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Ermattung - Societa italiana di storia militare

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Virgilio Ilari<br />

<strong>Ermattung</strong><br />

Combat pour l'histoire militaire<br />

dans un pays réfractaire<br />

2011<br />

1


1. <strong>Ermattung</strong> (da scrivere)<br />

In<strong>di</strong>ce:<br />

2. Epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (1999)<br />

3. Gli stu<strong>di</strong> strategici in Italia (2001)<br />

4. Imitatio, restitutio, utopia. La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nel pensiero strategico<br />

moderno (2001)<br />

5. Clausewitz in Italia (2010)<br />

6. Lomonaco, Foscolo, Tibell: Storia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> un suici<strong>di</strong>o filosofico (2010)<br />

7. Genesi della prima bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> (2011)<br />

8. Strategia della Storia (2011)<br />

9. Il Car<strong>di</strong>nal Fessarione (da scrivere)<br />

10. Bibliografia <strong>di</strong> Virgilio Ilari<br />

2


2. EPISTEMOLOGIA DELLA STORIA MILITARE 1<br />

(Ottobre 1999)<br />

Episte...che?<br />

“Ce n’est pas l’histoire, mais l’entendement (ou la raison)<br />

qui découvre le concept. Ce qui est vrai, c’est que le con-<br />

cept risque d’etre <strong>di</strong>ssimulé, à certain époques, par les mo-<br />

<strong>di</strong>fications historiques (...) L’expérience historique a favo-<br />

risé la prise de conscience théorique. La raison, effective-<br />

ment, ne s’exerce pas dans le vide, elle travaille toujours<br />

sur une matière, mais Clausewitz <strong>di</strong>stingue, sans les op-<br />

poser, la conceptualisation et le raisonnement d’une part,<br />

l’observation historique de l’autre”.<br />

Raymond Aron, Penser la guerre, I, p. 456.<br />

E’ naturale che il titolo <strong>di</strong> questa relazione abbia sollevato qualche bonario sorriso, proprio tra chi<br />

meglio mi conosce e dunque poteva aspettarsi un qualche segno della mia “eccentricità” ... per non<br />

<strong>di</strong>r <strong>di</strong> peggio! Ma questa relazione nasce dagli stessi questiti sollevati dal senatore Brutti,<br />

sottosegretario alla Difesa e grande storico del <strong>di</strong>ritto romano, nel <strong>di</strong>scorso che ha aperto questo<br />

convegno: qual è, in ambito <strong>militare</strong>, il rapporto tra <strong>storia</strong> “interna” e <strong>storia</strong> “esterna”? Qual è il<br />

rapporto tra <strong>storia</strong> e pensiero <strong>militare</strong>? Tali quesiti implicano l’“epistemologia”, vale a <strong>di</strong>re una<br />

riflessione critica (logos) sulla scienza (epistéme). Tale riflessione presuppone una filologia, vale a<br />

<strong>di</strong>re l’accertamento dell’origine e dello sviluppo dei concetti e dei meto<strong>di</strong> scientifici, ma il suo<br />

compito specifico è <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>carne il valore cognitivo, allo scopo <strong>di</strong> massimizzarne i risultati teorici e<br />

pratici e <strong>di</strong> orientarne, in prospettiva, il futuro processo evolutivo.<br />

Nell’ambito delle scienze umane, e in particolare della <strong>storia</strong>, l’esigenza epistemologica è<br />

generalmente poco avvertita o è considerata in modo riduttivo, come una mera questione “<strong>di</strong><br />

metodo”. Ma più spesso è rimossa come secondaria o inessenziale, tanto più che da parte della<br />

stragrande maggioranza degli autori, anche accademici e <strong>di</strong> genio, è felicemente ignorata.<br />

Nell’ambito della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, notoriamente meno acculturata e sofisticata <strong>di</strong> altre <strong>di</strong>scipline<br />

storiche, sollevare la questione epistemologica può ancor oggi sembrare una bizzarria se non una<br />

impertinente provocazione. Del resto è sintomatico che perfino le poche dozzine <strong>di</strong> scritti, per lo più<br />

incidentali e poco pregnanti, de<strong>di</strong>cati al significato e allo scopo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (v. bibliografia)<br />

non sembrano aver coscienza <strong>di</strong> essere embrionali “epistemologie” <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>sciplina.<br />

1 "Epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>", in Acta del II convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, Roma, Centro Alti Stu<strong>di</strong><br />

Difesa, 28-29 ottobre 1999, Roma, Commissione Italiana <strong>di</strong> Storia Militare, 2001, pp. 47-70. [online su scribd].<br />

3


Storia generale e <strong>storia</strong> caporale<br />

Oltre a varie ragioni futili, la ragione forte <strong>di</strong> tante resistenze è l’idea corrente, quasi lapalissiana,<br />

che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sia (o debba essere) un settore specializzato della <strong>storia</strong> cosiddetta “generale”<br />

(Gesamtgeschichte). Lo affermava negli anni Trenta la nostra Enciclope<strong>di</strong>a <strong>militare</strong>, lo hanno<br />

ripetuto nella nostra generazione maestri insigni come André Corvisier e, in riferimento incidentale<br />

alla questione delle cattedre universitarie specifiche, anche Giorgio Rochat.<br />

E’ facile comprendere che tali definizioni riflettono l’intento pratico, storicamente e<br />

culturalmente determinato, <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tare gli stu<strong>di</strong> storico militari nell’ambito accademico, dove<br />

soltanto in epoca recentissima la scienza politica ha germogliato i primi corsi ancillari <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong><br />

strategici”. Non<strong>di</strong>meno in esse si manifesta la tassonomia sostanzialista e gerarchica degli stu<strong>di</strong><br />

storici alla quale si ispirano appunto gli or<strong>di</strong>namenti accademici, quel che Fueter chiamava<br />

“Schubladensystem” (a proposito del Siècle de Louis XIV voltairriano, capostipite dell’“histoiretableau”)<br />

e Febvre “le système de la commode”, nei cui cassetti collocare or<strong>di</strong>natamente i vari<br />

settori e sottosettori della realtà e della relativa storiografia (politica, arte, <strong>di</strong>ritto, economia, guerra<br />

ed eserciti e così via).<br />

Il guaio è che il concetto <strong>di</strong> <strong>storia</strong> “generale” è del tutto privo <strong>di</strong> senso. Certamente esistono un<br />

“pensiero storico” e una “scienza storica”, vale a <strong>di</strong>re un atteggiamento culturale e un metodo<br />

comuni a tutte le <strong>di</strong>scipline storiche: è dunque corretto, anche se un po’ tautologico, definire la<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> come “<strong>di</strong>sciplina specialistica della scienza storica”, come ha fatto nel 1976 un<br />

gruppo <strong>di</strong> lavoro dell’ufficio storico della Bundeswehr (MFA) presieduto da H. Huerten. Ma<br />

“scienza storica” non equivale affatto a “<strong>storia</strong> generale”. Forse piacerebbe chiudere la <strong>storia</strong> in un<br />

suo ghetto <strong>di</strong>lettevole quanto innnocuo e insignificante, ma per fortuna il pensiero storico spunta<br />

dappertutto e la critica storica è onnivora.<br />

Ma non può esistere una <strong>storia</strong> che, per quanto vasta, complessa e magari “universale”, non sia in<br />

realtà specialistica, se non in relazione all’oggetto almeno allo scopo. Lo sono anche la <strong>storia</strong> della<br />

storiografia e quella, più penetrante e meno frequentata, del “pensiero storico” (nel senso definito da<br />

Santo Mazzarino). In realtà l’unica chiave in cui è possibile concepire una <strong>storia</strong> “generale” è quella<br />

escatologica della <strong>storia</strong> sacra e della filosofia della <strong>storia</strong>, non a caso antagonizzate dalla relativa<br />

storiografia critica.<br />

In realtà il concetto <strong>di</strong> <strong>storia</strong> “generale” è il mero riflesso dell’or<strong>di</strong>namento accademico, dove le<br />

<strong>di</strong>scipline storiche fondamentali sono scan<strong>di</strong>te per “epoche” (o meglio in base alla <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong> leggere e interpretare le fonti) mentre quelle connotate da aggettivi non temporali (“<strong>storia</strong><br />

americana”) o da genitivi (“<strong>storia</strong> dell’arte”) sono in genere considerate ancillari e spesso<br />

facoltative. Ma questa prassi della corporazione accademica risponde a criteri talmente lontani dal<br />

rigore epistemologico da riconoscere “specializzazioni” ad<strong>di</strong>rittura esilaranti come la “<strong>storia</strong> del<br />

Risorgimento” <strong>di</strong> spadoliniana memoria.<br />

La scansione “per epoche” riflette il passato predominio della <strong>storia</strong> “politica” o “nazionale”<br />

(histoire-bataille) derivata dalla storiografia classica e dall’annalistica. Ma oggi, per fortuna,<br />

ciascuna specializzazione “epocale” in<strong>di</strong>ca soltanto un fascio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline particolari, le uniche che<br />

abbiano davvero un senso e un interesse scientifico. In realtà la scansione per epoche si limita a<br />

registrare il <strong>di</strong>verso rango socioculturale delle storiografie, dall’eccellenza aristocratica della <strong>storia</strong><br />

“antica” e “me<strong>di</strong>evale” fino al lumpenproletariat della <strong>storia</strong> “contemporanea”, talora meno acuta e<br />

informata dei tanto <strong>di</strong>sprezzati contributi extra-accademici alla ricostruzione e narrazione del<br />

passato.<br />

L’“oggetto” e lo “scopo”. Quale specificità della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>?<br />

4


Tra i molti vantaggi pratici <strong>di</strong> questo “incasellamento” della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in quella “generale” vi<br />

è <strong>di</strong> sgombrare il campo da ogni complicazione epistemologica. Infatti se è una semplice parte <strong>di</strong> un<br />

tutto, il problema è riassorbito dalla “generale” epistemologia del metodo storico.<br />

Ma su cosa si fonda allora, la specificità della <strong>di</strong>sciplina? La risposta, altrettanto lapalissiana, è<br />

che si fonda sulla specificità del suo “oggetto”, vale a <strong>di</strong>re “il <strong>militare</strong>”. E su cosa si fonda, allora, la<br />

“specificità” del <strong>militare</strong>? Clausewitz, com’è noto, se la cavava con una metafora un po’ zoppa: la<br />

“tattica” (ossia il campo specifico del “<strong>militare</strong>”) non ha una logica <strong>di</strong>stinta dalla “politica”; tuttavia<br />

gode nei confronti della politica della medesima autonomia che una “grammatica” avrebbe rispetto<br />

alla “logica”. Francamente non mi pare che questo elegante giochetto spieghi gran che: Mao<br />

Zedong andava più al sodo quando <strong>di</strong>ceva che spettava al “partito” comandare “i fucili”.<br />

Infatti è del tutto impossibile delimitare concettualmente un campo <strong>di</strong> ricerca usando un aggettivo<br />

sostantivato come surrogato <strong>di</strong> un sostantivo che, non a caso, nessuna lingua ha mai potuto coniare.<br />

L’aggettivo “<strong>militare</strong>” può applicarsi ad un numero assai elevato <strong>di</strong> sostantivi, dalla filatelia alla<br />

musica, inclusi molti sostantivi che in<strong>di</strong>cano vere e proprie <strong>di</strong>scipline; non soltanto, com’è ovvio,<br />

quelle che designano le applicazioni tecniche delle scienze esatte, ma tutte le scienze umane:<br />

geografia, <strong>di</strong>ritto, economia, politica, arte, sociologia, filosofia, psicologia, teologia, gender stu<strong>di</strong>es<br />

... perchè non c’è facoltà o attività umana che non sia investita dalla guerra e non possa essere<br />

sfruttata come fattore bellico e anche specificamente <strong>militare</strong>, magari a cominciare proprio<br />

dall’antimilitarismo e dalle ricerche sulla pace.<br />

Non c’è dunque da meravigliarsi se finalmente, soprattutto negli ultimi decenni, tutte le scienze<br />

umane <strong>di</strong>verse dalla <strong>storia</strong> hanno cominciato ad investigare gli aspetti “storico-militari” del proprio<br />

campo <strong>di</strong> indagine. Basta soltanto chiarire che una <strong>storia</strong> della me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> o dell’assistenza<br />

spirituale alle forze armate non sono la stessa cosa <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> del servizio sanitario o del<br />

fattore religioso nella coesione delle truppe. Quel che le rende <strong>di</strong>fferenti è il <strong>di</strong>verso interesse<br />

(focus, scopo, destinatario) della ricerca e dunque il tipo <strong>di</strong> fonti che essa deve utilizzare e <strong>di</strong><br />

cognizioni che essa presuppone nello stu<strong>di</strong>oso. E’ dunque sullo scopo, non sull’oggetto, che si<br />

fonda, o dovrebbe fondarsi, la specificità <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> propriamente “<strong>militare</strong>”. Ed è chiaro che,<br />

essendo il <strong>militare</strong> una semplice modalità della politica, lo scopo della <strong>storia</strong> propriamente<br />

“<strong>militare</strong>” non può esser altro che uno scopo “politico”.<br />

Il settore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> nel quale mi sono formato, quello della <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto, ha conosciuto un<br />

<strong>di</strong>battito epistemologico ben più antico, più approfon<strong>di</strong>to e culturalmente più agguerrito <strong>di</strong> quello<br />

che ha finora interessato la cosiddetta <strong>storia</strong> “generale”, per non parlare della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, ultima<br />

arrivata. La <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto è stata infatti, dopo la <strong>storia</strong> sacra, la seconda <strong>di</strong>sciplina storica<br />

affiancatasi al genere letterario della storiografia classica. Ma la <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto non deriva dalla<br />

<strong>storia</strong>, bensì dal <strong>di</strong>ritto, che è anch’esso, come il <strong>militare</strong>, una semplice modalità della politica (con<br />

tutto il rispetto per la separazione costituzionale dei poteri, che sono, appunto, tutti “politici”).<br />

Come più tar<strong>di</strong> la <strong>storia</strong> della me<strong>di</strong>cina o dell’economia, anche quella del <strong>di</strong>ritto non è nata,<br />

infatti, da un accumulo <strong>di</strong> conoscenze storiche, bensì da un’esigenza critica - non soltanto tecnica,<br />

ma soprattutto etico-politica - interna alla scienza o alla prassi <strong>di</strong> riferimento (me<strong>di</strong>ca, giuri<strong>di</strong>ca,<br />

economica) resa stagnante dal principio <strong>di</strong> autorità e da una dogmatica considerata insod<strong>di</strong>sfacente.<br />

E a sua volta la <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto è stata, agli albori dell’età moderna, l’incunabolo della scienza<br />

politica e, agli albori dell’età contemporanea, l’incunabolo dell’economia e della sociologia.<br />

Anche nel campo degli stu<strong>di</strong> storico-giuri<strong>di</strong>ci si è verificata, a partire dalla fine degli anni<br />

Sessanta, una crescente inflazione degli approcci extragiuri<strong>di</strong>ci, invano avversata dai pochi autori<br />

che hanno cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere - anche con scritti teorici ma soprattutto con ricerche esemplari - la<br />

specificità della <strong>storia</strong> “interna” del <strong>di</strong>ritto (vale a <strong>di</strong>re una <strong>storia</strong> rigorosamente “giuri<strong>di</strong>ca”) dal<br />

nuovo gusto sociologizzante per la <strong>storia</strong> “esterna” delle istituzioni e della prassi giu<strong>di</strong>ziaria e<br />

negoziale: e della stessa scienza giuri<strong>di</strong>ca. Dubito che l’apporto della nuova storiografia giuri<strong>di</strong>ca<br />

5


abbia davvero arricchito la <strong>storia</strong> economica, sociale e politica, o magari quella <strong>militare</strong>. Ma<br />

certamente la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> specificità e la conseguente marginalizzazione della <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto ha<br />

impoverito la scienza giuri<strong>di</strong>ca, privandola dell’unico antidoto critico al rapido rifiorire <strong>di</strong> una<br />

nuova dogmatica grossolana, brodo <strong>di</strong> coltura della barbarie giu<strong>di</strong>ziaria e legislativa <strong>di</strong> cui<br />

quest’ultimo decennio ci ha già dato i primi assaggi (come sempre nel vile silenzio, se non quando<br />

nella cinica complicità, <strong>di</strong> molti scienziati del <strong>di</strong>ritto).<br />

La <strong>di</strong>fesa accademica della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

Com’è logico, a sollevare un po’ <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito sulla natura e sugli scopi della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, sono<br />

stati assai più i suoi <strong>di</strong>fensori che i suoi detrattori. Facendo un bilancio complessivo <strong>di</strong> tutti questi<br />

interventi, emerge anzitutto che si tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fesa su due fronti contrad<strong>di</strong>ttori. Alcuni, come<br />

Corvisier, si sono preoccupati <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la <strong>di</strong>gnità accademica <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina a lungo<br />

<strong>di</strong>sprezzata dalle università, per lo meno da quelle continentali, ed ancor oggi appena tollerata con<br />

qualche sufficienza, secondo il principio che un sigaro e una cattedra non si negano a nessuno. E in<br />

tale perorazione non si è mancato <strong>di</strong> esibire il martirologio degli storici militari all’epoca della<br />

“traversée du désert”, col celebre caso della cattedra a lungo negata a Delbrueck dall’Università <strong>di</strong><br />

Berlino e meno noti ostracismi contro gli eroici pionieri francesi fino al 1971, quando la Sorbona<br />

sessantottarda concesse finalmente una cattedra a Guy Pedroncini, forse perdonandogli lo stu<strong>di</strong>o<br />

“collaborazionista” sull’alto comando del maresciallo Foch, in virtù dell’altro suo stu<strong>di</strong>o-denuncia<br />

sulla censurata mutinerie del 1917.<br />

Naturalmente la <strong>di</strong>fesa accademica deve sostenere che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> non presenta sostanziali<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> metodo e <strong>di</strong> interesse rispetto alle altre <strong>di</strong>scipline storiche riconosciute dall’università.<br />

Infine lo stesso Corvisier riconosce giustamente <strong>di</strong> essere uno storico “dei militari” piuttosto che<br />

uno storico “<strong>militare</strong>”. Anche in Italia la situazione non è <strong>di</strong>versa, se si pensa che la corrente oggi<br />

dominante nella produzione storico <strong>militare</strong> accademica è formata dagli “storici delle classi<br />

<strong>di</strong>rigenti” (rappresentati dalle “scuole” torinese, padovana e napoletana) e che una commissione <strong>di</strong><br />

dottorato formata da costoro ha ritenuto “non attinente” alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> una proposta <strong>di</strong> ricerca<br />

sulla recezione <strong>di</strong> Clausewitz in Italia.<br />

Ho qualche dubbio, pensando all’esperienza <strong>italiana</strong> e alle testimonianze dei colleghi francesi,<br />

che questa esibita “civilizzazione” della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sia davvero in grado <strong>di</strong> superare i preconcetti<br />

e le preclusioni accademiche. Ma ai fini epistemologici è una questione estrinseca, se non del tutto<br />

irrilevante. Che l’università <strong>di</strong> Berlino abbia fatto sospirare la cattedra a Delbrueck è un aspetto<br />

della <strong>storia</strong> della cultura accademica tedesca, non della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>. Alla quale appartiene invece<br />

il tempestoso rapporto tra Delbrueck e il Grande stato maggiore tedesco, fino alla nota requisitoria<br />

dello storico contro il piano Schlieffen e le lezioni sbagliate tratte dalla strategia federiciana e dalla<br />

vittoria cannense <strong>di</strong> Annibale, per non parlare del tendenzioso frainten<strong>di</strong>mento della lezione<br />

clausewitziana.<br />

Naturalmente il punto <strong>di</strong> vista del Grande stato maggiore su Delbrueck era identico a quello<br />

dell’Università <strong>di</strong> Berlino. Le burocrazie corporative amano accre<strong>di</strong>tarsi vicendevolmente sulla<br />

pelle degli eretici e dei contestatori, talora ricompensati da postume lacrime <strong>di</strong> coccodrillo.<br />

Sicuramente gli stati maggiori non hanno nulla da temere da una <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> accomodata nelle<br />

università ed estranea al <strong>di</strong>battito sulle decisioni strategiche e militari attuali. La selettività<br />

dell’accesso alle fonti archivistiche riduce fin quasi ad azzerarlo il rischio <strong>di</strong> polemiche fasti<strong>di</strong>ose (e<br />

in ogni caso inessenziali) e il finanziamento <strong>di</strong> ricerche eru<strong>di</strong>te migliora l’immagine e il prestigio, se<br />

non della funzione <strong>militare</strong>, almeno della burocrazia in uniforme.<br />

Inoltre la <strong>di</strong>fesa e l’involuzione accademica della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> confermano e rafforzano il<br />

ra<strong>di</strong>cato pregiu<strong>di</strong>zio dei tecnici militari nei confronti della sua utilità pratica. Questo aspetto non è<br />

6


stato finora chiaramente rilevato da coloro, più numerosi degli accademici, che hanno <strong>di</strong>feso la<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sull’altro fronte, quello dell’utilità per la strategia e il pensiero <strong>militare</strong>. Soltanto van<br />

Creveld ha rilevato <strong>di</strong> sfuggita che “this socializing of military history” sfocia spesso in una<br />

ricostruzione epocale (“static pictures”), in una histoire-tableau, utilissima per ridurre gli<br />

anacronismi nei romanzi e nei film storici ma a spese dello storicismo, cioè della critica e<br />

dell’intelligenza storica del presente.<br />

Ne sutor ultra crepidam!<br />

Ma la polemica <strong>di</strong> van Creveld verte soprattutto sulle incursioni <strong>di</strong>ssacratorie e pasticcione degli<br />

storici “profani”, accusati <strong>di</strong> non avere la più pallida idea della guerra e del modo <strong>di</strong> essere degli<br />

eserciti, <strong>di</strong> far perdere <strong>di</strong> vista che “lo scopo delle forze armate è, o dovrebbe essere, quello <strong>di</strong> fare<br />

la guerra” e <strong>di</strong> esporsi a “foolish misunderstan<strong>di</strong>ngs”. Chi, fra gli storici militari “duri e puri”, <strong>di</strong><br />

fronte a certi saggi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “allargata” non ha pensato almeno una volta al detto milanese<br />

“offelé fa ’l to mesté” (pasticciere, fa il tuo mestiere)?<br />

Ma a ben guardare non si vede per quale motivo i “duri e puri” debbano rammaricarsi se altre<br />

<strong>di</strong>scipline, dal loro punto <strong>di</strong> vista e con le proprie metodologie, fanno qualche innocua e magari<br />

fertilizzante “invasione <strong>di</strong> campo”. Non solo è del tutto legittimo, ma anche arricchente e dunque<br />

auspicabile che ciò avvenga in misura sempre più seria e rigorosa, anche per autoemendare, col<br />

tempo e la critica, qualche “pazzesco frainten<strong>di</strong>mento” (<strong>di</strong> cui non mancano certo esempi anche<br />

nella <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “dura e pura”). Senza contare che quel che non strozza ingrassa: in fondo<br />

l’allargamento accademico della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> consente anche a noi cuculi, a rischio <strong>di</strong> estinzione<br />

per le mici<strong>di</strong>ali doppiette degli stati maggiori, <strong>di</strong> deporre qualche strano uovo negli ignari ni<strong>di</strong> altrui<br />

...<br />

La questione forte che deve interessare quanti coltivano la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in rapporto alle esigenze<br />

strategiche e militari del presente, è quella <strong>di</strong> giustificarla nell’ambito della scienza strategica,<br />

dell’arte <strong>militare</strong> e delle <strong>di</strong>scipline militari settoriali (tattica, organica, logistica). Per poterlo fare è<br />

anzitutto necessario riflettere sulla vera origine della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, sfatando il luogo comune che la<br />

identifica con l’histoire-bataille, o histoire évenémentielle messa in berlina sessant’anni fa dalla<br />

scuola delle Annales. In realtà queste definizioni spregiative, del resto abbastanza sciocche, si<br />

riferivano all’enfasi “narrativista” della storiografia classica, vale a <strong>di</strong>re proprio a quella pretesa<br />

“<strong>storia</strong> generale” (o per meglio <strong>di</strong>re “nazionale”) scan<strong>di</strong>ta per “epoche” e “perio<strong>di</strong>” storici ricavati,<br />

come l’annalistica, dalla prosopografia dei governanti, nella quale i <strong>di</strong>fensori accademici della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> vorrebbero riassorbirla.<br />

Genealogia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “dura e pura”<br />

Le cose stanno però in modo <strong>di</strong>verso. Come la <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto e quella della me<strong>di</strong>cina e delle<br />

altre scienze e <strong>di</strong>scipline tecnico-scientifiche e umane, la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> non deriva affatto dalla<br />

storiografia classica o ad<strong>di</strong>rittura dall’annalistica, ma si è costituita proprio in antitesi ad essa,<br />

esattamente come la <strong>storia</strong> socio-economica e culturale perorata dalle Annales.<br />

All’origine della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> non ci sono né Tuci<strong>di</strong>de, né i racconti polibiani e liviani della<br />

pugna cannense né i Commentari <strong>di</strong> Giulio Cesare e nemmeno il confronto machiavelliano tra la<br />

milizia degli antichi e quella dei moderni: questi ultimi sono semmai fonti retrospettive, non<br />

modelli per la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>. All’origine della <strong>di</strong>sciplina c’è invece il tipico lavoro dell’intelligence,<br />

vale a <strong>di</strong>re la sistematica raccolta e il sistematico impiego ai fini decisonali <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e rapporti degli<br />

ambasciatori, delle spie e dei comandanti, carteggio dei coman<strong>di</strong> periferici, interrogatori <strong>di</strong><br />

prigionieri, statistiche socio-economiche, cartografie, progetti strategici, piani operativi, stu<strong>di</strong><br />

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tecnico-scientifici, segreti industriali. La più famosa, anche se forse non la più antica raccolta <strong>di</strong><br />

questo tipo <strong>di</strong> materiale è quella iniziata nel 1675 presso il Depot de la guerre annesso alla corte<br />

francese e affiancato a partire dal 1699 dall’analogo Depot de la marine, entrambi illustri antenati<br />

degli o<strong>di</strong>erni e declassati Services Historiques des Armées.<br />

Fu il materiale raccolto in questi Depots ad alimentare il grand dessein <strong>di</strong> Luigi XIV come la<br />

grande strategia <strong>di</strong> Lazare Carnot, l’“organisateur de la victoire” rivoluzionaria. Non furono i<br />

classici dell’arte <strong>militare</strong>, ma gli stu<strong>di</strong> elaborati sulla base <strong>di</strong> questo materiale, inclusi quelli ine<strong>di</strong>ti<br />

dell’ingegnere franco-savoiardo Bourcet, i testi che Bonaparte racconta <strong>di</strong> aver letto febbrilmente<br />

nelle due settimane dell’agosto 1794 in cui, prigioniero nel Fort Carré <strong>di</strong> Antibes, sfidava la<br />

prospettiva <strong>di</strong> una morte ingloriosa approfondendo lo stu<strong>di</strong>o della manovra compiuta nel 1745, su<br />

consiglio <strong>di</strong> Bourcet, dall’Armata delle Tre Corone borboniche comandata dal maresciallo<br />

Maillebois: e ora imitata, nel concetto generale, dall’Armée d’Italie, aggirando dalla Liguria il<br />

<strong>di</strong>spositivo austro-sardo dell’Alto Nizzardo.<br />

Era quin<strong>di</strong> una <strong>storia</strong> “riservata” o “del principe”, tanto più importante quanto più ignorata dai<br />

dotti (e dal potenziale nemico). Un tipo <strong>di</strong> <strong>storia</strong> scientifica e finalizzata che venne per la prima<br />

volta “democratizzata” nel 1766 con la pubblicazione della History of the Late War in Germany <strong>di</strong><br />

Humprey Evans Lloyd (il primo teorico anticonformista della “strategia geometrica”) e poi ancora<br />

nel 1797 con la <strong>storia</strong> della guerra della prima coalizione <strong>di</strong> Gerhard Johann David von Scharnhorst,<br />

un artigliere hanoveriano <strong>di</strong> estrazione borghese, giustamente considerato il fondatore della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> scientifica. Continuata poi dal suo allievo e pupillo Clausewitz con le splen<strong>di</strong>de monografie<br />

sulle campagne delle Coalizioni antifrancesi che hanno reso intellettualmente possibile il <strong>di</strong>verso<br />

progetto del Vom Kriege, insuperato tentativo <strong>di</strong> una teoria metastorica della guerra.<br />

Ciò spiega il ruolo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nella formazione degli ufficiali <strong>di</strong> stato maggiore e degli<br />

“uffici storici” istituiti all’inizio dell’Ottocento da tutti gli eserciti (e poi anche da molte marine)<br />

europei nell’ambito del comando del corpo <strong>di</strong> stato maggiore. Non servivano a formare i<br />

comandanti, ma a supportare l’attività dello stato maggiore con lo stu<strong>di</strong>o professionale e mirato dei<br />

precedenti e delle esperienze nazionali ed estere. Funzioni che oggi sono (o dovrebbero essere)<br />

proprie dell’intelligence: esse costituiscono anzi l’essenza stessa dell’intelligence, che non consiste<br />

(o non dovrebbe consistere) nella mera acquisizione delle informazioni, ma nella capacità <strong>di</strong><br />

“processarle” per orientare l’azione <strong>di</strong> governo in tutti i settori, incluso quello politico- e tecnico<strong>militare</strong>.<br />

Metamorfosi degli Uffici storici<br />

Nella seconda metà dell’Ottocento fu questo secondo tipo <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “scientifica” (ma in<br />

realtà letteraria e generalizzante) a prevalere su quella applicata e pratica prodotta dagli stati<br />

maggiori. Probabilmente al declassamento degli uffici storici ha contribuito in modo decisivo<br />

l’assorbimento delle loro funzioni più qualificanti da parte dei servizi informazioni, militari e civili<br />

(a proposito <strong>di</strong> open sources, secondo il senatore Cossiga la CIA compra tutto e legge tutto: ma<br />

neppur lui, quando comandava le Forze Armate italiane, è riuscito ad ottenere che le nostre<br />

molteplici rappresentanze a Washington acquistassero regolarmente almeno una piccola parte della<br />

sterminata e vertiginosa produzione anglosassone <strong>di</strong> libri strategici e militari. In fondo bastava<br />

prendere la metropolitana una volta al mese per andare a spigolare al mega bookshop <strong>militare</strong> della<br />

fermata Pentagon).<br />

Eppure posso testimoniare che i nostri ufficiali operativi la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> pratica sono<br />

perfettamente in grado <strong>di</strong> scriverla. Ho avuto infatti la fortuna <strong>di</strong> partecipare, ovviamente da<br />

“esterno” e con i dovuti limiti <strong>di</strong> riservatezza, ad una eccellente analisi a tutto tondo dell’esperienza<br />

dell’operazione Ibis in Somalia compiuta dagli ufficiali frequentatori della XLVI sessione (1994-<br />

8


95) del Centro alti stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa italiano (alcuni dei quali reduci dall’operazione). E <strong>di</strong> sfogliare,<br />

ormai declassificato, uno stu<strong>di</strong>o dell’VIII sessione (1956-57) sulle “previsioni e provve<strong>di</strong>menti per<br />

un caso <strong>di</strong> invasione del territorio nazionale” che <strong>di</strong>mostrava una acuta comprensione delle<br />

particolari caratteristiche strategiche e militari della guerra partigiana <strong>italiana</strong> - per inciso la più<br />

lunga, sanguinosa e insi<strong>di</strong>osa, sotto il profilo <strong>militare</strong>, incontrata dalla Wehrmacht nell’Europa<br />

occidentale. Comprensione del tutto assente, ritengo, nella sterminata letteratura pubblicata in<br />

argomento, sempre più rarefatta e istupi<strong>di</strong>ta dall’abuso degli stereotipi e dei canoni tralatizi.<br />

Ciò non significa ovviamente che gli Uffici storici siano <strong>di</strong>venuti superflui. A prescindere dalle<br />

numerose e complesse funzioni amministrative e archivistiche che in ogni caso li rendono necessari,<br />

dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale la loro visibilità esterna è stata semmai valorizzata, trasformandoli<br />

in “enti culturali delle Forze Armate” (come li ha definiti nel 1985 il secondo, e ultimo, Libro<br />

bianco della <strong>di</strong>fesa italiano) e aprendoli più o meno rapidamente (in Francia dal 1945) non soltanto<br />

alla pubblica consultazione degli archivi, ma anche alla collaborazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi esterni me<strong>di</strong>ante<br />

commissione e acquisto, ai fini della pubblicazione, <strong>di</strong> opere dell’ingegno <strong>di</strong> interesse storico<strong>militare</strong>.<br />

Naturalmente con alcune eccezioni, che in Italia riguardano ad esempio lo speciale Ufficio<br />

storico del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri (non esiste l’equivalente per gli altri corpi<br />

<strong>di</strong> polizia a statuto <strong>militare</strong> e civile, a parte qualche iniziativa collaterale o ad<strong>di</strong>rittura amatoriale).<br />

A <strong>di</strong>fferenza degli uffici storici continentali, quelli americani non si limitano però ad archiviare e<br />

microfilmare documenti cartacei, fotografici ed eventualmente cinematografici versati da enti<br />

esterni, ma progettano ed effettuano in modo autonomo vere e proprie campagne mirate <strong>di</strong> ricerca e<br />

acquisizione. Le più interessanti dal punto <strong>di</strong> vista dottrinale e operativo sono quelle relative alla<br />

“<strong>storia</strong> orale” imme<strong>di</strong>ata delle campagne e delle operazioni militari. Questa prassi risale<br />

all’operazione Torch (lo sbarco in Marocco del 1942). Durante la guerra <strong>di</strong> Corea operarono 8<br />

“<strong>di</strong>staccamenti <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>” e 26 nella guerra del Vietnam, dove furono realizzate 1.500<br />

interviste (la sola testimonianza orale del comandante in capo, generale William C. Westmoreland,<br />

è un documento <strong>di</strong> 600 pagine). Nel 1977-78, da interviste con approccio tematico fu tratto un<br />

documento <strong>di</strong> 800 pagine sull’Army Aviation, considerato il testo <strong>di</strong> riferimento obbligato per<br />

qualsiasi stu<strong>di</strong>o sull’impiego degli elicotteri in un conflitto periferico.<br />

E naturalmente gran parte <strong>di</strong> questo materiale è consultabile, non solo presso il Center of Military<br />

History <strong>di</strong> Washington, ma anche a casa propria in qualsiasi parte del mondo, semplicenente<br />

commissionandolo all’UPA (University Publications of America). Per ora la collezione UPA Armed<br />

Forces Oral Histories include due documenti relativi alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale (Combat<br />

Interviews e U. S. Army Senior Officer Oral Histories) e uno alla guerra <strong>di</strong> Corea (Korean War<br />

Stu<strong>di</strong>es and After Action Reports).<br />

Come racconta Frédéric Guelton, al termine della guerra del Golfo questa esperienza fu imitata,<br />

sia pure a titolo sperimentale, anche dal Service Historique de l’Armée de Terre (SHAT). La<br />

missione, ideata dal generale Janvier e affidata ad un solo ufficiale del SHAT, venne effettuata in<br />

sole due settimane in territorio sau<strong>di</strong>ta, iraqeno e kuwaitiano, relativamente al solo personale<br />

dell’esercito francese (Division Daguet), registrando soltanto 22 cassette per complessive 30 ore.<br />

Il fatto che, <strong>di</strong>versamente dagli enti storico-militari della Bundeswehr e delle Forze Armate<br />

francesi e americane, gli Uffici storici italiani siano rimasti formalmente inquadrati nei rispettivi<br />

stati maggiori <strong>di</strong> Forza Armata anzichè posti alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del ministro della Difesa, non<br />

implica certamente che la loro attività abbia ancora qualche influenza, neanche minima e in<strong>di</strong>retta,<br />

nel processo decisionale politico-strategico: implica semmai che sono un po’ più vincolati da<br />

supervisioni non professionali, un po’ meno liberi <strong>di</strong> sviluppare una efficace politica “interforze”<br />

della ricerca storico-<strong>militare</strong> e un po’ meno tenuti presente dal ministro.<br />

A <strong>di</strong>re il vero, si <strong>di</strong>rebbe che sia alquanto limitata anche l’influenza del Centro <strong>militare</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

strategici fondato nel 1987 dal generale Carlo Jean e perfino quella del nostro servizio informazioni<br />

9


<strong>militare</strong>, considerato che l’unica guida a <strong>di</strong>sposizione del comandante della missione Alba (la prima<br />

missione internazionale sotto comando italiano) era il numero speciale <strong>di</strong> Limes sull’Albania,<br />

cartine incluse, acquistabile dal giornalaio a 10 euro e rotti. Comunque qualora, per assurdo, stato<br />

maggiore, governo e alto commissariato non sapessero già tutto quel che c’è da sapere, ritengo che i<br />

nostri uffici storici sarebbero in grado <strong>di</strong> fornire all’istante, in comoda e piacevole lettura, tutti i<br />

supporti informativi, e<strong>di</strong>ti ed ine<strong>di</strong>ti, sulle interessanti esperienze fatte dall’Italia durante le sue<br />

precedenti occupazioni dell’Albania e del Kosovo (dal 1914 al 1943). Il fatto che sia passato mezzo<br />

secolo ha un’importanza relativa, se qualcuno, come ad esempio Guelton, ritiene che, prima <strong>di</strong><br />

invadere l’Afghanistan, l’Unione Sovietica avrebbe fatto bene a stu<strong>di</strong>are le due <strong>di</strong>sastrose campagne<br />

inglesi del 1839 e 1878.<br />

“Histoire critique” e idola tribus<br />

Anche nell’epoca in cui gli Uffici storici erano maggiormente considerati nell’ambito degli stati<br />

maggiori, la loro attività aveva poco a che vedere con il tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillare “regole”, “principi”,<br />

“ammaestramenti” (o, come preferiscono gli autori angloamericani, “lessons”, “pre<strong>di</strong>caments”,<br />

“pre<strong>di</strong>ctions”) dall’esperienza <strong>militare</strong> del passato, come facevano i trattati <strong>di</strong> strategia e arte<br />

<strong>militare</strong> coevi o posteriori al Vom Kriege.<br />

Nella Notice sur la théorie actuelle de la guerre et sur son utilité premessa al Précis de l’art de la<br />

guerre, Antoine Henry Jomini racconta <strong>di</strong> essersi “rejeté” sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> per cercarvi le “vere<br />

regole” e una teoria oggettiva della guerra, lasciando “le champ toujors si incertain des systèmes<br />

personnels” esposti nei trattati sull’arte della guerra; naturalmente non l’arida e minuziosa “histoire<br />

purement militaire”, né “l’histoire à la fois politique et militaire”, bensì “l’histoire critique,<br />

appliquée au principes de l’art, et plus spécialement affectée à développer les rapports des<br />

événements avec ces principes”. Una <strong>storia</strong> “critica” iniziata da Feuquières e da Lloyd e che Jomini<br />

riteneva <strong>di</strong> aver rifondato con la sua Histoire critique et militaire des guerres de la révolution (a suo<br />

<strong>di</strong>re scopiazzata dall’o<strong>di</strong>ato Clausewitz almeno per la campagna del 1799 ...). Come la maggior<br />

parte degli scrittori <strong>di</strong> strategia e arte <strong>militare</strong>, Jomini considerava la <strong>storia</strong> come “stratégothèque<br />

universelle”, secondo l’efficace concetto coniato dal generale Lucien Poirier (Les voix de la<br />

stratégie, Paris, Fayard, 1985, pp. 26 ss.).<br />

In realtà, jominiana o delbrueckiana, l’histoire critique non impedì agli stati maggiori <strong>di</strong><br />

trasformarsi in “popoli del Libro”. Ciascuno bran<strong>di</strong>va il suo, chi il Vom Kriege, chi gli Etudes sur le<br />

combat antique et moderne, chi il Dominio dell’aria: tutti, beninteso, intonsi come il Corano dei<br />

cattivi musulmani e la Bibbia dei buoni cattolici. Ma, a parte il culto totemico degli idola tribus, le<br />

dottrine operative e la regolamentazione tattica, per non parlare dell’alto comando politico-<strong>militare</strong>,<br />

non sapevano proprio che farsene <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “scientifica” beatamente ignara che la<br />

guerra “assomiglia ad un camaleonte” e incapace <strong>di</strong> interpretare lo sviluppo tecnico-scientifico e le<br />

reali questioni sul tappeto. Il cui contributo, a forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillare e semplificare, si riduceva in<br />

definitiva a quattro o nove “principi della guerra”, illuminanti come responsi della Sibilla cumana, e<br />

così tanto “immutabili” e “universali” da <strong>di</strong>fferire a seconda della lingua nazionale.<br />

“Innere Nutzen der Militaergeschichte”<br />

Nel 1960-61, mentre si stava ancora completando il riarmo tedesco-occidentale nel quadro<br />

atlantico, sulle pagine della Wehrkunde si tenne un coraggioso <strong>di</strong>battito sull’utilità della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong>, una <strong>di</strong>sciplina assai apprezzata nella DDR per l’influsso del pensiero <strong>militare</strong> sovietico, ma<br />

che nella Repubblica Federale era stata investita dall’“elaborazione del lutto” per la seconda e<br />

decisiva sconfitta della Germania e, in qualche misura, perfino dall’ideologia della denazificazione<br />

10


e dell’espiazione della “colpa collettiva” che aveva condotto ad<strong>di</strong>rittura a ban<strong>di</strong>re lo stesso concetto<br />

<strong>di</strong> “geopolitica”.<br />

Il <strong>di</strong>battito tendeva a <strong>di</strong>fendere l’utilità (Nutzen) della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> non tanto all’interno delle<br />

università (dove non era nemmeno pensabile poter rimettere piede) quanto all’interno della nuova<br />

Bundeswehr (una forza armata che presentava l’Innere Fuehrung come una rottura della tra<strong>di</strong>zione<br />

<strong>militare</strong> nazionale, quando era invece il culmine dell’Auftragstaktik; e che, ancora negli anni<br />

Settanta, pensava <strong>di</strong> fregare i German haters aggiornando il canzoniere con John Brown’s Body e<br />

When the Saints).<br />

Nel <strong>di</strong>battito risultò minoritaria la tesi dell’utilità “pratica” per trarne un “metodo applicato”<br />

(applikatorische Methode) alla soluzione dei problemi operativi. Questione ampiamente <strong>di</strong>scussa in<br />

rapporto alla questione della teoria della guerra nel IV capitolo del secondo libro del Vom Kriege<br />

de<strong>di</strong>cato al “metho<strong>di</strong>smus”, ossia alla dottrina e regolamentazione delle operazioni militari. E’ però<br />

significativo che nessuno degli autori intervenuti nel <strong>di</strong>battito, neppur quelli che <strong>di</strong>fendevano<br />

l’utilità pratica del metodo storico, si sia richiamato a queste pagine, forse le più analitiche e acute<br />

mai scritte in materia. Maggiori consensi vennero invece alla tesi minimalista, che riconosceva alla<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> una “utilità interiore” (Innere Nutzen) per la formazione culturale e intellettuale<br />

dell’uomo <strong>di</strong> guerra (non solo il soldato, ma anche il <strong>di</strong>plomatico, lo statista, lo speculatore, il<br />

pacifista ...).<br />

Ma, se non conserva più alcuna utilità ai fini della decisione tecnico-politica, perchè mai la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> dovrebbe essere necessaria, o almeno utile per la formazione intellettuale o almeno<br />

culturale dell’uomo <strong>di</strong> guerra? Molti famosi signori della guerra, da Bonaparte a Patton, hanno<br />

testimoniato e raccomandato <strong>di</strong> leggere i classici dell’arte <strong>militare</strong> e le memorie dei gran<strong>di</strong> capitani.<br />

Lawrence d’Arabia <strong>di</strong>ceva che con duemila anni <strong>di</strong> esperienza alle spalle non abbiamo alcuna<br />

giustificazione se non sappiamo fare la guerra. Ma tutti costoro ritenevano che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

avesse scopi pratici, non soltanto “interiori”.<br />

Certamente, nella tassonomia <strong>di</strong>dattica dell’arte <strong>militare</strong>, la <strong>storia</strong> resta parte, assieme alla<br />

geografia e all’ingegneria militari, del “trivio” degli stu<strong>di</strong> ancillari e propedeutici (ma sotto un altro<br />

punto <strong>di</strong> vista, superiori) che avrebbero dovuto vivificare il “quadrivio” (strategia, tattica, organica e<br />

logistica). Tuttavia ha senso soltanto se è strettamente riservata alla formazione <strong>di</strong> una specifica<br />

competenza <strong>militare</strong>, quella cioè dell’ufficiale superiore <strong>di</strong> stato maggiore (che a mio avviso<br />

dovrebbe essere ripristinato proprio come corpo autonomo, per assicurare la vera <strong>di</strong>rezione<br />

“tecnico-<strong>militare</strong>” <strong>di</strong> una presudo-professione che <strong>di</strong> fatto si risolve in una mera sommatoria <strong>di</strong><br />

mille mestieri <strong>di</strong>fferenti).<br />

Al contrario la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> è stata declassata al livello elementare degli allievi ufficiali <strong>di</strong> linea<br />

- per giunta imparata a pappagallo, tra l’ora <strong>di</strong> scherma e quella <strong>di</strong> ballo, su “sinossi” scritte da<br />

pedanti e insegnate da ignoranti (Giuseppe Moscardelli, che teorizzava e soprattutto praticava<br />

l’“anticattedra”, è l’unico docente, non soltanto fra quelli <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, ancor oggi ricordato con<br />

affetto dai veterani usciti da Modena negli anni Cinquanta e Sessanta. Ad<strong>di</strong>o, mio capitano!). Fatta<br />

in questo modo e con quel destinatario, la <strong>di</strong>dattica della “<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>” ha finito per trasformarsi<br />

nella più efficace immuno-profilassi contro ogni eventuale interesse storico e ogni capacità storicocritica<br />

dei futuri ufficiali.<br />

Processo culminato <strong>di</strong> recente con l’inserimento <strong>di</strong> corsi “storico-umanistici” forniti dalle<br />

Università viciniori agli Enti <strong>di</strong> reclutamento dei sottufficiali e volontari <strong>di</strong> truppa a ferma<br />

quinquennale, nella pia speranza <strong>di</strong> incentivare le vocazioni guerriere con l’esca della “laurea<br />

breve” (da non confondere col sistema liberale dei prestiti d’onore e delle borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o che si usa<br />

in America. Noi infatti facciamo all’“europea”, aggiorniamo l’ancien régime, quando il “rollo <strong>di</strong><br />

milizia” garantiva esenzioni da tasse e corvées, privilegio del foro civile e criminale, porto d’armi e<br />

11


licenza <strong>di</strong> caccia. Ma la carne da cannone, gente in grado <strong>di</strong> vedere la faccia del nemico, si razziava<br />

nelle taverne e nelle carceri o si acquistava da imprese specializzate).<br />

Può <strong>di</strong>spiacere che nel dopoguerra sia scomparsa, in modo più o meno permanente, dai corsi<br />

superiori <strong>di</strong> alcune scuole <strong>di</strong> guerra europee (dai programmi svolti negli anni Ottanta presso l’Air<br />

University americana si ricava però un giu<strong>di</strong>zio del tutto opposto). Tuttavia, considerata l’attività<br />

che si ricava ad esempio da Alere Flammam, il notiziario della Scuola <strong>di</strong> guerra dell’Esercito<br />

Italiano, forse è stato meglio così, nonostante il valore <strong>di</strong> alcuni docenti <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (ad<br />

esempio i generali Stefani e Pirrone e, per l’Istituto <strong>di</strong> guerra marittima, l’ammiraglio Ramoino) e<br />

con tutta la dovuta considerazione per qualche testo notevole come Il conflitto civile cinese (1945-<br />

49).<br />

Del resto la Scuola <strong>di</strong> guerra <strong>italiana</strong> ha incontrato la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> anche in altri contesti<br />

<strong>di</strong>dattici, soprattutto presso le cattedre <strong>di</strong> tattica e logistica, ma anche nell’attività del Centro analisi<br />

sui conflitti contemporanei <strong>di</strong> Franco Alberto Casa<strong>di</strong>o collegato con la cattedra <strong>di</strong> strategia globale<br />

del generale Boscar<strong>di</strong> (fortunatamente la preziosa documentazione accumulata in vent’anni è stata<br />

salvata dall’incuria burocratica per generosa iniziativa personale dalla dottoressa Marina Cerne, che<br />

la conserva nella sua casa <strong>di</strong> Gorizia mettendola a <strong>di</strong>sposizione della locale università). O nel<br />

magnifico elaborato sul <strong>di</strong>battito relativo alle “<strong>di</strong>fese alternative” prodotto da un gruppo <strong>di</strong> lavoro<br />

del corso superiore del 1976, non a caso animato dall’allievo Carlo Jean.<br />

Invece il fatto <strong>di</strong> aver conservato o ripristinato la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nell’iter formativo degli ufficiali<br />

subalterni è a mio avviso un omaggio quanto meno inutile, se non ad<strong>di</strong>rittura controproducente.<br />

Almeno fintantoché cadettini craniorasati come galeotti, stremati dal bromuro e dall’attività<br />

ginnico-sportiva e rincretiniti dall’analisi matematica, dovranno sbattere i tacchi ad ogni cambio <strong>di</strong><br />

professore incravattato e supponente. Vale a <strong>di</strong>re fintantoché l’iter formativo non verrà impostato in<br />

modo ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verso dall’attuale, abbandonando i ritmi <strong>di</strong> Stakanov e i criteri pedagogici <strong>di</strong><br />

Procuste e Torquemada (espiazione, sofferenza, completomania, livellamento, ipocrisia,<br />

conformismo) e coltivando invece spirito critico, in<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, iniziativa,<br />

responsabilità, piacere <strong>di</strong> apprendere da sé, propensioni e qualità personali. Tra le quali, talora,<br />

potrebbe esserci perfino un talento storicista.<br />

La vera questione è che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sia in grado <strong>di</strong> fertilizzare il pensiero strategico <strong>militare</strong><br />

e il processo decisionale politico-<strong>militare</strong>. Non ha alcuna importanza che tutti gli ufficiali,<br />

specialmente quelli esecutivi e operativi, da bambini ne abbiano sentito parlare. Niente paura: non<br />

voglio limitargli la carriera: ma non sono certo quattro fesserie pseudo-storiche a stabilire se nel<br />

loro zaino c’è o no un bastone da maresciallo.<br />

Exempla historica e pre<strong>di</strong>zioni<br />

Dicono che un presidente del Consiglio italiano, il quale ha appena pubblicato le sue memorie <strong>di</strong><br />

guerra, tenga sul como<strong>di</strong>no Sun Zu. Pare che ciò gli conferisca qualche prestigio presso i sostenitori<br />

e un’aura <strong>di</strong> insi<strong>di</strong>osa temibilità presso gli avversari. Dopo aver letto cose comprensibili, ma<br />

liddellhartiane, nella versione <strong>italiana</strong> dalla traduzione inglese; e cose non soltanto del tutto <strong>di</strong>verse,<br />

ma anche del tutto incomprensibili, nella versione <strong>italiana</strong> dal cinese, confesso <strong>di</strong> essermi chiesto se<br />

il Sun Zu ad uso dei “Figli della Porta d’Occidente” (in cinese equivale a sons of a bitch) non sia<br />

per caso un abile falso storico messo in giro dai geniali strateghi della Mitsubishi per convincere le<br />

controparti euro-americane che <strong>di</strong>etro gli occhi a mandorla ci sia un modo <strong>di</strong>verso e astutissimo <strong>di</strong><br />

trattare gli affari (magari la strategia dell’un demi plus su cui si è sbizarrito, nel 1983, il geniale Jean<br />

Esmein).<br />

Utilizzare la <strong>storia</strong> come “strategoteca” è come leggere Sun Zu o, nella variante muliebre,<br />

consultare l’I Ching, equivalente cinese dei meno raffinati Tarocchi. La letteratura strategica non è<br />

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la sola a farlo. Lo fanno anche, ai propri fini, anche le scienze umane “pre<strong>di</strong>ttive”, dalla sociologia<br />

alla politologia all’economia. Infatti queste <strong>di</strong>scipline utilizzano la <strong>storia</strong> sotto forma non tanto <strong>di</strong><br />

indagini <strong>di</strong>acroniche, quanto piuttosto <strong>di</strong> case stu<strong>di</strong>es, una tecnica argomentativa che i vecchi e<br />

nuovi manuali <strong>di</strong> retorica chiamano exempla historica.<br />

All’uso degli esempi storici nei trattati <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong> e strategia Clausewitz ha de<strong>di</strong>cato il VI<br />

capitolo del secondo libro del Vom Kriege, <strong>di</strong>stinguendo l’uso meramente retorico (come semplice<br />

illustrazione o sviluppo del pensiero o argomento probabilistico a sostegno <strong>di</strong> una determinata tesi)<br />

dallo stu<strong>di</strong>o comparato <strong>di</strong> un complesso <strong>di</strong> molti avvenimenti storici allo scopo <strong>di</strong> “dedurne<br />

insegnamenti che in tali testimonianze trovano la loro vera prova”. A suo giu<strong>di</strong>zio gli esempi storici<br />

“chiariscono la materia e costituiscono altresì le prove più solide nelle scienze sperimentali”.<br />

L’unico propblema è, a suo avviso, soltanto quello <strong>di</strong> saperli usare, guardandosi da una lunga e<br />

interessante tipologia <strong>di</strong> errori frequenti, in primo luogo quello <strong>di</strong> scambiare quantità con qualità e<br />

pertinenza.<br />

Ma è proprio la pertinenza degli esempi storici ad essere sfidata dal mutamento storico. “Più noi<br />

penetriamo - scrive Clausewitz - nei particolari delle cose, allontanandoci dai rapporti generali,<br />

tanto meno possiamo scegliere i modelli e i dati <strong>di</strong> esperienza nei tempi lontani: giacchè non ci è<br />

possibile apprezzarne sufficientemente gli avvenimenti, né applicare i risultati <strong>di</strong> questo<br />

apprezzamento ai nostri fini, dato il cambiamento completo avvenuto nei mezzi”.<br />

La pertinenza degli esempi storico-militari è stata contestata tre volte, durante il Novecento, in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> fratture epocali dell’esperienza bellica: l’avvento della “guerra <strong>di</strong> macchine” e<br />

della “guerra totale” già “previste” da Ivan Bloch (non uno storico, ma un geniale poligrafo<br />

“economista”), poi l’avvento dell’“era nucleare”, infine l’o<strong>di</strong>erna “rivoluzione negli affari militari”<br />

e l’ambizione americana <strong>di</strong> progettare il modello <strong>di</strong> sicurezza globale e la struttura delle forze<br />

armate necessari per governare il XXI secolo.<br />

Van Creveld assesta una splen<strong>di</strong>da stilettata cattivista ricordando una quarta frattura epocale:<br />

quella dei whiz-kids chiamati al Pentagono da Robert McNamara, che “depised military experience<br />

(and history) but seemed to know everything about economics, management, system analysis, and<br />

computer service. Unfortunately, it soon turned out, they know absolutely nothing of war”. Non è<br />

detto peraltro che in Vietnam gli storici militari avrebbero ottenuto risultati migliori degli enfantspro<strong>di</strong>ge.<br />

Semmai è più interessante ricordare che, durante la crisi dei missili del 1962, il presidente<br />

Kennedy, cioè il tutore politico dei “maghetti”, si mise a leggere il saggio <strong>di</strong> Barbara Tuchman sullo<br />

scoppio della prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Le polemiche futuriste contro la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> che serve a preparare le guerre del passato sono<br />

tutt’altro che infondate e futili. Sono anzi talmente interessanti che dovrebbero essere oggetto <strong>di</strong> una<br />

specifica indagine <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata (il fatto che non risulti a me, non significa certo che<br />

qualcuno non l’abbia già scritta). Sicuramente è più civile impiegare concetti storiografici come<br />

“frattura” ed “epoca” per zittire i grilli parlanti che spiaccicarli a martellate sul muro col sistema <strong>di</strong><br />

Pinocchio (almeno dal mio punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> grillo parlante sulla riforma <strong>italiana</strong> del reclutamento<br />

<strong>militare</strong>).<br />

Purtroppo, però, per comprendere rispetto a cosa le “fratture epocali” sono “fratture” occorre<br />

sapere come le cose stavano prima, come stanno adesso e come preve<strong>di</strong>bilmente staranno dopo<br />

l’evento considerato “epocale”. Cioè è necessario fare, magari senza saperlo, una ricerca storica<br />

originale e pronunciare un giu<strong>di</strong>zio storico. Forse per questo i rotocalchi segnalano in me<strong>di</strong>a un paio<br />

<strong>di</strong> rivoluzioni sessuali all’anno. Ma soltanto la ricerca storica è in grado <strong>di</strong> valutare la vera portata <strong>di</strong><br />

una “rivoluzione” <strong>militare</strong> (cfr. A League of Airmen. U. S. Air Power in the Gulf War, uno stu<strong>di</strong>o,<br />

pubblicato nel 1994, condotto nell’ambito del “Project Air Force” della RAND Corporation).<br />

Oppure, meglio ancora, <strong>di</strong> scoprire le “rivoluzioni silenziose”, quelle <strong>di</strong> cui non si è avuta alcuna<br />

13


consapevolezza esterna, come ha fatto Guy Hartcup in The Silent Revolution. Development of<br />

Conventional Weapons 1945-85 (Brassey’s, 1993).<br />

D’altra parte è dubbio che, oltre ad esporre e persuadere, gli esempi, anche pertinenti, servano<br />

davvero ad accrescere la conoscenza e indurre principi e regole generali. Il limite degli exempla è <strong>di</strong><br />

fondarsi sull’analogia. Beninteso, senza analogie e metafore non solo non potrebbe esserci la<br />

scienza, ma neppure il linguaggio umano. Ma l’analogia è per sua natura autoreferenziale e<br />

tautologica: vale a <strong>di</strong>re ci conferma, in forma or<strong>di</strong>nata e corretta, quel che avevamo già compreso in<br />

altro modo.<br />

Secondo la stroncatura iconoclastica <strong>di</strong> Mearsheimer, le opere e le citazioni storiche <strong>di</strong> sir Basil<br />

H. Liddell Hart sarebbero mera falsificazione al servizio <strong>di</strong> una teoria strategica preconcetta, vale a<br />

<strong>di</strong>re quella dell’in<strong>di</strong>rect approach. Un giu<strong>di</strong>zio che non ha mancato <strong>di</strong> sfiorare, a mio avviso<br />

ingenerosamente, anche la “liddellhartiana” Grand Strategy of the Roman Empire (1976) <strong>di</strong> Edward<br />

N. Luttwak, che è anch’essa un superbo apologo, sorretto da una ricerca storica solida e <strong>di</strong>retta, per<br />

quanto innovativa e non conformista, in cui si utilizza un’idea della strategia <strong>di</strong>fensivista della Pax<br />

Romana per perorare una svolta ra<strong>di</strong>cale nella strategia <strong>di</strong>fensivista della Pax Americana.<br />

Ma il peccato che Mearsheimer contesta a Liddell Hart e altri a Luttwak, è in realtà il peccato<br />

originale della scienza storica. Senza un’idea forte e preconcetta, vi sarebbero tutt’al più cronaca e<br />

narrazione, giammai interpretazione, spiegazione e giu<strong>di</strong>zio, cioè la ragion d’essere, il Beruf della<br />

scienza storica. La stessa scelta del tema, dalla quale <strong>di</strong>pende l’“invenzione” (inventio) delle fonti<br />

(vuol <strong>di</strong>re “trovarle”, non “inventarsele”!), predetermina il risultato, figuriamoci i criteri<br />

metodologici, lo strumento concettuale impiegato nella ricerca e l’uso analogico dei risultati. E’<br />

vero che il concetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rect approach non si trova nelle fonti relative agli esempi storici<br />

considerati da Liddell Hart: ma, felix culpa!, questa sua aggiunta interpretativa, aprioristica e forse<br />

forzata negli esempi da lui scelti, resta non<strong>di</strong>meno uno strumento permanente <strong>di</strong> orientamento non<br />

soltanto del pensiero e delle decisioni strategiche successive, ma anche dell’interpretazione storica.<br />

