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free | anno nono | numero sessantanove | novembre ... - Il Mattino

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10 speednews<br />

Scuola Ceretto.<br />

Nel cuneese l’art hotel alter<br />

Da quelle parti, nel cuneese, la tradizione<br />

più forte è quella che sposa arte<br />

e ristorazione, grazie soprattutto alle<br />

scommesse dell’illuminata famiglia Ceretto,<br />

che a questo ha dedicato due noti<br />

art-ristoranti ad Alba, La Piola e Piazza<br />

Duomo. Ora, un po’ più a ovest, giunge<br />

una nuova iniziativa che sposta il<br />

tiro sull’ospitalità, con la presentazione<br />

della nuova collezione di opere d’arte<br />

contemporanea dell’Alter Hotel di Barge.<br />

<strong>Il</strong> tour parte dalla hall, con un’opera<br />

su carta di Sergio Ragalzi, fino alla sala<br />

lettura, fra cataloghi e libri d’arte, con un quadreria che è il cuore<br />

della collezione: disegni su carta di piccole dimensioni compongono<br />

la parete, con artisti di generazioni differenti fra cui Aldo Mondino,<br />

Luigi Mainolfi, Marco Gastini, Salvatore Astore e Valerio Berruti. Lo<br />

scalone che porta agli altri piani presenta poi due opere ad acrilico su<br />

cartone di Bartolomeo Migliore, e anche le camere sono tutte piccole<br />

gallerie da scoprire.<br />

www.alterhotel.it<br />

Parte l’era Bethenod: ecco i programmi<br />

Dalla François Pinault Foundation, due grandi mostre affidate entrambe<br />

alla curatela di Caroline Bourgeois, che segnano l’esordio di<br />

Martin Bethenod alla direzione. A Punta della Dogana, il 10 aprile<br />

aprirà Elogio del Dubbio, una raccolta di opere storiche e nuove produzioni<br />

