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free | anno nono | numero sessantanove | novembre ... - Il Mattino

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76 talenthunter<br />

a cura di daniele perra<br />

DANIELE MArZorATI<br />

Che libri hai letto di recente?<br />

Sto per finire La somiglianza per<br />

contatto di Georges Didi-Huberman,<br />

prima La piega. Leibniz e il barocco<br />

di Gilles Deleuze, e una breve storia<br />

di José Saramago, <strong>Il</strong> racconto dell’isola<br />

sconosciuta, che ho riletto più<br />

e più volte.<br />

Che musica ascolti?<br />

De Andrè, Afterhours, comunque dipende<br />

dalla giornata.<br />

Città che consiglieresti di visitare<br />

e perché.<br />

Bucarest. È una città che non si può<br />

immaginare, da 5 anni la rivisito di<br />

continuo e paradossalmente è tanto<br />

assordante da azzittirti. Tutti i miei<br />

istinti per potervi produrre un lavoro,<br />

lì sono bloccati.<br />

I luoghi che ti h<strong>anno</strong> particolarmente<br />

affascinato.<br />

Tutti i posti che mi ritornano in mente<br />

h<strong>anno</strong> a che fare con l’altitudine o, se<br />

vogliamo ribaltare la faccenda, con<br />

una sorta di diminuzione della gravità.<br />

La funivia che percorre un intero<br />

ghiacciaio a 4.000 metri. Un giorno<br />

Classe 1988, sta terminando il triennio alla NABA di Milano e di recente ha preso parte a un workshop<br />

alla XIV Biennale Internazionale di Scultura a Carrara, tenuto dall’artista polacco Grzegorz Kowalski.<br />

Leggerezza e pesantezza, interno ed esterno: sono questi gli elementi su cui ruota la sua ricerca artistica.<br />

Daniele Marzorati realizza performance, che documenta con brevi filmati, e studi pittorici sulle pagine di<br />

piccoli diari, che con la materialità della pittura acquistano tridimensionalità. Ma la forza del suo lavoro<br />

va verso una direzione: la scultura. Senza confini, perché oggi “non h<strong>anno</strong> motivo d’essere”...<br />

