XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

188. L’inserimento lavorativo del soggetto
schizofrenico: fattori predittivi correlati
all’esito
F. Mazzi, V. Saltini * , S Olivero * , L. De Gennaro, L. Perli,
V. Laviola, M. Rigatelli
Clinica Psichiatrica Università di Modena, Azienda Unità
Sanitaria Locale di Modena; * Cooperativa Sociale Aliante
Diverse ricerche hanno evidenziato che tra i fattori che influenzano
l’inserimento lavorativo di soggetti schizofrenici,
i deficit neurocognitivi e l’intelligenza sociale sembrano
avere un ruolo rilevante nel predirne l’esito.
Altri autori sottolineano che non siano tanto le caratteristiche
soggettive del paziente, ma la qualità degli interventi a
sostegno dell’inserimento ad influire sull’esito, essi sottolineano
che il contesto dell’inserimento lavorativo è l’elemento
che influisce in modo determinante sul risultato.
Lo scopo di questo studio è di valutare i processi riabilitativi
finalizzati all’inserimento lavorativo, attuati nella realtà
delle cooperative sociali della provincia di Modena e di evidenziare
quali fattori tra quelli indagati sono maggiormente
predittivi dell’esito.
Strumenti psicometrici:
– SCID-I, Clinical Global Impression-Schizophrenia;
– attenzione e memoria di lavoro;
– span di cifre (SCALA WAIS);
– PASAT;
– memoria e intelligenza;
– memoria di prosa;
– matrici progressive di Raven 1938;
– teoria della mente e intelligenza sociale;
– racconti sulle false credenze di 1° 2° ordine;
– mach IV scale;
– valutazione della qualità della vita;
– MANSA;
– valutazione del contesto riabilitativo e delle capacità lavorative;
– scheda per la definizione delle capacità lavorative (apprendimento,
professionalità, autonomia, rispetto delle
regole, integrazione sociale).
Risultati preliminari sembrano attribuire all’intelligenza sociale
il peso maggiore nel predire l’esito dell’inserimento lavorativo.
189. Determinanti della polifarmacoterapia
antipsicotica: uno studio prospettico
M. Mazzullo, B. Biancosino, L. Grassi
Università di Ferrara, Dipartimento di Discipline Medico-
Chirurgiche della Comunicazione e del Comportamento,
Sezione di Psichiatria
La polifarmacoterapia antipsicotica è documentata nel 30%
in vari settings di cura psichiatrici, ma non è sostenuta dalle
linee-guida perché associata a molti svantaggi e solo ipotetici
vantaggi. Lo studio ha valutato quali siano i fattori determinanti
di una politerapia antipsicotica e di alte dosi di
antipsicotici. È stato svolto nella Residenza psichiatrica “La
Luna” di Ferrara che offre trattamenti a breve e medio-termine.
Sono stati valutati tutti i pazienti ammessi alla strut-
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POSTER
tura da Gennaio 1998 a Dicembre 2003, con diagnosi psichiatrica
in base all’ICD 10 e terapia antipsicotica alla dimissione
come criteri d’inclusione, raccogliendo per ciascuno
dati sociodemografici e clinici, ad es. durata di malattia,
tipo di farmaci, abuso di sostanze, severità di malattia in base
alla BPRS. Si sono convertite le dosi di farmaci in Defined
Daily Dose, condotte due analisi di regressione logistica
per valutare gli scopi del lavoro e si è usata l’analisi fattoriale
della BPRS di Ventura. Dei 354 pazienti ammessi
100 hanno usato politerapia, risultata più frequente in soggetti
giovani, schizofrenici, non complianti, con forti sintomi
positivi refrattari alla monoterapia. Determinante più importante
della politerapia e delle alte dosi alla dimissione è
stata la politerapia all’ingresso, in base all’analisi di regressione.
Sarebbero interessanti nuovi trials caso-controllo sul
campione ristretto verso cui è rivolta la politerapia, da cui
poter derivare nuove linee-guida.
190. Oxcarbazepine in long-term add-on
therapy of patients with bipolar disorder
inadequately responsive to treatment
G. Mellino, M.C. Hardoy, A. Garofalo, B. Carpiniello,
H. Grunze * , M.G. Carta
University of Cagliari; * University LMU Munich
Introduction/objective: to assess the long-term response to
add-on oxcarbazepine therapy in patients with bipolar disorder
who were not adequately responding to ongoing mood
stabilizers.
Methods: outpatients with bipolar disorder (DSM-IV-TR)
responding inadequately to ongoing treatment with anticonvulsants,
traditional mood stabilizers, or other atypical or
typical antipsychotics were observed prior to and following
the addition of oxcarbazepine. Severity of symptoms was
evaluated using the Clinical Global Impression Scale for
Bipolar Disorder (CGI-BP). Patients were assessed at least
once every 2 months, but not less frequent than eight times
per year. Scores 1 point higher than previous CGI-BP scores
or adjustment of treatment were counted as relapses. Efficacy
was assessed by calculating the relative risk of relapse
before and during oxcarbazepine treatment.
Results: 16 patients (9 males, mean age 42 ± 18.0 years)
were observed prospectively for an average of 6.9 months
(range 3-12 months) before the addition of oxcarbazepine.
Patients were subsequently followed for an average of 24.2
months (range 12-36 months) during add-on therapy with
oxcarbazepine at a mean daily dose of 628 ± 246 mg. Prior
to the addition of oxcarbazepine, an overall mean relapse
rate of 2.33 episodes/year was recorded, which related to
1.40 depressive episodes/year and 0.93 manic or mixed
episodes/year. Following the addition of oxcarbazepine,
overall relapse rates were reduced to 0.55 episodes/year.
When compared with the period during oxcarbazepine treatment,
the relative risk of relapse prior to add-on therapy
with oxcarbazepine was increased to 4.55 for all episodes (p
< 0.0001), 3.94 for depressive episodes (p < 0.0001), and
4.82 for manic or mixed episodes (p < 0.005).
Conclusions: this naturalistic follow-up study supports potential
efficacy of add-on oxcarbazepine in the long-term
treatment of manic/mixed and depressive episodes of bipo-