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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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tutto ai Bentivoglio e ai Bevilacqua. Verso la zona dei Ronchi operano poi<br />

in<strong>di</strong>sturbati i Caprara, mentre nella zona della Crocetta i Dell’Armi 9 .<br />

E’ soprattutto con le concessioni enfiteutiche da parte del monastero <strong>di</strong><br />

Nonantola che il patrimonio dei Pepoli <strong>di</strong>venta veramente considerevole: negli<br />

anni ‘80 <strong>di</strong>etro a corresponsioni puramente simboliche, formarono un patrimonio<br />

che raggiunse i 6 mila ettari, <strong>di</strong> campi appoderati, con una rete in crescita <strong>di</strong><br />

scoli, canali e strade. Il monastero favorisce la famiglia bolognese anche rispetto<br />

ad altri contendenti. Le concessioni del monastero si tramutarono in una giuris<strong>di</strong>zione<br />

autonoma de facto, dove i conti amministrano terre e uomini, comminano<br />

pene pecuniarie e corporali, danno rifugio a sgherri e ricercati aderenti alla parte<br />

guelfa. Le vaste possessioni <strong>di</strong> Galeazza, Palata, Valbona, Guisa e Cà de Coppi<br />

sono frutto delle opere <strong>di</strong> bonifica iniziate alla fine del XV secolo dal Conte<br />

Guido e proseguiti dai figli, nipoti e pronipoti. All’interno delle valli e delle selve<br />

i Pepoli hanno via via aperto macchie <strong>di</strong> terre emerse, inizialmente fazzoletti <strong>di</strong> 2/<br />

3 biolche destinati a lavorativo, sulle quali erano costruiti casoni <strong>di</strong> canne palustri,<br />

abitate da braccianti o affittuari. Dopo lo scavo dei “cavamenti” e “scoladuri”, le<br />

acque cedono progressivamente il posto ad ampi appezzamenti coltivati a frumento<br />

e organizzati secondo il sistema della piantata “bolognese”. Le partecipanze<br />

risentirono dell’espansione attuata dalla grande proprietà citta<strong>di</strong>na: la famiglia dei<br />

Pepoli procedendo nelle bonifiche attraverso la creazione d’infrastrutture costringe<br />

i partecipanti e il <strong>Comune</strong> a contribuire alla sua politica d’espansione con<br />

ingenti somme 10 . Nel 1550 il Conte Filippo Pepoli affermava <strong>di</strong> dover avere<br />

150 lire dal <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> per la realizzazione del Casamento. Il <strong>Comune</strong><br />

replicava <strong>di</strong> non averlo voluto, così come il canale del mulino e la sua manutenzione,<br />

lavori fatti a beneficio del Pepoli e non della comunità. Soprattutto il <strong>Comune</strong><br />

lamenta <strong>di</strong> non riuscire ad assumere uomini per i lavori comunali perché<br />

spaventati da soldati “amici e nemici”. Il 28 novembre 1550 il Ministro delle<br />

Acque <strong>di</strong> Bologna condanna il <strong>Comune</strong> al pagamento della cifra richiesta dal<br />

Pepoli 11 . Anche i partecipanti perdono via via il possesso e il controllo dei mulini<br />

comunitari, fino ad essere costretti a pagare pedaggi per il transito sulla strada<br />

fatta aprire dai Pepoli lungo la fossa Rangona.<br />

Sono le zone in cui, come abbiamo visto, la presenza <strong>di</strong> terre in<strong>di</strong>vise è più<br />

9 Manoscritto Meletti, Parte III, fascicolo 1, <strong>Crevalcore</strong>.<br />

10 Alberta Toniolo, Territori In<strong>di</strong>visi. Una proposta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sul ban<strong>di</strong>tismo cinquecentesco nell’area della<br />

Partecipanze modenesi e bolognesi, in a cura <strong>di</strong> Euride Fregni, Terre e comunità nell’Italia Padana, Cheiron,<br />

anno VIII, n.14-15, II semestre 1990/ I semestre 1991, Brescia, pp. 175-185.<br />

11 Manoscritto Meletti, Parte III, fascicolo 1, <strong>Crevalcore</strong>.

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