Van Creveld ha criticato l’uso, anche corretto, dell’analogia, osservando giustamente che “è un<br />

errore credere che si possa apprendere qualcosa soltanto dai casi analoghi. Piuttosto, scrive, è<br />

spesso una ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> circostanze che può condurre alle intuizioni più profonde”. Ma la<br />

vera questione è che l’uso degli esempi storici non riguarda l’epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

bensì quella dell’arte <strong>militare</strong> e della strategia.<br />

La critica storicista delle questioni militari<br />

In realtà gli esempi storici non solo non riguardano la scienza storica, ma sono proprio il contrario<br />

dello storicismo. Lo stesso concetto <strong>di</strong> esempio storico manifesta l’ingenua convinzione che la<br />

<strong>storia</strong> sia una scienza del “passato”, circondata dalla paciosa neutralità delle cose inutili e dalle<br />

piacevolezze dell’otium et <strong>di</strong>lectum. Una scienza che si vorrebbe talmente istupi<strong>di</strong>ta<br />

dall’archivio<strong>di</strong>pendenza e dall’ossequio conformista, da ratificare e ad<strong>di</strong>rittura interiorizzare i vari<br />

off limits piantati a <strong>di</strong>fendere l’“attualità” dalla critica storica (dalla regolamentazione dell’accesso<br />

agli archivi alla tutela giu<strong>di</strong>ziaria non soltanto dell’onorabilità, ma anche della privacy).<br />

La <strong>storia</strong> antica <strong>di</strong>mostra che la scienza storica non <strong>di</strong>pende dagli archivi, ma dalla capacità <strong>di</strong><br />

trovarsi le fonti, inclusa la capacità <strong>di</strong> crearle ex novo, come insegna il metodo della <strong>storia</strong> orale. In<br />

ogni modo la <strong>storia</strong> imme<strong>di</strong>ata ha a <strong>di</strong>sposizione le stesse “fonti aperte” dalle quali l’intelligence<br />

delle barbe finte trae (o dovrebbe trarre, se ne fosse capace) i nove decimi delle sue informazioni.<br />

La questione è <strong>di</strong> avere il talento, o, se vogliamo <strong>di</strong>rla con Clausewiz, il coup d’oeil dello storico.<br />

Del resto non è detto che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> pratica non possa utilizzare e processare anche fonti<br />

riservate: anzi, come abbiamo visto, essa è nata proprio a questo scopo. Può darsi che accada <strong>di</strong><br />

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ado, ma accade che storici professionisti, come altri tipi <strong>di</strong> scienziati, abbiano accesso a fonti<br />

riservate nell’ambito <strong>di</strong> consulenze per governi, parlamenti, stati maggiori, servizi informazioni e<br />

organi giu<strong>di</strong>ziari. Il vincolo <strong>di</strong> riservatezza può giungere fino a segretare in tutto o in parte il<br />

risultato o perfino la notizia stessa della ricerca, ma il fatto <strong>di</strong> non poterla pubblicare è irrilevante se<br />

comunque influisce sulla decisione del destinatario.<br />

Peraltro la pregnanza della critica storica non <strong>di</strong>pende dalla cronologia. Vi sono questioni<br />

squisitamente storiche, come la morfogenesi del linguaggio strategico e <strong>militare</strong>, che non possono<br />

essere neppure impostate senza una solida base <strong>di</strong> filologia classica. E’ la questione <strong>di</strong> cui parla<br />

Clausewitz nel V capitolo del secondo libro del Vom Kriege, de<strong>di</strong>cato, appunto, alla “critica”. Nelle<br />

ultime pagine <strong>di</strong> questo lungo e denso capitolo, Clausewitz affronta anche la specifica questione<br />

della critica del linguaggio. “Maggiori inconvenienti - scrive - si riscontrano nell’apparato <strong>di</strong><br />

terminologie, espressioni artificiali e metafore che i sistemi (teorici) trascinano con loro e che, al<br />

pari <strong>di</strong> una banda <strong>di</strong> ladruncoli, come il servidorame <strong>di</strong> un esercito, staccandosi dal loro principio, si<br />

aggirano in tutte le <strong>di</strong>rezioni”.<br />

E’ sempre consigliabile che l’aggiornamento del NOTL (Nomenclatore Organico, Tattico e<br />

Logistico) si misuri col rasoio <strong>di</strong> Occam e col principio entia non sunt multiplicanda praeter<br />

necessitatem. Ma, soprattutto in materia <strong>militare</strong>, continui aggiornamenti sono assolutamente<br />

necessari. Una decina d’anni un qualificato ambiente nazionale fu colto da un breve sgomento<br />

all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> improvvisare per il giorno dopo un simposio internazionale sulla “sustainability”. In<br />

mancanza della più recente letteratura <strong>militare</strong> americana per le surriferite ragioni burocratiche, un<br />

modesto habitus filologico in<strong>di</strong>rizzò comunque verso l’esatta decrittazione del piccolo enigma. E<br />

mi pare che quel concetto si sia rivelato utilissimo per una migliore reimpostazione delle questioni<br />

logistiche. La filologia, che è forse la più raffinata e illuminante applicazione della critica storica,<br />

non si risolve nella mera decrittazione ed esatta comprensione <strong>di</strong> termini e concetti complessi. Essa<br />

rende più coscienti delle implicazioni e dei con<strong>di</strong>zionamenti culturali e ideologici del passato che<br />

sono incrostati e veicolati dalle parole e rende ragione delle infinite variazioni <strong>di</strong> senso e significato<br />

che esse subiscono in <strong>di</strong>versi contesti epocali e culturali.<br />

Il rapporto fra teoria e critica storica non è gerarchico, ma <strong>di</strong> interazione. Anche la teoria, secondo<br />

Clausewitz, serve alla <strong>storia</strong>. “La <strong>storia</strong> della guerra, con tutte le sue manifestazioni, è anche, per la<br />

critica, una sorgente <strong>di</strong> insegnamento ed è naturale che la critica impieghi, per chiarire le cose, le<br />

luci stesse che lo stu<strong>di</strong>o dell’ambiente le ha fornito (...) La conoscenza dei fatti precedenti e<br />

contemporanei non si basa, infatti, esclusivamente su informazioni positive, ma sopra un gran<br />

numero <strong>di</strong> ipotesi e <strong>di</strong> supposti: non vi è anzi, fra le notizie circa fatti puramente accidentali, quasi<br />

nessuna che non sia stata già preceduta da congetture e presunzioni destinate a sostituire<br />

l’informazione certa nel caso in cui questa mancasse”.<br />

Infatti il compito della critica storica non è <strong>di</strong> far rivivere “gl’hanni già fatti cadaueri”<br />

dell’Anonimo manzoniano, né <strong>di</strong> trarre ammaestramenti e precetti dal passato. Il suo compito è<br />

invece quello <strong>di</strong> liberare il presente, cioè l’uso che facciamo del linguaggio e della ragione, dai<br />

con<strong>di</strong>zionamenti impliciti del passato. Non esiste un altro modo <strong>di</strong> liberarsene se non quello <strong>di</strong><br />

riconoscerli e giu<strong>di</strong>carli. E’ puerile e illusorio pensare <strong>di</strong> chiuderli fuori dalla nostra vita personale e<br />

dalla nostra professione inventandoci un nuovo universo autoreferenziale: in questo modo semmai<br />

<strong>di</strong>amo loro nuove e migliori occasioni <strong>di</strong> nuocere alla libertà del nostro spirito e del nostro<br />

intelletto. E’ soltanto la critica storica, in ogni campo del sapere e in ogni aspetto della società e<br />

della persona che, almeno in qualche misura, può liberarci dalla “coazione a ripetere”; che può<br />

in<strong>di</strong>carci i veri percorsi intellettuali e interiori dell’innovazione e dell’originalità.<br />

Qualche <strong>di</strong>fensore della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “dura e pura”, come ad esempio Kaegi, si è preoccupato <strong>di</strong><br />

tracciare un elenco esemplare <strong>di</strong> punti e questioni qualificanti. Ma perchè mettere limiti all’umana<br />

Provvidenza? La vitalità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina non si misura dalle perorazioni e dalle casuali<br />

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prescrizioni, bensì dalla fecon<strong>di</strong>tà dei suoi prodotti. Il miglior contributo <strong>di</strong> van Creveld alla <strong>di</strong>fesa<br />

della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “dura e pura” non è il saggio d’occasione citato in bibliografia e spesso<br />

richiamato in questo testo, ma piuttosto la sua magistrale trilogia sulla logistica, il comando e la<br />

tecnologia in guerra, veri modelli <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> critica. E soprattutto l’influenza che van Creveld<br />

ha avuto sull’attività del TRADOC (Training and Doctrine Command) dell’U.S. Army.<br />

Per capire la <strong>di</strong>rezione e lo stato <strong>di</strong> salute della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nell’epoca della<br />

“rinazionalizzazione” della strategia basta andare in libreria. Osservare, ad esempio, l’effetto<br />

penoso e sconsolante che fa lo scaffale dei libri militari italiani (e francesi) accanto a quelli dei libri<br />

anglosassoni e tedeschi. La produzione <strong>di</strong> testi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e geostrategica nazionale, estera e<br />

comparata che nell’ultimo decennio si è verificata nei paesi anglosassoni e, sia pure in misura<br />

inferiore, anche in Francia e Germania, è sterminata e cresce in misura esponenziale, arricchendosi<br />

<strong>di</strong> trimestre in trimestre <strong>di</strong> temi e filoni <strong>di</strong> ricerca nuovi, che gettano luce sul presente e sul futuro.<br />

Molte <strong>di</strong> queste opere sono con tutta evidenza, spesso esplicita, contributi ai centri <strong>di</strong> addestramento<br />

e dottrina delle Forze Armate americane impegnati nella sfida <strong>di</strong> progettare uno strumento non per<br />

l’oggi e il domani, ma per l’intero XXI secolo.<br />

Ciò rende significativa e pregnante la <strong>storia</strong> comparata e globale dei sistemi d’arma (ad esempio<br />

The Social History of the Machine Gun <strong>di</strong> John Ellis). Ma anche quella delle specialità delle forze<br />

armate; dei vari tipi <strong>di</strong> operazioni (nel deserto, subacquee, speciali, anfibie, verticali ecc.); della<br />

pianificazione e del comando, della formazione, del reclutamento.<br />

Per non parlare della <strong>storia</strong> nazionale e comparata del pensiero strategico (The Making of<br />

Strategy. Rulers, States and War, a cura <strong>di</strong> Williamson Murray, MacGregor Knox e Alvin<br />

Bernstein: il capitolo italiano, <strong>di</strong> Brian R. Sullivan ci scatta la fotografia fin dal titolo: “The strategy<br />

of the decisive weight”). Un tipo <strong>di</strong> storiografia nel quale, secondo l’Università <strong>di</strong> Oxford, rientra<br />

quella recezione estera del Vom Kriege (Clausewitz in English. The Reception of Clausewitz In<br />

Britain and America 1815-1945, <strong>di</strong> Christopher Brassford, 1994) che agli storici “militari” italiani,<br />

come s’è detto, sembrò nel 1996 così strampalata e fuori tema.<br />

E si moltiplicano i manuali <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> generale per le accademie, calibrati scientificamente<br />

sulle specifiche esigenze delle varie forze armate e delle varie categorie <strong>di</strong> futuri ufficiali, come<br />

sulle loro capacità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in contesti culturali mutati e in mutamento continuo. Manuali<br />

che si vendono nelle librerie allargando il sapere oltre le anguste pareti accademiche e stabiliscono<br />

linguaggi comuni e interfaccia civili/militari.<br />

Considerazioni sul caso italiano<br />

A proposito <strong>di</strong> biblioteche, quando quel secchione <strong>di</strong> Clausewitz faceva il cadettino a Neuruppin<br />

(1796-1801), si spendeva lo stipen<strong>di</strong>o alla libreria <strong>militare</strong> più vicina, che stava a Rheinsburg. Tre<br />

anni fa ne è stata aperta una anche in Italia, in una località segreta del Triangolo industriale, a cento<br />

metri da una caserma napoleonica e da un <strong>di</strong>menticato sacrario ai Caduti locali. Ovviamente quei<br />

trenta metri quadrati zeppi <strong>di</strong> libri (per tre quarti anglosassoni) sono frequentati soprattutto da civili<br />

(esclusi, per carità, i docenti universitari, che in libreria ci vanno poco come autori e mai come<br />

clienti). Talora ci passano davanti, a frotte, i locali cadettini, che fanno colore come un tempo i<br />

martinitt. Loro ovviamente manco la vedono, ma non è bazzicata soltanto da ufficiali ticinesi,<br />

poliziotte nazionali, obiettori <strong>di</strong> coscienza e aspiranti donne soldato. C’è anche qualche <strong>militare</strong> con<br />

le stellette al bavero: un noto tenente generale, molti carabinieri <strong>di</strong> ogni grado, qualche sottufficiale<br />

<strong>di</strong> carriera dell’Esercito e della Marina e soprattutto soldati <strong>di</strong> leva, “cemisini” o non (gli ultimi<br />

zaini italiani dai quali potrebbe un giorno spuntare un bastone <strong>di</strong> maresciallo).<br />

Nel caso italiano, l’indagine epistemologica consente <strong>di</strong> cogliere alcune connotazioni storiche non<br />

soltanto delle istituzioni militari, ma anche dell’alta cultura accademica. Per quale ragione,<br />

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nonostante la mole impressionante <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> particolari, l’Italia non riesce a produrre una sintesi della<br />

propria <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> dal Rinascimento? Eppure non è certo più complessa <strong>di</strong> quattro secoli <strong>di</strong><br />

American Military History (cfr. le 800 pagine curate da Maurice Matloff nel 1973) o <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> austro-tedesca (cfr. le 2.500 pagine della recente collana in 10 volumi Heerwesen der<br />

Neuzeit, Bernard & Graefe Verlag). Perchè permane questa vistosa lacuna della <strong>storia</strong> politica<br />

d’Italia? Perchè, citando un libro semiclandestino, che si intitola intenzionalmente e<br />

provocatoriamente Storia <strong>militare</strong> della Prima Repubblica, un autorevole storico istituzionale<br />

dell’Esercito italiano corregge istintivamente il titolo in Storia delle Forze Armate ...?<br />

Come osservava nel 1883 J. R. Seeley (The Expansion of England) la grande storiografia whig<br />

(ma poi, in forme <strong>di</strong>verse, anche la successiva storiografia liberal) riduceva la <strong>storia</strong> inglese alla<br />

<strong>storia</strong> del parlamentarismo e della legislazione, <strong>di</strong> fatto ignorando il contemporaneo sviluppo<br />

dell’Impero britannico. Analogo è il più longevo pregiu<strong>di</strong>zio anti-geopolitico della grande<br />

storiografia <strong>italiana</strong>. Essa ha infatti concepito la <strong>storia</strong> nazionale come <strong>storia</strong> delle élites riformiste e<br />

illuminate oppure delle classi subalterne, due prospettive ancora antitetiche all’epoca <strong>di</strong> Croce e <strong>di</strong><br />

Gramsci, ma che in seguito sono entrambe confluite nella <strong>storia</strong> unitaria del cosiddetto “movimento<br />

<strong>di</strong> liberazione in Italia”. Sono infatti entrambe accomunate dall’interpretazione della <strong>storia</strong><br />

nazionale come “<strong>storia</strong> civile” della società dell’economia della cultura; e anche delle pubbliche<br />

istituzioni e delle politiche <strong>di</strong> governo, tranne però quelle che maggiormente caratterizzano la<br />

soggettività esterna dello Stato, cioè politica estera e capacità <strong>militare</strong>. Con l’eccezione delle due<br />

fasi in cui i movimenti democratici con<strong>di</strong>zionarono <strong>di</strong>rettamente la politica estera e la guerra, cioè<br />

Risorgimento e Resistenza, le gran<strong>di</strong> scuole “civili” hanno infatti ignorato o del tutto frainteso i<br />

fattori geopolitici e militari della <strong>storia</strong> <strong>italiana</strong>.<br />

Nell’ottica puramente autoreferenziale e autoreverenziale della “<strong>storia</strong> civile” <strong>italiana</strong> la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> non assume infatti alcun rilievo né pone alcuna questione. Irrilevante è, per la nostra “<strong>storia</strong><br />

civile”, la spiegazione delle vittorie delle sconfitte e delle riforme militari; insensata, quando non<br />

depistante e ad<strong>di</strong>rittura provocatoria, l’analisi dei secolari fattori strategici e geopolitici entro i quali<br />

sembra iscriversi l’intero fato della Penisola, incluse le ragioni e le sorti della stessa “<strong>storia</strong> civile”,<br />

in verità più con<strong>di</strong>zionata (anche dalla Royal Navy) e meno incisiva <strong>di</strong> quanto possa mai spingersi a<br />

sospettare. E’ <strong>storia</strong> “civile”, infatti: non <strong>storia</strong> “nazionale”.<br />

Sull’altro versante, quello degli stati maggiori italiani, la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> è scomparsa non solo<br />

dalla prassi ma anche dalla cultura e mentalità. Soprattutto, in un paese come l’Italia, che aveva<br />

subito la sconfitta e conservato la continuità istituzionale delle proprie forze armate postbelliche, la<br />

funzione della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> si è trasferita dall’ambito scientifico e critico del pensiero e della<br />

politica <strong>militare</strong> a quello ideologico dell’autorappresentazione e della propaganda.<br />

Così, proprio nell’epoca dei militari manager, la cultura <strong>militare</strong> ha seguito un proce<strong>di</strong>mento<br />

opposto rispetto a quello della cultura aziendale. Stu<strong>di</strong>are gli errori compiuti corrisponde per un<br />

esercito al “circolo <strong>di</strong> qualità” <strong>di</strong> un’azienda e implica una logica <strong>di</strong> automiglioramento. Invece<br />

nelle Forze Armate italiane la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> è stata stu<strong>di</strong>ata prevalentemente a scopo<br />

autocelebrativo, <strong>di</strong>fensivo, autoassolutorio, non <strong>di</strong> rado con in<strong>di</strong>rette ma pregnanti finalità<br />

giu<strong>di</strong>ziarie. E’ <strong>di</strong>venuta parte <strong>di</strong> una involuzione burocratica.<br />

Ciò è stato in parte anche il riflesso della nascita, nell’ambito della saggistica e della storiografia<br />

politica e sociale italiane, <strong>di</strong> una “contro<strong>storia</strong>”, spesso apo<strong>di</strong>tticamente polemica e maligna, delle<br />

esperienze belliche e delle istituzioni militari nazionali. Si deve peraltro riconoscere che la parte<br />

migliore e più solida <strong>di</strong> questa storiografia civile dell’arte e delle istituzioni militari, ha comunque<br />

aperto filoni <strong>di</strong> ricerca e sollevato problemi in precedenza insospettati e poco stu<strong>di</strong>ati proprio nei<br />

paesi occidentali in cui la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “classica” ha maggiormente resistito al generale declino<br />

verificatosi nell’era bipolare/nucleare. La <strong>storia</strong> civile del <strong>militare</strong> non è una peculiarità <strong>italiana</strong>, ma<br />

certamente da noi non è bilanciata dalla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> applicata che fertilizza il pensiero <strong>militare</strong><br />

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anglosassone. D’altra parte l’inflazione dell’approccio storico allo stu<strong>di</strong>o civile del <strong>militare</strong> spiega<br />

anche lo scarso sviluppo e il modestissimo livello della sociologia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, un imparaticcio<br />

amatoriale e ideologico <strong>di</strong> topiche mal recepite e raramente attinenti alle specifiche questioni della<br />

<strong>di</strong>fesa <strong>italiana</strong>.<br />

La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> è dunque concepita, al massimo, come un capitolo che si giustifica solo in<br />

funzione del suo oggetto, non già del suo metodo e dei suoi scopi. Da parte della cultura<br />

accademica c’è stato ad<strong>di</strong>rittura un rifiuto ideologico <strong>di</strong> attribuire allo stu<strong>di</strong>o storico della guerra e<br />

delle istituzioni militari una qualsiasi finalità <strong>militare</strong>. Tutte le finalità sono state ammesse: il<br />

<strong>di</strong>letto, la curiosità, la denunzia, perfino la <strong>di</strong>fesa della corporazione <strong>militare</strong>. Tutte tranne una: il<br />

contributo all’efficienza e all’efficacia del sistema <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa del paese e alla strategia<br />

nazionale. Questo rifiuto ideologico squalifica moralmente e scientificamente la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

prodotta dall’accademia <strong>italiana</strong>. Basti fare il confronto con la <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto, della me<strong>di</strong>cina,<br />

della tecnica, dell’economia.<br />

E’ chiaro che questo tipo <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> non può in alcun modo contribuire a fertilizzare la<br />

politica <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e la pianificazione <strong>militare</strong> e ad accrescere il controllo democratico e l’assunzione<br />

<strong>di</strong> reponsabilità degli stati maggiori e soprattutto del decisore politico. Al contrario, incoraggia la<br />

ben nota prassi opportunistica <strong>di</strong> settorializzare le questioni per poterle gestire come “variabili<br />

in<strong>di</strong>pendenti” e dunque come merce <strong>di</strong> scambio politico con le lobbies, le corporazioni e le clientele<br />

sociali <strong>di</strong> riferimento. La <strong>storia</strong> della legislazione sulla coscrizione obbligatoria e sul servizio civile<br />

e dei tentativi <strong>di</strong> “professionalizzazione” furbastri e scervellati e perciò matematicamente destinati<br />

al fallimento, sarebbe illuminante al riguardo, se il legislatore, prima <strong>di</strong> legiferare, si prendesse la<br />

briga <strong>di</strong> leggerla, visto che è stata già scritta. Occorre però che il consulente, per il il bene superiore<br />

e inestimabile della Corona, abbia la testa e le reni del me<strong>di</strong>co chiamato a guarire la pazzia <strong>di</strong> Re<br />

Giorgio: esplicito nella <strong>di</strong>agnosi, inflessibile nella cura, fiero delle Regie Pedate <strong>di</strong> ringraziamento.<br />

Una sgradevole conseguenza ulteriore <strong>di</strong> questa latitanza nazionale e politica della storiografia<br />

accademica <strong>italiana</strong> è che essa favorisce la riduzione del rapporto tra amministrazione e ricerca<br />

(accademica ed extra-accademica) al puro cerimoniale delle relazioni sociali delle Forze Armate,<br />

caratterizzato da riconoscimenti formali, acritici, reverenziali e talora perfino implicitamente<br />

derisori, calibrati sul rango accademico dell’autore anzichè sulla qualità e l’attinenza del prodotto<br />

scientifico. Ma, quel che è peggio, ra<strong>di</strong>ca la naturale tendenza delle istituzioni corporative a evitare<br />

questioni complicate che richiedono sforzo autocritico e progettualità ra<strong>di</strong>calmente innovativa.<br />

Nell’epoca bipolare/nucleare l’anomalia <strong>italiana</strong> rilevava comunque poco, perchè la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> vera e propria, tale per lo scopo e non solo per l’oggetto, si coltivava poco ovunque, almeno<br />

in Occidente. Ma nell’ultimo decennio <strong>di</strong> “rinazionalizzazione” della <strong>di</strong>fesa (con buona pace della<br />

chimerica <strong>di</strong>fesa europea) questo ritardo culturale italiano è andato via via emergendo in modo<br />

sempre più vistoso. Forse la data <strong>di</strong> svolta è il 1986, l’anno in cui negli Stati Uniti si è riconosciuto<br />

che la guerra fredda era stata vinta imponendo all’URSS il ritiro degli Euromissili e che da allora<br />

“ricominciava la <strong>storia</strong>”, l’epoca della guerra come strumento della politica. Quello è infatti l’anno<br />

in cui fu ripubblicato, con aggiornamenti e approfon<strong>di</strong>menti, Makers of Modern Strategy, il volume<br />

collettivo che nel 1942, l’anno dello sbarco americano in Marocco, rappresentò il primo concreto e<br />

prezioso contributo patriottico dell’Università <strong>di</strong> Princeton allo sforzo bellico degli Stati Uniti.<br />

Ovviamente la fotocopia del documento Badoglio che è circolata stamattina in questa sala è solo<br />

lo scherzo <strong>di</strong> un buontempone: non è vero che nel 1940 il maresciallo Badoglio, capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore generale italiano, aveva rifiutato <strong>di</strong> leggere un rapporto segreto sullo sviluppo dei carri<br />

tedeschi, annotando a margine “ce ne occuperemo a guerra finita”. Non è vero: ma è ben trovato.<br />

De te fabula narratur. Ride, Re Giorgio, stringendo mani e lanciando ghinee nella conclusiva<br />

Totentanz. Non <strong>di</strong>mentica niente, come i Borboni <strong>di</strong> Napoli. E non impara niente.<br />

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19


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20


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Russell F. WEIGLEY (Ed.), New Dimensions in Military History, San Rafael, Presi<strong>di</strong>o Press, 1977.<br />

21


3. GLI STUDI STRATEGICI IN ITALIA (2001)<br />

1. Stu<strong>di</strong> strategici: un concetto molto “britannico”<br />

22<br />

“J’étu<strong>di</strong>e! Je ne suis que le sujet du verbe étu<strong>di</strong>er.<br />

Penser, je n’ose. Avant de penser il faut étu<strong>di</strong>er.<br />

Seuls, les philosophes pensent avant d’étu<strong>di</strong>er”.<br />

I - Storia dell’esperienza <strong>italiana</strong><br />

Gaston Bachelard, 1961<br />

Secondo Neville Brown “the strategic stu<strong>di</strong>es emerged as a <strong>di</strong>stinct field of scholarly enquiring<br />

rather over 30 years ago. What this ‘emergence’ involved was the burgeoning of a conviction, during<br />

the late 1950s, that strategy was altogether too crucial a subject to remain virtually the academic<br />

preserve of a small number of somewhat isolated in<strong>di</strong>viduals with backgrounds either in history or else<br />

the profession of arms. So what was looked for instead was a large and vibrant community of thinkers<br />

hailing from a rich variety of academic milieux (the pure science, most certainly included) and, indeeds<br />

from a <strong>di</strong>versity of occupational backgrounds; the military and academe, of course, but also the public<br />

services, the me<strong>di</strong>a, the churches and industry. Links with officialdom soon proliferated but were<br />

substantially offset by roots sunk deep and wide within the universities, not least through by teaching<br />

programmes” (The Strategic Revolution. Thoughs for the Twenty-First Century, Brassey’s, 1992, pp.<br />

5-6).<br />

A <strong>di</strong>re il vero, la “vibrante comunità” <strong>di</strong> cui parla lo stu<strong>di</strong>oso inglese (docente <strong>di</strong> international<br />

security affairs all’Università <strong>di</strong> Birmingham) non si è affatto definita in modo unitario. Né poteva<br />

essere altrimenti, sia perché le questioni <strong>di</strong> possibile interesse strategico non sono predeterminabili, sia<br />

perché gli stu<strong>di</strong> relativi provengono da <strong>di</strong>fferenti matrici culturali (economia, sociologia, geografia,<br />

scienze politiche, giuri<strong>di</strong>che, storiche, militari) e rispondono alle occasioni, committenze e iniziative<br />

e<strong>di</strong>toriali più casuali nonché agli scopi e alle ideologie più <strong>di</strong>sparate. Si tratta <strong>di</strong> contesti culturali e<br />

scientifici autoreferenziali che tendono per forza <strong>di</strong> cose a ignorarsi reciprocamente: anche per<br />

banalissime questioni pratiche, oltre che per pregiu<strong>di</strong>zio metodologico o ideologico. Non che<br />

occasionalmente non vi siano stati e non vi siano tentativi <strong>di</strong> confronto e arricchimento<br />

inter<strong>di</strong>sciplinare, ma non possono certamente creare una “comunità” scientifica, tanto meno “vibrante”.<br />

Malgrado la continua definizione e revisione <strong>di</strong> un linguaggio comune, neppure le alleanze militari<br />

permanenti come la NATO sono in grado <strong>di</strong> unificare o almeno mettere a fuoco l’intero patrimonio<br />

degli stu<strong>di</strong> strategici: tanto meno ciò può prodursi spontaneamente dal complesso delle attività<br />

accademiche. Ne consegue che nessuna delle “etichette” coniate per imprimere una certa<br />

riconoscibilità e legittimazione accademica o anche soltanto e<strong>di</strong>toriale o biblioteconomica alla<br />

améthodos hyle <strong>di</strong> cui stiamo parlando può essere considerata sufficientemente ampia e univoca da<br />

ricomprenderle tutte.<br />

La stessa etichetta utilizzata da Brown (strategic stu<strong>di</strong>es) non si è del tutto affermata neppure negli<br />

Stati Uniti. E’ stata coniata in Gran Bretagna, dove qualifica il prestigioso Istituto internazionale <strong>di</strong><br />

Londra, ma non è menzionata nell’International Military and Defense Encyclope<strong>di</strong>a della Brassey’s<br />

(1992) e nel più recente saggio <strong>di</strong> Colin S. Gray (Modern Strategy, Oxford U. P., 1999). E’ ignorata<br />

anche in Francia: non compare, ad esempio, né nel Dictionnaire de stratégie militaire <strong>di</strong> Gérard


Chaliand e Arnaud Blin (Perrin, 1998), né nel ponderoso Traité de stratégie <strong>di</strong> Hervé Coutau-Bégarie<br />

(Institut de stratégie comparée della Sorbona, ed. Economica, 2e Ed. 1999), che pure de<strong>di</strong>ca molte<br />

pagine alla filologia e alla semantica delle numerose locuzioni derivate da stratégie.<br />

Nell’Europa continentale e negli Stati Uniti si tende piuttosto a collocare gli stu<strong>di</strong> strategici in ambiti<br />

<strong>di</strong>sciplinari definiti in primo luogo dal metodo più che dall’oggetto o dallo scopo, continuando a<br />

classificarli nell’ambito generale delle scienze politiche ed economiche internazionali (“international<br />

affairs”, “relations”, “security”, “political economy”) ovvero della sociologia (“polémologie”). “Stu<strong>di</strong><br />

strategici” è stata rifiutata anche per ragioni ideologiche dalla ricerca internazionalista e pacifista che le<br />

ha contrapposto peace research, preferita dal governo svedese per qualificare lo scopo dell’Istituto<br />

internazionale <strong>di</strong> Stoccolma. Ma, per ragioni opposte, non ha avuto fortuna neppure in Francia, dove la<br />

scuola strategica nata dalla soppressa Fondation pour les “études de défense nationale” continua a<br />

<strong>di</strong>fendere la specificità “<strong>militare</strong>” della strategia, influenzando anche la scelta del nome (études de<br />

securité) dato dall’UEO all’Istituto europeo <strong>di</strong> Chaillot, istituito nel 1990 su proposta della Francia.<br />

C’è inoltre da segnalare lo scarto con il concetto corrente nel linguaggio <strong>di</strong>plomatico ufficiale, che<br />

rubrica gran parte degli aspetti strategici della sicurezza internazionale (e in particolare i negoziati e<br />

accor<strong>di</strong> sul <strong>di</strong>sarmo e il controllo degli armamenti) sotto la locuzione “politica <strong>militare</strong>”. La scarsa<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questo concetto al <strong>di</strong>fuori del linguaggio strettamente <strong>di</strong>plomatico sembra <strong>di</strong>pendere dal<br />

fatto che, pur essendo indubbiamente corretto e anzi rigoroso dal punto <strong>di</strong> vista scientifico, può<br />

ingenerare equivoci fra i non addetti ai lavori.<br />

A metà degli anni Settanta si è poi ripreso a impiegare il vecchio termine “geopolitica”, a lungo<br />

ban<strong>di</strong>to per pregiu<strong>di</strong>zio etico ma rilegittimata sotto il profilo della “correttezza politica” dall’impatto<br />

che la scuola <strong>di</strong> Yves Lacoste ha saputo esercitare sulla Sinistra francese e, attraverso <strong>di</strong> questa, anche<br />

su quella <strong>italiana</strong>, che l’ha a sua volta riesportata in Germania.<br />

Non si deve infine <strong>di</strong>menticare che l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un concetto in grado <strong>di</strong> esprimere la<br />

correlazione tra gli aspetti militari e non militari della politica è anche un problema specifico e interno<br />

delle scienze militari. A questo proposito il concetto liddellhartiano <strong>di</strong> “grand strategy” continua ad<br />

aver miglior fortuna <strong>di</strong> altri qualificativi apparentemente meno vaghi, come strategia “totale”<br />

(“Gesamtstrategie”) o “globale” (“global strategy”).<br />

2. L’importazione <strong>italiana</strong> (1977-1987)<br />

Com’è naturale, anche in Italia, come nella maggior parte degli altri paesi, le Forze Armate hanno<br />

preceduto <strong>di</strong> vari decenni l’università nel riconoscere l’esigenza <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are le interrelazioni sempre più<br />

complesse tra gli aspetti militari e non militari della guerra e della sicurezza. La struttura gerarchica<br />

dell’or<strong>di</strong>namento <strong>militare</strong> e una certa vocazione inconscia degli stati maggiori verso l’onniscenza<br />

<strong>di</strong>vina, hanno tuttavia condotto le Forze Armate a impostare il problema essenzialmente in termini <strong>di</strong><br />

“formazione” culturale degli ufficiali superiori e generali, anziché <strong>di</strong> “ricerca” inter<strong>di</strong>sciplinare e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> accesso alle risorse culturali nazionali ed estere. Ciò si ricava ad esempio dalla recezione del<br />

concetto francese <strong>di</strong> “alti stu<strong>di</strong> militari”, il cui ambito fu poi allargato nel 1965 quando il CASM,<br />

trasferito nell’attuale sede <strong>di</strong> Palazzo Salviati, assunse il nome <strong>di</strong> Centro Alti Stu<strong>di</strong> Difesa (CASD).<br />

Negli anni Cinquanta i militari italiani mutuarono dai colleghi americani il concetto <strong>di</strong> “strategia<br />

globale”, sia pure mostrando <strong>di</strong> equivocare l’esatto significato che l’aggettivo ha nel linguaggio<br />

<strong>militare</strong> americano: loro intendono “mon<strong>di</strong>ale”, noi “totale”. In ogni modo il concetto ebbe in Italia un<br />

impiego piuttosto circoscritto, quasi solo nella Scuola <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong> Civitavecchia, dove una cattedra,<br />

appunto, <strong>di</strong> “strategia globale” fu ricoperta dal colonnello <strong>di</strong> cavalleria Enrico Boscar<strong>di</strong>, coa<strong>di</strong>uvato dal<br />

professor Franco Alberto Casa<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>rettore della SIOI, quale analista della conflittualità internazionale.<br />

23


Anche l’importazione del concetto <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici”, avvenuta nel 1977-79, maturò all’interno<br />

delle Forze Armate, non però dello stato maggiore. Diversamente dal caso della strategia “globale”,<br />

l’introduzione della nuova espressione non fu infatti una mera evoluzione concettuale, un<br />

aggiornamento scientifico del <strong>di</strong>zionario <strong>militare</strong> ufficiale (Nomenclatore organico tattico logistico).<br />

Fu, invece, un progetto “politico” preciso e ambizioso, che si proponeva <strong>di</strong> realizzare una “rivoluzione<br />

culturale” <strong>di</strong> vasta portata, non soltanto nella cultura politica <strong>italiana</strong> ma anche e in primo luogo nella<br />

mentalità e nella prassi dello stato maggiore. Fu, come stiamo per <strong>di</strong>re, letteralmente una “rivoluzione<br />

dei colonnelli”, che, pur senza poterlo <strong>di</strong>chiarare, si ispirava programmaticamente alla rivoluzione<br />

<strong>militare</strong> attuata dal generale annoverese Gerhard Johann David von Scharnhorst (1755-1813) contro le<br />

resistenze conservatrici della corte e del vecchio stato maggiore prussiani, sfruttando abilmente<br />

l’incarico <strong>di</strong> vice<strong>di</strong>rettore della Scuola <strong>di</strong> Guerra (conferitogli nel 1801) e le qualità letterarie del<br />

giovane allievo Clausewitz, che nel drammatico decennio 1804-1814 fu l’infaticabile Ghost-writer dei<br />

riformatori militari prussiani e il loro ufficiale <strong>di</strong> collegamento con la società civile.<br />

I due colonnelli della “rivoluzione <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>” erano, com’è noto, il cavalleggero <strong>di</strong> scuola<br />

“britannica” Luigi Caligaris, allora capo Ufficio Politica Militare dello SMD, e l’alpino <strong>di</strong> scuola<br />

“francese” Carlo Jean, caposezione e poi capo Ufficio Programmazione Finanziaria dello SME. Sul<br />

modo <strong>di</strong> procedere le loro idee non collimavano: impaziente, Caligaris volle caricare frontalmente,<br />

proponendo l’imme<strong>di</strong>ata creazione dell’IISS italiano, subito bocciata dallo stato maggiore e dalla<br />

Farnesina, per nulla <strong>di</strong>sposti a scaldarsi in seno qualche serpe che poteva criticarli e magari<br />

“scavalcarli” nella consulenza al governo e al parlamento. Più machiavellico, Jean manovrò invece per<br />

linee interne nella no man’s land tra esercito e paese. Seguendo il consiglio clausewitziano <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>sporre la <strong>di</strong>fesa prima <strong>di</strong> partire all’attacco, Jean si preoccupò <strong>di</strong> farsi dare una bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

massima (o meglio, una gesuitica “assoluzione anticipata”) dal capo <strong>di</strong> stato maggiore dell’Esercito.<br />

Merito del generale Eugenio Rambal<strong>di</strong> è <strong>di</strong> avergliela accordata, passando sopra bonariamente a varie<br />

“impertinenze” giovanili del vulcanico sottoposto.<br />

L’azione <strong>di</strong> Jean consistette in sostanza nel volgere a vantaggio degli stu<strong>di</strong> militari il clima <strong>di</strong> unità<br />

nazionale che, in un paese lacerato da profonde <strong>di</strong>visioni ideologiche e perfino da una sorta <strong>di</strong> “guerra<br />

civile virtuale” ( 1 ), si era fortunatamente determinato nella seconda metà degli anni Settanta. La sua<br />

“crociata” trovò attenzione e aperture nel mondo della cultura e della politica, traducendosi in iniziative<br />

concrete. Quella allora <strong>di</strong> maggior rilievo e più <strong>di</strong>rettamente e stabilmente collegata con Jean fu senza<br />

dubbio la creazione dell’Istituto Stu<strong>di</strong> e Ricerche Difesa (ISTRID), fondato a Roma nel 1979 da<br />

quattro uomini politici <strong>di</strong> maggioranza e <strong>di</strong> opposizione che avevano improntato ad uno spirito<br />

bipartisan l’azione parlamentare sui temi della <strong>di</strong>fesa, consentendo l’approvazione del secondo e<br />

ultimo grande riarmo postbellico del paese (Paolo Battino Vittorelli, socialista; Giuseppe Zamberletti,<br />

democristiano; Pasquale Ban<strong>di</strong>era, repubblicano e Aldo D’Alessio, stratega e tattico della nuova<br />

politica <strong>militare</strong> cooperativa del PCI).<br />

Ma Jean e/o Caligaris ebbero parte anche in altre tre iniziative del 1979-80: la rivista Politica<br />

Militare (poi Strategia Globale) <strong>di</strong>retta da Edgardo Sogno (Centro Stu<strong>di</strong> Manlio Brosio <strong>di</strong> Torino) e i<br />

due corsi universitari <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici” e “<strong>storia</strong> delle istituzioni militari” istituiti rispettivamente<br />

presso la facoltà <strong>di</strong> scienze politiche della LUISS <strong>di</strong> Roma e quella della Cattolica <strong>di</strong> Milano dal rettore<br />

Rosario Romeo e dal preside Gianfranco Miglio, entrambi ricoperti da docenti a contratto, vale a <strong>di</strong>re<br />

Enrico Jacchia, analista strategico del Giornale <strong>di</strong> Montanelli, e il generale Giuseppe Alessandro<br />

D’Ambrosio, in seguito segretario generale del Consiglio supremo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa.<br />

Per la precisione, la coincidenza temporale (1979) con la pubblicazione <strong>di</strong> un mio primo abbozzo <strong>di</strong><br />

<strong>storia</strong> politica delle Forze Armate nel periodo postbellico fu del tutto fortuita. Ma provocò<br />

imme<strong>di</strong>atamente, ad iniziativa del tenente colonnello Jean, la nostra conoscenza e l’avvio <strong>di</strong> un<br />

sodalizio in cui lavoro ed amicizia formano una sola cosa. Per mio tramite, la crociata culturale alla<br />

quale mi sentivo orgoglioso <strong>di</strong> partecipare, fu estesa al terreno della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, nell’intento <strong>di</strong><br />

24


einserirla a pieno titolo tra le scienze militari come parte essenziale e qualificante del consilium<br />

strategico. Ascrivo soprattutto a mia colpa il sostanziale fallimento <strong>di</strong> questa particolare “campagna”,<br />

analizzata e narrata con acume e misura da Piero Del Negro in vari scritti, e da ultimo nel suo<br />

intervento al II convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> svoltosi nel novembre 1999 presso il CASD.<br />

Il nuovo clima creato dalla collaborazione tra l’ISTRID e il CASD indusse il nuovo capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore della Difesa, generale Vittorio Santini, a fare qualche apertura verso la proposta <strong>di</strong> Caligaris.<br />

Il 26 novembre 1981, nell’intervento inaugurale della XXXIII sessione del CASD, accennò infatti alla<br />

possibilità <strong>di</strong> trasformarlo in “istituto <strong>militare</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici”. A realizzare la proposta - tra l’altro<br />

“ufficializzando” così l’espressione “stu<strong>di</strong> strategici” - fu tuttavia il generale Carlo Jean, con la<br />

costituzione, avvenuta nel 1987 su suo progetto, del Centro Militare <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Strategici. Il CeMiSS,<br />

costituito con decreto ministeriale 26 giugno 1987 alle <strong>di</strong>pendenze gerarchiche del capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore <strong>di</strong>fesa e del presidente del CASD, si <strong>di</strong>fferenziava da quest’ultimo per essere preposto non<br />

già alla formazione culturale dell’alta <strong>di</strong>rigenza <strong>militare</strong> bensì alla promozione della ricerca sui temi <strong>di</strong><br />

interesse del ministero. Primo <strong>di</strong>rettore del CeMiSS, e in seguito presidente del CASD, Jean si occupò<br />

tuttavia anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica, sia in ambito civile (con un corso <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici” presso la LUISS che<br />

integrava quello tenuto da Jacchia) sia in ambito <strong>militare</strong> (con la sperimentazione, nel 1994-95, <strong>di</strong><br />

nuovi criteri <strong>di</strong>dattici per la sessione or<strong>di</strong>naria del CASD che contribuirono alla successiva costituzione<br />

dell’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze, con compiti ben più ampi del vecchio ISMI esistito<br />

negli anni Cinquanta).<br />

3. La funzione pratica del concetto <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici”<br />

Di Jean è anche il primo (e finora unico) manuale <strong>di</strong>dattico <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici, in<strong>di</strong>cati come “un<br />

campo <strong>di</strong>sciplinare non ben definito, ma strettamente collegato con la scienza della politica e con le<br />

relazioni internazionali”, negli aspetti relativi alla sicurezza e alla “utilizzazione della potenza <strong>militare</strong><br />

per raggiungere obiettivi politici finalizzati a determinati interessi degli stati” (Stu<strong>di</strong> strategici, Milano,<br />

Franco Angeli, 1990, pp.11-12). Malgrado questo riferimento apparentemente limitativo al solo ambito<br />

<strong>di</strong>sciplinare delle scienze politiche, dal resto del <strong>di</strong>scorso si ricava una piena concordanza con il<br />

concetto britannico <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici.<br />

Jean sottolineava infatti il contrasto tra l’Europa - dove gli stu<strong>di</strong> strategici sono rimasti a lungo<br />

“appannaggio delle tecnostrutture militari” e gli Stati Uniti, “dove i rapporti fra le università, la cultura<br />

esterna ed i centri decisionali sono sempre stati molto più stretti”. Inoltre, pur de<strong>di</strong>cando la prima parte<br />

del manuale al concetto <strong>di</strong> strategia, Jean ne consacrava altre tre alle questioni che erano <strong>di</strong> attualità<br />

alla fine della guerra fredda. Il taglio meramente informativo del manuale risalta ancor più dal<br />

confronto coi due saggi pubblicati dallo stesso autore per i tipi della Laterza nel 1995 (Geopolitica) e<br />

1997 (Guerra, strategia, e sicurezza), i quali, al contrario del manuale, intendono formalmente<br />

collocarsi all’interno delle due specifiche <strong>di</strong>scipline.<br />

In definitiva Jean impiega “stu<strong>di</strong> strategici” in senso empirico e non epistemologico, proprio per<br />

segnalare che non debbono essere confusi con la strategia (o, per essere più precisi, con la “teoria della<br />

strategia”) che appartiene alle scienze militari. L’espressione in<strong>di</strong>ca invece una rassegna sistematica e<br />

analitica <strong>di</strong> tutti i settori delle scienze umane rilevanti per la sicurezza e la <strong>di</strong>fesa. Gli stu<strong>di</strong> strategici<br />

non sono dunque una <strong>di</strong>sciplina fra le altre, definita da un metodo e da un oggetto, bensì una<br />

designazione generale e generica, funzionale ad un obiettivo pratico, se si vuole “politico”: vale a <strong>di</strong>re<br />

il censimento, la catalogazione e lo “stoccaggio”, ma anche l’orientamento, il raccordo e la<br />

valorizzazione, <strong>di</strong> un potenziale cognitivo che si considera essenziale per la sicurezza e la <strong>di</strong>fesa della<br />

pace. In definitiva la funzione pratica del concetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici è <strong>di</strong> poter meglio in<strong>di</strong>viduare<br />

l’interfaccia tra le scienze militari e le altre scienze umane, nell’intento <strong>di</strong> estendere a queste ultime la<br />

cooperazione <strong>militare</strong>-civile che è sempre esistita nel campo delle scienze esatte e naturali.<br />

25


L’oggetto degli stu<strong>di</strong> strategici non può dunque essere definito se non in modo pragmatico, avendo<br />

come unico confine (peraltro poco netto) quello istituzionale con gli enti <strong>di</strong> ricerca tecnico-scientifica<br />

della Difesa. In realtà quel che in Gran Bretagna e in Italia va sotto il nome <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici”<br />

coincide con ciò che in Francia si è preferito definire (in modo più esplicito e politicamente<br />

impegnativo) études de defense nationale. Sia pure con sfumature <strong>di</strong>verse, entrambe le formule<br />

designano al tempo stesso il contenuto del think tank e le competenze <strong>di</strong> un soggetto istituzionale: vuoi<br />

nazionale e <strong>militare</strong> come il CeMiSS <strong>di</strong> Roma, vuoi formalmente internazionale e in<strong>di</strong>pendente come<br />

l’IISS <strong>di</strong> Londra e il SIPRI <strong>di</strong> Stoccolma (che, malgrado l’enfasi pacifista espressa dal nome, può<br />

essere per molti versi comparato con l’IISS). Con formule interme<strong>di</strong>e, come la FEDN <strong>di</strong> Parigi che era<br />

nazionale ma formalmente in<strong>di</strong>pendente dal ministero della <strong>di</strong>fesa francese e l’Istituto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

sicurezza (IES) <strong>di</strong> Chaillot, che è comunitario (2) .<br />

4. Il corpus <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici prodotto dal CeMiSS<br />

Con<strong>di</strong>zione preliminare per la promozione istituzionale degli stu<strong>di</strong> strategici nazionali, ovvero per la<br />

realizzazione <strong>di</strong> un outsourcing imparziale e proficuo, era la costituzione <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> “albo dei<br />

fornitori” o “registro <strong>di</strong> leva”, me<strong>di</strong>ante la ricognizione (talent scouting) e l’aggiornamento permanente<br />

delle risorse esterne, che si era cominciato a censire privatamente fin dall’inizio degli anni Ottanta (3) .<br />

A tale scopo gli artt. 17 e 18 delle Norme <strong>di</strong> funzionamento del CeMiSS, approvate con decreto<br />

ministeriale 20 giugno 1989, prevedevano, ai fini esclusivi dell’affidamento delle collaborazioni<br />

esterne, uno “schedario” permanente “delle attività e dei titoli scientifici dei possibili collaboratori,<br />

militari e civili, nonché degli Istituti <strong>di</strong> ricerca specializzati che hanno o possono avere rapporti <strong>di</strong><br />

collaborazione con il CeMiSS”. L’aggiornamento dello schedario faceva ingenuamente appello<br />

all’autosegnalazione da parte degli stu<strong>di</strong>osi: ma è caduto nel vuoto, mentre la tenuta dello schedario<br />

implicava un impegno continuativo superiore alle risorse del Centro e pertanto presto sacrificato ad<br />

altre esigenze più impellenti.<br />

Altre con<strong>di</strong>zioni erano la catalogazione e l’aggiornamento delle biblioteche: tuttavia, malgrado<br />

alcuni conati <strong>di</strong> razionalizzazione avvenuti alla fine degli anni Ottanta, la situazione è andata via via<br />

peggiorando, sia per la mancata introduzione <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong> classificazione accettabili sia, soprattutto, per<br />

il mancato aggiornamento del patrimonio librario pubblico, tanto delle università che del ministero<br />

della Difesa (in particolare quest’ultimo, utile ormai soltanto per la ricerca storica ma non più per<br />

quella strategica). Consola peraltro che la rapida obsolescenza delle biblioteche pubbliche sia in parte<br />

compensata da una relativa crescita <strong>di</strong> quelle private, che si possono <strong>di</strong>re coltivate con de<strong>di</strong>zione e<br />

sacrificio in genere inversamente proporzionali all’età degli stu<strong>di</strong>osi e al riconoscimento economico e<br />

accademico ad essi elargito dalle istituzioni militari e accademiche.<br />

Malgrado tali avvilenti ed esasperanti carenze <strong>di</strong> mezzi, il CeMiSS è riuscito, in quasi tre lustri <strong>di</strong><br />

attività, a ra<strong>di</strong>care anche in Italia un solido punto <strong>di</strong> riferimento per gli stu<strong>di</strong> strategici, realizzando una<br />

feconda e, come vedremo, crescente cooperazione con l’università e con altri istituti e riviste nazionali<br />

senza pregiu<strong>di</strong>zi né <strong>di</strong>scriminazioni <strong>di</strong> alcun genere. Ciò è tanto più significativo se si pensa che ancora<br />

nel 1986, l’anno precedente la costituzione del CeMiSS, l’accordo-quadro tra il CNR e il ministero<br />

della Difesa (firmato da Giovanni Spadolini) era stato criticato dalla Repubblica e dall’Espresso, con la<br />

denuncia, da parte della Casa della Pace, <strong>di</strong> un preteso tentativo <strong>di</strong> “militarizzare” la ricerca scientifica.<br />

Punta <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante del CeMiSS sono ovviamente le circa 400 ricerche effettuate in 14 anni <strong>di</strong> attività,<br />

grazie alla collaborazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi militari e civili, sovente riuniti in gruppi <strong>di</strong> lavoro. Per varie<br />

ragioni, soltanto una parte delle ricerche è stata pubblicata: le prime 100 nella collana “blu” stampata<br />

dalla Rivista Militare fra il 1989 e il 1998, altre 40, a partire dal 1996, e<strong>di</strong>te dalla Franco Angeli (la<br />

maggior parte nella collana <strong>di</strong> politica/stu<strong>di</strong>, le altre in quelle <strong>di</strong> economia/ricerche, sociologia e<br />

sociologia <strong>militare</strong>).<br />

26


Si tratta <strong>di</strong> un poderoso corpus <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici, il più cospicuo mai comparso in Italia, che può, per<br />

qualità e quantità, ben reggere il confronto con il corpus, per molti versi analogo, accumulato a partire<br />

dal 1994 da Limes, la “rivista <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> geopolitica” fondata e <strong>di</strong>retta da Lucio Caracciolo. Non<br />

altrettanto, purtroppo, può <strong>di</strong>rsi quanto alla circolazione e visibilità delle due produzioni ( 3 ), perché un<br />

ente pubblico italiano, e per giunta <strong>militare</strong>, come il CeMiSS, non è nelle con<strong>di</strong>zioni tecniche,<br />

amministrative e finanziarie <strong>di</strong> competere con la professionalità e<strong>di</strong>toriale, il prestigio culturale e la<br />

verifica <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong> una rivista <strong>di</strong>retta da uno dei migliori giornalisti italiani, pubblicata da un gruppo<br />

e<strong>di</strong>toriale come L’Espresso-La Repubblica e affiancata da un numero crescente <strong>di</strong> pubblicazioni<br />

gemelle in Francia, Germania, Stati Uniti e Cina ( 4 ).<br />

Di particolare valore, anche e in primo luogo sotto il profilo dell’etica e della pedagogia <strong>militare</strong>, è<br />

comunque il fatto che, in collegamento con le università o anche in modo in<strong>di</strong>pendente, il CeMiSS<br />

abbia contribuito alla selezione, motivazione e formazione <strong>di</strong> giovani stu<strong>di</strong>osi, sia con premi per tesi <strong>di</strong><br />

laurea sia consentendo a giovani laureati non solo <strong>di</strong> svolgere il servizio <strong>di</strong> leva presso l’Istituto ma<br />

anche <strong>di</strong> partecipare alle attività <strong>di</strong> ricerca in fuzione della loro qualificazione scientifica e senza<br />

riguardo al grado gerarchico ricoperto.<br />

5. Il progetto Ungari-Luraghi <strong>di</strong> Università della Difesa (1990)<br />

Fin dall’inizio della sua attività il CeMiSS si propose <strong>di</strong> integrare la produzione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>retto interesse della Difesa con una più vasta e ambiziosa attività <strong>di</strong> promozione e valorizzazione del<br />

potenziale <strong>di</strong> ricerca esistente nella società <strong>italiana</strong>. Ciò era reso necessario dal <strong>di</strong>sinteresse e dalla<br />

prevenzione della cultura universitaria e dell’e<strong>di</strong>toria italiane nei confronti degli stu<strong>di</strong> strategici,<br />

militari e geopolitici.<br />

Il punto <strong>di</strong> partenza fu una ricerca, <strong>di</strong>retta dal compianto Paolo Ungari e da Raimondo Luraghi, sugli<br />

Stu<strong>di</strong> strategici e militari nelle università italiane, pubblicata nel 1990, col n. 29, nella collana blu. Il<br />

rapporto <strong>di</strong> ricerca osservava che l’occasionale partecipazione <strong>di</strong> docenti al <strong>di</strong>battito sui temi <strong>di</strong><br />

interesse della Difesa avveniva a titolo personale, senza “creare uno stabile rapporto con le strutture<br />

universitarie”, in cui, per varie ragioni, si era “ra<strong>di</strong>cata una certa prevenzione ed avversione nei<br />

confronti dei temi militari e <strong>di</strong> un eventuale coinvolgimento col mondo <strong>militare</strong>”. Secondo il rapporto,<br />

gli stessi centri universitari <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> militari nati negli anni Ottanta erano meramente nominali, biglietti<br />

da visita cui non corrispondeva alcuna effettiva struttura <strong>di</strong> ricerca. Secondo il rapporto, erano allora<br />

attivi 4 cattedre <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (Pisa, Pavia, Cattolica e Padova) e 1 corso (a contratto) <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

strategici (LUISS), cui si potevano aggiungere “altri 4 docenti che lavorano attraverso i rispettivi centri<br />

stu<strong>di</strong>o”. Considerato l’or<strong>di</strong>namento dell’università e della ricerca scientifica, il rapporto giu<strong>di</strong>cava<br />

“molto improbabile” che in futuro cattedre e centri potessero aumentare per “processo naturale”.<br />

Suggeriva perciò - senza interferire con l’autonomia universitaria - <strong>di</strong> istituire presso il CASD un<br />

“corso <strong>di</strong> specializzazione in analisi della <strong>di</strong>fesa”, con un or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> tipo universitario e aperto a<br />

frequentatori militari e civili. Il rapporto ipotizzava un corso biennale, incentrato sulle scienze militari<br />

comparate (strategia, arte operativa, organica, logistica) e sulle applicazioni militari delle scienze<br />

umane (politica, <strong>di</strong>ritto, <strong>storia</strong>, sociologia, economia, geografia).<br />

Il rapporto delineava in realtà una sorta <strong>di</strong> “libera università degli stu<strong>di</strong> militari” sul tipo della<br />

National Defense University (NDU) <strong>di</strong> Washington, che facesse convivere dentro un’unica struttura -<br />

sostenuta dal ministero della Difesa, ma autogovernata - ricerca pura, ricerca applicata e <strong>di</strong>dattica. Pur<br />

entro un tetto massimo <strong>di</strong> iscrizioni, si prevedeva infatti che il corso potesse essere frequentato<br />

liberamente dagli interessati, garantendo un congedo sabatico biennale (con<strong>di</strong>zionato alla frequenza e<br />

al profitto) ai frequentatori eventualmente appartenenti alle amministrazioni civili o militari dello stato.<br />

Per non irrigi<strong>di</strong>re la struttura e incentivare il merito scientifico, si adottavano criteri americani anche<br />

per la scelta dei docenti, con reclutamento concursuale e contratti annuali o biennali rinnovabili.<br />

L’eresia era talmente enorme che i destinatari del rapporto nemmeno se ne accorsero. La libertà <strong>di</strong><br />

27


accesso al corso infrangeva infatti i car<strong>di</strong>ni del modello continentale <strong>di</strong> formazione degli ufficiali, vale<br />

a <strong>di</strong>re l’omogeneità generazionale e gerarchica dei <strong>di</strong>scenti, il nesso con la carriera, l’uniformità<br />

dell’insegnamento, la passività dell’appren<strong>di</strong>mento, il livellamento della classe su valori me<strong>di</strong>. Con<br />

enfasi in<strong>di</strong>vidualista e aristocratica, Ungari e Luraghi facevano invece appello alla vocazione<br />

scientifica dei pochi, all’ambizione intellettuale e morale <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re e ampliare, senza limiti <strong>di</strong><br />

grado ed età e senza corrispettivi imme<strong>di</strong>ati <strong>di</strong> carriera, le basi culturali della professione intrapresa.<br />

Nulla dunque a che vedere con l’ISSMI, saldamente ancorato al tra<strong>di</strong>zionale modello organizzativo,<br />

formativo e <strong>di</strong>dattico delle scuole militari.<br />

6. Dagli “stu<strong>di</strong> strategici” alle “scienze della sicurezza e della <strong>di</strong>fesa”<br />

La collaborazione del generale Jean e <strong>di</strong> altri due autori italiani all’International Military and<br />

Defense Encyclope<strong>di</strong>a (IMADE) <strong>di</strong>retta dal colonnello americano Trevor N. Dupuy e pubblicata dalla<br />

Brassey’s nel 1992, suggerì al CeMiSS un obiettivo ancor più ambizioso del corso in analisi della<br />

<strong>di</strong>fesa.<br />

L’idea era <strong>di</strong> affrontare <strong>di</strong>rettamente il vero nodo irrisolto degli stu<strong>di</strong> strategici, cioè il valore<br />

cognitivo, l’effettiva fruibilità dei risultati acquisiti o acquisibili dal complesso delle varie prospettive<br />

<strong>di</strong> ricerca. Era un problema analogo, ma non identico, a quello oggi spietatamente sollevato da Sonia<br />

Lucarelli e Roberto Menotti a proposito della politologia internazionalista <strong>italiana</strong>, quando osservano<br />

che lo stu<strong>di</strong>o delle relazioni internazionali (RI) è in Italia incentrato sulla “risoluzione <strong>di</strong> enigmi”<br />

(puzzle-solving) piuttosto che sulla “costruzione <strong>di</strong> teoria” (theory-buil<strong>di</strong>ng) ( 5 ).<br />

Il problema era analogo, perché anche nel campo della strategia si trattava <strong>di</strong> evolvere dall’infanzia<br />

alla pubertà: ma anche <strong>di</strong>verso, perché si trattava <strong>di</strong> farlo nei confronti non <strong>di</strong> una sola, bensì <strong>di</strong><br />

numerose <strong>di</strong>scipline impuberi e <strong>di</strong> avviarle al connubio promiscuo. Si intendeva, dunque, porre al<br />

centro la questione inter<strong>di</strong>sciplinare, ossia della fecondazione reciproca e della sinergia tra i vari ambiti<br />

<strong>di</strong>sciplinari e scientifici, tra i molteplici meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> approccio alle questioni della pace e della guerra. Si<br />

trattava non più soltanto <strong>di</strong> immagazzinare e al massimo catalogare nel dépot nazionale le risorse<br />

culturali esistenti, ma <strong>di</strong> darne conto sul piano scientifico, <strong>di</strong> sviluppare in termini generali, e non solo<br />

applicativi, le potenzialità euristiche e teoretiche <strong>di</strong> tutte le scienze umane, sollecitandole ad occuparsi<br />

in modo sempre più informato, continuativo e penetrante, ciascuna secondo i propri meto<strong>di</strong>, oggetti e<br />

criteri scientifici, delle questioni rilevanti per la <strong>di</strong>fesa e la sicurezza. Non si trattava più semplicemente<br />

