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XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

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SIMPOSI TEMATICI<br />

24 FEBBRAIO 2005 - ORE 14.15-15.45<br />

SALA CAVALIERI 3<br />

S57 - Curare ed educare, coscienza e libertà<br />

Dove c’era l’Es, dovrà esserci l’Io<br />

R. Rossi<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze Oftalmologia e Genetica, Sezione<br />

<strong>Psichiatria</strong>, Università <strong>di</strong> Genova<br />

Queste note riguardano la relazione tra aspetti pedagogici e<br />

<strong>di</strong>mensioni psicoanalitiche: la problematica comporta una<br />

serie <strong>di</strong> preclusioni e <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi, da parte <strong>della</strong> psicoanalisi,<br />

che vede con estremo sospetto ogni atteggiamento psicopedagogico,<br />

e da parte <strong>della</strong> pedagogia, che tende allo<br />

scetticismo verso i riferimenti inconsci e preconsci.<br />

In realtà, la situazione parte dalle affermazioni freu<strong>di</strong>ane Wo<br />

Es war das Ich soll bin, che si deve leggere come l’esigenza,<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni fantasia creativa e <strong>di</strong> liberazione totale,<br />

del controllo pulsionale e quin<strong>di</strong> del principio, prima che <strong>di</strong><br />

autoconsapevolezza, <strong>di</strong> repressione pulsionale, a cui segue<br />

la nota freu<strong>di</strong>ana che insegnare, come governare, è un mestiere<br />

impossibile, in quanto non lo si può fare senza reprimere.<br />

Ci si occupa quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> chiarire e definire il problema <strong>della</strong><br />

creazione del SuperIo ausiliario, e degli equilibri tra le varie<br />

istanze, tra Es, SuperIo e mondo esterno, in cui l’Io si presenta<br />

come me<strong>di</strong>atore e quin<strong>di</strong> portatore del conflitto: le varie<br />

modalità <strong>di</strong> SuperIo tollerante, o compiacente, dalla rigi<strong>di</strong>tà<br />

ossessiva all’impostazione delinquenziale, vengono<br />

presentate nella loro struttura e nella loro <strong>di</strong>namica.<br />

Il problema <strong>della</strong> colpa, <strong>della</strong> <strong>di</strong>pendenza e <strong>della</strong> limitazione<br />

<strong>della</strong> libertà in<strong>di</strong>viduale, come <strong>di</strong>fficile equilibrio da raggiungere,<br />

legata all’esigenza del tributo da pagare al vivere<br />

civile in termini pulsionali, è un problema che connette le<br />

funzioni analitiche con quelle pedagogiche.<br />

Relazioni <strong>di</strong> potere, appren<strong>di</strong>mento<br />

e autonomia<br />

M. Iacono<br />

Università <strong>di</strong> Pisa<br />

L’appren<strong>di</strong>mento dell’autonomia presuppone e nello stesso<br />

tempo permette <strong>di</strong> sviluppare l’autonomia dell’apprendere.<br />

Non si tratta soltanto <strong>di</strong> un gioco <strong>di</strong> parole. Il fatto è che<br />

l’autonomia, qualcosa che si avvicina a quella che Kant<br />

chiamava l’uscita dallo stato <strong>di</strong> minorità e cioè l’uso dell’intelletto<br />

senza la guida <strong>di</strong> un altro, può e deve essere appresa,<br />

mentre l’appren<strong>di</strong>mento implica che chi apprende<br />

può e deve essere autonomo. Situazione paradossale. Come<br />

fa un bambino a giocare questo gioco, ad apprendere l’autonomia<br />

e a essere autonomo per e nell’apprendere, se ha giusto<br />

bisogno <strong>di</strong> una guida che lo aiuti in questo rimando tra<br />

appren<strong>di</strong>mento e autonomia? Tutto <strong>di</strong>pende dalla relazione<br />

che viene a stabilirsi tra colui/colei che guida e colui/colei<br />

che è guidato. Se il primo non ha già appreso il senso <strong>di</strong> sa-<br />

