo, molecola<br />
nota anche per la proprietà irrigidente <strong>del</strong>le membrane.<br />
La presenza di acidi grassi insaturi con la confi gurazione trans <strong>del</strong> doppio<br />
legame è dovuta all’azione idrogenante <strong>del</strong> rumine, con il C18: t11 (acido<br />
vaccenico) come componente principale degli acidi grassi trans isomeri e i<br />
CLA (conjugated linoleic acids) gli isomeri trans più interessanti dal punto<br />
di vista salutistico. L’acido vaccenico, quando assumiamo un insuffi ciente<br />
livello calorico attraverso l’alimentazione, è trasformato in acido C18: c9,<br />
t11 (denominato acido rumenico), che è l’acido grasso considerato più<br />
attivo fra i CLA per gli aspetti salutistici.<br />
I CLA comprendono una ventina d’isomeri geometrici e posizionali a 18<br />
atomi di carbonio con due doppi legami coniugati.<br />
La posizione dei doppi legami è localizzata compresa tra Δ 7 e Δ 14 e,<br />
48
49<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
inoltre, la diversa disposizione nello spazio degli stessi gruppi funzionali<br />
(doppi legami) conferisce alla molecola una diversa confi gurazione cis o<br />
trans.<br />
Oltre ai trigliceridi e agli acidi grassi, il grasso di latte contiene piccole<br />
quantità di sostanze, per questo denominate “minori”, quali digliceridi,<br />
monogliceridi, e componenti <strong>del</strong>l’insaponifi cabile. Tra questi ultimi sono<br />
presenti: lo squalene, i pigmenti carotenoidi, i tocoferoli, altre vitamine<br />
liposolubili e gli steroli. Fra gli steroli domina con oltre il 99,7%, il<br />
colesterolo.<br />
Introduzione<br />
Componente principale <strong>del</strong>la dieta di molti giovani consumatori e un<br />
cibo di consumo giornaliero per tanti altri, il latte rappresenta uno degli<br />
alimenti piu’ diffuso nei consumi <strong>del</strong>l’intero pianeta.<br />
La composizione <strong>del</strong> latte è caratteristica e i latti di diverse specie animali<br />
hanno una serie di somiglianze nella composizione che fanno ritenere<br />
importante la presenza di nutrienti particolari: il lattosio, le proteine, il<br />
grasso. Anche la forma nella quale queste sostanze sono contenute è<br />
molto particolare, cioè, come micelle disperse, disperse in forma colloidale<br />
ed emulsioni fi ni. Questo tipo di strutture determinano una notevole<br />
omogeneità di composizione, associata ad una certa sua stabilità, ma<br />
presentano anche una più rapida disponibilità all’elaborazione digestiva<br />
<strong>del</strong>le sostanze in esse contenute, oltre alla conseguente maggiore<br />
assimilazione dei costituenti nutritivi.<br />
È necessario ricordare che gli acidi grassi di dimensione fi no ai 10 atomi<br />
di carbonio siano prontamente e direttamente utilizzati per uso energetico<br />
come fossero zuccheri, oltre alla capacità <strong>del</strong> nostro organismo di<br />
trasformare l’acido stearico introdotto in acido oleico molto rapidamente.<br />
Pertanto, la quantità di acidi grassi saturi, tali come comportamento, si<br />
attesterebbe su circa il 35-40 % <strong>del</strong> totale, inferiore al contenuto di saturi<br />
dei grassi vegetali <strong>del</strong> settore alimentare, come ad esempio quello di<br />
cocco e di palma.<br />
Secondo i dati disponibili nella letteratura specializzata, dal 1991 al 2004<br />
la produzione mondiale di grassi animali è passata da 19,8 milioni di<br />
tonnellate a oltre 22,73 milioni di tonnellate con un aumento di circa il 15%,<br />
ad eccezione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> che invece è aumentato solo <strong>del</strong> 10% passando da<br />
5,84 a 6,44 milioni di tonnellate (Tabella 1) (Gunstone F., 2005).
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Se si considera che nello stesso periodo la popolazione mondiale è,<br />
in concreto, diventata 1,5 volte maggiore, questi dati congiuntamente<br />
dimostrano che il consumo pro-capite di grassi animali non è cresciuto<br />
negli ultimi 10 anni.<br />
Tabella 1<br />
Produzione di grassi animali in milioni di tonnellate<br />
(metriche) degli ultimi anni<br />
Anni<br />
Grasso<br />
animale<br />
91-95 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 Aumento<br />
nei 10 anni<br />
Burro 5,84 5,87 5,94 6,00 6,22 6,29 6,44 10%<br />
Lardo 5,39 6,59 6,68 6,69 6,88 7,09 7,28 35%<br />
Sego 7,32 8,11 8,21 7,71 8,04 8,07 8,03 10%<br />
Olio di<br />
pesce<br />
1,25 1,28 1,54 1,22 0,93 0,97 0,98 22%<br />
totale 19,80 21,85 33,37 21,62 22,07 22,42 22,73 15%<br />
Nel caso si considerassero anche le sostanze grasse di origine vegetale, le<br />
produzioni <strong>del</strong>l’olio di soia e <strong>del</strong> grasso di palma, confrontando con tutti<br />
gli altri andamenti, hanno mostrato molto più una crescita. La spiegazione<br />
è abbastanza semplice: per l’olio di soia, che rappresenta un sottoprodotto<br />
<strong>del</strong>la produzione <strong>del</strong>le farine proteiche che hanno soppiantato le “farine<br />
di pesce” e più recentemente anche quelle “di carne” per la destinazione a<br />
formulazione di mangimi per l’allevamento animale, l’andamento è legato<br />
al crescente impiego <strong>del</strong>le farine <strong>del</strong>ipidizzate (“di estrazione”). Questa<br />
grande disponibilità di olio ha creato la necessità di produrre derivati<br />
<strong>del</strong>l’olio di soia, oltre a offrire in commercio tale olio miscelato con altri<br />
che lo possano stabilizzare un po’ di più nei confronti <strong>del</strong>l’ossidazione, di<br />
cui è particolarmente sensibile a causa <strong>del</strong>la forte insaturazione.<br />
Per quanto riguarda il grasso di palma, il suo impiego si è molto diffuso<br />
e appare come ingrediente in numerosi alimenti, soprattutto nei prodotti<br />
50
da forno e dolciari a causa <strong>del</strong>le sue caratteristiche di consistenza a<br />
temperature ambientali, ma anche perché molto versatile negli impieghi e<br />
anche <strong>del</strong>le sue possibili forme commerciali realizzabili, come ad esempio<br />
i vari frazionati.<br />
La composizione <strong>del</strong> latte<br />
La composizione <strong>del</strong> latte di diversi mammiferi mostra differenze notevoli<br />
nelle quantità relative di ogni nutriente (Tabella 2) (Park Y.W. et al., 2007).<br />
Considerando che il latte costituisce l’unico alimento per l’organismo in<br />
giovanissima età, la composizione <strong>del</strong> latte dovrà soddisfare la necessità<br />
di maturazione <strong>del</strong>l’organismo, in relazione anche alla specie animale,<br />
alla dimensione corporea e all’ambiente nel quale vive.<br />
Tabella 2<br />
Composizione <strong>del</strong> latte umano e di alcuni ruminanti<br />
Composizione (%) Capra Pecora Vacca Donna<br />
Grasso 3,8 7,9 3,6 4,0<br />
Solido secco magro 8,9 12,0 9,0 8,9<br />
Lattosio 4,1 4,9 4,7 6,9<br />
Proteine 3,4 6,2 3,2 1,2<br />
Caseine 2,4 4,2 2,6 0,4<br />
Albumine, globuline 0,6 10 0,6 0,7<br />
Azoto non proteico 0,4 0,8 0,2 0,5<br />
Ceneri 0,8 0,9 0,7 0,3<br />
Calorie/100 mL 70 105 69 68<br />
La composizione dei nutrienti <strong>del</strong> latte di diversi mammiferi (Tabella 3)<br />
(http://www.sciencedirect.com/science/book/9780123844309;<br />
Huppertz et al., fra parentesi) è indice, salvo alcuni casi particolari,<br />
di una variabilità quantitativa abbastanza contenuta, soprattutto se si<br />
considerano i mammiferi ruminanti separati dagli altri.<br />
51<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Tabella 3<br />
Composizione in nutrienti <strong>del</strong> latte di diverse specie<br />
animali<br />
Specie<br />
Acqua<br />
%<br />
Residuo<br />
secco %<br />
Proteine<br />
%<br />
52<br />
Grasso<br />
%<br />
Lattosio<br />
%<br />
Ceneri<br />
%<br />
Donna 87,6 12,4 (12,6) 2,0 (1,1) 3,7 (4,5) 6,4 (6,8) 0,3 (0,2)<br />
Vacca 87,3 12,7 (12,2) 3,4 (3,1) 3,7 (3,5) 4,9 (4,9) 0,7 (0,7)<br />
Bufala 82,3 17,7 (21,5) 5,1 (5,9) 7,5 (10,4) 4,4 (4,3) 0,7 (0,8)<br />
Pecora 83,6 16,4 (16,3) 5,1 (5,5) 6,2 (4,3) 4,2 (4,6) 0,9 (0,9)<br />
Capra 86,8 13,2 (12,0) 3,8 (3,1) 4,0 (3,5) 4,6 (4,6) 0,8 (0,8)<br />
Asina 90,1 9,9 (10,2) 1,8 (1,7) 1,4 (1,2) 6,2 (6,9) 0,5 (0,5)<br />
Cavalla 90,6 9,4 (11,0) 2,0 (2,7) 1,1 (1,6) 5,9 (6,1) 0,4 (0,5)<br />
Cagna 75,4 24,6 (20,7) 11,2 (9,5) 9,6 (8,3) 3,1 (3,7) 0,7 (1,2)<br />
Coniglia 69,5 30,5 (26,4) 12,0 (10,4)<br />
13,0<br />
(12,2)<br />
2,0 (1,8) 2,5 (2,0)<br />
Scrofa 83,9 16,1 (19,9) 7,2 (5,8) 4,6 (8,2) 3,2 (4,8) 1,1 (0,6)<br />
Renna 68,5 31,5 (34,1) 9,9 (10,4)<br />
17,1<br />
(19,7)<br />
2,9 (2,6) 1,6 (1,4)<br />
Elefante 79,3 20,7 (26,9) 2,5 (4,9) 9,1 (15,1) 8,6 (3,4) 0,5 (0.8)<br />
Cammella 86,5 13,5 (14,4) 4,0 (3,7) 3,1 (4,9) 5.6 (5,1) 0,8 (0,7)<br />
Composizione <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte<br />
Il grasso <strong>del</strong> latte è costituito prevalentemente da globuli di dimensione<br />
variabile da 0,1 a 10 μm, con maggioranza numerica dei globuli più<br />
piccoli, ma quantitativamente determinata da quelli più grossi. La<br />
composizione <strong>del</strong> grasso dei globuli di grasso <strong>del</strong> latte è caratterizzata<br />
da una prevalenza di triacilgliceroli (trigliceridi), molto numerosi e di<br />
dimensioni ampiamente variabili, insieme ad una piccola percentuale di<br />
lipidi polari di varia composizione.<br />
L’enorme variabilità <strong>del</strong>la composizione dei trigliceridi va considerata<br />
determinata da una varietà di oltre 400 acidi grassi differenti già
identifi cati. Le caratteristiche chimiche, chimico-fi siche e reologiche <strong>del</strong><br />
grasso <strong>del</strong> latte sono legate alla dimensione e all’insaturazione <strong>del</strong>le<br />
catene idrocarburiche degli acidi grassi, che spaziano da 4 a 20 atomi di<br />
carbonio totale e da 0 a 3 doppi legami presenti.<br />
La composizione dei trigliceridi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte vaccino (Figura 1)<br />
(Lercker G. et al., 1992; Contarini G., Battelli G., 1997) è molto più<br />
complessa di quasi tutte le composizione dei trigliceridi di sostanze grasse<br />
alimentari, soprattutto quelle di provenienza vegetale. D’altra parte la<br />
presenza di oltre 400 acidi grassi differenti (Jensen R.G., 2002), già tutti<br />
identifi cati, fa intuire le possibilità di moltiplicazione dovute alle possibili<br />
teoriche distribuzioni qualitative nella forma di trigliceridi.<br />
Le quantità di proteine e grassi sono molto differenti nelle diverse specie<br />
considerate e sembrano avere una relazione con le temperatura dei luoghi<br />
dove vivono normalmente quegli animali e con la loro velocità di crescita.<br />
Una maggiore uniformità appare avere il contenuto di lattosio.<br />
Figura 1 - Tracciati gas cromatografi ci esaminati<br />
in colonna capillare (cGC) dei trigliceridi <strong>del</strong><br />
grasso di latte<br />
Analisi dei TG mediante colonna cGC<br />
polare (lunghezza 25 m)<br />
In Tabella 4 è riportata la composizione <strong>del</strong> grasso di latte vaccino (Walstra<br />
P. et al., 2006a), che appare molto complessa, come prevedibile dalla<br />
natura <strong>del</strong> grasso nel latte nella forma di globuli dotati di membrana, in<br />
sospensione acquosa (Figura 2).<br />
53<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Analisi dei TG mediante il metodo uffi ciale<br />
UE (lunghezza 5 m)
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Tabella 4<br />
Composizione dei lipidi <strong>del</strong> latte vaccino<br />
Classe<br />
lipidica<br />
Mwt<br />
nel<br />
grasso<br />
(medio)<br />
x y<br />
%<br />
54<br />
nel<br />
cuore<br />
<strong>del</strong><br />
globulo<br />
%<br />
Membrana<br />
<strong>del</strong> globulo<br />
Plasma<br />
<strong>del</strong><br />
latte<br />
% %<br />
Gliceridi<br />
neutri<br />
98,7<br />
Trigliceridi 728 14,4 0,35 98,3 -100 +<br />
Digliceridi 536 14,9 0,36 0,3 90? 10? ?<br />
Monogliceridi 314 15,0 0,36 0.03 + + 30<br />
Acidi grassi<br />
liberi<br />
253 15,8 0,36 0,1 60 10? 35<br />
Fosfolipidia 0,6 0 65<br />
Ph. Colina 764 17,2 0,6 0,27<br />
Ph.<br />
Etanolamminab 742 17,9 1,0 0,25<br />
Ph. Serinab 784 17,8 0,8 0,03<br />
Ph. Inositoloc 855 0,04<br />
Sfi ngomielina d 770 19 0,2 0,20<br />
Cerebrosidic,d 770 20 0,2 0,1 0 70 30<br />
Gangliosidic,d,e -1600 0,01 0 70 30?<br />
Steroli 0,32 80 10 10<br />
Colesterolo 386 0,30<br />
Esteri <strong>del</strong><br />
colesterolo<br />
Carotenoidi<br />
+ vitamina<br />
A<br />
642 16 0,4 0,02?<br />
0,02 95? 5? +<br />
a Approssimativamente l’1% è presente nella forma di lisofosfatidi;<br />
b Fosfatidiletanolammina + Ph. Serina = cefalina;<br />
c Glicolipidi; d Sfi ngolipidi; e contenenti anche acido neuramminico;<br />
x = dimensione media degli acidi grassi (n. di atomi di carbonio);<br />
y = numero medio di doppi legami.<br />
Mwt = peso molecolare
Figura 9 Raffi gurazione <strong>del</strong> globulo di grasso <strong>del</strong> latte<br />
nelle sue principali componenti e loro localizzazione<br />
Il globulo di grasso<br />
La distribuzione <strong>del</strong>le dimensioni dei globuli di grasso è assai disomogenea:<br />
essi variano fra 0,1 e 10 μm, con prevalenza quantitativa <strong>del</strong> numero dei<br />
piccoli globuli ( 90% <strong>del</strong><br />
totale <strong>del</strong> grasso) nei globuli più grandi (Lopez C., Briard-Bion V., 2007).<br />
In virtù <strong>del</strong>l’effetto <strong>del</strong>la dimensione in relazione al volume di grasso, i<br />
globuli più piccoli possiedono un rapporto membrana/gliceridi maggiore<br />
ed una maggiore presenza di acidi grassi insaturi (Sharma S.K., Dalgleish<br />
D.G., 1993).<br />
In seguito al trattamento di omogeneizzazione sul latte e sui latticini,<br />
condotto per rallentare l’affi oramento <strong>del</strong> grasso, i globuli assumono una<br />
dimensione mediamente più piccola e più uniforme, mentre la membrana,<br />
che avvolge i globuli neoformati per frammentazione di quelli grandi, è<br />
di natura proteica, con prevalenza di proteine caseiniche alle quali si<br />
possono associare quelle globulari soprattutto a crescenti valori di acidità<br />
(Corredig M., Dalgleish D.G., 1993).<br />
55<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Tabella 5<br />
Contenuto approssimato di lipidi in alcuni prodotti <strong>del</strong><br />
latte vaccino<br />
Prodotto<br />
Grasso<br />
totale<br />
%<br />
56<br />
Fosfolipidi<br />
%<br />
Steroli<br />
%<br />
Acidi<br />
grassi<br />
liberi<br />
%<br />
Latte scremato 0,06 0,015 0,002 0,002<br />
Latte 4 0,035 0,013 0,008<br />
Crema di latte 10 0,065 0,03 0,017<br />
Crema di latte 20 0,12 0,06 0,032<br />
Crema di latte 40 0,21 0,11 0,06<br />
Latticello da crema al 20% 0,4 0,07 0,005 0,002<br />
Latticello da crema al 40% 0,6 0,13 0,011 0,002<br />
Burro 82 0,35 0,21 0.12<br />
Burro anidro > 99,8 0,00 0,25 0,15<br />
In Tabella 5 (Walstra P., et al., 2006b) sono riportate la composizioni dei<br />
principali costituenti dei lipidi in alcuni prodotti lattieri, ottenuti da latte<br />
vaccino, con diverso contenuto di lipidi.<br />
È da notare che il contenuto di acidi grassi liberi è modesto, perché per<br />
quantità maggiori i prodotti indicati in Tabella 5 presenterebbero già un<br />
odore di formaggio, non gradito al consumo di questi prodotti lattieri.<br />
I fosfolipidi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte vaccino (Tabella 4), posseggono una<br />
rimarchevole quantità di fosfatidil serina. Quando paragonati ai fosfolipidi<br />
dei lipidi <strong>del</strong> latte di altre specie animali (http://www.cyberlipid.org/<br />
cyberlip/home0001.htm). In considerazione <strong>del</strong>l’importanza salutistica<br />
di tale fosfolipide, il latte è ancora una volta un alimento importante per<br />
la nostra nutrizione.<br />
La composizione <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
La composizione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> è praticamente uguale a quella <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong><br />
latte, se non viene considerata la presenza di acqua, che nel <strong>burro</strong> è di<br />
circa il 16-17% <strong>del</strong> totale (“acqua tecnologica”)<br />
La composizione degli acidi grassi <strong>del</strong> <strong>burro</strong> è stata indicata di recente<br />
la Norme dei Grassi e dei Derivati, <strong>del</strong>la Commissione Tecnica <strong>del</strong>la<br />
Stazione Sperimentale <strong>del</strong>le Industrie degli Oli e dei Grassi (NGD, 2010)<br />
come riportato nella Tabella 6.
Tabella 6<br />
Composizione degli acidi grassi <strong>del</strong> <strong>burro</strong> (NGD)<br />
Acido grasso %<br />
1 Acido butirrico (C4:0) 3,0 – 3,5<br />
2 Acido capronico (C6:0) 1,6 – 3,0<br />
3 Acido caprilico (C8:0) 1,1 – 1,8<br />
4 Acido caprico (C10:0) 1,8 – 3,7<br />
5 Acido caproleico (C10:1) 0,2 – 0,4<br />
6 Acido laurico (C12:0) 2,3 – 3,9<br />
7 Acido miristico (C14:0) 8,0 – 12,0<br />
8 Acido miristoleico (C14:1) 0,2 – 1,2<br />
9<br />
Acido pentadecanoico ramifi cato<br />
(C15 iso)<br />
0,2 – 0,4<br />
10<br />
Acido pentadecanoico ramifi cato<br />
(C15 anteiso)<br />
0,3 – 0,7<br />
11 Acido pentadecanoico (C15:0) 0,2 – 1,3<br />
12 Acido esadecanoico ramifi cato (C16 iso) 0,1 – 0,4<br />
13 Acido palmitico (C16:0) 25,0 – 33,0<br />
14 Acido palmitoleico1 (C16:1) 1,0 – 2,0<br />
15 Acido eptadecanoico ramifi cato (C17 iso) 0,2 – 0,4<br />
16 Acido eptadecanoico ramifi cato (C17 anteiso) 0,2 – 0,6<br />
17 Acido eptadecanoico (C17:0) 0,3 – 0,7<br />
18 Acido eptadecenoico (C17:1) 0,1 – 0,3<br />
19 Acido stearico (C18:0) 9,0 – 13,0<br />
20 Acido oleico1 (C18:0) 19,0 – 29,0<br />
21 Acido linoleico (C18:2) 1,0 – 3,5<br />
22 Acido linolenico (C18:3) 0,2 – 1,3<br />
23<br />
Acido ottadecadienoico coniugato (C18:2<br />
coniugato)<br />
0,3 – 1,5<br />
24 Acido arachico (C20:0) 0,1 – 0,3<br />
25 Acido eicosenoico (C20:1) 0,1 – 0,3<br />
1 Somma degli isomeri di posizione <strong>del</strong> doppio legame, che potrebbero non essere separati<br />
57<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Relazione fra composizione e struttura<br />
Il comportamento chimico-fi sico dei lipidi <strong>del</strong> grasso di latte, ma anche di<br />
altre sostanze grasse, è condizionato dal comportamento corrispondente<br />
degli acidi grassi. Fra i parametri più utili a prevedere il comportamento<br />
degli acidi grassi è il punto di fusione di ciascun acido grasso, in<br />
quanto correlato alla lunghezza <strong>del</strong>la catena idrocarburica e alla sua<br />
insaturazione, come indicato nella Tabella 7 (http://www.cyberlipid.org/<br />
cyberlip/home0001.htm).<br />
Questo è dovuto alla maggiore possibilità di avvicinarsi <strong>del</strong>le catene più<br />
lineari, caratteristiche degli acidi grassi saturi, fi no a risentire <strong>del</strong>le forze di<br />
attrazione di Van der Waals, di una certa intensità. Tali forze aumenteranno,<br />
in proporzione, il punto di fusione <strong>del</strong> substrato grasso corrispondente.<br />
58
Tabella 7<br />
Acidi grassi che maggiormente infl uenzano il punto di<br />
fusione <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte<br />
Sigla<br />
Nome triviale<br />
Acido<br />
Denominazione<br />
IUPAC - Acido<br />
59<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
PesoMolec.<br />
Punto di<br />
fusione<br />
°C<br />
C4:0 Butirrico Butanoico 88,1 -7,9<br />
C6:0 Capronico Esanoico 116,1 -3,4<br />
C8:0<br />
C10:0<br />
C10:1<br />
Caprilico<br />
Caprico<br />
(o Caprinico)<br />
Caproleico<br />
Ottanico<br />
Decanoico<br />
5-cis-Tetradecenoico<br />
144,2<br />
172,3<br />
170,3<br />
16,7<br />
31,6<br />
-<br />
C12:0 Laurico Dodecanoico 200,3 44,2<br />
C14:0 Miristico Tetradecanoico 228,4 53,9<br />
C14:1<br />
C15 iso<br />
C15 anteiso<br />
C15:0<br />
C16 iso<br />
C16<br />
Miristoleico<br />
Pentadecanoico<br />
(ram.)<br />
Pentadecanoico<br />
(ram.)<br />
Pentadecanoico<br />
Esadecanoico<br />
(ram,)<br />
Palmitico<br />
9-cis Tetradecenoico<br />
Pentadecanoico (ram.)<br />
Pentadecanoico (ram.)<br />
Pentadecanoico<br />
Esadecanoico (ram,)<br />
Esadecanoico<br />
228,4<br />
232,4<br />
232,4<br />
232,4<br />
256,4<br />
256,4<br />
-<br />
-<br />
-<br />
-<br />
-<br />
63,1<br />
C16:1 Palmitoleico 9-cis-Esadecenoico 254,4 0,5<br />
C18 Stearico Ottadecanoico 284,4 69,6<br />
C18:1 cis Oleico 9-cis-Ottadecenoico 282,4 16,2<br />
C18:1 trans Elaidinico 9-trans-Ottadecenoico 282,4 43,7<br />
C18:1 n-7<br />
C18:2<br />
C18:3 n-6<br />
C18:3 n-3<br />
C18:4 n-3<br />
C20<br />
C20:1 n-9<br />
C22<br />
C22:1 n-9<br />
C20:4 n-6<br />
C20:5 n-3<br />
Asclepico<br />
Linoleico<br />
g-Linolenico<br />
a-Linolenico<br />
Stearidonico<br />
Arachico<br />
Gondoico<br />
Beenico<br />
Erucico<br />
Arachidonico<br />
(AA)<br />
EPA<br />
11-cis-Ottadecenoico<br />
9,12-cis,cis-<br />
Ottadecadienoico<br />
6,9,12-cis-<br />
Ottadecatrienoico<br />
9,12,15-cis-<br />
Ottadecatrienoico<br />
6,9,12,15-cis-<br />
Ottadecatetraenoico<br />
Eicosanoico<br />
11-cis-Eicosenoico<br />
Docosanoico<br />
9-cis-Docosenoico<br />
Eicosatetraenoico<br />
Eicosapentaenoico<br />
282,4<br />
280,4<br />
278,4<br />
278,4<br />
276,4<br />
312,5<br />
310,5<br />
340,5<br />
338,6<br />
304,5<br />
302,5<br />
39<br />
- 5<br />
-<br />
- 11<br />
- 57<br />
75,3<br />
-<br />
79,9<br />
33,4<br />
- 50<br />
- 54<br />
C22:5 n-3<br />
C22:6 n-3<br />
DPA<br />
DHA<br />
Docosapentaenoico<br />
4,7,10,13,16,19-cis-<br />
Docosaesaenoico<br />
330,6<br />
328,6<br />
-<br />
- 44<br />
In presenza, nella catena idrocarburica, di un doppio legame la struttura<br />
molecolare <strong>del</strong>l’acido grasso appare più ricurva e meno capace di<br />
instaurare forze di interazione di simile intensità fra tutti i gruppi CH 2<br />
<strong>del</strong>le catene che si avvicineranno, ma in maniera effi cace solo per la
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
loro parte lineare (Figura 3). Pertanto, l’insaturazione “fl uidizza” il lipide<br />
e, analogamente anche per quanto riguarda la dimensione <strong>del</strong>l’acido<br />
grasso quando si accorcia la catena idrocarburica, si riduce l’intensità<br />
<strong>del</strong>l’interazione, che corrisponde ad una “fl uidizzazione” <strong>del</strong> lipide.<br />
Figura 3 Strutture di massima estensione molecolare<br />
nello spazio degli acidi grassi principali, a differente<br />
insaturazione.<br />
Importanza <strong>del</strong>la composizione degli acidi grassi<br />
Il latte umano contiene una quantità di acido palmitico, acido grasso saturo<br />
a 16 atomi di carbonio totali, nella parte grassa, <strong>del</strong>la dimensione di<br />
quello presente nel grasso <strong>del</strong> latte bovino (Tabella 8). Se poi si considera<br />
la composizione degli acidi grassi in posizione 2 dei trigliceridi, quella<br />
più importante dal punto di vista nutrizionale per l’assimilazione completa<br />
degli acidi grassi in essa attaccati, la quantità di acido palmitico supera il<br />
58% nella posizione 2 (http://www.cyberlipid.org/cyberlip/home0001.<br />
htm; Blasi F. et al,, 2008), ma in letteratura è riportato anche il 72% (Tabella<br />
9) (Sørensen A.D.M. et al., 2010.), Queste percentuali corrispondono a<br />
60
circa i due terzi o più di tutti gli acidi grassi presenti. Ci deve essere un<br />
buon motivo biologico-biochimico, poiché nei sistemi vegetali quello che<br />
è stato verifi cato è esattamente l’opposto e cioè che la posizione centrale<br />
porta un acido grasso insaturo quasi al 100%.<br />
Tabella 8<br />
Composizione percentuale degli acidi grassi nelle<br />
tre posizioni dei trigliceridi <strong>del</strong> latte di donna e di<br />
alcuni ruminanti<br />
Sn 4:0 6:0 8:0 10:0 12:0 14:0 16:0 16:1 18.:0 18:1 18:2 18;3 20:1 20:4<br />
1 0.2 1.3 3.2 16.1 3.6 15 46.1 11 0.4 1.5<br />
Donna 2 0.2 2.1 7.3 58.2 4.7 3.3 12.7 7.3 0.6 0.7 0.9<br />
3 1.8 6.1 7.1 6.2 7.3 2 49.7 2 1.6 0.5 0.3<br />
1 1.9 0.3 0.9 3.1 2.8 8 35.5 0.9 17.3 25.7 2.6 1<br />
Pecora 2 0.3 2.6 0.2 2.7 3.9 11.6 27.2 1.3 14.6 30.9 4 0.8<br />
3 32 8.4 7 14.2 3.2 3.4 2.6 0.4 7 18.8 2.4 0.9<br />
1 1.4 0.4 0.7 4.9 3.3 9 38.4 0.5 17.6 21.7 0.7 0.5<br />
Capra 2 0.2 0.7 0.1 2.2 5.9 9 35.7 0.8 12 21.1 2.2 0.4<br />
3 16 8.6 11 30.2 3.4 18.6 1.4 0.2 7.1 19.2 1.6 0.6<br />
1 5 3 0.9 2.5 3.1 10.5 35.9 2.9 14.7 20.6 1.2<br />
Vacca 2 2.9 4.8 2.3 6.1 6 20.4 32.8 2.1 6.4 13.7 2.5<br />
3 43 11 2.2 3.6 3.5 7.1 10.1 0.9 4 14.9 0.5<br />
Tabella 9<br />
Composizione degli acidi grassi <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong><br />
latte di donna e di vacca a confronto<br />
Donna Vacca<br />
Acido grasso sn-1 sn-2 sn-3 sn-1 sn-2 sn-3<br />
4:0 Butirrico 9,8 5,7 84,6<br />
6:0 Capronico 16,1 25,8 58,1<br />
8:0 Caprilico 16,7 42,6 40,7<br />
10:0 Caprico 9,1 9,1 81,8 20,5 50,0 29,5<br />
12:0 Laurico 13,7 22,1 64,2 24,6 47,6 27,8<br />
14:0 Miristico 18,2 41,5 40,3 27,6 53,7 18,7<br />
16:0 Palmitico 20,0 72,3 7,7 45,6 41,6 12,8<br />
16:1 Palmitoleico 23,1 30,1 46,8 49,2 35,6 15,3<br />
18:0 Stearico 73,9 16,3 9,9 58,6 25,5 15,9<br />
18:1 Oleico 42,5 11,7 45,8 41,9 27,8 30,3<br />
18:2 Linoleico 33,3 22,1 44,5 32,4 67,6 0,0<br />
18:3 Linolenico 15,4 23,1 61,5<br />
20:1 Eicosenoico 55,6 25,9 18,5<br />
20:4 Arachidonico 0,0 75,0 25,0<br />
61<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Va ricordato che l’idrogenazione da parte dei microrganismi <strong>del</strong> rumine e<br />
particolarmente selettiva per gli acidi grassi polinsaturi dei lipidi introdotti<br />
dal bovino con il mangime o durante il pascolo.<br />
È lecito ritenere che questa composizione “selettiva” debba essere protettiva<br />
per il giovane animale in lattazione, perché la maggiore saturazione degli<br />
acidi grassi <strong>del</strong>le membrane consente una più elevata rigidità <strong>del</strong>le stesse<br />
e una minore esposizione all’ossidazione.<br />
La motivazione per la quale le membrane relativamente sature dei<br />
globuli di grasso <strong>del</strong> latte, alimento destinato ai bambini (o ai cuccioli<br />
animali), costituiti prevalentemente da latte, sia così composta è ancora<br />
da comprendere.<br />
Gli acidi coniugati <strong>del</strong>l’acido linoleico (CLA)<br />
I CLA comprendono una ventina d’isomeri geometrici e posizionali a 18<br />
atomi di carbonio con due doppi legami coniugati.<br />
La posizione dei doppi legami si trova compresa tra Δ 7 e Δ 14 e la diversa<br />
disposizione spaziale degli stessi gruppi funzionali (doppi legami)<br />
conferisce alla molecola una diversa confi gurazione cis o trans (Yurawecz<br />
M.P. et al., 2006).<br />
L’isomero più importante (Figura 4) (dal 75 al 90%) di tutti i CLA è il cis-<br />
9,trans-11 (acido rumenico), seguito dagli isomeri trans-10,cis-12 (circa<br />
il 10%) e il trans-7,cis-9 (circa il 2%).<br />
Questi isomeri hanno effetti biologici diversi, dovuti alle loro differenti<br />
proprietà chimiche e fi siche (Yurawecz M.P. et al., 2006).<br />
Il motivo <strong>del</strong>l’interesse che si è sviluppato sui CLA è dovuto al fatto che<br />
in numerosi esperimenti si sono dimostrati anticancerogeni attivi nei<br />
confronti di diversi tumori <strong>del</strong> seno (1987), <strong>del</strong> colon, <strong>del</strong>l’epidermide,<br />
<strong>del</strong>lo stomaco e antiaterosclerotici (1994). Inoltre sono in grado di<br />
incrementare la massa ossea e di rallentare la progressione <strong>del</strong> diabete<br />
(1998). Tutto questo sembra essere legato al fatto che queste molecole<br />
sono capaci di modulare la sintesi degli eicosanoidi e di svolgere una<br />
azione antibatterica, anticancerogena e antidiabetica in quanto è stata<br />
osservata una diminuzione <strong>del</strong> LDL-colesterolo nel plasma, con conseguente<br />
diminuzione <strong>del</strong>la formazione di placche ateromatose in ratti alimentati<br />
con diete arricchite con questi acidi grassi. E’ comunque ritenuto che le<br />
specifi che attività biologiche siano da attribuirsi ai singoli isomeri piuttosto<br />
che all’intero pool dei CLA (Cocchi M., Mordenti A.L., 2005).<br />
L’effi cacia <strong>del</strong> cis9-trans11, nel caso <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella, è dose<br />
62
dipendente ed è maggiore se la sostanza è assunta durante lo sviluppo<br />
<strong>del</strong> tumore (Boccioni A. et al., 2002), così come si potuto osservare per i<br />
tumori <strong>del</strong>l’intestino e <strong>del</strong>la prostata (Castagnetti G.B. et al., 2007).<br />
Figura 4 Strutture degli acidi grassi di interesse lattiero<br />
caseario, in comparazione con quelle di acidi grassi più<br />
diffusi nei sistemi naturali.<br />
Acido 9cis-ottadecenoico<br />
(acido oleico)<br />
Acido ottadecanoico (acido stearico)<br />
Per quanto riguarda l’isomero trans-10,cis-12 gli si attribuisce la capacità<br />
di ridurre l’assorbimento dei lipidi inibendo l’attività <strong>del</strong>la Stearoil CoA<br />
desaturasi.<br />
La principale fonte di CLA, nella dieta <strong>umana</strong>, è rappresentata dagli<br />
alimenti derivati dai ruminanti (carne e latticini) proprio in virtù <strong>del</strong>le<br />
caratteristiche fi siologiche di tutti i ruminanti che hanno la capacità di<br />
produrre medante bioidrogenazione ed altra via tutti i CLA e l’acido<br />
vaccenico (Figura 5).<br />
63<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
COOH<br />
COOH COOH<br />
COOH<br />
9cis,11trans-ottadecadienoico (acido rumenico)<br />
10trans,12cis-ottadecadienoico<br />
Acido 9cis,12cis-ottadecadienoico<br />
(acido linoleico)<br />
COOH<br />
C L A<br />
C L A
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Figura 5 Meccanismi di formazione dei CLA, proposti in<br />
letteratura.<br />
C5H11<br />
idroperossidi<br />
C18:2 n-6<br />
idrogenazione<br />
catalitica<br />
C18:2 n-6<br />
COOH<br />
C5H11 7<br />
R°<br />
COOH<br />
C5H11<br />
7<br />
isomerasi<br />
<strong>del</strong> rumine<br />
C5H11<br />
°<br />
proteine<br />
COOH<br />
7<br />
9 -desaturasi reduttasi<br />
COOH<br />
7<br />
C18:2 n-6<br />
Mediante l’inserimento nella dieta <strong>del</strong>la vacca di una modesta quota di<br />
lino integrale laminato è stato dimostrato che è possibile ottenere migliori<br />
caratteristiche riproduttive, un migliore stato di salute <strong>del</strong>l’animale, un<br />
aumento <strong>del</strong>la produzione di latte e un incremento di alcuni componenti<br />
che hanno una certa familiarità e una buona considerazione fra i<br />
consumatori, quali gli acidi grassi w-3, gli acidi coniugati <strong>del</strong> linoleico<br />
(CLA) e l’acido vaccenico. Tali peculiarità che sono inferiori, pur presenti,<br />
in altri latti diversi da quelli <strong>del</strong> Comprensorio <strong>del</strong> Parmigiano Reggiano,<br />
inevitabilmente faranno parte <strong>del</strong> formaggio (nella fase grassa) e nel<br />
<strong>burro</strong> prodotto in parallelo alla caseifi cazione. Queste caratteristiche<br />
potranno rilanciare e valorizzare il <strong>burro</strong> <strong>del</strong> Comprensorio, attraverso lo<br />
sfruttamento <strong>del</strong>le componenti salutistiche.<br />
Composizione degli steroli<br />
Nella Tabella 10 sono riportati gli steroli identifi cati nel grasso <strong>del</strong> latte di<br />
alcuni ruminanti [a) Park Y.W. et al., 2007; b) Contarini G. et al., 2002].<br />
64<br />
+<br />
+ ulteriori isomeri CLA<br />
COOH<br />
COOH<br />
C18:1 t 9<br />
C18:1 t11<br />
C18:0
Tabella 10<br />
Composizione <strong>del</strong>la frazione degli steroli <strong>del</strong><br />
grasso di latte<br />
Steroli Grasso <strong>del</strong> latte a *<br />
mg/100 g<br />
Grasso <strong>del</strong> latte a **<br />
mg/100 g<br />
65<br />
Burro bovino b<br />
mg/100 g<br />
Margarina b<br />
mg/100 g<br />
Colesterolo 341,8 288,4 262,0 2,6<br />
Latosterolo 1,47 1,81<br />
Desmosterolo 1,39 0,41<br />
Diidrolanosterolo 2,25 4,15<br />
Lanosterolo 9,75 6,86<br />
Brassicasterolo 0,0 14,5<br />
7-colesterolo 3,3 0,0<br />
Campesterolo 0,0 63,2<br />
Stigmasterolo 0,0 5,4<br />
β-Sitosterolo 2,3 97,7<br />
5-Avenasterolo 0,0 6,3<br />
di Capra* e Pecora**<br />
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
In considerazione <strong>del</strong>le diverse identifi cazioni nel grasso di latte e di<br />
<strong>burro</strong>, relative alla composizione degli steroli, riguardanti i componenti<br />
presenti in minore quantità, ulteriori ricerche dovrebbero essere condotte<br />
per stabilire defi nitivamente la corretta composizione.<br />
Alcune considerazioni ed ipotesi<br />
Sulla base <strong>del</strong>le osservazioni in campi diversi <strong>del</strong> settore scientifi co,<br />
emergono una serie di considerazioni, ipotesi e dubbi che si spera<br />
siano condivisi anche da altri colleghi o che siano suggerite spiegazioni<br />
plausibili, anche attraverso risultati perseguiti in future ricerche.<br />
Il colesterolo è prodotto anche per irrigidire le membrane oppure la<br />
produzione <strong>del</strong> colesterolo, peraltro utile in tanti altri impieghi, proprio per<br />
la sua attività e presenza elevata nelle membrane deve essere contrastato<br />
con una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi?<br />
Ancora: una dieta varia, naturalmente ricca di acidi grassi insaturi, induce<br />
la produzione di colesterolo per la necessità di attuare un suffi ciente<br />
irrigidimento <strong>del</strong>le membrane o è un effetto indotto dalla necessità di<br />
modulare la rigidità <strong>del</strong>le membrane che si è incrementata con la maggiore<br />
produzione di colesterolo (nella fase post-adolescenziale)?
Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
Se i bambini hanno membrane ricche in acidi grassi saturi e sintetizzano<br />
poco colesterolo, è possibile che questo corrisponda alla necessità<br />
biologica normale di colesterolo, per quell’età. Qualsiasi mutamento<br />
dovuto a cambiamenti nell’alimentazione o nello sviluppo naturale<br />
<strong>del</strong>l’organismo verso la “fase riproduttiva” <strong>del</strong>l’esistenza (che richiede<br />
molto più colesterolo), provoca una maggiore produzione di colesterolo<br />
e, di conseguenza, un incremento di rigidità <strong>del</strong>le membrane. A questo<br />
punto il corpo tenta un bilanciamento desiderando e introducendo quei<br />
cibi che portano sostanze grasse insature.<br />
Se questo fosse provato, si concluderebbe che ad ogni età esista un modo<br />
di alimentarsi che deve essere diverso, riguardo al mantenimento di<br />
un’elevata rigidità <strong>del</strong>le membrane, e quando questa diventa eccessiva<br />
per una serie di ragioni biochimico-biologiche, si è indotti a bilanciare<br />
attraverso un cambiamento <strong>del</strong>la dieta.<br />
Inoltre, l’importanza <strong>del</strong>le membrane è molto maggiore di quella che è<br />
stata loro attribuita, in considerazione <strong>del</strong>le correlazioni importanti con<br />
la salute <strong>del</strong>la loro funzionalità e <strong>del</strong>la loro composizione in acidi grassi<br />
(e degli antiossidanti) che tende a essere “mantenuta” nelle modalità<br />
consentite dalla natura: biologia, alimentazione e assimilazione.<br />
Con il consumo di acido oleico, attraverso gli oli vergini di oliva, si avrebbe<br />
una modulazione <strong>del</strong>la fl uidità <strong>del</strong>la membrana più graduale e, essendo gli<br />
oli vergini (meglio gli extravergini) di oliva ricchi in antiossidanti (fenolici<br />
e polifenolici), essi sarebbero anche utili ad aumentare il patrimonio<br />
antiossidante che con gli acidi grassi insaturi è sempre comunque utile.<br />
Gli acidi grassi in confi gurazione trans, avendo una struttura più lineare<br />
di quelli in confi gurazione cis (Figura 3), sono più alto-fondenti (Tabella<br />
7) e questo comportamento viene trasferito ai gliceridi che li contengono.<br />
66
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Giovanni Lercker, DISA, Università di Bologna<br />
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68
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
<strong>Breve</strong> <strong>storia</strong> <strong>del</strong> <strong>burro</strong> nell’alimentazione<br />
<strong>umana</strong> e <strong>recenti</strong> acquisizioni sugli aspetti<br />
nutrizionali ed extra-nutrizionali<br />
La tradizione che aveva valorizzato il <strong>burro</strong> aveva ragione e <strong>recenti</strong><br />
indagini indicano come i suoi grassi hanno rilevanti attività salutistiche,<br />
in particolare di tipo extranutrizionale: psicodietetiche, immunitarie ed<br />
anticancerogene, che rivalutano un alimento ingiustamente criminalizzato.<br />
Riassunto<br />
Una lunghissima prei<strong>storia</strong> ed un’ampia e diversifi cata <strong>storia</strong> hanno<br />
celebrato gli aspetti positivi <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, nelle sue molteplici applicazioni,<br />
ma soprattutto in quelle alimentari, sia nutrizionali sia gastronomiche.<br />
Aspetti positivi che sono ampiamente documentati dalla tradizione, ma<br />
anche dal suo valore simbolico e, non da ultimo, anche dal suo valore<br />
commerciale, quando ad esempio in pianura padana il <strong>burro</strong> aveva un<br />
prezzo almeno pari a quello <strong>del</strong> formaggio grana.<br />
Negli ultimi anni e per una non sempre limpida serie di motivi vi è stata<br />
un’inversione di valutazione, fi no ad un’ingiusta criminalizzazione <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong>.<br />
Il recente sviluppo <strong>del</strong>la ricerca sulle attività non soltanto nutrizionali, ma<br />
anche sulle attività extranutrizionali e sulle caratteristiche salutistiche degli<br />
alimenti, non solo sta dimostrando che la tradizione aveva ragione, ma<br />
che il <strong>burro</strong> è dotato di particolari attività salutari, forse più d’altri alimenti<br />
oggi di moda.<br />
Il particolare interesse nutrizionale ed extranutrizionale risulta il quadro<br />
degli acidi grassi presenti nel <strong>burro</strong> di mucca. Per quanto poi riguarda<br />
il tanto criminalizzato colesterolo <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, oggi è ben noto che questo<br />
componente è in un corretto rapporto con le lecitine, con rapporti ottimali<br />
alla produzione, in persone sane, di colesterolo HDL e quindi “buono”.<br />
Di particolare interesse sono le attività antinfettive e psicodietetiche che<br />
oggi sono riconosciute ad alcuni componenti <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Estremamente importanti sono <strong>recenti</strong> indagini che indicano come i grassi<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong> hanno una rilevante attività anticancerogena preventiva. Di<br />
particolare rilievo sono i seguenti componenti: acido linoleico coniugato,<br />
sfi ngomieline, acido butirrico, eteri lipidici, fattori anticancerogeni non<br />
identifi cati. L’attività di prevenzione anticancerogena, anche in base<br />
69
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
ad indagini sperimentali, è particolarmente evidente su neoplasie<br />
<strong>del</strong>l’apparato digerente e <strong>del</strong>la mammella.<br />
La rivalutazione non solo nutrizionale, ma anche salutistica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> e<br />
quindi la possibilità di intesserne un elogio, su basi scientifi che e non<br />
soltanto tradizionali, non deve stupire perché il <strong>burro</strong> è la componente<br />
di un alimento, il latte, che come tale è stato “creato” dalla natura in una<br />
selezione di oltre sessanta milioni d’anni e che ha portato al successo la<br />
vastissima classe dei mammiferi, di cui anche l’uomo fa parte.<br />
Cenni storici sul <strong>burro</strong><br />
Il rapporto che l’uomo ha con gli alimenti non è mai stato unicamente<br />
ed esclusivamente di tipo nutrizionale o, come oggi si dice, fi siologico,<br />
e neppure di tipo soltanto economico. La scelta degli alimenti e di<br />
conseguenza anche il loro valore è dipesa e continua a dipendere anche<br />
dal soddisfacimento d’altre esigenze, di tipo psicologico interno spesso<br />
inconscio, ma anche di riferimento e legittimazione di valori e signifi cati<br />
culturali. Questi potevano anche essere il frutto di condizionamenti<br />
spirituali e religiosi, poi tradotti in regole di vita od in rituali, quando<br />
non erano la fonte di pregiudizi culturali, che spesso vediamo ancora<br />
persistere od assumere nuove forme nelle attuali “religioni laiche”. In<br />
quest’ambito, soprattutto per lo storico <strong>del</strong>l’alimentazione e <strong>del</strong> costume,<br />
ma anche <strong>del</strong>l’economia e <strong>del</strong>la salute, una particolare importanza<br />
assumono i condimenti sia come fondi di cottura, sale ed aceto, spezie,<br />
ma soprattutto le sostanze grasse che sono una componente irrinunciabile<br />
ad ogni sistema alimentare, defi nendone caratteri, specifi cità ed identità,<br />
tanto da poter essere inquadrati tra i marcatori culinari. In quest’ultimo<br />
ambito il <strong>burro</strong> non può essere considerato da solo, ma in rapporto anche<br />
ad altri grassi.<br />
Lunga è la <strong>storia</strong> <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, anzi la sua prei<strong>storia</strong>, perché si fa risalire<br />
all’inizio <strong>del</strong>la domesticazione degli animali da latte, anche se con una<br />
contrapposizione ai latti fermentati. In modo molto schematico si ritiene<br />
che la vasta area <strong>del</strong>la domesticazione degli animali produttori di latte,<br />
fi n dai primordi sia stata inizialmente divisa in due sottoaree: a meridione<br />
ed in ambito <strong>del</strong>la fertile mezzaluna la temperatura elevata ha favorito<br />
lo sviluppo dei latti acidi; a settentrione il clima freddo ha favorito la<br />
produzione e l’utilizzo <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Nella Naturalis Hi<strong>storia</strong> (libro XXVIII) Plinio il Vecchio scrive che dal latte<br />
si ricava il <strong>burro</strong> e che questo è l’alimento più raffi nato, e non soltanto un<br />
70
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
condimento, dei popoli barbari: un prodotto alimentare il cui consumo<br />
distingue i ricchi dai poveri (E lacte fi t et butyrum, barbararum gentium<br />
lautissimus cibus et qui divites a plebe discernat). Il <strong>burro</strong>, condimento<br />
di lusso e grasso di élite dei popoli settentrionali, defi niti “barbari”, si<br />
contrappone all’olio d’oliva in uso presso i romani ed i greci, popoli<br />
“civili”.<br />
Oltre questa contrapposizione tra barbari e civili s’inseriscono già gli usi<br />
non nutrizionali <strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Sempre Plinio ricorda che il <strong>burro</strong> ha attività<br />
protettive dai raggi solari e dall’umidità, per molti versi peraltro simili a<br />
quelle <strong>del</strong>l’olio. Se i barbari hanno l’abitudine di spalmarlo sulla pelle,<br />
Plinio ricorda che “anche noi lo facciamo con i nostri bambini”. A Roma,<br />
infatti, il <strong>burro</strong> era reperibile, ma per uso diversi da quelli alimentari.<br />
Per questo Caio Giulio Cesare si stupisce quando, nella Gallia Cisalpina,<br />
gli sono offerti asparagi cotti nel <strong>burro</strong>. In tempi precedenti, in Grecia<br />
Ippocrate ricordava che il <strong>burro</strong> era importato dall’Asia per essere usato<br />
come unguento.<br />
Nell’antichità la contrapposizione olio/<strong>burro</strong> era costantemente<br />
rappresentativa di un contrasto tra civiltà e barbarie. Riferendosi ai<br />
montanari dei Pirenei, Strabone con disprezzo afferma che “il <strong>burro</strong> serve<br />
loro da olio”.<br />
Passando al Medioevo Jean-Louis Flandrin individua il <strong>burro</strong> come alimento<br />
popolare e provinciale, in contrapposizione anche all’olio. E’ soprattutto<br />
nel Medioevo che però si stabilizza la gran divisione <strong>del</strong>l’Europa in due<br />
parti. Nell’area mediterranea domina incontrastato l’olio d’oliva e poi di<br />
altri vegetali, mentre nell’area continentale dominano i grassi animali,<br />
da quello di maiale (lardo e strutto od oleum lardinum) al più prezioso<br />
e raffi nato <strong>burro</strong>. Una bipartizione tra grassi vegetali ed animali che<br />
comporta anche pregiudizi: se il <strong>burro</strong> nei paesi nordici era ritenuto<br />
ricco di virtù terapeutiche e capace di alleviare la fame e la sete, oltre<br />
che imprimere energia, nell’Italia meridionale era considerato pericoloso<br />
e causa di terribili malattie, quali la lebbra. Una concezione razzista<br />
quest’ultima che vediamo ripetersi per ogni alimento esotico: tipica è<br />
l’accusa, ancora nel settecento, alla patata di causare la lebbra.<br />
Nell’ora accennata bipartizione s’inserirono anche valutazioni d’ordine<br />
religioso e soprattutto quelle riguardanti i concetti di “magro” e “grasso”<br />
e <strong>del</strong>l’astinenza dalle “carni”. Termini questi che devono essere virgolettati<br />
perché di valore religioso che non coincide con quello odierno di tipo<br />
“botanico” o “zoologico”. Infatti, già durante il Medioevo, il <strong>burro</strong><br />
71
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
fu ammesso come alternativa all’olio per i giorni di magro, dapprima<br />
sporadicamente e, poi, in maniera sempre più generale. Negli ultimi<br />
secoli <strong>del</strong> Medioevo le autorità ecclesiastiche di diverse comunità<br />
<strong>del</strong>l’Europa settentrionale concessero il <strong>burro</strong> come condimento “magro”<br />
e nel capitolare de villis di Carlo Magno il butirum è elencato fra i prodotti<br />
quaresimali. In questo modo il <strong>burro</strong> viene a collocarsi vicino all’olio nella<br />
cucina “magra”, mentre il lardo rimane sempre nella cucina “grassa”.<br />
Anche se non strettamente necessario, è utile accennare a quello che<br />
sembra sia stato il criterio religioso per discriminare tra “magro” e<br />
“grasso”, qui di nuovo virgolettati. Con riferimento prima alla quaresima,<br />
poi per estensione alle vigilie ed a tutte le altre occasioni d’astinenza,<br />
sembra sia il criterio preso come riferimento sia stata l’arca di Noè che<br />
durante quaranta giorni (la stessa durata <strong>del</strong>la quaresima) portò in salvo<br />
anche gli animali che, ovviamente non furono mangiati. Ciò che era fuori<br />
<strong>del</strong>l’arca poteva essere mangiato da Noè e dalla sua famiglia: dal pesce<br />
alle rane fi no ad alcuni uccelli acquatici come le folaghe. Quest’ultima,<br />
almeno, era, infatti, l’interpretazione data dai monaci <strong>del</strong>l’abbazia di<br />
Pomposa. Inoltre tutto quello che era dentro all’arca era defi nito come<br />
“grasso” e quello che era fuori, invece, era giudicato “magro”. La regola<br />
poteva tuttavia essere interpretata ed è ovvio che se sull’arca vi era una<br />
mucca, Noè e la sua famiglia si saranno cibati <strong>del</strong> latte e dei suoi derivati,<br />
ad iniziare dal <strong>burro</strong>. Per questo il <strong>burro</strong> poteva essere defi nito “magro”.<br />
Con il procedere dei tempi e soprattutto con il diminuire <strong>del</strong>la forza <strong>del</strong>le<br />
concezioni religiose, pur interpretate come facevano i monaci <strong>del</strong>l’abbazia<br />
di Pomposa...., assumono maggiore importanza le componenti economiche<br />
e da non trascurare quelle gastronomiche. Infatti, i caratteristici punti di<br />
fusione dei diversi grassi li indirizza ad usi specifi ci: gli oli per condire,<br />
i grassi per cucinare, ecc. In questa situazione il <strong>burro</strong> non ha un posto<br />
di rilevo. Da una parte è confi nato tra gli alimenti “magri” e dall’altro è<br />
ritenuto un alimento per poveri, come sopra già indicato. Nel XV secolo<br />
in Italia vi è ancora una certa ambivalenza di signifi cazioni.<br />
Il Platina nel suo famoso trattato De honesta voluptate et valetudine<br />
composto a circa la metà <strong>del</strong> XV secolo afferma che il si può usare “in<br />
luogo <strong>del</strong> grasso e <strong>del</strong>l’olio per cucinare qualsiasi vivanda”, ma nello<br />
stesso periodo il padovano Michele Savonarola sostiene che “molti (il<br />
<strong>burro</strong>) l’usano in loco de olio (...) ma el buthiero nuoce allo stomaco e<br />
ai soi villi, quelli relaxendo, e a chi non l’ha usato, ge turba el stomaco”.<br />
Nell’età moderna il <strong>burro</strong> assume un ruolo di élite. Già a metà <strong>del</strong> secolo<br />
72
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
XVII Vincenzo Tanara nella sua opera L’economia <strong>del</strong> cittadino in villa<br />
non solo riconosce la particolare vocazione nei paesi settentrionali di<br />
quest’alimento, ma anche il suo utilizzo da parte dei ceti abbienti. Presso<br />
gli antichi, riferisce Tanara, il <strong>burro</strong> era la separazione <strong>del</strong>la nobiltà dalla<br />
plebe, <strong>del</strong> ricco dal povero, perchè il plebeo povero non poteva usare il<br />
<strong>burro</strong> per il suo prezzo elevato. Oltre alla possibilità di usare il <strong>burro</strong> al<br />
posto <strong>del</strong>l’olio e d’altri grassi, molte proprietà medicinali gli sono ascritte:<br />
dalle malattie respiratorie da raffreddamento al catarro ed alla tosse; dalle<br />
scottature alla cura dei foruncoli; dall’azione benefi ca sulle gengive e di<br />
rendere più fermi i denti alle screpolature <strong>del</strong>le labbra ed infi ammazioni<br />
<strong>del</strong>la bocca; dalla capacità di far sputare, fi no all’attività contro il veleno<br />
di vipere ed aspidi, senza dimenticare le benefi che attività quando è<br />
spalmato sul corpo. Nell’alimentazione è sottolineata la sua capacità di<br />
sostituirsi all’olio, ma anche di essere utilizzato nelle decorazioni dei piatti<br />
e come medicamento.<br />
Poco tempo dopo, il cardinale Alberoni, proponendo al re di Spagna,<br />
per le seconde nozze avvenute nel 1714, Elisabetta Farnese la descriveva<br />
“impastata di butirro e di formaggio piacentino e cioè nutrita con quanto<br />
di meglio vi era, il che doveva far immaginare una pelle liscia e vellutata.<br />
Un rapporto tra <strong>burro</strong> e pelle d’altronde ben radicato anche negli<br />
allevatori che dalla sottigliezza ed untuosità <strong>del</strong>la pelle dicevano di poter<br />
individuare la vitella o la vacca che avrebbe dato un latte ricco di grasso.<br />
Come si vede il <strong>burro</strong> ha sempre avuto una duplice valutazione: positiva<br />
e negativa, ma sempre per motivi estranei alla sua composizione. Una<br />
lunghissima prei<strong>storia</strong> e un’ampia e diversifi cata <strong>storia</strong> hanno comunque<br />
spesso celebrato gli aspetti positivi <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, nelle sue molteplici applicazioni,<br />
ma soprattutto in quelle alimentari, sia nutrizionali sia gastronomiche,<br />
senza dimenticare le applicazioni cosmetiche e le utilizzazioni medicinali.<br />
Aspetti positivi che sono ampiamente documentati dalla tradizione, ma<br />
anche dal suo valore simbolico e, non da ultimo, anche dal suo valore<br />
commerciale, quando ad esempio in pianura padana il <strong>burro</strong> aveva un<br />
prezzo almeno pari a quello <strong>del</strong> formaggio grana.<br />
Negli ultimi anni e per una non sempre limpida serie di motivi vi è stata<br />
un’inversione di valutazione e dall’amore sembra che si sia passati ad un<br />
odio, fi no ad un’ingiusta criminalizzazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> che, nel quadro di<br />
una religione salutistica “laica”, non è molto diversa dalla concezione che<br />
derivava da una religione “fi deistica” che lo inseriva tra i cibi “magri”,<br />
perché prodotto da un animale portato da Noè sull’arca.<br />
73
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Il recente sviluppo <strong>del</strong>la ricerca sulle attività non soltanto nutrizionali, ma<br />
anche sulle attività extranutrizionali e sulle caratteristiche salutistiche degli<br />
alimenti, non solo sta dimostrando che la tradizione aveva ragione, ma<br />
che il <strong>burro</strong> è dotato di particolari attività salutari, forse più d’altri alimenti<br />
oggi di moda.<br />
Antropologia darwiniana dei grassi<br />
Grassi e oli, alimenti non naturali, ma soprattutto culturali<br />
Nell’uomo vi è il comportamento fi sso di ricerca <strong>del</strong> grasso, in quanto<br />
fonte d’energia, anche se oli e grassi non sono alimenti naturali e sono<br />
stati sviluppati dalla cultura <strong>umana</strong>. Oli e grassi sono alimenti culturali, il<br />
cui uso eccessivo e squilibrato porta a patologie, prima di tutte obesità e<br />
sovrappeso con tutte le nefaste conseguenze. Può sembrare impossibile,<br />
ma oli e grassi non sono alimenti naturali nel senso che, come tali non si<br />
trovano in natura. In gran parte sono stati sviluppati dalla cultura <strong>umana</strong>.<br />
Sono quindi più alimenti culturali. I grassi sono stati inventati dall’uomo,<br />
che soltanto qualche migliaia d’anni fa ha imparato ad estrarli, alcuni dai<br />
vegetali (ad esempio dalle olive) o da talune parti o produzioni animali (ad<br />
esempio lo strutto ed il <strong>burro</strong>). Nella sua alimentazione naturale e durante<br />
il 99% <strong>del</strong>la sua presenza sulla terra, l’uomo ha cercato ed apprezzato<br />
soltanto alimenti contenenti quantità più o meno elevate di grassi, come<br />
carni grasse e frutta oleose ad esempio olive, noci, mandorle, nocciole<br />
ecc., ma non i rispettivi oli. L’olio d’oliva noto era ben noto nell’area<br />
mediterranea fi n dall’antichità, quando era usato come medicinale,<br />
cosmetico o combustibile nelle lampade e meno come alimento, se non<br />
dai più ricchi. Altri oli, ad esempio quelli di mais, arachide, girasole,<br />
vinaccioli, sono entrati nell’alimentazione <strong>umana</strong> solo quando l’industria<br />
é riuscita ad estrarli ed a purifi carli.<br />
74
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
GRASSI NELL’ALIMENTAZIONE PALEOLITICA E QUELL’AMERICANA OD<br />
OCCIDENTALE ATTUALE (da Eaton, Eaton III, Konner, 1999)<br />
NUTRIENTE<br />
ALIMENTAZIONE<br />
PALEOLITICA<br />
ALIMENTAZIONE<br />
OCCIDENTALE<br />
ENERGIA (Kcal) 3000 2000 - 2500 (3000)<br />
PROTEINE (grammi giorno) 200 – 250 100 – 200<br />
GRASSI (% energia<br />
alimentare)<br />
Meno <strong>del</strong> 10% Più <strong>del</strong> 30 – 40%<br />
COLESTEROLO (mg giorno) 500 Più di 1000<br />
CARBOIDRATI SEMPLICI Scarsi o assenti Abbondanti<br />
FIBRA ALIMENTARE (grammi<br />
giorno)<br />
104 10-20<br />
GRASSI NELL’ALIMENTAZIONE DELL’UOMO DEL PALEOLITICO E<br />
DELL’UOMO ATTUALE (da McKully, 2001)<br />
NUTRIENTE PALEOLITICO ATTUALE<br />
PROTEINE ANIMALI (a) 33% 12 – 14%<br />
GRASSI (a) 20 – 25% > 30%<br />
GRASSI SATURI (a) 6% 14%<br />
FIBRE (grammi giorno) 100 10 – 20<br />
a) Percentuale <strong>del</strong>le calorie<br />
I grassi strutturali<br />
I grassi presenti negli alimenti naturali sono intimamente connaturati<br />
con altri componenti alimentari, sono grassi strutturali e per questo sono<br />
in buon equilibrio con le proteine e gli amidi degli alimenti; questo é<br />
una garanzia contro eventuali eccessi. All’opposto i grassi e gli oli puri,<br />
inventati dall’uomo e creati dall’industria, per il loro alto valore energetico<br />
(un grammo di grasso, pur essendovi diversità nella percentuale che è<br />
digerita, apporta in media 8,5 chilocalorie), e per la loro alta disponibilità<br />
ad un prezzo spesso basso che ne favorisce un uso eccessivo, possono<br />
indurne un cattivo impiego e provocare inconvenienti nutrizionali,<br />
dietetici e sanitari anche gravi. Basta ricordare l’obesità, l’arteriosclerosi<br />
e talune malattie cardiovascolari favorite da eccessi di taluni grassi o da<br />
alimentazioni con una quantità eccessiva di grassi. Quanto ora indicato<br />
per l’uomo vale anche per gli animali allevati. Quando sono alimentati<br />
con grassi di scadente qualità ed ossidati, l’uomo se li ritrova nel piatto.<br />
75
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Alcuni oli e grassi hanno particolari doti benefi che e gli antichi sapevano<br />
che l’olio d’oliva è un alimento salutare, quasi un farmaco ed un portatore<br />
di bellezza. Recentemente la nostra società tecnologica, sviluppando<br />
cattivi comportamenti, ha creato una spesso immeritata paura dei grassi<br />
alimentari.<br />
Tanti oli e grassi<br />
Dal 1800 si è iniziato a comprendere la complessità dei grassi o lipidi<br />
e che non differiscono tanto per l’energia (i grassi e gli oli hanno un<br />
potere energetico che varia con la loro digeribilità e si aggira su circa<br />
8,5 chilocalorie per grammo), quanto per il tipo di molecole di cui sono<br />
costituiti. Una classifi cazione chimica molto semplice distingue i grassi in<br />
saturi (non reagiscono bene con l’ossigeno) ed insaturi e polinsaturi (si<br />
ossidano facilmente). La pura classifi cazione chimica è insuffi ciente, da<br />
quando è stato scoperto che molti acidi grassi alimentari sono modifi cati<br />
ed elaborati dall’organismo, anche in rapporto al tipo di dieta, stile di<br />
vita ecc. Ad esempio nell’uomo, l’acido stearico di cui è ricco il grasso<br />
bovino, é trasformato in acido oleico tipico <strong>del</strong>l’olio d’oliva. Con uno<br />
stile di vita attiva sono maggiormente utilizzati gli acidi grassi saturi ed il<br />
colesterolo. Importante é avere stabilito che i grassi non hanno soltanto<br />
una funzione energetica, ma anche insostituibili funzioni plastiche o<br />
costruttive <strong>del</strong>l’organismo. Per questo motivo alcuni acidi grassi, come già<br />
indicato, devono essere necessariamente introdotti con l’alimentazione<br />
(Acidi Grassi Essenziali - AGE), come l’acido linoleico e l’alfa-linolenico e<br />
probabilmente gli acidi arachidonico e cervonico. Per una corretta dieta<br />
sono importanti le signifi cative differenze che esistono tra i grassi estratti<br />
da animali e vegetali e quelli strutturati presenti nelle carni, latte o diversi<br />
semi oleaginosi (olive, noci, soia, arachide, ecc.) o granaglie (mais, ecc.).<br />
Negli alimenti grassi od oleaginosi, a parte la citata coesistenza equilibrata<br />
con proteine ed amidi, la digeribilità dei grassi è diversa e calibrata con<br />
l’attività digestiva. Molto diverso è l’effetto di un olio che arriva tal quale,<br />
anche se mescolato agli alimenti, nello stomaco, o che invece per l’azione<br />
digestiva <strong>del</strong>lo stomaco viene lentamente e gradualmente liberato da<br />
carni, olive o noci che lo contengono in forma strutturata e che arriva come<br />
grasso od olio libero a livello intestinale, dove trova gli enzimi adatti per<br />
una sua digestione. Negli alimenti grassi e molto meno nei grassi ed oli<br />
da questi derivati sono presenti altri nutrienti come i fosfolipidi, le lecitine,<br />
il colesterolo, che in opportuna quantità deve essere presente nella dieta,<br />
alcune vitamine liposolubili (soprattutto E ed A), fi tormoni, ecc.<br />
76
Rischi e virtù dei grassi<br />
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Tutti i grassi al tempo stesso sono buoni e cattivi. O, meglio, sono ben o<br />
mal usati. Un grasso è spesso cattivo in quanto mal usato ed in eccesso<br />
rispetto al fabbisogno energetico.<br />
Nell’uomo paleolitico e nell’uomo agricoltore era diffi cile avere un eccesso<br />
di grassi. Il tipo di vita attiva con forte lavoro muscolare, ammetteva<br />
una sostanziosa quantità d’acidi grassi saturi, senza alcun signifi cativo<br />
inconveniente. Con un’alimentazione in gran prevalenza basata su grassi<br />
strutturali era diffi cile avere squilibri con eccessi di grassi. Da quando<br />
abbiamo a disposizione i grassi e gli oli puri e non soltanto strutturati,<br />
non é soltanto quello <strong>del</strong>la quantità, ma anche <strong>del</strong>la qualità. Con la<br />
conservazione i grassi vanno incontro all’ossidazione (irrancidimento) da<br />
cui originano pericolosi perossidi. Di pari passo nei grassi sono distrutti<br />
gli antiossidanti naturali, ad iniziare dalla vitamina E. In un’alimentazione<br />
equilibrata sono necessari alcuni tipi di grassi. Una dieta che contenga<br />
“grassi sbagliati” e non adatti allo stile di vita, causa patologie metaboliche<br />
che oggi preoccupano. I “grassi sbagliati” provocano alterazioni <strong>del</strong>le<br />
membrane cellulari, che divengono fragili e sensibili alle aggressioni. Per<br />
la paura dei grassi e riducendoli drasticamente nell’alimentazione, oggi<br />
rischiamo una carenza di grassi, dimenticando che alcuni sono necessari<br />
per la vita, la salute, l’equilibrio psicofi sico e per la bellezza <strong>del</strong> corpo.<br />
Una carenza di grassi nella dieta, nei paesi sottosviluppati avviene per<br />
mancanza d’alimenti e, nei paesi industrializzati, per l’uso di cibi troppo<br />
purifi cati o di diete squilibrate ed uniformi. Per un buono stato di salute vi è<br />
la necessità di introdurre con l’alimentazione taluni acidi grassi essenziali<br />
(AGE): ogni giorno un uomo adulto deve assumere almeno dieci grammi<br />
d’acido linoleico, due grammi d’acido alfa-linolenico e quantità ancora<br />
non ben defi nite d’acido arachidonico e d’acido cervonico. Rischiano una<br />
carenza d’AGE coloro che seguono una dieta, carnivorana, vegetariana<br />
o vegana, con poco olio o grasso, o soltanto di un unico tipo e soprattutto<br />
coloro che non privilegiano alimenti animali e vegetali contenenti grassi<br />
strutturati. Le carni magre contengono acidi grassi essenziali di tipo insaturo<br />
molto utili per una corretta alimentazione e in questi ultimi tempi vi é stata<br />