<strong>di</strong> adeguare la cultura strategica nazionale al livello degli altri paesi occidentali; ma <strong>di</strong> assegnarle<br />

ad<strong>di</strong>rittura un ruolo innovativo e trainante a beneficio dell’intera comunità strategica occidentale.<br />

Appariva perciò necessario superare il concetto empirico e pratico <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong> strategici”, ponendo invece<br />

al centro la questione epistemologica delle “scienze della <strong>di</strong>fesa e della sicurezza”, in modo da favorire<br />

un confronto e una cooperazione effettivi e permanenti tra le varie scienze umane e far così<br />

gradualmente maturare nuovi approcci realmente inter<strong>di</strong>sciplinari.<br />

A tale scopo si pensò <strong>di</strong> raccordare le risorse culturali nel frattempo coltivate e maturate nel campo<br />

degli stu<strong>di</strong> strategici con i gran<strong>di</strong> punti <strong>di</strong> eccellenza della cultura <strong>italiana</strong>, lo storicismo critico e quel<br />

tipo <strong>di</strong> enciclope<strong>di</strong>smo che si era appena espresso nell’Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, la quale de<strong>di</strong>cava un<br />

intero volume, il quin<strong>di</strong>cesimo, a rendere ragione dei criteri sistematici adottati.<br />

Ne derivò, nel 1995, un progetto CeMiSS <strong>di</strong> Enciclope<strong>di</strong>a delle scienze della sicurezza e <strong>di</strong>fesa,<br />

notevolmente <strong>di</strong>verso dall’enciclope<strong>di</strong>a americana (6) . Quest’ultima è infatti orientata essenzialmente<br />

sulle singole tematiche strategiche e militari, mentre il progetto italiano dava molto più risalto agli<br />

aspetti teorici, nonché alla <strong>storia</strong> e all’epistemologia dell’apporto che tutte le scienze umane, e non<br />

soltanto quelle militari, hanno dato alla formazione della moderna cultura della guerra e della pace,<br />

della sicurezza e della <strong>di</strong>fesa. Per questa ragione il progetto era incentrato su un nucleo <strong>di</strong> 63 voci (7) a<br />

carattere generale, sistematico, storico-critico e possibilmente innovativo (es. “eziologie della guerra”),<br />

28


come nell’Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>. Si fissavano inoltre precisi e dettagliati criteri metodologici per la<br />

redazione delle voci maggiormente impegnative dal punto <strong>di</strong> vista teoretico, in modo da renderle<br />

omogenee ed eventualmente pubblicabili in volume separato. Le altre voci erano a carattere più<br />

informativo, in linea <strong>di</strong> massima corrispondenti a quelle dell’IMADE. Tuttavia, per ragioni teoretiche e<br />

<strong>di</strong>dattiche, si introduceva anche qui un elemento sistematico, in<strong>di</strong>viduando 22 “lemmi-chiave” (8) sotto<br />

i quali venivano raggruppate quasi metà delle voci (204 su un totale <strong>di</strong> 498).<br />

E’ molto importante sottolineare che proprio l’impianto “storicista” del progetto italiano portò<br />

ovviamente ad escludere le voci a carattere storico o biografico, che invece appesantiscono l’IMADE.<br />

Da un lato non erano necessarie, dal momento che già nel 1995 esistevano, anche in traduzione<br />

<strong>italiana</strong>, numerosi e non <strong>di</strong>sprezzabili <strong>di</strong>zionari storico-militari, de<strong>di</strong>cati agli armamenti, alla biografia,<br />

ai conflitti e battaglie, a singole nazioni (come la Francia e gli Stati Uniti). Ma si considerò soprattutto<br />

che costellare l’Enciclope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> voci cosiddette “storiche” sarebbe stato del tutto fuorviante rispetto<br />

all’intento scientifico del progetto. Lungi dal vilipendere una cosa seria come la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

confinandola in 100 o 10.000 voci banalmente informative e “narrative”, si trattava piuttosto <strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>carle una sola, ma buona, voce sistematica, che informasse il lettore sull’origine, la funzione<br />

scientifica, gli sviluppi, il valore cognitivo, l’influenza sulla formazione del pensiero strategico, le<br />

“scuole” in cui si <strong>di</strong>vide tale complessa <strong>di</strong>sciplina. La vera sfida culturale, la vera necessità scientifica<br />

era invece fare in modo che l’approccio storicista permeasse e vivificasse proprio le voci destinate a<br />

presentare al lettore lo sviluppo e la funzione delle altre “applicazioni militari” delle scienze umane,<br />

soprattutto quelle più “refrattarie” a tale trattamento critico: dalla strategia all’“arte <strong>militare</strong>” (o “teoria<br />

delle operazioni”), dalla sociologia <strong>militare</strong> alla geopolitica, dalla polemologia alla teologia della<br />

guerra.<br />

Pur esprimendo a voce un certo scetticismo sulla possibilità che la cultura <strong>italiana</strong> fosse in grado <strong>di</strong><br />

promuovere e realizzare, pur con tutte le opportune integrazioni <strong>di</strong> autori stranieri, un progetto tanto<br />

ambizioso, il ministro pro tempore, Beniamino Andreatta, approvò la proposta del CeMiSS,<br />

incaricando il generale Jean, allora presidente del CASD, della <strong>di</strong>rezione scientifica e del piano<br />

e<strong>di</strong>toriale. Quest’ultimo si basava giustamente sulla cooperazione con l’Istituto dell’Enciclope<strong>di</strong>a<br />

Italiana, con il quale fu presto raggiunta un’intesa <strong>di</strong> massima. Purtroppo le temporanee <strong>di</strong>fficoltà<br />

amministrative dell’Istituto, allora presieduto dal Nobel Rita Levi Montalcini, aggiornarono la<br />

realizzazione del progetto, malgrado una prima in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong> sezione e degli estensori<br />

delle voci, in gran parte designati, per merito e competenza, nella nuova generazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi che,<br />

anche col sostegno del CeMiSS, si è formata nell’ultimo decennio. La destinazione del generale Jean<br />

ad altro importante incarico internazionale e un certo clima <strong>di</strong> stanchezza e provvisorietà determinatosi<br />

a seguito del processo <strong>di</strong> ristrutturazione e contrazione del ministero della Difesa non hanno finora<br />

consentito <strong>di</strong> rivitalizzarlo.<br />

7. L’impatto delle due “professionalizzazioni”, <strong>militare</strong> e universitaria<br />

Nella seconda metà degli anni Novanta la cooperazione <strong>militare</strong>-civile nel campo delle scienze<br />

umane ha subito, non solo in Italia ma più in generale in Europa, l’impatto <strong>di</strong> due mutamenti sociali<br />

paralleli, da un lato la “professionalizzazione” delle Forze Armate e dall’altro quella dell’università.<br />

Il loro effetto congiunto sugli stu<strong>di</strong> strategici italiani è stato <strong>di</strong> appannare la <strong>di</strong>mensione della ricerca<br />

e <strong>di</strong> enfatizzare la <strong>di</strong>dattica. Da un lato la pur lenta anemizzazione del servizio <strong>militare</strong> obbligatorio in<br />

vista della sua prevista soppressione ha privato fin d’ora le Forze Armate delle professionalità<br />

potenzialmente apportate dai coscritti, che, sia pure in misura del tutto casuale e inadeguata, si era<br />

talora riusciti a valorizzare, come <strong>di</strong>mostra la bella esperienza, purtroppo ormai quasi conclusa, dei<br />

soldati ricercatori del CeMiSS: una sola squadra in servizio attivo ... ma, volendo e sapendoci fare,<br />

un’intera compagnia <strong>di</strong> riservisti! ( 9 ).<br />

29


Dall’altro lato la riconversione del ruolo strategico delle Forze Armate italiane, che assegna la<br />

priorità assoluta (e quasi esclusiva) alla partecipazione alle missioni <strong>di</strong> pace fuori del territorio<br />

nazionale, ha mo<strong>di</strong>ficato il profilo professionale e il bagaglio culturale richiesto per le varie categorie<br />

del personale <strong>militare</strong> (ufficiali, sottufficiali e truppa). Si è pertanto configurata una sorta <strong>di</strong><br />

“emergenza formazione” (riflessa perfino nella nuova denominazione data al vecchio Ispettorato delle<br />

Scuole dell’Esercito), ulteriormente complicata dalla questione degli incentivi all’arruolamento<br />

volontario, da cui deriva la necessità <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are le esigenze strettamente militari con quella <strong>di</strong> poter<br />

ricollocare una parte del personale più anziano sul mercato del lavoro o nelle forze <strong>di</strong> polizia e con<br />

quella <strong>di</strong> poter sufficientemente amalgamare militari dei due sessi.<br />

Ciò è avvenuto proprio mentre il vecchio modello dell’università entrava in crisi. Inevitabilmente,<br />

l’eccessiva resistenza all’aggiornamento ha condotto all’implosione delle vecchie facoltà, con una<br />

proliferazione in<strong>di</strong>scriminata <strong>di</strong> nuovi corsi <strong>di</strong> laurea e <strong>di</strong> specializzazione orientati non più sulla<br />

formazione culturale <strong>di</strong> base, ma sulle nuove figure professionali richieste dalla o proposte all’industria<br />

e alla società civile.<br />

Solitamente questo processo viene in<strong>di</strong>cato come “licealizzazione” dell’università. Il termine non è<br />

appropriato, perché il liceo mirava proprio a quella formazione culturale <strong>di</strong> base, completata poi dagli<br />

stu<strong>di</strong> universitari, che oggi è entrata in crisi. Per essere più precisi, si dovrebbe <strong>di</strong>re che l’università si<br />

sta “tecnicizzando”, sta assumendo la funzione un tempo propria degli istituti tecnici e <strong>di</strong> avviamento<br />

professionale.<br />

Così si può cogliere un parallelismo non meramente semantico tra le due “professionalizzazioni”,<br />

quella dell’università e quella delle Forze Armate. Entrambe si stanno riconvertendo sulla produzione<br />

<strong>di</strong> “skill”, ossia la capacità <strong>di</strong> svolgere un certo tipo <strong>di</strong> lavoro. Ma un solo tipo <strong>di</strong> lavoro. Non si può<br />

negare che si tratti a suo modo <strong>di</strong> una “qualificazione”, ma certamente <strong>di</strong> livello inferiore rispetto alla<br />

formazione generale che un tempo sia l’università che le scuole <strong>di</strong> guerra e le stesse accademie militari<br />

erano in grado <strong>di</strong> assicurare.<br />

Non v’è dubbio che la recente concessione (perfino retroattiva, ma a domanda) <strong>di</strong> titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

universitari (<strong>di</strong>ploma, laurea e master in “scienze strategiche”) agli ufficiali provenienti dai corsi<br />

regolari (v. infra, II) viene incontro ad una richiesta della “base” che si era andata affacciando già dal<br />

Sessantotto ed è stata poi ripresa dagli organi della Rappresentanza <strong>militare</strong>. Essa non riguarda però in<br />

alcun modo la questione scientifica del sapere <strong>militare</strong>: basti osservare, a tale proposito, che il titolo<br />

accademico non può essere in alcun modo <strong>di</strong>sgiunto dal conferimento del grado e dall’immissione nei<br />

ruoli, né conseguito da <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> potenziali aspiranti. Ciò è tanto più paradossale se si pensa<br />

che anche la denominazione adottata (“scienze strategiche”), se può essere accettabile per il master, è<br />

poco congruente con l’oggetto degli insegnamenti da cui conseguono il <strong>di</strong>ploma e la laurea. Basta, a tal<br />

fine, confrontare la qualificazione propriamente “strategica” assicurata dai corsi modenese e torinese<br />

con quella ben più vasta richiesta ai militari <strong>di</strong> leva impiegati quali ricercatori presso il CeMiSS, tutti<br />

laureati in scienze politiche, sociali ed economiche o in giurisprudenza, generalmente con tesi in<br />

relazioni internazionali, <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, stu<strong>di</strong> strategici e simili.<br />

In realtà l’aspirazione al titolo accademico “speciale” è piuttosto una “spia”, raggelante, dello scarso<br />

orgoglio che molti degli stessi ufficiali, soprattutto delle nuove leve, sembrano avvertire per la propria<br />

commission, come se non considerassero sufficiente e anzi superiore l’onore delle spalline.<br />

Sicuramente sono prevenuto, perchè, insomma, questo connubio “post-eroico” e italiano tra grado<br />

<strong>militare</strong> e grado accademico è anche una pugnalata a tra<strong>di</strong>mento al povero giureconsulto Cristoforo<br />

Lanfranchino, che tanto si era affaticato de miltum et doctorum praeferentia. Molto è cambiato, per<br />

fortuna, dalla Prussia <strong>di</strong> Theodor Fontane, quando i professori sognavano <strong>di</strong> poter barattare la cattedra<br />

con le spalline <strong>di</strong> sottotenente e intanto educavano gli studenti liceali a uccidere e morire per la<br />

grandezza della patria. Ma viene ancora a proposito la splen<strong>di</strong>da risposta del feldmaresciallo prussiano<br />

Bluecher (idolatrato dai suoi uomini, che lo chiamavano Alte Vorwaerts, “il Vecchio ‘avanti’”) alla<br />

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notizia <strong>di</strong> essere stato insignito <strong>di</strong> una laurea honoris causa per la vittoria <strong>di</strong> Waterloo: “se fate me<br />

dottore, dovete fare Gneisenau farmacista” (alludendo al ruolo svolto dal suo capo <strong>di</strong> stato maggiore,<br />

subentrato nel 1813 a Scharnhorst, caduto sul campo dell’onore).<br />

Non sembra che le Forze Armate, né in Italia né negli altri paesi europei, abbiano finora pienamente<br />

avvertito la portata del mutamento culturale in atto e la sfida che esso rappresenta per la stessa<br />

permanenza e trasmissione del sapere scientifico <strong>militare</strong>. Naturalmente la sfida riguarda tutte le<br />

scienze umane, ma non tutte corrono i medesimi rischi. Per fare un esempio è evidente che la scienza<br />

giuri<strong>di</strong>ca non si può ridurre alla mera sommatoria delle cognizioni richieste per lavorare quale<br />

“operatore del <strong>di</strong>ritto” (magistrato, avvocato, poliziotto ...) o quale docente della facoltà <strong>di</strong><br />

giurisprudenza. Purtroppo è meno evidente, anche agli stessi stati maggiori, che la scienza <strong>militare</strong> non<br />

è la semplice sommatoria degli skill assicurati dalla formazione <strong>militare</strong>. Ciò è tanto più rischioso<br />

quanto più uno strumento <strong>militare</strong> - come sta accadendo a quelli europei, con l’eccezione inglese -<br />

viene riconvertito ad un unico compito, vale a <strong>di</strong>re le missioni <strong>di</strong> pace all’estero.<br />

Beninteso la professionalizzazione parallela delle Forze Armate e dell’università ha prodotto almeno<br />

un effetto positivo, perché ha rimosso quasi <strong>di</strong> colpo gli ostacoli alla loro collaborazione. La necessità<br />

<strong>di</strong> doversi riconvertire dall’economia della ren<strong>di</strong>ta a quella del mercato ha spazzato via i pregiu<strong>di</strong>zi<br />

aristocratici e moralistici a lungo coltivati dall’accademia <strong>italiana</strong> nei confronti dei militari, mentre il<br />

fatto <strong>di</strong> cominciare a comportarsi da clienti ha indotto i militari a <strong>di</strong>ventare più esigenti e ad attenuare il<br />

senso <strong>di</strong> inferiorità e la deferenza un po’ ri<strong>di</strong>cola che in passato <strong>di</strong>mostravano nei confronti dei<br />

“professori”.<br />

Ma c’è da segnalare che questa nuova e più intensa cooperazione con l’università avviene sul terreno<br />

della formazione e non più, come in passato, sul terreno della ricerca. In linea <strong>di</strong> principio non c’è<br />

alcuna ragione per la quale non sia possibile coltivare il rapporto ad entrambi i livelli. Ma bisogna<br />

sottolineare con forza che si tratta <strong>di</strong> due questioni qualitativamente del tutto <strong>di</strong>verse, perché ogni<br />

fungibilità sarebbe fatalmente governata dalla legge <strong>di</strong> Gresham. Un conto è <strong>di</strong>plomare i volontari in<br />

ferma prolungata, un altro produrre la carta etnica dell’Albania saggiamente acquistata in e<strong>di</strong>cola<br />

dall’accorto generale Forlani prima <strong>di</strong> partire per la missione “Alba”.<br />

Note<br />

(1) V. Ilari, Guerra civile, Ideazione, Roma, 2001.<br />

(2) Lo storico delle istituzioni militari è indotto a interrogarsi non solo sulle ovvie <strong>di</strong>fferenze, ma anche sulle meno<br />

scontate analogie che si potrebbero istituire tra questi istituti strategici nazionali e i dépots de la guerre e de la marine<br />

creati in Francia alla fine del Seicento per raccogliere in modo sistematico tutti gli stu<strong>di</strong>, le memorie, le carte e i documenti<br />

utili per pianificare la guerra e le campagne militari. L’interesse storico dell’analogia è duplice. Da un lato, infatti, i due<br />

dépots francesi e gli enti analoghi delle altre nazioni favorirono la nascita delle scienze militari, in particolare con lo<br />

sviluppo della geografia, della cartografia, della statistica e della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (che allora era coltivata per scopi pratici e<br />

imme<strong>di</strong>ati, cioè per trarne non solo ammaestramenti generali e formazione culturale, ma anche informazioni e previsioni<br />

operative). Ma dall’altro segnarono un salto <strong>di</strong> qualità nel sistema <strong>di</strong> comando dell’antico regime, fino a quel momento<br />

basato esclusivamente sull’imperium, introducendovi il principio del consilium, attorno al quale presero poi lentamente<br />

corpo la centralizzazione delle decisioni e la moderna organizzazione degli stati maggiori centrali.<br />

(3) Cfr. V(irgilio) Ilari e P(iero) V(isani), “Il campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della politica <strong>militare</strong> e il suo sviluppo in Italia”, in<br />

Politica Militare, III, N. 8, giugno 1981, pp. 25-34. V. Ilari, “Gli stu<strong>di</strong> militari in Italia”, in Rivista Militare, 1982, N. 2, pp.<br />

13-. V. Ilari e Sergio A. Rossi: “Gli stu<strong>di</strong> strategico-militari in Italia”, in Politica Militare, IV, N. 13, luglio-agosto 1982,<br />

pp. 21-44. V. Ilari, “Military Stu<strong>di</strong>es in Italy: A Historical Introduction to the Problem”, in Trend in Strategic Stu<strong>di</strong>es,<br />

International Meeting, Turin, 9-12 December 1982, Centro Stu<strong>di</strong> Manlio Brosio, pp. 41-45. Id., “Istituti universitari o<br />

privati italiani”, in Informazioni parlamentari della Difesa, <strong>di</strong>cembre 1982 - gennaio 1983. Id., “Cultura universitaria e<br />

cultura <strong>militare</strong>”, fascicolo <strong>di</strong> documentazione ciclostilato <strong>di</strong> 128 pp. <strong>di</strong>ffuso nel convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o indetto dalla Rivista<br />

Militare nel 1983 sul tema “La sicurezza e la con<strong>di</strong>zione <strong>militare</strong> in Italia”, una cui breve sintesi è stata pubblicata in<br />

Rivista Militare, Quaderno N. 2 (“Atti del convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o”), 1984, pp. 96-101. Id., “Gli stu<strong>di</strong> strategici in Italia.<br />

Bilancio <strong>di</strong> un triennio”, in Strategia Globale, N. 5, 1° semestre 1985, pp. 199-230. Id., “Italy”, in Luc Reychler and<br />

Robert Rudney (Eds.), Directory Guide of European Security and Defense Research, Leuven University Press and<br />

31


Pergamon Brassey’s, 1985, pp. 181-205. Id., “‘Cultura <strong>militare</strong>’ e ‘nazione guerriera’ (1925-1943), in Ferruccio Botti e V.<br />

Ilari, Il pensiero <strong>militare</strong> italiano dal primo al secondo dopoguerra 1919-1949, USSME, Roma, 1985, pp. 273-338. Id.,<br />

“Gli ufficiali <strong>di</strong> stato maggiore e la riforma degli stu<strong>di</strong> militari”, ibidem, pp. 563-582. Id., “Cultura <strong>militare</strong> e cultura<br />

universitaria per gli ufficiali italiani dal dopoguerra ad oggi”, in Giuseppe Caforio e Piero Del Negro (cur.), Ufficiali e<br />

società, Milano, Angeli, 1988, pp. 465-502. Paolo Ungari, Raimondo Luraghi, Virgilio Ilari e Michele Nones, Stu<strong>di</strong><br />

strategici e militari nelle università italiane, Rapporto <strong>di</strong> Ricerca N. 29, CeMiSS, Roma, ed. Rivista Militare, 1990.<br />

(4) La Rivista Militare era in grado <strong>di</strong> stampare, ma non <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire le pubblicazioni del CeMiSS. La veste tipografica<br />

era inoltre scoraggiante (mici<strong>di</strong>ali copertine color carta da zucchero). L’accordo con la Franco Angeli non ha risolto il<br />

problema e semmai ha ulteriormente rarefatto la circolazione, a causa delle tirature limitate (che impongono prezzi unitari<br />

eccessivi e compromettono la <strong>di</strong>stribuzione) e dell’assoluta mancanza <strong>di</strong> pubblicità. Il risultato è che non solo la collana<br />

CeMiSS è pressoché sconosciuta, ma ad<strong>di</strong>rittura neppure le biblioteche specializzate (forse nemmeno quella del CASD!)<br />

ne possiedono una serie completa (neppure chi scrive ha potuto evitare varie dolorose lacune, nonostante continue richieste<br />

condotte con la più ottusa, importuna ed esasperante petulanza abruzzese integrata da perio<strong>di</strong>che, brutali “perquisizioni”<br />

lance et licio).<br />

(5) Sonia Lucarelli e Roberto Menotti, “Le relazioni internazionali nella terra del Principe”, in Rivista Italiana <strong>di</strong> Scienza<br />

Politica, n. 2, 2002 (in corso <strong>di</strong> pubblicazione: per cortese anticipazione degli autori).<br />

(6) Confronto tra le 17 sezioni tematiche dell’International Military and Defense Encyclopae<strong>di</strong>a (Brassey’s 1992) e le<br />

12 previste dal progetto <strong>di</strong> Enciclope<strong>di</strong>a delle scienze della sicurezza e della <strong>di</strong>fesa (CeMiSS, 1995)<br />

IMADE 1992 Progetto CeMiSS 1995<br />

Sezioni voci Sezioni voci<br />

Aerospace Forces and Warfare 30 1. Arte Militare 152<br />

Combat Theory and Operations 68 2. Sociologia e psicologia <strong>militare</strong> 18<br />

Leadership,. Command and Management 20 3. Diritto e organizzazione <strong>militare</strong> 59<br />

Countries, Regions and Organizations 135 4. Informazioni militari 29<br />

Armed Forces and Society 19 5. Scienze e tecnologie militari 60<br />

History and Biography 158 6. Politica internazionale 32<br />

Land Forces and Warfare 49 7. Politica <strong>militare</strong> 28<br />

Logistrics 35 8. Economia della <strong>di</strong>fesa 21<br />

Manpower and Personnel 40 9. Diritto internazionale bellico 51<br />

Materiel and Weapons 37 10. Etica e filosofia del <strong>di</strong>ritto 24<br />

Naval Forces and Warfare 33 11. Scienze Militari 9<br />

Technology, Research and Development 49 12. Modelli e dottrine nazionali 15<br />

Military Theory and Operations Research 14 TOTALE VOCI 498<br />

Defense and International Security Policy 33<br />

Military and International Security Law 13<br />

Military Intelligence 22<br />

General Military 46<br />

TOTALE VOCI 801<br />

(non erano previste voci a carattere storico, biografico e<br />

nazionale )<br />

(7) Le 63 voci a carattere sistematico previste dal progetto <strong>di</strong> “Enciclope<strong>di</strong>a delle scienze della sicurezza e della <strong>di</strong>fesa”<br />

(CeMiSS 1995) erano le seguenti: Architettura <strong>militare</strong> - Arte <strong>militare</strong> - Demografia <strong>militare</strong> - Difesa (<strong>di</strong>ritto costituz.<br />

comparato) - Difesa (<strong>di</strong>ritto costituz. italiano) - Diritto internazionale bellico - Diritto penale <strong>militare</strong> - Ecologia <strong>militare</strong> -<br />

Economia internazionale - Economia <strong>militare</strong> - Elettronica <strong>militare</strong> - Ergonomia <strong>militare</strong> - Geoeconomia - Geografia<br />

<strong>militare</strong> - Geopolitica - Geostrategia - Guerra (antropologia) - Guerra (comunicazioni sociali) - Guerra (<strong>di</strong>ritto costituz.<br />

comparato) - Guerra (<strong>di</strong>ritto costituz. italiano) - Guerra (<strong>di</strong>ritto internazionale) - Guerra (etologia) - Guerra (eziologie<br />

della) - Guerra (fantascienza) - Guerra (filosofia morale) - Guerra (stu<strong>di</strong> sulla <strong>di</strong>fferenza sessuale) - Guerra (ideologia<br />

della) - Guerra (letteratura <strong>di</strong>) - Guerra (psicanalisi) - Guerra (teoria economica) - Guerra (teoria politica) - Iconografia<br />

<strong>militare</strong> - Informatica <strong>militare</strong> - Idrografia e Oceanografia militari - Ingegneria <strong>militare</strong> - Intelligence (teoria dell') -<br />

Intelligenza artificiale - Istituzioni militari (or<strong>di</strong>namento) - Istituzioni militari (sociologia) - Istituzioni militari (teoria<br />

politica) - Logistica - Me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> - Meteorologia <strong>militare</strong> - Organica - Organizzazione <strong>militare</strong> - Pace (filosofia del<br />

<strong>di</strong>ritto) - Pace (ricerca sulla) - Pedagogia <strong>militare</strong> - Polemologia - Politica internazionale - Politica <strong>militare</strong> - Psichiatria<br />

<strong>militare</strong> - Ricerca <strong>militare</strong> (Scienza e tecnologia) - Ricerca operativa - Robotica <strong>militare</strong> - Scienze e tecnologie militari -<br />

Simulazione operativa - Sociologia <strong>militare</strong> - Statistica <strong>militare</strong> - Storia <strong>militare</strong> - Strategia - Stu<strong>di</strong> militari e strategici -<br />

Tattica - Topografia <strong>militare</strong>.<br />

32


(8) I 22 lemmi generali comuni a 3 o più voci erano i seguenti: "Guerra" (35 voci) - "Difesa" (22) - "Forze" (21) -<br />

"Sistemi" (18) - Operazioni" (15) - "Informazioni" (13) - "Personale" (13) - "Servizi" (8) - "Armamenti" (8) - "Armi" (7) -<br />

"Pace" (7) - "Manovra" (5) - "Geo-" (4) - "Mezzi" (4) - "Sicurezza" (4) - "Co<strong>di</strong>ficazione" (4) - "Industria" (3) - "Istituzioni<br />

militari" (3) - "Potere" (3) - "Ricerca" (3) - "Spese militari" (3).<br />

( 9 ) tale si considerava l’Associazione degli ex-ricercatori Cemiss (ARC) fondata nel 1996 e coor<strong>di</strong>nata dal dottor Angelo<br />

Pirocchi, cultore della materia presso la cattedra <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituizioni militari della Cattolica <strong>di</strong> Milano nonché<br />

contitolare della Libreria Militare <strong>di</strong> Milano, aperta nel 1997 e specializzata nei tre settori della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, degli stu<strong>di</strong><br />

strategici e della geopolitica.<br />

Fonti deglle rassegne allegate al presente saggio. Le notizie riferite nei tre allegati sui nuovi titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o militari<br />

(II), sui master in peacekeeping (III) e sulle cattedre <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici e centri <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o connessi (IV) sono state raccolte<br />

grazie alla collaborazione <strong>di</strong> gran parte degli stessi interessati, ovvero desunte da un documnento interno dell’ISSMI<br />

consultato presso il CeMiSS, dalla circolare n. 1203/RS/2.1050 del 19 marzo 2001 dell’Ispettorato per la Formazione e la<br />

Specializzazione (Esercito) e dai siti web degli Enti citati (questi ultimi raccolti da collaboratori della cattedra <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

delle istituzioni militari, in particolare il laureando Lorenzo Guietti).<br />

II. I nuovi titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o militari*<br />

*Venendo incontro ad una istanza già sollevata già alla fine degli anni Sessanta dalla pubblicistica<br />

<strong>militare</strong> e riven<strong>di</strong>cata dagli organismi cerntrali della Rappresentanza Militare, nel 2000 l’Ispettorato<br />

della Formazione e Specializzazione dell’Esercito ha stipulato una convenzione con l’Università <strong>di</strong><br />

Torino per il riconoscimento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ploma e <strong>di</strong> una laurea in “scienze strategiche” esclusivamente<br />

riservati ai sottotenenti e ai tenenti in s. p. e. provenienti dai corsi regolari dell’Accademia <strong>di</strong><br />

Modena e della Scuola d’Applicazione <strong>di</strong> Torino , in aggiunta all’“avvicinamento alla laurea” in<br />

ingegneria, giurisprudenza e scienze politiche, economiche, matematiche, fisiche e naturali già<br />

riconosciuto dalla legge 23 giugno 1990 n. 169. Analoga convenzione è stata stipulata, sempre con<br />

l’università <strong>di</strong> Torino, per un “master in scienze strategiche” corrispondente al corso normale <strong>di</strong><br />

stato maggiore, integrato da un “corso pluritematico”, ristretto e facoltativo. Una terza convenzione,<br />

per un master <strong>di</strong> secondo livello in “stu<strong>di</strong> internazionali e strategico-militari” da tenersi presso<br />

l’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze (ISSMI) <strong>di</strong> Roma, è stata stipulata, sempre nel 2000,<br />

dallo stato maggiore Difesa con le università <strong>di</strong> Milano (Statale) e Luiss Guido Carli <strong>di</strong> Roma.<br />

1. Il <strong>di</strong>ploma e la laurea in scienze strategiche <strong>di</strong> Torino (2001)<br />

La legge 23 giugno 1990, n. 169, impegna le facoltà <strong>di</strong> ingegneria, giurisprudenza e scienze<br />

politiche, economiche, matematiche, fisiche e naturali, a riconoscere vali<strong>di</strong>, ai fini dell’ammissione ai<br />

loro corsi <strong>di</strong> laurea, gli esami sostenuti dagli ufficiali in servizio permanente provenienti dai corsi<br />

regolari delle Accademie e Scuole <strong>di</strong> Applicazione, sulla base della loro corrispondenza con gli esami<br />

previsti dai rispettivi piani <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Le <strong>di</strong>scipline interessate sono quelle insegnate, sulla base <strong>di</strong><br />

particolari convenzioni tra le Accademie e Scuole d’Applicazione e le università statali viciniori e nel<br />

rispetto delle con<strong>di</strong>zioni previste dall’art. 3 della citata legge, da docenti <strong>di</strong> ruolo incar<strong>di</strong>nati in tali<br />

università. I tenenti e sottotenenti <strong>di</strong> vascello provenienti dai corsi regolari conseguono pertanto il<br />

cosiddetto “avvicinamento” alla laurea, con facoltà <strong>di</strong> conseguirla presso qualsiasi facoltà <strong>di</strong> loro scelta<br />

sostenendo gli esami necessari per completare il piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (2 per giurisprudenza) e l’esame finale<br />

<strong>di</strong> laurea.<br />

A tale opportuno riconoscimento del livello <strong>di</strong> istruzione acquisito negli istituti militari, se ne è<br />

aggiunto nel 2000, per i soli ufficiali dell’Esercito, uno ulteriore. Non già in base ad una legge, ma in<br />

virtù <strong>di</strong> una delibera dell’università <strong>di</strong> Torino, a sua volta conseguente da apposita convenzione<br />

stipulata con l’Ispettorato Formazione e Specializzazione dell’Esercito.<br />

33


Nell’ambito dell’autonomia universitaria, l’ateneo subalpino ha a tal fine istituito un corso <strong>di</strong> laurea<br />

interfacoltà <strong>di</strong> cosiddette “scienze strategiche”, corrispondente - con marginali mo<strong>di</strong>fiche - al<br />

complesso degli insegnamenti impartiti presso l’Accademia <strong>di</strong> Modena e la Scuola d’Applicazione <strong>di</strong><br />

Torino. In aggiunta alla laurea, è stato istituito un <strong>di</strong>ploma corrispondente al primo biennio <strong>di</strong><br />

formazione, compiuto presso l’Accademia <strong>di</strong> Modena. In quest’ultimo caso la denominazione “stu<strong>di</strong><br />

strategici” appare alquanto impropria, considerato che, come si evince dal piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> del biennio,<br />

l’insegnamento qualificato “stu<strong>di</strong> strategici” è in realtà quello <strong>di</strong> “arte <strong>militare</strong>”, impartito da un<br />

docente <strong>militare</strong>.<br />

Del resto la stessa università ammette implicitamente che, sotto il profilo della formazione, i<br />

cambiamenti apportati al precedente piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sono irrilevanti, dal momento che estende il<br />

conferimento della laurea in scienze strategiche anche agli ufficiali effettivi delle Varie Armi e dei<br />

Corpi amministrativi e logistici dell’Esercito provenienti dai corsi anteriori alla riforma del piano.<br />

Estensione peraltro non automatica, bensì a domanda e me<strong>di</strong>ante il pagamento <strong>di</strong> una tassa <strong>di</strong> lire<br />

500.000. Sotto il profilo dell’or<strong>di</strong>namento delle Forze Armate, l’iniziativa dell’Esercito non ha<br />

mancato <strong>di</strong> sollevare delicati problemi giuri<strong>di</strong>ci, a cominciare dal caso degli ufficiali dei Carabinieri<br />

provenienti dai corsi anteriori alla recente trasformazione dell’Arma in quarta Forza Armata (è<br />

auspicabile che la soluzione non sbocchi, per analogia lessicale col celebre amaro, in una laurea in<br />

“scienze del carabiniere”).<br />

Il C.d.L. interfacoltà in scienze strategiche, costituito dal complesso dei corsi svolti presso la Scuola<br />

d’Applicazione da docenti <strong>di</strong> ruolo delle quattro facoltà torinesi interessate, integrato dal ricoscimento<br />

dei corsi svolti da docenti militari e <strong>di</strong> quelli, militari e civili, svolti nel primo biennio presso<br />

l’Accademia <strong>di</strong> Modena, ha per fine “l’acquisizione <strong>di</strong> adeguate conoscenze <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e contenuti<br />

culturali, scientifici e professionali nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline militari”. In base ai profili professionali<br />

previsti dalla formazione degli ufficiali effettivi dell’Esercito (Corpo d’amministrazione, Armi <strong>di</strong> linea,<br />

Trasmissioni, Genio e Corpo Trasporti e Materiali), il corso si articola in 3 in<strong>di</strong>rizzi (“amministativo”,<br />

“politico organizzativo” e “tecnico”) corrispondenti il primo (IA) alle facoltà <strong>di</strong> giurisprudenza e<br />

scienze economiche, e gli altri due, rispettivamente, a quelle <strong>di</strong> scienze politiche (IPO) e <strong>di</strong> scienze<br />

matematiche, fisiche e naturali (IT). Quest’ultimo si articola a sua volta in 3 “orientamenti”<br />

professionali: “trasmissioni” (IT-OT), “genieri” (IT-IG) e “trasporti e materiali” (IT-OTM).<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista strettamente accademico gli in<strong>di</strong>rizzi sono dunque in sostanza i vecchi (e tuttora<br />

vali<strong>di</strong>) “avvicinamenti”, con l’unica aggiunta dei corsi professionali svolti da docenti militari e <strong>di</strong> un<br />

certo risalto dato a tre insegnamenti preesistenti e comuni al normale corso <strong>di</strong> laurea in scienze<br />

politiche, vale a <strong>di</strong>re “scienze strategiche (corso avanzato)”, “<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>” (in realtà corrispondente<br />

al corso or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> “<strong>storia</strong> delle istituzioni militari”) e “sociologia <strong>militare</strong>” (sul contenuto <strong>di</strong> questi<br />

corsi, v. infra, IV).<br />

Il corso è riservato esclusivamente agli allievi ufficiali in servizio permanente effettivo dell’Esercito.<br />

Il numero degli studenti da ammettere ai singoli anni è pertanto determinato annualmente<br />

dall’Accademia <strong>di</strong> Modena e dalla Scuola d’Applicazione <strong>di</strong> Torino, <strong>di</strong> concerto con le locali<br />

università. Queste ultime sono “coinvolte”, assieme al ministero della Difesa, nella determinazione dei<br />

criteri per la composizione della commissione esaminatrice dei can<strong>di</strong>dati al concorso <strong>di</strong> reclutamento<br />

indetto dall’Accademia.<br />

Il corso ha durata quadriennale, con un biennio comune, da svolgersi presso l’Accademia, che<br />

comporta l’acquisizione del <strong>di</strong>ploma universitario in stu<strong>di</strong> strategici, e in un biennio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo da<br />

svolgersi presso la scuola <strong>di</strong> Torino. La scelta dell’in<strong>di</strong>rizzo è compiuta al termine del secondo anno<br />

accademico dai <strong>di</strong>plomati. La laurea viene rilasciata dalla facoltà corrispondente all’in<strong>di</strong>rizzo ovvero<br />

(nel caso dell’in<strong>di</strong>rizzo amministrativo) alla materia in cui lo studente ha scelto la tesi.<br />

La struttura e le attività <strong>di</strong>dattiche del biennio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo sono <strong>di</strong>sciplinate da apposito regolamento<br />

e coor<strong>di</strong>nate da un consiglio <strong>di</strong> corso <strong>di</strong> laurea. Le attività <strong>di</strong>dattiche previste per il primo biennio<br />

34


ammontano a un totale <strong>di</strong> 910 ore <strong>di</strong> lezioni accademiche e circa 200 ore in aggiunta da destinare a cicli<br />

<strong>di</strong> lezioni integrative, attività <strong>di</strong> tutorato, laboratori, lettorati, esercitazioni. Per il secondo biennio<br />

ammontano ad altre 910 ore (tranne che per il terzo in<strong>di</strong>rizzo, “orientamento genieri”, dove sono ridotte<br />

a 805).<br />

Le <strong>di</strong>scipline del primo biennio sono 13 (sono contrassegnate da asterisco quelle comuni ai corsi <strong>di</strong><br />

laurea or<strong>di</strong>nari della facoltà <strong>di</strong> scienze polutiche <strong>di</strong> Torino):<br />

•8 comuni civili: geografia politica ed economica; istituzioni <strong>di</strong> economia politica*; istituzioni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto pubblico*; linguistica inglese*; statistica*; <strong>storia</strong> contemporanea*; informatica generale;<br />

sociologia*;<br />

•3 comuni professionali: topografia; stu<strong>di</strong> strategici (arte <strong>militare</strong>); sistemi organizzativi (ovvero<br />

tecnologia e sistemi d’arma).<br />

•2 <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo a scelta fra 4: istituzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato italiano e comparato* (IA); fisica generale<br />

(IPO, IT); istituzioni <strong>di</strong> matematiche (IT); matematica generale (IA, IPO)<br />

Le <strong>di</strong>scipline del secondo biennio sono complessivamente 35, variando ovviamente a seconda degli<br />

in<strong>di</strong>rizzi e orientamenti, con la seguente <strong>di</strong>stribuzione:<br />

a) 4 materie comuni a tutti gli in<strong>di</strong>rizzi (IA, IPO, IT):<br />

•2 generali: antropologia culturale e tecniche <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong> massa;<br />

•2 applicate: <strong>di</strong>ritto internazionale (d.i. bellico) e teoria dell’organizzazione (logistica integrata);<br />

b) 5 materie comuni a più in<strong>di</strong>rizzi e orientamenti:<br />

•1 comuni a IA, IPO, IT-OT e IT-OTM: contabilità <strong>di</strong> stato<br />

•4 comuni a IPO e IT-OT, IT-OG e IT-OTM: 1 seconda lingua (a scelta francese, tedesca o<br />

spagnola) e 3 applicate: <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (corrispondente al corso or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni<br />

militari)*, sociologia <strong>militare</strong> (corso avanzato)*, chimica organica applicata;<br />

c) 10 materie esclusive dell’in<strong>di</strong>rizzo amministrativo (IA)<br />

•7 generali: <strong>di</strong>ritto amministrativo, <strong>di</strong>ritto del lavoro, <strong>di</strong>ritto commerciale, economia delle aziende e<br />

delle amministrazioni pubbliche, macroeconomia (scienza delle finanze), matematica finanziaria,<br />

<strong>di</strong>ritto delle comunitò europee<br />

•3 applicate: <strong>di</strong>ritto amministrativo <strong>militare</strong>, <strong>di</strong>ritto penale <strong>militare</strong>, merceologia dei prodotti<br />

alimentari;<br />

d) 6 materie esclusive dell’in<strong>di</strong>rizzo politico organizzativo (IPO):<br />

•3 generali: politica ecomica e finanziaria*, <strong>storia</strong> del pensiero politico contemporaneo<br />

(corrispondente ai corsi or<strong>di</strong>nari <strong>di</strong> filosofia della politica e <strong>storia</strong> delle dottrine politiche)*, relazioni<br />

internazionali*;<br />

•3 applicate: stu<strong>di</strong> strategici (corso avanzato)*, fondamenti <strong>di</strong> meccanica teorica e applicata<br />

(balistica) e teoria e tecnica della circolazione (<strong>militare</strong>);<br />

e) 16 materie esclusive dell’in<strong>di</strong>rizzo tecnico (IT):<br />

•2 comuni a IT-OT e IT-OTM: istituzioni <strong>di</strong> matematiche (complementi) e fisica dei <strong>di</strong>spositivi<br />

elettronici;<br />

•1 comune a IT-OG e IT-OTM: chimica e tecnologia dei materiali;<br />

•4 esclusive dell’IT-OT: teoria dell’informazione (e della trasmissione), comunicazioni elettriche,<br />

onde elettromagnetiche (antenne e propagazione) e sistemi <strong>di</strong> elaborazione dell’informazione (reti <strong>di</strong><br />

telecomunicazione);<br />

35


•6 esclusive dell’IT-OG: tecnica delle costruzioni, strumentazioni fisiche (fisica tecnica), meccanica<br />

razionale, metallurgia, tecniche della rappresentazione e tecnica dei lavori (stradali, ferroviari e<br />

aeroportuali);<br />

•3 esclusive dell’IT-OTM: <strong>di</strong>ritto dei trasporti, teoria e tecnica dei veicoli terrestri, meto<strong>di</strong> e modelli<br />

per la logistica.<br />

2. Il master in scienze strategiche <strong>di</strong> Torino<br />

Nel marzo del 2001 lo stato maggiore dell’Esercito ha firmato altra convenzione con l’Università <strong>di</strong><br />

Torino per integrare il corso obbligatorio annuale <strong>di</strong> stato maggiore (che nella fase “residenziale”, vale<br />

a <strong>di</strong>re nei secon<strong>di</strong> 5 mesi, si svolge presso il <strong>di</strong>staccamento della Scuola <strong>di</strong> guerra ubicato presso la<br />

Scuola <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> Torino), con un “corso pluritematico” facoltativo, a carattere universitario.<br />

Quest’ultimo è riservato, a domanda, agli ufficiali laureati risultati idonei al termine del corso<br />

obbligatorio <strong>di</strong> stato maggiore e che abbiano superato l’ulteriore processo selettivo previsto dallo SME<br />

- Reparto Impiego del Personale.<br />

L’insieme dei due corsi, complementari ed interagenti, consente il conseguimento <strong>di</strong> un master <strong>di</strong><br />

secondo livello in scienze strategiche pari complessivamente a 60 cre<strong>di</strong>ti formativi universitari (CFU).<br />

L’obiettivo del corso obbligatorio è la capacità <strong>di</strong>:<br />

•a) operare presso Coman<strong>di</strong> Operativi Interme<strong>di</strong> e/o in Orgasmi <strong>di</strong> Vertice <strong>di</strong> Forza Armata e/o in<br />

Coman<strong>di</strong> Terrestri Multinazionali, esercitando adeguatamente le responsabilità professionali in<br />

incarichi <strong>di</strong> staff; b) valutare problemi <strong>di</strong> natura socio-economica aventi riflessi sulle operazioni e<br />

pianificare le conseguenti azioni; c) assolvere compiti nelle aree <strong>di</strong> insegnamento/coor<strong>di</strong>namento<br />

<strong>di</strong>dattico presso gli Istituti Militari <strong>di</strong> formazione.<br />

Il corso <strong>di</strong> stato maggiore, con circa 200 frequentatori, comporta 30 CFU e si articola in 8 moduli<br />

<strong>di</strong>dattici:<br />

•1. “leadership” e strategie <strong>di</strong> comunicazione; 2. gli scenari funzionali; 3. strumenti e strategia<br />

operativa I; 4. utilizzo degli strumenti (WAR); 5. utilizzo degli strumenti (OOTW); 6. lo scenario<br />

Training Mission Oriented; 7. Utilizzo inter<strong>di</strong>sciplinare degli strumenti.<br />

Oltre alle <strong>di</strong>scipline professionali (CIMIC-COCIM, EPC, tattica, logistica, servizio informazioni,<br />

organica e scienza <strong>di</strong> progetto, sistemi C4, arte <strong>militare</strong> aerea) vari moduli del corso obbligatorio<br />

impiegano anche “<strong>storia</strong> e antropologia culturale”, “strategia globale” e “<strong>di</strong>ritto delle operazioni<br />

militari”.<br />

Obiettivo del corso facoltativo è la capacità <strong>di</strong>:<br />

•a) applicare strumenti scientifici per analizzare il rapporto tra eventi sociali, politici ed economici<br />

nazionali e internazionali, e la strategia operativa relativa all’impiego delle unità militari nazionali e<br />

multinazionali, negli scenari terrestri <strong>di</strong> riferimento; b) svolgere attività <strong>di</strong>dattica nello specifico<br />

settore e <strong>di</strong> gestione degli strumenti della comunicazione pubblica.<br />

Il corso facoltativo, con circa 80 frequentatori selezionati dal Reparto Impiego del Personale,<br />

comporta 30 CFU e si articola in 5 moduli, integrati da seminari inter<strong>di</strong>sciplinari:<br />

•1. gestione strategica delle risorse; 2. strategia operativa II; 3. geografia antropologioca economica<br />

e politica; 4. strategia politica; 5. strategia economica.<br />

Le “<strong>di</strong>scipline” impiegate nello svolgimento <strong>di</strong> tali moduli sono estrapolazioni dalle scienze<br />

politiche, economiche e della comunicazione, dalla ricerca operativa e dal <strong>di</strong>ritto internazionale.<br />

36


L’organizzazione del corso pluritematico è devoluta alla Scuola <strong>di</strong> Applicazione/Università <strong>di</strong><br />

Torino. Il corso comprende attività <strong>di</strong>dattiche e le prove valutative nelle <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong> insegnamento e si<br />

conclude con una valutazione finale secondo gli standard e le modalità universitarie. Il conseguimento<br />

del master viene annotato nel foglio matricolare.<br />

I programmi <strong>di</strong> insegnamento, le attività <strong>di</strong>dattiche e le prove valutative sono programmati d’intesa<br />

tra l’Università <strong>di</strong> Torino e l’Ispettorato per la Formazione e la Specializzazione dell’Esercito, previo<br />

accordo con i consigli delle facoltà interessate allo sviluppo degli insegnamenti.<br />

L’attività <strong>di</strong>dattica è coor<strong>di</strong>nata dal consiglio del corso, composto da rappresentanti della Scuola<br />

d’Applicazione e dell’Università <strong>di</strong> Torino, secondo quanto stabilito dal relativo regolamento. Il corso<br />

è inquadrato da un comandante e due tutors in<strong>di</strong>viduati e designati con procedura <strong>di</strong> impiego accentrata<br />

e posti nella posizione <strong>di</strong> comandati.<br />

3. Il master <strong>di</strong> 2° livello in stu<strong>di</strong> internazionali strategico-militari<br />

Nel 2000 anche lo stato maggiore della Difesa ha stipulato una convenzione con le Università <strong>di</strong><br />

Milano e Luiss “Guido Carli” <strong>di</strong> Roma per la gestione congiunta <strong>di</strong> un master <strong>di</strong> secondo livello in<br />

“stu<strong>di</strong> internazionali e strategico militari”, promosso dal professor Carlo Maria Santoro, già<br />

sottosegretario alla Difesa nel governo Dini. La convenzione - idealmente ma non fedelmente ispirata<br />

al progetto Ungari-Luraghi (CeMiSS, 1990) - riprende e istituzionalizza piuttosto una esperienza<br />

formativa sperimentale avviata già nel 1995-96 dal generale Jean, durante la sua presidenza del CASD,<br />

quando gli ufficiali frequentatori seguirono cicli <strong>di</strong> lezioni e seminari affidati a docenti esterni.<br />

Secondo la presentazione reperibile nel sito web dell’università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

(http://www.spolitiche,unimi,it/master-strategico.html) il master si svolge in parte presso l’università e<br />

in parte a Roma presso il CASD, con un numero minimo <strong>di</strong> 5 partecipanti e un massimo <strong>di</strong> 50, una<br />

quota <strong>di</strong> iscrizione <strong>di</strong> 5 milioni e un riconoscimento <strong>di</strong> 60 cre<strong>di</strong>ti formativi universitari (CFU).<br />

Apparentemente si ricava dal sito che è ammessa la partecipazione <strong>di</strong> persone estranee alla pubblica<br />

amministrazione e alle Forze Armate. Secondo il web, il master è coor<strong>di</strong>nato dal professor Carlo Maria<br />

Santoro, titolare delle cattedre milanesi <strong>di</strong> relazioni internazionali e stu<strong>di</strong> strategici nonché presidente<br />

del “comitato or<strong>di</strong>natore”, composto dal presidente del CASD, dal <strong>di</strong>rettore dell’ISSMI (generale<br />

Mario Majorani), da 5 professori (Alberto Martinelli, Gabriella Venturini, Giuseppe Bognetti, Pierluigi<br />

Lamberti Zanar<strong>di</strong> e Pier Alessandro Colombo) e da 3 ufficiali (generali Francesco Rizzi e Dario<br />

Marchiondo e capitano <strong>di</strong> vascello Ernesto Pullano).<br />

Il sito milanese in<strong>di</strong>ca un impegno <strong>di</strong> 32 settimane in 4 fasi (3+15+10+4) e un’articolazione su 23<br />

corsi o <strong>di</strong>scipline, così classificate:<br />

•7 fondamentali per complessivi 30 CFU (relazioni internazionali e politica comparata, scienza<br />

politica, stu<strong>di</strong> strategici, <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, <strong>di</strong>ritto internazionale e delle organizzazioni internazionali,<br />

economia politica e sviluppo manageriale);<br />

•7 <strong>di</strong>scipline integrative per complessivi 21 CFU (<strong>di</strong>ritto pubblico, politica economica<br />

internazionale, <strong>storia</strong> delle relazioni internazionali, teorie dell’organizzazione, sociologia e psicologia<br />

<strong>militare</strong>, <strong>di</strong>ritto internazionale umanitario)<br />

•9 <strong>di</strong>scipline specialistiche per complessivi 9 CFU (dottrina e strategia terrestre, navale, area e<br />

NATO, giustizia <strong>militare</strong> e giustizia amministrativa, <strong>di</strong>rigenza <strong>militare</strong>, operazioni interforze, impiego<br />

delle FF.AA. in ambito nazionale, gestione delle crisi e dell’emergenza, normativa e regolamenti<br />

interforze e interministeriali, <strong>di</strong>ritto delle operazioni militari <strong>di</strong>verse dalla guerra,. politica <strong>militare</strong>).<br />

La lista delle cosiddette “<strong>di</strong>scipline specialistiche” può, a voler essere davvero molto buoni, essere<br />

considerata un appunto amatoriale. Ma anche il resto delle informazioni fornite dal sito web non<br />

37


sembra ben collimare con quanto si ricava dallo schema (peraltro ancora provvisorio) elaborato<br />

dall’Istituto Superiore <strong>di</strong> Stato Maggiore Interforze (ISSMI), referente <strong>militare</strong> dell’università. Esso<br />

affida infatti la <strong>di</strong>rezione del master ad un comitato congiunto composto dal presidente del CASD e dai<br />

presi<strong>di</strong> delle due facoltà interessate (quella <strong>di</strong> scienze politiche <strong>di</strong> Milano e quella <strong>di</strong> economia e<br />

commercio della Luiss) e da un comitato esecutivo composto dal <strong>di</strong>rettore dell’ISSMI e dai <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong><br />

master designati dalle due università. Il comitato congiunto è responsabile della verifica degli obiettivi<br />

e dei programmi, nonché degli in<strong>di</strong>rizzi per il Comitato esecutivo, competente per l’attuazione dei<br />

programmi.<br />

Lo schema ISSMI prevede 5 “aree”, <strong>di</strong> cui 3 già definite (relazioni internazionali, <strong>di</strong>fesa e strategia,<br />

<strong>di</strong>ritto e or<strong>di</strong>namenti militari), per un complesso <strong>di</strong> 12 <strong>di</strong>scipline e 37 CFU e un impegno <strong>di</strong> 936 ore, <strong>di</strong><br />

cui 549 <strong>di</strong> lezione (50 solo master) e 387 <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, ripartito su 19 settimane, così <strong>di</strong>stribuito per area e<br />

<strong>di</strong>sciplina:<br />

Area Coor<strong>di</strong>natore Ore Settimane CFU<br />

Politica Internazionale<br />

Difesa e Strategia<br />

Diritto e Or<strong>di</strong>nam. Mil.<br />

prof. Santoro<br />

cm.. Ramoino<br />

col. Basile<br />

160+240<br />

311+75<br />

78+72<br />

5,5<br />

10,5<br />

3<br />

Area Disciplina ore CFU<br />

Pol. Internazionale<br />

“ “<br />

“ “<br />

“ “<br />

“ “<br />

Difesa Strategia<br />

“ “<br />

“ “<br />

“ “<br />

Diritto Or<strong>di</strong>namento<br />

“ “<br />

“ “<br />

Scienza Politica<br />

RI Politica comparata<br />

Storia delle RI<br />

Diritto Int. e Org. Int.<br />

Diritto Pubblico<br />

Stu<strong>di</strong> strategici<br />

Politica Militare<br />

Storia Militare<br />

Dottrine operative<br />

Diritto pubblico mil.<br />

Dir. Intern. umanitario<br />

Diritto delle Op. Mil.<br />

25+25<br />

50+75<br />

25+50<br />

30+70<br />

30+20<br />

121+15<br />

90+10<br />

50+25<br />

50+25<br />

32+18<br />

20+30<br />

26+24<br />

Restano da definire le <strong>di</strong>scipline e l’impegno orario delle aree Pianificazione e operazioni ed<br />

Economia e organizzazione. Lo schema definisce (con una certa pedanteria) i gravosi impegni del<br />

coor<strong>di</strong>natore d’area:<br />

•1. costituisce l’elemento <strong>di</strong> raccordo tra la <strong>di</strong>rezione dell’ISSMI e la docenza esterna; 2. risponde al<br />

<strong>di</strong>rettore e al consiglio d’Istituto del conseguimento degli obiettivi <strong>di</strong> formazione; 3. propone gli<br />

obiettivi <strong>di</strong>dattici da conseguire; 4. propone (se richiesto) i nominativi dei titolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina; 5. in<br />

collaborazione con i titolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina: - progetta il programma, in termini <strong>di</strong> contenuti e <strong>di</strong><br />

sviluppo temporale, delle <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong> propria responsabilità; - elabora i documenti <strong>di</strong> impianto delle<br />

esercitazioni; propone modalità e criteri per le verifiche <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento; 6. segue il ren<strong>di</strong>mento<br />

complessivo dei frequentatori per rendere efficace l’azione <strong>di</strong>dattica; 7. interviene in sede <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione dei risultati per osservazioni e commenti sui singoli lavori e in generale: 8. tiene i<br />

necessari contatti con il mondo culturale-accademico e <strong>militare</strong> esterno; 9. partecipa alle riunioni<br />

perio<strong>di</strong>che indette dalla <strong>di</strong>rezione; 10. fornisce gli elementi <strong>di</strong> valutazione richiesti dalla <strong>di</strong>rezione e le<br />

proposte per l’impostazione del corso ISSMI successivo (relazione <strong>di</strong> fine anno accademico per la<br />

propria area).<br />

e quelli, alquanto inconsueti per un docente universitario italiano, del titolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina:<br />

•1. rappresenta l’elemento car<strong>di</strong>ne dell’insegnamento della singola <strong>di</strong>sciplina; 2. risponde al<br />

<strong>di</strong>rettore dell’ISSMI, tramite il “coor<strong>di</strong>natore d’area” del conseguimento degli obiettivi e del regolare<br />

16<br />

15<br />

6<br />

2<br />

5<br />

3<br />

4<br />

2<br />

5<br />

4<br />

3<br />

3<br />

2<br />

2<br />

2<br />

38


svolgimento del proprio programma; 3. propone (se richiesto) i nominativi dei conferenzieri necessari<br />

ad integrare l’attività <strong>di</strong>dattica; 4. collabora con il coor<strong>di</strong>natore d’area per: - progettare il programma<br />

specifico della propria <strong>di</strong>sciplina; - elaborare i documenti <strong>di</strong> impianto delle esercitazioni; - proporre<br />

modalità e criteri per le verifiche <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento; 5. fornisce il materiale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in<strong>di</strong>viduale e per<br />

le attività <strong>di</strong> gruppo; 6. verifica preventivamente i contenuti degli interventi dei conferenzieri; 7.<br />

partecipa a tutte le lezxioni/conferenze e coor<strong>di</strong>na le attività <strong>di</strong> gruppo previste per la propria<br />

<strong>di</strong>sciplina; 8. svolge l’incarico <strong>di</strong> moderatore alle tavole rotonde; 9. interviene in sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione<br />

dei risultati per osservazioni e commenti sui singoli lavori e in generale; 10. fornisce alla <strong>di</strong>rezione gli<br />

elementi <strong>di</strong> valutazione in<strong>di</strong>viduale dei frequentatori e ogni in<strong>di</strong>cazione utile per l’impostazione dei<br />

corsi successivi.<br />

L’impegno formativo della sessione ISSMI include inoltre altre 135 ore per attività in<strong>di</strong>viduali e <strong>di</strong><br />

gruppo coor<strong>di</strong>nate dalla <strong>di</strong>rezione dell’ISSMI (32 per il “modulo comunicazione e metodologie”, 28<br />

per tesi in<strong>di</strong>viduali a tema libero, 45 per tesi <strong>di</strong> gruppo e 30 per conferenze dei capi e sottocapi <strong>di</strong> stato<br />

maggiore da effettuarsi in comune con i frequentatori dell’Istituto Alti Stu<strong>di</strong> Difesa).<br />

III. I programmi <strong>di</strong> formazione in Peacekeeping*<br />

*Nel 2000, <strong>di</strong>chiarato dall’ONU anno internazionale della cultura della pace, il ministero della<br />

Difesa ha stipulato convenzioni con le università <strong>di</strong> Torino e Roma Tre per la partecipazione <strong>di</strong><br />

personale <strong>militare</strong> ai rispettivi master in “peacekeeping”. In precedenza il ministero degli Esteri, la<br />

CRI e il CeMiSS avevano inoltre concesso il proprio patronato e sostegno all’International Training<br />

Programme for Conflict Management della Scuola Superiore <strong>di</strong> Sant’Anna dell’ateneo pisano,<br />

collegata con analoghi centri e istituti delle università <strong>di</strong> Essex e della Ruhr (Bochum), nel PIBOES<br />

Network, membro fondatore dell’International Association of PK Training Centers.<br />

1. L’Int.l Training Programme for Conflict Management <strong>di</strong> Pisa (1995)<br />

Fin dal 1995 la Scuola Superiore <strong>di</strong> Sant’Anna dell’università <strong>di</strong> Pisa ha avviato un programma <strong>di</strong><br />

addestramento e formazione del personale civile (PC) impegnato nella gestione delle crisi, in<br />

operazioni <strong>di</strong> supporto della pace (PSO) e missioni <strong>di</strong> osservazione elettorale internazionale (MOEI). Il<br />

programma è posto sotto il patronato del ministero degli Esteri e sostenuto dalla CRI e dal CeMiSS.<br />

