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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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Inizialmente i ghibellini si ritirarono in collina e i guelfi nelle valli ferraresi. I<br />

soldati girarono spesso a vuoto, anche perché i ban<strong>di</strong>ti erano informati e finanziati<br />

<strong>di</strong>rettamente dall’aristocrazia bolognese. Nel 1591 è segnalata la presenza, tra<br />

<strong>Crevalcore</strong> e Palata, <strong>di</strong> uno dei più famosi ban<strong>di</strong>ti dell’epoca, Alfonso Piccolomini,<br />

nobile che con la sua banda tenne in scacco lo Stato Pontificio. Nel 1591 milizie<br />

bolognesi, ferraresi, toscane e romagnole si riunirono, per sciogliere le bande<br />

riunitesi prima della morte del Piccolomini, con artiglierie e carri blindati. Il carnefice<br />

giustiziò 350 ban<strong>di</strong>ti e molte furono le teste consegnate nelle città. Il 14 febbraio<br />

furono fatti prigionieri e portati a Bologna vari ban<strong>di</strong>ti. Ancora nel 1595 si<br />

segnalano movimenti <strong>di</strong> truppe. Nel 1597 furono impiccati Lorenzo <strong>di</strong> Natale e<br />

Marco Antonio Lolli <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, razziatori, e fu trovata una testa nella valle.<br />

Sono gli ultimi episo<strong>di</strong>: ormai l’aristocrazia bolognese ha legittimato il suo <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> proprietà sul territorio. Il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, probabilmente forte <strong>di</strong> una<br />

situazione politica apparentemente mutata, aveva nel 1587 intentato una causa<br />

contro i Pepoli, gli Orsi e i Malvasia, cercando <strong>di</strong> recuperare terre illegalmente<br />

possedute da loro. Solo pochi anni dopo l’Abbazia <strong>di</strong> Nonantola chiudeva ogni<br />

possibilità <strong>di</strong> ottenere giustizia confermando i <strong>di</strong>ritti dei Pepoli sui posse<strong>di</strong>menti<br />

in vertenza con la comunità 43 .<br />

Non per questo però si può affermare che il ban<strong>di</strong>tismo, nello Stato pontificio,<br />

sia scomparso alla fine del Cinquecento. Sicuramente vi fu una notevole<br />

riduzione del numero <strong>di</strong> fuorusciti operanti nel territorio dello Stato ma, nonostante<br />

tale <strong>di</strong>minuzione - le cui cause imme<strong>di</strong>ate possono essere ricercate nell’arruolamento<br />

<strong>di</strong> fuorilegge per la guerra d’Ungheria e la conquista <strong>di</strong> Ferrara, nella,<br />

seppur temporanea, efficacia degli strumenti usati nella repressione del fenomeno<br />

e nell’attenuarsi, per alcuni anni, delle carestie che avevano pesantemente colpito la<br />

popolazione negli ultimi anni del XVI secolo - il ban<strong>di</strong>tismo fu, ancora nei primi<br />

decenni del Seicento, significativamente rilevante dal punto <strong>di</strong> vista quantitativo e,<br />

quanto all’aspetto qualitativo assunse, nonostante le sue multiformi e spesso contrad<strong>di</strong>ttorie<br />

caratteristiche, i caratteri <strong>di</strong> quel fenomeno che comunemente viene<br />

definito ban<strong>di</strong>tismo sociale, soprattutto tra la Romagna e il Lazio.<br />

43 Manoscritto Meletti, Parte III, fascicolo 1, <strong>Crevalcore</strong>.

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