XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

è il tempo in cui il paziente esperisce i sintomi associati al panico,
più i meccanismi di condizionamento che mantengono i
sintomi stessi avranno il tempo di strutturarsi e diventare cronici,
rendendo l’intervento psicoterapico meno efficace. Il criterio
di inclusione sarà il sospetto di disturbo di panico recente.
La diagnosi definitiva verrà fatta utilizzando l’intervista
SCID. Criterio di esclusione è rappresentato da grave comorbidità
per disturbi dell’asse I e II e dalla comorbidità per patologie
organiche rilevanti.
La valutazione dei pazienti verrà effettuata da operatori che
saranno in cieco rispetto al trattamento ricevuto da ogni singolo
paziente. Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo
della paroxetina, mentre la CBT prevede incontri 1-2 volte alla
settimana per 16 settimane. È previsto un follow-up alla fine
dei trattamenti, a distanza di 2-6-12 mesi dalla fine degli interventi
e qualora dovessero comparire ricadute durante il follow-up.
L’ipotesi che intendiamo verificare attraverso il nostro
studio è di valutare se l’intervento con CBT in pazienti affetti
da DAP con durata breve di malattia offra vantaggi significativi
in termini di prognosi ed esito rispetto ad un intervento
farmacologico classico.
Bibliografia
Fava GA, Rafanelli C, Grandi S, Conti S, Ruini C, Mangelli L, Belluardo
P. Long-term outcome of panic disorder with agoraphobia
treated by exposure. Psychol Med 2001;31:891-8.
Gould RA, Otto MW, Pollack MH. A meta-analysis of treatment
outcome for panic disorder. Clinical Psychology Review
1995;15:819-44.
401. Il clinical reappraisal study nell’ambito
dello studio ESEMED: implicazioni
e prospettive degli studi epidemiologici
F. Mazzi, V. Laviola, P. Morosini * , G. De Girolamo ** ,
G.P. Guaraldi
Università di Modena e Reggio Emilia; * Dipartimento di
Salute Mentale, Azienda USL Città di Bologna; ** Istituto
Superiore di Sanità, Roma
La scarsa affidabilità degli strumenti psicometrici utilizzati
nelle rilevazioni e la scarsa affidabilità degli intervistatori
laici sono tra le critiche che più frequentemente vengono
mosse agli studi epidemiologici. Lo studio Europeo
sull’Epidemiologia dei Disturbi Mentali (ESEMeD) si è
posto il problema di fornire un risposta metodologicamente
efficace a questo tipo di obiezioni. In Europa hanno partecipano
al progetto ESEMeD 6 nazioni, sono state raccolte
complessivamente circa 25.000 interviste da campioni
nazionali rappresentativi della popolazione. In tre dei paesi
ESEMeD (Francia, Italia e Spagna) è stato condotto uno
studio (Clinical Reappraisal Study, CRS) di rivalutazione
della diagnosi ottenuta nella prima fase da intervistatori
laici, con la CIDI, con quelle ottenute con un’intervista semi-strutturata
(SCID) somministrata da clinici addestrati
al suo uso. Sono stati inclusi un totale di 450 soggetti. Per
valutare l’affidabilità della CIDI rispetto alla SCID è stato
utilizzato l’indice K di Cohen. I dati preliminari mettono
in evidenza una bassa correlazione tra CIDI e SCID. In generale
la ricerca sembra evidenziare che le interviste condotte
da personale laico anche con strumenti completa-
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POSTER
mente strutturati come la CIDI siano scarsamente affidabili
e che i dati ottenuti da indagini epidemiologiche che utilizzano
tali strumenti dovrebbe essere accettati con cautela
o ricalibrati attraverso l’uso di strumenti più affidabili
come la SCID.
Bibliografia
Alonso J, et al. The European study of the epidemiology of mental
disorders (ESEMeD) project: rationale and methods. Int J
Methods Psychtr Res 2003;11:55-67.
Alonso J, et al. Sampling and methods of the European study of the
epidemiology of mental disorders (ESEMeD) project. Acta Psychiatr
Scand 2004;109:8-20.
Kessler RC, Ustun TB. The World Mental Health (WMH) Survey
Initiative version of the World Health Organization (WHO)
Composite International Diagnostic Interview (CIDI). Int J
Method Psychtr Res 2004;13:93-120.
402. Terapia con quetiapina nel Disturbo
Bipolare in comorbidità con dipendenza
da cocaina: a case report
E. Minciotti
Dipartimento Salute Mentale, ASL 1, Umbria, Centro di Salute
Mentale Città di Castello, ASL 1
Introduzione: la comorbidità tra disturbo bipolare e disturbi
d’abuso/dipendenza di sostanze è clinicamente rilevante
sia per la sua elevata frequenza, sia per le peculiari
difficoltà che pone in termini diagnostici, terapeutici e prognostici.
Metodologia: viene riportato il caso di un uomo di 27 anni
con diagnosi di disturbo di tipo I in comnorbidità con dipendenza
da cocaina. La diagnosi si è avvalsa dell’intervista
clinica SCID I (Structured Clinical Interview For DSM-
IV Disorders) e della YMRS (Young Mania Rating Scale). Il
craving verso la cocaina è stato valutato con la versione a 10
item del Cocaine Craving Questionnaire.
Risultati: il paziente è stato trattato inizialmente con acido
valproico e lorazepam, terapia che ha interrotto per un rialzo
degli enzimi epatici ed eccessiva sonnolenza. Successivamente
è stata introdotta quetiapina ad un dosaggio crescente
da 200 a 300 mg/die. Dopo circa 4 mesi alla rivalutazione
con le precedenti scale il paziente ha mostrato un
notevole miglioramento della sintomatologia affettiva e una
riduzione del craving alla cocaina. Il paziente durante la terapia
non ha lamentato effetti collaterali.
Conclusioni: questo case-report conferma i dati presenti in
letteratura circa l’efficacia di quetiapina nel disturbo bipolare
e il sua possibile utilità nei disturbi da sostanze.
Bibliografia
1 Brown ES, Nejtek VA, Perantie DC, Bobadilla L. Quetiapine in
bipolar disorder and cocaina dependance. Bipolar Disorders
2002;4:406-11.
2 Pancheri P. La doppia diagnosi, disturbi psichiatrici e dipendenza
da sostanze. Scientific Press, Firenze, 2002.