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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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La vita militare, al <strong>di</strong> là degli attacchi e dei bombardamenti, segue schemi<br />

rigi<strong>di</strong> e, quin<strong>di</strong>, monotoni, provocando un vero torpore intellettuale (11). I combattenti<br />

che possedevano istruzione e cultura soffrivano più <strong>di</strong> altri questo stato.<br />

Guido Mattioli scrive nel giugno 1917:<br />

“attualmente le brighe svariate mi portano via molto tempo e mi rimangono appena cinque<br />

ore da dormire. Il che mi <strong>di</strong>spiace perché non posso de<strong>di</strong>carmi affatto ai miei svaghi preferiti, né<br />

colla lettura né collo scritto (...) non che ciò sia un danno, ma io ne sento un vuoto, nel contempo<br />

un bisogno <strong>di</strong> sfogo che devo pur appagare (...)” (12).<br />

Un altro ufficiale, Carlo Mattioli (non è parente <strong>di</strong> Guido) riferisce nel luglio 1916 che<br />

sta conducendo “ una vita <strong>di</strong> sacrificio” e che gli sembra d’essere “un eremita che faccia penitenza”<br />

(13).<br />

Questi uomini preferiscono l’azione all’attesa e alla noia delle trincee; chiedono<br />

scusa della ripetitività che caratterizza i loro scritti, ma è dovuta alla monotonia<br />

della loro vita.<br />

Nel 1917 comincia a sentirsi il peso <strong>di</strong> quella guerra che sembra sempre sul<br />

punto <strong>di</strong> finire e invece continua: pare comunque che la speranza <strong>di</strong> una fine a<br />

breve termine abbia rappresentato un inaspettato aiuto psicologico per i soldati<br />

(14). Ma la stanchezza si fa sentire.<br />

Alfonso Breveglieri, fante, si trova nelle retrovie ma desidera allontanarsi<br />

ancora <strong>di</strong> più dal pericolo; G. Mattioli, in trincea da più <strong>di</strong> un mese, nell’agosto<br />

1917 spera <strong>di</strong> andare in luoghi più sicuri, nonostante il sempre fiero impegno <strong>di</strong><br />

soldato, e <strong>di</strong>ce: “non l’ho mai desiderato come stavolta” e in un’altra lettera dello stesso<br />

periodo:<br />

“sono impossibilitato ad accozzare qualche idea perché le (...) occupazioni mi rubano tutto<br />

il tempo, anche quello necessario a riposare. Da qualche giorno vivo entro una cavernaccia, <strong>di</strong><br />

giorno e <strong>di</strong> notte, e tranne le passeggiate che faccio in linea non mi muovo (...). Per ora, nessun<br />

altro desiderio mi resta che avere un po’ <strong>di</strong> tregua anche internamente e intellettualmente” (15).<br />

L. Meletti trascrive anche le memorie del sergente maggiore Gaetano<br />

Pettazzoni, che scrive a proposito della ritirata <strong>di</strong> Caporetto. Le sue parole descrivono<br />

lo smarrimento, la marcia forzata sotto la pioggia, i rumori del tuono e del<br />

cannone che si confondono, i paesi in fiamme e i civili che cercano riparo: scenari<br />

11 - P. MELOGRANI, Storia politica della Grande Guerra 1915-1918, Bari 1969, pp. 80-83 ; per<br />

l’attività <strong>di</strong> padre Agostino Gemelli cfr. il saggio <strong>di</strong> V. LABITA, Un libro-simbolo: “Il nostro soldato” <strong>di</strong><br />

padre Agostino Gemelli, in “Rivista <strong>di</strong> storia contemporanea”, fasc. 3 luglio 1986, pp. 402-429.<br />

12 - cfr. MELETTI, op. cit., Parte IV, volume VII, fasc. III Diario 1917, ms 44 (30), p. 64.<br />

13 - cfr. ibidem, p. 73.<br />

14 - cfr. MELOGRANI, op. cit., p.77.<br />

15 - cfr. MELETTI, op. cit., ms 44 (30), pp. 84,90 e 73.

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