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XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

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Introduzione al tema “Terapia del male”<br />

M. Marchetti<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”<br />

In accordo con Paul Ricoeur 1 si potrebbe affermare che<br />

“il problema del male costituisca ad un tempo la più grande<br />

provocazione a pensare e l’invito più subdolo a sragionare”.<br />

D’altro canto, come ricorda Mary Midgley 2 , occorre tenere<br />

presente che gli esseri umani hanno sviluppato dei<br />

sentimenti etici che sono proprio quello che ci si potrebbe<br />

aspettare che evolva quando una creatura altamente sociale<br />

come l’uomo <strong>di</strong>venta abbastanza intelligente da rendersi<br />

conto dei conflitti profon<strong>di</strong> fra i suoi moventi.<br />

Noi non possiamo quin<strong>di</strong> che ragionare in termini <strong>di</strong> bene<br />

e male ed ogni tentativo <strong>di</strong> eludere questa antinomia rischia<br />

<strong>di</strong> essere connotato da un razionalismo astratto che<br />

ben poco può esserci d’aiuto e <strong>di</strong> conforto a fronte <strong>della</strong><br />

sofferenza che il male costantemente ci provoca.<br />

Il senso <strong>di</strong> estraneità e <strong>di</strong> rifiuto che sperimentiamo <strong>di</strong><br />

fronte ad alcuni comportamenti che vengono ancora erroneamente<br />

definiti efferati come se fossero tipici <strong>di</strong> un<br />

comportamento ferino che invece non appare mai gratuito<br />

o volutamente crudele come, a volte, invece, quello<br />

umano, potrebbe freu<strong>di</strong>anamente anche essere interpretato<br />

come una <strong>di</strong>fesa ma può anche essere visto evolutivamente<br />

come l’espe<strong>di</strong>ente del nostro sistema cognitivo <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>carci una strada da seguire all’interno delle complesse<br />

interazioni sociali.<br />

Da qualche tempo è in atto un tentativo che si potrebbe<br />

definire coraggioso <strong>di</strong> riconsiderare in termini psichiatrici<br />

il male in quanto tale.<br />

A fronte <strong>di</strong> alcuni comportamenti estremi degli esseri<br />

umani la “ semplice “ spiegazione in termini <strong>di</strong> follia o se<br />

vogliamo <strong>di</strong> un qualche Disturbo Mentale appare infatti<br />

non bastare o essere chiaramente in contrasto con le evidenze<br />

cliniche. D’altra parte pensare che parlando <strong>di</strong> psicopatia<br />

o <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo antisociale ovvero ancora <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo<br />

sa<strong>di</strong>co si sia più oggettivi e più scientifici o, ancora<br />

peggio, che con una “cura” adeguata il male possa scomparire<br />

dal mondo rischia <strong>di</strong> essere una pericolosa illusione.<br />

Bibliografia<br />

1 Ricoeur P. Finitu<strong>di</strong>ne e colpa. Bologna: Il Mulino 1960.<br />

2 Midgley M. The Etical Primate: Humans Freedom and Morality.<br />

Londra: Routledge 1994.<br />

23 FEBBRAIO 2005 - ORE 16.00-17.30<br />

SALA CAVALIERI 2<br />

S41 - Terapia del male<br />

MODERATORI<br />

M. Marchetti, U. Fornari<br />

103<br />

SIMPOSI TEMATICI<br />

Angeli <strong>di</strong> ritorno: dall’inferno carcerario la<br />

terapia eroica del <strong>di</strong>abolico<br />

M. Iannucci<br />

A.S. 10 <strong>di</strong> Firenze, C.C. <strong>di</strong> Sollicciano Firenze<br />

Esiste davvero qualcosa <strong>di</strong> “<strong>di</strong>abolico” nelle persone, talune<br />

delle quali si sono rese protagoniste <strong>di</strong> atroci crimini, <strong>di</strong> cui<br />

ci pren<strong>di</strong>amo cura come psichiatri dei luoghi <strong>di</strong> detenzione?<br />

A questa domanda taluni terapeuti sembrano dare, negli ultimi<br />

anni, una risposta perentoria e <strong>di</strong>sarmante: sì, esiste<br />

davvero in tali soggetti qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>abolico, in loro il bad<br />

prevale nettamente sul mad, tanto che non solo li lasciamo<br />

giu<strong>di</strong>care come sani <strong>di</strong> mente fornendo in tal senso i nostri<br />

pareri <strong>di</strong> esperti forensi, ma in<strong>di</strong>chiamo anche come inesistenti<br />

o trascurabili le opportunità terapeutiche.<br />

In oltre venticinque anni <strong>di</strong> esperienza terapeutica nei penitenziari,<br />

non mi è mai capitato <strong>di</strong> deporre le armi nella terapia<br />

<strong>di</strong> quei soggetti che, fra coloro che sono affetti dalla malattia<br />

trasgressiva, appaiono senza dubbio i più <strong>di</strong>fficili da<br />

curare: i cinici. In costoro, la particolare <strong>di</strong>sposizione del<br />

senso <strong>di</strong> colpa rende estremamente arduo il consolidarsi <strong>di</strong><br />

un legame efficace tra il terapeuta e il suo paziente. Nel lavoro<br />

descriverò:<br />

– le caratteristiche che deve possedere il terapeuta che accetti<br />

la <strong>di</strong>fficile e pericolosa sfida <strong>di</strong> simili trattamenti;<br />

– i luoghi, e delle circostanze, che rendono meno temibile<br />

tale terapia, o che la rendono sopportabile, per il singolo<br />

terapeuta e per l’intera società;<br />

– le relazioni tra le caratteristiche ottimali del terapeuta e i<br />

luoghi <strong>della</strong> terapia.<br />

L’inferno carcerario insegna che, se si vuole mettere mano,<br />

senza bruciarsi, alla terapia del male, occorre avere trascorso<br />

una stagione all’inferno. In simili casi c’è qualcosa <strong>di</strong><br />

creativamente trasgressivo nella competenza del terapeuta,<br />

qualcosa che rimanda a una inversione benigna. Solo chi<br />

raggiunge una sufficiente consapevolezza dell’inversione<br />

benigna può avviarsi senza eccessivi timori alla terapia del<br />

male, riuscendo a veicolare quel tanto <strong>di</strong> ironia, e <strong>di</strong> speranza,<br />

che sono in<strong>di</strong>spensabili in queste impossibili traslazioni.<br />

Questa in<strong>di</strong>spensabile consapevolezza non può che crescere<br />

parallelamente all’esperienza clinica nei luoghi <strong>di</strong> pena (<strong>di</strong><br />

reclusione/reclusione). I terapeuti esperti, tra l’altro, si riconosceranno<br />

per la capacità <strong>di</strong> astenersi da ogni pregiu<strong>di</strong>zio<br />

nei confronti dei crimini “atroci” in cui si imbattono e dei<br />

loro autori. In tale <strong>di</strong>rezione verrà sottolineato il valore <strong>della</strong><br />

competenza acquisita sul campo e, dall’altra parte, il pericolo<br />

<strong>di</strong> interventi occasionali e limitati al semplice assessment<br />

forense. È l’esperienza dell’inferno carcerario – dei<br />

meccanismi, dei limiti e persino delle potenzialità <strong>di</strong> tale inferno<br />

– che rende possibile la terapia del male.

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