con una ventina di artisti che indagano “la sfera del turbamento,<br />

la messa in discussione delle certezze in tema di identità,<br />

il rapporto tra la dimensione intima, personale e quella dell’opera”.<br />

DIGITUS IMPUDICUS<br />

La mostra milanese di Maurizio Cattelan<br />

presenta solo tre opere ma è<br />

quanto basta per illustrare ciò che<br />

caratterizza la sua ricerca: la volontà<br />

di giocare provocatoriamente con<br />

lo straniamento della coscienza, con<br />

la manipolazione della percezione<br />

e dell’illusione, operando attraverso<br />

la collocazione di forme comuni<br />

dell’immaginario collettivo all’interno<br />

di contesti impropri, sorprendenti o<br />

incongruenti.<br />

Affinché questo processo di deviazione<br />

del senso si compia e si produca<br />

uno straniamento brutale, un urto<br />

della coscienza collettiva, Cattelan<br />

ha bisogno di appellarsi a contenuti<br />

noti dell’immaginario, a forme simboliche<br />

che siano immediatamente<br />

riconoscibili prima di essere deviate<br />

in una zona non ortodossa dell’interpretazione<br />

e capovolte in qualcosa di<br />

non più intelligibile, fino a disgregarsi<br />

in una deriva del significato o in un<br />

immaginario perturbante perché non<br />

simbolizzato.<br />

Nel caso della controversa opera<br />

esposta in piazza Affari, Cattelan ha<br />

puntato il suo dito medio contro il<br />

cuore pulsante della Milano capitalistica,<br />

il Palazzo della Borsa. Di fronte<br />

allo stupore dei passanti curiosi e<br />

nell’andirivieni degli affaristi, l’artista<br />

padovano ha inaugurato L.O.V.E., un<br />

monumento che consta in un’enorme<br />

mano con quattro dita mozzate, tranne<br />

il medio, eretto verso l’alto.<br />

In realtà non si tratta del ricorso sic<br />

et simpliciter a un gesto particolarmente<br />

incisivo della comunicazione<br />

volgare moderna. Cattelan costruisce<br />

un’invettiva gestuale dotata di<br />

un valore simbolico pregnante, in cui<br />

confluisce una sintesi formale postmoderna<br />

del digitus impudicus d’ascendenza<br />

greco-latina, un simbolo<br />

che ha conosciuto una lunga evoluzione<br />

semantica in seno alla storia<br />

dell’arte.<br />

In termini di microstoria sociologica,<br />

infatti, l’atto di mostrare il dorso della<br />

mano con il dito medio esteso e le<br />

altre dita chiuse, appare nella comunicazione<br />

gestuale fin dall’antichità. <strong>Il</strong><br />

gesto è documentato già nel IV se-<br />

colo a.C. ne Le nuvole di Aristofane,<br />

e in seguito nella letteratura latina<br />

del I secolo d.C., definito digitus medius<br />

da Quintiliano, digitus infamis<br />

da Persio Flacco, digitus impudicus<br />

da Marziale. In ciascuno dei casi, il<br />

gesto dal significato fallico rivela il<br />

proprio valore di insulto, ma più precisamente<br />

di una contro-aggressione<br />

rivolta a qualcuno che ha precedentemente<br />

attaccato o provocato, a cui<br />

si risponde portando in primo piano,<br />

simbolicamente, la parte più rappresentativa<br />

della propria aggressività.<br />

In altre parole, il digitus impudicus<br />

di Cattelan, allude senza mezzi termini<br />

a una situazione di carattere<br />

erotico-sessuale, descrivendo in tal<br />

modo sia l’azione di sopraffazione<br />

e violenza sociale attuata dal capitalismo<br />

moderno sulla società, sia<br />

la contro-risposta simbolica con cui<br />

la società può reagire all’economia<br />

di mercato. La carica comunicativa<br />

dell’opera acquisisce anche maggior<br />

vigore dal fatto che la scultura, con<br />

le dita tronche e non ripiegate, come<br />

nel vero digitus impudicus, riveste<br />

un aspetto trionfalmente monumentale,<br />

dato dalla gravità delle forme<br />

e dei volumi, dall’imporsi materico e<br />

Prenderà il via invece a Palazzo<br />

Grassi il 4 giugno, in<br />

concomitanza con l’apertura<br />

della 54. Biennale di Arti<br />

Visive, la mostra <strong>Il</strong> Mondo vi<br />

appartiene, che proporrà un<br />

diverso punto di vista, “mettendo<br />

in discussione i limiti<br />

tradizionali della geografia e<br />

dell’arte e il nostro rapporto tra l’‘altro’ e il mondo”. Una quarantina gli<br />

artisti presenti, provenienti da 20 Paesi, con una selezione di opere<br />

la maggior parte delle quali mai mostrate nelle precedenti esposizioni<br />

della Collezione François Pinault. “Due esposizioni che propongono<br />

due punti di vista specifici e complementari sull’arte come forza visionaria”,<br />

ha dichiarato Pinault. “Le scelte di Caroline Bourgeois testimoniano<br />

la straordinaria capacità degli artisti di esplorare il rapporto<br />

con i nostri stessi interrogativi e la nostra relazione con gli altri”. E<br />

per le prossime mostre, auguriamoci di non dovere attendere altri<br />

due anni...<br />

www.palazzograssi.it<br />

al Maxxi il RIBa Stirling Prize<br />

“Un pezzo di architettura matura.<br />

Un luogo di percorsi e<br />

itinerari. La quintessenza del<br />

costante tentativo di creare un<br />

paesaggio, una serie di spazi<br />

cavernosi disegnata con una<br />

linea libera, vagante. L’opera<br />

risultante, piuttosto che indicare<br />

percorsi predeterminati, offre al visitatore il senso dell’esplorazione.<br />

Forse è suo miglior progetto di sempre”. Con queste parole, i giudici<br />

dello Stirling Prize, il prestigioso premio di architettura assegnato<br />

Ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori sull’ormai celeberrimo “dito” di Cattelan in Piazza Affari. Per non dire delle<br />

polemiche e degli scontri che h<strong>anno</strong> preceduto l’inaugurazione della mostra. Ma sinora nessuno aveva contestualizzato<br />

quel medio nella storia dell’arte. Lo ha fatto Giovanni Lista, di cui pubblichiamo alcuni estratti dall’editoriale che uscirà<br />