Lo staff del programma, coor<strong>di</strong>nato dal professor Natalino Ronzitti, docente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto internazionale,<br />

è composto dai professori Andrea de Guttry e Fabrizio Pagani e dai dottori Gabriella Bertolini, Stefano<br />

Grassi, Emanuele Sommario, Barbara Carrai e Gabriella Arcadu. Nel periodo 1995-2001 lo staff ha<br />

pubblicato 4 libri (sul confronto tra la partecipazione dell’Italia e quella della Germania alle operazioni<br />

<strong>di</strong> PK, sulla crisi albanese del 1997 e sui profili giuri<strong>di</strong>ci emersi durante la missione <strong>militare</strong> Alba) e 29<br />

articoli o saggi, incluso un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> condotta per le FF. AA. italiane impegnate in PSO.<br />

Il programma svolge due tipi <strong>di</strong> corsi, addestrativi (TC) e <strong>di</strong> formazione (FC), i primi della durata <strong>di</strong><br />

1-2 settimane e con 25-40 partecipanti, gli altri della durata <strong>di</strong> 4-5 mesi (2 <strong>di</strong> corso residenziale e 2-3 <strong>di</strong><br />

internship presso organizzazioni internazionali o non governative operanti sul campo). In aggiunta ai<br />

corsi or<strong>di</strong>nari, ne vengono svolti altri straor<strong>di</strong>nari richiesti e finanziati da amministrazioni nazionali e<br />

organizzazioni internazionali. Finora sono stati complessivamente svolti 14 corsi nazionali, 12<br />

addestrativi e 2 <strong>di</strong> formazione:<br />

•6 TC con 40 partecipanti (italiani e stranieri) per PC delle PSO-MOEI, svolti a cadenza annuale a<br />

partire dal 1995, i primi in settembre, i più recenti in luglio;<br />

•1 TC ristretto a 20 partecipanti italiani, per PC delle PSO-MOEI (1997);<br />

39


•1 TC per il gruppo dei 20 OEI italiani inviato in Albania in occasione delle locali elezioni politiche<br />

(1997);<br />

•1 TC per 28 OEI dei paesi membri dell’Iniziativa Centro-Europea (CEI) (1998);<br />

•1 TC per 16 alti funzionari e ufficiali bosniaci sull’impatto delle operazioni PK sulle comunità<br />

nazionali, commissionato dal MAE (1998);<br />

•1 TC per 16 <strong>di</strong>plomatici italiani sulle MOEI, commissionato dal MAE (1998);<br />

•1 TC per 15 carabinieri destinati al Reggimento MSU <strong>di</strong> Serajevo sulle operazioni per il<br />

mantenimento della pace in Bosnia-Erzegovina (2000);<br />

•1 FC per PC delle PSO-MOEI sostenuto dalla Regione Toscana e dall’Unione Europea (1998);<br />

•1 FC <strong>di</strong> “orientamento e formazione sulle politiche <strong>di</strong> sviluppo, cooperazione internazionale e<br />

<strong>di</strong>ritti dell’uomo” commissionato dalla Comunità Europea (1999);<br />

Nel 1997 la Scuola <strong>di</strong> Sant’Anna ha costituito, assieme ad analoghi centri e istituti delle università <strong>di</strong><br />

Essex e della Ruhr (Bochum) il PIBOES Network, membro fondatore dell’International Association of<br />

PK Training Centers, parte del Thematic Network on Humanitarian Development Stu<strong>di</strong>es nel quadro<br />

del progetto SOCRATES della Comunità Europea e collegato con l’International Foundation for<br />

Election System (IFES). Il PIBOES è posto sotto il patronato dell’Alto Commissariato delle Nazioni<br />

Unite per i Diritti Umani, della Commissione Europea e dell’Ufficio OSCE per le Istituzioni<br />

Democratiche e i Diritti Umani.<br />

Nel 1998 il PIBOES ha concepito il programma “Professional Capacity Buil<strong>di</strong>ng for Human Rights<br />

Field Officers”, quale “cornice istituzionale per una serie <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> formazione, ricerca e consulenza<br />

nei seguenti settori: operazioni <strong>di</strong> peace-keeping e assistenza umanitaria, missioni <strong>di</strong> osservazione<br />

elettorale<br />

Strumento principale del Network sono corsi addestrativi internazionali (ITC) tenuti da una speciale<br />

“unità mobile addestrativa”. L’attività include ITC annuali, con 20-25 partecipanti, per coor<strong>di</strong>natori<br />

(Senior Officers) e operatori (Field Officers) in Diritti Umani (SHRO e HRFO) e “sulla formazione<br />

della capacità nazionale” (on National Capacity Buil<strong>di</strong>ng), nonché corsi a carattere speciale o<br />

regionale. Finora sono stati effettuati 9 corsi addestrativi internazionali, <strong>di</strong> cui:<br />

•3 ITC per 25 HRFO a Pisa (aprile 1998) e Colchester (settembre 1999 e settembre 2000);<br />

•1 ITC sul benessere come ponte per la pace, per 16 Health Professionals provenienti da 6 paesi del<br />

Sud-Est Asiatico, in cooperazione col WHO e il SERAO (Colombo, 8-12 marzo 1999);<br />

•1 ITC per 53 UN Registration Officers nell’Amministrazione Civile del Kosovo, a richiesta<br />

dell’UN Volunteeer Programme (Pristina, 18-21 ottobre 1999).<br />

•2 ITC per 25 partecipanti europei on NCB a Pisa (settembre 1999 e aprile 2000);<br />

•1 ITC per 20 SHRO a Bochum (settembre 2000);<br />

•1 ITC superiore per 15 addestratori PIBOES a Pisa (11-14 gennaio 2001).<br />

Oltre ai 25 corsi nazionali e internazionali, la Scuola <strong>di</strong> Sant’Anna ha organizzato a Pisa o a Livorno<br />

9 gruppi <strong>di</strong> lavoro e seminari:<br />

•1 nel 1995: la cooperazione italo-tedesca nel campo del PK (novembre);<br />

•1 nel 1996: incontro annuale dell’International Association of PC Training Centers (aprile);<br />

•2 nel 1997: il contributo italiano alle MOEI, in cooperazione con la SIOI <strong>di</strong> Roma e il SISE <strong>di</strong><br />

Firenze (4 aprile); brainstorming sull’addestramento per HRFO (17 maggio);<br />

40


•1 nel 1998: il caso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della crisi albanese del 1997 (per la definizione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong><br />

gestione <strong>di</strong> un conflitto europeo) (6-7 marzo);<br />

•2 nel 1999: il ruolo dei parlamentari nelle MOEI, in cooperazione con la delegazione <strong>italiana</strong><br />

all’Assemblea Parlamentare dell’OSCE (13 settembre); confronto con la WHO sulla pianificazione<br />

del benessere come fattore per la gestione delle emergenze complesse (<strong>di</strong>cembre);<br />

•1 nel 2000: cinquantenario della convenzione <strong>di</strong> Ginevra sul <strong>di</strong>ritto umanitario, a Livorno, in<br />

cooperazione con l’Accademia Navale (18 febbraio);<br />

•1 nel 2001: la partecipazione <strong>italiana</strong> alle MOEI e ai processi <strong>di</strong> democratizzazione, in<br />

collaborazione con Movimondo, Elex, Osservatorio RAI-TV <strong>di</strong> Pavia, Centro stu<strong>di</strong> e formazione sui<br />

<strong>di</strong>ritti della persona e dei popoli e contributo del MAE (febbraio).<br />

A partire dal novembre 1998 lo staff del programma ITPCM ha svolto compiti <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento,<br />

collegamento, consulenza e assistenza per conto dei seguenti organismi:<br />

•ODIHR/OSCE, per la redazione <strong>di</strong> un lealeft operativo destinato ai 2.000 verificatori della Kosovo<br />

Verification Mission (novembre 1998) e per la MOEI in Azerbaijan (ottobre-novembre 2000);<br />

•MAE, per le MOEI in Mozambico (1999), Perù , Venezuela e Messico (2000);<br />

•A.R.S. Progetti <strong>di</strong> Roma, relativamente al contratto comunitario “HR, Democratisation and<br />

Institutional Strengthening” (dal settembre 2000);<br />

•WHO, per la realizzazione <strong>di</strong> un package <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento attivo per Healt Professional impiegati<br />

in aree <strong>di</strong> conflitto (aprile 1999), nonchè per un TC del personale sanitario indonesiano impiegato<br />

nelle aree <strong>di</strong> conflitto interno (ottobre 2000);<br />

•Caritas <strong>italiana</strong>, per la realizzazione del progetto “Caschi Bianchi” (2001).<br />

2. Il master in peace keeping e security stu<strong>di</strong>es <strong>di</strong> Roma Tre (2001)<br />

Nel 2000 l’università <strong>di</strong> Roma Tre ha aderito, per iniziativa della facoltà <strong>di</strong> scienze politiche,<br />

al’International Association of Peacekeeping Centres (International Relations and Security Netwotk)<br />

istituendo un master (o “corso <strong>di</strong> perfezionamento”) in “peace keeping e security stu<strong>di</strong>es” che è stato<br />

inaugurato il 3 aprile 2001 con una tavola rotonda sulle operazioni <strong>di</strong> peace support (PSO).<br />

Obiettivo del corso, tenuto in convenzione con l’Ispettorato delle Scuole dell’Esercito (ora “della<br />

Formazione”), è <strong>di</strong> “venire incontro ai bisogni formativi del personale <strong>militare</strong> e civile impegnato in<br />

missioni <strong>di</strong> peace keeping e assimilabili, con particolare riguardo ai problemi della sicurezza”.<br />

Requisito per l’iscrizione è un qualsiasi <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> laurea, italiano o straniero. Il corso, del costo <strong>di</strong><br />

2.5 milioni <strong>di</strong> lire, ha durata annuale e si svolge da febbraio a <strong>di</strong>cembre per un impegno <strong>di</strong> 750 ore (30<br />

cre<strong>di</strong>ti), con obbligo <strong>di</strong> frequenza almeno al 70 per cento delle 250 ore <strong>di</strong> aula (due incontri settimanali<br />

dalle 14 alle 19). Le iscrizioni sono consentite fino al limite massimo <strong>di</strong> 25 militari e 25 civili.<br />

Direttore del corso è la professoressa Maria Luisa Maniscalco, vice<strong>di</strong>rettore il maggior generale<br />

Piergiorgio Segala, coor<strong>di</strong>natore scientifico il professor Leopoldo Nuti, coor<strong>di</strong>natrice <strong>di</strong>dattica la<br />

dottoressa Luisa Del Turco. Le lezioni frontali (90 minuti) sono tenute da accademici, ufficiali, esperti,<br />

funzionari <strong>di</strong> organismi nazionali e internazionali e rappresentanti <strong>di</strong> organizzazioni non governative.<br />

Le attività <strong>di</strong>dattiche sono articolate in 8 “moduli”, <strong>di</strong> durata variabile da un minimo <strong>di</strong> 4 a un<br />

massimo <strong>di</strong> 12 lezioni:<br />

•1. Il sistema internazionale. 2. Ra<strong>di</strong>ci dei conflitti e nuove forme <strong>di</strong> conflittualità. 3. Risoluzione<br />

dei conflitti. 4. PSO (aspetti sociopsicologici e comunicativi); 5. Diritti umani e assistenza umanitaria.<br />

41


6. Modalità <strong>di</strong> interventi nelle aree <strong>di</strong> crisi. 7. Nuovi ambiti <strong>di</strong> intervento nelle PSO. 8. Aree <strong>di</strong> crisi e<br />

scenari futuri.<br />

Le attività <strong>di</strong>dattiche si svolgono presso la facoltà <strong>di</strong> scienze politiche e si avvalgono <strong>di</strong> biblioteca<br />

multime<strong>di</strong>ale e laboratorio <strong>di</strong> informatica. Le lezioni sono supportate da tracce espositive scritte ed<br />

eventualmente da materiale au<strong>di</strong>ovisivo e integrate da <strong>di</strong>battiti, gruppi <strong>di</strong> lavoro, simulazioni,<br />

esercitazioni e stages <strong>di</strong> addestramento alle tecniche <strong>di</strong> primo soccorso e al comportamento in area <strong>di</strong><br />

conflitto.<br />

Il corso è collegato con sei centri <strong>di</strong> ricerca esteri:<br />

•The Lester B. Pearson Cana<strong>di</strong>an International Peacekeeping Training Centre; Centre for Security<br />

Stu<strong>di</strong>es and Conflict Resolution; The Watson Institute ad Brown University; The US Army<br />

Peacekeeping Institute; The International Peace Academy; The University of California Institute of<br />

Global Conflict and Cooperation; Post-War Reconstruction & Development Unit (PRDU).<br />

e con 7 “Area Stu<strong>di</strong>es”:<br />

•ACCORD - African Center for the Constructive Resolution of Disputes; Africa News on the<br />

World Wide Web; H-Africa (Discussion list on African History); Organization of African Unity<br />

(OAU); Vigilance Soudan; Golan Heichts International Server; Jaffee Center for Strategic Stu<strong>di</strong>es.<br />

Sede: viale Marconi 446, aula 3. Recapiti: via Corrado Segre 2, 00146 Roma, tel. 0655176241.<br />

http://www.uniroma3.it//politiche/peacekeeping.<br />

3. Il master in peacekeeping e interventi umanitari <strong>di</strong> Torino (2001)<br />

Nell’anno accademico 2000-2001 la facoltà <strong>di</strong> scienze politiche dell’università <strong>di</strong> Torino (che si<br />

definisce “polo <strong>di</strong> eccellenza” degli stu<strong>di</strong> strategici) ha istituito un corso <strong>di</strong> perfezionamento in<br />

“peacekeeping e interventi umanitari”, che ha come referente il professor Alberto Antoniotto.<br />

Il corso si in<strong>di</strong>rizza alla formazione professionale specifica del personale civile e <strong>militare</strong> <strong>di</strong> grado<br />

me<strong>di</strong>o-alto che intende operare in missioni <strong>di</strong> peace-keeping e <strong>di</strong> aiuto umanitario, in particolare<br />

nell’ambito <strong>di</strong> organizzazioni internazionali o non governative, <strong>di</strong> agenzie specializzate (UNHCR,<br />

UNDP, WHO, UNICEF), <strong>di</strong> amministrazioni pubbliche italiane (Esteri, Interni, Difesa, Regioni, enti<br />

locali) e dell’informazione stampata e ra<strong>di</strong>otelevisiva.<br />

Il corso, organizzato dalla facoltà <strong>di</strong> scienze politiche, è riservato, fino ad un massimo <strong>di</strong> 40 allievi,<br />

ai laureati in qualunque <strong>di</strong>sciplina senza riguardo alla nazionalità, agli ufficiali ed equiparati delle<br />

Forze Armate e <strong>di</strong> Polizia nazionali, e a persone con esperienze professionali nel campo della<br />

cooperazione e dell’intervento umanitario il cui curriculum sia valutato idoneo per l’ammissione al<br />

corso.<br />

Il corso è orientato verso le tematiche <strong>di</strong> risoluzione dei conflitti in una prospettiva antropologica,<br />

sociologica, politica, economica e giuri<strong>di</strong>ca specifica <strong>di</strong> ogni singolo scenario. Il programma bilancia<br />

equamente aspetti teorici e pratici del peacekeeping, impostandoli con approccio inter<strong>di</strong>sciplinare e con<br />

una struttura a cascata, ossia dai temi più generali e teorici a quelli più pratici. Esso intende inoltre<br />

attivare un coinvolgimento attivo dei partecipanti sia singolarmente che in gruppi “seguiti” da tutors.<br />

Il corso, con frequenza obbligatoria, si svolge in 14 settimane, per un complesso <strong>di</strong> 280 ore, <strong>di</strong> cui<br />

160 <strong>di</strong> lezioni teoriche e 120 <strong>di</strong> seminari, tavole rotonde ed esercitazioni pratiche (con simulazioni <strong>di</strong><br />

situazioni e role playing).<br />

La facoltà si prefigge <strong>di</strong> svolgere il corso in collaborazione con le Nazioni Unite, il Coor<strong>di</strong>namento<br />

delle ONG presso l’Unione Europea, la Croce Rossa Italiana e le 4 Forze Armate nazionali. Intende<br />

inoltre “sviluppare links” con università e centri <strong>di</strong> ricerca e formazione europei e nordamericani (in<br />

42


particolare il Pearson PK Center canadese e l’università della California-IGCC) e organizzazioni<br />

internazionali (OCDE, OSCE, Commissione Europea e Commissioni NATO).<br />

IV. Le cattedre universitarie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici<br />

e centri <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e ricerca connessi*<br />

* Questa rassegna si limita alla sola ricerca e <strong>di</strong>dattica espressamente o sostanzialmente relativa<br />

agli stu<strong>di</strong> strategici (incluse le due cattedre <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istuituzioni militari che svolgono attività<br />

comunque riferibili al campo degli stu<strong>di</strong> strategici) , con esclusione della geopolitica, delle relazioni<br />

internazionali, dell’economia internazionale, della sociologia <strong>militare</strong> e della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> moderna<br />

e contemporanea. Per quel che riguarda il più ampio contesto degli stu<strong>di</strong> politici (“relazioni<br />

internazionali”) si rinvia alla rassegna “i luoghi del sapere in Italia” curata da Sonia Lucarelli e<br />

Roberto Menotti e allegata al loro saggio <strong>di</strong> prevista pubblicazione sulla Rivista Italiana <strong>di</strong> Scienza<br />

Politica, n. 2, 2001. Relativamente allo stato della ricerca e della <strong>di</strong>dattica della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nel<br />

suo complesso (ovviamente assai più ampio dell’attività storico-<strong>militare</strong> riferibile alle due cattedre<br />

qui considerate) si rinvia al saggio <strong>di</strong> Piero Del Negro “alcune considerazioni sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

nelle università e il dottorato <strong>di</strong> ricerca in <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”, in corso <strong>di</strong> pubblicazione negli atti del II<br />

convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> indetto dalla Commissione nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e<br />

tenutosi a Roma, presso il CASD, nel novembre 1999.<br />

1a. La cattedra <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici della Luiss Guido Carli (1980)<br />

Il primo corso universitario italiano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici fu istituito nel 1980 presso la facoltà <strong>di</strong> scienze<br />

politiche della LUISS “Guido Carli” <strong>di</strong> Roma. Il corso è un complementare semestrale del IV anno,<br />

che può essere peraltro anticipato al III dagli studenti dell’in<strong>di</strong>rizzo internazionale. Primo docente è<br />

stato il professor Enrico Jacchia, che lo ha lasciato nel 1993 per limiti <strong>di</strong> età, conservando peraltro la<br />

<strong>di</strong>rezione del Centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici della LUISS. A partire dal 1993 titolare del corso è il generale<br />

Carlo Jean, ma a causa dell’incarico internazionale da lui svolto a Vienna dal 1997 al 2001, è stato<br />

svolto me<strong>di</strong>ante supplenza: dal generale Giuseppe Cucchi, terzo <strong>di</strong>rettore del CeMiSS e poi consigliere<br />

<strong>militare</strong> del presidente del consiglio Pro<strong>di</strong>, nel biennio 1997-99 e dal professor Stefano Silvestri,<br />

vice<strong>di</strong>rettore dell’IAI e già sottosegretario alla Difesa nel governo Dini, nel biennio 1999-2001,<br />

affiancato quest’ultimo da un insegnamento integrativo tenuto dallo stesso generale Jean.<br />

Ai corsi hanno inoltre contribuito con lezioni e seminari numerosi stu<strong>di</strong>osi, tra i quali Carlo Pelanda,<br />

Lucio Caracciolo, Osvaldo Cucuzza, Francesco Calogero, Vincenzo Camporini, Michele Nones e<br />

Alessandro Politi. Collaborano attualmente con la cattedra, quali cultori della materia o borsisti, i<br />

dottori Germano Dottori (dal 1994) e Federico Eichberg, emtrambi già militari <strong>di</strong> leva ricercatori del<br />

CeMiSS, e Roberto Menotti e Olga Mattera.<br />

Il corso prevede 60-70 lezioni, frequentate me<strong>di</strong>amente da 25-40 studenti, con tendenza al rialzo. Il<br />

corso registra un relativo successo tra gli studenti stranieri del programma Erasmus, in particolare<br />

tedeschi, belgi e svedesi.<br />

Il programma si articola in una parte generale, due parti speciali e lezioni integrative. La prima è<br />

svolta <strong>di</strong>rettamente da Jean seguendo l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> trattazione esposto nei propri manuali (Stu<strong>di</strong> Strategici<br />

e Guerra, Strategia e Sicurezza), che mira a familiarizzare gli studenti con l’approccio realista,<br />

clausewitziano e geopolitico alla teoria della strategia e delle relazioni internazionali, pur nel continuo<br />

confronto con le <strong>di</strong>verse e opposte scuole <strong>di</strong> pensiero, e a fornire le informazioni essenziali sulle<br />

caratteristiche e sugli sviluppi del sistema europeo <strong>di</strong> sicurezza e del sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa italiano durante<br />

la guerra fredda e il terzo dopoguerra.<br />

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Le due parti speciali, svolte da Menotti e Dottori, riguardano rispettivamente la contrapposizione tra<br />

realismo e idealismo politico negli stu<strong>di</strong> internazionalistici e la geopolitica (con riferimento<br />

all’omonimo saggio <strong>di</strong> Jean e ad una <strong>di</strong>spensa on-line curata da Dottori). In passato, sino al suo<br />

trasferimento a Firenze, Cucuzza curava una terza parte speciale, sul riciclaggio <strong>di</strong> denaro sporco e la<br />

geopolitica della criminalità organizzata. Le lezioni integrative consistono attualmente in due cicli sui<br />

Balcani e sul Me<strong>di</strong>o Oriente tenuti da Eichberg e Mattera.<br />

1b. Il Centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici della Luiss Guido Carli (1982)<br />

Alla cattedra è associato il Centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici costituito con delibera del consiglio <strong>di</strong><br />

amministrazione 14 luglio 1982 sulla base del preesistente “seminario permanente” creato nel 1979.<br />

Sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Jacchia il centro ha promosso, sia autonomamente che in collaborazione con altri<br />

centri, facoltà e riviste, un’intensa e continua attività <strong>di</strong> ricerca, in particolare me<strong>di</strong>ante seminari,<br />

incontri, tavole rotonde e conferenze sulla politica estera, <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, con pubblicazione<br />

degli atti, ai quali si sono aggiunte numerose monografie. Negli ultimi anni il centro si è avvalso della<br />

collaborazione <strong>di</strong> Dottori e <strong>di</strong> contibuti erogati dal ministero degli Esteri (nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> circa 10<br />

milioni <strong>di</strong> lire annuali). Le riunioni - limitate a gruppi <strong>di</strong> lavoro ristretti ovvero aperte ad autorità <strong>di</strong><br />

governo, parlamentari, <strong>di</strong>plomatici accre<strong>di</strong>tati in Italia o giornalisti - hanno luogo a cadenza mensile.<br />

Nel comitato <strong>di</strong>rettivo figurano Luigi Abete, Umberto Agnelli, Edward N. Luttwak, Lester C. Thurow<br />

e Koji Watanabe.<br />

2a. La cattedra <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici della “Cesare Alfieri” <strong>di</strong> Firenze (1986)<br />

La seconda cattedra <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici, e la prima istituita presso una università pubblica,<br />

vanta un’origine più rigorosamente politologica, che può farsi risalire alla creazione, fortemente voluta<br />

da Sartori, della prima cattedra <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> relazioni internazionali, nata quasi per gemmazione da quella<br />

<strong>di</strong> scienza politica e ricoperta dal professor Umberto Gori. La “scuola fiorentina” è, tra quelle delle RI<br />

italiane, la più decisamente caratterizzata dal metodo positivista, basato sull’analisi quantitativi e sulla<br />

banca dati. Una ricchissima banca dati sulle guerre è stata nel tempo creata dal più anziano e famoso<br />

degli allievi <strong>di</strong> Gori, Clau<strong>di</strong>o Cioffi-Revilla, attualmente <strong>di</strong>rettore del Dipartimento stu<strong>di</strong> internazionali<br />

dell’università <strong>di</strong> Boulder (Colorado), non a caso uno dei più interessanti centri americani <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

strategici e storico-militari.<br />

Anche su impulso delle prime iniziative <strong>di</strong> Jean, nel 1985 Gori volle istituire un corso integrativo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong> strategici, che l’improvvisa scomparsa impedì <strong>di</strong> poter affidare, come si sperava, al compianto<br />

professor Franco Alberto Casa<strong>di</strong>o, prestigioso <strong>di</strong>rettore della Società Italiana per l’Organizzazione<br />

Internazionale (SIOI) <strong>di</strong> Roma e del centro analisi dei conflitti costituito presso la cattedra <strong>di</strong> strategia<br />

globale della Scuola <strong>di</strong> guerra (la ricchissima banca dati sui conflitti degli anni 1965-85 raccolta da<br />

Casa<strong>di</strong>o si trova oggi a Gorizia, salvata dalla pubblica incuria grazie al generoso, intelligente e oneroso<br />

impegno della dottoressa Marina Cerne, già principale collaboratrice <strong>di</strong> Casa<strong>di</strong>o).<br />

Il corso fu pertanto affidato a un giovane allievo <strong>di</strong> Gori, Luciano Bozzo, il quale, già durante il<br />

servizio <strong>di</strong> prima nomina quale ufficiale <strong>di</strong> complemento dell’Esercito, aveva avuto modo <strong>di</strong><br />

collaborare ai volumi collettivi sperimentali promossi da Jean (all’epoca comandante della Brigata<br />

alpina “Cadore”) negli anni antecedenti alla costituzione del CeMiSS, e in particolare a La guerra nel<br />

pensiero politico (Angeli, 1987), opera <strong>di</strong> un certo rilievo teoretico, alla quale collaborarono 18<br />

politologi, filosofi, storici ed economisti, tra cui Gori, Bonanate, Portinaro, Ilari, Ar<strong>di</strong>gò, Baget-Bozzo,<br />

Buttiglione e Cacciari. Inizialmente Bozzo tenne il corso quale cultore della materia, <strong>di</strong>venendone<br />

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titolare nel 1993 con l’immissione in ruolo quale ricercatore e poi, nel 1999, quale professore<br />

associato. Dal 1995 Bozzo insegna anche relazioni internazionali presso il corso <strong>di</strong> laurea in scienza<br />

della comunicazione <strong>di</strong> Bologna.<br />

Il corso fiorentino <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici si prefigge <strong>di</strong> fornire un inquadramento rigorosamente<br />

politologico alla trattazione della relazione tra guerra e politica e alle questioni politiche, etiche e<br />

giuri<strong>di</strong>che poste dall’impiego della forza nelle RI e inquadra lo stu<strong>di</strong>o della strategia nel contesto <strong>di</strong> una<br />

teoria generale dell’azione, che consenta <strong>di</strong> cogliere la struttura comune della prassi politica, <strong>militare</strong>,<br />

comunicativa, aziendale, commerciale.<br />

Il corso, strettamente collegato con quello <strong>di</strong> Gori, ha una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 40-50 frequentanti, ha prodotto<br />

varie decine <strong>di</strong> laureati e ha attualmente una ventina <strong>di</strong> laurean<strong>di</strong>. Testi consigliati per l’esame sono<br />

attualmente il Vom Kriege, nell’e<strong>di</strong>zione abbreviata <strong>di</strong> Rusconi (Torino, Einau<strong>di</strong>, 2000) e due saggi <strong>di</strong><br />

J. M. Mathey (Comprendere la strategia, Trieste, Asterios, 1999) e R. D. Sawyer (Cento strategie non<br />

ortodosse, Vicenza, Neri Pozza, 2000).<br />

Collaboratori <strong>di</strong> entrambe le cattedre fiorentine <strong>di</strong> RI e SS sono, quali cultori della materia, il dottor<br />

Carlo Simon Belli (autore del saggio Teoria della previsione e analisi strategica, Le Lettere, Firenze,<br />

1998) e il dottore <strong>di</strong> ricerca Emi<strong>di</strong>o Diodato, che, nell’ambito del corso <strong>di</strong> RI, svolgono due moduli<br />

specialistici, rispettivamente sulla “previsione” e sulla “globalizzazione” (quest’ultimo con approccio<br />

geopolitico). Dal 2000 Belli è inoltre docente a contratto <strong>di</strong> RI presso l’università per stranieri <strong>di</strong><br />

Perugia.<br />

Altri collaboratori della cattedra <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici sono Riccardo Cappelli, Sonia Lucarelli (coautrice<br />

con Roberto Menotti della citata rassegna critica sullo stato delle RI in Italia in corso <strong>di</strong> pubblicazione<br />

per la RISP), Silvia Cattaneo (che lavora attualmente presso l’Istituto <strong>di</strong> Alti Stu<strong>di</strong> Internazionali <strong>di</strong><br />

Ginevra) e Chiara Bonaiuti (acribiosa redattrice del prezioso rapporto informativo perio<strong>di</strong>co pubblicato<br />

dall’OSCAR, ossia Osservatorio sul commercio delle armi e sull’applicazione della legge n, 185/90,<br />

emanazione dell’IRES Toscana).<br />

Bozzo e Lucarelli sono membri, per il triennio 2000-2002, del consiglio <strong>di</strong>rettivo del prestigioso<br />

Forum per i problemi della pace e della guerra dell’università <strong>di</strong> Firenze, presieduto da Rodolfo<br />

Ragionieri e composto inoltre da Daniela Belliti, Guido Calamai, Dimitri D’Andrea, Paola Gaeta,<br />

Nicola Labanca, Anna Loretoni, Luciano Segreto, Pietro Tani e Antonio Varsori. Lucarelli è altresì<br />

membro del comitato esecutivo e coor<strong>di</strong>natrice della ricerca (l’attuale programma triennale è incentrato<br />

sul Me<strong>di</strong>terraneo, il Me<strong>di</strong>o Oriente, il Maghreb, le donne, l’Europa e la globalizzazione).<br />

Nel 1996 si è costituito presso la cattedra <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici uno speciale gruppo <strong>di</strong> lavoro che ha<br />

svolto ricerche per conto del CeMiSS sui casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o del Kosovo e della Macedonia e, col sostegno<br />

del CeMiSS ha avviato l’elaborazione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> analisi politico-strategica della politica<br />

internazionale che si prefigge <strong>di</strong> essere fortemente originale e innovativo sotto il profilo teoretico.<br />

Attraverso il sodalizio bolognese col semiologo Paolo Fabbri (reduce dall’Istituto <strong>di</strong> cultura <strong>di</strong> Parigi e<br />

influenzato dalla scuola francese <strong>di</strong> strategia creata da Lucien Poirier ed Hervé Couteau Bégarie),<br />

Bozzo ha maturato un approccio semiotico alla <strong>di</strong>sciplina, testimoniato fin dal titolo (Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

strategica) da un volume <strong>di</strong> prossima pubblicazione.<br />

2b. Il Centro univ. <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici e internaz.li <strong>di</strong> Firenze (2001)<br />

Nel 2001 la facoltà “Cesare Alfieri” ha costituito un Centro universitario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici e<br />

internazionali, presieduto da Gori e <strong>di</strong>retto da Bozzo, la cui prima manifestazione pubblica è appunto il<br />

convegno del 26 settembre sugli stu<strong>di</strong> strategici in Italia organizzato in collaborazione con il CeMiSS.<br />

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2c. Il Percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> per la specializzazione in missioni <strong>di</strong> pace (2000)<br />

Nel 2000, nel quadro <strong>di</strong> una generale revisione dei piani <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, la facoltà “Cesare Alfieri” <strong>di</strong><br />

Firenze ha previsto, all’interno dell’in<strong>di</strong>rizzo politico-internazionale, un percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> per la<br />

specializzaxione in missioni <strong>di</strong> pace. Il percorso è volto a dare una formazione adatta agli studenti<br />

interessati alle questioni inerenti alla sicurezza internazionale e alle missioni umanitarie, <strong>di</strong> peacebuil<strong>di</strong>ng<br />

e <strong>di</strong> peace-keeping.<br />

Il percorso prevede 20 materie:<br />

•7 obbligatorie: <strong>di</strong>ritto internazionale, organizzazione internazionale, <strong>storia</strong> contemporanea (corso<br />

avanzato), <strong>storia</strong> delle relazioni internazionali, <strong>di</strong>ritto delle comunità europee (o <strong>storia</strong><br />

dell’integrazione europea), relazioni internazionali e seconda lingua biennale (francese, tedesca o<br />

spagnola)<br />

•13 complementari (a scelta fino al completamento del piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o): demografia, <strong>di</strong>ritto<br />

internazionale, economia dello sviluppo, geografia politica ed economica, politica comparata, scienza<br />

dell’amministrazione, <strong>storia</strong> dei trattati e politica internazionale, <strong>storia</strong> dell’Africa, <strong>storia</strong> delle<br />

istituzioni religiose, <strong>storia</strong> delle organizzazioni internazionali, <strong>storia</strong> e istituzioni dellò’America<br />

Latina, sistemi sociali comparati e stu<strong>di</strong> strategici.<br />

Agli studenti che abbiano seguito il piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> con almeno 5 moduli coerenti e conseguito la<br />

laurea con tesi su materia riconosciuta propria del percorso, l’in<strong>di</strong>rizzo rilascia un attestato <strong>di</strong><br />

specializzazione in missioni <strong>di</strong> pace.<br />

3. Il corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici <strong>di</strong> Milano (1990)<br />

Il terzo corso universitario italiano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici fu istituito nel 1990 presso la facoltà <strong>di</strong> scienze<br />

politiche dell’università statale <strong>di</strong> Milano, quale corso semestralizzato tenuto dal professor Carlo Maria<br />

Santoro, titolare della cattedra <strong>di</strong> relazioni internazionali, che riserva grande spazio alo ruolo della<br />

guerra e ai fattori geopolitici.<br />

Il corso, attualmente tenuto da Alessandro Colombo, ricercatore confermato, si definisce <strong>di</strong> “analisi<br />

della strategia in quanto forma della politica” e si articola in due parti generale e speciale. La prima<br />

parte è costituita da 8 moduli:<br />

•definizioni generali, stu<strong>di</strong> strategici, classici del pensiero <strong>militare</strong>, classici della guerra ossia i più<br />

gran<strong>di</strong> capitani della <strong>storia</strong>, il pensiero strategico contemporaneo, i fattori strategici, le forme storiche<br />

della guerra e le 4 guerre generali (guerre napoleoniche, guerre mon<strong>di</strong>ali, guerra fredda).<br />

La seconda parte comprende:<br />

•6 seminari (su <strong>Ermattung</strong>sstrategie, Blitzkrieg, Vernichtungsschlacht, Air Power, Nuclear<br />

Deterrence, Nuclear and Conventional Compellence);<br />

•2 conferenze (l’Alleanza atlantica e le istituzioni della sicurezza, il XXI secolo e la Revolution in<br />

Military Affairs);<br />

•4 lezioni sui modelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa italiani;<br />

•6 esercitazioni o giochi <strong>di</strong> guerra (Strategic Conquest, Eastern Front, Panzer, Close Combat,<br />

Napoleon in Russia, Gettysburg).<br />

Gli autori considerati ai fini della preparazione dell’esame sono Paret, Clausewitz, Liddell Hart,<br />

Freedman, Mahan, Corbett, Luttwak, Delbrueck, Chandler, Hanson, Contamine, Parker e Howard. I<br />

testi vengono comunicati all’inizio e durante il corso.<br />

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Nel 1995 la facoltà ha istituzionalizzato le attività collaterali al corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici, dando vita<br />

all’Associazione per gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> politica internazionale e strategia (“Aspìs”), presieduta da Santoro.<br />

Colombo collabora anche ad Aspìs ed è membro del comitato scientifico del citato master in stu<strong>di</strong><br />

internazionali strategico-militari (v. supra, II).<br />

4. Il corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici <strong>di</strong> Forlì (19)<br />

Il quarto corso italiano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici è stato istituito nel 1995 presso la facoltà <strong>di</strong> scienze<br />

politiche <strong>di</strong> Forlì. Titolare è il professor Marco Cesa. Il corso offre una visione <strong>di</strong> insieme<br />

sull’evoluzione della guerra e delle sue tecniche dall’antichità ad oggi, si sofferma sullo sviluppo del<br />

pensiero strategico moderno e contemporaneo ed esamina i molteplici nessi tra minaccia <strong>di</strong> uso della<br />

forza, guerra e politica.<br />

Il programma d’esame per gli studenti frequentanti verte sui seguenti testi:<br />

•7 obbligatori: B. H. Liddell Hart, Strategy, London, Faber & Faber, 1954 (capp. 1-4): M. Howard,<br />

War in European History, Oxford U.P., 1976; Id., Clausewitz, Oxford U. P., 1983; T. Schellling, La<br />

<strong>di</strong>plomazia della violenza, Bologna, Il Mulino, 1968, pp. 5-126; L. Freedman, “The Revolution in<br />

Strategic Affairs”, Adelphi Paper n. 318, 1998; Id., “Le prime due generazioni <strong>di</strong> strateghi nucleari”,<br />

in Paret (ed.), Guerra e strategia nell’età contemporanea (Marietti, Genova, 1992, pp. 283-324); J.<br />

Levy, “The Causes of War: A Review of Theories and Evidence”, in P. Tetlock et all. (eds.),<br />

Behavior, Society, and Nuclear War, Oxford U. P., 1989, I, pp. 209-333.<br />

•1 facoltativo a scelta tra 4: B. H. Liddell Hart, Strategy (London, Faber & Faber, 1954); P.Paret<br />

(ed.), Guerrra e strategia nell’età contemporanea (Genova, Marietti, 1992); L. Freedman, The<br />

Evolution of Nuclear Strategy (London, Macmillan, 1981); R. Rotberg e T. Rabb (eds.), The Origion<br />

and Prevention of Major Wars (Cambridge U.P., 1989).<br />

In aggiunta a tali testi i non frequentanti portano L. Bonanate e C. M. Santoro (cur.), Teorie e analisi<br />

nelle relazioni internazionali, Bologna, Il Muilino, 1990, pp. 163-416.<br />

5a. La cattedra <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici <strong>di</strong> Torino (1995)<br />

La quinta cattedra <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici fu istituita nel 1995 presso la facoltà <strong>di</strong> scienze politiche<br />

dell’ateneo subalpino, dove è ricoperta dal professor Luigi Bonanate, titolare anche della cattedra <strong>di</strong><br />

prima fascia <strong>di</strong> relazioni internazionali. La cattedra svolge un corso avanzato semestrale per i<br />

sottotenenti delle Varie Armi e del Corpo Trasporti e Materiali allievi della Scuola d’Applicazione <strong>di</strong><br />

Torino (ora qualificati anche come “iscritti al secondo biennio del C.d.L. in scienze strategiche”).<br />

Il programma riguarda “questioni <strong>di</strong> strategie, teorie classiche e scenari contemporanei”. L’esame<br />

assicura 10 cre<strong>di</strong>ti formativi universitari e verte sulla traduzione <strong>italiana</strong> del Vom Kriege (nell’e<strong>di</strong>zione<br />

Mondadori 1991 con prefazione <strong>di</strong> Carlo Jean) e della seconda e<strong>di</strong>zione (curata da Peter Paret) del<br />

famoso saggio collettivo dell’Università <strong>di</strong> Princeton Makers of Modern Strategy (Guerra e strategia<br />

nel mondo contemporaneo, a cura <strong>di</strong> Nicola Labanca, Genova., Marietti, 1992), integrati da Mary<br />

Kaldor, Le nuove guerre, Carocci, Roma, 1999.<br />

5b. La cattedra <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari <strong>di</strong> Torino<br />

La cattedra, quinta <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, e terza tra quelle ancora attive in Italia, viene qui considerata<br />

per la sua collocazione istituzionale nell’ambito del C.d.L. in scienze strategiche. La cattedra, <strong>di</strong> prima<br />

fascia, fu istituita nel 1995 con la denominazione <strong>di</strong> “<strong>storia</strong> delle istituzioni militari”. E’ ricoperta dal<br />

professor Giorgio Rochat, già or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> <strong>storia</strong> contemporanea nonché decano degli storici militari<br />

italiani assieme a Raimondo Luraghi (or<strong>di</strong>nario fuori ruolo <strong>di</strong> <strong>storia</strong> americana). Svolge sia il corso a<br />

carattere propriamente storico-istituzionale previsto dal corso <strong>di</strong> laurea in scienze politiche, sia il corso<br />

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<strong>di</strong> “<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>” in senso professionale frequentato dai sottotenenti allievi delle Varie Armi e del<br />

Corpo Trasporti e Materiali della Scuola d’Applicazione <strong>di</strong> Torino.<br />

Il programma. comune a entrambi i corsi, riguarda “le forze armate ed il regime fascista”, in<br />

particolare le “scelte <strong>di</strong> fondo della politica <strong>di</strong> potenza del regime, lo sviluppo delle forze armate<br />

nazionali e la loro preparazione <strong>di</strong>nnanzi alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, tenendo conto del quadro<br />

internazionale e dei problemi interni del regime”. I frequentanti sostengono l’esame sui seguenti testi:<br />

•3 <strong>di</strong> base (G. Rochat e G. Massobrio, Breve <strong>storia</strong> dell’esercito italiano 1861-1943, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1978, pp. 196-270; L. Ceva, Le forze armate, Torino, Utet, 1981, IV parte; G. Rochat,<br />

L’esercito italiano in pace e in guerra, Milano, ed. Rara, 1991 (pp. 178-261);<br />

•altri testi, “generalmente brevi”, forniti e commentati durante il corso.<br />

Per i non frequentanti sono richiesti 2 testi a scelta tra i seguenti 5:<br />

•M. Franzinelli, Stellette, croce e fascio littorio, Milano, Angeli, 1995; P. Paret e N. Labanca<br />

(cur.), Guerra e strategia nell’età contemporanea, Genova, Marietti, 1992 (pp. 155-280); M.<br />

Montanari, L’esercito italiano alla vigilia della II guerra mon<strong>di</strong>ale, Roma, USSME, 1982; G. Rochat,<br />

Guerre italiane in Libia e in Etiopia, Treviso, ed. Pagos, 1991; F. Stefani, Storia delle dottrine e degli<br />

or<strong>di</strong>namenti dell’Esercito italiano, vol. II, tomo 1, Roma, USSME, 1985.<br />

L’esame assicura 10 cre<strong>di</strong>ti universitari formativi. La materia è quella più “gettonata” dai<br />

sottotenenti-laurean<strong>di</strong>, sia in scienze politiche che in scienze strategiche. Solitamente le tesi assegnate<br />

riguardano la <strong>storia</strong> reggimentale, ricavata dalle memorie storiche dei corpi. Le prime hanno riguardato<br />

le singole Brigate della grande guerra.<br />

6. Il Gruppo stu<strong>di</strong>o su armi e <strong>di</strong>sarmo della Cattolica (1980)<br />

Il Gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o su armi e <strong>di</strong>sarmo (GSAD) fu costituito nel 1979 presso l’università Cattolica <strong>di</strong><br />

Milano, nell’ambito del Centro stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> economia applicata (CSEA) <strong>di</strong>retto dal professor Giancarlo<br />

Mazzocchi, or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> politica economica e finanziaria. Il GSAD, con sede in via Necchi 5<br />

(gsad@mi.unmicatt.it), è stato fin dall’inizio <strong>di</strong>retto dal professor Giancarlo Graziola, ora or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong><br />

teoria dello sviluppo economico presso l’università <strong>di</strong> Bergamo e docente a contratto <strong>di</strong> economia<br />

regionale presso la Cattolica. Il GSAD si avvale della collaborazione del dottor Sergio S. Parazzini,<br />

ricercatore confermato <strong>di</strong> economia dei settori produttivi, nonché incaricato <strong>di</strong> economia politica presso<br />

la Cattolica e docente a contratto <strong>di</strong> economia industriale a Bergamo, e del signor Michele Brunelli,<br />

curatore della biblioteca e laureando in scienze politiche con una tesi in <strong>storia</strong> delle istituzioni militari.<br />

In passato ha collaborato col GSAD anche il dottor Angelo Pirocchi, cultore della materia presso la<br />

cattedra <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari della Cattolica.<br />

Il GSAD, unico centro universitario <strong>di</strong> ricerca specializzato in economia della <strong>di</strong>fesa, del <strong>di</strong>sarmo e<br />

transarmo, della riconversione dell’industria della <strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong> analisi economica delle spese militari e<br />

dei bilanci della <strong>di</strong>fesa, <strong>di</strong>spone della più ricca biblioteca <strong>italiana</strong> specializzata, con 1.200 volumi e<br />

oltre 70 perio<strong>di</strong>ci. La biblioteca <strong>di</strong>spone inoltre <strong>di</strong> numerose pubblicazioni governative americane,<br />

inglesi, francesi, tedesche e italiane, nonché <strong>di</strong> organizzazioni internazionali (ONU, UNIDIR, NATO,<br />

UEO). E’ collegato con i principali centri nazionali e internazionali <strong>di</strong> ricerca sull’economia della<br />

<strong>di</strong>fesa e sulle questioni strategiche, a cominciare. Ha svolto numerosi stu<strong>di</strong> e ricerche per conto <strong>di</strong> vari<br />

enti pubblici, in particolare il CeMiSS, la Regione Lombar<strong>di</strong>a e il ministero dell’Industria.<br />

L’attività <strong>di</strong> ricerca del GSAD, tanto pura quanto applicata, è incentrata sugli aspetti economici delle<br />

politiche nazionali e comuni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e condotta sia a livello teorico che a livello empirico e storico. In<br />

particolare sono stati affrontati vari aspetti delle spese militari italiane e della riconversione<br />

dell’industria per la <strong>di</strong>fesa:<br />

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•a) determinanti ed effetti delle spese militari (nel breve e nel lungo periodo; nei paesi in via <strong>di</strong><br />

sviluppo e nei paesi sviluppati; in rapporto alla teoria economica delle alleanze);<br />

•b) pianificazione e gestione dei bilanci militari;<br />

•c) industria e progresso tecnico <strong>militare</strong>;<br />

•d) <strong>di</strong>versificazione e conversione dell’industria <strong>militare</strong> e civile;<br />

•e) commercio degli armamenti.<br />

Oltre agli atti <strong>di</strong> tre convegni pubblicati dalla casa e<strong>di</strong>trice Vita e Pensiero, dal 1986 il GSAD<br />

pubblica perio<strong>di</strong>ci Quaderni su Armi e Disarmo. Il GSAD è collegato con le seguenti istituzioni:<br />

•11 nazionali: AIAD (Associazione Industrie per l’Aerospazio, i Sistemi e la Difesa); Archivio<br />

Disarmo <strong>di</strong> Roma; CeMiSS <strong>di</strong> Roma; CERIS <strong>di</strong> Torino; CESPE <strong>di</strong> Roma; CNOIM (Coor<strong>di</strong>namento<br />

Nazionale Osservatori Industia Militare), Forum per i problemi della pace e della guerra <strong>di</strong> Firenze;<br />

IAI <strong>di</strong> Roma; IRES Toscana; IRES Piemonte; RITAD (Raggruppamento Italiano Tecnologie<br />

Avanzate Difersa) <strong>di</strong> Roma;<br />

•17 europee: ACCES Associations; BICC (Bonn International Center for Conversion); Centre for<br />

Defence Economics (University of Yotk); Centre for Stu<strong>di</strong>es of STS (University of Twente); Council<br />

for Economic Priorities; CREDIT Network; CREST Ecole Polytechnique; Departement of Peace &<br />

Conflict Research (Uppsala university); Ecole de la Paix (Grenoble); European Institute for Research<br />

and Information on Peace and Security; GRIP (Groupe de Recherche et d’Information sur la Paix et la<br />

Sécurité) <strong>di</strong> Bruxelles; IDEA (International Defence Economic Association); IISS (The International<br />

Institute for Strategic Stu<strong>di</strong>es) <strong>di</strong> Londra; Kooperation Universitaet-Arbeiterkammer Bremen; PREST<br />

(University of Manchester); Research Unit in Defence Economics (University of West England);<br />

SIPRI (The Stockholm International Peace Research Institute);<br />

•8 statunitensi: Arms Contro Association; Centre for International Stu<strong>di</strong>es (MIT); Centre for<br />

International Stu<strong>di</strong>es and Arms Control (Stanford Univerity); Centre for Peace Stu<strong>di</strong>es (Cornell<br />

University); Centre for Science and International Affairs (Harvard University); Centre for Strategic<br />

and International Stu<strong>di</strong>es (Washington, D.C.); CRS-Library of Congress; Joint Economic Committee<br />

(US Senate).<br />

7. Il Centro <strong>di</strong> ricerche sul Sistema Sud e il Me<strong>di</strong>terraneo (1998)<br />

Il Centro <strong>di</strong> ricerche sul Sistema Sud e il Me<strong>di</strong>terraneo Allargato (CRiSSMA) è stato istituito nel<br />

1998 nell’ambito del Dipartimento <strong>di</strong> scienze politiche dell’università Cattolica <strong>di</strong> Milano. Il consiglio<br />

scientifico è formato dai professori Valeria Piacentini (<strong>di</strong>rettore del Dipartimento e docente <strong>di</strong> <strong>storia</strong> e<br />

istituzioni del mondo musulmano), Alberto Quadrio Curzio (preside della facoltà <strong>di</strong> scienze politiche e<br />

docente <strong>di</strong> economia politica), Massimo de Leonar<strong>di</strong>s (docente <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle relazioni internazionali) e<br />

Giuseppe Grampa (docente <strong>di</strong> filosofia delle religioni). Il comitato <strong>di</strong>rettivo è composto da Piacentini<br />

(<strong>di</strong>rettore del Centro), Quadrio Curzio e de Leonar<strong>di</strong>s (segretario del Centro).<br />

La professoressa Piacentini, autrice <strong>di</strong> un saggio sul pensierro <strong>militare</strong> musulmano, ha <strong>di</strong>retto varie<br />

ricerche per conto del CeMiSS, alle quali hanno collaborato alcuni dei suoi allievi, in particolare<br />

Riccardo Redaelli, ricercatore confermato, e Gianluca Pastori, dottore <strong>di</strong> ricerca e borsista, che hanno<br />

svolto entrambi il servizio <strong>militare</strong> <strong>di</strong> leva quali ricercatori del CeMiSS. Oltre che nel campo<br />

strettamente attinente alla sua <strong>di</strong>sciplina, il professor de Leonar<strong>di</strong>s è insigne anche in quello della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> moderna e contemporanea. Collabora con la sua cattedra, quale cultore della materia, il dottor<br />

Gianfranco Benedetto, specialista <strong>di</strong> <strong>storia</strong> del potere marittimo.<br />

Scopi del CRiSSMA sono la ricerca, <strong>di</strong> base e applicata, in campo prevalentemente storico-culturale,<br />

con particolare riferimento ai problemi politici, sociali, giuri<strong>di</strong>ci, economici e strategici della regione<br />

49


me<strong>di</strong>terranea e delle aree geopolitiche a<strong>di</strong>acenti. Tra le attività del Centro, il 3° e 4° ciclo (2000 e 2001)<br />

<strong>di</strong> incontri e conferenze sulle nuove prospettive delle relazioni internazionali, il seminario<br />

internazionale sulla assistenza umanitaria e il <strong>di</strong>ritto internazionale umanitario (24 maggio 2000), la<br />

presentazione multime<strong>di</strong>ale della mostra Gioelli della Giordania e della Milano “segreta” (16 aprile<br />

2001) e il seminario internazionale sulla Giordania (26 aprile 2001).<br />

Il CRiSSMA pubblica, per i tipi della casa e<strong>di</strong>trice Il Mulino, una propria collana <strong>di</strong> testi, inaugurata<br />

dagli atti, curati de Leonar<strong>di</strong>s, del convegno sull’allargamento della NATO tenuto dall’università<br />

Cattolica (La nuova NATO: i membri, le strutture, i compiti, Bologna, 2001).<br />

8. Il Corso <strong>di</strong> laurea in scienze dell’investigazione dell’Aquila<br />

A seguito <strong>di</strong> precedenti corsi <strong>di</strong> perfezionamento e aggiornamento professionale per personale<br />

investigativo svolti dall’università dell’Aquila in collaborazione con esperti della CIA, FBI, American<br />

Society for Industrial Security e Associazione Italiana, Professionisti della Security Aziendale, nel<br />

1999 è stato elaborato, su iniziativa del professor Francesco Sidoti, un progetto per l’istituzione, presso<br />

la facoltà <strong>di</strong> scienze della formazione dell’università dell’Aquila, <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong> laurea <strong>di</strong> 1° livello<br />

(triennale) in “scienze dell’investigazione”. Il progetto è all’esame degli organismi universitari.<br />

Il piano provvisorio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> prevede 20 <strong>di</strong>scipline, integrate da tirocinio e attività formative:<br />

•1° anno: <strong>di</strong>ritto della sicurezza sociale; sociologia della sicurezza sociale; psicopatologia;<br />

istituzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e procedura penale; metodologia generale; formazione interculturale; fondamenti<br />

anatomo.fisiologici dell’attività psichica; me<strong>di</strong>cina legale; lingua inglese;<br />

•2° anno: neurofisiologia, basi fisiologiche dei processi psichici; socioologia dell’ir<strong>di</strong>namento<br />

giu<strong>di</strong>ziario; criminologia; psicopatologia e tossicologia; criminologia minorile;<br />

•3° anno: metodologia delle scienze del comportamento; psicologia della persdonalità; teoria<br />

dell’informazione; psicologia giuri<strong>di</strong>ca; tecniche dell’intervista e del questionario; organizzazione e<br />

gestione aziendale; informatica.<br />

V. La cattedra <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari<br />

della Cattolica <strong>di</strong> Milano (1980-2001)*<br />

* La cattedra, la più antica delle tre <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> ancora attive, viene qui considerata per la sua<br />

consolidata cooperazione con il CeMiSS (non a caso coevo alla sua formale costituzione) e per la<br />

stretta correlazione da essa professata e praticata tra <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e scienze della sicurezza e <strong>di</strong>fesa<br />

( 1 ).<br />

La cattedra, terza <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> dopo quelle preesistenti <strong>di</strong> Pisa e Pavia (entrambe oggi<br />

quiescenti), ha origine da un corso <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari voluto nel 1980 da Gianfranco<br />

Miglio, preside della facoltà <strong>di</strong> scienze politiche dell’università Cattolica <strong>di</strong> Milano. Il corso, in origine<br />

concepito come meramente integrativo <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni ricoperto dalla professoressa<br />

Adriana Petracchi Maistri, fu attribuito me<strong>di</strong>ante contratto annuale rinnovabile al generale Giuseppe<br />

Alessandro D’Ambrosio, coa<strong>di</strong>uvato, quale cultore della materia, dal dottor Enrico Dalla Rosa.<br />

Analoghi corsi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> erano tenuti dai dottori Ezio Cecchini (cultore della materia) e<br />

Massimo Ferrari (ricercatore confermato), ad integrazione, rispettivamente, dei corsi <strong>di</strong> relazioni<br />

internazionali (professor Ottavio Barié) e <strong>storia</strong> contemporanea (professor Bianchi). A seguito dei<br />

nuovi impegni del generale, nominato segretario generale del Consiglio supremo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, nel 1987 il<br />

50


contratto fu conferito al professor Virgilio Ilari, associato <strong>di</strong> <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto romano nell’università <strong>di</strong><br />

Macerata.<br />

Nel 1989 la facoltà assegnò al corso una cattedra <strong>di</strong> seconda fascia, che fu attribuita a Ilari previo<br />

parere del Consiglio universitario nazionale circa l’equivalenza “soggettiva” tra le due <strong>di</strong>scipline<br />

professate dal can<strong>di</strong>dato, avuto riguardo ai suoi interessi scientifici prevalenti, desunti dalle sue<br />

pubblicazioni. Nel 1992, su proposta del docente approvata dalla facoltà, l’università Cattolica aderì al<br />

Centro interuniversitario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e ricerche storico-militari costituito dalle università <strong>di</strong> Torino, Pavia,<br />

Pisa e Padova e, nel 1993, al dottorato <strong>di</strong> ricerca in <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> coor<strong>di</strong>nato da Padova (professor<br />

Piero Del Negro, or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> <strong>storia</strong> moderna e poi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari) e sospeso a tempo<br />

indeterminato nel 1999 alla conclusione del III ciclo, dopo aver <strong>di</strong>plomato complessivamente 8 dottori<br />

<strong>di</strong> ricerca, inclusi due laureati della Cattolica (Marino Viganò e Giovanni Cal<strong>di</strong>rola) ( 2 ). Nel 2001, a<br />

seguito del nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> assunto dalla facoltà in relazione alla riforma universitaria, la<br />

denominazione della cattedra è stata mo<strong>di</strong>ficata con l’aggiunta delle parole “e dei sistemi <strong>di</strong> sicurezza”,<br />

meglio corrispondenti all’ambito effettivo delle attività <strong>di</strong>dattiche e <strong>di</strong> ricerca del docente e dei<br />

collaboratori.<br />

Il corso, complementare del III anno e in seguito reso mutuabile dagli studenti <strong>di</strong> giurisprudenza e <strong>di</strong><br />

recente anche <strong>di</strong> lettere, ha assunto fin dal 1987 un orientamento del tutto in<strong>di</strong>pendente e autonomo.<br />

Esso si articola in una introduzione generale alle scienze della sicurezza e della <strong>di</strong>fesa e in cicli tematici<br />

particolari che vengono anno per anno calibrati sugli interessi me<strong>di</strong> dell’u<strong>di</strong>torio e si traducono in<br />

tesine facoltative in<strong>di</strong>viduali, sostitutive dell’esame finale. Non essendovi aspetto delle attività umane<br />

estraneo all’osservazione storica e all’applicazione <strong>militare</strong>, il corso mira ad affinare un metodo<br />

generale (o “punto <strong>di</strong> vista”) anziché a circoscrivere un campo <strong>di</strong> ricerca. L’incertezza o smarrimento<br />

che tale metodo inconsueto ingenera nella massa degli studenti è considerato il prezzo iniziale da<br />

pagare per puntare all’eccellenza. Dall’esperienza del corso 2000-2001 è nato il progetto <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care<br />

parte del prossimo corso all’analisi storico-<strong>militare</strong> e iconografica del film <strong>di</strong> guerra.<br />

Il metodo <strong>di</strong>dattico mira a scoprire, coltivare, “reclutare”, mettere in circuito e sostenere nel tempo<br />

talenti e vocazioni critiche e, possibilmente, scientifiche. Esso assume coscienza <strong>di</strong> sé collocandosi<br />

programmaticamente agli antipo<strong>di</strong> del metodo adottato dalle accademie e scuole militari italiane. E’<br />

dunque a-gerarchico, informale, accattivante, progressivo e permanente e si prefigge un appren<strong>di</strong>mento<br />

“alluvionale”, cioè per se<strong>di</strong>mentazione graduale e continua, in un arco <strong>di</strong> tempo indefinito. Non è<br />

dunque incentrato sulle lezioni (concepite solo come prima occasione <strong>di</strong> contatto e <strong>di</strong> stimolo) bensì sul<br />

coinvolgimento volontario del <strong>di</strong>scente - nel più scrupoloso rispetto della libertà e nella valorizzazione<br />

sinergica delle singole in<strong>di</strong>vidualità - nel vasto ambiente umano e scientifico spontaneamente e<br />

informalmente aggregatosi nel corso degli anni attorno alla cattedra e che ha collettivamente prodotto,<br />

per approssimazioni successive, il metodo recepito e sistematizzato dal docente. Come nella milizia il<br />

comandante è funzione del soldato, così nella formazione il docente è funzione del <strong>di</strong>scente.<br />

La classe annuale dei frequentanti assidui, in me<strong>di</strong>a 10 unità, è pertanto considerata come uno dei<br />

canali <strong>di</strong> alimentazione (non esclusivo e neppure il principale) dell’unità permanente <strong>di</strong> autoformazione<br />

informalmente costituita dal complesso dei 30 laurean<strong>di</strong> e dei 148 laureati prodotti in <strong>di</strong>eci anni (un<br />

quarto circa dei quali continua, “a rete”, a contribuire in vari mo<strong>di</strong> alle attività della cattedra). Soltanto<br />

un quarto delle tesi riguarda argomenti strettamente storico-militari. La maggior parte riguarda aspetti<br />

attuali della politica <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong>fesa nazionale e internazionale. La me<strong>di</strong>a annuale degli esami<br />

approvati è <strong>di</strong> 140. Per l’esame sono consigliati le opere più recenti del docente (poco apprezzate), e i<br />

due più recenti manuali del generale Jean: quello <strong>di</strong> gran lunga più “gettonato” è Geopolitica, mentre<br />