un’evoluzione favorevole di molte carni, tra le quali quella di maiale, per<br />
quanto riguarda l’acido oleico e l’acido linoleico. Anche degli acidi grassi<br />
insaturi non bisogna abusare ed un’alimentazione ricca d’acido linoleico<br />
favorisce la formazione di calcoli biliari ed altri disturbi. Anche per i<br />
grassi vale il concetto <strong>del</strong>l’equilibrio alimentare e <strong>del</strong> est modus in rebus.<br />
77
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
I grassi possono diventare pericolosi in diverse condizioni: presenza di<br />
composti chimici indesiderati, cattiva conservazione ed uso non corretto.<br />
Soprattutto oggi è necessaria una strategia alimentare dei grassi. Quale<br />
grasso usare nell’alimentazione? A parte le spinte pubblicitarie per<br />
questo ogni categoria di produttori vorrebbe che fosse utilizzato soltanto<br />
o prevalentemente il suo grasso od olio (strutto, olio di oliva o di mais,<br />
ecc.), vi sono alcune regole che oggi sono chiare e devono essere seguite<br />
per una sana alimentazione.<br />
1 - In una dieta equilibrata sono da privilegiare i grassi strutturali, di tipo<br />
animale e vegetale.<br />
2 – Limitare l’uso dei grassi accumulati negli organi d’animali, in<br />
particolare nelle frattaglie (ad esempio fegato, rognoni, ecc.).<br />
3 - I grassi od oli, anche se genuini e naturali, devono essere aggiunti alla<br />
dieta in quantità opportune e non eccessive, integrando quelli strutturali<br />
senza sostituirli.<br />
4 - Privilegiare un uso crudo degli oli ed usare preferibilmente quelli ricchi<br />
di acidi grassi insaturi ed essenziali.<br />
QUANTITA’ (GRAMMI) DI OLIO O GRASSO NECESSARIO PER COPRIRE<br />
IL FABBISOGNO GIORNALIERO DI ACIDI GRASSI ESSENZIALI DI<br />
UN UOMO ADULTO = N.B. La quantità di grassi, in una dieta<br />
equilibrata, non deve superare il 30% <strong>del</strong>le calorie (25% nei<br />
sedentari), pari a 1000-625, calorie che corrispondono a 115-75<br />
grammi di olio o grasso il giorno.<br />
OLIO O GRASSO<br />
OLI VEGETALI<br />
ACIDO LINOLEICO<br />
AC.ALFA-<br />
LINOLENICO<br />
ARACHIDE 38 2.000<br />
MAIS 20 200<br />
OLIVA 107 370<br />
SOIA 19 24<br />
VINACCIOLO 15 400<br />
SEMI VARI 18 66<br />
MARGARINA<br />
GRASSI ANIMALI<br />
100 200<br />
BURRO 535 160<br />
LARDO 132 ===<br />
STRUTTO 117 571<br />
78
Grassi e nutrizione darwiniana<br />
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Un’irresistibile voglia di grasso è profondamente iscritta nel comportamento<br />
alimentare <strong>del</strong>l’uomo. Nella sua alimentazione naturale e durante il 99%<br />
<strong>del</strong>la sua presenza sulla terra, l’uomo ha cercato ed apprezzato ogni<br />
alimento contenente quantità più o meno elevate di grassi. Come sta<br />
insegnando la nutrizione evoluzionista, quest’impellente voglia di grasso<br />
che ancora oggi tormenta tutti coloro che vogliono o debbono calare<br />
di peso o sono a dieta, dipende dallo stile di vita sviluppato dall’uomo<br />
nell’ultimo milione d’anni. Egli era un grande corridore che a piccolo<br />
trotto, con brevi spunti veloci, percorreva venti, venticinque e più chilometri<br />
il giorno, con una grande necessità d’energia, che solamente il grasso<br />
poteva fornire. Ancor oggi il grasso deve fornire da un quarto ad un terzo<br />
<strong>del</strong>l’energia alimentare. La voglia di grasso trova un preciso riferimento<br />
ed un potenziamento nell’imprinting alimentare. Il colostro prima ed il<br />
latte poi di cui si nutre il neonato sono il principale alimento umano nei<br />
primi tre, quattro anni di vita. Entrambi gli alimenti sono ricchi di grassi.<br />
Soprattutto nel passato il grasso alimentare era di tipo animale. Solo<br />
recentemente il grasso vegetale è comparso nell’alimentazione <strong>umana</strong>.<br />
In un’analisi evoluzionista darwiniana, i grassi <strong>del</strong>la carne sono stati<br />
esaminati da Eaton (1998) che hanno studiato l’introduzione alimentare<br />
d’acidi grassi polinsaturi a lunga catena nella dieta paleolitica <strong>umana</strong>.<br />
Broadhurst (1997) ha considerato l’uso alimentare bilanciato dei trigliceridi<br />
naturali sotto la prospettiva nutrizionale ed evoluzionista. In quest’ultima<br />
prospettiva, gli alimenti naturali contengono una gran varietà di grassi<br />
strutturali, di tipo polinsaturo, monoinsaturo e saturo e quindi è diffi cile<br />
giustifi care un’alimentazione che non contenga un’equilibrata miscela di<br />
trigliceridi e di fosfolipidi (Britton M., Fong C., Wickens D., 1992). Nessun<br />
grasso naturale è intrinsecamente buono o cattivo, ma può diventarlo<br />
la loro proporzione od associazione. Da un punto di vista evoluzionista<br />
bisogna raccomandare una grande varietà di grassi, sotto il profi lo <strong>del</strong>la<br />
loro struttura, grado di saturazione, lunghezza <strong>del</strong>le catene. Gran parte<br />
<strong>del</strong>le patologie connesse allo squilibrio tra grassi polinsaturi <strong>del</strong> tipo n-3/<br />
n/6 sono dovuti all’uso dei cereali in alimentazione <strong>umana</strong> e degli animali<br />
produttori d’alimenti per l’uomo ed i processi di raffi nazione degli alimenti<br />
che n’amplifi cano le conseguenze. Altrettanto importanti sono i processi<br />
di lavorazione e di raffi nazione in quanto numerosi composti fi tochimici<br />
presenti negli oli non raffi nati e vegetali oleosi, svolgono un’importante<br />
protezione contro la perossidazione dei grassi e malattie croniche.<br />
79
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
La voglia di grasso, soprattutto quello animale, ricco d’acidi grassi saturi<br />
e di colesterolo é adeguato ad uno stile di vita molto attiva, e gli acidi<br />
grassi saturi ed il colesterolo sono preferibilmente mobilizzati ed utilizzati<br />
nel lavoro muscolare. Una riduzione di questi componenti è necessaria<br />
per stili di vita di tipo sedentario.<br />
COMPOSIZIONE IN ACIDI GRASI DEL LATTE DI DIVERSE SPECIE E DEL<br />
BURRO<br />
ACIDI GRASSI<br />
LATTE<br />
DONNA<br />
mg/etto<br />
LATTE<br />
DONNA<br />
%<br />
80<br />
LATTE<br />
VACCA<br />
mg/<br />
etto<br />
LATTE<br />
VACCA<br />
%<br />
BURRO<br />
mg/<br />
etto<br />
BUTIRRICO = 120 2600<br />
CAPROLICO 61 82 1500<br />
CAPRILICO = 46 900<br />
CAPRICO = 96 2000<br />
LAURICO 210 120 2200<br />
MIRISTICO 340 380 8100<br />
BURRO<br />
%<br />
PALMITICO 96 4,39 96 21100 33,68<br />
STEARICO 29 1,32 36 2,89 970 1,54<br />
ARACHIDICO 46 25 =<br />
PALMITOLEIC 0,12 0,11 180<br />
OLEICO 1340 61,29 94 7,54 20100 32,08<br />
LINOLEICO 38 1,73 89 1800 2,87<br />
LINOLENICO 22 1,01 61 1200 1,09<br />
ARACHIDONIC 4,20 = =<br />
Attività extra-nutrizionali <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Gli alimenti, oltre alle caratteristiche tipicamente nutrizionali (apporto<br />
di energia, proteine, vitamine e sali minerali, ecc.) quasi costantemente<br />
posseggono anche caratteristiche che superano o esulano la nutrizione,<br />
che non raramente sconfi nano in effetti farmacologici (ad esempio alimenti<br />
nutraceutici) con attività di tipo nervoso, ormonale, immunitario, ecc. che,
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
nel loro insieme e varietà, sono dette attività extra-nutrizionali. Per queste<br />
attività, in quanto capaci di indurre modifi cazioni dirette e soprattutto<br />
indirette di tipo psichico, si parla di attività psicodietetiche.<br />
Nel <strong>burro</strong> vengono oggi individuate alcune attività extranutrizionali (per<br />
il particolare tipo di alimento defi nite anche “extraenergetiche”) ed in<br />
particolari le seguenti.<br />
• Azione antinfettiva, tramite una migliore immunità<br />
• Attività psicodietetiche<br />
• Attività anticancerogene<br />
• Attività ormonali, dirette ed indirette.<br />
Le singole attività extranutrizionali considerate tendono a potenziarsi a<br />
vicenda, per cui il risultato è di norma superiore alla somma dei singoli effetti.<br />
Buona parte di queste attività sono collegate alla quota lipidica ed in<br />
particolare agli acidi grassi, oltre che al colesterolo.<br />
Oggetto <strong>del</strong>la presente esposizione è di focalizzare l’attenzione su<br />
alcuni <strong>recenti</strong> acquisizioni riguardanti alcune attività extranutrizionali<br />
(extraenergetiche) di tipo salutistico <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Attività antinfettive <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Ci si è più volte domandato perchè durante le malattie infettive si<br />
dimagrisce, Si è anche visto come <strong>recenti</strong> ricerche abbiano dimostrato che<br />
quando il Sistema Immunitario viene stimolato da un’infezione od anche<br />
da una semplice vaccinazione, vi sono modifi cazioni <strong>del</strong> metabolismo<br />
(febbre, riduzione <strong>del</strong>l’appetito, perdita di proteine e soprattutto di quelle<br />
muscolari) che fanno calare di peso, mentre nei bambini e nei giovani vi<br />
è anche una riduzione <strong>del</strong>l’accrescimento corporeo. Una <strong>del</strong>le cause che<br />
negli ultimi cinquanta anni, nei paesi sviluppati, ha indotto un aumento<br />
<strong>del</strong>la statura media <strong>del</strong>la popolazione senza dubbio è stata la riduzione<br />
degli attacchi infettivi, associata però ad un’alimentazione capace di<br />
contrastare gli sfavorevoli effetti metabolici conseguenti alla stimolazione<br />
<strong>del</strong> Sistema Immunitario.<br />
Il <strong>burro</strong> contiene vitamine liposolubili (A, D, E) importanti per le reazioni<br />
immunitarie.<br />
Recenti studi, come recentemente ha affermato Michael PARIZA <strong>del</strong><br />
College of Agricultural & Life Sciences <strong>del</strong>l’Università <strong>del</strong> Wisconsin-<br />
Madison (USA), dimostrano l’importanza <strong>del</strong>l’Acido Linoleico Coniugato<br />
(ALC) nella prevenzione <strong>del</strong> calo di peso da infezioni e da stimolazione<br />
<strong>del</strong> Sistema Immunitario.<br />
81
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Il termine di Acido Linoleico Coniugato (ALC) viene usato per identifi care<br />
i diversi isomeri <strong>del</strong>l’acido linoleico: i doppi legami coniugati sono<br />
usualmente quelli in posizione 9 e 11 o 10 e 12.<br />
E’ oggi noto che l’acido linoleico ed in particolare l’ALC, noto anche per<br />
le sue Attività Anticancerogene e le sue Proprietà Antiossidanti, svolgono<br />
anche azioni di Protezione Metabolica in caso di infezioni, vaccinazioni<br />
e stimolazione <strong>del</strong> Sistema Immunitario. L’acido linoleico è inoltre un<br />
composto naturale diffuso negli alimenti di origine animale prodotti dai<br />
ruminanti come il latte, i latticini ed il <strong>burro</strong>, oltre e la carne bovina.<br />
Le quantità di acido linoleico necessarie per ottenere gli effetti desiderati<br />
sono <strong>del</strong>l’ordine di qualche grammo il giorno, una quantità che può essere<br />
ottenuta con una dieta che contenga buone quantità di carne di bovina o<br />
di latte intero o di <strong>burro</strong> di mucca. Le stesse quantità esercitano anche una<br />
buona azione antiossidante ed anti-cancro.<br />
Attività ormonali <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Le attività ormonali <strong>del</strong> <strong>burro</strong> sono di tipo diretto ed indiretto.<br />
Le attività ormonali dirette derivano soprattutto dagli ormoni naturali, di<br />
tipo liposolubile e soprattutto di tipo steroideo (estrogeni, progestinici ecc.)<br />
e dai fi tormoni presenti nell’alimentazione <strong>del</strong> bestiame.<br />
Le attività ormonali indirette sono da collegare soprattutto ad alcune<br />
vitamine liposolubili (in particolare Vitamina D) ed al colesterolo, in quanto<br />
base biochimica degli ormoni steroidei (ormoni sessuali, corticosteroidi, ecc.).<br />
82
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
ATTIVITA’ ORMONALE DI ALCUNI OLI E GRASSI<br />
(mg equivalenti a Follicolina ed Estrone, per 100 grammi di alimento)<br />
OLIO O GRASSO FOLLICOLINA EQ ESTRONE EQ.<br />
OLIO DI OLIVA - PRESSIONE 15 4,00<br />
OLIO DI OLIVA - ESTRAZIONE 35 5,20<br />
OLIO DI OLIVA - PURIFICATO 5 0,25<br />
ARACHIDE 10 0,25<br />
LINO 3,5 0,20<br />
SOIA 10 0,80<br />
COLZA 8 1,00<br />
MAIS 11 1,50<br />
GIRASOLE 18 0,50<br />
BURRO DI CACAO 3 0,80<br />
BURRO 28 0,80<br />
LARDO 21 0,30<br />
STRUTTO 4 0,10<br />
Attività psico-dietetiche <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Oltre ad apportare energia, i grassi hanno altre due principali funzioni<br />
alimentari.<br />
a) Partecipano in modo attivo alla costruzione <strong>del</strong>l’organismo e soprattutto<br />
<strong>del</strong>le membrane cellulari.<br />
b) Hanno un ruolo essenziale a livello <strong>del</strong> sistema nervoso, soprattutto di<br />
quello centrale, (cerebrale), particolarmente nella fase <strong>del</strong> suo sviluppo.<br />
L’azione costruttiva dei grassi si svolge soprattutto nella membrana che<br />
<strong>del</strong>imita ed avvolge ogni cellula. Le membrane <strong>del</strong>le cellule sono costituite<br />
da un aggregato di lipidi (o grassi) e proteine. I Fosfolipidi rappresentano il<br />
50-60 % dei lipidi di membrana, mentre il 20% è costituito da Colesterolo.<br />
Più di un terzo degli Acidi Grassi dei Fosfolipidi di membrana è costituito<br />
da Acidi Grassi Essenziali (AGE) di origine alimentare, con particolare<br />
preminenza degli Acidi Linoleico ed Alfa-linolenico. Una cellula di misura<br />
media contiene, nella sua membrana, almeno tredici miliardi di molecole<br />
lipidiche. Una membrana cellulare ricca di Acidi Grassi Insaturi è elastica,<br />
fl uida, fl essibile e dinamica e rende la cellula attiva e sana.<br />
I grassi di membrana, detti anche strutturali sono estremamente importanti<br />
nell’alimentazione ed in una dieta equilibrata dovrebbero coprire gran parte<br />
<strong>del</strong> fabbisogno lipidico, soprattutto nei bambini e giovani in accrescimento.<br />
Oggi, sempre più, si pensa che analoghe necessità vi siano nella terza età.<br />
83
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Una carenza di Acidi Grassi Essenziali provoca gravi alterazioni<br />
<strong>del</strong>l’organismo, fi no alla morte. Tutti gli organi sono interessati, ma<br />
particolarmente evidenti sono le alterazioni <strong>del</strong>la pelle che diviene<br />
secca, fragile e facile preda ad infezioni o parassitosi; aumenta anche la<br />
recettività alle infezioni.<br />
Azioni a livello cerebrale dei grassi.<br />
Tra gli organi che soprattutto durante il loro sviluppo risentono di carenze<br />
di Acidi Grassi Essenziali vi è il cervello, come anche recentemente è stato<br />
studiato Jean-Marie BOURRE, Direttore <strong>del</strong>l’Istituto Nazionale Francese<br />
per le Ricerche Mediche.<br />
Il cervello è l’organo in assoluto più ricco di grassi. Come tutto il sistema<br />
nervoso, per circa la metà (escludendo l’acqua) il cervello è costituito<br />
da grassi, anche se ricava l’energia prevalentemente dallo zucchero<br />
(glucosio) che gli arriva con il sangue.<br />
Nel cervello sono presenti diversi tipi di grassi, ma soprattutto taluni lipidi<br />
elementari e molti lipidi complessi.<br />
Tra i lipidi elementari <strong>del</strong> cervello vi è il Colesterolo che controlla la fl uidità<br />
<strong>del</strong>le membrane <strong>del</strong>le cellule. Se un eccesso di colesterolo rende diffi coltoso<br />
il funzionamento <strong>del</strong>le cellule nervose, lo stesso vale per una sua scarsità.<br />
Gran parte dei lipidi complessi presenti nel cervello è costituita da Fosfolipidi<br />
e Sfi ngolipidi, che contengono acidi grassi saturi e monoinsaturi. Alcuni<br />
di questi acidi grassi devono essere introdotti dall’esterno, come gli acidi<br />
Lignocerico, Linoleico ed Alfa-linolenico. I lipidi complessi <strong>del</strong> cervello<br />
hanno funzioni prevalentemente strutturali ed è ovvio che un cervello mal<br />
costruito non può funzionare bene.<br />
Una carenza degli acidi polinsaturi alimentari è particolarmente grave<br />
nel periodo <strong>del</strong>lo sviluppo cerebrale, immediatamente dopo la nascita e<br />
nei primi anni di vita. Per questo il latte umano contiene rilevanti di Acido<br />
Alfa-linolenico e <strong>del</strong> suo derivato Acido Cervonico. Per fornire questi acidi<br />
grassi essenziali per tutto il periodo di massimo sviluppo cerebrale <strong>del</strong><br />
bambino, l’allattamento veniva protratto fi n verso i quattro anni, quando il<br />
cervello si era ben formato. Purtroppo oggi i latti artifi ciali non contengono<br />
quantità suffi cienti di tali acidi grassi, tanto che alcuni sostengono che la<br />
carenza che ne deriva possa ridurre il Quoziente Intellettuale ed indurre<br />
o predisporre a turbe intellettuali e comportamentali persistenti. Gli stessi<br />
acidi grassi necessari per lo sviluppo cerebrale <strong>del</strong> neonato e <strong>del</strong> bambino<br />
84
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
sembrano lo siano anche nel resto <strong>del</strong>la vita, ma soprattutto nella vecchiaia<br />
nella quale pare siano importanti per il mantenimento di una completa<br />
effi cienza intellettuale.<br />
Colesterolo ed intelligenza<br />
Oggi ci si sta accorgendo dei rischi di un colesterolo “basso”! Da tempo<br />
era stato segnalato il collegamento tra i bassi livelli di colesterolo nel<br />
sangue e la riduzione <strong>del</strong>la produzione degli ormoni steroidei e tra questi<br />
anche quelli sessuali (vedi Attività Ormonali).<br />
Recentissime indagini di un gruppo di ricercatori <strong>del</strong> Centro di Ricerca<br />
sulla Nutrizione <strong>del</strong> Bambino di Huston, <strong>del</strong>l’Università di Praire (USA)<br />
e <strong>del</strong>l’INRA francese, guidati da P.A. Schoknecht, hanno stabilito che<br />
nel giovane maiale, una specie animale vicina all’uomo, bassi livelli di<br />
colesterolo alimentare hanno un’infl uenza negativa sullo sviluppo <strong>del</strong><br />
cervello e sul comportamento. Un risultato che è stato correlato al fatto<br />
che il colesterolo è un importante ed abbondante componente <strong>del</strong> cervello<br />
e soprattutto <strong>del</strong>la mielina, che si forma nella vita neonatale.<br />
Se si riportano all’uomo i risultati di queste ricerche, che confermano<br />
quanto era stato già visto sui topi, risulta l’importanza che il bambino<br />
sia nutrito al seno con un latte molto ricco di colesterolo e di acidi grassi<br />
essenziali e che successivamente abbia un’alimentazione con cibi di<br />
origine animale adeguatamente dotati di colesterolo.<br />
Il latte di donna è, infatti, più ricco di colesterolo che non quello di altri<br />
animali (in particolare di quello di mucca) e <strong>del</strong> latte artifi ciale. Il bambino<br />
inoltre, per il suo grande sviluppo cerebrale che si prolunga fi no ai<br />
quattro, cinque anni di età, ha necessità di buone quantità di colesterolo<br />
alimentare.<br />
Attualmente l’allattamento al seno è stato fortemente abbreviato, ma è<br />
sempre necessario assicurare al neonato e poi al bambino una suffi ciente<br />
quantità di colesterolo alimentare, indispensabile per un regolare sviluppo<br />
<strong>del</strong> cervello. In base alla necessità di colesterolo alimentare <strong>del</strong> bambino<br />
è stato anche interpretato il più alto Quoziente di Intelligenza nei bambini<br />
alimentati con latte materno (ricco di colesterolo), in confronto di quello<br />
dei bambini alimentati con latte artifi ciale (povero di colesterolo).<br />
Anche dopo lo svezzamento, il bambino, il cui cervello non si è ancora<br />
completamente sviluppato ed i processi di apprendimento sono ancora<br />
in piena attività, necessita di un’alimentazione con cibi che contengono<br />
colesterolo. A questo riguardo, il <strong>burro</strong> risulta particolarmente indicato.<br />
85
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
E’ utile ricordare che i grassi sono indispensabili in ogni dieta equilibrata,<br />
nella quale non devono fornire più <strong>del</strong> 30-35% <strong>del</strong>le calorie totali. Molti<br />
dei problemi attribuiti ai grassi (ed al colesterolo) derivano da un loro<br />
eccesso, più che dalla loro qualità.<br />
In relazione al Problema Colesterolo, strettamente legato ai grassi ed oggi<br />
tanto temuto, bisogna ricordare alcuni punti fermi riportati in una tabella.<br />
Come anche recentemente ha sottolineato il Prof. E. Turchetto <strong>del</strong>l’Università<br />
di Bologna, per il latte ed i suoi derivati, ivi compreso il <strong>burro</strong>, non viene<br />
sempre tenuto conto dei seguenti punti, validi per le persone normali.<br />
Una signifi cativa quota di grassi <strong>del</strong> latte e quindi dei suoi derivati, quindi<br />
anche <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, è di tipo insaturo od a corta catena e quindi sono grassi<br />
buoni.<br />
I grassi <strong>del</strong> latte e prodotti derivati sono soltanto una parte di quelli<br />
introdotti, sia di origine animale che vegetale.<br />
La quantità di colesterolo normalmente ammessa nell’alimentazione di<br />
persone sane è di 300 mg, quanto ne è contenuto il oltre 2 litri di latte<br />
intero, o 300 grammi di formaggio, od in 120 grammi di <strong>burro</strong>.<br />
La sostituzione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> normale con <strong>burro</strong> senza colesterolo (od olio<br />
vegetale) nella dieta degli italiani porterebbe ad una diminuzione media<br />
<strong>del</strong> colesterolo nel sangue <strong>del</strong>lo 0,6% (vale a dire che se nel sangue vi<br />
sono 250 milligrammi, questi diverrebbero 248 per 100 millilitri). Una<br />
diminuzione di scarsissimo signifi cato pratico.<br />
Quando il contenuto di grasso totale di una dieta è basso (non superiore<br />
al 30% <strong>del</strong>le calorie totali) l’effetto <strong>del</strong> <strong>burro</strong> sul colesterolo <strong>del</strong> sangue è<br />
minimo, anche se è l’unico grasso alimentare.<br />
Nella maggior parte degli individui il colesterolo alimentare infl uenza in<br />
minima parte la sua quantità nel sangue, perchè l’organismo dispone di<br />
effi cienti meccanismi che controllano la produzione di colesterolo. In altri<br />
termini, se si ingerisce poco colesterolo l’organismo ne fabbrica molto e<br />
quando se ne introduce molto l’organismo riduce la sua produzione.<br />
In generale la capacità <strong>del</strong> colesterolo alimentare di aumentare quello <strong>del</strong><br />
sangue, è stata eccessivamente sottolineata. Tuttavia esistono individui con<br />
scarse capacità di adattare la loro produzione di colesterolo, per cui ad un<br />
aumento <strong>del</strong>la sua assunzione segue un incremento <strong>del</strong>la sua quantità nel<br />
sangue. In questo caso bisogna modifi care la dieta. In questi individui è<br />
molto importante una riduzione <strong>del</strong>le calorie <strong>del</strong>la dieta, ad incominciare<br />
da quelle portate dai grassi, soprattutto quelli che contengono quote più<br />
o meno elevate di acidi grassi saturi.<br />
86
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
ALCUNI PUNTI FERMI SU COSIDDETTO “PROBLEMA COLESTEROLO”<br />
• La quantità di colesterolo alimentare è solo una parte di quello che ogni giorno<br />
viene prodotto dall’organismo.<br />
• Nelle persone sane esistono degli effi caci meccanismi di controllo e quando<br />
aumenta l’introduzione di colesterolo con gli alimenti, diminuisce la sua produzione<br />
endogena e vice-versa.<br />
• Non tutto il colesterolo alimentare viene assorbito ed il tipo di dieta infl uisce sulla<br />
quantità di colesterolo non utilizzato ed eliminato con le feci.<br />
• Diete iperenergetiche e ricche di grassi (soprattutto saturi) favoriscono<br />
l’assorbimento <strong>del</strong> colesterolo.<br />
• Gli acidi grassi polinsaturi contrastano l’aumento <strong>del</strong> colesterolo nel sangue.<br />
• Diete equilibrate come energia e con suffi cienti quantità di fi bra alimentare<br />
riducono l’assorbimento <strong>del</strong> colesterolo.<br />
• Alcuni alimenti contengono fattori anticolesterolici, ad esempio le saponine <strong>del</strong>le<br />
leguminose (fagioli, ecc.) od altri composti <strong>del</strong>la soia.<br />
• Molto importante per il metabolismo <strong>del</strong> colesterolo e quindi per il suo tipo<br />
(“buono” o “cattivo” nel sangue) è la presenza nella dieta di suffi cienti quantità di<br />
Fosfolipidi (lecitine). Quando nella dieta i Fosfolipidi sono abbondanti rispetto al<br />
Colesterolo, si ha formazione di colesterolo HDL o buono.<br />
• Nel latte sono contenute elevate quantità di Fosfolipidi, che in parte si mantengono<br />
anche nel <strong>burro</strong>.<br />
Attività anticancerogene <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Le attività anticancerogene dei grassi <strong>del</strong> latte bovino, costituenti <strong>del</strong> <strong>burro</strong>,<br />
sono state oggetto di una rassegna da parte di PARODI (1997), con<br />
particolare riguardo all’Acido Linoleico Coniugato, (CLA), Sfi ngomieline<br />
e loro metaboliti, Acido Butirrico, Eteri Lipidici. Cope e coll. (1996) hanno<br />
invece studiato l’azione protettiva <strong>del</strong> <strong>burro</strong> nei riguardi <strong>del</strong>la protezione<br />
<strong>del</strong>la cute dalla radiazione ultravioletta. A queste due pubblicazioni si<br />
rimanda per ulteriori precisazioni.<br />
Tumori ed alimentazione<br />
Negli ultimi venticinque anni il quadro dei tumori umani è notevolmente<br />
cambiato e soprattutto diversi tipi e localizzazioni tumorali sono diminuite<br />
di frequenza. Sono anche migliorate le conoscenze sulla loro eziologia<br />
che oggi viene stimata multifattoriale. In questo ambito una rilevante<br />
importanza ha indubbiamente l’alimentazione.<br />
87
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Oggi circa il 35% dei tumori (dal 20 al 60% a seconda <strong>del</strong> tipo<br />
o localizzazione) sono ritenuti dipendere, in toto od in parte,<br />
dall’alimentazione. Tuttavia oggi all’alimentazione viene anche attribuito<br />
un ruolo di prevenzione. Negli alimenti, infatti, accanto a principi dotati<br />
di attività cancerogena o co-cancerogena, sono stati individuati principi<br />
con attività anti-cancerogena diretta, indiretta o protettiva.<br />
Oggi, un obiettivo ritenuto prioritario, è quello di modulare l’alimentazione<br />
riducendo il rischio cancerogeno e contemporaneamente aumentando la<br />
protezione anticancerogena. In questo quadro, tuttavia, le diverse classi<br />
di alimenti sembrano essere state valutate in modo difforme, sulla base<br />
anche di indagini epidemiologiche spesso grossolane.<br />
Per gli alimenti vegetali si sono enfatizzate le attività anticancerogene,<br />
troppo spesso trascurando o sottacendo quelle cancerogene, anche se di<br />
rilevante importanza, forti ed evidenti, ad incominciare dalle micotossine<br />
presenti in questi alimenti.<br />
Per gli alimenti di origine animale, al contrario, si sono spesso enfatizzate<br />
le attività cancerogene, spesso soltanto presunte, sottacendo o sorvolando<br />
sulle molteplici ed indubbie attività anticancerogene e protettive di questi<br />
alimenti.<br />
In questo sia pur sommario quadro si sono inoltre eseguite schematizzazioni<br />
quanto mai dubbi e per lo meno eccessive, arrivando ad una concezione<br />
manichea <strong>del</strong>l’alimentazione che ad esempio separa i grassi vegetali<br />
(defi niti ed accettati come “buoni”) da quelli animali (condannati come<br />
“cattivi”).<br />
Ogni alimento, sotto il profi lo <strong>del</strong> rischio cancerogeno o <strong>del</strong>le sue attività<br />
anticancerogene, deve essere esaminato sulla base di precisi elementi<br />
sperimentali, evitando ogni preconcetto od ideologia. Un’impostazione<br />
questa che oggi viene sempre più applicata e che porta a sorprese e<br />
non raramente a più o meno completi rovesciamenti di fronte, sfatando<br />
e dimostrando errate idee largamente diffuse, che non avevano altra<br />
