free | anno nono | numero sessantanove | novembre ... - Il Mattino
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voglia di epica<br />
Signori, è ufficiale. Abbiamo la prima<br />
opera della “nuova epica” anche<br />
in campo visivo. Ovviamente non è<br />
venuta fuori dall’arte contemporanea<br />
(e come potrebbe essere altrimenti,<br />
nelle condizioni attuali, anche e soprattutto<br />
italiane?). Si tratta invece<br />
del cortometraggio fantascientifico<br />
2081 (2009) di Chandler Tuttle,<br />
basato sul racconto Harrison Bergeron<br />
(1961) di Kurt Vonnegut. Ambientato<br />
in una società - naturalmente<br />
- distopica, in cui l’eccezionalità<br />
atletica e intellettuale viene annichilita<br />
a vantaggio dell’universale mediocrità,<br />
dell’egualitarismo al ribasso.<br />
Harrison è l’eroe neo-romantico della<br />
riscossa creativa, di un’attitudine finalmente<br />
eroica e anti-conformista.<br />
Pur con tutta la rozzezza concettuale<br />
e le ingenuità artistiche di un giovane<br />
autore americano alle prese con<br />
questi argomenti, l’opera registra<br />
efficacemente il mutamento di un clima<br />
culturale, di un’atmosfera, di un<br />
atteggiamento diffuso. La rinascita di<br />
un’esigenza.<br />
In musica - senza dimenticare il discorso<br />
unico che st<strong>anno</strong> portando<br />
avanti da più di dieci anni i Sigur<br />
Rós, all’insegna di un efficace emotional<br />
ambient - il nuovo respiro epico<br />
caratterizza le ricerche di gruppi<br />
“primitivi” già nei nomi che si sono<br />
dati, come Mastodon, Baroness,<br />
Torch, e poi Down, Isis, Neurosis.<br />
E ancora, su un versante più riflessivo-meditativo<br />
(a tratti, anche depresso<br />
e ossessivo; ma, effettivamente,<br />
epica è anche La Gerusalemme liberata):<br />
Crowbar, Sleep, Weedeater,<br />
Jesu. I quali h<strong>anno</strong> scelto di fondere<br />
creativamente progressive, metal e<br />
post-grunge, sulla scia dei Kyuss e<br />
del loro stoner rock. L’idea base era<br />
quella di espandere indefinitamente<br />
l’intuizione fondamentale spalancando<br />
immense praterie sonore. E anche<br />
di narrazione, come f<strong>anno</strong> i The<br />
Sword, che rivitalizzano gli impianti<br />
grandiosi dei Metallica con un immaginario<br />
preso di peso dalla nuova<br />
dark fantasy (George R. R. Martin &<br />
Co.).<br />
Nell’arte visiva contemporanea,<br />
qualcosa del genere si comincia a intravedere,<br />
per esempio, nelle installazioni<br />
a metà fra esoterismo primonovecentesco<br />
e mitografie vichinghe<br />
di Matthew Day Jackson (1974),<br />
o nelle sculture composte ossessivamente<br />
dallo svedese Michael Johansson,<br />
assemblando e montando<br />
oggetti di design provenienti dall’età<br />
dell’oro della produzione industriale<br />
(dagli anni ‘50 ai ‘70) [nella foto in<br />
alto].<br />
E proprio l’ossessione sembra essere<br />
il concetto chiave di queste nuove<br />
epiche. Ossessione intesa come ricerca<br />
spasmodica, come creazione<br />
di interi mondi a partire da frammenti-relitti-rovine<br />
culturali (al di fuori e<br />
al di là della prospettiva nostalgica),<br />
come costruzione del sé alternativa<br />
e contrapposta a quella proposta dal<br />
vi è una strana e feconda saldatura<br />
fra tempo mitico e tempo storico: la<br />
narrazione epica è la via scelta per<br />
affrontare e interpretare l’italia di oggi<br />
mainstream. In un periodo in cui il<br />
concetto stesso di un “fuori”, di “underground”,<br />
persino di “avanguardia”<br />
non solo è andato incontro a pesanti<br />
ridefinizioni in ogni campo della conoscenza,<br />
ma è stato perfettamente<br />
integrato fino all’annullamento nella<br />
produzione culturale, che cosa rimane<br />
di assolutamente e propriamente<br />
estraneo a questo “dentro” che tutto<br />