sul prossimo <strong>numero</strong> di “Ligeia”...<br />

sfolgorante del marmo di Carrara,<br />

dall’imponenza delle proporzioni, dal<br />

gigantismo del dettaglio anatomico<br />

delle vene, dall’intenzione imperativa<br />

e diretta del gesto stesso.<br />

La solennità straniante che emana<br />

dalla scultura emerge prepotentemente<br />

anche dal contrasto fra lo stile<br />

dell’opera e quello del luogo scelto<br />

per l’installazione. Piazza Affari, infatti,<br />

è uno degli scenari architettonici<br />

più coerenti della città, realizzato<br />

nel 1932 da Giovanni Mezzanotte,<br />

esponente del cosiddetto Novecento<br />

milanese, movimento architettonico<br />

di “ritorno all’ordine” che, a differenza<br />

di quello in atto nella coeva<br />

Roma mussoliniana di Piacentini e<br />

Morpurgo, non guardava allo stile<br />

monumentale dell’impero romano,<br />

ma reinterpretava il neoclassicismo<br />

lombardo di matrice asburgica di<br />

Quarenghi, Pollak e Piermarini,<br />

diffusosi fino alle sponde di San Pietroburgo,<br />

a cavallo fra il XVIII e XIX<br />

secolo.<br />

<strong>Il</strong> tema del dito puntato conosce un<br />

lungo sviluppo in pittura, dal San Giovanni<br />

Battista di Leonardo da Vinci<br />

a L’Apparition di Moreau. Ma non<br />

ha mai la forza espressiva del detta-<br />

a Londra dal Royal Institute of British Architects, consegnano Zaha<br />

Hadid e il Maxxi alla storia. Assegnando loro la vittoria nell’edizione<br />

2010, su un lotto di agguerriti finalisti che comprendeva l’Ashmolean<br />

Museum di Oxford, di Rick Mather, il Neues Museum di Berlino,<br />

di David Chipperfield e Julian Harrap, il Bateman’s Row di Londra<br />

(Theis and Khan), la Christ’s College School di Guildford (DSDHA),<br />

la Clapham Manor Primary School di Londra (dRMM). Al quarto tentativo,<br />

l’architetto anglo-iracheno si aggiudica così il premio - dotato<br />

di 20mila sterline -, unanimemente riconosciuto come una sorta di<br />

Nobel per l’Architettura, anche se limitato a opere costruite o progettate<br />

in Inghilterra.<br />

www.maxxi.beniculturali.it<br />

Un cyber-Pollock personale?<br />

Ci pensano Manetas e l’iPad<br />

È un sito popolarissimo,<br />

tanto che qualche <strong>anno</strong><br />

fa Time Magazine lo inserì<br />

nella sua classifica<br />

dei 50 Coolest Websites,<br />

primo fra i siti art<br />

oriented. Parliamo di<br />

jacksonpollock.org, la<br />

pagina internet creata<br />

dall’artista greco-italiano<br />

Miltos Manetas, che permette a tutti di trasformarsi in Jackson Pollock,<br />

creando il proprio dripping personalizzato con il mouse. Ora arriva<br />

immancabile l’aggiornamento, che “trasporta” l’applicazione sull’i-<br />

Pad: completamente ridisegnato per il display ad alta risoluzione del<br />

tablet e ottimizzato per le sue prestazioni, RandomPollock permette<br />

anche di salvare e condividere i “dipinti” su Facebook e <strong>numero</strong>si<br />