MODERATORI<br />

P. Pfanner, R. Rossi<br />

persi ritirare per lasciare spazio al secondo e non ne sa indovinare<br />

il momento; se trasforma la relazione <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento,<br />

che è comunque una relazione <strong>di</strong> potere, in uno, per<br />

<strong>di</strong>rla con Foucault, stato <strong>di</strong> dominio, in una con<strong>di</strong>zione cioè<br />

in cui egli si rende insostituibile e l’altro non può più fare a<br />

meno <strong>di</strong> tale presenza, <strong>di</strong>ventandone <strong>di</strong>pendente, allora il<br />

rapporto tra autonomia e appren<strong>di</strong>mento finisce con il paralizzarsi.<br />

Diventa in tal caso impossibile riconoscerne la storia<br />

e il senso, in<strong>di</strong>viduare i mutamenti <strong>della</strong> relazione, trasformare<br />

i ruoli <strong>di</strong> chi guida e <strong>di</strong> chi è guidato. È allora che<br />

un circolo virtuoso <strong>di</strong>venta un circolo vizioso.<br />

Se le relazioni <strong>di</strong> potere tendono a mantenere rigide le gerarchie<br />

e le <strong>di</strong>ssimmetrie esistenti fra coloro che vi partecipano<br />

oppure i partecipanti usano tutti i mezzi fisici e simbolici<br />

per conservare la loro posizione entro il sistema <strong>di</strong> relazione<br />

dato, allora esse si trasformano in stati <strong>di</strong> dominio.<br />

Sotto questo aspetto i confini fra relazioni <strong>di</strong> potere e stati <strong>di</strong><br />

dominio non sono facilmente in<strong>di</strong>viduabili. I rapporti fra genitori<br />

e figli, per esempio, sono relazioni <strong>di</strong> potere basate su<br />

gerarchie e <strong>di</strong>ssimmetrie, ma <strong>di</strong>ventano stati <strong>di</strong> dominio<br />

quando non si mo<strong>di</strong>ficano, quando cioè la comunicazione<br />

simbolica è in una parte decisiva utilizzata per il mantenimento<br />

e la conservazione dei rapporti così come sono. Non<br />

credo che possano esistere società senza relazione <strong>di</strong> potere.<br />

Ma ogni atto comunicativo da parte <strong>di</strong> chi si trova più in alto<br />

nella relazione <strong>di</strong> potere (un genitore, un insegnante, un<br />

terapeuta) può essere finalizzato a ricordare a colui che si<br />

trova più in basso la sua posizione e le conseguenti sottomissione<br />

e obbe<strong>di</strong>enza che sono a ciò dovute. Ogni atto comunicativo<br />

<strong>di</strong> questo tipo trasforma la relazione <strong>di</strong> potere in<br />

stato <strong>di</strong> dominio. Una trasformazione siffatta tuttavia non ci<br />

<strong>di</strong>ce che ci troviamo necessariamente <strong>di</strong> fronte a un evento<br />

irreversibile e, a sua volta, immo<strong>di</strong>ficabile. Non è in sostanza<br />

un semplice atto comunicativo a causare <strong>di</strong> per sé una vera<br />

e propria trasformazione da una relazione <strong>di</strong> potere a uno<br />

stato <strong>di</strong> dominio che sia tale da impe<strong>di</strong>re ogni mo<strong>di</strong>ficazione<br />

futura.<br />

L’educazione come strategia <strong>di</strong> aiuto<br />

M. Cannao<br />

IRCCS “E. Medea” de La Nostra Famiglia<br />

Se è vero che in senso generale l’educazione si può definire<br />

semplicemente come l’apporto con cui si “guida” l’in<strong>di</strong>viduo<br />

verso modelli <strong>di</strong> comportamento che il contesto socioculturale<br />

ritiene adeguati, è altrettanto vero che il processo<br />

educativo si declina in una grande varietà <strong>di</strong> formule, in rapporto<br />

all’età e al livello <strong>di</strong> sviluppo dell’educando. Se poi<br />

quest’ultimo è un soggetto mentalmente <strong>di</strong>sabile, specie se<br />

in età evolutiva, i significati dell’educazione devono essere<br />

intesi come risposte a bisogni altamente specifici poiché, a<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto accade nella normalità, non si tratta sol-<br />

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