Io non vivo mai negli spazi antropologici - 2009 - performance<br />

lo vorrei percorrere a piedi, intorno<br />

non c’è nulla, e il ghiaccio a volte è<br />

fragile.<br />

Le pellicole che hai amato di più.<br />

Quelle di Antonioni sono terrificanti,<br />

nel senso buono! Se rivedi i suoi<br />

film mille e mille volte non finisci mai<br />

d’imparare, Deserto rosso su tutti.<br />

Mi piace il modo con cui si astraeva<br />

e faceva funzionare il “meccanismo<br />

film”, così, da solo, un po’ come il<br />

pensiero di Boetti.<br />

Le mostre visitate che ti h<strong>anno</strong> lasciato<br />

un segno.<br />

Nel 2004 Joan Miró, Alchimista del<br />

segno a Como forse mi ha avvicinato<br />

ai primi disegni. Poi la collezione della<br />

Fondazione Beyeler a Basilea, Gianni<br />

Colombo al Castello di Rivoli, alcune<br />

sezioni della Biennale a Carrara e il<br />

Maxxi a Roma.<br />

Gli artisti del passato per i quali<br />

nutri interesse.<br />

Pontormo, Auguste Rodin, Jean-<br />

Auguste-Dominique Ingres, Peter<br />

Paul Rubens, Giovanni e Nicola Pisano,<br />

Constantin Brancusi, Medar-<br />

do Rosso, Joseph Beuys, Gino de<br />

Dominicis, Robert Rauschenberg,<br />

Sol LeWitt, Giuseppe Penone, Neo<br />

Rauch... insomma, troppi per scrivere<br />

un elenco finito.<br />

E i giovani a cui ti senti vicino, artisticamente<br />

parlando?<br />

È da un po’ di tempo che m’interessa<br />

il lavoro di Giuseppe Gabellone, prima<br />

di lui alcuni lavori di Christian Frosi,<br />

poi di Tomas Saraceno, Thomas Houseago,<br />

Marco Bongiorni...<br />

Che formazione hai?<br />

Liceo artistico, ora sto per finire il<br />

triennio in Pittura e Arti visive alla<br />

NABA di Milano.<br />

Hai seguito un workshop con l’artista<br />

polacco Grzegorz Kowalski.<br />

Cosa ricordi di quest’esperienza?<br />

Carrara porta da sola un’energia in<br />

sé, nella montagna di marmo. Lì si<br />

crea un vuoto che è già scultura. Di<br />

Grzegorz Kowalski, la sua clinicità e<br />

la pulizia di pensiero limata da orpelli<br />

inutili. È stato un vero confronto<br />

aperto a tutto e tutti, reale democrazia.<br />

Le tue opere sembrano essere accomunate<br />

da un binomio costante<br />

ma allo stesso tempo contrastante:<br />

leggerezza e pesantezza, interno<br />

ed esterno. Penso alla scultura<br />

con le pietre e la scansione di una<br />

di queste o al lavoro fotografico<br />

con la scorza di mandarino. Ti ritrovi<br />

in questa mia lettura?<br />

M’interessa molto il limite delle cose,<br />

che sia superficie o meno non capisco<br />

mai fin dove esistono. Se dico:<br />

interno /esterno è già sufficiente a<br />

mettere in dubbio il mio pensiero, la<br />

mia posizione. La domanda successiva<br />

è: allora dove terminano questi<br />

due? Ecco perciò la mia attenzione<br />

per una sorta di formazione del pensiero<br />

come relazione nello spazio,<br />

che non si identifica mai definitivamente.<br />

L’idea poi di ribaltare le cose<br />

è costante o, meglio, d’avere uno<br />

sguardo, un sotto-sopra, una linea<br />

d’orizzonte che appartiene a chissà<br />

quale dei due lati. È inutile oggi delimitare<br />

dei confini, non h<strong>anno</strong> motivo<br />

d’essere.<br />

Hai realizzato due performance<br />

fatte di gesti semplici. In un caso<br />

la performance si è trasformata<br />

in un’immagine fotografica come<br />

in laltrapartedelcielo, in altri casi<br />

le hai riprese, al solo scopo di documentazione,<br />

con brevi filmati.<br />

Da cosa nascono le tue azioni?<br />

Una premessa m’impone la performance<br />

come interessante, solo se<br />

non risulta teatrale. Penso dunque<br />

alle mie come a “sculture globali”,<br />

minime certamente e che lavorano<br />

con una loro ripetitività, producendo<br />

la possibilità di uno sguardo distante.<br />

Da dove nascono in realtà non lo<br />

capisco, ritengo essenziale non concepirle<br />

come gesti, in esse non voglio<br />

entri in azione un’emotività aliena.<br />

So che potrebbero essere eseguite<br />

da tutti, un’ulteriore forma di calco<br />

sempre differente; di queste ritengo<br />

importante che formino appunto una<br />

“scultura del pensiero”, non fisica, e<br />

che lavorino nello spazio, inteso non<br />

come luogo cartografico, piuttosto<br />

come posizione senza riferimenti,<br />

smontabile e ricomponibile.<br />

Hai raccolto sulle pagine di piccoli<br />

diari alcune pitture che “parlano”<br />

di scultura. Le consideri studi preparatori?<br />

Che rapporto hai con il<br />

mezzo pittorico?<br />

Non li considero studi preparatori,<br />

esistono come studi e basta. Questi<br />

formano delle specie di assimilazioni.<br />

Ecco perché h<strong>anno</strong> la forma del<br />

diario, contengono una continuità, a<br />

rimarcare una fissità come insistenza<br />

lavorativa, consumativa. Scorso<br />

dunque tutto il libretto, se ipoteticamente<br />

cucissi i disegni intorno a un<br />

cilindro, ruotandovi attorno potrei<br />

ottenere una sorta di scultura piana,<br />

come fosse costruita da tantissime<br />

fotografie di particolari, una vicina<br />

all’altra. Un giorno “sfogliavo” Bacon:<br />

trovo interessantissimo il suo<br />

processo, la moltitudine di pagine<br />

strappate, cancellate e piegate su<br />

cui interveniva in diversi modi, quasi<br />

ad attaccare la materia, intuendola<br />

in modo differente.<br />

Stai lavorando con la fotografia.<br />

Cosa ti interessa di quel mezzo?<br />

La fotografia è un mezzo straordinario<br />

già di per sé. Esiste prima d’essere<br />

prodotta. Mi dà la possibilità<br />

di mantenermi rigido rispetto a ciò<br />

che mi si presenta, ed è il metodo<br />

di partenza per la comprensione del<br />

segno pittorico. È un lavoro mentale:<br />

la si deve scattare per ottenere<br />

sostanzialmente un’incisione che<br />

rimanga visibile, ma in realtà sarà<br />

totalmente differente da come ci si<br />

presenta nell’obiettivo. Proprio in<br />

quel motivo si gioca la possibilità di<br />

questo mezzo: costituisce un’altra<br />

evenienza dello sguardo, disambiguo<br />

e con una straordinaria “dislessia” in<br />

se stesso.

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