giustifi cazione se non quella di... essere largamente diffuse.<br />
Un caso esemplare che sta venendo alla luce è quello <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, un alimento<br />
di origine animale che in un recente passato è stato criminalizzato e<br />
demonizzato, spesso anche per favorire il consumo di grassi vegetali.<br />
Numerose e <strong>recenti</strong> ricerche, infatti, stanno dimostrando che il grasso <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> contiene numerosi componenti con potenzialità anticancerogene<br />
che vengono schematicamente considerate in questa esposizione.<br />
88
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Componenti anticancerogeni <strong>del</strong> <strong>burro</strong><br />
Diversi sono i componenti <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> <strong>burro</strong> con caratteristiche<br />
anticancerogene: i più importanti sono: acido linoleico coniugato,<br />
sfi ngomieline, acido butirrico, eteri lipidici, fattori anticancerogeni non<br />
identifi cati.<br />
Acido linoleico coniugato. Il termine di Acido Linoleico Coniugato (ALC)<br />
viene usato per identifi care i diversi isomeri <strong>del</strong>l’acido linoleico: i doppi<br />
legami coniugati sono usualmente quelli in posizione 9 e 11 o 10 e 12.<br />
Il latte è l’alimento che contiene la maggiore quantità di ALC e questo<br />
viene inoltre concentrato nel <strong>burro</strong> (Lin H., Boylstoin T.D., Chang M.J.<br />
et alii, 1995).Un altro alimento che contiene ALC, sia pure in minori<br />
concentrazioni, è la carne magra di bovino. In entrambi i casi, l’ALC<br />
deriva dalle fermentazioni che avvengono nel rumine, in particolare quelle<br />
provocate dal batterio ruminale Butyrivibrio fi brisolvens. Il grasso <strong>del</strong> latte<br />
bovino contiene da 8,6 a 100 micromoli per grammo di ALC.<br />
Diverse ricerche sperimentali dimostrano che l’ALC inibisce l’azione di<br />
potenti cancerogeni e tra questi anche quelli che si generano per attività<br />
<strong>del</strong> calore (ad esempio grigliatura <strong>del</strong>le verdure e carni) ( Ip C., Briggs S.P,<br />
Haegele A.D., Thompson H.J. et alii – 1996; Liew C., Schut H.A.J., Pariza<br />
M.W., et alii, 1995). Sempre da ricerche sperimentali risulta che l’ALC<br />
ha un’azione protettiva nei tumori <strong>del</strong> colon e <strong>del</strong>la mammella. Ricerche<br />
in vitro indicano un’attività protettiva anche verso il melanoma. L’ALC<br />
agisce come anticancerogeno con diversi meccanismi già individuati, ma<br />
soprattutto come antiossidante.<br />
Per quanto riguarda l’alimentazione <strong>umana</strong>, in base ad estrapolazioni<br />
dei risultati ottenuti negli animali, si ritiene che per avere un’azione<br />
anticancerogena sia necessaria una quantità di un grammo di ALC ogni<br />
chilogrammo di alimento, una quantità che può essere ottenuta con una<br />
dieta che contenga latte intero o <strong>burro</strong>. E’ anche interessante che le donne<br />
di popolazioni che consumano latte bovino e suoi derivati hanno, nel loro<br />
latte, il doppio di ALC di quello <strong>del</strong>le donne nella cui dieta il grasso di latte<br />
è assente o molto ridotto.<br />
Sfi ngomieline. Le sfi ngomieline sono fosfolipidi componenti <strong>del</strong>la parete<br />
cellulare che si trovano nel latte bovino (0,2 - 1,0 grammi per 100 grammi di<br />
lipidi totali). Dalle sfi ngomieline derivano diversi metaboliti biologicamente<br />
attivi e soprattutto la sfi ngosina ed il ceramide che hanno caratteristiche<br />
anticancerogene messe in evidenza anche negli animali e nei riguardi <strong>del</strong><br />
tumore <strong>del</strong> colon (DillehaY D. L., Webb S. K., Schmelz E. M. et alii, 1994).<br />
89
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
Acido butirrico e Butirrato. Tipico componente <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte dei<br />
ruminanti è l’acido butirrico ed i suoi derivati (butirrato).<br />
Il butirrato è un potente inibitore <strong>del</strong>la proliferazione in linee di cellule<br />
cancerose, si è anche vista un’attività preventiva nella diffusione<br />
metastatica dei tumori. Queste attività antitumorali <strong>del</strong>l’acido butirrico<br />
sembrano particolarmente attive a livello <strong>del</strong> colon, dove tale acido svolge<br />
anche un’attività di stimolo <strong>del</strong>le cellule normali.<br />
Il butirrato, aggiunto alla dieta di animali, previene tumori mammari ed<br />
adenocarcinomi indotti da cancerogeni. Anche per questo il butirrato è<br />
stato usato nella terapia dei tumori <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Eteri lipidici. Alchilgliceroli ed alkilglicerolfosfolipidi e loro derivati,<br />
presenti nel grasso <strong>del</strong> latte bovino e di conseguenza nel <strong>burro</strong>, hanno<br />
attività anticarcerogena.<br />
Fattori anticancerogeni non identifi cati<br />
Nel latte sono presenti altri fattori anticancerogeni non necessariamente<br />
collegati alla parte grassa: infatti, le proteine <strong>del</strong> latte, il calcio e soprattutto<br />
i batteri lattici hanno attività anticancerogene che non sono sempre facile<br />
distinguere da quelle <strong>del</strong> grasso.<br />
Nel latte possono essere presenti sostanze anticancerogene contenute<br />
nell’alimentazione degli animali, ed in particolare i beta-caroteni dotati<br />
di attività antiossidante, che si concentrano nel grasso e quindi nel <strong>burro</strong>.<br />
Altri componenti ad azione anticancerosa, presenti negli alimenti dei<br />
bovini e che passano nel latte e nel <strong>burro</strong>, sono: il gossipolo presente<br />
nel seme di cotone; l’isoprenoide-beta-ionone (o beta-ionone) contenuto<br />
nell’erba medica. Non bisogna tuttavia dimenticare che nell’alimentazione<br />
dei bovini possono essere presenti anche cancerogeni, ad esempio quello<br />
<strong>del</strong>la felce presente nei pascoli (ma non nei foraggi coltivati) e comunque<br />
non liposolubile e quindi assente nel <strong>burro</strong>.<br />
Burro e prevenzione dei tumori. Oltre a quanto sopra brevemente indicato,<br />
in letteratura vi sono diversi studi che dimostrano come, negli animali<br />
d’esperimento e soprattutto in quelli esposti all’azione di cancerogeni,<br />
il grasso <strong>del</strong> latte (<strong>burro</strong>) ha un’azione protettiva e quindi preventiva<br />
signifi cativamente superiore alle margarine od ai grassi vegetali, anche<br />
di quelli ricchi di acidi grassi polinsaturi.<br />
Lo stesso risultato protettivo e preventivo <strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte (<strong>burro</strong>) lo<br />
si è visto anche nei riguardi dei tumori spontanei (Knekt P., Jarvien R.,<br />
Seppanen R. et alii 1996).<br />
Tutti gli studi che sono stati eseguiti indicano che non solo un’alimentazione<br />
90
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
con latte, ma soprattutto con il suo grasso (<strong>burro</strong>), diminuisce il rischio<br />
cancerogeno ed aumenta le difese anticancerogene, coeme quelle<br />
riguardanti l’azione dei raggi ultravioletti (Cope R.B., Bosnic M., Boehn-<br />
Wilcox Ch. et alii, 1996).<br />
Risultati questi che non si ottengono - e lo dimostrano indagini sperimentali<br />
comparative - con altri grassi, come le margarine ed i grassi vegetali.<br />
Una conclusione, quella ora enunciata, che deve portare a rivalutare l’uso<br />
<strong>del</strong> grasso <strong>del</strong> latte, anche sotto forma di <strong>burro</strong>, ovviamente nell’ambito<br />
di una dieta equilibrata e correlata al fabbisogno energetico, nella dieta<br />
<strong>umana</strong>, con particolare riguardo alla fascia di età con maggiore rischio<br />
cancerogeno (seconda e terza età).<br />
Una conclusione inoltre che non dovrebbe stupire, se si considera che<br />
il latte, con il suo grasso (dal quale deriva il <strong>burro</strong>) è un alimento che è<br />
il risultato di una selezione naturale durata oltre centocinquanta milioni<br />
di anni. Una selezione che non poteva dare che risultati positivi, come<br />
quelli ora indicati, e sui quali si basa un ELOGIO DEL BURRO e non<br />
una sua irrazionale demonizzazione, senza alcun preciso motivo, come<br />
recentemente abbiamo dovuto costatare, soprattutto dopo quanto è stato<br />
chiarito a proposito <strong>del</strong> colesterolo alimentare.<br />
Conclusioni<br />
Da quanto esposto, di particolare interesse risulta la composizione <strong>del</strong>la<br />
quota lipidica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> ed in particolare il quadro degli acidi grassi. Per<br />
quanto poi riguarda il tanto criminalizzato colesterolo <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, oggi è<br />
ben noto che questo componente è in un corretto rapporto con le lecitine,<br />
con rapporti ottimali alla produzione, in persone sane, di colesterolo HDL<br />
e quindi “buono”.<br />
Di particolare interesse sono le attività psicodietetiche che oggi vengono<br />
riconosciute ad alcuni componenti <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Estremamente importanti sono <strong>recenti</strong> indagini che indicano come i grassi<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong> hanno una rilevante attività anticancerogena preventiva. Di<br />
pericolare rilievo sono i seguenti componenti: acido linoleico coniugato,<br />
sfi ngomieline, acido butirrico, eteri lipidici, fattori anticancerogeni<br />
non identifi cati. L’attività di prevenzione anticancerogena, anche in<br />
base ad indagini sperimentali, è particolarmente evidente su neoplasie<br />
<strong>del</strong>l’apparato digerente e <strong>del</strong>la mammella.<br />
La rivalutazione non solo nutrizionale, ma anche salutistica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> e<br />
quindi la possibilità di intesserne un elogio, su basi scientifi che e non<br />
91
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
soltanto tradizionali, non deve stupire in quanto il <strong>burro</strong> è la componente<br />
di un alimento, il latte, che come tale è stato “creato” dalla natura in una<br />
selezione di oltre sessanta milioni di anni e che ha portato al successo la<br />
vastissima classe dei mammiferi, di cui anche l’uomo fa parte.<br />
ELOGIO DEL BURRO<br />
RIVALUTAZIONE NON SOLO<br />
NUTRIZIONALE, MA ANCHE<br />
SALUTISTICA DI UN ALIMENTO,<br />
IL LATTE, CHE È STATO “CREATO”<br />
DALLA NATURA IN UNA<br />
SELEZIONE DI OLTRE SESSANTA<br />
MILIONI DI ANNI E CHE HA<br />
PORTATO AL SUCCESSO LA<br />
VASTISSIMA CLASSE DEI<br />
MAMMIFERI, DI CUI ANCHE<br />
L’UOMO FA PARTE.<br />
92
Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.<br />
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95
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Nuove conoscenze sulla composizione<br />
acidica dei burri di zangola prodotti nel<br />
CFPR: primi risultati di una ricerca biennale<br />
Riassunto<br />
I più <strong>recenti</strong> progressi <strong>del</strong>la gas cromatografia (GC), applicata all’analisi<br />
degli Acidi Grassi (AG) <strong>del</strong>la componente lipidica <strong>del</strong> latte, hanno portato<br />
alla separazione ed al riconoscimento di oltre 400 AG dai circa 20-25<br />
identificati dalla GC quando era ancora agli inizi 40-50 anni fa’.<br />
Se è vero che molti di questi AG sono presenti in piccole quantità, è<br />
altrettanto vero che alcuni di essi sono molto importanti dal punto di vista<br />
salutistico e nutrizionale.<br />
Nel tracciato GC riportato in figura 1, possiamo vedere che accanto<br />
ai circa 20 AG maggiori dal punto di vista quantitativo, ne vengono<br />
evidenziati altri 20 presenti in piccolissime quantità ma altrettanto<br />
importanti, quali gli isomeri <strong>del</strong>l’acido linoleico coniugato (CLA), gli AG<br />
in configurazione trans (TFA) e gli AG <strong>del</strong>la serie ω 3.<br />
In questa ricerca sono stati identificati e dosati quantitativamente 41 AG;<br />
di cui 15 saturi (SFA), 15 monoinsaturi (MUFA), e 11 polinsaturi (PUFA).<br />
In particolare, la nostra attenzione, in questa sede si è soffermata sugli AG<br />
insaturi, mono e poli, in configurazione cis e trans. Sono state studiate le<br />
variazioni <strong>del</strong>l’acido rumenico e dei CLA in numerosi campioni di <strong>burro</strong>,<br />
prodotti in laboratorio, a partire dalle panne prelevate durante tre periodi<br />
diversi <strong>del</strong>l’anno, da caseifici con bovine alimentate tradizionalmente e<br />
con l’unifeed.<br />
La stessa attenzione è stata posta alle variazioni degli acidi grassi trans<br />
(TFA) e <strong>del</strong>l’acido acido vaccenico (C18:1 trans 11).<br />
Nelle nostre condizioni sperimentali, con una corsa di 55 minuti, non è<br />
stato possibile dosare tutti gli AG <strong>del</strong>la serie ω 3.<br />
Infatti, nella figura riportata, è visibile e dosabile solo l’acido<br />
eicosapentaenoico (EPA), ma non l’ acido docoesaenoico (DHA), che è<br />
altrettanto importante <strong>del</strong>l’EPA se non di più.<br />
96
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Figura 1 Tracciato GC di un <strong>burro</strong> di Gavasseto che riporta<br />
gli acidi grassi identificati e quantificati in questa ricerca.<br />
Figura 1 Tracciato GC di un <strong>burro</strong> di Gavasseto che riporta gli acidi grassi identificati e quantificati in<br />
questa ricerca.<br />
97<br />
85
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
I risultati ottenuti relativi alla composizione in AG degli oltre 170 campioni<br />
di burri e panne analizzati in questa ricerca vengono confrontati con quelli<br />
ottenuti da Strocchi e collaboratori nel 1967, presso l’Istituto di Industrie<br />
Agrarie <strong>del</strong>l’Università di Bologna, su oltre 200 campioni di burri emiliani,<br />
gran parte dei quali provenivano da caseifici compresi nel CFPR.<br />
Particolarmente interessante, in quella ricerca, è che veniva già evidenziata<br />
una stretta correlazione tra, il contenuto in acido vaccenico ed il contenuto<br />
in dieni coniugati cis-trans (allora, nel 1967, non si parlava ancora di<br />
acido rumenico).<br />
Concludevano, inoltre quegli Autori, che i campioni di <strong>burro</strong> prelevati<br />
nelle province <strong>del</strong> Consorzio di Produzione <strong>del</strong> Formaggio Parmigiano-<br />
Reggiano (CFPR) avevano una composizione in AG e <strong>del</strong>le caratteristiche<br />
chimico-fisiche più omogenee rispetto a quelli prelevati nelle province<br />
limitrofe.<br />
La nostra ricerca, limitatamente alla composizione in AG, conferma<br />
sostanzialmente i dati di quella precedente per quanto riguarda molti degli<br />
AG maggiori, a testimonianza di una certa uniformità <strong>del</strong>la componente<br />
maggiore dei burri <strong>del</strong> CFPR.<br />
Relativamente agli AG minori quantitativamente, ma importantissimi dal<br />
punto di vista nutrizionale e salutistico, si notano differenze statisticamente<br />
molto significative tra il contenuto in CLA (e di acido rumenico in<br />
particolare) tra i burri provenienti da bovine alimentate tradizionalmente<br />
e quelle alimentate con l’unifeed a vantaggio dei primi e, tra quelli prodotti<br />
in pianura rispetto a quelli prodotti in collina-montagna, a vantaggio dei<br />
secondi.<br />
Introduzione<br />
Oltre un secolo fa’ Pellegrino Spallanzani (1904), in un a sua nota<br />
memoria, a commento <strong>del</strong>l’esposizione Internazionale tenutosi a Reggio<br />
Emilia nel 1904, scrisse, a proposito dei burri reggiani, “che quelli<br />
presentati dai nostri caseifici, erano di poco inferiori, se lo erano, a quelli<br />
migliori presentati da altri paesi concorrenti”, e affermava inoltre che “la<br />
questione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> nel reggiano è più commerciale che tecnica”. La sua<br />
conclusione era che già allora era possibile, con l’impiego di fermenti<br />
selezionati, produrre <strong>del</strong> buon <strong>burro</strong> all’interno <strong>del</strong>la provincia di Reggio<br />
Emilia, e che non lo si faceva bene perché non conveniva farlo.<br />
Ancora prima, in una sua pubblicazione <strong>del</strong> 1889, lo stesso Autore<br />
notava per la prima volta che i burri prodotti in provincia di Reggio Emilia,<br />
98
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
avevano un n° di RMV che in diversi periodi <strong>del</strong>l’anno era inferiore a<br />
quello minimo fissato per tutti gli altri burri italiani ed esteri.<br />
In quella pubblicazione lo Spallanzani non si limitò solamente a constatare<br />
il fatto, ma cerca poi “,nel 1895,” di individuare le possibili cause.<br />
Mezzo secolo più tardi, nel 1934, un altro Autore reggiano, Carlo<br />
Manicardi, analizzando oltre 110 campioni di <strong>burro</strong> prodotti all’interno<br />
<strong>del</strong> CFPR, non solo conferma il dato <strong>del</strong> suo predecessore, ma notava<br />
che anche il n° di Polenske era diverso da quello dei burri prodotti nelle<br />
province limitrofe al comprensorio. In particolare, il Manicardi notava<br />
come, durante il periodo estivo, il n° di RMV fosse sempre inferiore a 26<br />
, ed il n° di Polenske superiore a 3-3,5.<br />
Successivamente, nel 1967, dopo l’avvento <strong>del</strong>la GLC, il collega Strocchi<br />
1967a-b e Coll., analizzavano oltre 200 campioni di <strong>burro</strong> emiliani,<br />
rilevando come quelli prodotti all’interno <strong>del</strong>le province comprese nel<br />
CFPR avessero una composizione in AG e caratteristiche chimico-fisiche<br />
più omogenee rispetto a quelli prodotti nelle restanti province limitrofe.<br />
Il lavoro di Strocchi e Coll., può essere considerato il vero e proprio<br />
punto di riferimento sia sulla composizione in AG, che sulle principali<br />
caratteristiche chimico-fisiche dei burri prodotti in quegli anni all’interno<br />
<strong>del</strong> CFPR.<br />
E qui permettetemi una breve parentesi, per ricordare che tra i collaboratori<br />
di Strocchi c’erano due nomi prestigiosi a me molto cari: quello <strong>del</strong> Prof.<br />
Pallotta U., il mio maestro, e quello <strong>del</strong> Prof. Capella P., un grandissimo<br />
lipochimico a livello mondiale (vincitori entrambi <strong>del</strong> premio “CHEUREUL”,<br />
medaglia d’oro a Capella nel giugno 1989).<br />
Ritornando ad oggi, poiché sono passati 40 anni, durante i quali la GLC<br />
ha compiuto enormi progressi, abbiamo ritenuto di proporre prima e di<br />
condurre poi un’analoga ricerca su oltre 170 tra campioni di creme e di<br />
<strong>burro</strong> prodotti, in 3 diversi periodi <strong>del</strong>l’anno, in 40 dei circa 400 caseifici<br />
attivi ancora nel CFPR. Questi 40 caseifici (il 10% di tutti i caseifici da<br />
PR) sono stati individuati e scelti in modo da rappresentare al meglio<br />
quella che è la realtà attuale relativa alla diversa dislocazione dei nostri<br />
caseifici sul territorio indicato all’interno <strong>del</strong> CFPR (figura 2). Di questi,<br />
32 campioni sono stati prelevati in caseifici con bovine alimentate con<br />
l’unifeed, 62 sono stati prelevati in caseifici di pianura, 41 sono stati<br />
prelevati in caseifici ubicati in collina ed in montagna sempre da bovine<br />
con alimentazione tradizionale.<br />
Sono stati analizzati anche 46 campioni di panna prelevati tutti durante<br />
99
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
il primo periodo e confrontate con le analisi dei rispettivi burri prodotti in<br />
laboratorio.<br />
Tali risultati, come vedremo, relativi agli AG maggiori, sia saturi che insaturi<br />
dimostrano, a conferma di quelli di altri Autori citati precedentemente,<br />
una certa omogeneità naturale nella composizione dei burri prodotti ed<br />
analizzati in questa ricerca. Quelli che variano di più sono invece alcuni<br />
AG presenti, sì in piccola quantità, ma di notevole interesse nutrizionale<br />
ed anche extra-nutrizionale.<br />
Figura 2 Mappa <strong>del</strong> CFPR. Nei cerchi in verde sono indicati i<br />
caseifici dove sono state prelevate le creme di affioramento<br />
nei 3 periodi sperimentali.<br />
Figura 2 Mappa <strong>del</strong> CFPR. Nei cerchi in verde sono indicati i caseifici dove sono state prelevate le creme di<br />
affioramento nei 3 periodi sperimentali.<br />
In questa mia breve introduzione, pertanto, mi limiterò a fare solo alcune<br />
considerazioni sul contenuto in CLA in generale, e dei TFA, con particolare<br />
In attenzione questa mia all’acido breve introduzione, rumenico pertanto, tra i CLA, mi limiterò ed acido a fare vaccenico solo alcune considerazioni tra i TFA. sul<br />
contenuto Per quanto in CLA riguarda in generale, i CLA e dei e TFA, l’acido con particolare rumenico, attenzione abbiamo all’acido notato rumenico che tra il i<br />
CLA, loro ed contenuto acido vaccenico diminuisce tra i TFA. notevolmente nei burri provenienti da bovine<br />
alimentate con l’unifeed rispetto a quelli provenienti da bovine alimentate<br />
Per quanto riguarda i CLA e l’acido rumenico, abbiamo notato che il loro contenuto<br />
tradizionalmente, fino a dimezzarsi nei burri prodotti dalle vacche di<br />
diminuisce notevolmente nei burri provenienti da bovine alimentate con l’unifeed rispetto a<br />
razza reggiana.<br />
quelli provenienti da bovine alimentate tradizionalmente, fino a dimezzarsi nei burri prodotti<br />
dalle vacche di razza reggiana.<br />
100<br />
I TFA e l’acido vaccenico, invece sono presenti in quantità sensibilmente inferiori nei burri<br />
da unifeed rispetto a quelli prodotti con l’alimentazione tradizionale. Questa prima<br />
osservazione è perfettamente in linea, dal punto di vista biochimico, col fatto che l’acido
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
I TFA e l’acido vaccenico, invece sono presenti in quantità sensibilmente<br />
inferiori nei burri da unifeed rispetto a quelli prodotti con l’alimentazione<br />
tradizionale. Questa prima osservazione è perfettamente in linea, dal<br />
punto di vista biochimico, col fatto che l’acido rumenico C18:2 c9t11<br />
(figura 3) deriva dall’acido vaccenico C18:2 t11 per azione <strong>del</strong>l’enzima<br />
Δ9-desaturasi che è in grado di inserire un doppio legame in configurazione<br />
cis nell’acido acido vaccenico, trasformandolo in acido rumenico.<br />
È noto da tempo (1972) che nei ruminanti la Δ9-desaturasi (SCD, stearoil-<br />
CoA-desaturasi), è attiva durante tutta la lattazione nel tessuto mammario<br />
(Kinsella 1972). La mammella è dunque in grado di regolare la fluidità<br />
<strong>del</strong> grasso nel latte mediante la conversione <strong>del</strong>l’acido stearico in acido<br />
oleico e non solo (figura 4).<br />
Figura 3 Processo di formazione <strong>del</strong>l’acido rumenico<br />
nel rumine e nei tessuti <strong>del</strong>la ghiandola mammaria,<br />
rispettivamente ad opera di enzimi isomerasi e denaturasi.<br />
Figura 3 Processo di formazione <strong>del</strong>l’acido rumenico nel rumine e nei tessuti <strong>del</strong>la ghiandola mammaria,<br />
rispettivamente ad opera di enzimi isomerasi e denaturasi.<br />
Figura 4 Isomeri di CLA identificati in HPLC, in un campione di sangue di vacca.<br />
101
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Figura 4 Isomeri di CLA identificati in HPLC, in un campione<br />
di sangue di vacca.<br />
Figura 4 Isomeri di CLA identificati in HPLC, in un campione di sangue di vacca.<br />
Più recentemente, nel 1998, nel (Corl 1998, 1998) (Corl è stato 1998) dimostrato è stato che la dimostrato SCD è in grado che anche la SCD di<br />
agire è in sull’acido grado anche acido vaccenico, di agire trasformandolo sull’acido in acido acido rumenico. vaccenico, trasformandolo in<br />
acido rumenico.<br />
Questo acido ha una doppia origine, infatti, oltre alla prima (che avviene a livello <strong>del</strong> tessuto<br />
Questo acido ha una doppia origine, infatti, oltre alla prima (che<br />
mammario) che abbiamo appena visto, viene anche prodotto a livello ruminale (figura 5) da<br />
avviene a livello <strong>del</strong> tessuto mammario) che abbiamo appena<br />
visto, viene anche prodotto a livello ruminale (figura 5) da<br />
Figura 5 Isomeri di CLA identificati in GC, in un campione di<br />
fluido ruminale di vacca.<br />
Figura 5 Isomeri di CLA identificati in GC, in un campione di fluido ruminale di vacca.<br />
6<br />
uno dei tantissimi microrganismi che sono<br />
102<br />
presenti in quell’organo: il butyrivibrium<br />
fibrisolvens. L’acido rumenico rappresenta quantitativamente dall’80 al 90% di tutti i CLA<br />
presenti nel grasso <strong>del</strong> latte, e questo, a differenza dei CLA ottenuti per sintesi (figura 6) che<br />
si vendono in farmacia (che sono composti solo per il 50% di acido rumenico), questo è un
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
uno dei tantissimi microrganismi che sono presenti in quell’organo: il<br />
butyrivibrium fibrisolvens. L’acido rumenico rappresenta quantitativamente<br />
dall’80 al 90% di tutti i CLA presenti nel grasso <strong>del</strong> latte, e questo, a<br />
differenza dei CLA ottenuti per sintesi (figura 6) che si vendono in<br />
farmacia (che sono composti solo per il 50% di acido rumenico), questo è<br />
un fatto molto importante, in quanto l’altro isomero che si forma durante<br />
la sintesi, il C18:2 t10c12, è dotato di proprietà antinutrizionali con<br />
complicanze a livello epatico (steatosi), e causa anche una lieve riduzione<br />
<strong>del</strong> grasso nel latte.<br />
uno dei tantissimi microrganismi che sono presenti in quell’organo: il butyrivibrium<br />
fibrisolvens. L’acido rumenico rappresenta quantitativamente dall’80 al 90% di tutti i CLA<br />
presenti nel grasso <strong>del</strong> latte, e questo, a differenza dei CLA ottenuti per sintesi (figura 6) che<br />
si vendono in farmacia (che sono composti solo per il 50% di acido rumenico), questo è un<br />
fatto molto importante, in quanto l’altro isomero che si forma durante la sintesi, il C18:2<br />
t10c12, è dotato di proprietà antinutrizionali con complicanze a livello epatico (steatosi), e<br />
causa anche una lieve riduzione <strong>del</strong> grasso nel latte.<br />
Figura 6 Reazione chimica che avviene durante la produzione<br />
di CLA per via sintetica.<br />
Figura 6 Reazione chimica che avviene durante la produzione di CLA per via sintetica.<br />
Da qui l’utilità di assumere questo acido molto importante attraverso il grasso dei prodotti<br />
lattiero caseari (<strong>burro</strong>, panna, formaggi, ecc...) e non attraverso pillole, che sono in vendita<br />
nelle farmacie.<br />
Da qui l’utilità di assumere questo acido molto importante attraverso il<br />
grasso dei prodotti lattiero caseari (<strong>burro</strong>, panna, formaggi, ecc...) e non<br />
attraverso pillole, che sono in vendita nelle farmacie.<br />
E’ stato dimostrato, sperimentalmente, da numerosi autori (Corl 1998) e<br />
recentemente anche da noi nella razza reggiana (Castagnetti 2008), che<br />
7<br />
è possibile aumentare fino a raddoppiare il contenuto di acido rumenico<br />
nel grasso <strong>del</strong> latte, alimentando le bovine con una dieta ricca di acido<br />
α-linolenico.<br />
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Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Questo aumento può essere ottenuto con un’alimentazione ricca di erba<br />
(che com’è noto, nei suoi grassi, contiene tantissimo acido α-linolenico),<br />
oppure inserendo nel concentrato semi ricchi di quest’acido quali il lino,<br />
la soia, ad anche altri, opportunamente trattati.<br />
Ora, poiché come è noto l’erba non può essere usata nell’unifeed, volendo<br />
aumentare il contenuto di CLA e di acido rumenico in particolare, o si<br />
somministra erba a parte, oppure si aumenta nel carro miscelatore il<br />
contenuto di acido α-linolenico con semi di lino laminati o estrusi, o anche<br />
altri purché ricchi di quest’acido.<br />
Questo aumento di di acido rumenico nel grasso <strong>del</strong> latte è importante<br />
non solo perché si trasferisce nella panna prima e nel <strong>burro</strong> poi, ma<br />