Guerra, strategia e sicurezza si rivela quasi sempre troppo <strong>di</strong>fficile per la cultura me<strong>di</strong>a dello studente.<br />

Gli studenti <strong>di</strong> giurisprudenza mostrano, me<strong>di</strong>amente, capacità intellettive e <strong>di</strong>scorsive <strong>di</strong> gran lunga<br />

superiori a quelle dei colleghi delle altre due facoltà. E’ consentito sostenere l’esame su altri testi <strong>di</strong><br />

proprio interesse concordati col docente.<br />

51


Hanno collaborato o collaborano in varie forme con la cattedra molti giovani stu<strong>di</strong>osi, tra i quali il<br />

dottor Ciro Paoletti, coautore assieme al docente <strong>di</strong> varie opere <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> moderna e promotore<br />

del primo convegno internazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> moderna, i dottori <strong>di</strong> ricerca in <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

Marino Viganò, Pierpaolo Battistelli, Niccolò Capponi, Marco Gemignani e Giovanni Cal<strong>di</strong>rola e 10<br />

cultori della materia, tra cui, in passato, i dottori Eugenio Dalla Rosa, Cal<strong>di</strong>rola e Andrea Molinari (già<br />

alpino del Rep. Sa. Avt. “Taurinense” in Mozambico, specializzatosi nella <strong>di</strong>vulgazione e<strong>di</strong>toriale in<br />

campo storico-<strong>militare</strong>) e, attualmente, i dottori Angelo Pirocchi, Giuseppe Terrasi, Flavio Carbone<br />

(capitano in s. p. e. dei carabinieri) e Nicola “Bortolo” Calanchi (caporalmaggiore in congedo delle<br />

truppe alpine). Di prossima proposta, il dottor Davide Belloni, già carabiniere effettivo. Pirocchi,<br />

Terrasi e Carbone hanno compiuto missioni in Bosnia, rispettivamente per monitoraggio elettorale,<br />

rieducazione alla pace e impiego nel Reggimento MSU. Marco Antonsich, dottore <strong>di</strong> ricerca in<br />

geografia, è l’unico laureato della cattedra che abbia trovato una collocazione accademica, quale<br />

borsista presso la cattedra <strong>di</strong> geografia politica dell’università <strong>di</strong> Trieste (professoressa Pagnini).<br />

La cattedra è supportata dalla biblioteca del gruppo stu<strong>di</strong> armi e <strong>di</strong>sarmo (GSAD), costituito nel 1979<br />

dal professor Giancarlo Graziola presso la facoltà <strong>di</strong> economia e commercio dell’Università cattolica e<br />

attualmente <strong>di</strong>retto dal professor Sergio Parazzini, con la collaborazione retribuita del signor Michele<br />

Brunelli, laureando in scienze politiche con una tesi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari.<br />

A partire dal 1992 le cattedre <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari e <strong>di</strong> <strong>storia</strong> e istituzioni del mondo<br />

musulmano (professoressa Valeria Piacentini) hanno fornito al CeMiSS nove militari <strong>di</strong> leva<br />

ricercatori, inclusi Gennaro Simeone, Riccardo Redaelli (ricercatore confermato), Gianluca Pastori<br />

(dottore <strong>di</strong> ricerca e borsista) e i citati Antonsich e Pirocchi.<br />

Già collaboratore del GSAD e coor<strong>di</strong>natore dell’Associazione ex-ricercatori Cemiss (ARC), dal<br />

1997 Pirocchi ha avviato, assieme a Molinari, la Libreria Militare, che attualmente gestisce in società<br />

col dottor Alberto Manca, laureatosi con una tesi in <strong>storia</strong> delle istituzioni militari. L’esercizio, ubicato<br />

in sede prossima a quella centrale dell’università e con uno spazio espositivo corrispondente a circa<br />

6.000 volumi (per tre quarti stranieri), è la prima libreria <strong>italiana</strong> specializzata nel campo degli stu<strong>di</strong><br />

militari e strategici. E’ articolata nei settori della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, della geopolitica e della scienza e<br />

tecnica <strong>militare</strong>.<br />

( 1 ) Cfr. V. Ilari, “Epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”, in corso <strong>di</strong> pubblicazione negli atti del II<br />

convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> indetto dalla Commissione nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e tenutosi<br />

a Roma, presso il CASD, il 28-29 ottobre 1999.<br />

( 2 ) Cfr. Piero Del Negro “alcune considerazioni sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nelle università e il dottorato <strong>di</strong><br />

ricerca in <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”, in corso <strong>di</strong> pubblicazione negli atti del II convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> indetto dalla Commissione nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e tenutosi a Roma, presso il CASD, il<br />

28-29 ottobre 19<br />

52


4. IMITATIO, RESTITUTIO, UTOPIA. La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

antica nel pensiero strategico moderno 2<br />

(Agosto-Settembre 2001)<br />

Ludovico Loreto qui me iterum<br />

ex oblimatis sagis ad Togatam<br />

traxit militiam<br />

SOMMARIO: 1. SMA versus RMA: Storia Militare Antica e Revolution in Military Affairs. 2. La<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nello sviluppo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>. 3. Imitatio. Il <strong>di</strong>gesto <strong>militare</strong> romano nella<br />

paideia cavalleresca. 4. La tra<strong>di</strong>tio in Occidente della sapienza <strong>militare</strong> greco-bizantina. 5. Le guerre<br />

italiane tra umanesimo giuri<strong>di</strong>co e umanesimo <strong>militare</strong>. 6. Restitutio e utopia nell’Arte della guerra <strong>di</strong><br />

Machiavelli. 7. La scuola veneziana dei “paralleli militari” tra Antico e Moderno. 8. Scipio, A Greater<br />

than Hannibal. 9. Pugna Cannensis sulla spiaggia fiamminga? 10. Precetti greci per la fanteria<br />

moderna. 11. Scholae <strong>militare</strong>s, ratio stu<strong>di</strong>orum e bibliotheca militaris. 12. Lipsio, Casaubon e<br />

Salmasio: dal commento all’explicatio storica. 13. L’arte <strong>militare</strong> nella quérelle des Anciens et des<br />

Modernes. 14. Il case study romano nella <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata. 15. Per una <strong>storia</strong> attuale del<br />

pensiero strategico classico.<br />

1. SMA versus RMA: Storia Militare Antica e Revolution in Military Affairs<br />

Le scienze umane tendono a considerare la guerra come un problema in sé, a prescindere dalle sue<br />

forme storiche. Ma l’approccio strutturale o olistico allo stu<strong>di</strong>o della guerra <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>stanza del<br />

punto <strong>di</strong> osservazione. Esso domina nelle scienze che si possono applicare alla guerra ma che non sono<br />

de<strong>di</strong>cate a spiegarla e governarla, come sono invece <strong>storia</strong> e arte <strong>militare</strong>. Qui l’approccio strutturale è<br />

rarissimo: il solo esempio significativo è il Vom Kriege, che proprio per questo viene considerato (a<br />

torto) un testo <strong>di</strong> mera filosofia politica.<br />

Rare sono anche le tassonomie e le analisi comparate delle guerre. Nelle scienze militari il punto <strong>di</strong><br />

vista olistico o strutturale si manifesta ora come principio (i “principi della guerra”) o modello (ad es. il<br />

concetto clausewitziano <strong>di</strong> guerra “assoluta”) ora come processo storico, ossia come “sviluppo” <strong>di</strong> una<br />

forma particolare dall’altra. L’idea <strong>di</strong> sviluppo non si è affermata nella <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> per influsso del<br />

materialismo <strong>di</strong>alettico, bensì del positivismo evoluzionista e progressista dominante nella cultura<br />

europea dell’Ottocento, presente già nei precursori della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata, specialmente in<br />

Henri Carrion-Nisas e Wilhelm Ruestow 3 , e sviluppata a cavallo tra Otto e Novecento dai notissimi<br />

2 Imitatio, Restitutio, Utopia: la Storia Militare Antica nel pensiero strategico moderno, in Marta Sor<strong>di</strong> (cur.), Guerra e<br />

<strong>di</strong>ritto nel mondo greco e romano. Contributi dell’Istituto <strong>di</strong> Storia Antica , XXVIII, Milano, Vita e Pensiero, 2002,<br />

pp. 269-381<br />

3 Autore della prima Geschichte der Kriegskunst (2 voll., Goettingen 1797 e 1800) è il futuro generale del genio prussiano<br />

Johann Gottfried Hoyer (1767-1848). I concetti <strong>di</strong> “progresso” e “rivoluzione” innervano già l’Essai sur l’histoire générale<br />

de l’art militaire, de son origine, de ses progrès et de ses révolutions, depuis la première formation des sociétés<br />

européennes jusqu’à nos jours (2 voll., Paris, Delaunoy, 1824) del generale francese Marie Henri François de Carrion<br />

Nisas (1767-1841). Successivamente apparvero la Geschichte des Kriegswesens (“Handbibliothek fuer Offiziere” Bd 1,<br />

Berlin, 1835-38) del generale prussiano Heinrich von Brandt (1789-1868), le Vorlesungen ueber Kriegsgeschichte (2 voll,<br />

Stuttgart, 1856) del generale wurtemburghese Julius Friedrich Karl von Hardegg (1810-75) e altre opere analoghe <strong>di</strong> G.<br />

von Berneck (Grundriss des Geschichte des Kriegswesens, Berlin 1854) ed E. de la Barre Duparcq (Eléments d’art et<br />

d’histoire militaire, Paris, 1858; Histoire de l’art de la guerre, Paris, 1864). Spicca tra i “precursori” l’esule prussiano a<br />

Zurigo Friedrich Wilhelm Ruestow (1821-78), colonnello garibal<strong>di</strong>no nel 1860 ma anche feroce critico <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>,<br />

corrispondente <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nand Lassalle e Georg Herwegh ma irriso da Marx ed Engels e ancor più dogmatico <strong>di</strong> Jomini. Fra<br />

53


Max Jaehns (1837-1900), Hans Delbruck (1848-1929) e sir Charles Oman (1860-1946) ma anche dal<br />

<strong>di</strong>menticato Emil Daniels, antagonista <strong>di</strong> Delbruck 4 , nonché dai <strong>di</strong>oscuri dell’esercito e della marina<br />

rooseveltiane - il tenente colonnello Theodor Ayrault Dodge (1842-1909) e il comandante Alfred<br />

Thayer Mahan (1840-1914) - iniziatori della scuola americana <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata e<br />

previsionale il cui più tipico esponente fu il maggior generale John Frederick Fuller (1878-1966) ed è<br />

oggi continuata dal colonnello Trevor Nevitt Dupuy, <strong>di</strong>rettore dell’International Military and Defense<br />

Encyclope<strong>di</strong>a in sei volumi della Brassey’s (1992) 5 .<br />

Ciò non toglie che anche nella <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (e, in misura ancor più accentuata, nel pensiero<br />

strategico) si è affacciata l’idea <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità evolutiva, sia nell’accezione idealista <strong>di</strong> “crisi<br />

<strong>militare</strong>” 6 , che sottolinea l’effetto politico del mutamento, sia in quella materialista <strong>di</strong> “rivoluzione<br />

<strong>militare</strong>” 7 come “salto <strong>di</strong> qualità” impresso dall’innovazione tecnologica non solo alle forme della<br />

le sue opere, la Geschichte der Infanterie (2 voll., Gotha, 1857-58), le Militaerischen Biographien (Zurigo 1858) e Die<br />

Feldherrenkunst des 19. Jahrhunderts (Zurigo, 1857; 1879 = trad. <strong>di</strong> Sarvin de Larclause, L’Art militaire au XIXe siècle,<br />

stratégie, histoire militaire, Paris, librairie J. Dumaine, 1863, 2 voll.). Cfr. Carlo Moos, “Streiflichter auf Wilhelm Rustows<br />

Beziehungen zu Italien”, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 65, 1985, pp. 342-404:<br />

Id., “Wilhelm Rustow, Garibal<strong>di</strong> stratega e l’ambiente zurighese”, in Garibal<strong>di</strong> generale della libertà. Atti del Convegno<br />

internazionale (Roma 29-31 maggio 1982), Ministero della Difesa - Comitato storico, Roma, USSME, 1984, pp. 235-294.<br />

4 Geschichte des Kriegswesens, 4 voll., Leipzig, 1910-11. Sulla Strategiestreit che oppose Delbrueck allo stato maggiore<br />

tedesco cfr. Antulio J. Echevarria II, After Clausewitz: German Military Thinkers Before the Great War, Lawrence, U. P.<br />

of Kansas, 2000, pp. 183-88.<br />

5 Cfr. Bruno Colson, La culture stratégique américaine. L’influence de Jomini, FEDN, Paris, Economica, 1993 (su Dodge<br />

interprete dell’influsso jominiano e teorico della battaglia napoleonica, v. pp. 186, 232, 280. Ingiustamente, nell’IMADE<br />

Dupuy cita Dodge una sola volta, nella voce “Attrition”, p. 324). Cfr. Christopher Bassford, Clausewitz in English, The<br />

Reception of Clausewitz In Britain and America 1815-1945, New York, Oxford U.P., 1994. Oltre a due stu<strong>di</strong> sulla guerra<br />

civile americana e ai saggi su Gustavo Adolfo e Napoleone (in 4 volumi), Dodge ne pubblicò altri tre su Alessandro,<br />

Annibale e Cesare (Boston, Houghton Mifflin Coy, 1890-92: rist. an. Da Capo Press, 1995-97). Anche Fuller si interessò<br />

<strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica, con due saggi su Alessandro (1958) e Cesare (1965) rie<strong>di</strong>ti nel 1998 (Ware, Hertfordshire,<br />

Wordsworth E<strong>di</strong>tions).<br />

6 L’idea - iconoclasta ma geniale - <strong>di</strong> un rapporto quasi causale tra rinascimento civile e crisi <strong>militare</strong>, suggerita dal titolo<br />

della prima e<strong>di</strong>zione (La crisi <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> nel Rinascimento, 1934) del famoso saggio <strong>di</strong> Piero Pieri, “padre” della<br />

moderna storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, è (auto?)censurata nella seconda e<strong>di</strong>zione (Il Rinascimento e la crisi <strong>militare</strong><br />

<strong>italiana</strong>, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1952), posteriore alla Resistenza, che soprattutto in quegli anni e soprattutto nella cultura<br />

azionista e torinese era interpretata come “Secondo Risorgimento”. L’ambiente culturale in cui è maturata quest’opera era<br />

quello dell’idealismo, non favorevole all’idea della “rivoluzione” materiale determinata dall’innovazione tecnica. Nel XVI<br />

secolo il contributo degli ingegneri e architetti italiani all’innovazione <strong>militare</strong> fu determinante, ma la committenza politica<br />

era soprattutto straniera.<br />

7 Il ruolo dell’innovazione tecnologica nell’arte della guerra costituisce oggetto <strong>di</strong> una crescente attenzione specifica da<br />

parte della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata. L’incunabolo è Armament & History <strong>di</strong> John Frederick Charles Fuller (1878-1966),<br />

pubblicato nel 1945 (New York, Charles Scribner’s Sons) e rie<strong>di</strong>to nel 1974 e 1998 (New York, Da Capo Press), che nel<br />

sottotitolo riprende l’idea dell’“influence upon history” coniata da Alfred Thayer Mahan (1840-1914) circa il potere<br />

marittimo. Colin S. Gray, che peraltro adopera la stessa espressione nei confronti del potere spaziale (v. Contemporary<br />

Strategy, 15, 1996, pp. 293-308) de<strong>di</strong>ca a Fuller una critica serrata e penetrante (“The Fuller’s Folly: Technology, Strategic<br />

Effectiveness and the Quest for Dominant Weapons”, in A. J. Bacevich e Brian Sullivan, eds., The Limits of Technology in<br />

Modern Wars, in corso <strong>di</strong> pubblicazione nel 1999). Ma l’idea è sviluppata anche da una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> analitici, come quelli<br />

<strong>di</strong> Martin van Creveld, consulente del Training Army and Doctrine Command (TRADOC) dell’esercito americano (in<br />

particolare Supplying War. Logistics from Wallenstein to Patton, Cambridge U. P. 1977; Technology and War from 2000<br />

B. C. to the Present, Oxford, Brassey’s, 1991); nonché, per citare solo alcuni dei più interessanti dal punto <strong>di</strong> vista<br />

storiografico, quelli <strong>di</strong> John Ellis, The Social History of the Machine Gun, Baltimore, Maryland, Johns Hopkins U. P.,<br />

1986 (Paperbacks E<strong>di</strong>tion, 1976); Robert Jervis, The Meaning of the Nuclear Revolution: Statecraft and the Prospect of<br />

Armageddon, Ithaca, NY, 1989; Guy Hartcup, The Silent Revolution. Development of Conventional Weapons 1945-85,<br />

London-New York, Brassey’s, 1993; Robert H. Scales, Firepower in Limited War (Indocina, Afghanistan, Falklands,<br />

Golfo: con nota sull’impiego del fuoco nella way of war americana), Novato, California, Presi<strong>di</strong>o Press, 1995; Williamson<br />

Murray e Allan R. Millett (eds.), Military Innovation in the Interwar Period (1919-39), Cambridge U. P., 1996; Benjamin<br />

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guerra (warfare) ma alla stessa teoria della guerra: la staffa, il rostro, la propulsione eolica, gli<br />

esplosivi, la trazione a motore, le telecomunicazioni, la navigazione aerea e subacquea, l’energia<br />

nucleare, da ultimo l’informatica, la cibernetica, il potere spaziale, temi <strong>di</strong> confronto, secondo Colin<br />

Gray, fra ben sei <strong>di</strong>verse scuole <strong>di</strong> teorici della Revolution in Military Affairs (RMA) apparse negli Stati<br />

Uniti durante gli anni Novanta 8 .<br />

Fra gli storici del Rinascimento il <strong>di</strong>battito sulla RMA americana ha riacceso l’interesse 9 per la<br />

cosiddetta Rivoluzione Militare del 1560-1660, un concetto coniato nel 1956 da Michael Roberts,<br />

contestato da John Rigby Hale e ripreso nel 1988 da Jeoffrey Parker 10 . Questione centrale per l’oggetto<br />

W. Bacon, Sinews of War. How Technology, Industry and Transportation Won the Civil War, San Francisco, California,<br />

Presi<strong>di</strong>o Press, 1997; Mike Croll, The History of Landmines, Barnsley (UK), Leo Cooper, 1998.<br />

8 Nel 1991 il Center for Strategic and International Stu<strong>di</strong>es (CSIS) della Georgetown University avviò un seminario<br />

semestrale per l’analisi delle lezioni della guerra del Golfo, denominato Military Technological Revolution (MTR). Ne<br />

derivò nel 1992 un rapporto confidenziale, parzialmente pubblicato nel marzo 1993 (Michael J. Mazarr, Jeffrey Shaffer e<br />

Benjamin Ederington, The Military Technical Revolution: A Structural Framework). L’espressione RMA nacque in<br />

seguito, per impulso <strong>di</strong> Andrew W. Marshall, <strong>di</strong>rettore del Net Assessment Office del Pentagono. Recepita e ufficializzata<br />

grazie all’ammiraglio Owens, vicepresidente del Joint Chiefs of Staff. Cfr. Barry D. Watts, Clausewitzian Friction and<br />

Future War, Institute for National Defense Stu<strong>di</strong>es, National Defense University, Washington, McNair Paper 52, October,<br />

1996, pp. 3 ss. Ampia <strong>di</strong>scussione e approfon<strong>di</strong>menti sulla RMA in John Arquilla e David Ronfeldt (eds.), In Athena’s<br />

Camp. Preparing for Conflict in the Information Age, RAND, National Defense Research Institute, Santa Monica,<br />

California, 1997. Toni fortemente critici in Hervé Coutau Bégarie, Traité de stratégie, 2e éd., ISC, Paris, Economica, 1999,<br />

pp. 470-485 ss. e Colin S. Gray, “RMAs and the Dimension of Strategy”, in Joint Force Quartely, 17 (1997-98), pp. 50-<br />

54; Id., Modern Strategy, Oxford U. P., 1999, pp. 200-205, 243-254. Cfr. Robert L. Bateman III (Ed.), Digital War. A View<br />

from the Front Lines, Novato, Cal., Presi<strong>di</strong>o Press, 1999. Alquanto deludente, rispetto alle aspettative suggerite del titolo, è<br />

Robert R. Leonhard, The Principles of War for the Information Age, Presi<strong>di</strong>o Press, San Francisco, California, 1998. Tra<br />

gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> settore, si segnalano i due <strong>di</strong> Malcom Dando, Biological Warfare in the 21st Century e A New Form of<br />

Warfare. The Rise of Non-Lethal Weapons, London, Brassey’s, 1994 e 1996. Per una <strong>di</strong>vulgazione della RMA, cfr. Alvin e<br />

Hei<strong>di</strong> Toffler, La guerra <strong>di</strong>sarmata. La sopravvivenza alle soglie del terzo millennio (War and Anti-war, 1993), Milano,<br />

Sperrling & Kupfer, 1994. Sul Military Reform Movement americano degli anni Ottanta, cfr. Colson, cit., pp. 257 ss.. Sulla<br />

coeva ridefinizione della British Military Doctrine (contenuta in una pubblicazione riservata del giugno 1994) cfr. Godfrey<br />

Hutchinson, Xenophon and the Art of Command, London, Greenhill Books - Pennsylvania, Stackpole Books, 2000, p. 19.<br />

9 Cfr. Joel Cornette, “La rèvolution militaire et l’Etat Moderne”, in Revue d’histoire moderne et contemporaine, 41, 1994,<br />

4; Rogers Clifford (Ed.), The Military Revolution Debate. Rea<strong>di</strong>ngs on the Military Transformations of Early Modern<br />

Europe, Boulder, Colorado, 1995 (rec. André Corvisier, in Revue historique, 603, jillet-septembre 1997, pp. 149-151).<br />

Discussione in Jean Chagniot, La révolution militaire des temps modernes”, in Revue historique des Armées, 1997, 2, pp.<br />

7-10; Id. “Critique du concept de révolution <strong>militare</strong>” e Béranger, “Existe-t-il une révolution militaire à l’époque<br />

moderne?”, in Actes Coetquidan (cit. infra, nt. 11), pp. 7-29.<br />

10 Come vedremo più avanti, la restitutio olandese ispirata dai classici greci e romani, che influenzò <strong>di</strong>rettamente quella<br />

svedese e l’arte della guerra del Seicento, fu segnalata nel 1941 da Werner Hahlweg in termini <strong>di</strong> “riforma <strong>militare</strong>”. Fu poi<br />

Michael Roberts, nel 1956, a inquadrare il mutamento nel concetto <strong>di</strong> “rivoluzione” (“The Military Revolution, 1560-<br />

1600”, Belfast, 1956, ora nei suoi Essays in Swe<strong>di</strong>sh History, Minneapolis, 1967, pp. 195-225). Claude Gaier dette<br />

pregnanza filologica al concetto esaminando la percezione del mutamento da parte degli stessi protagonisti (“L’opinion des<br />

chefs de guerre français du XVIe siècle sur le progrès de l’art militaire”, in Revue internationale d’histoire militaire, 29,<br />

1970. L’espressione non convinse John Rigby Hale, che dalla sua prospettiva <strong>di</strong> storico sociale delle istituzioni militari era<br />

portato a vedere più le continuità che le fratture, considerando l’innovazione come il frutto <strong>di</strong> un lento accumulo<br />

“alluvionale” più che <strong>di</strong> una sfida o <strong>di</strong> un intelletto “rivoluzionari” (cfr., nella famosa opera scritta assieme a M. E. Mallett,<br />

The Military Organization of a Renaissance State, Venice 1400 to 1617, Cambridge U. P., 1984, p. 4: “the characteristics<br />

of the military organizations of this period were more deep-rooted and justify the contention that the so-called ‘Military<br />

Revolution’ of the late sixteenth and early seventeenth centuries cannot be viewed in isolation from the developments of<br />

the previous two centuries”). A sostegno <strong>di</strong> queste riserve Hale citava in<strong>di</strong>rettamente (ibidem, p. 5) un articolo <strong>di</strong> Geoffrey<br />

Parker, il maggior storico contemporaneo delle guerre <strong>di</strong> Fiandra (“The ‘Military Revolution, 1560-1660’ - A Myth?, in<br />

Spain and the Netherlands: Ten Stu<strong>di</strong>es, London, 1979). Ma proprio Parker ha ripreso il concetto nel titolo <strong>di</strong> un suo più<br />

ampio stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata (The Military Revolution. Military Innovation and the Rise of the West 1500-<br />

1800, Cambridge U. P., 1988), seguito in termini più problematici da Jeremy Slack, A Military Revolution? Military<br />

change and european society 1550-1800, London, Macmillan Basingstoke, 1991. Cfr. Parker, “In Defense of The Military<br />

Revolution”, in Rogers, Debate, cit., pp. 337-365. Tra gli autori che sottolineano l’impatto sociopolitico dell’innovazione<br />

tecnologica <strong>militare</strong>, cfr. Daniel H. Headrick, The Tools of Empire, Technology and European Imperialism in the<br />

55


del presente articolo, che recepisce il concetto <strong>di</strong> Rivoluzione Militare moderna, ma non lo intende<br />

come mutamento materiale indotto dal progresso tecnico, bensì come mutamento della forma<br />

intellettuale dell’arte <strong>militare</strong>, passando dall’imitatio tralaticia dell’exemplum romano alla restitutio<br />

innovativa della scientia militaris ellenistica e bizantina. Infatti è <strong>di</strong>fficile in<strong>di</strong>viduare, nello sviluppo<br />

incrementale e sinergico della tecnologia <strong>militare</strong>, un improvviso salto qualitativo: gli in<strong>di</strong>catori tecnici<br />

segnalano continuità evolutiva e non fratture rivoluzionarie, che invece appaiono evidenti nella teoria<br />

della guerra e nel pensiero strategico. Anche qui la restitutio umanistica del mondo classico segna quel<br />

“salto qualitativo” epocale che si riscontra in tutti gli altri campi del sapere, dalla <strong>storia</strong>, al <strong>di</strong>ritto, alla<br />

politica, alla me<strong>di</strong>cina, alla matematica, alle scienze naturali: tutte declinazioni particolari e parallele <strong>di</strong><br />

un unico e generale mutamento della prassi 11 .<br />

Questa prospettiva può orientare anche l’interpretazione della RMA. A prescindere dall’enfasi<br />

propagan<strong>di</strong>stica, che porta a inflazionare l’uso del termine “rivoluzione”, la RMA va intesa anche come<br />

riflesso particolare <strong>di</strong> un problema più ampio, ossia l’interpretazione della nuova complessità come<br />

Rivoluzione Tecnologica. Intanto si può registrare il fatto che le correnti tra<strong>di</strong>zionaliste del pensiero<br />

strategico contemporaneo, sostenitrici dell’idea classica e “<strong>militare</strong>” <strong>di</strong> strategia, si sono sentite<br />

minacciate dalla teoria della RMA, temendo che essa implichi l’idea <strong>di</strong> un’obsolescenza, assoluta o<br />

relativa, dell’esperienza anteriore, <strong>di</strong> una cesura che annulla o almeno attenua l’importanza della<br />

tra<strong>di</strong>zione.<br />

Anche e soprattutto <strong>di</strong> una particolare tra<strong>di</strong>zione nazionale che da mezzo secolo lotta strenuamente<br />

per una causa apparentemente persa, ossia la sopravvivenza, all’interno della pax Americana, <strong>di</strong><br />

un’“identità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa” nominalmente “europea” ma sostanzialmente solo francese. Ha fatto la sua parte<br />

in questo Kulturkampf anche la scuola franco-belga dell’Institut de Stratégie Comparée (ISC) <strong>di</strong><br />

Parigi 12 , tra l’altro aprendo <strong>di</strong> recente un nuovo fronte col tentativo <strong>di</strong> definire un modello “europeo” e<br />

“umanista” <strong>di</strong> “rivoluzione <strong>militare</strong>”, contrapposto a quello americano anche per essere fondato sulla<br />

restitutio del pensiero strategico classico, esemplato nel Rinascimento <strong>militare</strong> e nell’Oranienreform.<br />

Ma, per essere efficace, il Kulturkampf europeista dovrebbe avere come Schwerpunkt, in parte<br />

in<strong>di</strong>viduato da Colson, il rapporto tra la RMA e l’altra grande restitutio classica, quella del Vom Kriege,<br />

operata proprio dai centri <strong>di</strong> elaborazione del pensiero <strong>militare</strong> americano tra la sconfitta vietnamita e<br />

la vittoria imperiale del 1989.<br />

2. La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nello sviluppo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

Nineteenth Century, New York, Oxford U. P., 1981), tradotto dal Mulino (Al servizio dell’impero, 1984) assieme al<br />

fondamentale stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Parker (La Rivoluzione <strong>militare</strong>, 1990: trad. francese Paris, Gallimard, 1993). Più convenzionale ed<br />

estrinseco è l’unico altro saggio tradotto in italiano - peraltro con un titolo penosamente tardo-sessantottino, dove The<br />

Pursuit of Power <strong>di</strong>venta Caccia al potere - <strong>di</strong> William H. McNeil (Basil Blackwell, Oxford, 1982; Feltrinelli, Milano,<br />

1984). E’ significativo, per lo stato della cultura <strong>militare</strong> in Italia, che l’unico contributo italiano a questo settore <strong>di</strong> ricerca<br />

sia venuto da uno storico sociale dell’economia come Carlo Maria Cipolla, peraltro pubblicato in inglese a Londra e<br />

tradotto solo <strong>di</strong>ciotto anni dopo (Guns and Sails in the early phase of European expansion, 1400-1700, London, Collins<br />

Sons & Co. Ltd, 1965; Vele e cannoni, Bologna, Il Mulino, 1983; cfr. poi J. F. Guilmartin Jr., Gunpowder and galleys.<br />

Changing Technology and Me<strong>di</strong>terranean Warfare at sea in the sixteenth Century, Cambridge, 1974).<br />

11 Cfr. Reinhart Koselleck, “Der neuzeitliche Revolutionsbregriff ans geschichtliche Kategorie”, in Stu<strong>di</strong>um Generale, 22,<br />

1969, pp. 825-838.<br />

12 L’ISC ha preso il posto della soppressa Fondation pour les Etudes de Défense Nationale (FEDN), glorioso ma forse<br />

imbarazzante propugnacolo dell’ortodossia <strong>militare</strong> gollista.<br />

56


L’ISC, in particolare con gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Philippe Richardot sulla fortuna <strong>di</strong> Vegezio nel Me<strong>di</strong>oevo e nel<br />

Rinascimento 13 e <strong>di</strong> Frédérique Verrier sulla letteratura <strong>militare</strong> rinascimentale e con i convegni <strong>di</strong><br />

Coetquidan (1997) sulla Révolution militaire en Europe e <strong>di</strong> Namur (1999) su Pensée stratégique et<br />

humanisme 14 , ha in realtà marciato in quincunx sulla questione - segnalata vent’anni fa da Werner<br />

Kaegi fra quelle ancora da approfon<strong>di</strong>re - dell’“influence and perhaps tyranny of Graeco-Roman<br />

precedents and precepts on European and American ideas and practices in the art of war and military<br />

strategy” 15 .<br />

Tuttavia, come vedremo più avanti, proprio dalle ricerche a <strong>di</strong>rezione francese esce confutato il<br />

sospetto <strong>di</strong> una “tirannia” greco-romana sul pensiero strategico occidentale, e ri<strong>di</strong>mensionata anche la<br />

sua “influenza” effettiva, se non nel caso particolare della “rivoluzione <strong>militare</strong>” europea del 1560-<br />

1660, concepita non sul registro ideologico dell’innovazione ma in quello della restitutio (o<br />

dell’utopia, laddove - come nell’Italia <strong>di</strong> Machiavelli - non esistevano le con<strong>di</strong>zioni politiche della<br />

restitutio <strong>militare</strong>). Come vedremo, fu l’idea <strong>di</strong> progresso, sviluppatasi dal 1680 al 1794 anche<br />

attraverso la famosa quérelle des Anciens et des Modernes, a mutare la funzione moderna della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> antica. L’idea dei teorici dell’ordre profond (equivalente settecentesco dei tank advocates del<br />

1919-39) <strong>di</strong> presentarlo come un “ritorno alla legione”; i reiterati tentativi <strong>di</strong> Voltaire <strong>di</strong> convincere<br />

Luigi XV e Caterina <strong>di</strong> Russia ad imporre ai loro scettici generali l’adozione dei carri falcati; il mito<br />

della pugna cannense nello Schlieffenplan; la lettura liddellhartiana <strong>di</strong> Scipione e quella luttwakiana<br />

della grand strategy protoimperiale hanno in comune un intento più o meno apertamente polemico: al<br />

tempo stesso rivalsa patetica <strong>di</strong> vere o presunte ingiustizie subite dai colleghi o dal “potere” costituito o<br />

artificio retorico per esporre idee e opinioni (più spesso riformiste, ma anche tra<strong>di</strong>zionaliste) nate per<br />

altra via e solo in un secondo momento confortate dal riferimento classico.<br />

In realtà, per poter affrontare la questione dell’influenza della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica sul pensiero<br />

occidentale, occorre anzitutto precisare il concetto <strong>di</strong> “<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”. Essa non va infatti in alcun<br />

modo confusa con l’histoire-bataille, termine alquanto <strong>di</strong>spregiativo ma efficace che la scuola delle<br />

Annales attribuiva alla <strong>storia</strong> politica, in particolare quella nazionale o “generale”, cioé proprio a quella<br />

derivata dal genere letterario della storiografia classica, che è, appunto, tessuta sulle epopee guerriere e<br />

scan<strong>di</strong>ta da battaglie “decisive”.<br />

13 Philippe Richardot, “L’influence de De Re Militari de Végèce sur la pensée militaire du XVIè siècle”, in Stratégique,<br />

60 (4/95), pp. 7-28; Id., Végèce et la culture militaire au Moyen Age (Ve-XVe siècles), ISC, Paris, Economica, 1998. Dello<br />

stesso autore cfr. La fin de l’armée romaine, ISC, Paris, Economica, 1998.<br />

14 Cfr. Jean Bérenger (<strong>di</strong>r.), La Révolution militaire en Europe (XVe - XVIIIe siècle), Actes du colloque organisé le 4 avril<br />

1997 à Saint-Cyr Coetquidan par le Centre de recherche des Ecoles de Coetquidan, par l’Institut de Recherches sur les<br />

Civilisations de l’Occident Moderne (Université de Paris-Sorbonne) et par l’Institut de Stratégie Comparée, ISC, Paris,<br />

Economica, 1998; Bruno Colson ed Hervé Coutau Bégarie (<strong>di</strong>r.), Pensée stratégique et humanisme. De la tactique des<br />

Anciens à l’éthique de la stratégie, Actes du colloque international organisé les 19, 20 et 21 mai 1999 à Namur par les<br />

Facultés universitaires Notre-Dame de la Paix en collaboration avec l’Institut Royal supérieur de Défense (Bruxelles) et<br />

l’Institut de Stratégie comparée, Paris, Economica, 2000. L’attenzione per il pensiero strategico classico si è estesa in<br />

Francia anche al <strong>di</strong>fuori dell’ambiente strettamente riconducibile all’ISC: cfr. ad esempio l’inclusione nel Dictionnaire de<br />

stratégie militaire des origines à nos jours, <strong>di</strong> Gérard Chaliand e Arnaud Blin, Paris, Perrin, 1998, <strong>di</strong> voci de<strong>di</strong>cate a 18<br />

condottieri e scrittori militari antichi (Annibale, Belisario, Cesare, Enea Tattico, Epaminonda, Frontino, Leone VI il<br />

Saggio, Maurizio, Narsete, Niceforo Foca, Polibio, Polieno, Procopio, Sallustio, Scipione, Vegezio, Senofonte, Tuci<strong>di</strong>de),<br />

cui si aggiungono altre 8 voci tematiche specifiche (“Antiquité gréco-romaine”, “Combat antique”, “Empire Byzantin”,<br />

“Guerre du Péloponnèse”, Gaugamela, Maratona, Salamina, Siracusa) e accenni alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica in altre voci<br />

tematiche (“Causes de la guerre”, “Désastres stratégiques”, “Fronts et Frontières”, “Guérilla”, “Guerre et technique”,<br />

“Nomades et sédentaires”).<br />

15 Walter Emil Kaegi, Jr., “The Crisis in Military Historiography”, in Armed Forces and Society, Vol. 7, No. 2, Winter<br />

1981, pp. 299-316 (p. 311: “one think not only Machiavelli and Maurice of Nassau and Gustavus Adolphus, but also Henri<br />

duc de Rohan, Chevalier de Folard, Frederick the Great, Guibert, and even Ardant du Picq”). La questione è suggerita a<br />

Kaegi dalla sua polemica circa le “historical traps for strategists”, esemplate dalla “Schlieffen’s obsession with Hannibal’s<br />

tactics at the battle of Cannae” (p. 312).<br />

57


Al contrario, la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in senso proprio risale la corrente delle epopee per arrivare all’autopsia<br />

della decisione. E’ una funzione interna e riservata dei ministeri della guerra e della marina che ha<br />

origine nel tardo Seicento, come attività ausiliaria della grande pianificazione strategica e operativa (i<br />

due dépots ministeriali francesi risalgono rispettivamente al 1688 e al 1715, aggiungendosi a quello,<br />

preesistente, degli Esteri 16 , ma analoghe funzioni erano svolte, ad esempio, dall’Hofkriegsrat viennese<br />

e dall’Archivio segreto vaticano).<br />

La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nasce dunque come intelligence, ossia ricerca ed elaborazione sistematica e<br />

statistica (con “memorie” e “monografie” <strong>di</strong> massima segrete) <strong>di</strong> qualunque tipo <strong>di</strong> informazioni<br />

(sociali, geografiche, tecniche) utili per elaborare i piani logistici e operativi <strong>di</strong> attacco, <strong>di</strong>fesa e<br />

occupazione in rapporto ai possibili teatri e ambienti <strong>di</strong> guerra. “Militare” quanto all’interesse (focus) e<br />

al metodo, non quanto all’oggetto e alle fonti, era dunque una vera e propria historìa nel senso<br />

erodoteo, parente da un lato dell’antiquaria (come <strong>storia</strong>, documentaria ma soprattutto materiale, delle<br />

istituzioni e dottrine militari) 17 e dall’altro dell’etnografia (che nel Novecento ha figliato due Gorgoni:<br />

a sinistra l’antropologia culturale, a destra la geopolitica). Specialisti della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> tecnica erano<br />

in genere ufficiali delle armi dotte e in particolare gli ingegneri cartografi (che nell’ultimo decennio<br />

abbiamo finalmente cominciato a stu<strong>di</strong>are sul serio), ma anche, all’occorrenza, spie (“esploratori”),<br />

avventurieri ed ecclesiastici 18 . Questa attività, peritale e segreta, basata soprattutto sullo stu<strong>di</strong>o tecnico<br />

16 Tradurre dépot con “archivio” è corretto, ma rischia <strong>di</strong> essere fuorviante: gli archivi militari europei <strong>di</strong> antico regime<br />

non erano infatti quei cimiteri dell’amministrazione che finirono poi per <strong>di</strong>ventare, ma veri e propri think-tank, “arsenali<br />

intellettuali”, funzionali all’attività corrente <strong>di</strong> comando e in<strong>di</strong>rizzo strategico. Recentemente Luigi Loreto ha reinterpretato<br />

il corpus cesariano sul presupposto - a <strong>di</strong>re il vero più logico che filologico - che la cohors praetoria fungesse non solo da<br />

stato maggiore <strong>di</strong> campagna, ma anche, appunto, da dépot permanente, con statuto giuri<strong>di</strong>co misto <strong>di</strong> elementi pubblici e<br />

privati (“Le carte <strong>di</strong> Irzio, le carte <strong>di</strong> Cesare, Oppio e i servizi segreti”, nell’e<strong>di</strong>zione da lui curata dei tre bella<br />

Alexandrinum, Africum e Hispaniense, Pseudo-Cesare, La lunga guerra civile, Milano, Rizzoli, 2001, pp. 7-41). Sarebbe il<br />

caso <strong>di</strong> circostanziare, approfon<strong>di</strong>re e generalizzare questa interessante intuizione, che si collega all’altra, felicissima, <strong>di</strong><br />

indagare non solo le matrici del pensiero strategico cesariano, ma anche la sua paideia politico-<strong>militare</strong> (Id., “pensare la<br />

guerra in Cesare. Teoria e prassi”, in Diego Poli, cur., La cultura in Cesare, Atti del Convegno internazionale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

Macerata-Matelica, 30 aprile - 4 maggio 1990, Quaderni Linguistici e Pedagogici dell’Università <strong>di</strong> Macerata, V, 1990,<br />

Roma, Il Calamo, 1993, I, pp. 242-44). Torneremo sul punto più avanti, a proposito della nota opera <strong>di</strong> Luttwak sulla<br />

grand strategy romana nei primi secoli dell’impero.<br />

17 Sul legame tra <strong>storia</strong> “erodotea” e antiquaria (in cui propriamente si inquadra la <strong>storia</strong> delle istituzioni militari) è<br />

d’obbligo il richiamo alla famosa lecture <strong>di</strong> Arnaldo Momigliano sull’“l’origine della ricerca antiquaria” (The Classical<br />

Foundations of Modern Historiography, The Regents of the University of California, 1990 = Le ra<strong>di</strong>ci classiche della<br />

storiografia moderna. Sather Classical Lectures, Firenze, Sansoni, 1992, pp. 59-83.<br />

18 Tale era l’abate Daniele Minutoli, peraltro ex-ufficiale svizzero, il quale scrisse, su incarico dell’ufficio topografico<br />

sabaudo (istituito nel 1738), un’ine<strong>di</strong>ta Rélation in sei volumi des Campagnes faites par S. M. et par ses Généraux avec<br />

des Corps Séparés dans les années 1742 et 1748 (Torino, Biblioteca Reale, Mss. Mil. 6 e Mil. 111). Suo omologo francese<br />

fu Alexandre Frédéric Jacques Masson de Pezay (1741-77), autore <strong>di</strong> una Histoire des campagnes de M. le M.al de<br />

Maillebois en Italie pendant les années 1745 et 1746 (Partis, Imprimerie royale, 1775, 4 tomi in 3 vol. in-4° più uno <strong>di</strong><br />

Cartes ... et plans ...). Ma la guerra franco-sarda ispirò anche i famosi Principes de la guerre en montagne (1775)<br />

dell’ingegnere Pierre Joseph Bourcet de la Saigne (1700-1780) pubblicati postumi nel 1788 (Bourcet era nato del Pragelato<br />

prima della sua cessione alla Francia). Uno dei protagonisti <strong>di</strong> questo genere <strong>di</strong> attività, che durante l’antico regime si<br />

chiamava “esplorazione” (ossia spionaggio), è il poligrafo bolognese conte Luigi Fer<strong>di</strong>nando Marsigli, generale imperiale<br />

e pontificio e autore, fra l’altro, del celebre Stato <strong>militare</strong> dell’Imperio Ottomano, pubblicato in e<strong>di</strong>zione bilingue (italiano<br />

e francese) ad Amsterdam nel 1732 (rist. an. Graz, Akademische Druck-u. Verlagsanstalt, 1972 a cura <strong>di</strong> Manfred Kramer<br />

e Richard F. Kreutel). Cfr. Jean Michel Thiriet, “Le renseignement aux XVIIe et XVIIIe siècles; le cas de Vienne et des<br />

Etats italiens”, in Bérenger, actes Coetquidan, cit., pp. 31-50; e V. Ilari, Piero Crociani e Ciro Paoletti, Bella Italia militar.<br />

Eserciti e marine nell’Italia prenapoleonica (1748-1792), Roma, USSME, 2000, pp. 25-45 (“lo sviluppo delle scienze<br />

militari nell’Italia del Settecento”). Grande storico <strong>militare</strong> professionale fu il conte Philippe Henri de Grimoard (1750-<br />

1815), impiegato nel cabinet du roi ed estensore dei piani <strong>di</strong> campagna del 1792, nonché autore <strong>di</strong> trattati <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong><br />

(1775), sull’impiego delle truppe leggere (1782) e sul servizio <strong>di</strong> stato maggiore generale (1809) e <strong>di</strong> relazioni sulla forza<br />

dell’esercito francese (1806) e la politica francese verso l’Austria. Fu anche storico delle campagne <strong>di</strong> Turenne (1780) e<br />

Gustavo Adolfo (1782) e delle operazioni francesi in Germania durante le guerre dei sette anni (1792) e della prima<br />

Coalizione (1808), biografo <strong>di</strong> Federico II (1788) e infine e<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> carteggi (maresciallo <strong>di</strong> Richelieu, Gustavo Adolfo,<br />

58


delle campagne e dei “precedenti”, era anche concettualmente ben <strong>di</strong>stinta dalla memorialistica degli<br />

insider e dalla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> ufficiale 19 . Trattavano, a volte, le stesse informazioni, ma la prima era<br />

intelligence, l’altra soprattutto auto<strong>di</strong>fesa e propaganda.<br />

La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> tecnica decadde nella seconda metà dell’Ottocento, quando si dette alla sfida posta<br />

dalla crescente complessità la risposta sbagliata, cioé la specializzazione, separando i servizi storici,<br />

cartografici e informativi. Spostata a livelli gerarchici sempre più elevati e <strong>di</strong>stratti, l’unità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo<br />

decadde a mero coor<strong>di</strong>namento e infine scomparve, provocando un catastrofico <strong>di</strong>vorzio tra ricerca<br />

informativa e ricerca storica e un corto circuito nel processo <strong>di</strong> consulenza strategica. Una volta esplosa<br />

l’unità dell’historìa, i servizi storici degli stati maggiori europei furono via via emarginati. Il processo<br />

si concluse generalmente dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, quando i servizi storici furono -<br />

coerentemente con la funzione effettivamente svolta - trasferiti dal reparto operazioni al reparto<br />

propaganda 20 .<br />

La scomparsa della <strong>di</strong>mensione storica dell’intelligence strategica sembrò compensata dal<br />

contemporaneo fiorire <strong>di</strong> due nuovi tipi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, entrambi sanzionati da un certo<br />

riconoscimento accademico 21 . Il tipo più <strong>di</strong>ffuso, e più facilmente accettato dall’accademia, era in<br />

realtà una mera specializzazione della <strong>storia</strong> “generale”. Ed essendo questa settorializzata per gran<strong>di</strong><br />

epoche, poté nascere finalmente una <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “antica”, il cui punto <strong>di</strong> riferimento, per interesse e<br />

metodo, era però la <strong>storia</strong> antica e non la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “universale”. Seguirono poi le corrispondenti<br />

storie militari me<strong>di</strong>evale, moderna e contemporanea, del tutto in<strong>di</strong>pendenti l’una dall’altra. La<br />

successiva <strong>di</strong>varicazione della <strong>storia</strong> “generale” nelle due gran<strong>di</strong> correnti della <strong>storia</strong> politica e della<br />

<strong>storia</strong> sociale, come la nascita <strong>di</strong> nuove prospettive storiche particolari (istituzionale, economica) ha<br />

semmai accresciuto la frammentazione delle storie specialistiche, che sono “militari” quanto al campo<br />

Federico II, Dumouriez, Maurizio <strong>di</strong> Sassonia, Campion, Vioménil, Bolingbrooke) e documenti (sulla spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Minorca del 1756).<br />

19 Il ministero della guerra del Regno Italico incaricò Ugo Foscolo, capitano <strong>di</strong> stato maggiore, <strong>di</strong> illustrare e annotare le<br />

opere militari <strong>di</strong> Montecuccoli e <strong>di</strong> compilare la <strong>storia</strong> dell’esercito cisalpino-italiano, e gli mollò pure la patata bollente <strong>di</strong><br />

tradurre in italiano la relazione Berthier sulla battaglia <strong>di</strong> Marengo (naturalmente Foscolo si guardò bene dallo scrivere una<br />

sola riga delle tre opere commissionategli). Ma il compito <strong>di</strong> tenere il “<strong>di</strong>ario istorico delle campagne” e <strong>di</strong> “comporre<br />

l’i<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> delle operazioni dell’armata” era invece attribuito al Corpo topografico <strong>militare</strong>, essendo strettamente<br />

connesso con l’incarico <strong>di</strong> “formare piani e memorie sulle posizioni e linee militari e sui confini dello stato” (decreto 19<br />

messidoro anno IX (8 luglio 1801) del comitato <strong>di</strong> governo provvisorio della Repubblica Cisalpina). Il Corpo, che aveva in<br />

carico il Deposito (Archivio) della Guerra, fu inizialmente <strong>di</strong>retto da un ingegnere svedese (A. C. Tibell) e poi da un<br />

napoletano (caposquadrone Antonio Campana).<br />

20 Bisogna peraltro segnalare che già con la guerra <strong>di</strong> Corea gli Stati Uniti hanno rivitalizzato la funzione consultiva dei<br />

loro servizi storici, me<strong>di</strong>ante la raccolta e l’analisi dell’“oral history”, ossia delle testimonianze rese “a caldo” dai<br />

comandanti e dai soldati subito dopo le missioni. Parte <strong>di</strong> questa documentazione è gradualmente resa pubblica. I servizi<br />

storici dell’esercito francese hanno cominciato ad applicare questa tecnica al contingente francese nella guerra del Golfo.<br />

Cfr. Frédéric Guelton, “L’historien et le stratège”, in Stratégique, n. 4/91, pp. 441-457.<br />

21 Non si vuol certo ignorare che la maggioranza degli storici militari, almeno europei, deve lavorare suo malgrado al <strong>di</strong><br />

fuori o ai margini dell’università; e che anche le poche cattedre europee <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> hanno quasi tutte subito vicende<br />

analoghe a quelle, famose, della cattedra berlinese <strong>di</strong> Hans Delbrueck (che scandalizzò solo perché i German-haters<br />

dell’accademia americana lo presentarono falsamente e strumentalmente come una vittima del militarismo tedesco), o<br />

meno note, della cacciata <strong>di</strong> Werner Hahlweg dall’università a seguito della soppressione postbellica delle cattedre<br />

tedesche <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (ma pagò anche il prezzo <strong>di</strong> aver doverosamente servito la sua patria, prima in artiglieria sul<br />

fronte occidentale e poi nel <strong>di</strong>partimento sviluppo e valutazione degli armamenti terrestri - Wa Pruef 2. Fu riammesso nel<br />

1950 - l’anno della guerra <strong>di</strong> Corea, in cui fu deciso il riarmo tedesco - ma per la porta <strong>di</strong> servizio, riciclandolo come<br />

docente <strong>di</strong> <strong>storia</strong> olandese). Il pensiero <strong>di</strong> tali onorevoli esempi lenisce talora qualche amarezza, ma sarebbe alquanto<br />

ri<strong>di</strong>colo piangerci addosso perché non ci fanno baronetti come Oman, Hale, Liddell Hart, o i Beatles. Analizziamo<br />

piuttosto per quali motivi reali, oltre che ideologici, la prevenzione accademica contro la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sia così ra<strong>di</strong>cata<br />

nell’Europa continentale e non nei paesi anglofoni. Non è infatti del tutto ingiustificato, a considerare l’attuale produzione<br />

<strong>italiana</strong>, il retropensiero degli storici e dei giuristi che <strong>storia</strong> e <strong>di</strong>ritto “militari” stanno alla <strong>storia</strong> e al <strong>di</strong>ritto come la musica<br />

<strong>militare</strong> sta alla musica...<br />

59


<strong>di</strong> indagine, ma quanto a metodo e interesse sono in realtà storie politiche, sociali, istituzionali,<br />

economiche della guerra e delle istituzioni militari (nazionali e comparate). A questo tipo <strong>di</strong><br />

storiografia <strong>militare</strong> si possono ascrivere Philippe Contamine e André Corvisier 22 e quasi tutta la<br />

produzione universitaria <strong>italiana</strong> 23 .<br />

Naturalmente le storie militari specialistiche hanno ampliato il campo del sapere, ma la<br />

focalizzazione interna alle rispettive <strong>di</strong>scipline storiche le rende <strong>di</strong> fatto <strong>di</strong>fficilmente fruibili o<br />

integrabili da parte del pensiero strategico. Corrispondono infatti a quella che John J. Mearsheimer<br />

chiama selective history, osservando che ha scarsa influenza sul decisore 24 . In realtà lo influenza, ma<br />

negativamente, “vaccinandolo” anche rispetto alla <strong>storia</strong> de<strong>di</strong>cata al consilium principis. Il suo stesso<br />

sviluppo occulta e confonde infatti la questione epistemologica del rapporto tra <strong>storia</strong> e strategia,<br />

riducendola ad una insulsa questione <strong>di</strong> relazioni sociali tra università e stati maggiori,<br />

immancabilmente viziate dai reciproci pregiu<strong>di</strong>zi e corporativismi.<br />

Diverso è il caso della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “universale” (o per <strong>di</strong>r meglio, comparata), focalizzata sulle<br />

esigenze del pensiero strategico e del consilium principis, sviluppatasi all’interno della scienza<br />

strategica per influsso del modello delbruckiano, ma anche della scuola sociocognitiva americana. Essa<br />

è ora soprattutto americana e inglese, ma resta anche tedesca (Werner Hahlweg e Andreas Hillgrueber)<br />

e in Francia ha influito su Raymond Aron. In questo caso la questione epistemologica, anche se in<br />

genere non viene in<strong>di</strong>cata con questo titolo, è ben presente e <strong>di</strong>scussa 25 . Kaegi, che è uno storico<br />

sociale della guerra più che uno storico <strong>militare</strong> sociocognitivo, riserva alla <strong>storia</strong> de<strong>di</strong>cata, con una<br />

sfumatura polemica e pensando a Luttwak, l’aggettivo pre<strong>di</strong>ctive 26 . E’ vero che talora la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

22 Di Corvisier cfr. il Dictionnaire d’art et d’histoire militaire, Paris, P. U. F., 1988 e la voce “Militaire (Histoire”) in<br />

André Burguière (cur.), Dictionnaire des Sciences Historiques, Paris, P.U.F., 1986, pp. 463-471.<br />

23 Cfr. V. Ilari, “Storia del pensiero, delle istituzioni e della storiografia <strong>militare</strong>”, in Piero Del Negro (cur.), Guida alla<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, Napoli, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, 1997, pp. 7-66. Un <strong>di</strong>scorso a parte merita Piero Pieri,<br />

“padre” della storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> contemporanea e non a caso maestro <strong>di</strong> Giorgio Rochat, massimo esponente<br />

della storiografia politica delle istituzioni militari. Infatti le fascinazioni piemontesiste, risorgimentaliste e delbruckiane <strong>di</strong><br />

Pieri erano pur sempre filtrate dalla sua in<strong>di</strong>scussa e totale appartenenza ad una tra<strong>di</strong>zione accademica ra<strong>di</strong>calmente<br />

refrattaria alla connotazione metodologica e politica della storiografia <strong>militare</strong> universale, cioé alla comparazione storica e<br />

al consilium principis (se non in riferimento - opportunista più che “organico” - al “principe collettivo” gramsciano, cioè il<br />

partito antagonista, visto dagli intellettuali italiani come vin<strong>di</strong>ce inconsapevole della rivoluzione giacobina incompiuta,<br />

tra<strong>di</strong>ta o perseguitata dal principe costituito, <strong>di</strong> volta in volta sabaudo, fascista o democristiano).<br />

24 John J. Mearsheimer, Liddell Hart and the Weight of History, Cornell University 1988, Oxford, Brassey’s Defence<br />

Publishers, 1988, pp. 218-219.<br />

25 Sull’influenza della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sul pensiero strategico, per alcuni eccessiva e nefasta, per altri insufficiente, v., oltre<br />

a Kaegi e a Mearsheimer, la famosa lecture tenuta da Michael Howard il 18 ottobre 1961 (“The Use and Abuse of Military<br />

History”, ora in RUSI Journal, February 1993, pp. 26-30). Sul tema, v. anche Ernest R. May, “Lessons” of the Past: the<br />

Use and Misuse of History in American Foreign Policy, New York, Oxford U. P., 1975; Russell F. Weigley (ed-), New<br />

Dimensions in Military History, San Rafael, California, Presi<strong>di</strong>o Press, 1975; Robert Higham, Robin and Jacob W. Kipp<br />

(eds.), International Commission for Military History: Acta No. 2, The Washington Meeting, August 1975, Manhattan,<br />

Kansas, Military Affairs Aerospace Hi<strong>storia</strong>n Publishing, 1977; Jay Luvaas, “Military History: Is It Still Practicable?”<br />

(1982), in Parameters, Summer 1995, pp. 82-98; Manfred Messerschmidt, Klaus A. Maier, Werner Rahn e Bruno Thoss<br />

(cur.), Militaergeschichte. Probleme-Thesen-Wege, Im Auftrag des Militaergeschictlichen Forschungsamtes aus Anlass<br />

seines 25jaehrigen Bestehens, Stuttgart, Deutsche Verlangs-Anstalt, 1982; Martin van Creveld, “Thoughts on Military<br />

History”, in Journal of Contemporary History, Vol. 18 (1983), pp. 549-566: Raimondo Luraghi, “Storia <strong>militare</strong> e strategia<br />

globale”, in Strategia globale, N. S., n. 2, 1984, pp. 235-242; Richard E. Neustadt, Thinking in Time: The Uses of History<br />

for Decision-Makers, New York Free Press, 1986; V. Ilari, “Epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”, in corso <strong>di</strong> pubblicazione<br />

negli atti del II convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> indetto dalla Commissione nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e tenutosi a<br />

Roma, presso il CASD, il 28-29 ottobre 1999.<br />

26 Kaegi, op. cit., p. 301.<br />

60


universale si è abbandonata, se non alla profezia 27 , almeno alla previsione (forecasting) 28 e alla ricerca<br />

induttiva <strong>di</strong> principi, regolarità, insegnamenti (lessons, pre<strong>di</strong>caments). Ma la sua funzione propria, la<br />

sua ragion d’essere che la <strong>di</strong>stingue dalla <strong>storia</strong> politica e sociale della guerra e delle istituzioni militari<br />

è <strong>di</strong> orientare l’analisi del presente e contribuire al processo decisionale. Sembra perciò più corretto<br />

definirla, come fa Mearsheimer, analytic history, per quanto sia scoraggiante doverne affidarne le<br />

fortune al comportamento razionale del decisore (“the policy maker behaves like the classic rational<br />

actor; he consciously turns to the past for help in understan<strong>di</strong>ng the present”).<br />

In realtà la <strong>storia</strong>, e non soltanto la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, influenza sempre le decisioni; purtroppo lo fa<br />

generalmente nel modo peggiore, attraverso quel che Napoleone chiamava réminiscence 29 e<br />

Mearsheimer omnipresent history, ossia una “forzatura del presente per conformarlo ad una<br />

determinata interpretazione del passato”. Interpretazione, occorre aggiungere, che è assai raramente<br />

originale, anzi quasi sempre doxastica, acritica ed emotiva, e perciò pericolosamente rigida e<br />

dogmatica.<br />

3. Imitatio. Il <strong>di</strong>gesto <strong>militare</strong> romano nella paideia cavalleresca<br />

E’ evidente che, a rigor <strong>di</strong> termini, la questione dell’influenza della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica sul pensiero<br />

strategico occidentale non si può porre, propriamente, prima della seconda metà dell’Ottocento, prima<br />

cioè della nascita della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica, sia come settore specialistico della <strong>storia</strong> antica, sia come<br />

parte della <strong>storia</strong> universale (analitica) dell’arte della guerra.<br />

