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XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

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23 FEBBRAIO 2005 - ORE 14.15-15.45<br />

SALA LEONARDO<br />

S33 - Il gesto e la parola, tra etica e clinica<br />

La cura: tra compliance ed atto <strong>di</strong> forza<br />

N. Lalli, S. Ingretolli<br />

Centro <strong>di</strong> Psicoterapia Dinamica<br />

Il processo psicoterapico si basa su due azioni fondanti e<br />

strutturali: il prendersi cura e il curare (Lalli, 1990). Il prendersi<br />

cura comporta la compliance e la stabilità, mentre il<br />

curare rende possibile il cambiamento. In termini tecnici<br />

possiamo affermare che il prendersi cura, che nasce dall’empatia,<br />

struttura il setting, mentre il curare, che proviene<br />

da un’adeguata teoria, struttura l’elemento fondamentale del<br />

cambiamento che è l’interpretazione.<br />

Sicuramente l’empatia (prendersi cura) occupa un ruolo<br />

centrale nel processo psicoterapico, come è stato riconosciuto<br />

da numerosi autori (Kohut, Friedman, Emde ecc.). Il<br />

concetto <strong>di</strong> empatia, formulato nell’ambito <strong>della</strong> psicologia<br />

evolutiva viene definito come “… una forte ed universale<br />

pre<strong>di</strong>sposizione biologica all’accu<strong>di</strong>mento che permette al<br />

bambino l’interiorizzazione delle esperienze relazionali e<br />

struttura il nucleo delle rappresentazioni <strong>di</strong> sé e degli altri”<br />

(Emde, 1980).<br />

L’atteggiamento empatico del terapeuta, che deve percorrere<br />

l’intero arco <strong>della</strong> terapia, è fondamentale soprattutto nelle<br />

prime fasi per la costituzione <strong>di</strong> una base <strong>di</strong> sicurezza che<br />

deve fornire al paziente un clima rassicurante per permettergli<br />

<strong>di</strong> far emergere la propria ambivalenza e quin<strong>di</strong> il<br />

transfert negativo. L’empatia, intesa come la <strong>di</strong>sponibilità<br />

emotiva ed interesse per il paziente, unita ad una capacità <strong>di</strong><br />

promuovere l’esplorazione e la crescita, richiede da parte<br />

del terapeuta un’estrema sensibilità <strong>di</strong> regolazione affettiva:<br />

egli deve essere in grado sia <strong>di</strong> sentirsi coinvolto che <strong>di</strong> essere<br />

<strong>di</strong>staccato. Il prendersi cura – empatia costituisce il setting<br />

la cui stabilità lega il paziente e il terapeuta in maniera<br />

paritaria. Il setting presenta confini ben definiti e non mo<strong>di</strong>ficabili,<br />

cosa che spesso viene vissuta dal paziente come<br />

coercizione-atto <strong>di</strong> forza. La cura <strong>di</strong> chi soffre <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<br />

mentali <strong>di</strong>fficilmente può essere concettualizzata come l’azione<br />

<strong>di</strong> una persona su un’altra persona. Anche nel caso<br />

<strong>della</strong> prescrizione farmacologia, dove sembra possa esserci<br />

il massimo <strong>di</strong> uni<strong>di</strong>rezionalità – io prescrivo e tu pren<strong>di</strong> – ci<br />

si trova in un campo relazionale molto complesso che può<br />

influenzare grandemente la compliance e quin<strong>di</strong> l’efficacia<br />

<strong>della</strong> cura. Quin<strong>di</strong> la “cura” in psichiatria e in psicoterapia<br />

richiede la collaborazione e la <strong>di</strong>sponibilità da parte dei vari<br />

partecipanti. Collaborazione come consenso reciproco<br />

che va molto al <strong>di</strong> là del consenso informato. Nonostante lo<br />

spirito <strong>della</strong> legge, quest’ultimo appare una sorta <strong>di</strong> accettazione<br />

burocratizzata da parte del paziente dei rischi impliciti<br />

nel suo progetto terapeutico. Se da una parte il consenso è<br />

necessario, in<strong>di</strong>spensabile o auspicabile a seconda dei casi,<br />