perché comporta anche un pari aumento nel grasso <strong>del</strong> formaggio PR<br />
che, come è noto è composto per circa 1/3 <strong>del</strong> suo peso da grassi. Con<br />
l’alimentazione unifeed, potremo dire che, limitatamente al contenuto in<br />
acido rumenico nel grasso <strong>del</strong> formaggio, è come se noi producessimo PR<br />
vernengo tutto l’anno anziché maggengo come avviene ora dopo il 1984<br />
quando, in seguito alla scomparsa <strong>del</strong> vernengo, il PR viene prodotto tutto<br />
l’anno, anziché solo dal 1 aprile all’11 novembre come avveniva prima<br />
<strong>del</strong> 1984.<br />
Vorrei concludere, questa breve premessa, con un particolare<br />
ringraziamento al CFPR per aver cofinanziato al 50% un’assegno di<br />
ricerca biennale all’Università di Bologna che ci ha permesso di fare<br />
questa ricerca e di ottenere i risultati che verranno discussi qui di seguito<br />
in modo più particolareggiato anche per quanto riguarda il problema<br />
dei TFA, che io ho solo sfiorato quando ho accennato all’acido acido<br />
vaccenico (che rappresenta l’80-90% di tutti i TFA) a proposito <strong>del</strong>la<br />
sintesi <strong>del</strong>l’acido rumenico.<br />
Infine, per sgombrare il campo da possibili equivoci, vogliamo ricordare<br />
che in una recente ricerca (Bisig 2007), è stato dimostrato che, sulla<br />
stabilità durante la conservazione e sulle caratteristiche organolettiche<br />
e sensoriali, i prodotti lattiero caseari arricchiti in CLA, non presentano<br />
differenze statisticamente significative rispetto a quelli non arricchiti.<br />
Concludendo veramente, noi non vogliamo che gli Italiani in futuro<br />
consumino più <strong>burro</strong>, vogliamo invece, così come avviene già da tempo<br />
per l’olio di oliva, andando al supermercato gli italiani potessero trovare<br />
tra i tanti tipi di <strong>burro</strong> già presenti, anche il “<strong>burro</strong> extravergine”<br />
104
Materiali e Metodi<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
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Campioni<br />
In questo progetto di ricerca sono stati analizzati campioni di creme di<br />
latte ottenute per affioramento e il rispettivo <strong>burro</strong> prodotto, prelevati<br />
nell’ambito <strong>del</strong> comprensorio di produzione <strong>del</strong> Parmigiano-Reggiano,<br />
in numero ed in siti di provenienza significativi in grado di rappresentare<br />
uniformemente l’intera area consortile.<br />
Complessivamente, durante l’intera durata <strong>del</strong>la prova nel biennio 2007-<br />
2009, sono stati prelevati ed analizzati da n°40 caseifici, n°41 campioni<br />
di panna e n°134 campioni di <strong>burro</strong> (tabella 1).<br />
Tabella 1<br />
Schema di campionamento sperimentale relativo al I e II<br />
anno <strong>del</strong>la ricerca, in relazione al periodo <strong>del</strong> prelievo e<br />
<strong>del</strong> regime alimentare.<br />
Stagione Dieta<br />
A B C<br />
Primavera - I prelievo 21 13 6<br />
Estate - II prelievo 24 14 11<br />
Inverno - III prelievo 18 13 14<br />
totale 62 41 32<br />
A: “Tradizionale” – Pianura; B: “Tradizionale”- Collina/Montagna;<br />
C: “Unifeed”<br />
Le creme sono state prelevate dai caseifici <strong>del</strong>l’area consortile con la<br />
collaborazione <strong>del</strong> responsabile tecnico <strong>del</strong> CFPR per la provincia di<br />
Reggio Emilia e Mantova, dalla Montanari e Gruzza per la provincia di<br />
Parma, e di Granterre, per quella di Modena. Quattro campioni sono<br />
stati prelevati direttamente dai Professori Giuseppe Losi e Gian Battista<br />
Castagnetti. Successivamente, le creme sono state stoccate a –20°C fino<br />
alla produzione di zangolato fresco presso il DISA, sede di Reggio Emilia.<br />
Per meglio osservare la presenza di differenze nella composizione degli<br />
AG, tutte le creme sono state classificate, in primo luogo, a seconda<br />
<strong>del</strong> periodo di produzione <strong>del</strong>le creme, e poi in relazione <strong>del</strong> tipo di<br />
alimentazione <strong>del</strong>le bovine: Alimentazione “tradizionale” (erba, fieno<br />
105
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
e concentrato) di pianura o di collina/montagna, ed Alimentazione<br />
“Unifeed”.<br />
Preparazione <strong>del</strong>lo zangolato fresco<br />
Lo zangolato fresco e’ stato ottenuto artigianalmente per sbattimento <strong>del</strong>le<br />
creme a 12-15°C in appositi contenitori di vetro, ottenendo per shock<br />
meccanico l’inversione <strong>del</strong>le fasi provocato dalla coalescenza dei globuli<br />
di grasso. Dopo la separazione <strong>del</strong> latticello, lo zangolato e’ stato lavato<br />
con acqua a 12-15°C per 3 volte, e successivamente impastato per circa<br />
5 min per permettere lo spurgo <strong>del</strong>l’acqua in eccesso; dopodichè 50 g di<br />
<strong>burro</strong> sono stati depositati in contenitori di plastica per materiale biologico<br />
da 100 mL con tappo a vite, e conservati a - 40°C.<br />
Estrazione <strong>del</strong>la sostanza grassa<br />
In un secondo momento gli stessi campioni sono stati riportati a temperatura<br />
ambiente e sottoposti ad estrazione in doppio <strong>del</strong>la frazione lipidica<br />
secondo il metodo Hara-Radin (1978). Circa 300 mg di <strong>burro</strong> sono stati<br />
omogeneizzati in 5.4 mL di esano e isopropanolo (3:2 v/v) per 30 sec in<br />
una provetta troncoconica precedentemente pesata. Al fine di separare<br />
le componenti non lipidiche, si e’ aggiunto 3.6 mL di sodio solfato in<br />
soluzione acquosa (1 g di sodio solfato anidro in 15 mL di acqua), ed<br />
agitato per 30 sec al vortex. Dopo aver lasciato riposare per alcuni min,<br />
così permettendo la formazione di due fasi sovrapposte, si e’ prelevato<br />
con pipette tipo Pasteur la fase superiore contenente la frazione lipidica.<br />
Si e’ proceduto poi ad eliminare il solvente portando a secco, l’aliquota di<br />
grasso presente, fino a peso costante, ponendo la provetta troncoconica<br />
in un blocco riscaldante (≈40°C) sotto debole flusso di azoto. Il grasso<br />
così ottenuto, e’ stato prima pesato e poi ridisciolto in 3 mL di esano e<br />
isopropanolo (4:1 v/v), e poi conservato a -40°C per le successive analisi.<br />
Tale metodo e’ stato applicato anche per l’estrazione <strong>del</strong>la frazione<br />
lipidica dalle panne <strong>del</strong> I Prelievo.<br />
Preparazione degli Esteri Metilici degli Acidi Grassi (FAME)<br />
Gli AG sono stati metilati a partire dal grasso mediante derivatizzazione<br />
impiegando una soluzione di sodio metossido (#33080, supelco Inc.,<br />
Bellafonte, PA) in metanolo secondo il metodo di Cruz-Hernandez (2004)<br />
con alcune modifiche.<br />
Circa 20 mg di grasso disciolto in esano e isopropanolo e’ stata portata<br />
106
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
a secco fino a peso costante sotto debole flusso di azoto in una provetta<br />
troncoconica precedentemente pesata, e posta in un blocco riscaldante<br />
(≈40°C). Prima di procedere con la derivatizzazione degli AG legati si e’<br />
provveduto a metilare gli AG liberi, aggiungendo al grasso nella provetta<br />
100 μL di Diazometano. Dopo averla agitata lievemente, la provetta viene<br />
posta sotto debole flusso di azoto per far evaporare il solvente in eccesso.<br />
Il campione è stato quindi addizionato di 2 mL di n-esano, <strong>del</strong>lo standard<br />
interno (0.5 mg <strong>del</strong>l’estere metilico <strong>del</strong>l’acido undecanoico, Nuchek e<br />
Sigma), seguito da 40 μL di methyl acetato e 300 μL di sodio metossido in<br />
metanolo (0.5N). Successivamente, la provetta troncoconica e’ stata fatta<br />
posta nuovamente sotto un leggero flusso di azoto per pochi secondi poi,<br />
agitata in vortex per 30 sec, riscaldata per 10 min a 50°C in un blocco<br />
riscaldante, ed infine raffreddata a -20°C per 10 min. La reazione viene<br />
interrotta aggiungendo 180 μL di acido ossalico (0.5 g in 15 mL di etere<br />
dietilico), poi la miscela è stata agitata su vortex per almeno 30 sec e<br />
centrifugata a 2500 rpm per 3 min per facilitare la separazione <strong>del</strong>la<br />
fase esanica (soprastante), contenente gli esteri metilici degli AG (FAME),<br />
da quella metanolica (sottostante). Successivamente si e’ provveduto a<br />
trasferire un’aliquota <strong>del</strong>la fase esanica in vials munite di riduttore per<br />
l’analisi gas cromatografica.<br />
Tale metodo e’ stato applicato anche per l’estrazione <strong>del</strong>la frazione<br />
lipidica dalle panne <strong>del</strong> I Prelievo.<br />
Determinazione degli acidi grassi totali in gas cromatografia<br />
capillare<br />
Gli esteri metilici degli AG sono stati analizzati in doppio mediante un<br />
gas-cromatografo Perkin Elmer Clarus 500 fornito di auto-campionatore,<br />
di un detector a ionizzazione di fiamma (FID). E’ stato utilizzato l’elio come<br />
gas di trasporto, di una colonna capillare SBP 70 (50 m x 0.22 mm i.d.,<br />
0.25 μm spessore film, fase stazionaria). Il detector FID è stato mantenuto<br />
a 240°C con un flusso di aria di 400 ml/min, un flusso di idrogeno di 40<br />
ml/min e un flusso di elio di 0.75 ml/min. L’iniettore è stato mantenuto<br />
a 240°C con un rapporto di splittaggio di 1:60. La temperatura <strong>del</strong>la<br />
colonna è stata programmata come segue: incremento di 1.5°C/min da<br />
100°C fino a 115°C; incremento di 5°C/min fino a 180°C per 10 min, ed<br />
infine 3°C/min fino a 240°C per 10 min. Per identificare i singoli FAME<br />
nei campioni di panna e <strong>burro</strong> e’ stata utilizzata una miscela standard<br />
composta da 52 AG (GLC 463 Nuchek), una miscela di AG coniugati<br />
107
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
<strong>del</strong>l’acido linoleico (UC-59M Nuchek), e materiale cartaceo riportato in<br />
bibliografia (3).<br />
Verifica <strong>del</strong> metodo Sperimentale<br />
La verifica dei metodi di estrazione <strong>del</strong>la frazione lipidica e preparazione<br />
degli esteri metilici degli AG, proposti per l’analisi <strong>del</strong>le creme e <strong>del</strong>lo<br />
zangolato fresco, e’ stata necessaria per valutare la ripetibilità <strong>del</strong><br />
metodo sperimentale adottato. Tale verifica ha comportato l’estrazione<br />
<strong>del</strong>la frazione lipidica e la diretta derivatizzazione degli esteri metilici<br />
degli AG su di un campione di <strong>burro</strong>, ripetuta 5 volte. Inoltre, sono stati<br />
calcolati anche la quantità minima rivelabile (LOD) e la quantità minima<br />
quantificabile (LOQ) che sono rispettivamente di 0.10 e 0.24 mg/100mg<br />
di FAME.<br />
Analisi statistica<br />
Prima di procedere all’analisi statistica <strong>del</strong>le quantità di AG dei 3 prelievi,<br />
è stata effettuata un’indagine preliminare sui campioni <strong>del</strong> I prelievo, volta<br />
ad individuare la presenza di differenze significative tra gli AG <strong>del</strong>la<br />
panna e <strong>del</strong> <strong>burro</strong> ottenuto da essa. I dati di panna e <strong>burro</strong> provengono<br />
dallo stesso soggetto sperimentale, e quindi possono essere considerati<br />
a coppie. Tale mo<strong>del</strong>lo consente di includere campioni provenienti da<br />
produzioni anche molto diverse, inoltre, calcolando le differenze tra<br />
burri e panne entro lo stesso campione si elimina l’effetto <strong>del</strong> caseificio<br />
(ovvero <strong>del</strong> latte proveniente da una certa zona <strong>del</strong> consorzio). Attraverso<br />
un’analisi <strong>del</strong>la deviazione standard e la costruzione di grafici a scatole,<br />
è stata verificata la presenza di outliers; sono emersi quattro valori<br />
anomali nelle rilevazioni degli AG relative ai prelievi di <strong>burro</strong> <strong>del</strong>la prima<br />
campagna. I valori riscontrati erano tali da essere imputabili ad un errore<br />
di tipo strumentale, poiché molto lontani dalle normali misurazioni degli<br />
AG <strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Per questo motivo tali campioni <strong>del</strong> primo prelievo sono<br />
stati esclusi dall’analisi statistica dei dati. Le coppie di valori su cui è stata<br />
effettuata l’analisi sono 37 e, ad un livello di confidenza <strong>del</strong> 95%, non<br />
esistono differenze significative nella presenza di grassi saturi e monoinsaturi,<br />
tuttavia si rileva una differenza, ad un livello di significatività<br />
<strong>del</strong>lo 0.043, relativa agli AG poli-insaturi.<br />
Successivamente sono stati considerati solo i campioni di <strong>burro</strong> per<br />
determinare la variazione nella composizione degli AG in base al<br />
periodo di riferimento (autunno, primavera, inverno). Gli effetti <strong>del</strong>la<br />
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Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
stagionalità e <strong>del</strong>l’alimentazione <strong>del</strong>le vacche, distinta in questo caso<br />
anche in base anche alla localizzazione <strong>del</strong> caseificio (tradizionalepianura,<br />
tradizionale-collina e montagna, unifeed), sono stati misurati sul<br />
totale dei campioni analizzati.<br />
Per fare questo è stata utilizzata l’analisi <strong>del</strong>la varianza a due fattori,<br />
considerando dunque come fattori di variazione il periodo, il tipo di<br />
alimentazione e l’interazione tra le due fonti di variabilità.<br />
La presenza di una differenza significativa causata da un particolare<br />
fattore non rivela però quali siano i livelli <strong>del</strong>le singole variabili che<br />
determinano effettivamente tale differenza.<br />
Per questo, ad ogni tabella ANOVA sono susseguiti i test post-hoc, per<br />
valutare quali modalità di una variabile siano in realtà discriminanti. I<br />
questo caso sono stati utilizzati il test di Tukey e il test di Scheffè, per<br />
valutare la coerenza dei risultati.<br />
Risultati e Discussione<br />
I primi campioni di panne sono stati prelevati durante il periodo primaverile<br />
<strong>del</strong> 2008, e sono stati analizzati in gas cromatografia, analogamente al<br />
<strong>burro</strong> ottenuto dalle rispettive panne prelevate in precedenza. Dall’esame<br />
dei risultati ottenuti nella fase preliminare e’ emerso che, a livello <strong>del</strong>la<br />
composizione in AG, c’e’ una perfetta corrispondenza tra quella <strong>del</strong>la<br />
panna e quella <strong>del</strong> <strong>burro</strong> derivato (dati non riportati). Per questo motivo,<br />
nei prelievi dei 2 periodi successivi, quello estivo <strong>del</strong> 2008 e quello<br />
invernale <strong>del</strong> 2009, sono stati analizzati solo 49 e 45 campioni di<br />
<strong>burro</strong> rispettivamente, visto che la composizione <strong>del</strong>le panne <strong>del</strong> primo<br />
periodo era praticamente identica a quello <strong>del</strong> <strong>burro</strong> derivato. I risultati<br />
dei principali AG ottenuti in seguito all’analisi statistica sono riportati in<br />
tabella 2.<br />
109
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Tabella 2<br />
Principali risultati ottenuti in seguito all’analisi statistica<br />
ANOVA.<br />
mg/100mg di<br />
FAME<br />
Periodo di rilevazione<br />
I II III<br />
110<br />
SEM<br />
Effetto <strong>del</strong>la<br />
Stagione<br />
Effetto <strong>del</strong>l’<br />
Alimentazione<br />
Saturi 66,532 d 63,120 c 65,282 d 0.247 ** *<br />
c4:0 1,849 c 2,033 d 2,181 d 0.027 ** NS<br />
Mono-insaturi 28,788 c 32,140 d 29,994 c 0.232 ** *<br />
c18:1 c 9 22,051 c 25,576 d 24,245 d 0.233 ** *<br />
Poli-insaturi 4,679 a 4,740 b 4,724 a 0.05 NS NS<br />
Trans 3,357d 2,928c 2,677c 0.049 ** **<br />
c13:1 t 0,152d 0,002c 0,000c 0.006 ** **<br />
c16:1t 0,059 0,059d 0,046c 0.002 NS **<br />
c18:1 t9 0,502 0,503 0,472 0.009 NS NS<br />
c18:1 t11 1,857b 1,751 1,652a 0.033 NS **<br />
c18:1 t12 0,307 0,303 0,311 0.008 NS NS<br />
c18:1 t15 0,194d 0,095cd 0,007c 0.01 ** NS<br />
c18:2 9t12t 0,286 d 0,216 c 0,189 c 0.006 ** **<br />
CLA 0.852 0.871 0.818 0.015 NS **<br />
c18:2 c9, t11<br />
(CLA)<br />
0,629 0,636 0,594 0.014 NS **<br />
c18:2 cc (CLA) 0,223 0,236 0,224 0.003 NS *<br />
Omega 3 0,819d 0,745c 0.799 0.009 * **<br />
c18:3 w3 0,654d 0,604c 0,642 0.008 * **<br />
c20:5 w3 (EPA) 0,063 0,057 0,062 0.001 NS NS<br />
c22:5 w3 (DPA) 0,102 d 0,088 c 0,095 0.002 * NS<br />
Omega 6 2.689 2.897 2.907 0.05 NS NS<br />
c18:2 w6 2,389 2,638 2,620 0.048 NS NS<br />
c18:3 w6 0,007d 0,000c 0,000c 0.001 ** NS<br />
c20:3 w6 0,120 0,109c 0,127d 0.002 ** *<br />
c20:4 w6 0,172 0,149 0,159 0.006 NS NS<br />
AG Ematici 75,689 c 77,384 d 76,199 c 0.147 ** NS<br />
AG di Sintesi 24,310 d 22,616 c 23,801 d 0.147 ** NS<br />
SFA/UFA 2,781 d 2,327 c 2,613 d 0.03 ** **<br />
** significativo allo 0,01; * significativo allo 0,05; NS non significativo; a,b differenze significative allo<br />
0,05; c,d differenze significative allo 0,01
In particolare, dall’esame dei dati relativi ai principali gruppi di AG<br />
(tabella 7), possiamo dire quanto segue:<br />
Acidi grassi saturi ed acido butirrico. Le differenze statisticamente<br />
In particolare, dall’esame dei dati relativi ai principali gruppi di AG (tabella 7), possiamo dire<br />
significative sono state riscontrate tra il primo ed il secondo periodo di<br />
quanto segue:<br />
prelievo, e tra il secondo ed il terzo, con più saturi in campioni prelevati<br />
in Acidi primavera grassi saturi rispetto ed acido a butirrico. quelli prelevati Le differenze nel statisticamente periodo estivo, significative e meno sono saturi state<br />
in riscontrate estate rispetto tra il primo al ed periodo il secondo invernale periodo di prelievo, (figura e tra 7). il secondo Inoltre, ed sono il terzo, emerse con più<br />
differenze saturi in campioni significative prelevati in primavera dovute rispetto sia all’effetto a quelli prelevati <strong>del</strong>la nel periodo stagionalità estivo, e meno che<br />
<strong>del</strong>l’alimentazione saturi in estate rispetto (si al è periodo notato invernale che i campioni (figura 7). prelevati Inoltre, sono in pianura emerse differenze hanno<br />
quantità significative più dovute elevate sia all’effetto che quelli <strong>del</strong>la prelevati stagionalità in che collina/montagna).<br />
<strong>del</strong>l’alimentazione (si è notato che i<br />
Figura campioni 7 prelevati Contenuto in pianura in hanno saturi quantità (mg/100mg più elevate che di quelli FAME) prelevati nei in<br />
campioni collina/montagna). di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
Figura estate; 7 Contenuto III-pr.: in saturi (mg/100mg inverno), di FAME) ed nei a campioni seconda di <strong>burro</strong> <strong>del</strong>la analizzati. dieta I valori riportati tenuta nelle<br />
dalle colonne si bovine riferiscono ai 3 durante periodi sperimentali i tre (I-pr.: primavera; prelievi II-pr.: (Tr. estate; III-pr.: P.: Tradizionale<br />
inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
68.00<br />
67.00<br />
66.00<br />
65.00<br />
64.00<br />
63.00<br />
62.00<br />
61.00<br />
60.00<br />
59.00<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
SFA<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Al gruppo dei saturi appartiene un’acido grasso molto importante dal<br />
Al gruppo dei saturi appartiene un’acido grasso molto importante dal punto di vista<br />
punto di vista salutistico-nutrizionale, l’acido butirrico. Questo acido ed<br />
il salutistico-nutrizionale, butirrato, sono dei l’acido potenti butirrico. inibitori Questo <strong>del</strong>la acido proliferazione ed il butirrato, di sono linee dei cellulari potenti<br />
cancerose, inibitori <strong>del</strong>la prevengono proliferazione la di linee proliferazione cellulari cancerose, di metastasi prevengono tumorali. la proliferazione L’attività di<br />
antitumorale metastasi tumorali. <strong>del</strong>l’acido L’attività butirrico antitumorale è <strong>del</strong>l’acido stata dimostrata butirrico è soprattutto stata dimostrata nei soprattutto tumori<br />
<strong>del</strong> nei colon. tumori <strong>del</strong> Ad colon. oggi Ad non oggi sono non sono state state riscontrate riscontrate relazioni tra tra contenuto contenuto in acido in<br />
acido butirrico nei prodotti lattiero caseari e tipo di alimentazione <strong>del</strong>le<br />
butirrico nei prodotti lattiero caseari e tipo di alimentazione <strong>del</strong>le bovine (Molkentin, 1999).<br />
bovine (Molkentin, 1999). Sono state riscontrate differenze statisticamente<br />
Sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra la prima e la seconda, e tra la<br />
significative tra la prima e la seconda, e tra la prima e la terza stagione<br />
di prima prelievo, e la terza ed stagione in particolare di prelievo, ed i in valori particolare <strong>del</strong>l’acido i valori <strong>del</strong>l’acido butirrico butirrico aumentano<br />
progressivamente con l’avanzare <strong>del</strong>le stagioni di prelievo (figura 8). Per quanto riguarda<br />
111<br />
l’effetto <strong>del</strong>la dieta, non è stata rilevata nessuna differenza statisticamente significativa.<br />
14
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
progressivamente con l’avanzare <strong>del</strong>le stagioni di prelievo (figura 8).<br />
Per quanto riguarda l’effetto <strong>del</strong>la dieta, non è stata rilevata nessuna<br />
differenza statisticamente significativa.<br />
Figura 8 Contenuto in acido butirrico (mg/100mg di<br />
FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.:<br />
primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr.<br />
P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/<br />
montagna; Unifeed).<br />
Figura 8 Contenuto in acido butirrico (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a<br />
seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
2.50<br />
2.00<br />
1.50<br />
1.00<br />
0.50<br />
0.00<br />
Acidi grassi mono-insaturi. Le differenze statisticamente significative sono<br />
state trovate, sempre, tra il primo ed il secondo e tra il secondo ed il terzo<br />
periodo, con meno MUFA in campioni prelevati in primavera rispetto a<br />
quelli prelevati nel periodo estivo-autunnale, e più mono-insaturi in estate<br />
rispetto al periodo invernale (figura 9). Tale aumento nel periodo estivo<br />
di AG mono-insaturi è senza dubbio da attribuire all’acido oleico (c18:1<br />
c9), il principale rappresentate di questo gruppo. L’acido oleico viene<br />
sia sintetizzo nella mammella a partire dall’acido stearico (c18:0) ad<br />
opera <strong>del</strong>la Δ9-desaturasi (figura 3), ma anche introdotto con la dieta.<br />
Quindi possiamo dedurre che in questo periodo, aumentando la quantità<br />
di erba a disposizione <strong>del</strong>le bovine (maggiore apporto di AG poli-insaturi<br />
e mono-insaturi), viene stimolata l’attività ruminale alla produzione dei<br />
precursori di questo acido grasso, che a loro volta favoriscono l’attività<br />
<strong>del</strong>la Δ9-desaturasi produzione di maggiori nella quantità mammella di acido alla oleico. produzione di maggiori quantità<br />
di acido oleico.<br />
Acidi grassi mono-insaturi. Le differenze statisticamente significative sono state trovate,<br />
sempre, tra il primo ed il secondo e tra il secondo ed il terzo periodo, con meno MUFA in<br />
campioni prelevati in primavera rispetto a quelli prelevati nel periodo estivo-autunnale, e più<br />
mono-insaturi in estate rispetto al periodo invernale (figura 9). Tale aumento nel periodo<br />
estivo di AG mono-insaturi è senza dubbio da attribuire all’acido oleico (c18:1 c9), il<br />
principale rappresentate di questo gruppo. L’acido oleico viene sia sintetizzo nella mammella<br />
a partire dall’acido stearico (c18:0) ad opera <strong>del</strong>la 9-desaturasi (figura 3), ma anche<br />
introdotto con la dieta. Quindi possiamo dedurre che in questo periodo, aumentando la<br />
quantità di erba a disposizione <strong>del</strong>le bovine (maggiore apporto di AG poli-insaturi e monoinsaturi),<br />
viene stimolata l’attività ruminale alla produzione dei precursori di questo acido<br />
grasso, che a loro volta favoriscono l’attività <strong>del</strong>la 9-desaturasi nella mammella alla<br />
112<br />
C4:0<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed
Figura 9 Contenuto in MUFA (mg/100mg di FAME) nei<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; III-pr.: inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta<br />
dalle Figura 9 Contenuto bovine in MUFA durante (mg/100mg di i FAME) tre nei prelievi campioni di <strong>burro</strong> (Tr. analizzati. P.: Tradizionale<br />
I valori riportati nelle<br />
colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
34.00<br />
33.00<br />
32.00<br />
31.00<br />
30.00<br />
29.00<br />
28.00<br />
27.00<br />
26.00<br />
25.00<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
MUFA<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Sono emerse differenze significative dovute sia all’effetto <strong>del</strong>la stagionalità<br />
che Sono <strong>del</strong>la emerse dieta; differenze in particolare significative i dovute campioni sia all’effetto prelevati <strong>del</strong>la in stagionalità caseifici che di montagna/<br />
<strong>del</strong>la dieta; in<br />
collina particolare (con i campioni bovine prelevati alimentate in caseifici tradizionalmente) di montagna/collina risultano (con bovine contenere alimentate più<br />
MUFA tradizionalmente) che i campioni risultano di contenere pianura più (con MUFA dieta che tradizionale) i campioni di pianura e quelli (con ottenuti dieta<br />
da bovine alimentate ad unifeed.<br />
tradizionale) e quelli ottenuti da bovine alimentate ad unifeed.<br />
Acidi Grassi Poli-insaturi. Dalle analisi effettuate e dai risultati ottenuti<br />
Acidi Grassi Poli-insaturi. Dalle analisi effettuate e dai risultati ottenuti abbiamo riscontrato<br />
abbiamo riscontrato differenze statisticamente significative, durante<br />
differenze statisticamente significative, durante i tre periodi di prelievo sperimentali. In<br />
i tre periodi di prelievo sperimentali. In particolare, abbiamo trovato<br />
più particolare, PUFA abbiamo nel secondo trovato più periodo PUFA nel di secondo prelievo periodo rispetto di prelievo al primo rispetto al ed primo al terzo ed al<br />
(figura terzo (figura 10). L’effetto <strong>del</strong>la stagionalità e <strong>del</strong>la e <strong>del</strong>la dieta non dieta sono non risultati sono influire risultati nel<br />
influire contenuto nel di questo contenuto gruppo di questo AG. Vedremo gruppo però di più AG. avanti Vedremo che, per qualche però acido più avanti grasso<br />
che, poli-insaturo per qualche di rilevante acido interesse grasso poli-insaturo biologico e nutrizionale, di rilevante esistono interesse <strong>del</strong>le biologico differenze<br />
e nutrizionale, esistono <strong>del</strong>le differenze statisticamente significative sia<br />
statisticamente significative sia dovuti all’effetto <strong>del</strong> periodo di prelievo, che <strong>del</strong> tipo di dieta.<br />
dovuti all’effetto <strong>del</strong> periodo di prelievo, che <strong>del</strong> tipo di dieta.<br />
113
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Figura 10 Contenuto in PUFA (mg/100mg di FAME) nei<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; III-pr.: inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta<br />
Figura 10 Contenuto in PUFA (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle<br />
dalle colonne si bovine riferiscono ai 3 durante periodi sperimentali i tre (I-pr.: primavera; prelievi II-pr.: (Tr. estate; III-pr.: P.: inverno), Tradizionale<br />
ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
4.90<br />
4.85<br />
4.80<br />
4.75<br />
4.70<br />
4.65<br />
4.60<br />
4.55<br />
4.50<br />
4.45<br />
4.40<br />
PUFA<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
TFA (in gran parte Acido Vaccenico). Questo gruppo, si riferisce a tutti gli<br />
AG TFA insaturi (in gran parte che contengono Acido Vaccenico). almeno Questo un gruppo, doppio si riferisce legame a tutti in gli configurazione<br />