Per i secoli precedenti la questione va dunque impostata in termini notevolmente <strong>di</strong>versi, indagando<br />

l’uso <strong>di</strong>retto (me<strong>di</strong>evale) della letteratura <strong>militare</strong> classica e la sua rielaborazione (rinascimentale) come<br />

base per una letteratura <strong>militare</strong> moderna.<br />

Il Me<strong>di</strong>oevo conobbe l’arte <strong>militare</strong> romana nello stesso modo in cui conobbe il <strong>di</strong>ritto romano, vale<br />

a <strong>di</strong>re attraverso il filtro delle compilazioni militari e giuri<strong>di</strong>che imperiali. Sono stati censiti 331<br />

manoscritti (incluse 85 traduzioni) <strong>di</strong> Vegezio, <strong>di</strong> cui 19 posteriori al 1500. Fu il primo trattato <strong>militare</strong><br />

impresso (nel 1470 in Germania, nel 1473/5 a Utrecht), con 11-14 e<strong>di</strong>zioni o rie<strong>di</strong>zioni a stampa già<br />

prima del 1500. Quanto a fortuna, si potrebbe quasi <strong>di</strong>re che Vegezio fu il Jomini del Me<strong>di</strong>oevo e<br />

ancora del primo Rinascimento 30 . Entrambi furono infatti apprezzati (soprattutto dai militari) per la<br />

comune chiarezza espositiva e fruibilità pratica. Ed entrambi furono, fatalmente, vittime del loro stesso<br />

successo, finendo a loro volta compen<strong>di</strong>ati, <strong>di</strong>geriti, superati e infine <strong>di</strong>menticati proprio dai loro<br />

epigoni ed imitatori.<br />

27 L’epiteto <strong>di</strong> “profeta” ricorre spesso nella letteratura <strong>militare</strong> contemporanea, specie in riferimento ai sostenitori <strong>di</strong><br />

questa o quella “arma decisiva” (Douhet e Mitchell “profeti” del potere aereo, Fuller ed Estienne dei carri armati) o ai<br />

futurologi militari (Ivan de Bloch profeta del “pacifismo tecnologico”: cfr. Nicola Labanca, in Rivista <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

contemporanea, 1991, 4, pp. 598-637). E’ interessante però riflettere, sulla scorta <strong>di</strong> Santo Mazzarino (Il pensiero storico<br />

classico, Roma-Bari, Laterza, 1974, II, 2, p. 348) che la “profezia” <strong>militare</strong> è più vicina alla concezione tuci<strong>di</strong>dea della<br />

<strong>storia</strong> (dove “ogni fatto ha in sé stesso il suo metro, anche se la conoscenza <strong>di</strong> esso potrà essere utile alle nostre decisioni<br />

future”) che alla concezione “epimenidea” (dove “il passato è responsabile rispetto al futuro, e la sua conoscenza consente<br />

la profezia”).<br />

28 Yuri V. Chuyev e Yuri B. Mikhaylov, Forecasting in Military Affairs (Moscow, 1975, transl. by the Secretary of State<br />

Dept Canada, publ. under the auspices of the USAF), U.S. Government Printing Office, 1980; Trevor N. Dupuy, Numbers,<br />

Pre<strong>di</strong>ctions & War. The Use of History to Evaluate and Pre<strong>di</strong>ct the Outcome of Armed Conflict, Fairfax, Virginia, Hero<br />

Books, 1985.<br />

29 Coutau-Bégarie, Traité, cit., p. 30 (“Sur le champ de bataille l’inspiration n’est le plus souvent qu’une réminiscence”).<br />

30 Più <strong>di</strong>fficile trovare il Clausewitz della tra<strong>di</strong>zione classica. Per la profon<strong>di</strong>tà e l’originalità della teoria, per la qualità e la<br />

durata dell’influsso esercitato (più sul pensiero politico che sul pensiero strategico e <strong>militare</strong>) e perfino per la sfortuna sul<br />

campo <strong>di</strong> battaglia, si penserebbe a Tuci<strong>di</strong>de.<br />

61


Ma il generale svizzero (1779-1869), passato nel 1813 dal servizio francese a quello russo, aveva<br />

della propria opera un’opinione opposta a quella dell’alto <strong>di</strong>gnitario imperiale della prima metà del V<br />

secolo d. C. 31 , che si professava inferior rispetto alle sue fonti (Catone il Vecchio, Sallustio, Frontino,<br />

Celso e le costituzioni militari <strong>di</strong> Augusto, Traiano e Adriano). Non si proponeva infatti <strong>di</strong> fissare il<br />

Précis definitivo e perpetuo dell’arte della guerra, ma soltanto <strong>di</strong> compilare, senza ambizioni letterarie,<br />

regulae bellorum generales (riassunte in ERM, III, 26) e <strong>di</strong> “<strong>di</strong>vulgare a vantaggio <strong>di</strong> Roma” quae<br />

apud <strong>di</strong>versos historicos et armorum docentes <strong>di</strong>spersa et involuta celantur (ERM, Pr. I).<br />

La compilazione <strong>militare</strong> (epitoma rei militaris) - inizialmente limitata al delectus e agli armorum<br />

exercitia (ERM, I) ed estesa poi su or<strong>di</strong>ne imperiale anche al veteris militiae mos (II), alle artes<br />

terrestris proelii (III), alle machinae quibus obpugnabatur civitates vel defenduntur e ai navalis bellis<br />

praecepta (IV) - sembra con tutta evidenza complementare alla probabilmente coeva compilazione <strong>di</strong><br />

iura e leges attuata nel 426-438 da Valentiniano III e Teodosio II 32 .<br />

L’epitoma, trattato <strong>militare</strong> ufficioso della pars Occidentis, fu recepita in Oriente nel 450, quando<br />

Flavio Eutropio la pubblicò a Costantinopoli. La mancanza <strong>di</strong> successive e<strong>di</strong>zioni orientali si spiega<br />

con la combinazione tra l’abbandono del latino come lingua ufficiale dell’impero bizantino e con<br />

l’assorbimento dell’epitoma latina nelle due più ampie compilazioni <strong>di</strong> testi greci (Strategikon e<br />

Taktikà) or<strong>di</strong>nate da Maurizio (582-602) e Leone il Saggio (886-911). Accadde lo stesso al co<strong>di</strong>ce<br />

Teodosiano quando venne selettivamente rifuso nel nuovo testo unico giustinianeo, la cui mancata<br />

estensione all’Occidente assicurò appunto la sopravvivenza del co<strong>di</strong>ce precedente. Si tenga presente<br />

che Leone sostituì con un rifacimento greco (Basilikà) anche il Digestum latino della giurisprudenza<br />

romana fatto compilare da Giustiniano.<br />

In Occidente, al contrario, Vegezio fu, fino al 1300, l’autore “tecnico” più <strong>di</strong>ffuso, con 312<br />

manoscritti dal VII al XV secolo contro i 75 <strong>di</strong> Vitruvio 33 . Non sfuggiva agli eru<strong>di</strong>ti me<strong>di</strong>evali la<br />

31 Sulla datazione dell’opera (e sulla committenza imperiale dei libri II-IV, attribuibile a Teodosio I, Onorio, Teodosio II<br />

o Valentiniano III), v. da ultimo Clau<strong>di</strong>a Giuffrida Manmana (intr. e trad.), Flavio Vegezio Renato. Compen<strong>di</strong>o delle<br />

istituzioni militari, Catania, E<strong>di</strong>zioni del Prisma, 1997, pp. 15-46, la quale, seguendo il criterio mazzariniano, propende per<br />

una datazione posteriore al 408 d. C., collocando l’opera “nell’età <strong>di</strong> Onorio” e Stilicone e mettendola in rapporto col<br />

“<strong>di</strong>battito che in quegli anni impegnò gli intellettuali della corte orientale e occidentale e sortì nella vittoria del partito<br />

nazionalista in entrambe le parti dell’impero”. La datazione <strong>di</strong> Vegezio sotto Teodosio I sembra essere influenzata, in<br />

Mazzarino, dalla sua pregiu<strong>di</strong>ziale svalutazione (e incomprensione) dell’epitoma, scritta “con l’ottimismo eru<strong>di</strong>to <strong>di</strong> chi<br />

sciorina soluzioni impossibili, e sciupa nomi veneran<strong>di</strong> che ormai sono l’ombra <strong>di</strong> sé stessi” (La fine del mondo antico 2 ,<br />

Milano, Rizzoli, 1999, p. 56).<br />

32 Con la “legge delle citazioni” (che dava forza <strong>di</strong> legge ai pareri concor<strong>di</strong> dei cinque gran<strong>di</strong> nomi della giurisprudenza<br />

classica, il cosiddetto “tribunale dei morti”) e il Codex Theodosianus (che proseguiva le due precedenti collezioni<br />

sistematiche <strong>di</strong> leges imperiali, co<strong>di</strong>ci Ermogeniano e Gregoriano). L’ideologia imperiale associava strettamente arma et<br />

leges, che - secondo la celebre costituzione premessa al Novus Iustinianus Codex - erano, assieme, i pilastri della summa<br />

reipublicae tuitio. Non va <strong>di</strong>menticato che anche il Corpus Iuris Civilis include, beninteso per gli aspetti giuri<strong>di</strong>ci, due tituli<br />

de re militari (D. 49, 16 e CI., 12, 35: v. però anche, su singoli istituti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>militare</strong>, i tituli CI, 12, 29-47; cfr. Vincenzo<br />

Giuffré, “Arrio Menandro e la letteratura de re militari”, in Labeo, 20, 1974, pp. 27-63).<br />

33 Cfr. Richardot, Moyen Age, cit. pp. 195-198. Uno dei manoscritti francesi seguì le crociate in Terrasanta, tornando poi<br />

in Italia (Vat., Palat. lat. 909). Altri 5 figurano nel bottino <strong>di</strong> guerra preso a Pavia nel 1499 da Luigi XII. Dal IX al XV<br />

secolo l’opera figura in 44 biblioteche ecclesiastiche (inclusi 5 papi), 37 <strong>di</strong> sovrani e guerrieri e, nel XIV e XV, anche in<br />

21 private, incluse quelle <strong>di</strong> Petrarca e Coluccio Salutati, dei condottieri Braccio da Montone e Antonio da Marsciano e<br />

delle famiglie Me<strong>di</strong>ci, Strozzi, Malatesta e Visconti. Pur non includendolo nel co<strong>di</strong>ce degli or<strong>di</strong>namenti militari castigliani<br />

(segunda delle Siete Partidas) Alfonso X <strong>di</strong> Castiglia e Leon (1252-1284) attribuì formalmente ai precetti <strong>di</strong> Vegezio il<br />

valore <strong>di</strong> regole <strong>di</strong> cavalleria. Fino a tutto il XV secolo l’opera fu inoltre compen<strong>di</strong>ata o citata da Sedulius Scotto<br />

(Kollectaneum), Rabano Mauro (De procinctu Romanae militiae), Giovanni da Salisbury (Policraticus), Tommaso<br />

d’Aquino (Summa Theologiae), Vincent de Beauvais (Speculum doctrinale, IX), Egi<strong>di</strong>o Colonna, Pulcher Tractatus de<br />

materia belli, Philippe Elephant (Ethica, 1355), Giovanni da Legnano (De bello, de represaliis et de duello, 1360), Honoré<br />

Bovet (L’Arbre des Batailles, 1386/90; L’Apparition de Jehan de Meun, 1398), Christine de Pisan (Livre du corps de<br />

Policie, 1406/7; Livre des faits d’arme et de chevalerie, 1410), Antoine de la Sale, Jean de Bueil (Le Jouvencel, 1461/8),<br />

62


filiazione <strong>di</strong> Vegezio da Frontino, né mancarono, almeno in età carolingia, critiche stilistiche e riserve<br />

sulla parziale obsolescenza dell’opera (quae tempore moderno in usu non sunt) 34 . Ma nel complesso la<br />

recezione era acritica e passiva: dalla dettagliata ricognizione <strong>di</strong> Richardot si ricava un solo autore che<br />

abbia sviluppato una riflessione originale prendendo spunto da Vegezio 35 .<br />

A <strong>di</strong>fferenza delle Institutiones legali <strong>di</strong> Giustiniano, quelle militari <strong>di</strong> Valentiniano III e Teodosio<br />

II non svolsero nel Me<strong>di</strong>oevo una funzione critica - e nemmeno propriamente “<strong>di</strong>dattica”, come<br />

sostiene Philippe Contamine 36 - ma soltanto culturale e pedagogica. Nel XV secolo Epitoma e<br />

Strategemata formavano, con altri classici antichi (Cesare, Livio, Valerio Massimo) e moderni<br />

(L’Arbre des Batailles e Le Jouvencel), il normale percorso <strong>di</strong> lettura consigliato al giovane cavaliere<br />

(miles).<br />

Faticosamente germogliata nello stu<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>evale delle arti liberali, fino al Rinascimento l’idea <strong>di</strong><br />

progresso rimase del tutto estranea alla scientia militaris, concetto esclusivamente pedagogico, nel<br />

senso che lo scopo dell’artem e<strong>di</strong>scere era il nutrimento intellettuale del doctus ad proelium, non il<br />

progresso scientifico. Avendo già spezzato e masticato per il lettore il pane della prudentia militaris,<br />

l’epitoma confaceva meglio dei testi “cru<strong>di</strong>” alla paideia cavalleresca 37 , ra<strong>di</strong>candovi il mito che il<br />

segreto delle vittorie romane fosse la combinazione legionaria tra delectus, <strong>di</strong>sciplina, triplex acies e<br />

castra. Proprio per la sua natura compilativa, dava infatti una visione statica e astorica del sapere<br />

<strong>militare</strong>, priva <strong>di</strong> antinomie, senza traccia dei contrasti e <strong>di</strong>ssensi attraverso i quali si erano<br />

storicamente formate e consolidate le regulae generales (per non parlare delle ideologie soggiacenti).<br />

Lo stato parziale delle nostre conoscenze ci consente <strong>di</strong> cogliere la portata <strong>di</strong> questa intenzionale<br />

omissione del <strong>di</strong>battito solo in riferimento a una questione tecnica come l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> battaglia (l’epitoma<br />

menziona l’agmen quadratum, ma ne tace l’antinomia rispetto alla triplex acies, analoga a quella<br />

settecentesca tra or<strong>di</strong>ne sottile e or<strong>di</strong>ne profondo) e ad una questione politica come il sistema <strong>di</strong><br />

reclutamento, che fu forse proprio all’origine della compilazione 38 . Fortunatamente possiamo mettere a<br />

confronto l’epitoma col de rebus bellicis (anteriore da una a tre generazioni), unica testimonianza<br />

superstite <strong>di</strong> quei promemoria privati e riservati, talora contenenti proposte e suggerimenti su questioni<br />

Flavio Biondo (Romae triumphantis libri, 1460), Denys le Chartreux (De vita militarium, XII), Thomas Malory (Le Morte<br />

Darthur), Pierre Choisnet (Le Rosier des guerres, 1481/2). La prima e<strong>di</strong>zione a stampa, tedesca, risale al 1470. Dal 1487<br />

Vegezio è pubblicato, con Frontino, Eliano e Modesto, nel Corpus veterum scriptorum de re militari.<br />

34 Cfr. Richardot, Moyen Age, cit., pp. 31 e 76-77.<br />

35 Jean de Meun, che metteva Vegezio a confronto con Cesare per criticare l’imprudenza <strong>di</strong> Corra<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Svevia alla<br />

battaglia <strong>di</strong> Tagliacozzo (1268). De Meun collegava inoltre la vittoria riportata a Muret (1213) da Simone <strong>di</strong> Montfort sul<br />

re d’Aragona agli esempi <strong>di</strong> Giuda Maccabeo e Goffredo <strong>di</strong> Buglione, traendone il principio che la superiorità <strong>militare</strong> non<br />

è funzione della quantità, ma della qualità delle forze (Cfr. Richardot, Moyen Age, cit., pp. 128-129).<br />

36 Cfr. Philippe Contamine, La guerre au moyen age, Nouvelle Clio 24, Paris, P.U.F., 1980, pp. 353-364 (“<strong>di</strong>dactique de<br />

l’art militaire”); Id., “The War Literature of the Late Middle Ages: the Treatises of Robert de Balsac and Béraud Stuart,<br />

Lord of Aubigny”, in Ch. T. Allmand (Ed.), War, Literature and Politics in the Late Middle Ages, Liverpool U. P., 1976.<br />

37 Generalmente nel Trecento e nel Quattrocento res militaris veniva resa in vernacolo come chose de chevalerie<br />

(Ritterschafft) o de las batallas. Ma già Giovanni da Salisbury (Policraticus, 6, 19) classificava correttamente la res<br />

militaris fra le “arti”, sottinteso “meccaniche”. Questo scrupolo epistemologico è presente anche nella prima traduzione<br />

<strong>italiana</strong> <strong>di</strong> Vegezio, del fiorentino Bono Giamboni (circa 1286), intitolata Dell’Arte della guerra (Richardot, Moyen Age,<br />

cit., pp. 63-66, secondo il quale il titolo scelto da Giamboni avrebbe influenzato Machiavelli. In realtà furono gli e<strong>di</strong>tori del<br />

suo trattato del 1519 ad intitolarlo Arte della guerra: nelle sue lettere Machiavelli si riferisce ad un de re militari: cfr.<br />

Frédérique Verrier, “L’Art de la guerre machiavélien, “bréviaire” de l’humanisme militaire”, in Colson e Coutau-Bégarie,<br />

Pensée, cit., p. 57 nt. 36).<br />

38 Uno degli elementi per la datazione è che l’epitoma non menziona, a proposito del delectus, il classico requisito della<br />

ingenuitas delle reclute, reso derogabile, propter rei publicae necessitas e contra hostiles impetus, dalla costituzione 13<br />

aprile 406 <strong>di</strong> Onorio, Arca<strong>di</strong>o e Teodosio II (C. Th., VII, 13, 16) la quale stabiliva <strong>di</strong> aver riguardo all’idoneità fisica (vires)<br />

e non alla con<strong>di</strong>zione giuri<strong>di</strong>ca (status personarum). Criterio richiamato quasi alla lettera in ERM, I, 5, 180-181. Cfr.<br />

Giuffrida Manmana, op. cit., pp. 37-38.<br />

63


amministrative e finanziarie, che si usava in<strong>di</strong>rizzare alle cancellerie imperiali, prassi ere<strong>di</strong>tata dagli<br />

stati <strong>di</strong> antico regime e ben analizzata da Paolo Preto nel caso veneziano 39 . Il de rebus bellicis illumina<br />

la questione del reclutamento perché la collega giustamente con la pianificazione finanziaria<br />

dell’esercito, suggerendo <strong>di</strong> adottare l’or<strong>di</strong>namento “a larga intelaiatura” (riducendo la ferma e<br />

trasformando una parte delle unità attive in unità <strong>di</strong> riserva da mobilitare solo in caso <strong>di</strong> necessità) allo<br />

scopo <strong>di</strong> poter recuperare risorse finanziarie per rifortificare le frontiere (limitum munitiones) e<br />

“meccanizzare” (bellicae machinae) l’esercito 40 , adottando inoltre la formazione falangitica (agmen<br />

quadratum), la più adatta ad affrontare la tattica insi<strong>di</strong>osa dei parti, considerati dal de rebus bellicis il<br />

nemico principale.<br />

4. La translatio in Occidente della sapienza <strong>militare</strong> greco-bizantina<br />

Se si prescinde dalle traduzioni latine <strong>di</strong> Tuci<strong>di</strong>de e Polibio (libri I-V) ad opera <strong>di</strong> Lorenzo Valla<br />

(1409-1457) e Nicolò Perotti, si può datare l’inizio formale dell’umanesimo <strong>militare</strong> al 1455, anno<br />

della traduzione latina, per conto del re <strong>di</strong> Napoli e Sicilia Alfonso I d’Aragona, della tattica <strong>di</strong> Eliano<br />

ad opera <strong>di</strong> Teodoro Gaza <strong>di</strong> Tessalonica (1400-1478), uno dei rifugiati bizantini accolti dal car<strong>di</strong>nal<br />

Bessarione e massimo <strong>di</strong>ffusore della lingua e della cultura greca in Occidente 41 . La traduzione <strong>di</strong><br />

Eliano fu inclusa nella prima collezione a stampa <strong>di</strong> testi militari antichi, impressa a Roma il 15<br />

febbraio 1487 con l’onesto e limpido titolo Veteres scriptores de re militari 42 . La collezione, includente<br />

anche Vegezio, Frontino e il libellus de vocabulis rei militaris (Pseudo-Modesto 43 ), ebbe numerose<br />

rie<strong>di</strong>zioni, arricchite nel 1494 dalla traduzione latina <strong>di</strong> Onasandro fatta da Segun<strong>di</strong>nus 44 . Era, quasi<br />

letteralmente, una bomba a scoppio ritardato, che, come vedremo, non mancò <strong>di</strong> esplodere in Fiandra<br />

cent’anni dopo, nel <strong>di</strong>cembre 1594, innescata dall’occhio febbrile <strong>di</strong> un miles eru<strong>di</strong>tus che seppe<br />

trovare proprio in Eliano il sistema per falciare con le raffiche <strong>di</strong> moschetteria i tercios dei picchieri<br />

papisti.<br />

Circa nel 1490 Giano Lascaris (un altro rifugiato tessalonicese che, tra l’altro, insegnò il greco a<br />

Guillaume Budé) tradusse in latino il frammento polibiano, fino ad allora sconosciuto in Occidente, de<br />

39 Cfr. Paolo Preto, I servizi segreti <strong>di</strong> Venezia, Milano, Il Saggiatore, 1994. Dello stesso autore v. anche Venezia e i<br />

turchi, Firenze, Sansoni, 1975.<br />

40 L’elenco delle machinae, illustrate da picturae riprodotte in tre dei quattro co<strong>di</strong>ci pervenutici, include la sottocorazza <strong>di</strong><br />

cotone e cuoio (thoracomachum), lo scudo chiodato (clipeocentrus), il giavellotto (iaculum) con penne <strong>di</strong>rezionali, a punta<br />

(plumbatum mamillatum) o ad aculeo (plumbatum tribolatum), la torre mobile ossi<strong>di</strong>onale (ticho<strong>di</strong>frum), il carro falcato<br />

(currodrepanum) e corazzato (clipeatum), il lanciasaette campale ruotato (ballista quadrirotis) e da fortezza (fulminalis), il<br />

ponte <strong>di</strong> otri gonfiati (ascogefyrum), la nave a ruote con motore animale (liburna).<br />

41 Bibliografia esaustiva sulla tattica <strong>di</strong> Eliano e <strong>di</strong> Leone VI in Hahlweg, Die Heeresreform der Oranier und <strong>di</strong>e Antike,<br />

Berlin, Junker und Duennhaupt Verlag, 1941 (rist. an. Osnabrueck, Biblio Verlag, 1987), pp. 302-307, che include anche<br />

gli estratti delle traduzioni latine <strong>di</strong> Eliano (Gaza, pp. 197-230) e Leone VI (pp. 250-55) incluse nel Kriegsbuch <strong>di</strong><br />

Giovanni <strong>di</strong> Nassau.<br />

42 Cfr. Jaehns, GdKW, 1, pp. 9, 247, 447.<br />

43 E’ un estratto da Vegezio. “Modestus n’a jamais existé, il s’agit d’une mystification littéraire dévoilée par l’humaniste<br />

François de Maulde en 1580, redécouverte au XIXe siècle” (Richardot, Les é<strong>di</strong>tions d’auteurs militaires antiques au XVe-<br />

XVe siècles”, in Stratégique, 68, 1997, n. 4, p. 90).<br />

44 Cfr. Richardot, Moyen Age, cit., pp. 41 e 187. Come osservava Jahns, GdKW, 1, pp. 91-92, Onasandro “hat kein<br />

system”; ma, <strong>di</strong>versamente dagli altri tactici antichi, assunse anche un rilievo politologico, perché in ambito cattolico fu<br />

strumentalmente contrapposto a Machiavelli. La traduzione <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> Fabio Cotta fu pubblicata a Venezia nel 1546.<br />

L’e<strong>di</strong>tio princeps <strong>di</strong> Nicolaus Rigaltius comparve a Parigi nel 1598/9 e fu ristampata ad Heidelberg nel 1600 con un<br />

commento <strong>di</strong> Janus Gruterus e osservazioni <strong>di</strong> Aemilius Portus.<br />

64


militia et castrorum metatione romane (VI, 19-42) 45 . Nell’aprile 1491 Lascaris vendette inoltre a<br />

Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci il co<strong>di</strong>ce (Laur. gr. LV 4) contenente il corpus della letteratura <strong>militare</strong> grecobizantina,<br />

probabilmente proprio l’originale fatto re<strong>di</strong>gere da Costantino VII Porfirogenito attorno al<br />

950-59 e presumibilmente pervenuto alla biblioteca lascaride <strong>di</strong> Tessalonica a seguito del sacco <strong>di</strong><br />

Costantinopoli del 1204 46 (proprio quello descritto in Baudolino, perpetrato, col cinico supporto navale<br />

veneziano, dai barbari crociati francesi e fiamminghi; che avrebbe dunque avuto, se non altro, il merito<br />

in<strong>di</strong>retto e inconsapevole <strong>di</strong> sottrarre lo scrigno della sapienza <strong>militare</strong> romano-cristiana d’Oriente al<br />

nuovo Impero romano-islamico 47 ).<br />

45 La traduzione lascaride fu pubblicata a Venezia nel 1529 (Liber ex Polybii historiis excerptus de militia Romanorum et<br />

castrorum metatione inventu Rarissimus a Iano Lascare in Latinam linguam translatus) e, con testo greco a fronte, a<br />

Basilea nel 1537 (Polybius, De Romanorum militia, et castrorum metatione liber, Basileae, per B. Lasinium et T.<br />

Platterum) assieme ad un trattato <strong>militare</strong> fiorentino, scelto probabilmente perché era l’unico in latino (Jacopo da Porcia,<br />

De re militari) già pubblicato a Venezia (Johannes Taccuinus) nel 1530. In precedenza erano noti soltanto i libri I-V <strong>di</strong><br />

Polibio: ignorati nel Me<strong>di</strong>oevo, già nel 1418-19 erano stati parzialmente compilati da Leonardo Bruni nei commentaria<br />

tria de primo Punico bello e nel 1450-54 tradotti in latino da Nicolò Perotti su incarico del papa Nicola V (traduzione<br />

stampata nel 1522 e 1530). In seguito la traduzione lascaride della militia romana fu tradotta in italiano da Bartolomeo<br />

Cavalcabò (1535) e Francesco Patrizi (1583) e parafrasata in francese da Fourquevaux (Bellay-Langey, Paris, 1548; 1553).<br />

Seguirono poi la nuova traduzione e parafrasi <strong>di</strong> Giusto Lipsio (1594-98) e infine l’e<strong>di</strong>zione critica con traduzione latina<br />

dell’intero corpus polibiano <strong>di</strong> Isaac Casaubon (1605-09), utilizzata da Claude Saumaise (de re militari Romanorum, 1635,<br />

secretata per ragioni militari e stampata postuma nel 1657 da Georg Horn). Cfr. Arnaldo Momigliano, “Polybius’<br />

Reappearence in Western Europe”, in Entretiens sur l’Antiquité classique, 20, 1973, pp. 347-372 (= Sesto Contributo, I,<br />

Roma, 1980, pp. 103-123 = Problèmes d’historiographie ancienne et moderne, Paris, Gallimard, 1983); Michel<br />

Dubuisson, “Polybe et la ‘militia romana’”, in Pensée, Actes Namur, pp. 1-23.<br />

46 Cfr. Luigi Loreto, “Il generale e la biblioteca. La trattatistica <strong>militare</strong> greca da Democrito <strong>di</strong> Abdera ad Alessio I<br />

Comneno”, exc. da Giuseppe Cambiano et all. (cur.), Lo spazio letterario della Grecia antica, II. La ricezione e<br />

l’attualizzazione del testo, Salerno e<strong>di</strong>trice, Roma, s. d. (ma 1997), pp. 563-589. Dal co<strong>di</strong>ce Laurenziano derivarono i<br />

co<strong>di</strong>ci romani Reginensis Gr. 88, Vallicellianus VII-1, Barberinianus Gr. 59, a loro volta ricopiati. Cfr. Alphonse Dain,<br />

“Luc Holste et la collection romaine des tacticiens grecs”, in REA, 71, 1969, pp. 338-353. E<strong>di</strong>tio maior Hermann Koechly<br />

e Wilhelm Ruestow, Griechische Kriegsschriftsteller, Leipzig 1853-55, 3 voll. (rist. Osnabruck, Biblio Verlag, 1969).<br />

Degli stessi autori, cfr. Geschichte des griechichen Kriegswesens von der aeltesten Zeit bis auf Pyrrhos, Aarau, 1852. Cfr.<br />

F. Haase, “Ueber <strong>di</strong>e griechischen und lateinischen Kriegsschriftsteller”, in Neue Jahrbuecher fuer Philosophie und<br />

Paedagogik, 14 Bd., H. 1, Leipzig, 1835; Id., De militarium scriptorum graecorum et latinorum omnium e<strong>di</strong>tione<br />

instituenda narratio, Berlin, 1847; W. Stavenhagen, “Ueber <strong>di</strong>e altgriechische Militaer-Schriftstellerei”, in Die<br />

Militaerische Welt, H. 11, Wien, 1907; Alphonse Dain, Les strategistes byzantins, Travaux et Mémoires, Centre de<br />

Recherche d’histoire et civilisation byzantines, N. 2, 1967. Sui manoscritti militari classici all’inizio del Seicento, cfr.<br />

Gabriel Naudé, Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari, Romae, 1637, pp. 518-25.<br />

47 Ciò non toglie gli scambi reciproci tra la letteratura <strong>militare</strong> bizantina e islamica: cfr. W. Wuestenfend, Das<br />

Heerswesen der Muhammedaner und <strong>di</strong>e arabische Uebersetzung der Taktik des Aelianus, Goettingen, 1880.<br />

Sull’attenzione riservata dal trattato <strong>di</strong> Leone al jihad e al modo <strong>di</strong> combattere islamico, v. Gilbert Dragon, “Byzance et le<br />

modèle islamique au Xe siècle. A propos des constitutions tactiques de l’empereur Léon VI”, in Académie des Inscriptions<br />

et des Belles Lettres, Comptes rendus des séances de l’année 1983, pp. 219-242. Né va <strong>di</strong>menticato che il sultano si<br />

considerava successore legittimo (ex belli iure) degli imperatori romani (e come tale sovraor<strong>di</strong>nato anche ai monarchi<br />

europei) e che la burocrazia centrale era cosmopolita e organizzata secondo il modello bizantino. Il fratello <strong>di</strong> Alberico<br />

Gentili, Scipione, tentò anche un raffronto tra le stesse istituzioni militari dei due imperi (De re militari Romana et<br />

Turcica, ext. in orat. Rectoralibus, Norimbergae, 1600). E’ appena il caso <strong>di</strong> ricordare che, fermato nel 1683<br />

l’espansionismo ottomano in Europa, a riunificare le due partes imperii ci provarono prima l’asse austro-russo (appoggiato<br />

a Venezia dalla perdente ma lungimirante fazione dei Tron) e poi la Royal Navy e l’In<strong>di</strong>an Office, tallonati<br />

velleitariamente da francesi e tedeschi. Dopo la catastrofica iniziativa churchilliana <strong>di</strong> Gallipoli (che affrettò la brutale<br />

cancellazione del carattere “romano” e multiculturale <strong>di</strong> Costantinopoli: v. Philip Mansel, Constantinople 1453-1924,<br />

1995) ci riuscirono, inizialmente contrastati dai sovietici, gli americani, con l’entrata della Turchia postkemalista nella<br />

NATO (1954) e poi con l’“allargamento” della NATO sino alla fascia critica delle guerre mon<strong>di</strong>ali novecentesche,<br />

corrispondente all’antico limes danubiano dell’Impero romano (nel cui quadro si spiegano, come assestamento delle<br />

retrovie, le tragiche ma secondarie guerre <strong>di</strong> successione jugoslave 1991-2001, sostanzialmente operazioni <strong>di</strong> grande<br />

polizia <strong>militare</strong> occidentale).<br />

65


La raccolta, che testimoniava forse l’intento <strong>di</strong> una terza compilazione, non realizzata, include in 405<br />

fogli <strong>di</strong> 32 righe ventuno testi: tre<strong>di</strong>ci trattati militari bizantini (su un totale <strong>di</strong> almeno 24, più 16<br />

parafrasi, rie<strong>di</strong>zioni e antologie dal VI all’XI secolo) <strong>di</strong> cui 6 anteriori al VII secolo e 7 posteriori<br />

all’inizio del IX; cinque trattati classici anteriori alla prima metà del II secolo (Enea, Onasandro,<br />

Eliano, Arriano e Asclepiodoto), l’Ektaxis katà Alanon (dalla Bythinika) <strong>di</strong> Arriano, un testo <strong>di</strong><br />

raccordo fra le due tra<strong>di</strong>zioni, greca e bizantina (noto come Apparatus bellicus) e il VII libro dei kestoi<br />

<strong>di</strong> Giulio Africano 48 . Analogo sembra il corpus poliorcetico che raccoglie i trattati specialistici e<br />

narrazioni <strong>di</strong> asse<strong>di</strong> famosi estratti da 16 storici greci da Tuci<strong>di</strong>de a Eusebio 49 . Come osserva Luigi<br />

Loreto, l’amputazione delle parti relative alla guerra navale dai trattati <strong>di</strong> tattica 50 fa supporre una terza<br />

raccolta specifica, purtroppo non pervenutaci. Tuttavia la tripartizione veramente pertinente alla<br />

letteratura <strong>militare</strong> classica è quella fra strategetica, tactica e poliorcetica 51 .<br />

48 Naudé elencava ben 25 auctores antiqui deper<strong>di</strong>ti (Syntagma, cit., pp. 517-17); sommando solo i nomi più convincenti<br />

con i testi pervenutici, si arriva almeno a 21 scrittori greci dal V secolo a. C. al II d. C. (Democrito <strong>di</strong> Abdera, Enea, Pirro,<br />

Cinea, Alessandro II, Filippo V, Clearco, Pausania, Evangelo, Polibio, Eupolemo, Ificrate, Posidonio, Filone, Onasandro,<br />

Stratocle, Hermeias, Eliano, Arriano, Asclepiodoto, Polieno) oltre al VII libro dell’enciclope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Giulio Africano (sugli<br />

autori citati in El. I, 2 = Arr. I, 1, cfr. Hahlweg, HR, pp. 121-24). Coutau-Bégarie (Traité, cit., p. 151) ha ricavato da A.<br />

Dain, Les stratégistes byzantins, un “tableau simplifié et completé” delle corrispondenze fra i trattati. Si può ipotizzare che<br />

la taktika <strong>di</strong> Polibio (autore anche <strong>di</strong> un bellum Numantinum: Cic., fam., V, 12, 2) sia la prima commistione fra la<br />

tra<strong>di</strong>zione greca e la variante latina iniziata dal de re militari catoniano (L. Poznanski ha proposto una restitutio del perduto<br />

testo polibiano sulla base del II libro delle storie: Les Etudes classiques, 46, 1978, pp. 205-212). C. M. Gilliver propone un<br />

elenco <strong>di</strong> “Roman military treatises” (The Roman Art of War, Charleston, S. C., Tempus Publishing, 1999, pp. 173-177) sia<br />

latini che greci, includendovi Catone, Asclepiodoto, Cincio Alimento, Vitruvio, Athenaeus Mechanicus (perì<br />

mechanematon), Cornelius Celsus, Plinio il Vecchio (de iaculatione equestri), Onasandro, Frontino, Pseudo-Igino (de<br />

munitionibus castrorum), Eliano, Erone <strong>di</strong> Alessandria (belopoeika e cheiroballistra), Apollodoro <strong>di</strong> Damasco<br />

(poliorketika), Arriano, Polieno, Tarruteno Paterno (de re militari), l’imperatore Giuliano (supposto autore dei mechanikoi)<br />

e Vegezio. (Ipotetica ricostruzione dell’ektaxis <strong>di</strong> Arriano on Gilliver, pp. 48 e 178-180).<br />

49 Par. Suppl. gr. 607. E<strong>di</strong>tio maior P. Wescher, Poliorcétique des Grecs. Traités théoriques - Récit historiques, Paris,<br />

Imprimerie Nationale, 1867. La lista degli scrittori greci (III a. C. - II d. C.) <strong>di</strong> artiglieria e poliorcetica include Enea (Enée<br />

le Tacticien, Poliorcétique XII, 4, texte établi par A. Dain, traduit et annoté par Anne Marie Bon, Les Belles Lettres, 1963),<br />

Bitone, Filone, Agesistrato, Ateneo, Erone e Apollodoro. Cfr. Paul Gédéon Joly de Maizeroy, Traité sur l’Art des Sièges,<br />

et des Machines des Anciens, où l’on trouvera des comparaisons de leurs méthodes avec celles des modernes, Paris, 1778;<br />

F. Lammert, “Die antike Poliorketik und ihr Weiterwirken”, in F. Miltner e L. Wickert (Hrsg.), Klio, Beitraege zur alten<br />

Geschichte, 31, 4, Lepzig, 1938; E. W. Marsden (Greek and Roman Artillery, Technical Treaties, Oxford, 1971 rist. 1991);<br />

Yvon Garlan (Recherches de poliorcétique grecque, Bibliothèque des Ecoles françaises d’Argènes et de Rome, fasc, 223,<br />

Paris, De Boccard, 1974) e J. G. Landels (Engineering in the Ancient World, London, Chatto & Windus, 1978 = Constable<br />

& Co. Ltd, 1997, pp. 198-217 “Principal Greek and Romans Writers”).<br />

50 Cfr. K. K. Mueller, Eine griechische Schrift ueber Seekrieg, Wuerzburg, 1882.<br />

51 Già nel 1595 Giovanni <strong>di</strong> Nassau aveva osservato che la letteratura <strong>militare</strong> greca era formalmente sud<strong>di</strong>visa in tre<br />

generi: strategetica, tactica e poliorsetica (Hahlweg, HR, p. 125). La <strong>di</strong>stinzione tra strategikà come parte generale (omnia<br />

quae a duce) e strategémata come parte speciale (si in specie eorum sunt) si legge in Frontino (proem. I), ma il passo si<br />

considera interpolato, probabilmente dallo stesso autore del IV libro, composto, <strong>di</strong>versamente dai primi tre, da exempla<br />

potius strategicon quam strategemata (cfr. Francesco Galli, Introduzione, traduzione e note a Frontino, Lecce, Argo, 1999,<br />

pp. 12 e 16). Secondo Colson (Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 137-8) la lettura contrappositiva <strong>di</strong> strategémata e<br />

strategematika risale alle e<strong>di</strong>zioni del 1731 (curante Francisco Oudendorpio, Lugduni Batavorum) e 1763 (Sexti Julii<br />

Frontini Strategematicon libri tres; Strategicon liber unus, emendabat Jos. Valart, Lutetiae). Anche Karl Theophil<br />

Guischardt (1724-1775) nel II volume delle Mémoires militaires sur les Grecs et les Romains (La Haye, 1758; Lyon, l760)<br />

sosteneva che gli stu<strong>di</strong> dei greci non si erano limitati agli aspetti più superficiali della tattica che appaiono in Eliano e<br />

Arriano, ma riguardavano anche l’“art de commander des armées”, detta strategein o téchne strategiké; peraltro, a<br />

giu<strong>di</strong>care dalle epitome <strong>di</strong> Frontino e Polieno, il futuro aiutante <strong>di</strong> campo <strong>di</strong> Federico II inferiva che “loin de traiter en<br />

mathématiciens la science qu’ils appellaient celle de commander des armées, et de la soumettre au calcul, comme leur<br />

tactique, ils n’ont fait qu’amasser un grand nombre d’exemples et des faits, dont ils déduisoient les maximes” (cit. in<br />

Colson, p. 189). Non convince la tesi <strong>di</strong> Loreto (pp. 169-171) che alla <strong>di</strong>stinzione concettuale corrispondesse quella fra due<br />

<strong>di</strong>stinti generi letterari: troppo striminzita una strategika che annovererebbe, prima dell’Anonimus Byzantinus, soltanto il<br />

sofista Dionisidoro (Xen,, Mem., III, 1), Onasandro e il titolo attribuito ad Enea dalla Suda (Loreto vi aggiunge<br />

66


La translatio dei graecorum militaria praecepta (Sall., Bell. iug., 85, 12) rientrava in un più ampio<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> politica culturale dei rifugiati bizantini a Roma, Firenze e Venezia, impegnati nella<br />

<strong>di</strong>ffusione della cultura e della stessa lingua greca in Occidente. Erano infatti del tutto coerenti col<br />

grande progetto geopolitico e <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Lascaris, che per gran parte della sua vita continuò a perorare<br />

presso il papa, l’imperatore e il re <strong>di</strong> Francia la necessità <strong>di</strong> riconquistare Costantinopoli, una volta<br />

conclusa (nel 1492, con la presa <strong>di</strong> Granada) la Reconquista iberica.<br />

Effettivamente l’importazione del pensiero <strong>militare</strong> greco-bizantino servì alla guerra: ma non solo<br />

alla guerra contro il Turco che stava a cuore a Lascaris e che, a parte Lepanto, fu sostenuta dai soli<br />

veneziani (1499-1503, 1537-40 e 1570-73). Servì invece anche e soprattutto per le guerre che stavano a<br />

cuore ai monarchi cristiani, in primo luogo quelle per il controllo geopolitico del papato e del<br />

<strong>di</strong>sgraziato Giar<strong>di</strong>no delle Esperi<strong>di</strong>. 52<br />

5. Le guerre italiane tra umanesimo giuri<strong>di</strong>co e umanesimo <strong>militare</strong><br />

Non a caso una raccolta antiquaria <strong>di</strong> Flavio Biondo (1388-1463) si intitolava de militia et<br />

iurisprudentia (1460). Come l’umanesimo rese possibile l’usus modernus pandectarum 53 , così rese<br />

possibile lo stu<strong>di</strong>o critico del pensiero <strong>militare</strong> classico da cui nacque quello moderno (occidentale).<br />

l’Ipparchico senofonteo, ma la <strong>di</strong>versità del titolo è una forte obiezione formale). In realtà non ci si deve far trarre in errore<br />

dalla tassonomia scientifico-<strong>militare</strong> moderna, che assegna alla “strategia” uno statuto teoretico superiore alla “tattica”.<br />

Nella tra<strong>di</strong>zione classica le opere a carattere teorico sembrano proprio quelle <strong>di</strong> taktika, mentre i termini strategika e<br />

stratetegematika sono sinonimi: siamo noi a percepirli come <strong>di</strong>versi, perché inconsciamente riduciamo gli “stratagemmi”<br />

alle sole “astuzie” e <strong>di</strong>amo loro il significato moralmente negativo che il termine assunse nella letteratura politica post<br />

tridentina e tacitista (cfr. ad es. Girolamo Frachetta, secondo il quale il principe doveva guerreggiare lealmente, senza<br />

ricorrere agli stratagemmi: il che avrebbe implicato rinunciare al vantaggio della sorpresa). Più fondata è la tesi <strong>di</strong> Loreto<br />

che la strategematika si sviluppa “su impulso <strong>di</strong> quella latina <strong>di</strong> Frontino dell’84-88 d. C.” (che il proem. I presenta<br />

appunto come innovativa, sia perché seleziona gli strategemata dalle precedenti raccolte <strong>di</strong> notabilia escerpiti<br />

dall’immensum corpum hi<strong>storia</strong>rum, sia perché li raggruppa in modo tematico). La lista include formalmente solo i nomi<br />

del me<strong>di</strong>co Ermogene <strong>di</strong> Smirne e <strong>di</strong> Polieno (162 d. C.), ma la crestomazia strategematica connota anche varie moralia<br />

del corpus plutarcheo. La vera questione è il rapporto tra rubriche generali dei sottogeneri letterari (tattica, strategica,<br />

poliorcetica), teoria sofistica delle “arti” (téchnai) e i veri equivalenti classici dei concetti moderni (téchne basiliké = ars<br />

imperatoria, taktiké epistéme = scientia militaris e ratio vincen<strong>di</strong>). Eliano impiega il termine theoria, ma solo in età<br />

bizantina si affaccia l’inquadramento dell’arte <strong>militare</strong> nella categoria della scienza - e taktiké epistéme (Michele Psellos,<br />

Chronographia, 7, 16 (2, 100): Alphonse Dain, “La ‘Tactique’ de Nicéphore Ouranos”, in Collection d’études anciennes<br />

publiée sous le patronage de l’Association Guillaume Budé, Paris, 1937, pp. 40 ss.. Cfr. W. A. Oldfather e J. B. Titchener,<br />

“A note on the Lexicon <strong>militare</strong>”, in Classical Philology, 16, 1, Chicago, Ill., 1921). Si deve sottolineare che, in riferimento<br />

alla partizione <strong>di</strong> Marziano Capella (V sec. d. C.) delle artes, quella <strong>militare</strong> era inquadrata fra le arti servili, costituite ad<br />

opus corporis (e non in quelle liberali, costituite ad opus rationis). Nell’Arbor scientiae (1295) del catalano Raimondo<br />

Lullo (1233-1315) l’arte <strong>militare</strong> compare fra metallurgia, e<strong>di</strong>lizia, tessitura, agricoltura, commercio e navigazione. Il<br />

vescovo Antonio Zara (Anatomia ingeniorum et scientiarum, Venetiis, 1615) classificava la Militia (pp. 286-328) in coda<br />

alle 15 “scientiae” che “imaginative cancellis coerceri” (<strong>di</strong>stinte dalle 7 intellettuali e dalle 12 mnemoniche). Fra i<br />

politografi fece scuola Elias Reusner (Stratagematographia sive Thesaurus bellicus, Francofurti, 1609; 1661) che rubricò<br />

tutto lo scibile sulla guerra come ars strategematica, e la politica <strong>militare</strong> come administratio belli (concetto ripreso da<br />

Naudé, Syntagma, cit., pp. 430, 486: scientia duci necessaria est belli administran<strong>di</strong>). L’idea <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scontinuità tra la<br />

tattica come arte del soldato e la strategia come arte del generale ricorre in Tacito (Hist., 3, 20) e Frontino (Strat., 4, 7, 4),<br />

ma in età moderna fu Paolo Giovio, sottolineando nel 1548 la statura eroica del condottiero, a rialzare lo statuto<br />

intellettuale delle scienze militari, <strong>di</strong>stinguendo tra sapere pratico (exercitium) proprio del miles e lo stu<strong>di</strong>o proprio del<br />

capitano (Verrier, Les armes de Minerve, cit., p. 58, cfr. Gilliver, op. cit., p. 120).<br />

52 Cfr. Guerre horrende de Italia. Tutte le guerre de Italia, comenzando da la venuta <strong>di</strong> Re carlo del Mille quattrocento<br />

novantaquatro, fin al giorno presente; nuovamente stampate in ottava rima e con <strong>di</strong>ligentia corrette, Venezia, Gio. Ant. e<br />

Fratelli <strong>di</strong> Sabio, 1532, cit. in Verrier, Bréviaire, cit., p. 46, nt. 2. La stu<strong>di</strong>osa francese osserva che le guerre d’Italia “firent<br />

de la péninsule l’école de guerre de l’Europe ” (p. 49). Della stessa autrice, che si <strong>di</strong>chiara “fortement influencée” dai<br />

famosi lavori <strong>di</strong> John Rigby Hale, cfr. Les armes de Minerve. L’Humanisme militaire dans l’Italie du XVIe siècles, Presses<br />

de l’Université de Paris-Sorbonne, 1997.<br />

53 Cfr. Riccardo Orestano, Introduzione allo stu<strong>di</strong>o storico del <strong>di</strong>ritto romano 2 , Torino, Giappichelli, 1963, pp. 138 ss.<br />

67


L’umanesimo ne determinò dunque il percorso culturale e la forma intellettuale, ma non ne fu la causa<br />

storica. Nacque un pensiero <strong>militare</strong> nuovo perché nuova era la forma assunta dalla guerra nell’Europa<br />

del Rinascimento.<br />

L’umanesimo giuri<strong>di</strong>co fu soprattutto francese perché serviva - come il mito della <strong>di</strong>scendenza<br />

“troiana” <strong>di</strong>retta dei Valois (poi riven<strong>di</strong>cata anche dai Tudor) 54 - ad affermare una sovranità originaria e<br />

non derivata rispetto al sacro imperatore “romano” 55 . E non a caso la polemica contro le tendenze<br />

storicizzanti e innovative dei culti, essenzialmente francesi (mos gallicus), fu sostenuta soprattutto da<br />

giureconsulti italiani, anch’essi per ragioni politiche schierati a <strong>di</strong>fesa della tra<strong>di</strong>zione dogmatica dei<br />

commentatori (in<strong>di</strong>cata appunto come mos italicus). Ciò non significa che costoro fossero<br />

culturalmente arretrati: anzi la qualità dei loro argomenti, e in particolare <strong>di</strong> Alberico Gentili, <strong>di</strong>mostra<br />

che sotto molti aspetti essi erano anche più storicisti e “avanzati” della scuola culta.<br />

Diverso era il caso dell’umanesimo <strong>militare</strong>, meglio favorito dalla temperie politica delle libere<br />

repubbliche italiane che dalla tra<strong>di</strong>zione cavalleresca ra<strong>di</strong>cata nelle gran<strong>di</strong> monarchie guerriere. Il<br />

primato italiano dell’umanesimo letterario si confermò perciò anche nel campo <strong>militare</strong>, dove operava<br />

un fondamentale fattore aggiuntivo, e cioè la polarizzazione <strong>italiana</strong> delle prime guerre per la<br />

supremazia in Europa (1494-1559), quattro delle quali furono appunto in<strong>di</strong>cate anche formalmente<br />

come “italiane”. Non a caso la per<strong>di</strong>ta del primato scientifico-<strong>militare</strong> italiano coincide con lo<br />

spostamento della conflittualità infraeuropea nelle Fiandre (1568-1648) e in Boemia e Germania<br />

(1618-1648).<br />

Solo in Francia lavorarono nel XVI secolo oltre un centinaio <strong>di</strong> ingegneri militari italiani e a scrittori<br />

italiani si debbono due terzi della trattatistica <strong>militare</strong> stampata in Europa prima del 1570. Ma la<br />

<strong>di</strong>sunione politica, imputata da Machiavelli e Guicciar<strong>di</strong>ni al cattolicesimo e al papato, impedì all’Italia<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare protagonista delle guerre combattute sul suo territorio e sempre perdute dalle leghe militari<br />

italiane 56 . E la <strong>di</strong>sfida <strong>di</strong> Barletta e la logorroica polemica degli eru<strong>di</strong>ti ciceroniani contro il sarcastico<br />

ossimoro erasmiano Italum bellacem 57 , non bastarono a riabilitare, nemmeno agli occhi degli stessi<br />

italiani, la nostra <strong>di</strong>sastrosa immagine <strong>militare</strong> 58 .<br />

54 Cfr. Frances Yates, The Valois Tapestries, The Warburg Institute, London, 1959; Id., Astrea. L’idea <strong>di</strong> Impero nel<br />

Cinquecento (1975), Torino, Einau<strong>di</strong>, 1978. Riven<strong>di</strong>care la <strong>di</strong>scendenza “troiana” <strong>di</strong>retta (da Anchise) significava<br />

qualificarsi “cugini” dei Romani, i quali, secondo la mitografia augustea, <strong>di</strong>scendevano da Enea: bastava sostenere che i<br />

troiani condotti da Enea nel Lazio non erano il totale dei profughi, ma soltanto uno dei gruppi in cui si erano separati dopo<br />

la partenza. L’implicazione politica era che le sovranità francese e inglese non erano subor<strong>di</strong>nate, ma equior<strong>di</strong>nate a quella<br />

“romana”. L’osservazione plutarchea che l’Isola Ogigia era situata “a cinque giorni <strong>di</strong> navigazione dalla Britannia” ha<br />

costituito lo spunto anche della controversa ipotesi - avanzata nel 1992 dall’ingegnere nucleare Felice Vinci in base ad un<br />

confronto tra la geografia omerica e la geografia del Baltico - che la saga <strong>di</strong> Troia e <strong>di</strong> Ulisse sia <strong>di</strong> origine scan<strong>di</strong>nava e<br />

che i toponimi baltici siano stati successivamente adattati dai Dori al loro nuovo inse<strong>di</strong>amento me<strong>di</strong>terraneo (Vinci, Omero<br />

nel Baltico. Saggio sulla geografia omerica 2 , Roma, Fratelli Palombi, 2000). Sulla Britannia romana e l’Hi<strong>storia</strong> Augusta<br />

come temi della letteratura inglese, v. Francesco Viglione, L’Italia nel pensiero degli scrittori inglesi, Milano, Fratelli<br />

Bocca, 1947.<br />

55 Cfr. Mazzarino, La fine, cit., p. 88 cfr. pp. 103 e 107. V. Ilari, L’interpretazione storica del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> guerra romano fra<br />

tra<strong>di</strong>zione romanistica e giusnaturalismo, Milano, Giuffré, 1981, pp. 205-15 (“Respublica e imperium nell’Inghilterra<br />

elisabettiana”); Id., “’Ius civile’ e ‘ius extra rem publicam’ nel ‘de iure belli’ <strong>di</strong> Alberico Gentili”, in Stu<strong>di</strong> Sassaresi, 8,<br />

Serie 3a, a.a. 1980-81 (ora in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Arnaldo Biscar<strong>di</strong>, 3, 1982, pp. 535-555).<br />

56 Per un punto <strong>di</strong> vista insolitamente “nazionale” e attualizzante sulla seconda guerra <strong>italiana</strong> tra la soccombente Lega <strong>di</strong><br />

Cognac (Francia e stati italiani) e l’imperatore Carlo V, cfr. Mario Troso, Italia! Italia! 1526-1530. La prima guerra<br />

d’in<strong>di</strong>pendenza <strong>italiana</strong>, Parma, Ermanno Albertelli, 2001. Cfr. Frédérique Verrier, “Les guerres d’Italie dans l’Art de la<br />

guerre de Machiavel”, in Jean Balsamo (cur.), Passer les monts. Français en Italie - L’Italie en France (1494-1525), Xe<br />

Colloque de la Société française d’Etude du Seizième siècle, Paris, Honoré Champion, 1998, pp. 111-123.<br />

57 Desiderio Erasmo da Rotterdam, Adagiorum Chiliades, s. v. “Myconius calvus”: “poetam non inscitis, sed facetius<br />

etiam per ironiam <strong>di</strong>xisse crispum, quam si calvum <strong>di</strong>xisset. Quod quidem etiam ipsum proverbium resipit de raris inventu:<br />

veluti siquis Scytham <strong>di</strong>cat eru<strong>di</strong>tum, Italum bellacem, negotiatorem integrum, militem pium, aut Poenum fidum” (ed.<br />

68


1571, p. 325). La polemica (incentrata su un rosario <strong>di</strong> esempi <strong>di</strong> valore <strong>militare</strong> italiani) fu condotta, con una Defensio pro<br />

Italia stampata a Roma nel 1535 e de<strong>di</strong>cata al papa Paolo III, dal curiale Pietro Corsi da Carpi, socio dell’Accademia<br />

romana già criticata da Erasmo nel precedente Dialogus Ciceronianus (cfr. la prefazione <strong>di</strong> Angiolo Gambaro alla<br />

moderna e<strong>di</strong>zione bresciana del Dialogus, La Scuola, 1965, p. xcv). Nella Responsio (Opera Omnia, tomo X, col. 1749)<br />

Erasmo si appellava all’opinione <strong>di</strong> “alcuni eru<strong>di</strong>ti” romani secondo la quale gli italiani eroici erano in realtà i <strong>di</strong>scendenti<br />

dei Goti e <strong>di</strong> altre barbare nazioni, mentre i veri <strong>di</strong>scendenti dei romani antichi erano “quelli piccoletti e malnati”. Appare<br />

forzata la tesi <strong>di</strong> Mazzarino (La fine, cit., pp. 90-91) che Erasmo, negando virtù guerriere agli Italiani, non avrebbe voluto<br />

“offenderli”, dal momento che per lui quelle virtù erano un <strong>di</strong>svalore (A proposito della scelta strategica <strong>di</strong> Attila <strong>di</strong><br />

attaccare ad Occidente, motivata secondo Prisco dall’idea che fosse quello il fronte “più aspro” della guerra antiromana,<br />

Mazzarino - ivi p. 68 - riecheggia il giu<strong>di</strong>zio erasmiano, sostenendo che la temibilità dell’Occidente non era data dai resti<br />

dell’esercito romano bensì dai guerrieri Goti). Circolò anche una lettera apocrifa <strong>di</strong> Erasmo a Corsi in cui il filologo<br />

prometteva <strong>di</strong> cambiare nella prossima e<strong>di</strong>zione degli Adagia l’offensivo ossimoro Italum bellacem in Attalum bellacem se<br />

il curiale avesse ritirato la sua Defensio. Per quanto riguarda l’atteggiamento <strong>di</strong> Erasmo sul sacco <strong>di</strong> Roma, avvenuto lo<br />

stesso anno in cui fu composto il Ciceronianus, v. André Chastel, Il sacco <strong>di</strong> Roma (1527), Torino, Einau<strong>di</strong>, 1983, pp. 117<br />

ss. Com’è noto l’esaltazione del valore italiano è uno dei motivi delle biografie de<strong>di</strong>cate da Paolo Giovio (v. infra, nt. 121)<br />

ai condottieri italiani (Paolo Vitelli, Bartolomeo d’Alviano, Prospero Colonna, Muzio Attendolo Sforza, Gian Giacomo<br />

Trivulzio) e ai duchi <strong>di</strong> Mantova (Francesco Gonzaga) e Ferrara (Alfonso d’Este), accostati ai capitani generali spagnoli in<br />

Italia Consalvo <strong>di</strong> Cordova (il Gran Capitano) e Ferrante D’Avalos (il Marchese <strong>di</strong> Pescara). Trivulzio figura, assieme a<br />

Piero e Filippo Strozzi e ad Emanuele Filiberto <strong>di</strong> Savoia, nelle Vies des grandes capitaines étrangers et françois (1604)<br />

de<strong>di</strong>cate da Brantome (Pierre de Bourdeille, 1540-1614) alla reine Margot. La questione è approfon<strong>di</strong>ta da Naudé<br />

(Syntagma, cit., pp. 77-80): il valore degli antichi italici era proverbiale (Alessandro il Molosso contrapponeva infatti la<br />

propria spe<strong>di</strong>zione contro i romani, veri uomini, a quella <strong>di</strong> Alessandro Magno contro i persiani “effemminati”), ma era<br />

decaduto per le incursioni barbariche, l’imperatorum a romanis pontificibus <strong>di</strong>scessio e la pernicies factionum, che spinse<br />

le singulae Italiae civitates a volersi <strong>di</strong>chiarare sui iuris. Con la Compagnia <strong>di</strong> San Giorgio condotta da Alberico da<br />

Barbiano (1349-1406) arma per hoc tempus in manus Italorum penitus re<strong>di</strong>erant (Leonardo Aretino, Hi<strong>storia</strong> de suis<br />

temporibus), ma “durò poco” perché con la spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Carlo VIII haec rursus, aut inscitia, atque avaritia Principum,<br />

aut desuetu<strong>di</strong>ne ac ocio restincta conci<strong>di</strong>sset. Ma secondo Naudé l’ossimoro <strong>di</strong> Erasmo non veritus fuerit: era infatti<br />

innegabile il valore delle italicae cohortes, <strong>di</strong>mostrato dalle Bande Nere <strong>di</strong> Giovanni de’ Me<strong>di</strong>ci e dai Tercios italiani in<br />

Fiandra. Dopo aver citato la classificazione dei vari stili <strong>di</strong> guerra delle singole città italiane fatta da Ortensio Lando<br />

(“Philalethes Polytopiensis”) nelle Forcianas quaestiones, Naudé aggiunge che gli italiani, purché sottoposti a dura<br />

<strong>di</strong>sciplina, sono adatti a combattere sia per terra che per mare, specialmente in modo irregolare (palantes cursitant) e<br />

colpendo da lontano (eminus). Di ingegno versatile, facile se ad praeclara quaequis facinora componunt: ed eccellono<br />

nell’astuzia e nell’imbroglio del nemico. Nessun accenno a questi testi nella Crisi <strong>militare</strong> del Rinascimento <strong>di</strong> Piero Pieri<br />

né in Delbrueck (History of the Art of War, 4. The Dawn of Modern Warfare, trad. W. J. Renfroe, Lincoln and London,<br />

University of Nebraska Press, 1990, pp. 17-18 sui fratelli Vitelli e il duca Valentino creatori della prima fanteria regolare<br />

<strong>italiana</strong>, reclutata in Umbria e Romagna, e sulle ragioni socio-politiche e non razziali del suo mancato sviluppo).<br />

58 Cfr. Ilari, “Italum Bellacem. Le tra<strong>di</strong>zioni militari in Italia”, relazione presentata al IV Congresso della Società <strong>di</strong> Storia<br />

Militare “Identità nazionale e Forze Armate”, Reggia <strong>di</strong> Caserta, 25-27 settembre 1996. Società Italiana <strong>di</strong> Storia Militare,<br />

Quaderno 1996-1997, Napoli, ESI, 2001, pp. 181-218; Id., “La parata del 2 giugno. L’omaggio repubblicano all’esercito”,<br />

in Sergio Bertelli (cur.), Il Teatro del Potere. Scenari e rappresentazioni del politico tra Otto e Novecento, Roma, Carocci,<br />

2000. pp. 195-220; Nicola Labanca, “Una <strong>storia</strong> immobile? Messaggi alle forze armate italiane per il 4 novembre (1945-<br />