pervade e riduce (e che possiamo<br />
chiamare, alternativamente, Spettacolo,<br />
Ordine, Omologazione) se non<br />
una sana e robusta ossessione creativa?<br />
Tanto più che in tale mutamento<br />
espressivo ci inseriamo a pieno titolo,<br />
e non solo con personalità singole<br />
e isolate ma con un movimento<br />
vero e proprio, ormai solidamente<br />
strutturato: il New Italian Epic, sistematizzato<br />
dai Wu Ming nell’ormai<br />
famoso promemoria omonimo 1 . In<br />
Italia, l’adozione di un approccio del<br />
genere trova la sua ragion d’essere<br />
nella situazione attuale, che sembra<br />
prefigurare gli sviluppi eventuali di<br />
altri Paesi, e al tempo stesso costituisce<br />
una sorta di sprofondamento,<br />
di paralisi collettiva e connettiva, lo<br />
“spaesamento” di cui parla Giorgio<br />
Vasta 2 .<br />
Gli scrittori più consapevoli rispondono<br />
a questa sfida sopperendo alle<br />
lacune della storiografia ufficiale e<br />
innestando la narrazione letteraria<br />
in quella storica: la memoria, la ricostruzione<br />
del passato e dei rapporti<br />
causali tra gli eventi sono gli unici antidoti<br />
disponibili ed efficaci al presente<br />
perpetuo che ormai costituisce,<br />
da almeno un trentennio, l’estensione<br />
unica e monolitica della percezione<br />
(“questa specie di ‘anni ‘80 ideali<br />
eterni’ che abbiamo avuto in sorte,<br />
e che non sembrano avere nessuna<br />
voglia di passare” 3 ).<br />
Si assiste allora nelle opere di questi<br />
autori più o meno nuovi - il Romanzo<br />
criminale (2002) di Giancarlo De<br />
Cataldo, Gomorra (2006) di Roberto<br />
Saviano, L’ottava vibrazione<br />
(2008) di Carlo Lucarelli, Hitler e<br />
inteoria 35<br />
a cura di christian caliandro<br />
C’è dell’epos nella produzione creativa attuale? Certo che c’è. A partire dal cortometraggio di Chandler Tuttle, “2081”,<br />
ripercorriamo la topografia dell’epica contemporanea attraverso musica, arte, fiction, letteratura. Con un’ossessione: l’ossessione...<br />
Italia De Profundis (2008) di Giuseppe<br />
Genna - a una strana e feconda<br />
saldatura fra tempo mitico e tempo<br />
storico: la narrazione epica è la via<br />
scelta per affrontare e interpretare<br />
l’Italia di oggi. Mentre, con ben altra<br />
potenza e complessità, l’americano<br />
William T. Vollman è riuscito addirittura<br />
a comporre in Europe Central<br />
(2005) “la nostra epica occidentale,<br />
mentre l’occidente si folgora nel suo<br />
tramonto [...] epica apparentemente<br />
storica, fondamentalisticamente storica”<br />
4 .<br />
Infine, a chi - come Alessandro Dal<br />
Lago 5 - dipinge questo atteggiamento<br />
come pretestuoso e velleitario, bisognerebbe<br />
ricordare che il ruolo degli<br />
intellettuali non è quello di vagheggiare<br />
perdute età dell’oro (un vecchio<br />
vizio italico, peraltro), ma di investire<br />
tutte le proprie forze nella comprensione<br />
e nella trasformazione della realtà:<br />
se siamo ridotti così, è anche<br />
per la sostanziale e completa abdicazione<br />
a questo compito. <strong>Il</strong> racconto di<br />
questi difficili e disgraziati anni italiani<br />
è invece propriamente, intrinsecamente<br />
epico - tolkieniano verrebbe<br />
quasi da dire - e non una proiezione<br />
spettrale, un’illusione auto-generata<br />
e consolatoria. Come tale, perciò, va<br />
elaborato. <br />
1. Cfr. Wu Ming, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al<br />
futuro, Torino 2009.<br />
2. Cfr. G. Vasta, Spaesamento, Roma-Bari 2010.<br />
3. Editoriale, in alfabeta2, 24 giugno 2010, www.alfabeta2.it<br />
4. G. Genna, “William T. Vollmann, Europe Central” (recensione), in Carmilla, 20<br />
settembre 2010, www.carmillaonline.com<br />
5. Cfr. A. Dal Lago, Eroi di carta. <strong>Il</strong> caso Gomorra e altre epopee, Roma 2010.