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XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

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SIMPOSI TEMATICI<br />

22 FEBBRAIO 2005 - ORE 14.15-15.45<br />

SALA SAN PAOLO<br />

S12 - La violenza occulta in psichiatria, negazione<br />

implicita o procedurale <strong>della</strong> libertà<br />

Introduzione<br />

L. Ancona<br />

Università Cattolica S.C., <strong>Psichiatria</strong><br />

La psichiatria è oggi chiamata ad interrogarsi se, e per quanto<br />

tempo, il suo modo <strong>di</strong> curare sia stato un’espressione <strong>di</strong><br />

violenza.<br />

Mentre gli altri relatori focalizzano questo fatto soprattutto<br />

secondo una prospettiva clinica (Petrini), legislativa (Leggeri),<br />

sociale (Pantaleo) e istituzionale (Barbaro), in questa<br />

Introduzione si sottolinea il fatto che l’agire psichiatrico è<br />

soggetto alla <strong>di</strong>namica <strong>della</strong> violenza, soprattutto a livello <strong>di</strong><br />

inconsapevolezza.<br />

L’inconscio è infatti presente in tutti gli aspetti <strong>della</strong> psichiatria,<br />

a cominciare dal motivo che induce un me<strong>di</strong>co a <strong>di</strong>ventare<br />

psichiatra: un motivo che pesca nel profondo <strong>della</strong><br />

sua <strong>di</strong>namica personale, nelle sue realizzazioni positive ma<br />

anche nei suoi conflitti e meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. La scelta<br />

può essere infatti costituita da pulsioni aggressive, arginate<br />

da istanze rivolte al loro contenimento: ci si rivolge cioè a<br />

contenere nei vari mo<strong>di</strong> possibili le irruzioni psicotiche <strong>di</strong><br />

altri, come una risoluzione delle proprie paure e conflitti e<br />

ciò senza alcuna presa <strong>di</strong> coscienza del dramma che si agisce.<br />

Questa possibilità <strong>di</strong> violenza si concretizza nel fatto che la<br />

mancata chiarificazione dei propri motivi profon<strong>di</strong> coincide<br />

con una situazione <strong>di</strong> negazione <strong>di</strong> libertà: la propria e per<br />

proiezione dei malati che lo psichiatra è chiamato a curare e<br />

delle istituzioni che stabilisce intorno a lui.<br />

L’applicazione dei meto<strong>di</strong> che sono stati proposti al fine del<br />

chiarimento <strong>di</strong> questi processi ha grande importanza: essi<br />

sono stati, in successione, la formazione psicoanalitica dello<br />

psichiatra, poi la meto<strong>di</strong>ca dello psico-dramma e dei piccoli<br />

gruppi analitici.<br />

Una salienza <strong>di</strong> particolare efficacia riveste la frequentazione<br />

<strong>di</strong> Gruppi Balint analitici.<br />

La violenza occulta nell’intervento<br />

psichiatrico<br />

P. Petrini<br />

Dipartimento Salute mentale DSM ASL RM D e Docente <strong>di</strong><br />

<strong>Psichiatria</strong>, Università <strong>di</strong> Cassino<br />

La violenza ai danni dell’in<strong>di</strong>viduo nel campo <strong>della</strong> psichiatria<br />

sembrerebbe originare dalla presa in carico con il TSO<br />

(un intervento per il bene del paziente, ma sostanzialmente<br />

contro <strong>di</strong> Lui) fino all’estrema ratio dell’elettroshock. Tali<br />

interventi provocano giustamente, in<strong>di</strong>gnazione, angoscia e<br />

repulsione nelle persone che non avevano mai pensato che<br />

certe cose potessero accadere nella nostra società “premuro-<br />

MODERATORI<br />

L. Ancona, L.S. Filippi<br />

sa”, negli ospedali, tra dottori e pazienti, dove con tutti gli<br />

altri operatori finiscono per prendersi cura <strong>di</strong> loro, dei malati<br />

<strong>di</strong> mente.<br />

Ma dobbiamo ripensare tale violenza sotto un contesto sociale,<br />

nelle scelte logistiche <strong>della</strong> collocazione dei reparti psichiatrici,<br />

negli arre<strong>di</strong>, nello stesso inquadramento del paziente<br />

che finisce per essere un numero: “C’è una 180 in arrivo!”.<br />

Nella esposizione cercheremo <strong>di</strong> inquadrare la violenza in<br />

una nuova prospettiva, quella meno evidente, quella occulta,<br />

considerando i meccanismi <strong>di</strong> controllo, sorveglianza e<br />

punizione esercitati dal potere ad altri livelli <strong>di</strong> pervasione,<br />

<strong>di</strong> persuasione e <strong>di</strong> perversione, ai livelli che ogni giorno<br />

tutti noi dobbiamo sopportare.<br />

C’è più violenza nel “ricovero coatto” o nelle “porte aperte”<br />

<strong>di</strong> un reparto? C’è più violenza nella “cura-contenzione” o<br />

nella “negazione <strong>della</strong> patologia” o <strong>di</strong> un ricovero? Quanto<br />

questa violenza occulta è prodotta dal singolo in<strong>di</strong>viduo<br />

(operatore), dalla sua cultura, dalla sua storia, dalla sua stanchezza<br />

e quanto dalle “organizzazioni”, dai loro deficit, dai<br />

loro fallimenti?<br />

La soluzione è nella filosofia <strong>della</strong> cura, tracciata da una<br />

legge attuale, ma che deve <strong>di</strong>ventare patrimonio degli operatori.<br />

Il resto possiamo sintetizzarlo in una frase: “la mente del<br />

malato <strong>di</strong> mente si cura con la mente, con il cuore e con i<br />

farmaci”.<br />

La violenza implicita nella legislazione<br />

psichiatrica <strong>di</strong> ieri<br />

G. Leggeri<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Criminologia, Università <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”<br />

La legge del 14 febbraio 1904 (successive mo<strong>di</strong>fiche nel<br />

1908, cui accennerò, che attenuavano solo in parte la caratteristica<br />

dominante nella legislazione <strong>di</strong> allora) rappresentava,<br />

rispetto al passato, un’importante variazione: il malato<br />

<strong>di</strong> mente, l’alienato, non doveva soltanto essere rinchiuso e<br />

isolato: la struttura doveva assumere le caratteristiche proprie<br />

<strong>di</strong> un ospedale e, il Manicomio (così era chiamato), oltre<br />

all’assistenza doveva prevedere, nei limiti allora conosciuti,<br />

anche il progetto <strong>di</strong> cura.<br />

La nuova Legge (Legge 180) propugnava la chiusura dei<br />

Manicomi, il malato mentale doveva essere considerato come<br />

gli altri malati, e mo<strong>di</strong>ficava sostanzialmente la “visuale<br />

giuri<strong>di</strong>ca” del malato <strong>di</strong> mente, malato che, fino allora,<br />

veniva considerato simile al soggetto che aveva commesso<br />

un reato e per il suo “essere malato <strong>di</strong> mente”, la <strong>Società</strong> lo<br />

rinchiudeva e lo isolava.<br />

La violenza insita nella Legge del 1904, al <strong>di</strong> là del termine<br />

“Manicomio” con cui veniva specificato il luogo <strong>di</strong> cura,<br />

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