2000)”, in Id. (cur.), “Commemorare la Grande Guerra. Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia”, Quaderni Forum, 14,<br />

2000, n. 3-4, . Nei paesi anglofoni l’opinione negativa sulle performances militari italiane non fu mo<strong>di</strong>ficata dalla tenace<br />

resistenza piemontese del 1792-96, dalle insorgenze antifrancesi del 1796-99, dai 500.000 volontari e coscritti italiani delle<br />

guerre napoleoniche e neppure dall’epopea nazionale e democratica del 1848-70 e del 1915-18 (v. i tentativi semiufficiali<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare il contrario: Adriano Alberti, Testimonianze straniere sulla guerra <strong>italiana</strong> 1915-18, Roma, Ministero della<br />

Guerra, e<strong>di</strong>to a cura del giornale “Le Forze Armate”, 1933-XI; Rudyard Kipling, La guerra nelle montagne. Impressioni<br />

del fronte italiano, Roma, ed. Rivista Militare, 1988), ma, significativamente, soltanto dall’ingiusta, brutale e<br />

controproducente “conquista dell’Impero” (1935-36), popolare negli Stati Uniti per il suo carattere antibritannico ma<br />

celebrata anche dall’imperialista britannico Liddell Hart come un capolavoro <strong>di</strong> logistica e arte <strong>militare</strong>. Gregory Hanlon<br />

ha <strong>di</strong> recente de<strong>di</strong>cato una geniale ricerca prosopografica all’ormai <strong>di</strong>menticato caso internazionale della misteriosa<br />

scomparsa della virtus italica: ma l’esito assomiglia al finale <strong>di</strong> Picnic at Hanging Rock (The twilight of a military<br />

tra<strong>di</strong>tion: Italian aristocrats and European conflicts, 1560-1800, London, UCL Press, 1998). In realtà la spiegazione è<br />

semplice: poiché la guerra che dobbiamo far finta <strong>di</strong> combattere o prevenire non é mai la nostra, semplicemente non ci<br />

interessa. Il libro bellico oggi più letto dagli italiani (Quell’antica festa crudele <strong>di</strong> Franco Car<strong>di</strong>ni, sei ristampe Mondadori<br />

nel 1995-2001) ben esprime il nostro modo <strong>di</strong> considerarla: un guazzabuglio soporifero senza né capo né coda, oppure una<br />

sarabanda mozzafiato per gli scaffali della biblioteca comunale, in cui non c’é mai tempo né voglia <strong>di</strong> soffermarsi su un<br />

pensiero - perché, in realtà, non ci aspettiamo che vi sia nulla da capire. Diverso il caso dei tedeschi: la guerra dei<br />

Trent’anni consolidò l’opinione che fossero imbelli, ma a partire da Federico II sono universalmente considerati eccellenti<br />

69


Ma, prescindendo dal paradosso italiano (che attiene all’or<strong>di</strong>ne politico e non a quello scientifico), il<br />

parallelo con gli sviluppi della scienza giuri<strong>di</strong>ca rinascimentale consente <strong>di</strong> mettere a fuoco le<br />

caratteristiche e la portata della contemporanea rivoluzione umanistica in campo <strong>militare</strong>. In entrambi i<br />

campi la nascita <strong>di</strong> una trattatistica originale non <strong>di</strong>pese da una rivalutazione del “nuovo” sull’“antico”,<br />

tema già ben presente nel XII secolo 59 , ma dal fatto che il Rinascimento “sconvolse” i concetti <strong>di</strong><br />

“nuovo” e <strong>di</strong> “antico” riferendoli ad una nuova perio<strong>di</strong>zzazione della <strong>storia</strong> basata sull’idea (già<br />

petrarchesca) <strong>di</strong> una “età <strong>di</strong> mezzo” prigioniera delle tenebrae. Il concetto, appunto rinascimentale, <strong>di</strong><br />

moderno si contrappone frontalmente al me<strong>di</strong>oevo cristiano, non all’antichità pagana: viene anzi<br />

definito, con Rabelais, come una restitutio <strong>di</strong> toutes les <strong>di</strong>sciplines attraverso la cultura antecristiana 60 .<br />

La restitutio non fu “reverenza per il passato”! Gli umanisti stu<strong>di</strong>avano per impegno politico e febbre<br />

intellettuale: erano uomini della prassi, spesso <strong>di</strong> guerra: non pii e benigni professori universitari ante<br />

litteram. Fecero dunque, senza scrupoli né rimorsi, una spietata e capillare purga ideologica: ogni<br />

autore antico restituito ne condannò a morte cento me<strong>di</strong>evali. La rimozione dei <strong>di</strong>eci secoli precedenti<br />

fu totale e permanente proprio perché fu assai più ra<strong>di</strong>cale della blanda ed effimera “rivoluzione<br />

culturale” anticonfuciana pilotata dal Grande Timoniere 61 .<br />

La rivoluzione umanistica produsse infatti il regime “moderno”: lo stesso che oggi qualifichiamo<br />

“antico” perché fu abolito dalla Rivoluzione successiva, avvenuta non più sul registro della restitutio<br />

(nonostante le mode romanizzanti e grecizzanti del 1789-1815) bensì su quello del progresso. Donde<br />

l’ambiguità del pensiero controrivoluzionario, cattolico solo in senso strumentale, per contrasto con la<br />

Rivoluzione dei Lumi: ma in realtà laico e ateo, perché <strong>di</strong>fensore dell’essenza neopagana dell’antico<br />

regime “moderno”.<br />

Ogni nazione dell’Europa rinascimentale produsse la propria declinazione politica della rivoluzione<br />

umanistica. In Italia essa impostò la <strong>di</strong>scussione sulle “cagioni” interne dell’inclinatio romana, in<strong>di</strong>cata<br />

ora in fattori interni (la corruzione della virtus repubblicana prodotta dal cesarismo oppure dal<br />

cristianesimo) ora esterni (la violenza irresistibile dei barbari) e sulla possibilità <strong>di</strong> una restitutio<br />

politica 62 . Ma nella letteratura tecnica la restitutio fu anzitutto critica filologica e storica delle fonti<br />

autoritative. A tal fine bisognava anzitutto ampliare e <strong>di</strong>versificare le fonti classiche effettivamente<br />

utilizzate. Ciò avvenne sia con le rie<strong>di</strong>zioni dei testi pervenutici, sia decomponendo filologicamente i<br />

rispettivi <strong>di</strong>gesti per restituire la trama dei testi cannibalizzati. Lo scopo era <strong>di</strong> incorporare nella<br />

trattatistica moderna l’intera tra<strong>di</strong>zione latina e procedere ad una nuova e originale incorporazione <strong>di</strong><br />

quella greco-ellenistica.<br />

soldati, malgrado le catastrofi del 1806, 1918 e 1945 e le magagne della Bundeswehr emerse negli anni Novanta, quasi<br />

peggiori delle nostre e delle francesi. Un altro celebre rovesciamento <strong>di</strong> prestigio <strong>militare</strong> è quello degli ebrei, avvenuto già<br />

prima della fondazione dello stato <strong>di</strong> Israele (lega <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa ebraica in Palestina, Jewish Brigade ed epica insurrezione del<br />

ghetto <strong>di</strong> Varsavia. Durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale gli ebrei tedeschi furono il gruppo sociale con la maggiore<br />

percentuale <strong>di</strong> decorati al valor <strong>militare</strong>. Cfr. pure M. S. Seligmann, “The First World War and the Undermining of the<br />

German-Jewish Identity as seen through American Diplomatic Documents”, in Bertrand Taithe e Tim Thornton, eds., War.<br />

Identities in Conflict 1300-2000, Thrupp Stroud, Gloucestershire, 1998, pp. 193-202).<br />

59 Giovanni da Salisbury attribuisce a Bernardo, maestro della scuola <strong>di</strong> Chartres (su una cui vetrata del XIII secolo gli<br />

evangelisti sono raffigurati come nani sulle spalle dei gran<strong>di</strong> profeti), il concetto (riferito al rapporto tra Nuovo ed Antico<br />

Testamento) che “nos sumus sicut nanus positus super humeros gigantis” (e dunque ve<strong>di</strong>amo più lontano <strong>di</strong> loro). Cfr. R.<br />

Klibanski, “Stan<strong>di</strong>ng in the shoulders of giants”, in Isis, 26, 1936, 1, pp. 147-49 (cit. in Jacques Le Goff, Art.<br />

“Antico/moderno”, in Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, Torino, 1977, I, pp. 678-700).<br />

60 Le Goff, op. cit., pp. 683-84.<br />

61 Cfr. Parker, Rivoluzione, pp. 19-20: “Ma Antichi e Moderni erano unanimi nel <strong>di</strong>sprezzare il millennio intercorso fra la<br />

caduta <strong>di</strong> Roma (476) e la presa <strong>di</strong> Costantinopoli (1453). Il me<strong>di</strong>oevo veniva considerato completamente privo <strong>di</strong> esempi<br />

e <strong>di</strong> analogie interessanti”.<br />

62 Gennaro Sasso, Niccolò Machiavelli, Bologna, Il Mulino, 1993, 2. La storiografia, pp. 47-167 (“Fra Impero romano e<br />

‘presenti tempi’”). Cfr. ovviamente Mazzarino, La fine, cit., pp. 88 ss.<br />

70


L’encomion hi<strong>storia</strong>e come unica certissima philosophia del giurista milanese Andrea Alciato 63 ; il<br />

“mariage avec les lettres humaines” segnalato da Etienne Pasquier per gli stu<strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>ci 64 , erano<br />

applicabili anche al pensiero <strong>militare</strong>. Ma il mutamento giuri<strong>di</strong>co era <strong>di</strong> importanza incomparabilmente<br />

maggiore, perché, a <strong>di</strong>fferenza del <strong>militare</strong>, doveva confrontarsi da un lato con una solida dogmatica<br />

scientifica, e dall’altro con una compiuta ideologia politica fondata sulle co<strong>di</strong>ficazioni imperiali<br />

(violentemente attaccata nel 1567 dall’Anti-Tribonien hotmaniano).<br />

Beninteso restavano le riserve logiche <strong>di</strong> Alberico Gentili (“propter varietatem, et contrarietatem<br />

exemplorum ... exempla, et facta expendenda sunt sua lance et, quasi pondera, sunt sua trutina<br />

conficienda”: de jure belli, I, 1) e sociologiche <strong>di</strong> Francesco Guicciar<strong>di</strong>ni (“quanto s’ingannano coloro<br />

che a ogni parola allegano e’ Romani! Bisognerebbe avere una città con<strong>di</strong>zionata come era loro e poi<br />

governarsi secondo quello esempio; al quale a chi ha le qualità <strong>di</strong>sproporzionate è tanto<br />

<strong>di</strong>sproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facesse el corso <strong>di</strong> un cavallo”: Ricor<strong>di</strong>, II,<br />

110).<br />

Ma queste riserve erano coerenti con lo storicismo umanistico. Questo segnava appunto il<br />

superamento dell’exemplum me<strong>di</strong>evale, avente senso in sé stesso solo perché estrapolato dal corso<br />

storico e riferito ad un sistema morale predeterminato. L’exemplum evolveva in “caso”, in aporia<br />

problematica: l’imitatio evolveva nel giu<strong>di</strong>zio, l’uso para<strong>di</strong>gmatico in uso critico, l’ucronia<br />

nell’utopia 65 .<br />

6. Restitutio e utopia nell’Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli<br />

La letteratura <strong>militare</strong> rinascimentale 66 non ebbe, nel complesso, la stessa profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> quella<br />

giuri<strong>di</strong>ca e storico-politica coeva. Tuttavia, a <strong>di</strong>fferenza del Vom Kriege <strong>di</strong> Clausewitz, i sette libri<br />

63 Alciato, nella premessa alle In P. C. Tacitum adnotationes. La lettera de<strong>di</strong>catoria a Galeazzo Visconti è del 1517. Cfr.<br />

Orestano, op. cit., p. 186. Naturalmente la <strong>storia</strong> era per eccellenza quella romana, come già affermava Petrarca<br />

nell’Apologia contra cuiusdam anonymi Galli calumnias (“quid est enim aliud omnis hi<strong>storia</strong> quam Romana laus?”, cit. in<br />

Le Goff, op. cit., p. 681). Alciato si occupò anche <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari (de re militari et militaribus officiis,<br />

Parisiis. 1651).<br />

64 Pasq., Recherches, IX, 39.<br />

65 Di questi concetti, propri della linguistica moderna, sono debitore a Karlheinz Stierle, “L’Histoire comme Exemple,<br />

l’Exemple comme Histoire. Contribution à la pragmatique et à la poétique des textes narratifs”, in Poétique, 1972, n. 10,<br />

pp. 176-198 (cortesemente segnalatomi da Francine Daenens).<br />

66 Primi abbozzi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> della trattatistica <strong>militare</strong> moderna sono in Gabriel Naudé (v. infra, §. 11) e in Paulus Ciesius,<br />

Me<strong>di</strong>tationes de stu<strong>di</strong>o militari et bibliotheca militaris conscribenda, Rostock, 1716. Cfr. pure l’Essai sur l’historiographie<br />

militaire et sur les historiographes de France, ms. in 3 volumi del magistrato ex-giacobino François Xavier Audoin (1766-<br />

1837), autore <strong>di</strong> una Histoire de l’administration de la guerre (Paris, Firmin Didot frères, 1811, 4 voll.), <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sul<br />

commercio marittimo e la guerra <strong>di</strong> corsa (Paris, an IX) e <strong>di</strong> altre due monografie ine<strong>di</strong>te (Histoire des récompenses<br />

militaires e Annales militaires des femmes), anch’esse presentate per la can<strong>di</strong>datura (1811) all’Institut de France (nella<br />

lettera Audoin si definiva “historiographe militaire”: non fu eletto). La letteratura in argomento include H. F. Rumpf,<br />

Allgemeine Literatur der Kriegswissenschaften, Berlin, 1842; Mariano D’Ayala, Bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> antica e<br />

moderna, Torino, 1854; Carlo Promis, Gl’ingegneri e gli scrittori militari bolognesi del XV e XVI secolo, in Miscellanea <strong>di</strong><br />

Storia Italiana, IV Tomo, Torino 1863 (rist. an. Bologna, Arnaldo Forni, 1975); Th. Karcher, Les écrivains militaires de la<br />

France, London, 1866; J. Almirante, Bibliographia militar de Espana, Madrid, 1876; Max Jaehns, Geschichte der<br />

Kriegswissenschaften, 3 voll., R. Oldenburg, Muenchen u. Leipzig, 1889-91; J. Pohler, Bibliotheca historico-militaris,<br />

Kassel, 1895; Edouard Guillon, Nos écrivains militaires. Etudes de littérature et d’histoire militaire, première série, des<br />

origines à la Révolution, Paris, Librairie Plon, 1898 (deux. série, de la Révolution à nos jours, 1899); J. D. Cockle, A<br />

Bibliography of English Military Books up to 1642 and of Contemporary Foreign Works, London, 1900 (repr. 1957); G.<br />

Cavazzuti, Stu<strong>di</strong> sulla letteratura politico-<strong>militare</strong> dall’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Firenze alla guerra dei Trent’anni, Modena, 1905;<br />

Domenico Sticca, Gli scrittori militari italiani, Torino, 1912. Il contributo del Novecento è nettamente più frammentario,<br />

spesso collaterale ad altri interessi scientifici (ad esempio la <strong>storia</strong> del <strong>di</strong>ritto internazionale, delle professioni tecniche,<br />

della cultura e formazione della classe <strong>di</strong>rigente, della formazione e trasmissione del testo), mentre quelli propriamente<br />

71


machiavelliani dell’Arte della Guerra (stampati nel 1521 per Filippo Giunta) ebbero un successo<br />

imme<strong>di</strong>ato 67 , <strong>di</strong>ventando un modello non solo nell’uso delle fonti classiche 68 ma perfino nell’uso dei<br />

<strong>di</strong>agrammi, derivato dalla letteratura tecnica 69 .<br />

militari sono a “galleria <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> autori nazionali” (es. Pieri) oppure limitati alla poliorcetica o a specifici ambienti<br />

culturali; segni indubbi <strong>di</strong> una complessiva per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> interesse specifico per il <strong>militare</strong> e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> coscienza storica. Cfr.<br />

Piero Pieri, Guerra e politica negli scrittori italiani, Firenze, Ricciar<strong>di</strong>, 1955 (Milano, Mondadori, 1975); Henry J. Webb,<br />

Elizabethan Military Science. The Books and the Practice, Ma<strong>di</strong>son Milwakee London, Winsconsin Press, 1965; Anthony<br />

Bryce, A Bibliography of British Military History from the Roman Invasion to the Restoration 1660, London, Saur, 1981;<br />

Ilari, Piero Crociani e Ciro Paoletti, Bella Italia militar. Eserciti e Marine nell’Italia pre-napoleonica 1748-1792, USSME,<br />

Roma, pp. 25-45 (“lo sviluppo delle scienze militari nell’Italia del Settecento”). Cfr. pure gli articoli <strong>di</strong> E. Rocchi<br />

(“L’evoluzione del pensiero italiano nella scienza della guerra”, in Nuova Antologia, agosto 1900) e G. Bargilli sulla<br />

trattatistica <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> in genere e su autori particolari del XVI e XVII secolo (in Rivista Militare Italiana 1898, 1-2,<br />

pp. 492-513; 1899, 1, pp. 321-334; 1900, 4, pp. 2007-2022, 1902, pp. 293-307). Sulla <strong>di</strong>ffusione in determinati ambienti<br />

culturali, cfr. infine Alfredo Terrone, Le cinquecentine della Biblioteca Militare Centrale, USSME, Roma, 1990 e Ilari,<br />

L’interpretazione, cit., pp. 189-204 (“Le opere ‘de bello’ nell’Amphitheatrum Legale <strong>di</strong> Agostino Fontana e la letteratura<br />

giuri<strong>di</strong>ca sulla guerra alla fine de1 XVII secolo”). Eccellente presentazione analitica dei 111 classici militari posseduti<br />

dalla biblioteca universitaria Moretus Plantin <strong>di</strong> Namur è il saggio <strong>di</strong> Bruno Colson, L’art de la guerre de Machiavel à<br />

Clausewitz, P. U. de Namur, 1998. Sulla poliorcetica moderna, cfr. Horst de la Croix, “The Literature on Fortification in<br />

Renaissance Italy”, in Technology and Culture, 4, 1963, pp. 30-50; Pietro Manzi, “Architetti e ingegneri militari dal secolo<br />

XVI al secolo XVIII. Saggio bio-bibliografico”, in Bollettino dell’Istituto storico e <strong>di</strong> cultura dell’Arma del genio, 40,<br />

1974, pp. 15-72 e 205-66; 41, 1975, pp. 19-74 e 219-82; B. Bury, “Early writings in Fortification and Siegecraft, 1502-84”,<br />

in Fort, 13, 1985, pp. 5-48.<br />

67 Cfr. Giuliano Procacci, “La fortuna dell’Arte della guerra del Machiavelli nella Francia del secolo XVI”, in Rivista<br />

storica <strong>italiana</strong>, 67, 1955, pp. 493 ss.; S. Anglo, “Machiavelli as a Military Authority: Some early Sources”, in Florence<br />

and Italy Renaissance Stu<strong>di</strong>es in Honour of Nicolai Rubinstein, London, 1988, pp. 321-334 (cit. in Verrier, “Bréviaire”,<br />

cit., p. 49). L’Arte fu l’unica grande opera <strong>di</strong> Machiavelli pubblicata durante la sua vita. Nel XVI secolo ebbe 21 e<strong>di</strong>zioni.<br />

Solo nel primo trentennio (fino alla condanna tridentina) vi furono 8 rie<strong>di</strong>zioni italiane (due fiorentine - del 1529 e 1552 - e<br />

sei veneziane - del 1537, 1540, 1541, 1546, 1551, 1552), le traduzioni spagnola (1536), francese (1546 Jean Charrier) e<br />

inglese (1560-1562) e i plagi <strong>di</strong> Salazar e Fourquevaux (“du Bellay-Langey”). L’inclusione nell’Index librorum<br />

prohibitorum <strong>di</strong> Paolo IV (1559) non impedì le e<strong>di</strong>zioni clandestine, come quella lon<strong>di</strong>nese <strong>di</strong> John Wolf(e) del 1584-88<br />

falsamente datata Piacenza, le ginevrine falsamente datate 1550 e la parigina del 1646 (George Livet, Guerre et paix de<br />

Machiavel à Hobbes, Paris, Librairie Armand Colin, 1972, pp. 40-41). Esaurita verso il 1670 la fase acuta del triplice<br />

ostracismo nazionalista (francese, inglese, spagnolo e papalino), culturale (tacitista) e teologico (sia cattolico che<br />

protestante), il Machiavelli <strong>militare</strong> tornò relativamente in auge (era letto da Cristina <strong>di</strong> Svezia e citato da Montecuccoli).<br />

Francesco Algarotti (lettere 8 e 9 sulla “Scienza <strong>militare</strong> del Segretario Fiorentino”, in Opere, IV, Livorno, 1764 = V,<br />

Venezia, 1791) arriva a farne ad<strong>di</strong>rittura l’inconfessato maestro <strong>di</strong> strategia <strong>di</strong> Federico II (bisogna comunque riconoscere<br />

che l’Antimachiavel federiciano mostra qualche indulgenza per i capitoli “militari” del Principe). Ma ancora nel 1775-78<br />

l’inquisizione veneziana processava tre ufficiali capisquadra del Collegio <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Verona non solo per aver <strong>di</strong>ffuso<br />

“Volter”, ma anche per il “sospetto che si leggessero (le opere) ancora <strong>di</strong> Nicolò Machiavello” (v. Ilari, Bella Italia, cit., p.<br />

180). In realtà a riparlare in Prussia del pensiero <strong>militare</strong> machiavelliano fu nel 1809 Clausewitz, approfittando <strong>di</strong> un<br />

saggio <strong>di</strong> Fichte su Machiavelli comparso nel primo numero della rivista Vesta <strong>di</strong> Koenigsberg (ed. <strong>italiana</strong> dei due saggi a<br />

cura <strong>di</strong> Gian Francesco Frigo, Sul principe <strong>di</strong> Machiavelli, Ferrara, Gallo e<strong>di</strong>tori, 1990). Nel 1815 fu pubblicata (ad<br />

Albany) la prima traduzione “americana” dell’Arte della guerra (quarta inglese) e nel 1839 quella russa. La prima analisi<br />

storico-<strong>militare</strong> del <strong>di</strong>alogo risale a Max Jaehns, che nella Geschichte der Kriegswissenschaften (Muenchen und Leipzig,<br />

1889, 1, pp. 455-72, 700.02, 737-38, 749-50 e 779-81) attenuò i giu<strong>di</strong>zi positivi espressi in due articoli precedenti<br />

(“Machiavelli und der Gedanke des allgemeinen Wehrpflicht”, in Koelnischer Zeitung, 1877, n. 108, pp. 110-15 e<br />

“Machiavelli als militarischer Technicher”, in Die Grenzboten fuer Politik, Literatur und Kunst, 13, Leipzig, 1881, pp.<br />

553-58).<br />

68 Nell’Arte della guerra sono menzionati solo Tuci<strong>di</strong>de, Livio e Flavio Giuseppe, ma gli autori più largamente utilizzati<br />

sono Frontino, Vegezio e soprattutto Polibio, letto nelle traduzioni manoscritte <strong>di</strong> Perotti (libri I-V) e Lascaris (VI, 19-42).<br />

Quest’ultima era già stata menzionata poco prima del 1505 nel de urbe Roma <strong>di</strong> Bernardo Rucellai e poi nei Discorsi<br />

machiavelliani. Cfr. L. Arthur Burd, “Le fonti letterarie <strong>di</strong> Machiavelli nell’Arte della guerra”, in Atti della R. Accademia<br />

dei Lincei, 5a ser., Cl. <strong>di</strong> scienze morali, storiche e filologiche, 4, 1897, pp. 187-261; Mario Martelli, Machiavelli e gli<br />

storici antichi. Osservazioni su alcuni luoghi dei Discorsi sopra la prima deca <strong>di</strong> Tito Livio, Roma, Salerno E<strong>di</strong>tore, 1998;<br />

Id., “Note su Machiavelli”, in Interpres, 18, 1999, pp. 91-145. Sull’uso della militia romana <strong>di</strong> Polibio, v. J. H. Hexter,<br />

“Machiavelli and Polybius VI: The Mistery of the Missing Translation”, in Stu<strong>di</strong>es on the Renaissance, 3, 1956, pp. 75-96.<br />

Per le 11 corrispondenze con Vegezio, in particolare 3 nel II, 5 nel III, 1 nel VI e 2 nel VII libro (incluso quasi tutto ERM,<br />

III, 26, 1-31) v. Richardot, L’influence, cit., pp. 14-15.<br />

72


La commissione tridentina incaricata <strong>di</strong> compilare l’Index librorum prohibitorum non aderì alla<br />

proposta avanzata nell’autunno 1562 dal duca d’Urbino Guidobaldo II <strong>di</strong> risparmiare almeno i Discorsi<br />

e l’Arte della guerra, sia pure in versione purgata 70 . Proprio nell’Arte Innocent Gentillet pescò ben 15<br />

“consigli scellerati” e alla riprovazione morale aggiunse l’arma del ri<strong>di</strong>colo, paragonando l’autore a<br />

Formione, il filosofo peripatetico della corte <strong>di</strong> Antioco che pretendeva <strong>di</strong> istruire Annibale de<br />

imperatoris officio et de omni re militari 71 .<br />

Fu però la scuola delbruckiana, nel 1913-20 72 , a delegittimare davvero l’Arte della guerra. Non solo<br />

per le concezioni tattiche (ispirate, sia pure con qualche insufficiente correttivo, all’assurdo<br />

69 Cfr. J. R. Hale, “A Humanistic Visual Aid. The Military Diagram in the Renaissance”, The Society for Renaissance<br />

Stu<strong>di</strong>es, Oxford U. P., 1988 (cit. in Verrier, Bréviaire, cit., p. 57 nt. 37).<br />

70 Josef Macek, Machiavelli e il machiavellismo, Firenze, La Nuova Italia, 1980, p. 183. Per tutta la seconda metà del<br />

Cinquecento l’intera opera machiavelliana subì non solo la condanna teologica tridentina e la reazione culturale tacitista<br />

(cui appartiene il De robore bellico adversus Nicolaum Machiavellum del gesuita eugubino Tommaso Bozio, Roma,<br />

1593), ma anche il violento attacco dell’opposizione nazionalista (“francogallica”) contro gli “italogalli” <strong>di</strong> Caterina de’<br />

Me<strong>di</strong>ci. Ma entrambi gli ostracismi furono a loro volta contrastati dalle due Apologie parallele comparse all’inizio del<br />

Seicento, quella francese <strong>di</strong> Louis Machon (1600/10?) commissionata dal car<strong>di</strong>nal Richelieu e quella cattolica (rimasta<br />

manoscritta) del tedesco italofilo Kasper Schoppe (1576-1649), senza dubbio il più geniale stratega e operatore<br />

dell’intelligence e del warfare cattolici, il quale scelse <strong>di</strong> contrapporre Machiavelli ad avversari esterni e interni della<br />

Chiesa ritenuti ben più pericolosi del segretario fiorentino, ossia da un lato il nazionalismo eretico francese e olandese,<br />

dall’altro il tacitismo e la crescente invadenza gesuitica nella formazione della classe <strong>di</strong>rigente europea (la ratio stu<strong>di</strong>orum<br />

gesuitica riba<strong>di</strong>va infatti la condanna tridentina <strong>di</strong> Machiavelli). Cfr. Sergio Bertelli, Ribelli, libertini e ortodossi nella<br />

storiografia barocca, Firenze, La Nuova Italia, 1973, pp. 26 ss. (Schoppe) e 284-85 (Machon); Macek, cit., pp, 252 ss.<br />

(Schoppe) e 213 ss. (Machon). Le due Apologie spiegano, malgrado i 24 libelli antimachiavelliani comparsi dal 1610 al<br />

1667, le due traduzioni dell’Arte della guerra comparse tra la pace <strong>di</strong> Anversa e la guerra dei Trent’Anni, la latina nel 1610<br />

e la tedesca nel 1619.<br />

71 Sul topos <strong>di</strong> Formione cfr. Cic., de orat., II, 75 ss. cfr. Stob., ecl., IV, 13, 58 p. 367 H e, più in generale, sulla mancanza<br />

<strong>di</strong> esperienza del comandante, IV, 13, 9 p. 349 H (Menandro, frg. 640 K). Gentillet traeva dall’Arte della guerra quin<strong>di</strong>ci<br />

esempi <strong>di</strong> consigli scellerati (cfr. Pamela D. Stewart, Innocent Gentillet e la sua polemica antimachiavellica, Firenze, La<br />

Nuova Italia, 1969, pp. 118 ss.). Brantome definiva Machiavelli “mauvais instruiseur en l’air” e contrapponeva all’Arte<br />

della guerra proprio il suo plagio francese, l’Instruction <strong>di</strong> Bellay-Langey (Fourquevaux). Anche Matteo Bandello metteva<br />

in ri<strong>di</strong>colo le pretese militari <strong>di</strong> Machiavelli, immaginando un suo comico e catastrofico tentativo <strong>di</strong> addestrare le Bande<br />

Nere <strong>di</strong> Giovanni dei Me<strong>di</strong>ci (cfr. Hale, War and Society in Renaissance Europe, London, Fontana, 1985 = Roma-Bari,<br />

Laterza, 1987, pp. 157-158, dove sono citati analoghi atteggiamenti <strong>di</strong> Aretino, Shakespeare e Robert Barrett, nonché la<br />

replica contenuta in un opuscolo <strong>di</strong> propaganda della schola militaris olandese <strong>di</strong> Siegen). Secondo Guicciar<strong>di</strong>ni anche<br />

Trivulzio irrideva la pretesa <strong>di</strong> apprendere la guerra sulle figurae quae ab hominibus rei bellicae imperitis in charta<br />

notantur (cit. in Naudé, Synt., cit., p. 505). Sull’opposto atteggiamento <strong>di</strong> Botero, Naudé e Puységur, v. infra, nt. 177. I<br />

mandarini organici alle corti europee del XVI-XVII secolo rovesciarono abilmente, pro domo eorum, il topos <strong>di</strong> Formione,<br />

con una torrenziale campagna pedagogica a favore della superiorità, in generale, delle Lettere sulle Armi (“utrum Arma<br />

Literis, an Armis Literae praestantiores sint”). Il de militum et doctorum praeferentia, <strong>di</strong> Cristoforo Lanfranchino, finì<br />

perfino nel tomo XVIII del Tractatus universi juris (Venetiis, 1584). La bibliografia su questa letteratura, molto<br />

interessante, è in Martin Lipenius, Bibliotheca realis juri<strong>di</strong>ca (rist. an. Hildesheim-New York, Georg Olms Verlag, 1970)<br />

s. v. “militia togata” e “militum paeferentia” e comprende opere <strong>di</strong> Enrico Breuleo (1593), Otto Filippo Zeuschliffer<br />

(1684), Goffredo Strauss (1679) e Nicola Cristiano Lyncker (1697). Cfr. Raffaele Puddu, Il soldato gentiluomo.<br />

Autoritratto <strong>di</strong> una società guerriera: la Spagna del Cinquecento, Bologna, Il Mulino, 1982, pp. 117ss.; Id., “Lettere e<br />

armi: il ritratto del guerriero tra Quattro e Cinquecento”, in G. Cerboni Baiar<strong>di</strong> et al. (curr.), Federico da Montefeltro. Lo<br />

Stato, le arti, la cultura, Roma, 1986, I cit. in Daniela Frigo, “Principe e capitano, pace e guerra: figure del ‘politico’ tra<br />

Cinque e Seicento”, in Fantoni (cur.), Il “Perfetto Capitano”, Roma, Bulzoni, 2001, pp. 286-289.<br />

72 Cfr. Martin Hobhom, Machiavellis Renaissance der Kriegskunst, Berlin, 1913, 2 voll. Recensito negativamente da<br />

Eduard Fueter (Historische Zeischrift, 113, p. 578), Hobhom fu <strong>di</strong>feso dal suo maestro Delbrueck (Geschichte der<br />

Kriegskunst im Rahmen der politischen Geschichte, 4, 1920, pp. 121-142 = pp. 101-113 R.). Delbrueck fu a sua volta <strong>di</strong><br />

stimolo a Piero Pieri (La guerra e la politica negli scrittori militari italiani, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1955, pp. 1-71 =<br />

Milano, Mondadori, 1975, pp. 11-62).<br />

73


schieramento manipolare a scacchiera - quincunx - descritto in Livio VIII, 8 73 ) e strategiche (per la<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria ambiguità tra guerra “corta e grossa” e cunctatio 74 ) ma anche come fonte affidabile<br />

sulla prassi <strong>militare</strong> del primo Cinquecento (per gli errori sul sistema <strong>di</strong> reclutamento dei<br />

lanzichenecchi e sulla tattica svizzera) 75 .<br />

Introducendo l’Arte della guerra nella cultura americana 76 , Felix Gilbert segnalò l’ostacolo culturale<br />

alla comprensione dell’opera: “the student of this book - scrisse - will be astonished and perhaps<br />

<strong>di</strong>sappointed because he will find in this book something very <strong>di</strong>fferent from a ‘new’ modern theory”.<br />

Pur senza ricorrere al concetto-chiave <strong>di</strong> restitutio, Gilbert colse in modo ugualmente efficace che il<br />

<strong>di</strong>sappunto era frutto della nostra idea illuministica <strong>di</strong> progresso (un’idea posteriore <strong>di</strong> almeno un<br />

secolo e mezzo a Machiavelli) e che il new rinascimentale era appunto (la riscoperta del)l’old classico.<br />

Ma non approfondì questa intuizione con un riesame puntuale delle idee militari <strong>di</strong> Machiavelli:<br />

accre<strong>di</strong>tò invece la tesi “debole”, che l’importanza dell’opera fosse soprattutto politica, con l’implicito<br />

73 Già Francesco Patrizi, La militia romana <strong>di</strong> Polibio, <strong>di</strong> Tito Livio e <strong>di</strong> Dionigi Alicarnaseo, Ferrara, 1583, p. 20 notava:<br />

“questo è uno de’ luoghi, che agli huomini <strong>di</strong> guerra de’ nostri tempi dà molto impaccio e <strong>di</strong>fficoltà. Non sapendosi essi<br />

imaginare come i Principi ricevessero gli hastati negli intervalli: né come questi fra quelli si ritirassero, parendo loro<br />

impossibile che lo squadrone de’ loro esserciti, che è avanti, si possa né ritirare senza rompersi, né essere ricevuto dalla<br />

battaglia, o dal retroguardo. Et in questo pensiero dello impossibile entrano, pensando che le or<strong>di</strong>nanze romane stessero<br />

compartite come le loro, in avanguardo, battaglia, e retroguardo. I quali essi or<strong>di</strong>nano non a spalle l’uno dell’altro, ma dal<br />

canto: accioché essendo rotto l’avanguardo, nel ritirarsi o nel fuggire, non urti nella battaglia, e la <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni ... né meno dà<br />

fatica ... a’ nostri soldati, il ritirarsi ed il sottentrare” (Cit. in Piero Pieri, La guerra, cit., 1975, p. 35, nt. 1).<br />

74 Pur ricordando la derisoria polemica machiavelliana contro le inconcludenti battaglie italiane “a zero morti” (ma questo<br />

è proprio uno degli obiettivi della RMA americana, imposto dalla cinica intolleranza contemporanea per la visibilità della<br />

morte e per le uccisioni <strong>di</strong>rette, mentre lo sterminio <strong>di</strong> massa, asettico e a<strong>militare</strong>, è del tutto compatibile con la pretesa<br />

moralistica della buona coscienza e del sentimentalismo umanitario) Delbrueck biasimava soprattutto il mancato<br />

approfon<strong>di</strong>mento dei due tipi <strong>di</strong> guerra da lui “scoperti” (<strong>Ermattung</strong> e Vernichtung). Pur riconoscendo che anche<br />

Machiavelli li intuiva, Delbrueck gli imputava <strong>di</strong> non metterli a confronto tra loro, anzi perorando in alcuni punti la “guerra<br />

corta e grossa” (battaglia decisiva per l’annientamento del nemico) e in altri - maggiormente influenzati dalle sue fonti<br />

classiche e dallo stile delle moderne guerre italiane - ripetendo i canoni della cunctatio vegeziana, consistente nel<br />

sistematico ricorso alla manovra (marce e accampamenti) e alla piccola guerra (equitatio), dando battaglia solo in caso <strong>di</strong><br />

stretta necessità oppure <strong>di</strong> netta superiorità sul nemico. - Non per infierire vilmente contro un autore che ha già dato tanti<br />

<strong>di</strong>spiaceri ai suoi numerosi e operosi fratelli non riuscendo (neppure col napalm?) a dendrotomein il loro ranch<br />

californiano: ma se Victor Davis Hanson avesse sfogliato, non <strong>di</strong>co Ardant du Picq o Hobhom, ma almeno Delbrueck,<br />

invece <strong>di</strong> inveire in toni inconsapevolmente tolstoiani contro i crucchi “assur<strong>di</strong>” e “amorali” che si occupano stupidamente<br />

dei fattori quantitativi e osservano la realtà dall’alto della loro “mongolfiera” eru<strong>di</strong>ta e militarista, avrebbe forse trovato<br />

nella preferenza machiavelliana per la guerra “corta e grossa” una conferma stimolante alla sua intuitiva e ingenua<br />

riscoperta del legame tra democrazia e preferenza per la “battaglia decisiva” - ovviamente meglio analizzato da Alexis de<br />

Tocqueville in riferimento proprio agli antenati <strong>di</strong> Hanson (ma spunti si possono cogliere già in Guibert). Naturalmente<br />

l’e<strong>di</strong>toria <strong>italiana</strong>, regolata dalla legge <strong>di</strong> Gresham, non poteva mancare una tale perla (donde Hanson, L’arte occidentale<br />

della guerra. Descrizione <strong>di</strong> una battaglia nella Grecia classica, Milano, Mondadori, 1989 e successive ristampe<br />

economiche).<br />

75 Cfr. da ultimo Bernard Wichet, “L’idée de milice et le modèle suisse dans la pensée de Machiavel”, in Jean Jacques<br />

Marchand (<strong>di</strong>r.), Niccolò Machiavelli politico storico letterato, Atti del convegno <strong>di</strong> Losanna, 27-30 settembre 1995,<br />

Lausanne, L’Age de l’Homme, 1995.<br />

76 Come ricorda Gilbert, Thomas Jefferson possedeva una copia della traduzione inglese dell’Arte della guerra e la prima<br />

e<strong>di</strong>zione americana risale al 1815 (Albany). Ma in realtà solo il <strong>di</strong>battito tedesco del 1913-20 e la popolarità acquisita da<br />

Delbrueck fra i German-haters (in virtù della sua polemica contro lo Schlieffenplan) posero le con<strong>di</strong>zioni per un<br />

inserimento <strong>di</strong> Machiavelli nell’arsenale intellettuale della democrazia forgiato nel 1941-43 dall’università <strong>di</strong> Princeton:<br />

inserimento reso possibile dalla raffinata me<strong>di</strong>azione culturale <strong>di</strong> Felix Gilbert (“Machiavelli: The Renaissance of the Art<br />

of War”, in Makers of Modern Strategy, ed. Earle 1943: ampliato nell’ed. Paret 1986, pp. 11-31, incluso in Niccolò<br />

Machiavelli e la vita culturale del suo tempo, Bologna, Il Mulino, 1969, pp. 192-229). Cfr. Coutau-Bégarie, Traité, cit., pp.<br />

163-4.<br />

74


che era irrilevante dal punto <strong>di</strong> vista <strong>militare</strong> 77 . Gilbert applicò dunque a Machiavelli la stessa<br />

castrazione reverenziale sperimentata con successo dagli stati maggiori jominiani nei confronti <strong>di</strong><br />

Clausewitz: buoni entrambi per i filosofi 78 , non sunt cur legat miles 79 .<br />

Che fosse un’opera politica è ovvio. Ai contemporanei non sfuggivano gli impliciti della de<strong>di</strong>ca (ad<br />

un consigliere me<strong>di</strong>ceo) e della struttura espositiva, un immaginario <strong>di</strong>alogo ambientato nel cenacolo<br />

degli Orti Oricellari, fra il padron <strong>di</strong> casa, il potente e raffinato Cosimo Rucellai (che citava la<br />

traduzione lascaride del Polibio <strong>militare</strong>), tre giovani patrizi fiorentini 80 e il romano Fabrizio Colonna<br />

(m. 1520), condottiero al servizio del papa e dei re d’Aragona, Francia e Spagna e preso in<br />

considerazione anche dal regime soderiniano durante la guerra <strong>di</strong> Pisa. Meno evidente era invece lo<br />

splen<strong>di</strong>do artificio retorico (ben rilevato da Frédérique Verrier 81 ) <strong>di</strong> attribuire proprio all’uomo d’arme<br />

e al condottiero <strong>di</strong> mercenari il pensiero astratto, con la rivalutazione dello stile <strong>di</strong> guerra romano<br />

(giu<strong>di</strong>cato superiore al greco) e l’esaltazione della milizia civica, e proprio ai civili letterati il pensiero<br />

pratico, mettendo in bocca a costoro le correnti obiezioni doxastiche, <strong>di</strong> carattere logico e tecnologico.<br />

Prima fra tutte, l’obiezione dell’artiglieria, ossia, più in generale, la doxa dell’innovazione<br />

tecnologica che azzera il mondo precedente (senza tener conto che artiglierie, sistemi incen<strong>di</strong>ari e mine<br />

si usavano anche nell’antichità: il salto qualitativo stava nell’aumento <strong>di</strong> potenza, e poi <strong>di</strong> precisione,<br />

gittata e produzione, prodotto non tanto dalla polvere da sparo quanto dalla combinazione capitalista 82<br />

con le applicazioni matematiche, fisiche e chimiche e lo sviluppo in parallelo delle scienze balistiche,<br />

metallurgiche, geodetiche e cartografiche, scan<strong>di</strong>to dal ciclo prassi - teoria - scienza - arte).<br />

Nell’esor<strong>di</strong>o del suo articolo Gilbert ricordava la polemica ariostea contro le armi da fuoco inventate<br />

dal <strong>di</strong>avolo. Ma l’accostamento è erroneo e fuorviante: l’ideologia cavalleresca espressa nell’Orlando<br />

furioso (1516) recriminava contro le armi da fuoco proprio perché si sentiva costretta a subirle<br />

passivamente, come pochi anni dopo avrebbe testimoniato l’impressione suscitata dalla morte <strong>di</strong><br />

Baiardo e poi <strong>di</strong> Giovanni delle Bande Nere per ferita da falconetto 83 . Opposto era il punto <strong>di</strong> vista<br />

77 Anche Pieri, influenzato da Hobhom e Delbrueck, tentò un salvataggio parziale del pensiero <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Machiavelli,<br />

contrapponendo alla in<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bile concezione tattica - “prigionier(a) <strong>di</strong> una concezione astratta, che non capiva affatto il<br />

segreto delle gran<strong>di</strong> vittorie dei macedoni e dei romani” - lo “straor<strong>di</strong>nario progresso” della “visione strategica”, espressa<br />

però non già nell’Arte della guerra ma nel Principe e nei Discorsi (op. cit., pp. 51 ss.). Analogo il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Folard (che<br />

considerava l’Arte un plagio pedestre <strong>di</strong> Vegezio ed esaltava i Discorsi e la Vita <strong>di</strong> Castruccio: cfr. Chagniot, “L’apport<br />

des Anciens dans l’oeuvre de Folard”, in Actes Namur, cit., p. 118) e Palmieri (Pieri, p. 121).<br />

78 Cfr. M. Barbut, “En marge d’une lecture de Machiavel: L’Art de la guerre et la praxéologie mathématique”, in Annales<br />

E.S.C., 3, 1970, pp. 567-573; F. Gilbert, “Bernardo Rucellai and the Orti Oricellari: A Study on the Origin of Modern<br />

Political Thought”, in History: Choice and Commitment, Cambridge, Mass., Harvard U. P., 1977; Gennaro Sasso, Niccolò<br />

Machiavelli, Bologna, Il Mulino, 1993, I, pp. 623-646 (“Dall’Arte della guerra alla Vita <strong>di</strong> Castruccio”). Per ulteriore<br />

bibliografia v. Sergio Bertelli e Piero Innocenti, Bibliografia Machiavelliana, Verona, 1979 ed Emanuele Cutinelli<br />

Ren<strong>di</strong>na, Introduzione a Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. 188-190.<br />

79 Mi si perdoni la rozza parafrasi <strong>di</strong> un pensiero ben più profondo e complesso <strong>di</strong> Alberico Gentili, nel quinto <strong>di</strong>alogo de<br />

juris interpretibus (hi<strong>storia</strong> non est cur legat juris interpres).<br />

80 Il banchiere Zanobi Buondelmonti e i letterati Luigi Alamanni e Giambattista Della Palla. Nel 1522, tre anni dopo<br />

l’immaginario <strong>di</strong>alogo sull’arte della guerra, furono esiliati per aver preso parte alla congiura <strong>di</strong> Buscoli contro il car<strong>di</strong>nale<br />

de’ Me<strong>di</strong>ci. Cfr. Maria Enrica Senesi, “Niccolò Machiavelli, l’Arte della guerra e i Me<strong>di</strong>ci”, in Interpres, 7, 1988; Denis<br />

Fachard, “Implicazioni politiche nell’Arte della guerra” (in Marchand, Atti Losanna, cit.).<br />

81 Verrier, Bréviaire, cit., pp. 55 e 63-66.<br />

82 Cfr. Jacob Mauvillon (1743-94), Essai sur l’influence de la poudre à canon dans l’art de la guerre moderne, Dessau,<br />

1782: Lipsia, 1788; John Norris, Artillery: A History, Phoenix Mill, Sutton Publishing, 2000, pp. 54 ss.<br />

83 La morte <strong>di</strong> Pierre Du Terrail (1476-1524), l’intrepido cavaliere Baiardo “senza macchia e senza paura” ucciso da<br />

un’anonima archibugiata a Romagnano Sesia mentre proteggeva la ritirata dell’esercito francese (“Loyal Serviteur”, sc.<br />

Jacques Goffrey, La très joieuse, plaisante et récreative histoire du gentil Seigneur de Bayard, 1527), non ebbe il risalto<br />

75


machiavelliano, che andava a riscoprire fra i romani la guerra politica e decisiva repubblicana 84 (con<br />

impiego <strong>di</strong> artiglieria campale) proprio per contrapporla alla guerra lu<strong>di</strong>ca cavalleresca 85 .<br />

All’obiezione <strong>di</strong> Alamanni sulla portata innovatrice dell’artiglieria, Colonna risponde assimilandola<br />

agli elefanti e ai carri falcati e citando la relativa formula <strong>di</strong> Vegezio (ERM, III, 24): si deve far passare<br />

quel che non si può fermare. Un secolo e mezzo dopo la tattica romana <strong>di</strong> lasciar passare carri e<br />

“leonfanti” negli intervalli è ricordata anche da Montecuccoli 86 . Fu proprio la <strong>di</strong>fesa a cordone, senza<br />

riserve mobili per colpire <strong>di</strong> fianco le fragili colonne corazzate tedesche una volta penetrate nelle<br />

retrovie, a provocare la catastrofe anglofrancese del maggio 1940.<br />

Né aveva torto Colonna a far notare che l’artiglieria assorbiva enormi risorse finanziarie, rallentava i<br />

movimenti dell’armata ed era imprecisa e vulnerabile all’impeto nemico. Il suo errore era invece <strong>di</strong><br />

sopravvalutarne l’efficacia ossi<strong>di</strong>onale e sottovalutarne quella <strong>di</strong>fensiva: la considerava, <strong>di</strong>remmo oggi,<br />

solo come moltiplicatore dell’urto e non come sostituto <strong>di</strong> forza (inter<strong>di</strong>zione), e pertanto la riteneva<br />

più vantaggiosa per l’attaccante che per il <strong>di</strong>fensore. Ma proprio per questo la integrava (già nel<br />

rapporto quantitativo standard con la fanteria mantenutosi fino alle guerre napoleoniche) nella sua<br />

ideale armata <strong>di</strong> milizia nazionale, organizzata “alla romana” proprio perché, all’opposto dei<br />

mercenari, doveva cercare, imporre e combattere la battaglia decisiva 87 . Del resto, come ricordava<br />

Montecuccoli, un secolo dopo Machiavelli l’idea della famosa artiglieria reggimentale (“pezzetti”) fu<br />

ispirata a Gustavo Adolfo proprio dalle baliste campali della legione cesariana 88 .<br />

Il torto <strong>di</strong> Machiavelli non era quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ignorare l’artiglieria, ma semmai <strong>di</strong> esagerarne<br />

conformisticamente la portata, vittima dell’opinione corrente (ripetuta ancora da Guicciar<strong>di</strong>ni) che il<br />

politico <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Giovanni de’ Me<strong>di</strong>ci (1498-1526). Quest’ultima, che ispirò forse la pagina <strong>di</strong> <strong>storia</strong> politica più<br />

elaborata nella letteratura <strong>italiana</strong> del Rinascimento, è stata appena riletta (privandola del suo spessore politico <strong>di</strong> dramma<br />

“nazionale” italiano e riducendola, appunto, nei termini antistorici e sentimentalistici della morale cavalleresca al<br />

tramonto) in un modesto film <strong>di</strong> spiriti deamicisiani (Ermanno Olmi, Il mestiere delle armi, 2001).<br />

84 Arte, I, 5: dopo essersi a lungo soffermato sul carattere civico e non professionale dell’esercito e dei generali della<br />

Repubblica romana, Fabrizio <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non considerarsi neppur lui un professionista: “e <strong>di</strong>co non aver mai usata la guerra<br />

per arte, perché l’arte mia è governare i miei sud<strong>di</strong>ti e defendergli, e, per potergli defendere, amare la pace e saper fare la<br />

guerra. Ed il mio re (Fer<strong>di</strong>nando il Cattolico) non tanto mi premia e stima per intendermi io della guerra, quanto per sapere<br />

io ancora consigliarlo nella pace”.<br />

85 Non <strong>di</strong>versamente dalla celebre contrapposizione leninista tra Igra (il torneo intercapitalista giocato nelle trincee della<br />

grande guerra) e Wojnà (la guerra vera, cioè l’imminente rivoluzione proletaria) Machiavelli denunciava la criminale<br />

mistificazione dell’ordalia cavalleresca, esemplata dal duello degli Orazi e dei Curiazi, dove la libertà e la sopravvivenza <strong>di</strong><br />

due popoli erano irresponsabilmente affidati alla sorte (Discorsi, I, 22 e 23). Nella famosa pagina finale del II libro,<br />

Fabrizio Colonna attribuisce alla prevalenza del sistema repubblicano nell’occidente greco-romano il fatto che abbia<br />

prodotto un numero <strong>di</strong> “uomini eccellenti in guerra” molto superiore a quello dei condottieri africani e ancor più asiatici<br />

(dove il sistema politico dominante era la monarchia).<br />

86 Raimondo Montecuccoli, Delle battaglie, Primo trattato, in Raimondo Luraghi (cur.), Le opere <strong>di</strong> Raimondo<br />

Montecuccoli, Roma, USSME, 1988, II, pp. 63 e 93 (sulla tecnica romana <strong>di</strong> spaventare gli elefanti col sistema del<br />

brulotto, mandando contro <strong>di</strong> loro maiali cosparsi <strong>di</strong> pece incen<strong>di</strong>ata). Secondo Plutarco (Sull., 18, 6) a Cheronea “i carri<br />

falcati nemici arrivarino sull’obiettivo fiaccamente, come un proiettile privo <strong>di</strong> slancio, e i soldati romani, “battendo le<br />

mani e ridendo, chiesero il bis, come si usa nell’ippodromo durante le corse dei cavalli” (Giar<strong>di</strong>na, Introduz. al de rebus<br />

bellicis, cit., p. xii).<br />

87 Arte, III, cfr. Discorsi, II, 17. Cfr. C. Montezemolo, “Machiavelli e le armi da fuoco”, in Rivista d’artiglieria e genio,<br />

1891, 4, pp. 87-118; J. R. Hale, “Gunpowder and the Renaissance: an essay in the history of ideas”, in C. H. Carter (ed.),<br />

From the Renaissance to the Counter Reformation: Essays in Honour of Garrett Mattingly, London, 1966, pp. 113-144.<br />

Non si <strong>di</strong>mentichi che la “cattiva pruova” della milizia fiorentina a Prato nel 1512 non fu certo dovuta all’artiglieria<br />

(Delbrueck ricorda che il nemico aveva solo 2 pezzi e uno scoppiò dopo pochi tiri). Sul rapporto tra armi da fuoco e<br />

declino dell’etica cavalleresca, con corretta interpretazione della posizione <strong>di</strong> Machiavelli, cfr. Puddu, Il soldato<br />

gentiluomo, cit., pp. 24-25. Dello stesso autore, e ancor più interessante, cfr. I nemici del re. Il racconto della guerra nella<br />

Spagna <strong>di</strong> Filippo II, Roma, Carocci, 2000.<br />

88 Montecuccoli, op. cit., p. 43 L.<br />

76


suo “impeto” avesse reso obsolete le fortificazioni. Quel che Machiavelli ignorava era che già nel<br />

1515, quattro anni prima che scrivesse l’Arte della guerra, a Civitavecchia aveva esor<strong>di</strong>to la cinta<br />

bastionata, la trace italienne 89 , che riequilibrava attacco e <strong>di</strong>fesa. Ma il torto <strong>di</strong> non aver riflettuto<br />

abbastanza che offesa e <strong>di</strong>fesa sono concetti polari e che la superiorità reciproca non può essere mai<br />

definitiva, è comune alla letteratura militarista e pacifista post-1945, percorsa dall’idea (basata su<br />

presupposti fattuali del tutto ipotetici e in realtà erronei) che il nucleare avesse finalmente realizzato lo<br />

strangelove dell’arma decisiva e “assoluta”.<br />

La critica storico-<strong>militare</strong> del <strong>di</strong>alogo machiavelliano si rivela ancor più angusta e miope dei tanti<br />

eru<strong>di</strong>ti o moralisti che l’hanno crivellato. Attenta a dettagli inessenziali (ed emendabili senza mettere in<br />

questione la coerenza complessiva del sistema), non si accorge che è lo stesso Colonna a proclamare<br />

l’assoluta “inattualità” politica della sua armata ideale, ben più decisiva delle sue secondarie incoerenze<br />

tattiche. E proprio per la stessa ragione che sarà poi esposta da Guicciar<strong>di</strong>ni nel passo “antiromano” dei<br />

Ricor<strong>di</strong> citato in questo articolo; vale a <strong>di</strong>re che già nell’Italia del 1519, già nella Firenze me<strong>di</strong>cea,<br />

prima ancora della conquista asburgica, non ci sono più le “con<strong>di</strong>zioni” per un’armata<br />

nazionaldemocratica 90 .<br />

E’ dunque consapevolmente un’utopia e un’astrazione, l’armata ideale <strong>di</strong> Fabrizio: ma un’utopia che<br />

libera la mente dall’ucronia dell’exemplum, un’astrazione che, ripensandola da capo e rigorosamente,<br />

rifonda la prassi della guerra su basi nuove. Aver mostrato il con<strong>di</strong>zionamento sociale della<br />

pianificazione <strong>militare</strong> sarebbe già una lezione sufficiente a giustificare l’importanza propriamente<br />

<strong>militare</strong>, e non soltanto filosofica, politica o anche strategica del <strong>di</strong>alogo. Ma v’è implicita una lezione<br />

molto più importante, ossia l’evoluzione metodologica che l’Arte della guerra fa compiere al pensiero<br />

<strong>militare</strong>. Questa lezione non si può cogliere se non si intende rettamente il concetto <strong>di</strong> restitutio<br />

dell’antico. Non solo non va confusa con l’imitatio, ma è proprio il suo opposto. E’ proprio la<br />

restitutio, come intelligenza critica del passato, l’unico modo possibile per liberare davvero il presente<br />

dalla tirannia del canovaccio tralatizio, per trasformare davvero il presente in modernità 91 .<br />

Fabrizio ne è consapevole: proclama infatti la qualità innovativa del suo approccio storico, quando,<br />

all’inizio del <strong>di</strong>alogo critica il suo illustre ospite per aver riempito l’Orto <strong>di</strong> piante rare, sol perché un<br />

tempo erano apprezzate dagli antichi: “quanto meglio arebbono fatto quelli, sia detto con pace <strong>di</strong> tutti,<br />

a cercare <strong>di</strong> somigliare agli antichi nelle cose forti e aspre, non nelle delicate e molli, e in quelle che<br />

facevano sotto il sole, non sotto l’ombra, e pigliare i mo<strong>di</strong> della antichità vera e perfetta, non quelli<br />

della falsa e corrotta; perché, poi che questi stu<strong>di</strong> piacquero ai miei Romani, la mia patria rovinò”.<br />

Ma per <strong>di</strong>stinguere le cose “forti e aspre” dalle “delicate e molli” occorre, appunto, un criterio<br />

storico. E’ una strada concettualmente <strong>di</strong>versa da quella che, tre anni prima dell’Arte della guerra,<br />

89 Cfr. Parker, Rivoluzione, cit., p. 22. Sulla trace italienne, cfr. cfr. John A. Lynn, “The trace italienne and the Growth of<br />

Armies: the French Case”, in The Journal of Military Stu<strong>di</strong>es, July 1991; Jean François Pernot, “La ‘trace italienne’:<br />

éléments et approches”, ibidem, pp. 31-50. Cfr. Leone Andrea Maggiorotti, Architetti e architetture militari, “L’opera del<br />

genio italiano all’estero”, Serie quarta, Roma, La Libreria dello stato, II, 1933; III, 1939: Bertrand Gille, Les ingénieurs de<br />

la Rénaissance, Paris, Hermann, 1964: Christopher Duffy, Siege Warfare. The Fortress in the Early Modern World 1694-<br />

1660, Routledge & Kegan Paul, 1979 (rist. London-New York, Routledge, 1996); M. H. Merriman, “Italian military<br />

engineers in Britain in the 1450s’”, in S. Tyarke (ed.), English Map-making 1500-1650. Historical Essay, London, 1983,<br />

pp. 57-67; Paolo Galluzzi, Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi a Leonardo da Vinci, Firenze, Giunti, 1996;<br />

Marino Viganò (cur.), Architetti e ingegneri militari italiani all’estero dal XV al XVIII secolo, Istituto Italiano dei Castelli<br />

(Roma), Livorno, Sillabe, 2 voll. 1994 e 1999. Sulla poliorcetica moderna, cfr. supra, nt. 62.<br />

90 Arte, VII, 17. Cfr. Giorgio Barberi Squarotti, “L’Arte della guerra e l’azione impossibile”, in Lettere italiane, 20, 1968<br />

(ora in Machiavelli o la scelta della letteratura, Roma, Bulzoni, 1987, pp. 231-262); Verrier, Bréviaire, cit., pp. 67-70.<br />

91 Ciò sfugge a Verrier (Breviaire, cit., p. 58) quando - conformandosi acriticamente alla <strong>di</strong>vulgazione pieriana delle<br />

pedanti osservazioni delbruckiane - suppone che i paralleli tra picca e sarissa e tra falange e quadrato svizzero “relevent<br />

plus d’un tic humaniste que d’une proposition concrète” e che tale “bric-à-brac antiquisant”, assente negli altri scritti<br />

militari machiavelliani (a carattere pratico), sia una mera ricaduta stilistica dei Discorsi.<br />

77


Tommaso Moro aveva percorso in <strong>di</strong>rezione della società senza guerra. Ma neppure lui poteva<br />

percorrerla senza l’aiuto, non <strong>di</strong>chiarato, dei classici 92 . E la qualità concettuale era la medesima:<br />

administration théorique (come l’Encyclopé<strong>di</strong>e métho<strong>di</strong>que rubricava le voci sulle utopie),<br />

Staatsroman (come nel Settecento si rendeva in tedesco il concetto <strong>di</strong> utopia) 93 .<br />

Clausewitz scrisse, suo malgrado, per i posteri. Solo la nostra generazione - intellettualmente formata<br />

dalla guerra fredda - comincia, infatti, ad intenderlo davvero. Machiavelli poté invece insegnare ai suoi<br />

contemporanei l’uso critico delle fonti, una lezione che la successiva idea <strong>di</strong> progresso ci rende oggi<br />