social network.<br />

ineenltd.com/randompollock<br />

glio anatomico isolato e ingigantito,<br />

senz’altro riferimento alla psicologia<br />

e al corpo umano, come avviene in<br />

scultura. A partire dal XVII secolo,<br />

i <strong>numero</strong>si giovani dell’aristocrazia<br />

europea giunti in Italia per perfezionare<br />

la loro educazione a seguito del<br />

Grand Tour, vengono a contatto con<br />

i capolavori della scultura romana<br />

e dalla pittura rinascimentale. Tra<br />

questi, Jean Isidore Grandville, disegnatore,<br />

caricaturista e litografo<br />

ottocentesco, è certamente colpito a<br />

Roma, in particolare, dal gigantismo<br />

monumentale e dal gesto della mano<br />

di Costantino.<br />

Nel 1844, immaginando, in Un autre<br />

monde, un universo visionario e<br />

onirico creato da tre spregiudicati<br />

demiurghi e popolato da animali<br />

antropomorfizzati, uomini zoomorfi<br />

e oggetti animati colti in situazioni<br />

illogiche al limite del surrealismo,<br />

Grandville concepisce un gigantesco<br />

pollice umano posto su un piedistallo<br />

da scultore e lavorato da un martello<br />

da pietra che impugna uno scalpello<br />

[nell’immagine]. In una prospettiva<br />

satirica e anti-accademica, la tavola<br />

costruisce un discorso metalinguistico<br />

sull’arte stessa. Grandville<br />

rappresenta sul piedistallo il pollice<br />

come dito d’opposizione, cioè, in ultima<br />

analisi, lo strumento operativo<br />

primario dell’homo faber, dunque la<br />

condizione necessaria della scultura<br />

e dell’arte in genere.<br />

<strong>Il</strong> termine di congiunzione fra il pollice<br />

di Grandville e il dito medio di Cattelan<br />

è individuabile in un’opera che associa<br />

gigantismo monumentale, plasticità<br />

moderna e senso dell’installazione<br />

performativa: Le Pouce realizzato<br />

nel 1965 da César. Diversamente<br />

dal tono sarcastico con cui Grandville<br />

ricorre all’ingrandimento di un pollice<br />

come soggetto scultoreo, César<br />

utilizza il sovradimensionamento del<br />

particolare anatomico per dilatare<br />

al massimo le proprietà mimetiche<br />

della scultura, per amplificarle ed<br />

esaltarle, mostrando un’attenzione<br />

per il dettaglio corporeo che rimanda<br />

all’approccio di Rodin, ma se ne<br />

allontana subito per un’intenzionalità<br />

più schiettamente dimostrativa, che<br />

non ha nulla a che fare con la ricerca<br />

di una configurazione psicologica del<br />

soggetto nella materia. <strong>Il</strong> frammento<br />

anatomico non viene imitato, riprodotto<br />

o psicologizzato, ma ingigantito<br />

nelle dimensioni, sistematicamente<br />

moltiplicato nella volumetria e nelle<br />

proporzioni per sovradimensionare i<br />

riflessi che si producono naturalmente<br />

sulla superficie dei dettagli corporei,<br />

la luce sulla pelle, la porosità dei<br />

tessuti, la trama dell’epidermide, gli<br />

effetti plastici della struttura anatomica<br />

in sé, con il risultato di valorizzare<br />

tali elementi in modo inedito,<br />

come componenti plastiche e risorse<br />

formali indipendenti.<br />

Un collegamento tematico immediato<br />

permette comunque di associare<br />

la tavola di Grandville al pollice teso<br />

di César e alla scultura esposta a<br />

Piazza Affari da Cattelan. Nella visione<br />

satirica del caricaturista, il<br />

sovradimensionamento del dito appare<br />

dotato di un pregnante spessore<br />

simbolico. Nell’ingrandimento plastico<br />

di César, il dito è un importante<br />

spunto di riflessione autoreferenziale<br />

sulla scultura. Nel caso di Cattelan,<br />

il legame si stabilisce nel segno del<br />

gigantismo monumentale e del realismo<br />

anatomico, seppur adottati e<br />

declinati con finalità diversa.<br />

La disamina dei riferimenti figurativi<br />

da cui proviene, nel campo della scultura,<br />

il gesto del digitus impudicus realizzato<br />

da Cattelan lascia emergere<br />

una vera e propria evoluzione che è<br />

contemporaneamente antropologica<br />

ed estetica, rispecchiando una parallela<br />

modificazione delle strutture simboliche<br />

e dei processi comunicativi.<br />

Dopo uno svuotamento simbolico del<br />

gesto e la sua naturalizzazione in un<br />

topos comunicativo comune, si assiste<br />

a una rifunzionalizzazione della<br />

parte in sé e non più dell’atto: è il<br />

dito come forma plastica e non più<br />

come simbolo, che catalizza l’attenzione,<br />

tanto da diventare oggetto di<br />

un neo-monumentalismo rivisitato.<br />

Simbolizzato, de-simbolizzato e nuovamente<br />

simbolizzato, il digitus arriva<br />

così alla versione di Cattelan, la tappa<br />

più attuale di questa evoluzione,<br />

nella quale si attua una convergenza<br />

dell’intenzionalità estetica e simbolica<br />

in quella di un’arte politica di rifiuto.<br />

[giovanni lista]

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