AG insaturi che<br />
trans, contengono escludendo almeno un doppio da tale legame definizione in configurazione gli AG trans, coniugati escludendo con da tale un definizione doppio<br />
legame gli AG coniugati trans, con come un doppio gli isomeri legame trans, <strong>del</strong>l’acido come gli linoleico isomeri <strong>del</strong>l’acido (CLA) L’importanza<br />
linoleico (CLA)<br />
di L’importanza questo gruppo di questo deriva gruppo dall’immagine deriva dall’immagine pressoché pressoché negativa da da parte parte dei<br />
dei consumatori. Numerosi studi scientifici hanno evidenziato gli effetti<br />
consumatori. Numerosi studi scientifici hanno evidenziato gli effetti che questo gruppo ha<br />
che questo gruppo ha sulla salute <strong>umana</strong>, tra cui l’azione negativa sull’<br />
sulla salute <strong>umana</strong>, tra cui l’azione negativa sull’ rapporto LDL/HDL, innalzando il livello<br />
rapporto LDL/HDL, innalzando il livello <strong>del</strong>le LDL (“colesterolo cattivo”)<br />
a <strong>del</strong>le scapito LDL (“colesterolo <strong>del</strong>le HDL cattivo”) (“colesterolo a scapito <strong>del</strong>le buono”), HDL (“colesterolo e l’aumento buono”), <strong>del</strong> e l’aumento rischio <strong>del</strong> di<br />
insorgenza rischio di insorgenza di patologie di patologie <strong>del</strong>l’apparato cardio-vascolare e neoplasie, e neoplasie, come quello come alla<br />
quello prostata. alla prostata.<br />
A fronte di un crescente interesse interesse <strong>del</strong> <strong>del</strong> mondo mondo scientifico scientifico riguardo riguardo agli effetti agli metabolici effetti<br />
metabolici negativi causati negativi dagli causati TFA sull’organismo dagli TFA sull’organismo umano, molti governi umano, hanno molti quindi governi reso<br />
hanno quindi reso obbligatorio di riportare sulle etichette degli alimenti e<br />
obbligatorio di riportare sulle etichette degli alimenti e degli integratori dietetici il loro<br />
degli integratori dietetici il loro contenuto, mentre in altri paesi è ancora<br />
contenuto, mentre in altri paesi è ancora in fase di studio. Il Canada è stato il primo paese <strong>del</strong><br />
in fase di studio. Il Canada è stato il primo paese <strong>del</strong> nord America a<br />
rendere nord America obbligatoria a rendere obbligatoria tale procedura, tale procedura, esattamente dal primo primo gennaio gennaio 2005,<br />
2005, mentre gli mentre Stati Uniti gli dal Stati primo Uniti gennaio dal 2006. primo L’unione gennaio Europea 2006. non è L’unione rimasta insensibile Europea a<br />
non è rimasta insensibile a tali cambiamenti e, infatti, ha introdotto una<br />
tali cambiamenti e, infatti, ha introdotto una riduzione volontaria di TFA negli alimenti,<br />
mentre la Danimarca ha deciso di imporre un limite massimo già dal 2003.<br />
114<br />
Come ci aspettavamo, le principali differenze statisticamente significative a livello dei TFA le<br />
abbiamo riscontrate tra il primo e secondo, e tra il primo ed il terzo periodo di prelievo. In
iduzione volontaria di TFA negli alimenti, mentre la Danimarca ha deciso<br />
di imporre un limite massimo già dal 2003.<br />
Come ci aspettavamo, le principali differenze statisticamente significative<br />
a livello dei TFA le abbiamo riscontrate tra il primo e secondo, e tra il<br />
primo ed il terzo periodo di prelievo. In particolare il loro contenuto<br />
diminuisce significativamente passando dal periodo primaverile a quello<br />
invernale (figura 11).<br />
Figura particolare 11 il loro Contenuto contenuto diminuisce in significativamente TFA (mg/100mg passando dal di periodo FAME) primaverile nei a<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
quello invernale (figura 11).<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
Figura estate; 11 Contenuto III-pr.: in TFA (mg/100mg inverno), di FAME) ed nei a campioni seconda di <strong>burro</strong> <strong>del</strong>la analizzati. dieta I valori riportati tenuta nelle<br />
dalle colonne si bovine riferiscono ai 3 durante periodi sperimentali i tre (I-pr.: primavera; prelievi II-pr.: (Tr. estate; III-pr.: P.: inverno), Tradizionale<br />
ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
4.00<br />
3.50<br />
3.00<br />
2.50<br />
2.00<br />
1.50<br />
1.00<br />
0.50<br />
0.00<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
TFA<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Inoltre, i campioni ottenuti da bovine alimentate tradizionalmente presentano contenuti<br />
Inoltre, i campioni ottenuti da bovine alimentate tradizionalmente<br />
presentano maggiori in TFA contenuti rispetto maggiori a quelli ottenuti in TFA da bovine rispetto alimentate a quelli con ottenuti unifeed. da L’effetto bovine <strong>del</strong><br />
alimentate periodo di prelievo con unifeed. e <strong>del</strong>la dieta L’effetto hanno mostrato <strong>del</strong> periodo influire con di p
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Figura 12 Contenuto in acido vaccenico (mg/100mg di<br />
FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.:<br />
primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr.<br />
P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
montagna; Unifeed).<br />
Figura 12 Contenuto in acido vaccenico (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori<br />
riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed<br />
a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
2.50<br />
2.00<br />
1.50<br />
1.00<br />
0.50<br />
0.00<br />
c18:1 t11<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
CLA, isomeri coniugati <strong>del</strong>l’ acido linoleico (in gran parte acido rumenico).<br />
CLA e’ un termine collettivo usato per descrivere uno o l’insieme degli<br />
isomeri geometrici e posizionali <strong>del</strong>l’acido octadecadienoico che contiene<br />
due doppi legami coniugati. Nel grasso dei ruminanti l’isomero principale<br />
dei CLA e’ senza dubbio l’acido rumenico (c18:2 cis-9 trans-11), oltre al<br />
trans-7 cis-9, cis-11 trans-13, trans-10 cis-12 e ad altri isomeri minori.<br />
Questi AG sono diventati molto importanti nell’ultimo ventennio dopo che<br />
e’ stato dimostrato sperimentalmente la loro capacità anti-cancerogena,<br />
come di ridurre sensibilmente l’incidenza <strong>del</strong> tumore al seno, ed inoltre<br />
di rallentare la progressione <strong>del</strong> diabete (11). Dell’ acido rumenico si e’<br />
già parlato in precedenza; gli altri isomeri, meno studiati, sono più di<br />
venti e contenuti in percentuali molto basse. Come ci aspettavamo i valori<br />
più alti di CLA, ed in particolare di acido rumenico, sono stati riscontrati<br />
nei campioni di bovine alimentate con più erba (dieta tradizionale), ed<br />
i più bassi nei campioni di quelle alimentate con unifeed, che come e’<br />
noto esclude l’impiego <strong>del</strong>l’erba nel carro miscelatore (figure 13 e 14).<br />
Non sono emerse differenze significative tra i tre periodi sperimentali, ma<br />
l’effetto <strong>del</strong> tipo di alimentazione è risultato influire sul contenuto in CLA.<br />
CLA, isomeri coniugati <strong>del</strong>l’ acido linoleico (in gran parte acido rumenico). CLA e’ un<br />
termine collettivo usato per descrivere uno o l’insieme degli isomeri geometrici e posizionali<br />
<strong>del</strong>l’acido octadecadienoico che contiene due doppi legami coniugati. Nel grasso dei<br />
ruminanti l’isomero principale dei CLA e’ senza dubbio l’acido rumenico (c18:2 cis-9 trans-<br />
11), oltre al trans-7 cis-9, cis-11 trans-13, trans-10 cis-12 e ad altri isomeri minori. Questi<br />
AG sono diventati molto importanti nell’ultimo ventennio dopo che e’ stato dimostrato<br />
sperimentalmente la loro capacità anti-cancerogena, come di ridurre sensibilmente l’incidenza<br />
<strong>del</strong> tumore al seno, ed inoltre di rallentare la progressione <strong>del</strong> diabete (11). Dell’ acido<br />
rumenico si e’ già parlato in precedenza; gli altri isomeri, meno studiati, sono più di venti e<br />
contenuti in percentuali molto basse. Come ci aspettavamo i valori più alti di CLA, ed in<br />
particolare di acido rumenico, sono stati riscontrati nei campioni di bovine alimentate con più<br />
erba (dieta tradizionale), ed i più bassi nei campioni di quelle alimentate con unifeed, che<br />
come e’ noto esclude l’impiego <strong>del</strong>l’erba nel carro miscelatore (figure 13 e 14). Non sono<br />
emerse differenze significative tra i tre periodi sperimentali, ma l’effetto <strong>del</strong> tipo di<br />
alimentazione è risultato influire sul contenuto in CLA.<br />
116
Figura 13 Contenuto in CLA (mg/100mg di FAME) nei<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; III-pr.: inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta<br />
dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Figura 13 Contenuto in CLA (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle<br />
colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
Figura 13 Contenuto in CLA (mg/100mg di FAME) CLA nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle<br />
colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la 1.20 dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
1.00<br />
CLA<br />
0.80<br />
1.20 0.60<br />
1.00 0.40<br />
0.80 0.20<br />
0.60 0.00<br />
0.40<br />
0.20<br />
Figura 14 Contenuto in acido rumenico (mg/100mg di<br />
FAME) 0.00 nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.:<br />
Figura 14 Contenuto in acido rumenico (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
primavera; nelle colonne si II-pr.: riferiscono estate; ai 3 periodi sperimentali III-pr.: (I-pr.: inverno), primavera; II-pr.: ed estate; a III-pr.: seconda inverno), ed a<br />
seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr.<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/<br />
montagna; Unifeed).<br />
Figura 14 Contenuto in acido rumenico (mg/100mg c18:2 c9, t11 di FAME) (CLA) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a<br />
seconda 0.80 <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
0.70<br />
0.60<br />
0.50<br />
0.80<br />
0.40<br />
0.70<br />
0.30<br />
0.60<br />
0.20<br />
0.50<br />
0.10<br />
0.40<br />
0.00<br />
0.30<br />
0.20<br />
0.10<br />
0.00<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
c18:2 c9, t11 (CLA)<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Acidi grassi <strong>del</strong>la serie omega-3. L’acido -linolenico (ALA) è risultato essere il più<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
rappresentativo <strong>del</strong> gruppo degli AG omega-3. Sono state rilevate differenze statisticamente<br />
significative tra il primo ed il secondo periodo 117 di prelievo, e l’effetto <strong>del</strong>la stagione e <strong>del</strong> tipo<br />
di Acidi dieta grassi hanno <strong>del</strong>la risultato serie influire omega-3. sul loro L’acido contenuto -linolenico (figure 15 (ALA) e 16). è risultato essere il più<br />
rappresentativo <strong>del</strong> gruppo degli AG omega-3. Sono state rilevate differenze statisticamente<br />
significative tra il primo ed il secondo periodo di prelievo, e l’effetto <strong>del</strong>la stagione e <strong>del</strong> tipo
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Acidi grassi <strong>del</strong>la serie omega-3. L’acido α-linolenico (ALA) è risultato<br />
essere il più rappresentativo <strong>del</strong> gruppo degli AG omega-3. Sono state<br />
rilevate differenze statisticamente significative tra il primo ed il secondo<br />
periodo di prelievo, e l’effetto <strong>del</strong>la stagione e <strong>del</strong> tipo di dieta hanno<br />
risultato influire sul loro contenuto (figure 15 e 16).<br />
Figura 15 Contenuto in omega-3 (mg/100mg di FAME) nei<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; III-pr.: inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta<br />
dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Figura 15 Contenuto in omega-3 (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle<br />
Figura colonne 15 si Contenuto riferiscono in ai omega-3 3 periodi (mg/100mg sperimentali di (I-pr.: FAME) primavera; nei campioni II-pr.: di estate; <strong>burro</strong> analizzati. III-pr.: inverno), I valori riportati ed a seconda nelle<br />
colonne <strong>del</strong>la dieta si riferiscono tenuta dalle ai 3 bovine periodi durante sperimentali i tre prelievi (I-pr.: primavera; (Tr. P.: Tradizionale II-pr.: estate; Pianura; III-pr.: inverno), Tr. m/c: ed Tradizionale a seconda<br />
<strong>del</strong>la Collina/montagna; dieta tenuta Unifeed). dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
omega-3<br />
omega-3<br />
1.00<br />
1.00<br />
0.90<br />
0.90<br />
0.80<br />
0.80<br />
0.70<br />
0.70<br />
0.60<br />
0.60<br />
0.50<br />
0.50<br />
0.40<br />
0.40<br />
0.30<br />
0.30<br />
0.20<br />
0.20<br />
0.10<br />
0.10<br />
0.00<br />
0.00<br />
0.80<br />
0.80<br />
0.70<br />
0.70<br />
0.60<br />
0.60<br />
0.50<br />
0.50<br />
0.40<br />
0.40<br />
0.30<br />
0.30<br />
0.20<br />
0.20<br />
0.10<br />
0.10<br />
0.00<br />
0.00<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Figura 16 Contenuto in acido α-linolenico (mg/100mg di<br />
FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
Figura 16 Contenuto in acido -linolenico (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori<br />
nelle Figura 16 colonne Contenuto in si acido riferiscono -linolenico (mg/100mg ai 3 di FAME) periodi nei campioni sperimentali di <strong>burro</strong> analizzati. (I-pr.:<br />
riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), I valori ed<br />
primavera; riportati a seconda nelle <strong>del</strong>la colonne dieta tenuta II-pr.: si riferiscono dalle bovine estate; ai 3 periodi durante sperimentali i III-pr.: tre prelievi (I-pr.: (Tr. inverno), P.: primavera; Tradizionale II-pr.: Pianura; ed estate; Tr. a III-pr.: m/c: seconda<br />
inverno), Tradizionale ed<br />
a Collina/montagna; seconda <strong>del</strong>la dieta Unifeed). tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
<strong>del</strong>la Collina/montagna; dieta Unifeed). tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr.<br />
P.: Tradizionale Pianura; Tr. ALA<br />
ALAm/c:<br />
Tradizionale Collina/<br />
montagna; Unifeed).<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
118<br />
Acidi grassi di sintesi mammaria. Questo gruppo di acidi (dal c4:0 al c14:0) viene sintetizzato<br />
Acidi grassi di sintesi mammaria. Questo gruppo di acidi (dal c4:0 al c14:0) viene sintetizzato<br />
in gran parte nella mammella a partire dall’ acido acetico, ed in minima parte prodotti nel<br />
in gran parte nella mammella a partire dall’ acido acetico, ed in minima parte prodotti nel<br />
rumine dall’acido -idrossi-butirrico. Tali AG aumentano con l’aumentare <strong>del</strong>la quantità di<br />
rumine dall’acido -idrossi-butirrico. Tali AG aumentano con l’aumentare <strong>del</strong>la quantità di
Acidi grassi di sintesi mammaria. Questo gruppo di acidi (dal c4:0 al<br />
c14:0) viene sintetizzato in gran parte nella mammella a partire dall’<br />
acido acetico, ed in minima parte prodotti nel rumine dall’acido β-idrossibutirrico.<br />
Tali AG aumentano con l’aumentare <strong>del</strong>la quantità di fibra e<br />
<strong>del</strong>la sua lunghezza. Abbiamo riscontrato differenze significative tra il<br />
primo ed il secondo e tra il secondo ed il terzo periodo di prelievo. In<br />
particolare abbiamo trovato più AG di sintesi mammaria in primavera<br />
(figura 17). solo l’effetto <strong>del</strong>la stagione di prelievo ha mostrato influire<br />
sui loro contenuti assoluti.<br />
Figura 17 Contenuto in acidi grassi di sintesi mammaria<br />
(mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati.<br />
I valori riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi<br />
sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno),<br />
ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre<br />
prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Figura 17 Contenuto in acidi grassi di sintesi mammaria (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati.<br />
I valori riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.:<br />
inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c:<br />
Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
25.00<br />
24.50<br />
24.00<br />
23.50<br />
23.00<br />
22.50<br />
22.00<br />
21.50<br />
21.00<br />
20.50<br />
20.00<br />
I-pr.<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
AG di sintesi mammaria<br />
II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Acidi Grassi di Origine Ematica. Sono Sono un gruppo un gruppo di AG di compreso AG compreso dal c16:0 dal in c16:0 poi, ed<br />
in aumentano poi, ed aumentano nel grasso <strong>del</strong> latte nel grasso quando la <strong>del</strong> lattifera latte dimagrisce quando la più lattifera o meno durante dimagrisce il periodo più di<br />
o lattazione. meno durante Abbiamo il riscontrato periodo differenze di lattazione. significative Abbiamo tra il primo riscontrato ed il secondo differenze e tra il<br />
significative secondo ed il tra terzo il periodo primo di ed prelievo, il secondo con più e tra acidi il di secondo sintesi in ed estate il terzo (figura periodo 18). Per<br />
di prelievo, con più acidi di sintesi in estate (figura 18). Per questo<br />
questo gruppo di AG, solo l’effetto <strong>del</strong>la stagione di prelievo ha mostrato influire sui loro<br />
gruppo di AG, solo l’effetto <strong>del</strong>la stagione di prelievo ha mostrato influire<br />
contenuti assoluti.<br />
sui loro contenuti assoluti.<br />
119<br />
Figura 18 Contenuto in acidi grassi ematici (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori<br />
riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed<br />
a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
AG ematici
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
Figura 18 Contenuto in acidi grassi ematici (mg/100mg di<br />
FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.:<br />
primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a seconda<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr.<br />
Figura 17 Contenuto in acidi grassi di sintesi mammaria (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati.<br />
P.: I valori Tradizionale riportati nelle colonne si Pianura; riferiscono ai 3 periodi Tr. sperimentali m/c: (I-pr.: Tradizionale primavera; II-pr.: estate; Collina/ III-pr.:<br />
montagna; inverno), ed a seconda Unifeed).<br />
<strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c:<br />
Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
25.00<br />
24.50<br />
24.00<br />
23.50<br />
23.00<br />
22.50<br />
22.00<br />
21.50<br />
21.00<br />
20.50<br />
20.00<br />
I-pr.<br />
AG di sintesi mammaria<br />
II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Ora, Acidi avendo Grassi di osservato Origine Ematica. la “fotografia” Sono un gruppo che di ritrae AG compreso il comportamento dal c16:0 in poi, <strong>del</strong>la ed<br />
frazione aumentano acidica nel grasso <strong>del</strong> <strong>del</strong> latte grasso quando <strong>del</strong> la lattifera <strong>burro</strong> dimagrisce prodotto più o nel meno 2008 durante all’interno il periodo di<br />
<strong>del</strong> CFPR, ci è parso interessante confrontare i nostri risultati con quelli<br />
lattazione. Abbiamo riscontrato differenze significative tra il primo ed il secondo e tra il<br />
ottenuti da altri Autori che, sia passato che recentemente, hanno compiuto<br />
secondo ed il terzo periodo di prelievo, con più acidi di sintesi in estate (figura 18). Per<br />
ricerche analoghe alla nostra. In particolare ricordiamo quella di<br />
Strocchi questo gruppo e collaboratori di AG, solo l’effetto <strong>del</strong> 1967 <strong>del</strong>la (14), stagione sui di burri prelievo Emiliani, ha mostrato che influire già allora sui loro<br />
impiegarono contenuti assoluti. la GLC con colonne capillari e la spettrometria di massa<br />
per l’identificazione di alcuni AG, compresi i dieni coniugati <strong>del</strong>l’acido<br />
linoleico (che allora non venivano ancora definiti con il termine CLA). In<br />
particolare, i valori trovati allora sono mediamente un più elevati rispetto<br />
Figura 18 Contenuto in acidi grassi ematici (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori<br />
a quelli da noi trovati nella presente ricerca. Tale differenza e’ dovuta<br />
riportati nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed<br />
, a molto seconda <strong>del</strong>la probabilmente dieta tenuta dalle bovine all’abbondanza durante i tre prelievi (Tr. <strong>del</strong>l’alimentazione P.: Tradizionale Pianura; Tr. verde, m/c: Tradizionale che<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
nel 1967 era sicuramente più elevata rispetto al 2008. Infatti i valori<br />
più elevati lievemente superiori all’1% AG ematici vennero riscontrati nei campioni<br />
prelevati 78.00nei<br />
mesi estivi e quelli più bassi, intorno allo 0.6-0.7%, nei<br />
campioni 77.50 invernali. Questa interpretazione e’ ancora più plausibile se<br />
77.00<br />
confrontiamo i valori degli AG di sintesi mammaria che aumentano<br />
76.50<br />
con l’aumentare 76.00 <strong>del</strong>la quantità di fibra introdotta con la dieta; quelli da<br />
75.50 noi rilevati risultano nettamente inferiori rispetto a quelli di Strocchi e<br />
75.00<br />
74.50<br />
74.00<br />
73.50<br />
73.00<br />
120<br />
I-pr. II-pr III.pr Tr. P. Tr. c/m Unifeed
collaboratori. In quella ricerca venne anche notata, crediamo per la prima<br />
volta, una stretta correlazione tra gli isomeri trans totali (soprattutto c18:1<br />
trans 11, denominato acido vaccenico) ed il contenuto in dieni coniugati<br />
(CLA). Inoltre dal confronto con lavori analoghi svolti più di recente, il<br />
livello dei CLA nel <strong>burro</strong> <strong>del</strong> CFPR ha valori tra i più elevati in Europa<br />
se confrontato con quelli prodotti da altri paesi <strong>del</strong>la UE; siamo secondi<br />
solo alla Danimarca, e soprattutto superiori a quei paesi come Francia<br />
e Germania dai quali l’Italia ne importa abbondantemente. (Precht e<br />
Molkentin 1999b, Collomb 2001, Ledoux 2005, Prandini 2001).<br />
Conclusioni<br />
Nel corso di questa ricerca biennale sono stati identificati e dosati, per i<br />
singoli campioni, complessivamente 41 AG, soffermandoci sia su quelli<br />
maggiori per quantità ma anche su quelli che, pur essendo presenti in<br />
quantità appena dosabili, presentano un rilevante interesse dal punto<br />
di vista salutistico (tra cui i CLA). Quindi, considerando il contenuto in<br />
AG maggiori trovati nel nostro studio biennale, 40 anni dopo quello<br />
svolto da Strocchi e collaboratori, possiamo concludere che, in accordo<br />
con loro, la componente grassa <strong>del</strong> latte prodotto all’interno <strong>del</strong> CFPR è<br />
caratterizzata da una buona omogeneità (figura 19 e 20), e dati i<br />
rigidi parametri fissati per l’alimentazione <strong>del</strong>le lattifere, si presuppone<br />
che il suo comportamento sia analogo a quello trovato nel 1967.<br />
Figura 19 Principali gruppi di AG (mg/100mg di FAME) nei<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; III-pr.: inverno), ed a seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta<br />
Figura 19 Principali gruppi di AG (mg/100mg di FAME) nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle<br />
dalle colonne bovine si riferiscono ai durante 3 periodi sperimentali i tre (I-pr.: primavera; prelievi II-pr.: estate; (Tr. III-pr.: P.: inverno), Tradizionale<br />
ed a seconda<br />
Pianura; <strong>del</strong>la dieta Tr. tenuta m/c: dalle bovine Tradizionale durante i tre prelievi (Tr. Collina/montagna; P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Unifeed).<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
35.00<br />
30.00<br />
25.00<br />
20.00<br />
15.00<br />
10.00<br />
5.00<br />
0.00<br />
I-pr. II-pr. III-pr. Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
c16:0 30.99 30.26 30.48 30.60 29.78 31.58<br />
c18:1 c 9 22.05 25.58 24.24 23.65 24.88 23.46<br />
c14:0 11.46 10.48 10.81 10.98 10.74 10.98<br />
c18:0 11.24 10.47 11.05 11.04 11.09 10.36<br />
Figura 20 Principali AG (mg/100mg di FAME) riscontrati 121 nei campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a<br />
seconda <strong>del</strong>la dieta tenuta dalle bovine durante i tre prelievi (Tr. P.: Tradizionale Pianura; Tr. m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
80.00<br />
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna
15.00<br />
10.00<br />
5.00<br />
Alessandro Gori, 0.00 Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze<br />
I-pr.<br />
degli Alimenti<br />
II-pr.<br />
<strong>del</strong>l’Università<br />
III-pr.<br />
di Bologna<br />
Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
c16:0 30.99 30.26 30.48 30.60 29.78 31.58<br />
Figura c18:1 20 c 9Principali 22.05 AG 25.58 (mg/100mg 24.24 23.65di FAME) 24.88 riscontrati 23.46 nei<br />
c14:0 11.46 10.48 10.81 10.98 10.74 10.98<br />
campioni di <strong>burro</strong> analizzati. I valori riportati nelle colonne<br />
c18:0 11.24 10.47 11.05 11.04 11.09 10.36<br />
si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; IIpr.:<br />
estate; Figura 20 Principali III-pr.: AG (mg/100mg inverno), di FAME) riscontrati ed a nei seconda campioni di <strong>burro</strong> <strong>del</strong>la analizzati. dieta I valori riportati tenuta<br />
nelle colonne si riferiscono ai 3 periodi sperimentali (I-pr.: primavera; II-pr.: estate; III-pr.: inverno), ed a<br />
dalle seconda bovine <strong>del</strong>la dieta tenuta durante dalle bovine durante i tre i tre prelievi prelievi (Tr. P.: Tradizionale (Tr. Pianura; P.: Tr. Tradizionale<br />
m/c: Tradizionale<br />
Collina/montagna; Unifeed).<br />
Pianura; Tr. m/c: Tradizionale Collina/montagna; Unifeed).<br />
80.00<br />
70.00<br />
60.00<br />
50.00<br />
40.00<br />
30.00<br />
20.00<br />
10.00<br />
0.00<br />
I-pr. II-pr. III-pr. Tr. P. Tr. c/m Unifeed<br />
Saturi 66.53 63.12 65.28 65.17 64.03 65.82<br />
Mono-Insaturi 28.79 32.14 29.99 30.09 31.25 29.57<br />
Poli-insaturi 4.68 4.74 4.72 4.74 4.72 4.61<br />
Il contenuto in TFA e CLA variano in modo significativo soprattutto con<br />
il tipo Il contenuto di alimentazione in TFA e CLA <strong>del</strong>le variano bovine, in modo in significativo particolare, soprattutto diminuiscono con il tipo di con<br />
l’utilizzo alimentazione <strong>del</strong> piatto <strong>del</strong>le unico, bovine, in ed particolare, aumentano diminuiscono con l’alimentazione con l’utilizzo <strong>del</strong> piatto tradizionale,<br />
unico, ed<br />
soprattutto aumentano nel con periodo l’alimentazione primaverile-estivo tradizionale, soprattutto quando nel c’è periodo un primaverile-estivo<br />
naturale apporto<br />
dei loro quando precursori c’è un naturale attraverso apporto dei loro la precursori dieta. Dato attraverso che la dieta. è nota Dato ormai che è nota da ormai tempo<br />
l’importanza da tempo l’importanza di aumentare di aumentare il il contenuto di alcuni di alcuni AG minori AG (CLA, minori 3,) nei (CLA, prodotti ω3,)<br />
nei prodotti lattiero caseari, lattiero qualora caseari, adottassimo qualora le più <strong>recenti</strong> adottassimo strategie alimentari, le più che <strong>recenti</strong> prevedono strategie di<br />
alimentari, che prevedono di aumentare il contenuto di acido α-linolenico<br />
nella razione alimentare, si potrebbero 24 produrre burri e formaggi con<br />
un contenuto maggiore in CLA. In particolare, sia il formaggio che il<br />
<strong>burro</strong> prodotto nel CFPR, acquisirebbero un’ulteriore valore aggiunto e<br />
verrebbero valorizzati ancor di più in ambito nutrizionale.<br />
122
Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna<br />
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Alessandro Gori, Selenia Melia, Maria Fiorenza Caboni, Giuseppe Losi<br />
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.<br />
124
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Analisi dei burri e difesa dalle frodi<br />
Riassunto<br />
Un alimento è genuino quando risponde alle sue caratteristiche naturali,<br />
