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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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<strong>di</strong>chiara che l’azione bellica gli procura “energie nuove”; Fulvio Cirri <strong>di</strong>ce che ha<br />

cessato “<strong>di</strong> essere citta<strong>di</strong>no per essere solo soldato” (3).<br />

Al fronte si realizza una vera e propria “rinascita” dell’in<strong>di</strong>viduo. Nel 1914-<br />

15 nessun uomo nel fiore degli anni sapeva cosa fosse realmente la guerra (4). In<br />

Italia c’era stato il conflitto libico, ma non era stato così nuovo, così industrializzato<br />

come quello che si prospettava ora; una cartolina inviata ad Ernesto Francia,<br />

responsabile dell’ufficio anagrafe, riporta queste parole:<br />

“ho assistito ad uno spettacolo nuovo aereoplani austriaci hanno lanciato bombe su U<strong>di</strong>ne” (5).<br />

Il capitano Amedeo Pederzini, a casa in convalescenza nel 1916, riferisce a<br />

Meletti delle armi mici<strong>di</strong>ali che ha visto in azione, degli aerei carichi <strong>di</strong> esplosivo<br />

che potevano <strong>di</strong>struggere una città intera.<br />

Questa guerra ha un potenziale <strong>di</strong>struttivo senza precedenti, è troppo nuova<br />

per essere capita da chi non combatte (6). L’iniziale impressione <strong>di</strong> una guerra<br />

veloce, che si era <strong>di</strong>ffusa fra civili e militari, viene smentita dalle parole <strong>di</strong> questo<br />

ufficiale, convinto che le ostilità non finiranno almeno prima <strong>di</strong> un anno (7).<br />

Nessun tono trionfalistico nell’unica lettera del sindaco Mattioli che dal fronte<br />

riesce a raggiungere il figlio: “Caro Aldo, scrivi tu una parola al tuo babbo e gli basta, ti mando<br />

un bacione e vorrei che tu mi vedessi. Siamo in tanti papà qui ma tutti più bambini <strong>di</strong> te” (8).<br />

Sono poche righe che testimoniano una con<strong>di</strong>zione che sfugge alla propria<br />

volontà: si deve obbe<strong>di</strong>re, come bambini.<br />

Fra le altre, c’è un’unica lettera <strong>di</strong> uno “zappatore”, Giuseppe Guastaroba,<br />

che scrive al padre:<br />

“Tra il rombo, mentre scrivo, del cannone, (...) ma che volete io non penso più a nulla o avuto<br />

un piccolo buco in un braccio ma il quale non pensate a nulla che non è un gran male (...)” (9).<br />

La propaganda interventista alla vigilia del conflitto non aveva cercato <strong>di</strong><br />

attirarsi il favore delle classi rurali, probabilmente perchè queste da un conflitto<br />

potevano aspettarsi solo danni (10).<br />

La vita al fronte fa <strong>di</strong>re a Giuseppe che non pensa a nulla. Padre A. Gemelli,<br />

<strong>di</strong>rettore del laboratorio psicofisiologico del Comando Supremo, rileva che “il<br />

soldato in trincea pensa poco, perché vede assai poco; pensa sempre le stesse cose”.<br />

4 - P. FUSSELL, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna 1984, p. 26.<br />

5 - cfr. MELETTI, op. cit., ms 42 (28), p. 108.<br />

6 - cfr. FUSSELL, op. cit., p. 111-112.<br />

7 - cfr. MELETTI, op. cit., ms 42 (28), p. 108.<br />

8 - cfr. MELETTI, op. cit., ms 43 (29), p. 53.<br />

9 - cfr. ibidem, p. 58.<br />

10 - A. PAPA, Guerra e Terra 1915- 1918, in “Stu<strong>di</strong> Storici”, gennaio-marzo 1969, p. 4.

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