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XI Congresso della Società Italiana di Psicopatologia Psichiatria ...

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SIMPOSI TEMATICI<br />

realtà e le sue rappresentazioni questa fiaba metaforica, dal<br />

significato profondo, si traduce nella speranza, criticata appunto<br />

da Calvino, che l’impoverimento che ci circonda riguar<strong>di</strong><br />

esclusivamente il ritratto che ci facciamo del mondo,<br />

vale a <strong>di</strong>re i nostri linguaggi rappresentativi e descrittivi, le<br />

nostre teorie ed esperienze, e non anche il mondo, la natura<br />

cui tutto ciò si riferisce. In questa sindrome c’è la segreta e<br />

vana illusione che a questo deterioramento si possa un bel<br />

giorno porre fine semplicemente ripristinando il nostro legame<br />

con il mondo e rimettendoci in sintonia con esso, in<br />

modo che ciò che noi sappiamo e <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> esso possa tornarne<br />

a riecheggiarne la ricchezza, la complessità e l’articolazione.<br />

A imbruttire progressivamente non sarebbe quin<strong>di</strong><br />

la realtà, ma l’immagine che noi ne proponiamo: e come rime<strong>di</strong>o<br />

basterebbe, allora, tornare a scoprire e a contemplare<br />

il suo vero volto.<br />

Alla base <strong>di</strong> questa sindrome c’è un concetto chiave, quello<br />

<strong>di</strong> rappresentazione, declinata sulla base dell’idea che il<br />

mondo esterno ci trasmetta un’informazione che esisterebbe<br />

preconfezionata in esso e che deve dunque venire semplicemente<br />

estratta per opera <strong>di</strong> un sistema cognitivo. Secondo il<br />

senso comune tra<strong>di</strong>zionale, l’ambiente nel quale gli organismi<br />

si evolvono e che essi arrivano a conoscere è prestabilito,<br />

fissato e unico, e ha pertanto una sua storia in<strong>di</strong>pendente<br />

da quello delle modalità attraverso le quali cerchiamo <strong>di</strong> far<br />

presa su esso, <strong>di</strong> conoscerlo e <strong>di</strong> rappresentarcelo. Da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista gli organismi sarebbero fondamentalmente<br />

paracadutati in un ambiente già autonomamente delineato,<br />

almeno a gran<strong>di</strong> linee, nella sua struttura.<br />

Opponendosi a questa facile illusione Calvino ci ha lasciato<br />

in ere<strong>di</strong>tà, come tema e motivo sul quale sviluppare un’approfon<strong>di</strong>ta<br />

riflessione, il problema del rapporto tra “realtà”<br />

e sua rappresentazione, che a suo modo <strong>di</strong> vedere non può<br />

essere convenientemente affrontato partendo dal presupposto<br />

che sia possibile tracciare una netta linea <strong>di</strong> demarcazione<br />

tra questi due domini, in quanto la realtà del mondo è costituita,<br />

in modo essenziale e ormai ineliminabile, anche dal<br />

complesso delle rappresentazioni, descrizioni, interpretazioni<br />

che l’uomo ha via via elaborato <strong>di</strong> esso e continua incessantemente<br />

a produrre.<br />

Riaffiorano così, in tutta la loro attualità, le parole che Calderon<br />

de la Barca fa <strong>di</strong>re a Sigismondo, confuso tra realtà e<br />

sogno, ma risoluto a seguire la sua coscienza; la sola cosa<br />

che davvero conta: il senso prezioso del valore <strong>di</strong> un ideale,<br />

che attraversa e innerva <strong>di</strong> significati la vita, sia essa vissuta,<br />

immaginata o sognata: “Che è la vita? Un’illusione, solo<br />

un’ombra, una finzione, e il maggior bene, un bisogno del<br />

nulla, la vita è un sogno e i sogni sono … Ma che sia realtà<br />

o sogno, il giusto conta”.<br />

Questo problema non è più il semplice frutto <strong>della</strong> riflessione<br />

<strong>di</strong> scrittori e filosofi ed è entrato nella nostra coscienza<br />

collettiva da quando, l’11-09-2001 “la storia si presenta come<br />

un film” come <strong>di</strong>ce Alessandro Baricco in un articolo a<br />

commento <strong>della</strong> trage<strong>di</strong>a delle Torri gemelle.<br />

“La Storia non era mai stata così … una paura ine<strong>di</strong>ta, mai<br />

avuta prima: non è il semplice stupore <strong>di</strong> vedere la finzione<br />