dall’altra proprio in psichiatria non è sempre facile ottenerlo,<br />

tanto che, in molte situazioni, può essere considerato<br />

punto <strong>di</strong> arrivo più che <strong>di</strong> partenza. Questo sia perché il processo<br />

terapeutico non si svolge secondo protocolli e proce-<br />

MODERATORI<br />

A. Sbar<strong>della</strong>, G. Liotti<br />

85<br />

SIMPOSI TEMATICI<br />

dure che possono essere sempre ben definite, sia perché la<br />

collaborazione si svolge a livelli comunicativi e relazionali<br />

molteplici e quando sembra sia stata assicurata ad un livello<br />

può accadere che venga negata ad altri livelli. Un progetto<br />

terapeutico inizia in un incontro dove la sofferenza <strong>di</strong> un<br />

paziente è accolta dalla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> un terapeuta. Ma il<br />

connubio <strong>di</strong>sponibilità del terapeuta-sofferenza del paziente<br />

può essere soggetto a varie vicissitu<strong>di</strong>ni. Vi può essere una<br />

sofferenza soggettiva che si rapporta con un riconoscimento<br />

oggettivo da parte del curante: Io paziente riconosco –<br />

elemento soggettivo – <strong>di</strong> stare male e tu curante riconosci –<br />

elemento oggettivo – che io sto male e sei <strong>di</strong>sponibile ad<br />

aiutarmi. Vi è in questo caso un consenso reciproco <strong>di</strong> buon<br />

auspicio per il futuro <strong>della</strong> relazione terapeutica.<br />

Ma può anche esserci una sofferenza che non trova riscontro<br />

nella soggettività del paziente – ad esempio in una con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> un eccitamento maniacale – ma che può essere<br />

oggettivata dal terapeuta e dai suoi familiari: Io paziente<br />

non riconosco <strong>di</strong> stare male, con<strong>di</strong>zione che viceversa tu<br />

psichiatra o familiare evidenzi. In questi casi non c’è consenso,<br />

ma deve esserci cura. Il problema si sposta pertanto<br />

su come guadagnarsi il consenso nel corso del processo terapeutico.<br />

Ma vi può essere anche un’altra con<strong>di</strong>zione nella<br />

quale io paziente avverto soggettivamente una sofferenza<br />

che tu, familiare, me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> base, pronto soccorso, non mi<br />

riconosci. In questi casi il vissuto soggettivo non viene oggettivato<br />

e vi può essere un girovagare in cerca <strong>di</strong> consenso.<br />

La relazione si baserà su questi aspetti introducendo se possibile<br />

dei casi clinici (interminabile), la tendenza alla scissione<br />

tra psicoterapia e vita reale, la fantasticheria <strong>di</strong> paralizzare<br />

il terapeuta ricoperta spesso dall’idealizzazione ecc.<br />

Normalmente tutte queste <strong>di</strong>namiche vengono affrontate<br />

me<strong>di</strong>ante l’interpretazione In alcuni casi, quando la <strong>di</strong>namica<br />

del paziente non viene affatto intaccata (il paziente spesso<br />

vive il terapeuta come colui che parla e pertanto non in<br />

grado <strong>di</strong> agire) può essere necessario passare a quella che ho<br />

definito l’interpretazione agita (Lalli, 1990) che ovviamente<br />

non ha nulla a che fare con la controidentificazione<br />

proiettiva, bensì con la fermezza del terapeuta che impone<br />

al paziente dei vincoli ed un rispetto per la realtà materiale<br />

fino all’estrema ratio <strong>della</strong> sospensione <strong>della</strong> terapia. Verranno<br />

proposte <strong>di</strong>verse esemplificazioni cliniche.<br />

Cooperazione e alleanza terapeutica come<br />

veicoli <strong>di</strong> libertà in psicoterapia<br />

G. Liotti<br />

Scuola <strong>di</strong> Psicoterapia Cognitiva, Roma<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dell’evoluzione dei sistemi motivazionali ed emozionali<br />

mette in evidenza un numero limitato <strong>di</strong> motivazioni<br />

sottostanti la relazionalità umana: richiesta <strong>di</strong> cura (attaccamento),<br />

offerta <strong>di</strong> cura, sessualità, competizione per la dominanza,<br />

cooperazione paritetica.

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