è “vero” ed autentico, cioè non solo ha come caratteristiche peculiari la<br />
freschezza e il buono stato di conservazione, ma non presenta sostanze<br />
estranee alla sua stessa natura. Qualsiasi azione volontaria e consapevole<br />
messa in atto con lo scopo di trarre personale vantaggio a scapito <strong>del</strong>la<br />
genuinità è una frode.<br />
Le frodi relative al <strong>burro</strong> sono principalmente ascrivibili alla parziale o<br />
totale sostituzione <strong>del</strong>la matrice lipidica con grassi di minor pregio, valore<br />
nutrizionale e costo. In qualche caso si è assistito alla sostituzione <strong>del</strong><br />
grasso di latte vaccino con grasso di latte di altre specie, quali pecora,<br />
capra o bufala e, in casi più rari, è stata anche verifi cata la presenza di<br />
grassi di sintesi.<br />
La determinazione <strong>del</strong>la composizione in acidi grassi è certamente<br />
la valutazione analitica più conosciuta ed applicata nel controllo <strong>del</strong>le<br />
caratteristiche di una matrice lipidica. Il grasso di latte è certamente, tra i<br />
diversi lipidi, il più complesso per la grande varietà di acidi grassi presenti<br />
che differiscono per lunghezza <strong>del</strong>la catena, numero e posizione dei doppi<br />
legami, isomeria strutturale e geometrica. Ne consegue una incrementata<br />
diffi coltà, in termini analitici, per ottenere una completa separazione,<br />
riconoscimento e quantifi cazione. Fino agli anni ‘90, la composizione<br />
in acidi grassi era l’unico mezzo insieme alla composizione in steroli,<br />
quest’ultima limitatamente al riconoscimento dei grassi di origine vegetale,<br />
per determinare la presenza di grassi estranei. Nel 1995 è stato pubblicato<br />
il Regolamento CEE n.454 che descrive un nuovo metodo, basato sulla<br />
composizione dei trigliceridi, per la valutazione <strong>del</strong>la genuinità <strong>del</strong> grasso<br />
di latte e quindi anche <strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Tale metodo, tutt’ora metodo uffi ciale<br />
per la valutazione <strong>del</strong>la genuinità <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, si è dimostrato molto effi cace<br />
anche se la individuazione <strong>del</strong> grasso bovino di deposito è ancora la<br />
frode che presenta il limite di rilevabilità più elevato (5,4%). A fi anco <strong>del</strong>la<br />
determinazione dei trigliceridi sono stati individuati, in alcune ricerche<br />
specifi che, altri possibili parametri utili ad accertare la presenza di grassi<br />
estranei, in particolare sego, anche in basse percentuali. Di particolare<br />
interesse, a questo scopo, si sono dimostrate la valutazioni relative alla<br />
presenza di 3,5-colestadiene, di particolari rapporti tra alcune molecole<br />
125
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
digliceridiche e alcuni esteri <strong>del</strong> colesterolo. Anche i singoli costituenti<br />
<strong>del</strong>la frazione insaponifi cabile hanno fornito utili indicazioni, soprattutto<br />
quando la frode era una vera e propria contraffazione attuata mediante<br />
procedimenti di transesterifi cazione e/o miscelazione a partire da prodotti<br />
di sintesi e/o grassi di diversa origine.<br />
Non bisogna comunque dimenticare che le ricerche volte alla sempre<br />
più puntuale determinazione dei costituenti <strong>del</strong> grasso di latte, se da una<br />
parte hanno lo scopo di reprimere le possibili frodi, hanno altresì il merito<br />
di fornire validi parametri per la salvaguardia, la tutela e la promozione<br />
dei prodotti di qualità.<br />
La frode alimentare<br />
Un alimento è genuino quando risponde alle sue caratteristiche naturali,<br />
è “vero” ed autentico, cioè non solo ha come caratteristiche peculiari la<br />
freschezza e il buono stato di conservazione, ma non presenta sostanze<br />
estranee alla sua stessa natura. Qualsiasi azione volontaria e consapevole<br />
messa in atto con lo scopo di trarre personale vantaggio a scapito <strong>del</strong>la<br />
genuinità, è una frode.<br />
Già nel primo secolo a.C. è possibile ritrovare una defi nizione di frode;<br />
infatti nel De Offi ciis, di Cicerone, un trattato indirizzato alla formazione<br />
etico-politica <strong>del</strong>la gioventù e alla costruzione di un mo<strong>del</strong>lo di<br />
comportamento pubblico e privato, Caio Aquilio alla richiesta di defi nire<br />
cosa fosse la frode, rispondeva: “cum esset aliud simulatum aliud actum”<br />
cioè “che essa si verifi ca quando si fi nge una cosa e se ne fa un’altra”.<br />
Attualmente il termine frode, nel linguaggio comune, è sinonimo di raggiro<br />
a danno di altri per ottenere un vantaggio personale e quindi di truffa,<br />
mentre, nel linguaggio giuridico, è un’azione illecita con cui qualcuno,<br />
ricorrendo all’inganno, al raggiro, alle false dichiarazioni e simili, mira a<br />
ledere diritti altrui o a eludere precise disposizioni<br />
Nella sua accezione più specifi ca, in particolare nel settore alimentare, ma<br />
non solo, spesso viene defi nita con termini differenti quali: adulterazione,<br />
sofi sticazione, contraffazione o alterazione. Nel linguaggio comune<br />
spesso questi termini vengono confusi anche se ciascuno ha un signifi cato<br />
differente:<br />
• ADULTERAZIONE: comprende tutte quelle operazioni che determinano<br />
modifi cazioni nella composizione analitica <strong>del</strong> prodotto alimentare,<br />
attuate mediante l’aggiunta o la sottrazione di alcuni componenti<br />
<strong>del</strong>l’ alimento stesso, allo scopo di ottenere un maggior tornaconto<br />
126
economico, senza che apparentemente il prodotto venga modifi cato in<br />
maniera apprezzabile. Tipici esempi di adulterazione sono la vendita<br />
di latte scremato o parzialmente scremato per latte intero o il vino<br />
annacquato.<br />
• SOFISTICAZIONE: consiste nell’aggiungere all’alimento sostanze<br />
estranee alla sua composizione con lo scopo di migliorarne<br />
l’aspetto o di coprirne i difetti, come l’impiego di coloranti o<br />
conservanti non autorizzati per mascherare l’utilizzo di materie<br />
prime di cattiva qualità o difetti dei procedimenti produttivi.<br />
CONTRAFFAZIONE: è la totale sostituzione di una sostanza<br />
alimentare con un’altra di minor pregio in modo da indurre in inganno<br />
il compratore. È il caso <strong>del</strong>la margarina spacciata per <strong>burro</strong>. È una<br />
frode che può essere molto pericolosa quando, per sostituire i prodotti<br />
originali o naturali, vengono utilizzate sostanze nocive alla salute.<br />
• ALTERAZIONE: si ha quando la composizione di una sostanza<br />
alimentare si modifi ca a causa di fenomeni degenerativi spontanei,<br />
determinati da errate modalità tecnologiche o eccessivo prolungamento<br />
dei tempi di conservazione. Di per sé questa non è una frode, a meno<br />
che non esista l’intenzionalità nel celare il reale stato di conservazione,<br />
modifi cando ad esempio, la vera data di scadenza.<br />
In ogni modo una frode alimentare per avere successo deve essere facile<br />
da eseguire, diffi cile da scoprire e lucrosa.<br />
I differenti parametri di genuinità<br />
Gli acidi grassi<br />
Il <strong>burro</strong> è costituito per la maggior parte di materia grassa cui si<br />
accompagna una quota di acqua (non superiore al 16%) e una parte<br />
di materia secca non grassa indicata come “residuo secco magro” alla<br />
cui defi nizione concorrono differenti sostanze di natura proteica nonché<br />
residui di lattosio. La matrice lipidica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> è costituita per il 97-98%<br />
circa da trigliceridi, esteri <strong>del</strong>la glicerina con acidi grassi a numero di<br />
atomi di carbonio variabile tra 4 e 24. Le numerose ricerche effettuate<br />
in questo settore hanno permesso di individuare circa 400 acidi grassi<br />
differenti (Jensen, 2002) che possono essere suddivisi, con buona<br />
approssimazione, in 4 classi, in base alla loro origine (Palmquist, 2006).<br />
La prima classe, a cui appartengono gli acidi saturi a corta e media<br />
catena da 4 a 14 atomi di carbonio, include acidi grassi che vengono<br />
127<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
sintetizzati direttamente nella ghiandola mammaria; la seconda (C16:0 e<br />
C16:1) comprende acidi grassi che possono essere sia sintetizzati nella<br />
ghiandola mammaria sia derivare dal sangue, come diretta conseguenza<br />
<strong>del</strong>l’alimentazione; la terza (C18:0, C18:2 e C18:3) comprende acidi<br />
grassi che derivano esclusivamente dal fl usso sanguigno. Infi ne gli acidi<br />
palmitoleico (C16:1) e oleico (C18:1) possono avere origine sia dal<br />
sangue, sia dall’acido palmitico e stearico nella ghiandola mammaria,<br />
ad opera di una specifi ca desaturasi. La concentrazione di questi gruppi<br />
non è indipendente; nel caso in cui si verifi chi un aumento <strong>del</strong>la quota di<br />
acidi grassi a lunga catena derivanti dal torrente sanguigno, si realizza<br />
una contemporanea diminuzione <strong>del</strong>la biosintesi di quelli a catena<br />
più corta, direttamente nella mammella. Da quanto esposto si evince<br />
come la composizione in acidi grassi sia soggetta a variazioni qualiquantitative<br />
assolutamente non trascurabili, soprattutto alla luce <strong>del</strong>le<br />
diversifi cate pratiche zootecniche che, negli ultimi 25 anni, hanno previsto<br />
anche l’utilizzo di mangimi grassati protetti, in grado cioè di passare<br />
indenni la barriera ruminale e quindi incidere profondamente sulla<br />
composizione soprattutto degli acidi a più lunga catena, saturi e insaturi.<br />
Questa notevole variabilità ha determinato la progressiva inapplicabilità<br />
dei rapporti tra acidi grassi che, a partire dalla diffusione <strong>del</strong>le tecniche<br />
gascromatografi che negli anni ‘60, costituivano i parametri su cui valutare<br />
la genuinità <strong>del</strong> <strong>burro</strong> (M.A.F.,1964). Tali rapporti, alcuni di questi indicati<br />
in Tabella 1, derivavano da studi sulla composizione dei burri di origine<br />
sia nazionale che estera (Parodi, 1971; Huyghebaert & Hendrickx, 1971;<br />
Gallacier, 1974; Vanoni, 1978; Toppino, 1982; Muuse, 1986; Ulberth,<br />
1991; Collomb & Spahni, 1991). Il rischio, nell’applicazione di questi<br />
parametri e dei corrispondenti limiti, derivava soprattutto dalla reale<br />
possibilità di indicare come non genuino un <strong>burro</strong>, cioè aggiunto di grassi<br />
di altra origine, quando in realtà, era solo derivante da un latte di animali<br />
nutriti con alimentazione grassata.<br />
128
129<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Tabella 1<br />
Rapporti tra acidi grassi e relativi limiti di genuinità<br />
Rapporti LIMITI<br />
C4/(C6+C8) 0.7---1.7<br />
C12/C10 1.0---1.3<br />
C14/C12 > 2.80<br />
C18:1/C18 >2.34<br />
C14/C18:2 4.95---13.0<br />
C18:2/C8 0.56---1.71<br />
C18/(C6+C8) 1.78---2.87<br />
C18/C8 < 7.63<br />
C14/C18 >1.02<br />
(C6+C8+C10+C12)/C18 > 0.95<br />
La diffi cile applicabilità di questi parametri si è determinata anche a<br />
seguito <strong>del</strong>l’evoluzione tecnologica <strong>del</strong>le metodiche di analisi. Le colonne<br />
gascromatografi che e i gas cromatografi stessi hanno subito negli anni<br />
notevoli cambiamenti che hanno determinato la possibilità di separare<br />
con sempre maggiore risoluzione la molteplicità dei costituenti <strong>del</strong>la<br />
matrice lipidica.<br />
La fi gura 1 riporta, a titolo esemplifi cativo la differente separazione <strong>del</strong>la<br />
zona di eluizione degli acidi grassi da C18:0 a C18:2, ottenibile con le<br />
diverse strumentazioni e colonne tra le maggiormente diffuse negli anni<br />
’70 (a), ’90 (b) e oggigiorno (c).
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Figura 1 Zona di eluizione degli acidi grassi di un <strong>burro</strong><br />
tra C18 e e C18:2 ottenibile con colonna impaccata di 2 m<br />
di lunghezza (a), capillare di 30 m (b) e capillare di 100 m<br />
(c) (Contarini, 2010)<br />
18<br />
18:1<br />
a<br />
18 18:1<br />
b<br />
18:2<br />
Come è evidente, acidi grassi che venivano separati, a parità di atomi<br />
di carbonio, in base solo al grado di insaturazione, ora appaiono<br />
separati nei differenti isomeri, non solo posizionali, ma anche geometrici.<br />
Considerando che i rapporti tra acidi grassi, con i relativi limiti di<br />
genuinità, sono stati studiati utilizzando quantifi cazioni fatte con profi li<br />
<strong>del</strong> tipo (a), risulterebbe non privo di imprecisioni ed errori applicarli agli<br />
altri profi li, dovendo ipotizzare quale degli isomeri andrebbe sommato<br />
all’uno o all’altro picco principale.<br />
Dalla metà degli anni ‘90, la valutazione degli acidi grassi, con i relativi<br />
rapporti, è stata sostituita dalla determinazione dei trigliceridi.<br />
I trigliceridi<br />
Poiché ogni molecola trigliceridica contiene 3 acidi grassi, da quanto<br />
precedentemente esposto circa l’elevato numero di acidi diversi presenti, è<br />
prevedibile che nella matrice lipidica <strong>del</strong> <strong>burro</strong> esistano numerose possibili<br />
forme trigliceridiche diverse, la maggior parte in tracce. La valutazione<br />
di tutti o <strong>del</strong>la maggior parte dei composti presenti (Mottram & Evershed,<br />
2001) se pur certamente ricca di informazioni, sarebbe diffi cilmente<br />
130<br />
18<br />
6t+8t<br />
10t<br />
4t5t<br />
11t<br />
9t<br />
13t+14t<br />
12t<br />
18:1<br />
9c+10c<br />
15t<br />
11c<br />
12c<br />
16t<br />
c<br />
13c 15c<br />
18:2 t,t<br />
18:2 9c,12c
applicabile al settore <strong>del</strong>la repressione <strong>del</strong>le frodi che necessita sempre<br />
di metodi rapidi, il più possibile semplici, ma soprattutto ripetibili e<br />
riproducibili.<br />
Si è invece rivelato particolarmente effi cace per l’individuazione di<br />
aggiunte di grassi estranei al <strong>burro</strong>, un metodo, comunemente chiamato<br />
metodo di “Precht”, (Precht, 1991) dal cognome <strong>del</strong> suo ideatore, che<br />
prevede una analisi basata sulla separazione dei trigliceridi solo in base<br />
alla somma <strong>del</strong> numero degli atomi di carbonio dei tre acidi grassi che li<br />
costituiscono, indipendentemente quindi dalla eventuale insaturazione o<br />
isomeria di qualsiasi tipo.<br />
Questo metodo, diventato metodo uffi ciale <strong>del</strong>la UE (Reg. CE 273, 2008)<br />
e anche metodo ISO, è stato originariamente messo a punto utilizzando<br />
colonne di tipo impaccato, ma è applicabile anche con colonne di tipo<br />
capillare. Esso permette l’individuazione dei grassi estranei, con limiti<br />
di rivelabilità che variano dal 4 al 6% a seconda <strong>del</strong> grasso adulterante,<br />
mediante l’applicazione, ai risultati ottenuti sui 16 picchi individuati<br />
(Figura 2), di formule matematiche derivanti da regressioni multiple, i cui<br />
limiti sono riportati in Tabella 2.<br />
131<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Tabella 2<br />
Formule per il calcolo dei parametri S<br />
Formula totale<br />
- 2,7575 · C26 + 6,4077 · C28 + 5,5437 · C30 – 15,3247 · C32 + 6,2600 · C34 +<br />
8,0108 · C40 – 5,0336 · C42 + 0,6356 · C44 + 6,0171 · C46 - Limiti: 95,68 -<br />
104,32<br />
Formula per gli oli di soia, girasole, oliva, ravizzone, semi di lino, germe di grano,<br />
germe di granturco, semi di cotone e olio di pesce<br />
2,0983 · C30 + 0,7288 · C34 + 0,6927 · C36 + 0,6353 · C38 + 3,7452 · C40<br />
– 1,2929 · C42 + 1,3544 · C44 + 1,7013 · C46 + 2,5283 · C50 Limiti: 98,05 -<br />
101,95<br />
Formula per il grasso di cocco e di palmisto<br />
3,7453 · C32 + 1,1134 · C36 + 1,3648 · C38 + 2,1544 · C42 + 0,4273 · C44<br />
+ 0,5809 · C46 + 1,2926 · C48 + 1,0306 · C50 + 0,9953 · C52 + 1,2396 · C54<br />
Limiti: 99,42 - 100,58<br />
Formula per l’olio di palma e il sego<br />
3,6644 · C28 + 5,2297 · C30 – 12,5073 · C32 + 4,4285 · C34 – 0,2010 · C36 +<br />
1,2791 · C38 + 6,7433 · C40 – 4,2714 · C42 + 6,3739 · C46 Limiti: 95,90 -<br />
104,10<br />
Formula per il lardo<br />
6,5125 · C26+ 1,2052 · C32 + 1,7336 · C34 + 1,7557 · C36 + 2,2325 · C42 +<br />
2,8006 · C46 + 2,5432 · C52 + 0,9892 · C54 Limiti: 97,96 - 102,04<br />
132
133<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Figura 2 Profi lo GC dei trigliceridi di un <strong>burro</strong> genuino,<br />
<strong>del</strong>l’olio di soya e di un <strong>burro</strong> con il 5% di soya. La tabella<br />
riporta il risultato dei parametri di genuinità relativi alla<br />
miscela con il 5% di soya<br />
38<br />
40<br />
50<br />
52<br />
36<br />
Burro genuino<br />
48<br />
42 46<br />
44<br />
34<br />
54<br />
24<br />
26<br />
32<br />
30<br />
28<br />
+5 %<br />
soya<br />
soya<br />
L’utilizzo di questo tipo di analisi ha costituito un valido mezzo per<br />
l’individuazione <strong>del</strong>le frodi, sostituendo la determinazione degli acidi grassi<br />
e i relativi rapporti. In fi gura 2 è riportato un esempio <strong>del</strong>l’applicazione<br />
<strong>del</strong> metodo uffi ciale dei trigliceridi ad un campione contenente solo il<br />
5% di soya. E’ possibile osservare come, a fronte di un profi lo GC molto<br />
simile a quello di un <strong>burro</strong> genuino, i 5 parametri di genuinità presentino<br />
tutti valori oltre i limiti, non lasciando adito a dubbi sull’interpretazione<br />
<strong>del</strong> risultato.<br />
I parametri di genuinità sono applicabili solo a frodi relative all’aggiunta,<br />
al grasso di latte vaccino, di grassi estranei al latte, ma rimane aperta la<br />
problematica relativa ai burri prodotti con miscele di grassi provenienti da<br />
latte di specie diverse quali bufala, capra e pecora.<br />
Questo tipo di frode, che non è tale nel caso siano dichiarate chiaramente<br />
in etichetta le specie di origine <strong>del</strong> grasso, è peraltro comune, perché è<br />
pratica diffusa recuperare il grasso di siero <strong>del</strong>la lavorazione dei formaggi<br />
anche di latte di specie differenti dalla vaccina, nonché quello rimanente<br />
nell’acqua di fi latura <strong>del</strong>le mozzarelle.<br />
52<br />
54<br />
LIMITI 5%<br />
Totale 95.68-104.32 94.92<br />
soya 98.05-101.95 95.20<br />
cocco 99.42-100.58 100.67<br />
sego 95.90-104.10 94.82<br />
lardo 97.96-102.04 102.17
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Allo scopo di verifi care il comportamento dei grassi di specie diversa<br />
dal grasso vaccino, alcuni autori hanno applicato il metodo uffi ciale dei<br />
trigliceridi anche a questo tipo di matrici (Fontecha, 1998; Romano, 2004;<br />
Povolo, 2008). La fi gura 3 riporta un esempio dei profi li trigliceridici <strong>del</strong><br />
grasso <strong>del</strong>le 4 specie lattifere più comunemente usate nel settore lattiero<br />
caseario.<br />
L’osservazione di questi profi li permette di osservare importanti differenze<br />
tra le quattro specie, differenze che paiono certamente molto più evidenti<br />
di quanto sia possibile individuare dalla composizione media in acidi<br />
grassi (Tabella 3), soprattutto per quanto riguarda le due coppie di specie<br />
più simili: vacca/bufala e pecora/capra.<br />
Benchè, come già osservato, i parametri di genuinità <strong>del</strong> metodo uffi ciale<br />
non siano applicabili alle miscele con latti di specie diversa, pare<br />
interessante osservare come, relativamente all’aggiunta di grasso di bufala<br />
al grasso vaccino (Figura 4), il comportamento dei valori <strong>del</strong> parametro<br />
relativo alla formula “Totale” abbia un comportamento molto particolare<br />
e specifi co. Infatti per l’aggiunta di un qualsiasi altro grasso sia vegetale<br />
che animale, i valori tendono comunque a diminuire, mentre l’aggiunta di<br />
grasso di bufala determina, se pure per aggiunte superiori al 15%, valori<br />
che si pongono al di sopra <strong>del</strong> limite superiore <strong>del</strong>l’intervallo caratteristico<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong> genuino. Del tutto ineffi cace appare questo parametro per la<br />
individuazione di miscela di vacca con capra e pecora, a conferma che<br />
nuove formule devono essere messe a punto per la specifi ca problematica.<br />
134
Figura 3 Profi lo GC dei trigliceridi dei grassi di latte <strong>del</strong>le<br />
principali specie di interesse lattiero caseario<br />
VACCA<br />
BUFALA<br />
Tabella 3<br />
Composizione media degli acidi grassi <strong>del</strong> grasso di latte<br />
di differenti specie.<br />
Vacca Bufala Pecora Capra<br />
C4 4.8 4.8 4.4 3.8<br />
C6 2.4 2.3 2.9 2.8<br />
C8 1.2 1.1 2.6 2.7<br />
C10 2.6 1.9 7.1 8.3<br />
C12 3.0 2.5 3.9 3.5<br />
C14 10.7 10.4 9.9 9.1<br />
C16 28.5 29.3 23.2 23.6<br />
C16:1 1.2 1.6 1.0 0.6<br />
C18 11.9 13.4 11.4 11.3<br />
C18:1 23.4 23.9 24.1 24.9<br />
C18:2 2.2 2.4 3.2 2.8<br />
C18:3 0.5 0.3 0.6 0.6<br />
C18:2conj 0.7 0.6 1.0 0.9<br />
135<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
PECORA<br />
CAPRA
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Figura 4 Variazione <strong>del</strong> parametro relativo alla formula<br />
“Totale” per progressive aggiunte di grassi diversi. In<br />
grigio l’intervallo di variazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> genuino.<br />
formula Totale<br />
110<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
capra<br />
0 10 20 30 40 50 60<br />
% grasso adulterante<br />
I costituenti minori<br />
La determinazione <strong>del</strong>la frazione sterolica (ISO, 2006) rimane certamente<br />
una <strong>del</strong>le più affi dabili per l’individuazione <strong>del</strong>la presenza di matrici<br />
lipidiche vegetali, considerando che tutte i grassi animali, <strong>burro</strong> compreso,<br />
contengono per il 98% solo colesterolo. E’ però opportuno tenere in<br />
considerazione il fatto che sono disponibili anche matrici lipidiche<br />
desterolizzate, il che rende questo tipo di valutazione <strong>del</strong> tutto ineffi cace.<br />
Proprio alla luce dei possibili trattamenti tecnologici cui le matrici lipidiche<br />
possono essere sottoposte, non solo a scopo fraudolento, è importante<br />
spesso abbinare più valutazioni analitiche, per trovare conferma<br />
<strong>del</strong>l’ipotetica frode (Povolo, 1999). Oltre alle valutazioni uffi ciali, sono<br />
risultate di particolare effi cacia anche le determinazioni su alcuni<br />
costituenti minori<br />
Ad esempio il 3,5 colestadiene è un derivato che è assente nel <strong>burro</strong><br />
genuino, ma è presente nei grassi di tipo animale (sego) se sottoposti al<br />
processo di decolorazione per passaggio su terre attive (Mariani, 1994).<br />
La determinazione di tale costituente ha permesso di individuare aggiunte<br />
di sego al <strong>burro</strong>, in percentuali inferiori rispetto al limite di rivelabilità <strong>del</strong><br />
metodo uffi ciale dei trigliceridi.<br />
Anche la determinazione <strong>del</strong> rapporto tra colesterolo libero e colesterolo<br />
136<br />
soya<br />
bufala<br />
sego<br />
pecora
137<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
legato, che nei burri genuini è pari circa a 9:1 (Mariani,1990), ha<br />
dimostrato notevole effi cacia nella individuazione <strong>del</strong>l’applicazione<br />
fraudolenta di processi di transesterifi cazione, non ammessi nella<br />
produzione di <strong>burro</strong>. Parimenti il profi lo <strong>del</strong>la frazione digliceridica <strong>del</strong><br />
grasso di latte è risultato caratteristico in confronto ad altri grassi animali<br />
di deposito (Figura 5).<br />
Spesso anche lo studio critico e attento <strong>del</strong>le analisi più tradizionali<br />
rappresenta un mezzo di verifi ca <strong>del</strong>la genuinità molto attendibile.<br />
Un esempio è fornito dai risultati relativi alla composizione in acidi grassi,<br />
ottenuti su un campione di materia grassa dichiarata “<strong>burro</strong>” .(Figura 6,<br />
campione C). A fronte di una composizione, relativamente agli acidi grassi<br />
presenti in percentuale superiore all’1%, non diversa dalla composizione<br />
media di un <strong>burro</strong>, si è osservata la completa assenza degli acidi grassi<br />
cosiddetti “minori” ovvero presenti in ragione <strong>del</strong>lo 0,1-0,4 %.<br />
Figura 5 Profi lo GC dei digliceridi <strong>del</strong> <strong>burro</strong> e <strong>del</strong> sego.<br />
I numeri indicano la somma degli atomi di carbonio degli<br />
acidi grassi che costituiscono la molecola digliceridica e le<br />
lettere indicano i diversi di gliceridi, a parità di atomi di<br />
carbonio.<br />
A<br />
B<br />
30<br />
A<br />
C<br />
B<br />
32<br />
D<br />
A<br />
B<br />
D<br />
C<br />
34<br />
A B<br />
C DE<br />
36<br />
Standard interno<br />
Burro<br />
genuino<br />
Sego
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Figura 6 Profi lo GC <strong>del</strong>la zona di eluizione degli acidi<br />
grassi da 10 a 14 atomi di carbonio.<br />
C10 Burro genuino C12 C14<br />
C10:1<br />
C11<br />
Campione C<br />
L’analisi dei trigliceridi <strong>del</strong> medesimo campione aveva indicato la presenza<br />
di grassi estranei, in ragione di circa il 13%. Il colesterolo era l’unico<br />
sterolo presente, ma in quantità pari a circa 100 mg/100 g di grasso, che<br />
è meno <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong> contenuto medio di colesterolo <strong>del</strong> <strong>burro</strong>. Inoltre<br />
circa il 50% <strong>del</strong> colesterolo era risultato in forma esterifi cata, a fronte<br />
di un normale 10%. Infi ne, la valutazione <strong>del</strong>la frazione insaponifi cabile<br />
aveva evidenziato la presenza di costituenti normalmente assenti nel<br />
<strong>burro</strong> genuino (Figura 7). L’analisi tramite GC/MS di questa frazione<br />
ha portato al riconoscimento di questi composti come chetoni alifatici<br />
derivanti soprattutto da acidi grassi a lunga catena (C16 e C18) a seguito<br />
di reazioni di condensazione e decarbossilazione.<br />
La valutazione di tutti i risultati ottenuti ha permesso di concludere che<br />
il campione oggetto di indagine non era il risultato di una “semplice”<br />
frode per aggiunta di una quota di grasso estraneo, come l’analisi<br />
uffi ciale lasciava prevedere, ma ragionevolmente era il risultato <strong>del</strong>la<br />
transesterifi cazione di miscela di un grasso animale tipo sego con acidi<br />
grassi o trigliceridi a corta catena ( da 4 a 14 atomi di carbonio). In tale<br />
campione il grasso di origine vaccina, ovvero il <strong>burro</strong>, poteva defi nirsi <strong>del</strong><br />
tutto assente o presente in minime quantità.<br />
138<br />
C12:1<br />
C13I
139<br />
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Figura 7 Profi lo GC <strong>del</strong>la frazione in saponifi cabile. Le<br />
frecce indicano i chetoni alifatici a lunga catena.<br />
Burro genuino<br />
Campione C<br />
colesterolo<br />
Conclusioni<br />
Il “mercato” <strong>del</strong>la frode, purtroppo, non è mai in crisi, anzi dimostra di<br />
essere sempre un passo avanti soprattutto rispetto alle metodiche uffi ciali<br />
di analisi. Il livello di attenzione degli organi di controllo preposti non<br />
deve dunque mai diminuire, anche e soprattutto per difendere il prodotto<br />
genuino e di qualità.<br />
Spesso, infatti, è proprio dalle ricerche mirate alla evidenziazione dei<br />
parametri che determinano la qualità, che si mettono in luce costituenti<br />
naturali che in un prodotto adulterato risultano assenti o presenti in<br />
concentrazione ridotta.<br />
Proprio in questa ottica si auspica che siano sempre maggiori le ricerche<br />
atte a legare le caratteristiche <strong>del</strong> <strong>burro</strong> a quelle <strong>del</strong>la materia prima<br />
d’origine, il latte, individuando particolarmente quei costituenti liposolubili<br />
che hanno uno stretto legame con il territorio d’origine e le differenti<br />
pratiche zootecniche adottate.<br />
(IS)
Giovanna Contarini, Milena Povolo, CRA-FLC, Lodi.<br />
Bibliografi a<br />
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Grasse, 55, 320-324.