<strong>di</strong>ventare realtà: è il terrore <strong>di</strong> vedere la realtà più seria che<br />

ci sia accadere nei mo<strong>di</strong> <strong>della</strong> finzione … Ne siamo terrorizzati<br />

perché è come se qualcuno, improvvisamente e in<br />

modo così spettacolare, ci avesse portato via la realtà: è come<br />

se ci informasse che non ci sono più due cose, la realtà<br />

e la finzione, ma una, la realtà, che ormai può accadere sol-<br />

tanto nei mo<strong>di</strong> dell’altra, la finzione: e non solo per scherzo,<br />

nelle trasmissioni televisive in cui veri uomini <strong>di</strong>ventano<br />

falsi per far finta <strong>di</strong> essere veri, ma anche nelle curve più<br />

reali, atroci, clamorose e solenni dell’accadere. Sembrava<br />

un gioco: adesso non lo è più … è andato in corto circuito il<br />

raffinato meccanismo con cui la nostra civiltà da tempo<br />

scherzava col fuoco e drogava la realtà spingendola verso le<br />

performences che sarebbero solo a portata <strong>della</strong> finzione.<br />

Credevamo <strong>di</strong> poter mantenere un sufficiente dominio su<br />

quel giochetto. Ma qualcuno, da qualche parte, ha perso il<br />

controllo. A nome <strong>di</strong> tutti. Adesso è facile chiamarlo pazzo,<br />

ma è evidente che è pazzo <strong>di</strong> una pazzia assai <strong>di</strong>ffusa in famiglia.<br />

L’abbiamo coltivata allegramente: adesso eccoci<br />

qui, con il televisore davanti che ci srotola quella storia smerigliata<br />

e perfetta, eccoci qui, col vago sospetto <strong>di</strong> essere lo<br />

show del sabato sera <strong>di</strong> qualcuno.<br />

Qui a guardarci intorno impauriti, giusto per verificare che<br />

tutto questo è vita, magari morte, ma non un film”.<br />

Ci troviamo dunque sempre più <strong>di</strong> fronte a una realtà che accade<br />

nei mo<strong>di</strong> <strong>della</strong> finzione e a un conseguente annullamento<br />

<strong>della</strong> <strong>di</strong>stanza tra realtà e finzione che si riflette con<br />

evidenza nei <strong>di</strong>versi palinsesti televisivi, dove accanto alle<br />

gran varietà <strong>di</strong> “fiction”, trasmesse ormai da così tanto tempo<br />

da rendere ormai del tutto familiari i loro <strong>di</strong>versi personaggi,<br />

sono apparsi una notevole quantità <strong>di</strong> programmi che<br />

mettono in scena, con ampia profusione <strong>di</strong> sentimenti vari,<br />

famiglie, fidanzati, amici che si amano, si lasciano, litigano<br />

e si abbracciano, dove il pubblico <strong>di</strong>venta, con il suo privato,<br />

protagonista.<br />

Abbiamo così da un lato la fiction che <strong>di</strong>venta realtà e dall’altro<br />

la realtà che <strong>di</strong>venta fiction. La manipolazione del bisogno<br />

(bi-sogno), alterato, indotto, trasformato dalle leggi<br />

del consumo, richiede un’analoga manipolazione del suo<br />

derivato, il desiderio, che controlli lo sviluppo naturale del<br />

percorso bisogni-desideri-realizzazione, per renderlo il più<br />

possibile omologato e conforme.<br />

Su questo terreno si inserisce poi il culto per le performances,<br />

cui fa riferimento Baricco, quel gioco <strong>di</strong> drogare la<br />

realtà, nel versante onnipotente <strong>della</strong> finzione.<br />

Questo uso, che sembra ormai inarrestabile, <strong>della</strong> finzione<br />

come una realtà “patacca”, che si inserisce nella frattura fra<br />

reale e potenziale, sposta il nesso tra questi due termini in<br />

un’area <strong>di</strong> non-valore, insito nella <strong>di</strong>cotomia vero-finto, facendogli<br />

perdere quel senso ancora presente nella ra<strong>di</strong>ce del<br />

termine “virtuale”, connesso a un valore. Quel senso che<br />

emerge in modo chiaro dall’idea che quella che chiamiamo<br />

“realtà virtuale” costituisca un’esercitazione, ai limiti estremi,<br />

<strong>della</strong> nostra comprensione, del mondo come informazione<br />

e possa pertanto essere usata per esplorare sistematicamente<br />

i confini dell’esperienza umana e per entrare nel<br />

mondo <strong>della</strong> possibilità non allo scopo <strong>di</strong> contemplarne la<br />

varietà e le mille sfaccettature e <strong>di</strong> raccontarlo, ma per cercare<br />

<strong>di</strong> capire quale siano le sue potenziali interazioni con la<br />

realtà effettuale, in virtù delle quali essa può retroagire su<br />

quest’ultima e riuscire così non solo a mo<strong>di</strong>ficarla, ma a potenziarla.<br />

Vale, a questo proposito, la pena <strong>di</strong> ricordare, per meglio<br />

comprenderne la natura e il significato, l’origine <strong>di</strong> questa<br />

idea <strong>di</strong> “potenziamento”. Nel 1990 due ricercatori dei laboratori<br />

<strong>della</strong> Boeing, Tom Caudell e David Minzell, lavorando<br />

su un prototipo che rimpiazzasse gli strumenti <strong>di</strong> bordo <strong>di</strong> un<br />

aereo, svilupparono un congegno che i piloti potevano “in-<br />

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