Leo Bertozzi, Consorzio <strong>del</strong> Formaggio Parmigiano-Reggiano<br />
Conclusioni<br />
La valorizzazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> è un tema ricorrente nel settore lattiero-caseario<br />
e questo vale anche per la zona di produzione <strong>del</strong> Parmigiano-Reggiano.<br />
In un convegno tenuto a Mantova nel 1972 sulla valorizzazione <strong>del</strong><br />
<strong>burro</strong> italiano, l’allora presidente <strong>del</strong> Consorzio avv. Mora, affermando<br />
che le caratteristiche <strong>del</strong> <strong>burro</strong> di affioramento sono diverse da quelle<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong> di centrifuga, ne sosteneva l’attribuzione di un marchio di<br />
qualità, sottolineando la necessità di migliorare le strutture produttive. I<br />
caseifici odierni sono stati notevolmente ristrutturati ed anche la qualità<br />
microbiologica <strong>del</strong> latte si è adeguata alla normativa vigente, superando<br />
quanto affermava Annibaldi con una efficace espressione: “l’affioramento<br />
è la salute <strong>del</strong> formaggio ma è la malattia <strong>del</strong> <strong>burro</strong>”.<br />
Dopo periodi in cui abbiamo assistito quasi ad un ostracismo nei confronti<br />
di questo prodotto, oggi il <strong>burro</strong> torna di attualità, come dimostra anche la<br />
presenza, in punti vendita di specialità alimentari a New York o Tokyo, <strong>del</strong><br />
prodotto ottenuto nei nostri caseifici . Questo dimostra come sia possibile<br />
ricercare nicchie di penetrazione in mercati di alto profilo, a condizione<br />
che siano valorizzate, oltre al legame col territorio, specifiche qualità<br />
<strong>del</strong> <strong>burro</strong>, derivanti ad esempio dalla alimentazione <strong>del</strong>le vacche e dalla<br />
assenza di additivi.<br />
Il tema <strong>del</strong>la valorizzazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> resta comunque di attualità e può<br />
essere affrontato adottando due schemi: la standardizzazione <strong>del</strong> prodotto<br />
orientato al mercato o la specificità. Se il primo aspetto è quello tipico<br />
<strong>del</strong>la grande industria lattiero-casearia mondiale, nell’Unione Europea<br />
alcuni hanno risposto a tale esigenza cercando una valorizzazione (ed<br />
una tutela) attraverso la DOP. E’ questo il caso di paesi a grande consumo<br />
di <strong>burro</strong> come la Francia, con il beurre d’Isigny (e la crema DOP d’Isigny),<br />
il beurre Charentes-Poitou, des Charentes, des Deux-Sèvres; il Belgio con<br />
il beurre d’Ardenne; il Lussemburgo col beurre rose du Grand Duché. Un<br />
caso originale è quello <strong>del</strong>la Spagna, paese <strong>del</strong>l’olio per antonomasia,<br />
con consumi di un terzo di quelli <strong>del</strong>l’Italia, che ha riconosciuto due<br />
burri con DOP: mantequilla de Soira e mantequilla de l’Alt Urgell y<br />
la Cerdanya. Per assicurare il valore dei componenti di questo nobile<br />
alimento, i disciplinari prevedono l’assenza di coloranti, antiossidanti o<br />
correttori di acidità e la pastorizzazione <strong>del</strong>le creme, elementi essenziali<br />
per differenziare un <strong>burro</strong> di qualità rispetto ad un prodotto generico.<br />
Riguardo l’anteriorità, fattore essenziale per giustificare l’ancoraggio di<br />
142
Leo Bertozzi, Consorzio <strong>del</strong> Formaggio Parmigiano-Reggiano<br />
un prodotto al territorio, queste indicazioni geografiche si sono sviluppate<br />
a partire dal XVIII secolo e più in generale fra la fine <strong>del</strong> 1800 e l’inizio<br />
<strong>del</strong> 1900, a seguito <strong>del</strong>la modifica <strong>del</strong>la fisionomia agricola dovuta alla<br />
diffusione <strong>del</strong>la fillossera.<br />
Nella nostra realtà non risulta che il <strong>burro</strong> prodotto nei caseifici <strong>del</strong><br />
comprensorio sia stato qualificato in passato con una denominazione<br />
tradizionale specifica; un richiamo compare sull’incarto e su scritte<br />
pubblicitarie di un prodotto <strong>del</strong>la Cremeria Emiliana di Cavriago<br />
(Burro Montano Reggiano e Parmigiano), ottenuto per centrifugazione,<br />
ma generalmente è stata utilizzata la dizione “<strong>burro</strong> di caseificio”.<br />
Eppure, documenti che testimoniano la pratica <strong>del</strong>l’affioramento <strong>del</strong> latte<br />
risalgono, secondo Zannoni, all’inizio <strong>del</strong> ‘600 e dunque la pratica <strong>del</strong>la<br />
burrificazione é da sempre affermata nel nostro comprensorio. Bisogna<br />
considerare come questo metodo di separazione <strong>del</strong> grasso era diffuso in<br />
Europa nella produzione dei formaggi a pasta cotta da latte di vacca, come<br />
testimoniano le bacinelle (ronds) utilizzate nella zona <strong>del</strong> Comté, <strong>del</strong> tutto<br />
simili alle nostre, ma negli altri paesi, dopo l’introduzione <strong>del</strong>le scrematrici<br />
meccaniche verso la fine <strong>del</strong> XIX secolo, la pratica <strong>del</strong>l’affioramento è<br />
andata riducendosi e permane in modo esteso solo in Italia. Il disciplinare<br />
<strong>del</strong> Parmigiano-Reggiano, che prevede come il latte debba essere<br />
“parzialmente scremato per affioramento naturale <strong>del</strong> grasso in vasche<br />
d’acciaio a cielo aperto” ne è la prova più eloquente. Con tale pratica si<br />
ottiene la maturazione <strong>del</strong> latte, l’eliminazione di gran parte <strong>del</strong>le spore<br />
di clostridi e la debatterizzazione <strong>del</strong> latte per cui costituisce ancora oggi<br />
una fase essenziale <strong>del</strong> ciclo produttivo <strong>del</strong> formaggio.<br />
In conclusione, il tema <strong>del</strong>la valorizzazione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> resta di attualità.<br />
Infatti, il miglioramento <strong>del</strong>le strutture e <strong>del</strong>le condizioni produttive<br />
permette oggi di avere un prodotto in grado di trovare spazio sui<br />
diversi mercati, valorizzando il legame col territorio e la sua naturalità.<br />
Se le tecniche produttive sono ormai acquisite, molto resta da fare per<br />
stabilire quali azioni di marketing adottare affinchè il <strong>burro</strong> ottenuto<br />
dalle panne di affioramento dei nostri caseifici non sia più considerato un<br />
prodotto secondario <strong>del</strong>la trasformazione casearia. Si tratta di sfruttare<br />
in modo adeguato gli elementi che sono insiti nel Parmigiano-Reggiano:<br />
alimentazione <strong>del</strong>le vacche, assenza di additivi o conservanti, stagionalità<br />
e, per ultimo ma non meno importante, una immagine unificante.<br />
143
144
Interventi programmati<br />
Emilio Braghin,<br />
Consorzio Granterre Sca<br />
Luciano Catellani,<br />
CVPARR<br />
Carlo Pontiroli,<br />
Responsabile Produzione e Controllo Qualità,<br />
Montanari & Gruzza S.P.A.<br />
Enrico Bussi,<br />
Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola,<br />
Parma.<br />
145
Emilio Braghin, Consorzio Granterre Scarl<br />
Ringrazio gli organizzatori per l’invito ricevuto alla partecipazione<br />
a questo interessantissimo seminario che tratta di un prodotto spesso<br />
bistrattato, come il <strong>burro</strong>.<br />
Rappresento l’Organizzazione Produttori Parmigiano-Reggiano e Burro<br />
Consorzio Granterre Scarl, riconosciuta dalla Regione Emilia Romagna:<br />
il nostro compito è quello di commercializzare e valorizzare al massimo i<br />
prodotti Parmigiano-Reggiano e Burro conferiti dai nostri soci.<br />
Il <strong>burro</strong> è un indicatore molto importante <strong>del</strong> mercato lattiero-caseario<br />
mondiale insieme alla polvere di latte scremato SMP. Essi rappresentano i<br />
riferimenti sia <strong>del</strong> prezzo, che <strong>del</strong>la quantità di latte prodotto in Europa e<br />
nel mondo, in quanto sono i prodotti, insieme ai formaggi, per trasferire il<br />
latte anche a lunghe distanze e stoccarlo per periodi medio-lunghi.<br />
Il <strong>burro</strong>, che è la parte grassa <strong>del</strong> latte, viene ottenuto principalmente nel<br />
mondo per scrematura <strong>del</strong> latte attraverso la centrifugazione, mentre la<br />
parte magra viene poi polverizzata.<br />
Nell’ambito Italiano, il <strong>burro</strong> si ottiene principalmente dalla trasformazione<br />
<strong>del</strong> latte nei formaggi Parmigiano-Reggiano e Grana Padano, diventando<br />
un loro co-prodotto attraverso l’affioramento <strong>del</strong> latte in bacinelle a<br />
cielo aperto per il Parmigiano-Reggiano o in torri di affioramento nel<br />
Grana Padano, integrato con il grasso ottenuto dalla centrifugazione<br />
<strong>del</strong> siero dopo l’estrazione <strong>del</strong>le forme di formaggio. Le due procedure<br />
di separazione <strong>del</strong>la parte grassa <strong>del</strong> latte, per centrifugazione e per<br />
affioramento, ottengono due prodotti con caratteristiche diverse: infatti le<br />
creme ottenute per centrifugazione in Italia vengono usate principalmente<br />
per altri usi diversi dal <strong>burro</strong>, come panna da cucina, panna da dolci,<br />
mascarpone e altri, mentre le panne di affioramento principalmente per<br />
il <strong>burro</strong>.<br />
Il Burro, come evidenziato nelle relazioni precedentemente ascoltate, ha<br />
proprietà indiscutibili e mi fa molto piacere che siano emerse in modo<br />
chiaro, infatti il <strong>burro</strong> è uno degli alimenti più salubri al mondo e che la<br />
<strong>storia</strong> certifica. Crea problemi solamente, come accade per molti alimenti,<br />
se si abusa nel consumo.<br />
Per valorizzare tale prodotto è bene conoscere al meglio le caratteristiche<br />
positive e legarlo se possibile al territorio attraverso una D.O.P. o una<br />
I.G.P., procedura complessa, che stiamo tentando di promuovere insieme<br />
al Consorzio Parmigiano-Reggiano e alla Regione Emilia Romagna.<br />
Se non si ottiene ciò è assolutamente vietato indicare sugli incarti<br />
“Parmigiano-Reggiano” come provenienza.<br />
146
Il mercato mondiale <strong>del</strong> latte, come già detto, è influenzato dalla<br />
produzione di <strong>burro</strong> in maniera assoluta e questo viene stoccato, quando<br />
se ne produce in eccesso, attraverso l’ammasso pubblico e privato,<br />
sovvenzionato dalla CE per mantenere l’equilibrio <strong>del</strong> prezzo sul mercato.<br />
Tale procedura è fondamentale per i paesi europei, tanto che questo<br />
contributo viene richiesto anche per il latte in polvere all’interno <strong>del</strong>la<br />
PAC come rete di sicurezza in caso di crisi, in sostituzione <strong>del</strong>le Quote<br />
Latte. Tale operazione in passato non è risultata sufficiente, tanto che<br />
nel 1982/83 sono state istituite le quote latte per ridurre gli eccessi di<br />
stoccaggio <strong>del</strong> latte in polvere e <strong>del</strong> <strong>burro</strong>.<br />
Per l’Italia, essendo un paese deficitario di prodotti lettiero-caseari,<br />
l’ammasso pubblico e privato <strong>del</strong> <strong>burro</strong> è quasi nullo, pertanto ininfluente<br />
ai fini dei produttori di latte italiani, mentre le posizioni molto importanti<br />
che stiamo cercando di sostenere a livello nazionale e Comunitario, sono<br />
la possibilità di poter programmare la produzione all’interno <strong>del</strong>le D.O.P.<br />
per migliorare e garantire uno standard qualitativo alto per i consumatori<br />
e l’obbligo di dichiarare in etichetta la provenienza <strong>del</strong> latte con il quale<br />
viene ottenuto il prodotto lattiero-caseario. Questo per rendere il più<br />
trasparente possibile la provenienza e dare la possibilità al consumatore<br />
di scegliere ciò che acquista e consuma.<br />
147<br />
Emilio Braghin, Consorzio Granterre Scarl
Luciano Catellani, CVPARR<br />
Sono molto felice di aver partecipato a questo convegno perché i risultati<br />
<strong>del</strong>le relazioni confermano che il lavoro svolto con la razza reggiana è<br />
stato profi cuo.<br />
Aver creato negli anni passati un regolamento che prevede non solo l’utilizzo<br />
di mangime OGM FREE ma anche l’utilizzo <strong>del</strong>l’erba nell’alimentazione<br />
di questi bovini e che favorisce un aumento considerevole degli omega 3<br />
e C.L.A nel grasso <strong>del</strong> latte, ci permette di dire che i nostri prodotti danno<br />
migliori garanzie per i consumatori, rispetto ad altri.<br />
Gli acidi grassi essenziali, come è stato illustrato nelle relazioni precedenti,<br />
hanno <strong>del</strong>le caratteristiche importanti da un punto di vista salutistico e<br />
nutrizionale.<br />
La razza reggiana è una razza antica, ma molto moderna. Il fatto di<br />
non aver ceduto alle lusinghe <strong>del</strong>l’Unifeed, che avrebbe certamente fatto<br />
aumentare le produzioni dei nostri animali, ma che da un punto di vista<br />
qualitativo avrebbe peggiorato i nostri prodotti e la possibilità poi di<br />
inserire il lino nella razione invernale, ci permette di avere tutto l’anno<br />
sia il <strong>burro</strong> che il formaggio con percentuali elevate di omega 3 e CLA.<br />
La sperimentazione fatta nei nostri allevamenti nel periodo invernale ci ha<br />
dato anche la sensazione di un aumento <strong>del</strong> benessere animale, in quanto<br />
da un punto di vista visivo, le vacche presentavano un pelo più lucido e un<br />
aspetto generale migliore.<br />
Ritengo che negli anni passati nel comprensorio <strong>del</strong> Parmigiano Reggiano,<br />
si siano fatte <strong>del</strong>le scelte sbagliate sull’alimentazione <strong>del</strong>le bovine, che<br />
hanno determinato <strong>del</strong>le differenzazioni molto basse rispetto ad altri<br />
grana, con risvolti commerciali e di immagine negativi e poco distintivi<br />
Concludo dicendo che la strada indicataci dai relatori è ben chiara e noi<br />
con la rossa reggiana la seguiremo, cercando sempre di migliorare le<br />
qualità <strong>del</strong>le nostre produzioni, a vantaggio dei consumatori, solo cosi si<br />
fa mercato, immagine e comunicazione.<br />
Un ringraziamento particolare va da parte nostra al Prof. Losi e ai suoi<br />
collaboratori per l’impegno e la dedizione profusi per questa ricerca che<br />
ha dimostrato ancora una volta che le nostre scelte guardano lontano. A<br />
loro saremo per sempre grati.<br />
148
Carlo Pontiroli, Responsabile Produzione e Controllo Qualità, Montanari & Gruzza S.P.A.<br />
In merito al quesito se è possibile o meno produrre un <strong>burro</strong> dop da panne<br />
derivanti la lavorazione <strong>del</strong> parmigiano reggiano aventi caratteristiche<br />
tali da renderlo migliori degli altri burri,per contenuto in cla,mi sento di<br />
fare alcune considerazioni.<br />
Come abbiamo visto dalle ricerche portate avanti dal professor Losi e dai<br />
suoi collaboratori,per avere un contenuto alto di CLA nel <strong>burro</strong> bisogna<br />
alimentare la bovine con foraggio verde e/o aggiungere alla razione<br />
un certo quantitativo di farina di lino estruso,altrimenti il contenuto in cla<br />
diventa simile a tutti gli altri burri in commercio.<br />
Peccato che negli ultimi tempi, nel comprensorio <strong>del</strong> parmigiano sia<br />
andata prendendo piede sempre di più l’alimentazione a secco per<br />
tutto l’anno,non da ultimo ha infl uito anche l’approvazione da parte<br />
<strong>del</strong> consorzio <strong>del</strong> “carro” come metodo di alimentazione,quindi si sta<br />
andando esattamente nella direzione opposta.<br />
Per ottenere un <strong>burro</strong> ad elevato contenuto di cla bisognerebbe che il<br />
consorzio imponesse a tutti gli allevatori <strong>del</strong> comprensorio per tutto l’anno<br />
di aggiungere alla loro razione il quantitativo necessario di farina di lino<br />
estruso per compensare la carenza di foraggio verde.dato che non credo<br />
che il consorzio sia interessato ad un operazione simile,il <strong>burro</strong> ottenuto<br />
dalla lavorazione di tali creme non potrà avere in futuro un contenuto alto<br />
in CLA.<br />
Un altro aspetto che mi preme sottolineare è che fi nora il consorzio ha<br />
impedito che si potesse legare il nome parmigiano reggiano al <strong>burro</strong><br />
prodotto con le creme derivanti dalla sua lavorazione.<br />
Infatti se un’azienda appone sulla sua etichetta la dicitura”<strong>burro</strong> ottenuto<br />
dalla lavorazione <strong>del</strong>le creme raccolta nella zona di produzione <strong>del</strong><br />
parmigiano-reggiano”, o similari, si incorre in sanzioni da parte <strong>del</strong><br />
consorzio e nel sequestro degli incarti,per cui anche sotto questo aspetto<br />
bisogna cambiare molto da un punto di vista <strong>del</strong>la mentalità e <strong>del</strong>la volontà<br />
di voler veramente valorizzare il prodotto <strong>burro</strong> e non come è stato fatto<br />
fi nora relegandolo al ruolo di sottoprodotto o poco più.<br />
Per questi motivi la mia risposta al quesito iniziale è senz’altro negativa<br />
al permanere <strong>del</strong>le condizioni tecniche,politiche ed economiche attuali.<br />
149
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
Il Convegno si colloca in un momento adatto per esprimere alcune<br />
considerazioni.<br />
In retrospettiva, sulla presenza a Reggio Emilia <strong>del</strong> Corso di Laurea in<br />
Scienze <strong>del</strong>la Produzione Animale. I suoi ricercatori hanno illustrato<br />
ricerche approfondite e contribuiscono a sperare in un sano ripensamento<br />
degli orientamenti <strong>del</strong>l’Università di Bologna per tenerlo in quest’area.<br />
In prospettiva, sull’azione da svolgere per rendere più trasparenti le fi liere<br />
agroalimentari e assicurare la sopravvivenza <strong>del</strong>la cultura contadina.<br />
L’Unione Europea si sta orientando a fare propri questi due obiettivi,<br />
pertanto la realtà locale verrà stimolata a superare il condizionamento<br />
esercitato dagli stili diffusi negli ultimi tempi nel consumo e nella produzione<br />
di alimenti.<br />
Il Corso di Laurea si insedia a Reggio all’inizio degli anni ’70<br />
quando si apre un’importante stagione per attivare una politica per<br />
l’agricoltura e per la trasformazione alimentare mirata alla realtà locale.<br />
Nella CEE i Regolamenti approvati nel 1968 hanno messo in funzione le<br />
Organizzazioni Comuni di Mercato - tra le quali l’imponente OCM per<br />
il settore lattiero caseario - e le Direttive strutturali hanno impegnato gli<br />
Stati a sostenere le aziende agricole in modo omogeneo. In Italia inizia<br />
l’esperienza <strong>del</strong>le Regioni cui vengono affi date competenze per l’agricoltura<br />
e si giunge a varare un Piano Agricolo Nazionale sotto la regia <strong>del</strong> Ministero<br />
<strong>del</strong>l’Agricoltura. La Provincia, la Camera di Commercio, il Comune di<br />
Reggio Emilia avviano il consorzio CRPA per realizzare sperimentazioni<br />
e servizi rivolte alle due condizioni più importanti <strong>del</strong>l’agricoltura<br />
locale: il cambiamento epocale nelle produzioni zootecniche, nelle<br />
trasformazioni <strong>del</strong> latte e <strong>del</strong>le carni, nella commercializzazione dei<br />
prodotti, il radicamento profondo <strong>del</strong>le produzioni di alimenti di origine<br />
animale nelle caratteristiche <strong>del</strong>l’ambiente, nella <strong>storia</strong> economica e nelle<br />
tradizioni alimentari.<br />
In quel quadro diventa possibile ottenere un avvicinamento degli studi<br />
universitari e rivolgere importanti programmi di ricerca incentrati sui<br />
processi di produzione che prendono origine dai terreni, dalle colture<br />
foraggere, dalle razze locali per arrivare al formaggio tipico, al <strong>burro</strong><br />
e ai suini allevati con siero per rifornire l’ampia e apprezzata gamma<br />
<strong>del</strong>la salumeria tradizionale. Le proposte <strong>del</strong>le istituzioni scientifi che si<br />
combinano con le richieste dei produttori e con le politiche agricole.<br />
150
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
Non è facile, ma per mezzo <strong>del</strong> CRPA si tenta di stabilire un più solido<br />
collegamento tra le scelte nella ricerca, nei servizi associativi e negli<br />
interventi pubblici. Si arriva a un discreto livello di condivisione <strong>del</strong><br />
bisogno di favorire l’introduzione di innovazioni coerenti in campagna,<br />
nell’allevamento, nella trasformazione. I progetti di ricerca comprendono<br />
competenze che vanno dalla genetica all’agronomia, alla meccanica, dalla<br />
zootecnia, alle industrie alimentari, dall’impiantistica, alle costruzioni,<br />
alla gestione dei sottoprodotti, dalla gestione aziendale al mercato…<br />
In un clima nuovo e attraversando contrapposizioni accanite si riesce a<br />
decidere di impiantare molte prove in pieno campo. Per il settore oggetto <strong>del</strong><br />
convegno di oggi, si concretizza la possibilità di quantifi care le differenze<br />
nella caseifi cazione <strong>del</strong> latte che deriva dalle vacche locali e da quelle<br />
importate. La collaborazione interdisciplinare tra i Professori Giuseppe<br />
Losi, Primo Mariani, Vincenzo Russo e loro collaboratori <strong>del</strong>le Università<br />
di Bologna e Parma permette di giungere a risultati di importanza storica<br />
sulle interazioni tra razze bovine, varianti genetiche <strong>del</strong>le proteine <strong>del</strong><br />
latte, tecniche di trasformazione e caratteristiche <strong>del</strong> formaggio.<br />
A distanza di 40 anni una verifi ca analoga è stata ripresa con<br />
la sperimentazione condotta da Losi e collaboratori - sostenuta dal<br />
Consorzio di Tutela <strong>del</strong> formaggio Parmigiano Reggiano - per individuare<br />
le caratteristiche particolari <strong>del</strong> <strong>burro</strong> ottenuto da latte di vacche alimentate<br />
con diversi tipi di foraggio.<br />
Si può dire che i risultati <strong>del</strong>le ricerca presentati in questa sede completano<br />
una gamma di conoscenze che conferma la validità <strong>del</strong>l’impostazione<br />
produttiva consolidata in questa zona negli ultimi 150 anni. Infatti essa si<br />
consolida in seguito alla grande crisi <strong>del</strong> mercato dei cereali avvenuta nella<br />
seconda metà <strong>del</strong> 1800. Ne deriva la spinta ad aumentare la praticoltura<br />
e l’allevamento <strong>del</strong>le vacche autoctone, la rossa Reggiana, la bianca<br />
Carpigiana, Modenese e la grigia Montanara (da tempo scomparsa) per<br />
produrre latte da trasformare in <strong>burro</strong> e formaggio (in seguito denominato<br />
Parmigiano Reggiano). Di conseguenza si afferma il suino da casello con<br />
l’introduzione dei tipi genetici che permettono di raggiungere le maggiori<br />
dimensioni per meglio utilizzare il siero e valorizzare il sottoprodotto<br />
<strong>del</strong> latte con i salumi di alta qualità (in seguito denominati Prosciutto<br />
di Parma, Culatello di Zibello, Prosciutto di Modena, Salame di Felino,<br />
Coppa di Parma, ecc.). In quell’epoca le esigenze alimentari impongono<br />
151
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
di aumentare il consumo di calorie, il <strong>burro</strong> vale più <strong>del</strong> formaggio e<br />
la parte grassa vale più <strong>del</strong>la parte magra <strong>del</strong> maiale. Una gerarchia<br />
tra alimenti che viene rovesciata solo nell’ultimo dopoguerra in seguito<br />
all’industrializzazione <strong>del</strong> paese, alla meccanizzazione, alla disponibilità<br />
di energia fossile a basso costo.<br />
Per il futuro, facendo tesoro <strong>del</strong>le varie esperienze fatte durante<br />
i cambiamenti avvenuti, siamo in grado di constatare che l’impianto<br />
agricolo-alimentare originario è in grado di mantenere:<br />
• la validità di un indirizzo zootecnico che consente di ricavare foraggio<br />
da terre diffi cili e di reggere la competizione con zone più vocate e<br />
con allevamenti impostati per ottenere la maggiore quantità di latte per<br />
vacca nell’anno<br />
• la tenuta <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong> Parmigiano Reggiano imperniato su centinaia<br />
di piccoli caseifi ci (cooperativi, artigianali, aziendali), dato che il<br />
processo artigianale tradizionale remunera il latte trasformato a un<br />
prezzo più alto rispetto ai processi industriali, mantiene una preziosa<br />
gamma di differenze qualitative, evitando così la standardizzazione e<br />
la fi ne <strong>del</strong> prodotto tipico<br />
• il livello di eccellenza che il mercato riconosce al formaggio prodotto<br />
con il latte <strong>del</strong>le vacche di razza autoctona<br />
• un collegamento più stretto tra i suini alimentati con siero di latte e<br />
i salumi ricavati allo fi ne di differenziare ulteriormente i prodotti sui<br />
mercati<br />
• la produzione <strong>del</strong> <strong>burro</strong> all’interno <strong>del</strong> Comprensorio per esaltare le<br />
caratteristiche peculiari <strong>del</strong> prodotto ottenuto dal latte <strong>del</strong>le vacche<br />
alimentate con foraggio di prato, come dimostrano le ricerche condotte<br />
negli ultimi anni e i risultati presentati nel Convegno.<br />
Le ricerche forniscono elementi probanti e sempre più sottolineano il<br />
valore <strong>del</strong>le conoscenze empiriche - praticate da generazioni di operatori<br />
e di esperti - e spiegano in quali modi è stato possibile:<br />
• valorizzare le terre in destra Po <strong>del</strong> tutto differenti da quelle presenti in<br />
sinistra Po e nei Paesi <strong>del</strong> nord Europa<br />
• fornire al consumatore degli alimenti con solidi requisiti per la<br />
sicurezza alimentare, il valore nutritivo, assieme alle rinomate qualità<br />
organolettiche<br />
• riconoscere al campo, alla stalla e al caseifi cio la più alta quota <strong>del</strong><br />
valore fi nale raggiunto dall’alimento al termine <strong>del</strong>la fi liera.<br />
Le conoscenze remote e quelle più <strong>recenti</strong> portano a fare tre valutazioni.<br />
152
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
È importante riconoscere gli errori commessi dato che si sono<br />
esauriti tre tipi di ammortizzatori che hanno assorbito i danni. La riserva di<br />
contadini, casari, norcini, dettaglianti si trova agli sgoccioli. Non ci sono<br />
le disponibilità per ripetere l’investimento destinato in 50 anni a costruire<br />
allevamenti di grandi dimensioni che sono falliti nella forma cooperativa<br />
sovvenzionata negli anni passati e si dimostrano sempre più vulnerabili<br />
nell’azienda industriale diffusa in tempi <strong>recenti</strong>. L’occasione fornita dal<br />
regime comunitario di mercato amministrato per il latte e derivati è stata<br />
vanifi cata da 25 anni di liti tra organizzazioni sulle quote latte e dagli<br />
spropositi dei cultori <strong>del</strong>la “libertà di spingere” senza limiti lo sfruttamento<br />
di piante, animali e consumatori rompendo ogni equilibrio nel micro e nel<br />
macroambiente. Soprattutto in una sede di studi come questa dobbiamo<br />
essere capaci di riconoscere che le innovazioni imitate ciecamente dalle<br />
altre zone non hanno rafforzato il sistema agroalimentare presente in<br />
questa zona e in generale hanno reso l’intero Paese più povero di risorse<br />
e dipendente da importazioni di formaggi, creme, carni bovine e suine,<br />
cereali e loro derivati.<br />
La Baviera è più vicina dato che questa regione europea, con<br />
elevato tenore di vita, non esporta solo prodotti di un’industria avanzata<br />
(meccanica, chimica, aerospaziale, ecc.), aumenta anche l’esportazione<br />
di prodotti agricoli ricavati da un territorio popolato più intensamente di<br />
quello <strong>del</strong>la pianura padana. E’ di importanza decisiva andare a veder<br />
quali sono le scelte corrette che hanno consentito di rendere competitivo il<br />
versante nord <strong>del</strong>l’arco alpino, valorizzando un ambiente meno favorito<br />
per ottenere ed esportare verso l’Italia prodotti di buona qualità: latte,<br />
latticini e carne bovina, carne suina e salumi, fi umi di birra ricavata da<br />
cereali e luppolo (domani anche il lambrusco dalle colline vitate lungo il<br />
Meno).<br />
La Baviera (come l’Austria) riceve il nostro turismo attratto da un paesaggio ben<br />
curato e da un’accoglienza conveniente. Con servizi effi cienti ha rafforzato<br />
una rete omogenea di allevamenti - non si discostano dalla media di 33<br />
vacche e di 150 maiali.-.che si sottrae ai rischi <strong>del</strong> mercato dei mangimi,<br />
utilizza il potere concimante ed energetico <strong>del</strong>le deiezioni, limita l’impiego dei<br />
prodotti chimici, genera energia da fonti rinnovabili. Ha creato un’economia<br />
agricola più avanzata <strong>del</strong>la nostra senza particolari sovvenzioni, ha evitato di<br />
sprecare i suoli con l’estensione disordinata degli usi non agricoli, ha diffuso<br />
innovazioni tecnologiche ben mirata, ha prevenuto le diseconomie alla lunga<br />
insostenibili per l’impresa e la collettività.<br />
153
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
Concezioni sbagliate si sono affermate dalle nostre parti e hanno<br />
ritenuto risibile quella struttura <strong>del</strong>l’allevamento bavarese, invece si è<br />
rivelata vincente dopo che la competizione è diventata più diffi cile. La<br />
sua effi cienza consiste nel consentire l’impiego ottimale dei foraggi<br />
aziendali, nell’evitare lo sfruttamento <strong>del</strong>le coltivazioni e degli animali, nel<br />
valorizzare l’apporto di lavoro part-time di tutti i membri <strong>del</strong>la famiglia,<br />
nel premiare la qualità che sorregge i prodotti sul mercato. Inoltre si giova<br />
<strong>del</strong>la vitalità dei villaggi all’interno <strong>del</strong> territorio rurale dove i mestieri<br />
differenti si possono integrare e il turismo enogastronomico aggiunge un<br />
contributo sempre più incisivo.<br />
Il sistema bavarese assomiglia, per alcuni aspetti, a quello costruito dalle<br />
generazioni precedenti nel Comprensorio <strong>del</strong> Parmigiano Reggiano con<br />
la rete di stalle e caseifi ci, la qualità <strong>del</strong> <strong>burro</strong>, <strong>del</strong> formaggio e <strong>del</strong>le carni.<br />
Purtroppo nel nostro caso ha pesato la tendenza a non ritenere validi gli<br />
elementi che hanno dato continuità al mo<strong>del</strong>lo locale e a inseguire degli<br />
esempi esterni che si sono rivelati controproducenti.<br />
Abbiamo bisogno <strong>del</strong>la ricerca per fare un bilancio uffi ciale<br />
<strong>del</strong>l’insieme dei costi provocato dal fallimento <strong>del</strong>le stalle di grandi<br />
dimensioni, dall’espulsione <strong>del</strong>l’agricoltura da molte aree di pianura e di<br />
montagna, dalla separazione <strong>del</strong> caseifi cio dal burrifi cio, dalla proiezione<br />
<strong>del</strong>la suinicoltura verso una dimensione svincolata dalle superfi ci coltivate<br />
e così via.<br />
L’Università può fornire un aiuto decisivo per evitare la scomparsa di<br />
una base produttiva e alimentare, rendendo consapevole l’intera società<br />
dei pericoli gravi che derivano dalla fi ne <strong>del</strong>la presenza contadina,<br />
<strong>del</strong>l’artigianato alimentare e <strong>del</strong>la distribuzione tradizionale. Le ricerche<br />
condotte sulle interazioni tra foraggio di prato e vacche da erba, tra<br />
grasso <strong>del</strong> latte e caratteristiche <strong>del</strong> <strong>burro</strong> mettono in risalto, non solo<br />
una bontà alimentare facoltativa, ma anche il nesso imprescindibile tra<br />
la salute <strong>umana</strong> e la scelta <strong>del</strong>le tecniche produttive. Di fronte ai nuovi<br />
cambiamenti si avverte sempre di più il bisogno di una sede di formazione<br />
rivolta ad arricchire le conoscenze sui sistemi per ricavare alimenti e a<br />
sviluppare l’educazione alimentare. Con questo apporto diventa possibile<br />
controbilanciare la promozione pubblicitaria che aumenta l’ignoranza ed<br />
esalta il consumo di alimenti con qualità decrescenti sino a creare pericoli<br />
per la salute <strong>del</strong>le nuove generazioni.<br />
I risultati raggiunti con le approfondite ricerche sul <strong>burro</strong> aiutano a<br />
154
Enrico Bussi, Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola, Parma.<br />
confi dare nella diffusione di una cultura adeguata e per questa via si può<br />
riuscire a contrastare le forme di decadenza <strong>del</strong>la nostra società che si<br />
manifestano con l’aumento <strong>del</strong>l’obesità infantile o con l’industrializzazione<br />
nel sistema <strong>del</strong> Parmigiano Reggiano, entrambi i fenomeni provocano,<br />
in modi diversi, danni irreversibili per il singolo individuo e per l’intera<br />
società.<br />
la diffusione di una cultura adeguata riesca a contrastare sia l’aumento<br />
<strong>del</strong>l’obesità infantile, sia l’industrializzazione nel sistema <strong>del</strong> Parmigiano<br />
Reggiano poiché entrambi i fenomeni provocano, in modi diversi, dei<br />
danni irreversibili per il singolo individuo e per l’intera società.<br />
155
Stampato da<br />
Dicembre 2010
Consorzio <strong>del</strong> Formaggio Parmigiano-Reggiano<br />
Via Kennedy 18 - 42124 Reggio Emilia<br />
Tel. +39 0522 307741 - Fax +39 0522 307748<br />
www.parmigiano-reggiano.it