<strong>di</strong>fficile intendere. Ma i suoi imitatori militari non furono in grado <strong>di</strong> seguirlo sul terreno ben più<br />

complesso del loro uso “sintagmatico” 94 , consistente nel considerarle non solo come repertorio <strong>di</strong><br />

“casi” problematici, ma anche come in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> un coerente processo storico universale 95 .<br />

7. La scuola veneziana dei “paralleli militari” tra Antico e Moderno<br />

L’idea <strong>di</strong> integrare, confrontare e rifare l’epitoma <strong>militare</strong> tralatizia è anteriore al <strong>di</strong>alogo<br />

machiavelliano e, se non gli è proprio del tutto estranea, è comunque inessenziale. Essa accomuna<br />

invece i primi trattati moderni, prodotti dalle corti ducali limitrofe a Venezia: non solo i due a carattere<br />

letterario - del riminese Roberto Valturio (1405-75) 96 segretario <strong>di</strong> Sigismondo Pandolfo Malatesta<br />

(committente e de<strong>di</strong>catario dell’opera) e del piacentino Antonio Cornazzano (1429-84) cortigiano<br />

estense 97 - ma anche il modesto manuale pratico del molisano Battista de(lla) Valle 98 <strong>di</strong> Venafro,<br />

ingegnere <strong>militare</strong> del duca d’Urbino, simile a quello composto nel 1516 da Filippo duca <strong>di</strong> Clèves<br />

(1456-1528), già comandante dell’artiglieria francese in Fiandra 99 e <strong>di</strong> analoghi “precursori” 100 .<br />

92 Mazzarino, PSC, cit., pp. 332 ss. (dove, magistralmente, l’“avvicinamento” tra Machiavelli e Moro prevale sulla<br />

“contrapposizione”).<br />

93 Cfr. Bronislaw Baczko, Art. “Utopia”, in Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, Torino, 1981, 14, p. 871.<br />

94 Cfr. Stierle, op. cit., p. 185.<br />

95 Cfr. Gennaro Sasso, Machiavelli e gli Antichi, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1988, pp. 67-118 (“Machiavelli e Polibio.<br />

Costituzioni, potenza, conquista”), 119-165 (“Machiavelli e Romolo”) e pp. 401-535 (“I detrattori, antichi e nuovi, <strong>di</strong><br />

Roma”).<br />

96 Cfr. Roberto Valturio, De re militari (in 12 libri), Veronae, Johannes ex Verona impressit, 1472.<br />

97 Il trattato in versi, scritto nel 1476 e de<strong>di</strong>cato al duca <strong>di</strong> Ferrara Ercole d’Este, fu stampato postumo a Venezia (Opera<br />

belissima del arte militar del excellentissimo poeta miser Ant. Cornazzano in terza rima, per m. Christophoro Mondello)<br />

nel 1493, a Pesaro (Capitoli dell’arte <strong>militare</strong>, Per Hyeronimo Soncino) nel 1507 e ancora a Venezia nel 1518, 1526 e<br />

1536. Nel 1558 fu pubblicata una traduzione spagnola. Cfr. le Instructions sur le fait de la guerre, extraictes des livres de<br />

Polybe, Frontin, Végèce, Cornazan, Machiavel et plusieurs autres bons auteurs, del barone <strong>di</strong> Fourquevaux (Raymond de<br />

Beccarie de Pavie), stampate a nome <strong>di</strong> Guillaume du Bellay signore <strong>di</strong> Langey (Parigi, Vascosan, 1548; 1553; Lione, B.<br />

Rigaud, 1592; trad. it. Venezia 1550; 1571). Bibliografia in Richardot, Stratégique, cit., p. 8. Adde Aldo A. Settia, “‘De re<br />

militari’: cultura bellica nelle corti emiliane prima <strong>di</strong> Leonardo e <strong>di</strong> Machiavelli”, in Le se<strong>di</strong> della cultura nell’Emilia<br />

Romagna: l’epoca delle signorie, le corti, Federazione Casse <strong>di</strong> Risparmio delle Banche del Monte dell’Emilia Romagna,<br />

Milano, Silvana E<strong>di</strong>toriale, 1985, pp. 65-89; Annalisa Musso, “Del modo <strong>di</strong> regere e <strong>di</strong> regnare <strong>di</strong> Antonio Cornazzano”, in<br />

Schifanoia, 19, 1999, pp. 67-79.<br />

98 Vallo. Libro continente appartenentie ad Capitanij: retenere et fortificare una Cita con bastioni, artificj de fuoco,<br />

polvere, et de espugnare una Cita con ponti, scale, argani, trombe, trenciere, artegliarie, cave, dare avisamenti senza<br />

misso alo amico, fare or<strong>di</strong>nanze, battaglioni. Et puncti de <strong>di</strong>ffida con lo pingere. Opera molto utile con la esperientia de<br />

larte <strong>militare</strong>. Pubblicata a Venezia nel 1524, 1529, 1535, 1543, 1550 e 1558. La traduzione francese (Du faict de la<br />

guerre et art militaire) fu pubblicata a Lione nel 1529 e 1558. Nel 1620 fu compilato in tedesco, assieme ad altri autori, da<br />

G. Ruscelli (Kriegs und Archeley Kunst...).<br />

99 Composta nel 1516, l’Instruction de toutes manières de guerroyer tant par terre que par mer et des choses y servantes,<br />

re<strong>di</strong>gées par escript, par Messire Philippes duc de Clèves, comte de la Marche, et Seigneur de Ravestain, fu pubblicata a<br />

Parigi (Chez Guillaume Morel) nel 1558. Bibliografia in Richardot, Stratégique, cit., p. 8-9.<br />

78


Innovando rispetto alla precedente letteratura <strong>militare</strong> fiorentina, incentrata quasi unicamente sulla<br />

questione politica dei mercenari e della milizia 101 , il trattato machiavelliano le attribuì una fama<br />

europea e un rilievo culturale del tutto sproporzionati alla loro reale qualità e alla marginale importanza<br />

geopolitica dello stato me<strong>di</strong>ceo. Del resto dopo il 1530 anche la scuola <strong>militare</strong> fiorentina, sospetta al<br />

dominio me<strong>di</strong>ceo per la sua connotazione repubblicana 102 , emigrò a Venezia, che esercitava sugli stu<strong>di</strong><br />

militari una duplice attrazione, politica ed e<strong>di</strong>toriale.<br />

Il fattore politico, già presente negli “esaltatori fiorentini <strong>di</strong> Venezia”, Machiavelli e Rucellai 103 ,<br />

emerge in modo più strettamente pertinente al <strong>militare</strong> dal magistrale stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ennio Concina 104<br />

sull’affermarsi a Venezia dell’idea <strong>di</strong> un “Marte razionale”. Il criterio emerge già nel nuovo modello <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fesa territoriale (renovatio securitatis) varato nel 1517 e nel potenziamento delle forze terrestri<br />

(restitutio rei militaris) pianificato nel 1525 da Francesco Maria I della Rovere (1490-1538), capitano<br />

generale della Repubblica e, nel 1526, delle intere forze italiane. Infine il Piano per lo Stato da Terra<br />

presentato nel 1532 dal duca d’Urbino al senato veneziano prevedeva, secondo Concina, una<br />

“compiuta trasformazione del territorio in città forte” 105 .<br />

Senza collegarlo alla riforma <strong>militare</strong> veneziana, sir John Rigby Hale ha invece considerato decisivo<br />

il generale primato e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Venezia, dove fu impressa circa la metà dei libri stampati in Italia<br />

prima del 1570 106 . Nel campo della letteratura moderna <strong>di</strong> argomento <strong>militare</strong> il primato veneziano fu<br />

ancor più accentuato, perché le 67 opere (<strong>di</strong> 44 autori) stampate a Venezia nel 1492-1570 (incluse 14<br />

100 Oltre ai 4 autori citati, Jaehns elenca anche il trattato (a carattere cavalleresco) del giurista Paride Del Pozzo (P. De<br />

Puteo, Duello, libro de Ri, Imperaturi, Principi ... Napoli, 1471; 1518; Venezia, 1521; 1525; 1530; 1536; 1540; Sevilla,<br />

1544; incluso nelle collezioni <strong>di</strong> trattati giuri<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Lione 1549 e Venezia, 1584), nonché Montius (Exercitiorum atque<br />

artis militaris collectanea, Me<strong>di</strong>olanum, 1509), Surget (Enchiri<strong>di</strong>on <strong>di</strong>sciplinae militaris, Parisii, 1511), de la Tour (Le<br />

guidon des guerres, Paris, 1514) e un Ferretus (Aureus tractatus de re et <strong>di</strong>sciplina militari, Venetiae, 1515) non ricordato<br />

nell’elenco delle e<strong>di</strong>zioni veneziane steso da Hale (v. infra nt. 104).<br />

101 Oltre che in Machiavelli, la polemica contro i mercenari e il <strong>di</strong>battito sulla milizia nazionale ricorre, in modo specifico<br />

o incidentale, in un<strong>di</strong>ci scrittori fiorentini del XV-XVI secolo, tra i quali Leonardo Bruni, Francesco Patrizi e Angelo<br />

Poliziano (Verrier, Bréviaire, cit., p. 61, nt. 47).<br />

102 Cfr. C. C. Bayley, War and Society in Renaissance Florence. The ‘De Militia’ of Leonardo Bruni, University of<br />

Toronto Press, 1961; Sergio Bertelli, introduzioni all’Arte della guerra e scritti politici minori, Milano, Feltrinelli, 1961;<br />

V. Masiello, “Il piano socio-politico della riforma <strong>militare</strong> e il problema del consenso”, in Classi e stato in Machiavelli,<br />

Bari, Laterza, 1971; Gennaro Sasso, Machiavelli e gli Antichi, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1988, 2, pp. 57-118<br />

(“Machiavelli, Cesare Borgia, don Michelotto e la questione della milizia”); Id., Niccolò Machiavelli, Bologna, Il Mulino,<br />

1993, 1, pp. 189-248 (“La questione dell’or<strong>di</strong>nanza”); Verrier, Bréviaire, cit., pp. 61-62, ntt. 46-47.<br />

103 Cfr. Sasso, Machiavelli e gli antichi, cit., pp. 501 ss: (“il mito <strong>di</strong> Venezia”).<br />

104 Ennio Concina, La macchina territoriale. La progettazione della <strong>di</strong>fesa nel cinquecento veneto, Roma-Bari, Laterza,<br />

1983, v. in particolare p. 25. Purtroppo M. E. Mallett e J. R. Hale non hanno potuto tener conto del prezioso saggio <strong>di</strong><br />

Concina, apparso solo pochi mesi prima del loro famoso volume sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> veneziana (The Military Organization<br />

of a Renaissance State: Venice c. 1400 to 1617, Cambridge U. P. 1984). Il manoscritto dei Discorsi militari del duca<br />

d’Urbino fu tesaurizzato come un bene ere<strong>di</strong>tario <strong>di</strong> famiglia e letto dal figlio Guidobaldo. L’opera fu infine stampata a<br />

Ferrara nel 1583 (cfr. J. R. Hale, “Printing and the military culture of Renaissance Venice”, in Me<strong>di</strong>evalia et Humanistica,<br />

n. s. 7, 1977 = “Industria del libro e cultura <strong>militare</strong> a Venezia nel Rinascimento”, trad. <strong>di</strong> Girolamo Arnal<strong>di</strong>, in Storia<br />

della cultura veneta dal primo Quattrocento al concilio <strong>di</strong> Trento, Venezia, Neri Pozza, s. d., 2, p. 279).<br />

105 Concina, op. cit., p. 39. Sui Discorsi militari attribuiti a Della Rovere cfr. G. Bargilli, “Una <strong>di</strong>sfida storica e i DM del<br />

duca d’Urbino”, in Rivista Militare Italiana, 47, 1902, 1, pp. 293-307.<br />

106 Si tenga presente le <strong>di</strong>mensioni complessive della produzione libraria europea: 40.000 volumi nella seconda metà del<br />

XV secolo, 57.000 nel XVI, 250.000 nel XVII, 2 milioni nel XVIII. In campo <strong>militare</strong> l’impennata si verifica dopo il<br />

1730. Cfr. David A. Kronick, A History of scientific and technical perio<strong>di</strong>cals. The origins and development of the<br />

scientific and technological press 1665-1790, New York, The Scarecrow Press, 1962, p. 60.<br />

79


già e<strong>di</strong>te altrove) superano il totale <strong>di</strong> quelle stampate nello stesso periodo nel resto d’Europa (almeno<br />

64, <strong>di</strong> cui 22 nel resto d’Italia, 14 in Inghilterra, 10 in Francia e 3 in Spagna) 107 .<br />

Peraltro solo 31 opere (<strong>di</strong> 27 autori) appartengono propriamente alle scienze militari: 17 sull’arte<br />

della guerra e 14 <strong>di</strong> carattere tecnico 108 . La mancanza <strong>di</strong> opere specifiche sulla guerra navale si spiega,<br />

secondo Hale, con la familiarità dell’argomento al pubblico veneziano, la “monotonia” (ossia<br />

l’applicazione <strong>di</strong> regole terrestri alle operazioni, prevalentemente litoranee e anfibie, delle flotte<br />

remiere) e, soprattutto, la mancanza <strong>di</strong> precedenti classici nella trattazione separata della guerra<br />

navale 109 .<br />

Di particolare interesse nella produzione veneziana è la collana <strong>di</strong> 13 storici greci 110 pubblicata nel<br />

1557-70 da Gabriel Giolito de Ferrari a cura del poligrafo aretino Tommaso Porcacchi (che si definiva<br />

“aristotelico”) e dei suoi amici (il fiorentino Remigio Nannini, Lodovico Dolce e Lodovico<br />

Domenichi). Infatti non soltanto l’e<strong>di</strong>tore sottolineava l’interesse <strong>militare</strong> della collezione <strong>di</strong> storici<br />

107 Hale, op. ult. cit., pp. 245-88. Complessivamente Hale ha censito 145 libri militari pubblicati a Venezia da 66 <strong>di</strong>versi<br />

e<strong>di</strong>tori, corrispondenti però soltanto a 67 opere: 53 (<strong>di</strong> 46 autori con 31 e<strong>di</strong>tori) stampate a Venezia per la prima volta, con<br />

48 nuove e<strong>di</strong>zioni o ristampe e 4 traduzioni veneziane; 14 (incluse 4 traduzioni) apparse per la prima volta altrove, con 26<br />

rie<strong>di</strong>zioni, nuove e<strong>di</strong>zioni e traduzioni veneziane.<br />

108 I 16 autori delle 17 opere sull’arte della guerra (o <strong>di</strong>sciplina <strong>militare</strong>) o sull’ufficio del capitano generale stampate a<br />

Venezia prima del 1570 sono i seguenti: Antonio Cornazzano 1493, Egi<strong>di</strong>o Colonna 1498, Battista Della Valle 1524,<br />

Iacopo <strong>di</strong> Porcia 1530, Niccolò Machiavelli 1537, “Guillaume du Bellay” (in realtà Raymond de Fourquevaux) 1550 (ried.<br />

1571), Girolamo Garimberti 1556, Alessandro Farra 1556, Domenicus Cyllenius 1559, Ascanio Centorio degli Hortensii<br />

1558-61, Giovacchino da Coniano 1564, “Alfonso Adriano” (Aurelio Cicuta) 1566, Bernar<strong>di</strong>no Rocca 1566 e 1570,<br />

Giovanni Matteo Cicogna 1568, Francesco Ferretti 1568 e Domenico Mora 1569. Altre 9 opere riguardano le fortificazioni<br />

e la poliorcetica (Giambattista Zanchi 1554, Pietro Cataneo 1554, Giacomo Lanteri 1557 e 1559, Girolamo Maggi 1564,<br />

Giacomo Fausto Castriotto 1564, Francesco Montemellino 1564, Domenico Mora 1567 e Galasso Alghisi 1570), 4<br />

l’artiglieria (Niccolò Tartaglia 1537 e 1546, Vannuccio Biringuccio 1540 e Girolamo Ruscelli 1568) e 1 le piante <strong>di</strong><br />

fortezze e campi <strong>di</strong> battaglia (Giulio Ballino 1565). Hale include nell’elenco altre 2 opere sull’“indole <strong>militare</strong>” (Antonio<br />

Brucioli 1526 e Giovanni Maria Memmo 1563), 3 <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> (Leonardo Botallo 1564, Bartolomeo Maggio 1566<br />

e Giovanni Rota 1566) e 2 <strong>di</strong> eloquenza <strong>militare</strong> (Remigio Nannini 1557 e Francesco Sansovino 1570), nonché 17 sulle<br />

leggi <strong>di</strong> guerra e il co<strong>di</strong>ce cavalleresco, 9 sui cavalli e l’equitazione e 2 sulla scherma.<br />

109 Hale, op. cit., pp. 279-282. Ciò non esclude l’esistenza <strong>di</strong> manoscritti, come Le Galere Grosse veneziane (1593) <strong>di</strong> G.<br />

Giomo (Venezia, 1895) e Della militia maritima, scritto forse nel 1535 e comunque entro il 1553 dal patrizio Cristoforo<br />

Dal Canal (benché destinato alle stampe, fu pubblicato solo nel 1930 da Mario Nani Mocenigo). Il primo libro italiano<br />

esclusivamente de<strong>di</strong>cato alla guerra navale fu stampato a Roma nel 1614 (Pantero Pantera, L’Armata navale). Non si<br />

debbono però ignorare le storie militari delle campagne navali <strong>di</strong> Lepanto (Onorato Caetani, Ferrante Caracciolo, Giovanni<br />

Pietro Contarini, Gerolamo Diedo) e dell’Invencible Armada (Filippo Pigafetta, Discorso sopra l’Or<strong>di</strong>nanza dell’Armata<br />

Catolica e Petruccio Ubal<strong>di</strong>no, Commentario dell’Impresa fatta contra il Regno d’Inghilterra), né l’importante trattato<br />

giuri<strong>di</strong>co del ravennate Giulio Ferretto, De jure et re navalii et de ipsius rei navalis et belli aquatici praeceptis legitimis<br />

liber (Venezia, 1579 = T. XII dei Tractatus universi juris, Venezia, 1584). La <strong>storia</strong> navale antica fu invece coltivata in<br />

Francia (Baysius, de re navali veterum, Lutetiae Parisiorum, 1499; Doletus, de re navali, Lugduni, 1537; Rivius, Hi<strong>storia</strong><br />

navalis antiqua, Lugduni, 1633), Germania (Senftlebii Argo, sive variarum antiquarium navium Syva ?, Leipzig, 1642) e<br />

Olanda (Meibom, De fabrica triremium liber, Amsterdam, 1670). Johannes Scheffer, autore della prima e<strong>di</strong>zione critica<br />

dei taktika <strong>di</strong> Arriano e Maurizio (Uppsala, 1664), scrisse anche due trattati <strong>di</strong> <strong>storia</strong> navale greca e romana (de militia<br />

navali veterum libri IV , Upsala 1654; Id., Opelius de fabrica triremium Meibomiana, Eleutherop. 1672). Cfr. anche i<br />

lavori del gesuita e matematico francese Paul Hoste (L’Art des Armées Navales e Théorie de la construction des vaisseaux,<br />

entrambi pubblicati a Lione nel 1697) su cui Michel Depeyre, “Le père Paul Hoste fondateur de la pensée navale<br />

moderne”, in Coutau-Bégarie (<strong>di</strong>r.), L’évolution de la pensée navale, Paris, FEDN, 1990, pp. 57-77: Id., Tactiques et<br />

stratégies navales de la France et du Royaume Uni de 1690 à 1815, Paris, ISC, Economica, 1998, pp. 58-60 e 65-66. (cit.<br />

in Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 142-43). Il libro XIV e ultimo dell’Histoire de la milice françoise del padre<br />

Daniel (1721) è de<strong>di</strong>cato alla “milice françoise sur la mer”. Spunti in Ezio Ferrante, “L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Roma antica nel pensiero<br />

navale italiano”, in Rivista Marittima, 1980, n. 11, pp. 27-32.<br />

110 Erodoto, Tuci<strong>di</strong>de, Senofonte, Polibio, Diodoro Siculo, Dionigi d’Alicarnasso, Giuseppe, Plutarco, Appiano, Arriano,<br />

Appiano, Arriano nonché, in unico volume, Ditto Can<strong>di</strong>ano et Darete Frigio della guerra troiana (1570). Cfr. Hale, op.<br />

cit., pp- 262 ss.<br />

80


greci (“<strong>di</strong> tutte l’operationi che si leggono nell’historie qual sia maggiore, et <strong>di</strong> piu importanza essendo<br />

senza dubbio la guerra, perché da essa dependono gli stati, et gli imperi”), ma la corredava <strong>di</strong> 10 gioie<br />

militari, ossia “una raccolta <strong>di</strong> quasi tutte l’historie, fruttuosamente or<strong>di</strong>nata per beneficio <strong>di</strong> chi<br />

esercita la milizia”.<br />

L’idea delle gioie venne probabilmente nel 1564 a Porcacchi, il quale pensò <strong>di</strong> riunirvi tre antologie<br />

già pubblicate da Giolito nel 1557-58 e altre cinque già pubblicate da altri e<strong>di</strong>tori, assieme a due scritte<br />

da lui stesso come “chiavi” dell’intera collana, mantenendo la stessa veste tipografica adottata per le<br />

prime tre già stampate (in corsivo e in-4°, con in<strong>di</strong>ci tematici) 111 . Una delle 10 monografie previste<br />

(una traduzione dal francese sulla castrametazione romana) 112 non poté essere acquistata da Giolito, e<br />

le gioie furono perciò soltanto nove:<br />

•tre antologie precedenti, una <strong>di</strong> Orationi militari raccolte da tutti gli historici antichi e<br />

moderni (Nannini, 1557) e due delle tre monografie (primo e terzo <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> guerra) <strong>di</strong> Ascanio<br />

Centorio degli Hortensii sugli uffici <strong>di</strong> capitano generale e mastro <strong>di</strong> campo generale (1558);<br />

•le due “chiavi” <strong>di</strong> Porcacchi alla collana: Le cagioni delle guerre antiche (1564) e Paralleli o<br />

essempli simili cavati dagl’historici, accioche si vegga, come in ogni tempo le cose del mondo<br />

hanno riscontro, o fra loro, o con quelle de’ tempi antichi (1567);<br />

•tre <strong>di</strong>scorsi sul governo della militia (antologie tematiche <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong>) <strong>di</strong> Bernar<strong>di</strong>no<br />

Rocca, sulla strategia terrestre e navale (Imprese, stratagemmi et errori militari, 1566) e sulla<br />

preparazione (come s’ha da provedere ... 1570) e impiego delle forze (del modo <strong>di</strong> vincere, 1570);<br />

•la rie<strong>di</strong>zione dell’antologia <strong>di</strong> Domenico Mora sull’etica <strong>militare</strong> (Il soldato, 1570).<br />

L’elenco <strong>di</strong> Hale non include però né la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica 113 , né quella delle guerre moderne 114 e<br />

neppure le traduzioni veneziane <strong>di</strong> classici 115 . Spicca tra queste, nel 1575, l’e<strong>di</strong>zione palla<strong>di</strong>ana,<br />

111 Le nove gioie sono incluse in un recente elenco <strong>di</strong> 275 titoli <strong>di</strong> autori antichi e moderni considerati attinenti al tema del<br />

“perfetto capitano” e stampati in Italia dal 1493 al 1648 (Marcello Fantoni, cur., Il “Perfetto Capitano”, Immagini e realtà<br />

(secoli XV-XVIII), Atti del seminario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> Georgetown University a Villa “Le Balze” - Istituto <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Rinascimentali<br />

<strong>di</strong> Ferrara 1995-1997, Roma, Bulzoni, 2001, pp. 491-508). Fantoni le considera giustamente come opere in<strong>di</strong>pendenti,<br />

perché come tali erano state scritte: ma in realtà entravano nelle biblioteche come una serie coerente, come <strong>di</strong>mostra la<br />

ven<strong>di</strong>ta, nel 1773, della collezione completa proveniente dalla biblioteca <strong>di</strong> Joseph Smith, famoso console inglese a<br />

Venezia.<br />

112 Si intendeva probabilmente acquistare la traduzione <strong>italiana</strong> (Discorso sopra la castrametatione et bagni antichi de i<br />

Greci et Romani, Bologna, 1558) delle ricerche antiquarie del lionese Guillaume du Choul, de<strong>di</strong>cate a Enrico II (Discours<br />

sur la castrametation et <strong>di</strong>scipline militaire des Romains; Des bains et antiques exercitations grecques et romaines; De la<br />

religion des anciens Romains, riccamente illustrata con tavole tratte da documenti antichi, Lyon, 1535; Paris 1557; Wesel,<br />

1672). L’opera fu infine stampata anche a Venezia, ma solo nel 1583 (per Altobello Salicato). L’autore affermava che “les<br />

Romains ont l’art de la guerre entre les mains”.<br />

113 Cfr. Francesco Serdonati, De’ fatti d’arme de’ Romani, libri tre. Ne quali si tratta <strong>di</strong> tutte le battaglie et imprese fatte<br />

da Romani ..., In Venetia, Appresso Giordan Ziletti, 1572. Dello stesso autore, De vantaggi da pigliarsi da capitani <strong>di</strong><br />

guerra contra i nemici superiori <strong>di</strong> cavalleria ..., In Roma, Appresso Carlo Vullietti, 1608.<br />

114 Cfr. ad es. Niccolò degli Agostini sulla battaglia della Gera d’Adda (1521), Luis de Avila y Zuniga sulle campagne<br />

imperiali in Germania (1548), Alessandro Benedetti sulle battaglie <strong>di</strong> Fornovo <strong>di</strong> Taro e Novara (1549) ecc.<br />

115 Questi ultimi sono però menzionati e <strong>di</strong>scussi alle pp. 258-61. A Venezia furono pubblicate traduzioni italiane <strong>di</strong><br />

Vitruvio (1511 fra Giocondo), Cesare (1517 Agostino Lurtica della Porta), Vegezio (1524 Tizzone Gaetano da Pafi),<br />

Polibio de militia romana (1536 anonima, con de<strong>di</strong>ca al duca d’Urbino), Frontino (1543 Comin da Trino; 1574<br />

Marc’Antonio Gan<strong>di</strong>no), Onasandro (1546 Fabio Cotta), Nepote (1550 Nannini), Ammiano Marcellino (1550 Nannini),<br />

Senofonte (1550 Le guerre dei greci, Francesco <strong>di</strong> Soldo Strozzi, de<strong>di</strong>cato a Giovanni dei Me<strong>di</strong>ci, “lume della milizia”;<br />

1588 Pietro Muselli), Polieno (1551 Lelio Carani; 1551 Nicolò Mutoni), Eliano (1551 Francesco Ferrosi; 1552 Francesco<br />

Robertelli), Polibio (1553 Domenichi), Curzio Rufo (1558 Porcacchi), Appiano (1554-59 Dolce; 1584 Alessandro<br />

81


iccamente illustrata e de<strong>di</strong>cata a Carlo V, dei commentari <strong>di</strong> Cesare, che allora venivano<br />

paradossalmente letti in funzione misoromana dalla storiografia ugonotta e monarcomaca, che usava le<br />

<strong>di</strong>gressioni etnografiche del de bello Gallico per costruire una coscienza nazionale “francogallica” 116 .<br />

Nell’introduzione Andrea Palla<strong>di</strong>o (1508-80) “riassunse splen<strong>di</strong>damente - secondo Hale 117 - il nesso<br />

fra lo stu<strong>di</strong>o della <strong>storia</strong> antica e della guerra moderna”, suscitato in lui dall’insegnamento del suo<br />

patrono Giangiorgio Trissino (1478-1550), autore del poema Italia liberata dai Goti (Roma 1547-48).<br />

Palla<strong>di</strong>o vi dava, inoltre, conto del suo rifiuto <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> architettura <strong>militare</strong>, sostenendo che<br />

nessuna fortificazione poteva essere abbastanza solida da resistere a lungo contro un nemico davvero<br />

deciso e che la migliore <strong>di</strong>fesa non riposava su mura e bastioni ma sulla bontà dell’or<strong>di</strong>namento<br />

<strong>militare</strong>. Il migliore restava a suo avviso quello romano, non messo in questione dalle armi da fuoco 118 .<br />

Al cenacolo romano del vicentino Trissino appartenevano anche l’u<strong>di</strong>nese Francesco Robertelli<br />

(1516-67), filologo e filosofo aristotelico e Filippo Pigafetta (1533-1603) traduttori rispettivamente <strong>di</strong><br />

Eliano (1552) e Leone VI (1561; 1586; 1602), nonché il filosofo neoplatonico Francesco Patrizi da<br />

Cherso (1529-97) autore <strong>di</strong> famosi Paralleli tra l’arte <strong>militare</strong> antica e moderna 119 e due uomini <strong>di</strong><br />

Braccio), Leone VI (1561, 1586, 1602 Filippo Pigafetta) e Livio (1562, con de<strong>di</strong>ca al marchese <strong>di</strong> Pescara, capitano<br />

generale della Cesarea Maiestà in Italia). Altre traduzioni italiane apparvero a Firenze (Appiano <strong>di</strong> Alessandro Braccese,<br />

1519; Eliano <strong>di</strong> Lelio Carani 1552) e Napoli (Leone VI <strong>di</strong> Alessandro Napoletano 1612). Nel 1546 Jean Charrier pubblicò<br />

a Parigi, in uno stesso volume, le traduzioni francesi <strong>di</strong> Machiavelli e Onasandro. Elenco completo <strong>di</strong> tutte le e<strong>di</strong>zioni<br />

europee in Philippe Richardot, “Les é<strong>di</strong>tions d’auteurs militaires antiques au XVe-XVIe siècle”, in Stratégique, 68, 1997,<br />

n. 4 (sintetizzato in Coutau-Bégarie, Traité, cit., pp. 157-9).<br />

116 La selezione bibliografica <strong>di</strong> Luigi Loreto (Pensare, cit., p. 240 nt. 6) risale fino a Jaehns (Caesar’s Kommentarien<br />

und ihre literarische und kriegswissenschaftliche Folgewirkung, Beihefte zum Militaer-Wochenblatt 7., 1883; Id., GdKW,<br />

1, pp. 448-50) e ai due Napoleone, il III (ricordato per la campagna <strong>di</strong> scavi volta all’in<strong>di</strong>viduazione topografica dei campi<br />

<strong>di</strong> battaglia cesariani, oltre che per l’Histoire de Jules César, Paris, 1865/66) e il I (per il suo Précis de la guerre en César.<br />

Ecrit par M. Marchand, à l’ile de Sainte Helène, sous la <strong>di</strong>ctée de l’Empereur, Paris, 1836; ed. B. Bravo, Napoli, 1984).<br />

Ma spiccano nella letteratura precedente le Observations sur les moyens de faire la guerre de Julius Caesar <strong>di</strong> Montaigne<br />

(Essais, II, 34) e i commenti cesariani del filosofo antiscolastico Pierre de la Ramée (1515-72), perito nella strage <strong>di</strong> San<br />

Bartolomeo (De militia Caesaris, 1559), <strong>di</strong> Clement Edmonds (Observations upon the Five First Bookes of Caesar’s<br />

Commentaires, 1600, 1604, 1609) e <strong>di</strong> quattro uomini <strong>di</strong> guerra, il maresciallo <strong>di</strong> Francia Pietro Strozzi (1510-58) ucciso<br />

all’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Thionville (citato da Montaigne e autore anche <strong>di</strong> una traduzione greca <strong>di</strong> Cesare), l’ugonotto Enrico I duca<br />

<strong>di</strong> Rohan (1579-1638) (Le parfait capitain. Autrement <strong>di</strong>t l’abregé des guerres de Gaule des commentaires de Caesar,<br />

Paris, 1636), il cattolico Giulio Cesare Brancaccio e il maresciallo <strong>di</strong> Puységur (citt. infra). Sui commenti cinquecenteschi<br />

a Cesare, cfr. Verrier, Les Armes de Minerve, cit., pp. 94, 106 e 209. George Huppert (L’idée de l’histoire parfaite, Paris,<br />

Flammarion, 1973 pp. 38 ss., ripreso da Pierre Chaunu, Histoire science sociale, CDI e SEDES, 1974, trad. it. La durata,<br />

lo spazio e l’uomo nell’epoca moderna, Napoli, Liguori, 1983, p. 31) sottolinea l’influenza dell’etnografia cesariana<br />

<strong>di</strong>vulgata da Gabriello Simeoni (1509-75: Livre I de César renouvelé par des observations militaires, Paris, 1558) sulle<br />

Recherches ... de la France (1560) <strong>di</strong> Etienne Pasquier (1529-1615), “il primo vero libro <strong>di</strong> <strong>storia</strong> de<strong>di</strong>cato al passato della<br />

Francia”, in particolare sulla decisione politica <strong>di</strong> far cominciare la <strong>storia</strong> della Francia con i Galli, anziché coi Franchi o i<br />

Troiani. Sull’uso “misoromano” del bellum Gallicum e sull’ideologia nazionalista della storiografia francese del<br />

Cinquecento cfr. Bertelli, Ribelli, cit., pp. 221-245 (“Romani e Francogalli”). Su Ramo, cfr. Guido Ol<strong>di</strong>ni, La <strong>di</strong>sputa del<br />

metodo nel Ramo e sul ramismo, Firenze, Le Lettere, 1997.<br />

117 Hale, op. cit., pp. 265-66. Cfr. Id., “Andrea Palla<strong>di</strong>o, Polybius and Julius Caesar”, in Journal of the Warburg and<br />

Courtauld Institutes, 40, 1977, pp. 240-255.<br />

118 Per confutare il pregiu<strong>di</strong>zio che i soldati moderni fossero troppo rozzi e ignoranti per essere addestrati e schierati<br />

secondo le regole romane, Palla<strong>di</strong>o organizzò una <strong>di</strong>mostrazione pratica con le reclute dell’“or<strong>di</strong>nanza da mar” (Hale, op.<br />

cit., p. 266).<br />

119 Patrizi, La militia romana <strong>di</strong> Polibio, Tito Livio e <strong>di</strong> Dionigi Alicarnaseo, da F. P. <strong>di</strong>chiarata e con varie figure<br />

illustrata, la quale a pieno intesa, non solo darà altrui stupore de’ suoi buoni or<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong>sciplina, ma ancora in paragone<br />

farà chiaro quanto la moderna sia <strong>di</strong>fettosa et imperfetta, In Ferrara, O. Mammarelli, 1583; Id., Paralleli militari <strong>di</strong> F. P.<br />

ne’ quali si fa paragone delle Milizie antiche, in tutte le parti loro, con le moderne, 2 voll., In Roma, Appresso Luigi<br />

Zanetto, 1594 e 1595.<br />

82


guerra, l’ingegnere friulano Mario Savorgnan conte <strong>di</strong> Belgrado e il capitano vicentino Valerio<br />

Chieregato, entrambi scrittori militari 120<br />

Gioie giolitiane e cenacolo trissinian-palla<strong>di</strong>ano formavano dunque una vera e propria “scuola”<br />

veneziana dei confronti militari tra antichi e moderni, non solo anteriore, ma anche più ricca e<br />

complessa <strong>di</strong> quella olandese. Agli autori già citati (i letterati Porcacchi, Patrizi e Nannini, i militari<br />

Centorio, Rocca, Mora, Savorgnan, Chieregato) va aggiunto l’importante Domenico Cyllaenus, de<br />

vetere et recentiore scientia <strong>militare</strong>, omnium bellorum generum terrestria perinde ac navalia<br />

(Venetiis, 1559).<br />

8. Scipio, A Greater than Hannibal<br />

A giu<strong>di</strong>care dalla prime pepite riportateci dal seminario ferrarese <strong>di</strong>retto da Marcello Fantoni, i<br />

confronti militari italiani del XVI-XVII secolo potrebbero rappresentare un nuovo Eldorado della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> comparata. Non erano infatti generici, ma tematici, analitici e pratici: <strong>di</strong>scutevano ad esempio<br />

se il principe dovesse comandare <strong>di</strong>rettamente oppure delegare il comando 121 , se il capitano dovesse<br />

rischiare la vita in mezzo ai soldati (come Cesare seppe fare al momento del bisogno) oppure<br />

risparmiarsi (secondo il <strong>di</strong>ctum <strong>di</strong> Scipione, che la madre l’aveva “fatto capitano, e non soldato”) 122 . Il<br />

confronto non era poi a senso unico: poteva consistere anche nell’analizzare con criteri moderni un<br />

episo<strong>di</strong>o della <strong>storia</strong> antica, come la battaglia <strong>di</strong> Farsalo 123 o la “bataglia <strong>di</strong> Scipione in Africa” 124 , o<br />

rivisitare temi della storiografia classica come i confronti militari tra popoli (romani e macedoni,<br />

romani e cartaginesi) e gran<strong>di</strong> capitani antichi, rimettendo in <strong>di</strong>scussione il famoso primato <strong>di</strong> Annibale<br />

rispetto ad Alessandro e Cesare.<br />

Com’è noto a lanciare le moderne sillogi <strong>di</strong> vite para<strong>di</strong>gmatiche furono gli Elogia virorum bellica<br />

virtute e le Vite degli uomini illustri (Firenze, 1548 e 1549) del me<strong>di</strong>co comasco Paolo Giovio (1483-<br />

1552), il quale stimava l’homo novus Narsete superiore ad Alessandro, eroicizzava una grande famiglia<br />

<strong>italiana</strong> (Duodecim Vicecomitum Me<strong>di</strong>olanensium vitae, Parisiis, 1549, che reca sul frontespizio il<br />

famoso stemma del Biscione) e paragonava il blocco del castello <strong>di</strong> Milano (1521-23) attuato da<br />

Prospero Colonna, comandante degli imperiali, all’asse<strong>di</strong>o cesariano <strong>di</strong> Alesia 125 .<br />

120 Savorgnano, Arte <strong>militare</strong> terrestre e maritima secondo la ragione et’uso de’ più valorosi capitani antichi e moderni,<br />

già descritta e <strong>di</strong>visa in quattro libri ..., In Venezia, S. Combi, 1595 e 1599; G. Zorzi, “Un vicentino alla corte <strong>di</strong> Paolo<br />

secondo: Chiarighino Chiericati e il suo Trattatello della milizia”, in Nuovo archivio veneto, n. s. 30, 1915, pp. 369-434. Fu<br />

Chieregato a organizzare, nel 1570, le milizie paesane dalmate (craine).<br />

121 Frigo, op. cit., pp. 294-297; cfr. Lucio Ceva, “Il comando degli eserciti in Europa fra Età <strong>di</strong> mezzo e Restaurazione”, in<br />

Rivista storica <strong>italiana</strong>, 98, 1986, 2, pp. 463-499.<br />

122 Front., Strat., 4, 7, 4; Tac., Hist., 3, 20; Montecuccoli, op. cit., pp. 98-99.<br />

123 Cfr. ad es. l’analisi della battaglia <strong>di</strong> Farsalo fatta dal capitano piacentino Giovan Antonio Levo, riorganizzatore delle<br />

milizie paesane piemontese e portoghese (Discorso intorno alcune proposte fattele da alcune persone illustri nelle<br />

contrarie opinioni <strong>di</strong> Cesare et Pompeo nel afrontare e nel far combattere i loro esserciti nella giornata <strong>di</strong> Farsaglia, In<br />

Torino, Appresso Girolamo Ferina, 1571). Cfr. le critiche <strong>di</strong> Folard a Cesare per l’imprecisa descrizione del proprio or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> battaglia (Nouvelles découvertes, pp. 299-300 e 352-3), interpretata come or<strong>di</strong>ne obliquo da Puységur (Art de la guerre<br />

par principes et règles, Paris, 1748) in base a Front., Strat., II, 3, 22 (Colson, Coll. Moretus Plantin, cit., p. 151).<br />

Bibliografia in Loreto, Il piano <strong>di</strong> guerra dei pompeiani e <strong>di</strong> Cesare dopo Farsalo (giugno-ottobre 48 a. C.). Uno stu<strong>di</strong>o<br />

sulla grande strategia della guerra civile, Amsterdam, Adolf M. Hakkert E<strong>di</strong>tore, 1994.<br />

124 Savorgnano, Arte <strong>militare</strong> terrestre e marittima, cit. (Jaehns, GdKW, 1, pp. 455 ss.).<br />

125 Colson, Collect. Moretus-Plantin, cit., p. 22. Gli Elogi furono pubblicati a Firenze (Torrentino) nel 1554 nella<br />

traduzione <strong>di</strong> Ludovico Domenichi. Vite ed Elogia furono ripubblicati insieme a Basilea, 1575-77. Cfr. Verrier, Les Armes<br />

de Minerve, cit., pp. 58-62. Sulle altre traduzioni <strong>di</strong> Domenichi delle monografie <strong>di</strong> Giovio relative a condottieri italiani e<br />

spagnoli, pubblicate a Venezia nel 1549 (Giacomo Muzio Attendolo Sforza) e a Firenze nel 1551 (Marchese <strong>di</strong> Pescara),<br />

1552 (Gran Capitano: riunita con la precedente nell’ed. Bari, Laterza, 1931) e 1553 (Alfonso d’Este), v. supra, nt. 53.<br />

83


Nel 1551 apparve a Venezia la traduzione del Discorso sopra i fatti <strong>di</strong> Annibale <strong>di</strong> Guglielmo<br />

Guilleo 126 . Ma la vittoria <strong>di</strong> Carlo V, la riforma tridentina e il tacitismo rendevano politicamente<br />

impegnativo sostenere il primato annibalico, nei paesi cattolici e imperiali per l’ovvia sfumatura<br />

anticesariana, e in tutta Europa perché il para<strong>di</strong>gma annibalico evocava non tanto il confronto liviano<br />

con Scipione, quanto il tema polibiano, ripreso da Machiavelli, della crudeltà come virtù politica.<br />

Esemplata appunto dal condottiero cartaginese, costretto ad essere crudele non perché tale fosse la sua<br />

indole, ma per la necessità <strong>di</strong> tenere insieme un esercito multinazionale 127 . Ovviamente una questione<br />

così delicata non poteva sfuggire alla revisione tacitista, attuata nel 1575 da Francesco Bocchi 128<br />

assegnando il primato a Cesare sui capitani antichi e a questi ultimi sui moderni (Carlo Magno,<br />

Consalvo <strong>di</strong> Cordova, Giovanni dei Me<strong>di</strong>ci e Carlo V).<br />

Il <strong>di</strong>battito sul primato dei capitani antichi e l’e<strong>di</strong>zione palla<strong>di</strong>ana dei commentari cesariani<br />

stimolarono il famoso compen<strong>di</strong>o del napoletano Giulio Cesare Brancaccio 129 , ma anche<br />

l’iconografia 130 , l’emblematica e la trattatistica politica. Naturalmente era facile contestare il primato<br />

126 Gugliemo Guilleo, Discorso ... sopra i fatti <strong>di</strong> Annibale. Nel quale <strong>di</strong>mostrandosi lui essere stato nel valor dell’arme<br />

superiore a tutti gli altri Capitani, si descrive generalmente l’ufficio <strong>di</strong> perfetto capitano; tradotto per il Dolce, In Vinegia,<br />

Appresso gabriel Giolito de’ Ferrari, 1551.<br />

127 Cfr. Pol., IX, 23, 4; Mach., Princ., 17; Disc., III, 21: Mazzarino, PSC, II, 2, pp. 330 e 402-03 nt. 521. Sulla<br />

contrarietas tra gli esempi <strong>di</strong> philanthropia antichi (Epaminonda, Dionigi, Pompeo, Pelopida graziato dal popolo tebano) e<br />

moderni (Edoardo principe <strong>di</strong> Galles, Scanderbeg, Corrado <strong>di</strong> Svevia) e l’on<strong>di</strong>vago atteggiamento <strong>di</strong> Alessandro (la cui<br />

famosa generosità verso i vinti non gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carsi ferocemente dei valorosi <strong>di</strong>fensori <strong>di</strong> Gaza) Montaigne<br />

costruì proprio l’essai iniziale (Par <strong>di</strong>vers moyens on arrive à pareille fin). Cfr. Stierle, op. cit., pp. 193-195. Sulla<br />

convenienza strategica <strong>di</strong> non <strong>di</strong>struggere interamente il nemico (esemplata da Lucullo verso Mitridate) v. Montecuccoli,<br />

op. cit., pp. 108-109.<br />

128 Francesco Bocchi, Discorso <strong>di</strong> F. B. fiorentino. A chi de’ maggiori Guerrieri, che insino à questo tempo sono stati, si<br />

dee la maggioranza attribuire, In Fiorenza, Appresso Giorgio Marescotti, 1573. Bocchi è autore anche <strong>di</strong> un’analoga<br />

<strong>di</strong>ssertazione (1580) sul primato relativo tra “armi e lettere” e <strong>di</strong> una ine<strong>di</strong>ta polemica antimachiavelliana (cfr. R. De<br />

Mattei, “Una ine<strong>di</strong>ta ‘Risposta’ al Machiavelli <strong>di</strong> Francersco Bocchi”, in Archivio Storico Italiano, 124, 1966, pp. 3-30; cit.<br />

in Macek, op. cit., p. 184).<br />

129 Il Brancatio autore del compen<strong>di</strong>o cesariano pubblicato a Venezia nel 1582 (della vera <strong>di</strong>sciplina et arte <strong>militare</strong><br />

sopra i Comentari <strong>di</strong> Giulio Cesare, da lui ridotti in compen<strong>di</strong>o per commo<strong>di</strong>tà de’ soldati, In Venetia, Vittorio Bal<strong>di</strong>ni,<br />

1582; Aldo, 1585) è quasi certamente Giulio Cesare Brancaccio e non, come generalmente si scrive, il più giovane Lelio<br />

(1560-1637), maestro <strong>di</strong> campo della fanteria <strong>italiana</strong> in Francia, che nel 1610 pubblicò ad Anversa un trattato <strong>di</strong> organica<br />

(I carichi militari o Fucina <strong>di</strong> Marte). Cfr. Almirante, op. cit., pp. 88-89; Anna C. Simoni, “Sol<strong>di</strong>er’s Tale. Observations<br />

on Italian military books published at Antwerp in the early 17th Century”, in Denis V. Rey<strong>di</strong> (ed.), The Italian Book 1465-<br />

1800, London, The British Library (Stu<strong>di</strong>es in the History of the Book), 1993, pp. 255-390. L’autrice cita, oltre al libro <strong>di</strong><br />

Brancaccio, quelli dei maestri <strong>di</strong> campo Pompeo Giustiniano (Della guerra <strong>di</strong> Fiandra, 1609) e Lodovico Melzo (Regole<br />

militari ... sopra il governo e servitio della cavalleria, 1611). Ma ad Anversa fu pubblicato nel 1617 anche il Theatro<br />

<strong>militare</strong> del milanese Flaminio Della Croce).<br />

130 L’uso <strong>di</strong> temi militari classici nell’iconografia rinascimentale (es. Trionfo <strong>di</strong> Cesare <strong>di</strong> Andrea Mantegna, 1480-92,<br />

Hampton Court) è opportunamente segnalato da Loreto, Art. Krieg, in Neue Pauly, Rezeption und Wissenschaftsgeschichte<br />

(Stuttgart-Weimar, Verlag J. B. Metzler), Bd. 14 (2000), coll. 1113-14. Ma gli specialisti <strong>di</strong> <strong>storia</strong> antica e me<strong>di</strong>evale si<br />

meraviglieranno a considerare quanto rara e frammentaria sia, per l’età moderna e contemporanea, l’analisi scientifica<br />

dell’emblematica e dell’iconografia bellica e <strong>militare</strong>. Una tappa a mio avviso importante è stata segnata nel 1981 dal<br />

colloquio internazionale <strong>di</strong> Clermont Ferrand, i cui atti sono stati però pubblicati solo nel 1985 dalla Facoltà <strong>di</strong> Lettere e<br />

scienze umane <strong>di</strong> quell’università (La bataille l’armée la gloire 1747-1781, a cura <strong>di</strong> Paul Viallaneix e Jean Ehrard, 2 voll.,<br />

in particolare II, pp. 507 ss. “images de la guerre”). Per l’Italia si deve oggi salutare come un buon auspicio la felice<br />

riunione dei contributi <strong>di</strong> Roberto Sabba<strong>di</strong>ni, Richard E. Schade, Elisabeth Oy-Marra, Raffaele Tamalio, Jerzy Miziolek,<br />

Joanna Woods-Marsden e Susanne E. L. Probst nel recente volume collettivo sul Perfetto capitano curato da Fantoni.<br />

Purtroppo l’accostamento critico alla rappresentazione artistica del tema bellico avviene in Italia solo dal lato, abbastanza<br />

scontato, dei rarissimi specialisti <strong>di</strong> iconografia, con minima eco tra gli storici e scarsa tra i sociologi dell’arte, della<br />

letteratura e della cinematografia, per non parlare dell’assoluta refrattarietà della nostra letteratura storico-<strong>militare</strong>, che non<br />

sembra neppure avvedersi della questione. La responsabilità va a mio avviso imputata anche e forse soprattutto<br />

84


annibalico sulla scorta letteraria della celebre investitura <strong>di</strong> Scipione fatta cavallerescamente, dopo la<br />

sconfitta, dallo stesso condottiero cartaginese (Liv. XXXV, 14, sulla fittizia testimonianza <strong>di</strong> Acilio,<br />

accolta come autentica, sia pure con lieve imbarazzo, da Liddell Hart 131 ). Senza entrare nel merito,<br />

Giovanni Botero (1544-1617) andò ancor più oltre, sostituendo Annibale con Scipione nella triade dei<br />

gran<strong>di</strong> capitani antichi proposti ad esempio a ciascuno dei tre principi sabau<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui era precettore 132 .<br />

Nel 1926 Liddell Hart sviluppò nel XVI capitolo del suo libro su Scipione le ragioni per cui lo<br />

considerava superiore ad Alessandro e A Greater than Napoleon 133 . Nel VII bollò come “gelosia<br />

senile” l’opposizione <strong>di</strong> Fabio Massimo al piano <strong>di</strong> sbarco in Africa e celebrò Scipione come il classico<br />

straniero in patria, troppo grande per i suoi meschini compatrioti, paragonando l’ingratitu<strong>di</strong>ne<br />

dell’oligarchia romana a quella dei politicanti inglesi dell’epoca della regina Anna verso il duca <strong>di</strong><br />

Marlborough, il famoso compagno d’arme <strong>di</strong> Eugenio <strong>di</strong> Savoia nonché antenato <strong>di</strong> Winston<br />

Churchill 134 .<br />

Il contrasto Temporeggiatore-Africano era letto in modo opposto dalla politografia tacitiana, in<br />

particolare dal ro<strong>di</strong>gino Girolamo Frachetta (1558-1620), organico all’oligarchia patrizia veneziana che<br />

si riconosceva nel senato romano e temeva la <strong>di</strong>ttatura più del moderno Cartaginese <strong>di</strong> Costantinopoli.<br />

Frachetta subor<strong>di</strong>nava infatti la “prudenza <strong>militare</strong>” a quella “civile”, assegnando a quest’ultima <strong>di</strong><br />

“consulare, & deliberare se sia espe<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> far guerra, ò pace” e limitando il compito della “Scienza<br />

<strong>militare</strong>” a “reggere prudentemente la guerra già risoluta”. 135 Discendeva da tale impostazione<br />

all’involontario, ma non per questo meno colpevole, depistaggio operato dai maniaci <strong>di</strong> militaria, che declassano in ogni<br />

paese, ma particolarmente in Italia, l’interesse intellettuale e lo stesso decoro sociale degli stu<strong>di</strong> militari.<br />

131 A Greater than Napoleon. Scipio Africanus, London, William Blackwood & Sons, 1926 (Scipione Africano, Milano,<br />

Rizzoli, 1981, p. 191). Con maggiore prudenza la citazione liddellhartiana fu ripresa dal generale Francesco Saverio<br />

Grazioli, Scipione l’Africano, Torino, UTET, 1941, p. 160. L’analisi tecnico-<strong>militare</strong> <strong>di</strong> Grazioli non sfigura nel confronto<br />

con quella liddellhartiana. Senza commentare il parallelo con Napoleone istituito dall’autore inglese, considera Annibale il<br />

“maestro <strong>di</strong> tattica dei Romani” (p. 153) echeggiando qui il topos classico dell’addestramento involontario del nemico<br />

sconfitto, e Scipione l’inventore della manovra e il “precursore” <strong>di</strong> Cesare (che fa “toccare all’arte <strong>militare</strong> romana il<br />

vertice della parabola”, p. 182). Forse con eco spengleriana Grazioli accenna ad una contrapposizione Asia-Europa,<br />

facendo <strong>di</strong> Alessandro e Scipione i campioni <strong>di</strong> due stili contrapposti, “orientale” e “occidentale” dell’arte della guerra (p.<br />

165: idea peraltro solo enunciata, senza il minimo abbozzo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento). Lo vede come l’“imperialista” illuminato<br />

e non militarista (anche Liddell Hart enfatizza il ruolo culturale <strong>di</strong> Scipione, fino a farne però il campione dell’ellenismo<br />

universalista, quasi un britannico ante litteram, contrapponendolo alla rozza e malvagia romanità). Per Grazioli<br />

ovviamente Scipione è solo uno dei “gran<strong>di</strong> Italiani” (questo il titolo della collana <strong>di</strong> biografie in cui compare il saggio) e<br />

non sa trattenersi dal parrocchiale e bislacco accostamento a Garibal<strong>di</strong> (p. 168). Su Grazioli cfr. Luigi Emilio Longo,<br />

Francesco Saverio Grazioli, Roma, USSME, 1989. Replicando (nel 1933) alla relazione ufficiale austriaca sulla grande<br />

guerra, che aveva sottolineato l’incapacità del comando supremo italiano <strong>di</strong> approfittare dell’iniziale debolezza austriaca, il<br />

generale Adriano Alberti (Testimonianze, cit., pp. 63-65) ricordava che anche Annibale, nonostante la vittoria <strong>di</strong> Canne, era<br />

rimasto “una quin<strong>di</strong>cina d’anni a logorarsi in Italia” non potendo rischiare tutto con un attacco a posizioni potentemente<br />

fortificate come Roma o il campo <strong>di</strong> Fabio. E aggiungeva che l’esempio <strong>di</strong> Alessandro non era pertinente, perché i suoi<br />

avversari non erano un “popolo in armi”, bensì “masse non legate da alcun vincolo spirituale, pronte perciò a <strong>di</strong>ssolversi al<br />

primo insuccesso” (argomento un po’ zoppo, se si pensa al carattere multietnico dell’esercito austro-ungarico e alla sua<br />

<strong>di</strong>ssoluzione finale).<br />

132 Cfr. Pierpaolo Merlin, “Tra <strong>storia</strong> e ‘institutio’: principe e capitano nel pensiero <strong>di</strong> Giovanni Botero”, in Fantoni, Il<br />

Perfetto, cit., p. 313.<br />

133 Liddell Hart, op. cit., pp. 217ss.<br />

134 Liddell Hart, op. cit., p. 86 ss. (paragonò inoltre il campo d’addestramento in Sicilia al campo <strong>di</strong> Shorncliffe<br />

organizzato nel 1803 dal generale John Moore. Ma Scipione preparava le truppe allo sbarco in Africa, mentre Moore le<br />

preparava a fermare sul bagnasciuga la descente en Angleterre strombazzata dal Primo Console e <strong>di</strong>ssuasa dalla Royal<br />

Navy, più potente della flotta cartaginese, che era stata già sacrificata alla voragine senza fondo dell’erronea competizione<br />

terrestre coi romani, imposta dal clan dei Barca).<br />

135 Frachetta era autore <strong>di</strong> un trattato sul Principe (Roma 1597, Venezia 1599) e <strong>di</strong> una crestomazia (Seminario de<br />

Governi <strong>di</strong> stato e <strong>di</strong> guerra, Venezia, 1613; 1624; 1647, Parigi 1648, Ginevra 1648 e 1658), che include 8.000 massime<br />

85


costituzionale (“architettonica”) anziché <strong>militare</strong> del problema, anche un’interpretazione <strong>militare</strong> <strong>di</strong><br />

Scipione esattamente opposta a quella liddellhartiana. Frachetta esemplava infatti nei due generali<br />

romani, il vecchio e il giovane, gli opposti stili <strong>di</strong> guerra già chiari a Machiavelli, cunctatio e “corta &<br />

grossa”, <strong>di</strong>fensiva e offensiva: mo<strong>di</strong> (sia pure imperfetti) <strong>di</strong> cogliere la polarità intuita da Clausewitz e<br />

poi teorizzata da Delbrueck (<strong>Ermattung</strong>/Vernichtungsstrategie) e Liddell Hart (in<strong>di</strong>rect/<strong>di</strong>rect<br />

approach).<br />

Ma in questo modo la figura <strong>di</strong> Scipione mutava <strong>di</strong> segno, perché se il vecchio saggio era il<br />

Cunctator per antonomasia, al giovane imprudente conveniva necessariamente proprio lo stile <strong>di</strong><br />

guerra aborrito dal capitano inglese. Andava a finire che il Ghost of The Monster 136 era proprio<br />

Scipione: del resto il suo epigono, beffando l’Ammiragliato con la finta dell’Armée d’Angleterre,<br />

dell’Escadre de Brest e degli United Irishmen, non avrebbe forse liquidata la moderna curia romana e<br />

doppiato la Sicilia per sbarcare in Africa, con l’idea <strong>di</strong> colpire la giugulare della Nuova Cartagine?<br />

Plachiamo lo spettro <strong>di</strong> sir Basil con un’autorevole citazione a suo favore. Coniando il concetto <strong>di</strong><br />

“<strong>di</strong>versione” con un geniale collegamento tra <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e flebotomia 137 , Montecuccoli considerava<br />

infatti l’offensiva in<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Scipione in Africa (stu<strong>di</strong>ata su Liv. XXVIII-XXX) “la più celebre<br />

<strong>di</strong>versione che si legga”, paragonandola con l’analoga campagna da lui condotta nel 1656 contro gli<br />

svedesi (“io <strong>di</strong>ssi all’ora che ‘l modo <strong>di</strong> avvicinarsi alla Fionia era l’allontanarsene; che la via più breve<br />

d’entrarci era girar 50 leghe all’intorno; e che la porta non era né Mittelfahrt, né Halsen, ma la<br />

Pomerania”) 138 . Montecuccoli non mancava ovviamente, come poi anche Liddell Hart e Grazioli, <strong>di</strong><br />

citare i famosi ozi <strong>di</strong> Capua, rimproverando ad Annibale il mancato sfruttamento del successo <strong>di</strong><br />

Canne, ma senza tentare <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>rne le ragioni 139 .<br />

9. Pugna Cannensis sulla spiaggia fiamminga?<br />

Verso la fine del Cinquecento il confronto tra Annibale e Scipione interessò anche lo stato maggiore<br />

delle Brigate internazionali protestanti ingaggiate dalle Province Unite contro la Spagna cattolica.<br />

Diversamente dai politografi italiani il breve trattato <strong>di</strong> Guglielmo Luigi <strong>di</strong> Nassau sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

della seconda guerra punica 140 rivalutava Annibale: non solo però perché era il più famoso nemico dei<br />

politiche <strong>di</strong> cui 400 relative alla “ragion <strong>di</strong> guerra”. Cfr. Frigo, op. cit., pp. 293 e 300. Bibl. in Bozza, op. cit., pp. 79-81, 90<br />

e 121-122.<br />

136 E’ appena il caso <strong>di</strong> avvertire che Ghost non va tradotto “spirito”, come fanno in genere i pii traduttori militari italiani,<br />

incapaci <strong>di</strong> rivolgere pensieri irriguardosi nei confronti del babbu corso del Risorgimento italiano. Il quale è però ancora<br />

per gli inglesi, almeno per quelli sinceri e veraci, “The Monster” per antonomasia; e negli anni Trenta era ancora l’unico,<br />

senza i nipotini Hitler e Stalin. Liddell Hart intendeva proprio “spettro”, forse con voluta allusione al famoso incipit del<br />

Manifesto <strong>di</strong> Marx. Quanto al fatto che Scipione facesse <strong>di</strong> testa sua, infischiandosene dei parrucconi in laticlavio, ciò non<br />

poteva che renderlo ancor più simpatico ai britannici, il cui Empire fu appunto costruito da privati cum et sine imperio, se<br />

si vuole pirati e avventurieri.<br />

137 “Giusta la regola de’ me<strong>di</strong>ci, che <strong>di</strong> colà dove soverchio gli umori concorrono, sogliono derivare e <strong>di</strong>vellere” (Della<br />

guerra col Turco in Ungheria, I, 49, 3: ed. Luraghi, cit., II, p. 307).<br />

138 Mont., ibidem, 50-51, pp. 309-309 L.). Nel concetto <strong>di</strong> “<strong>di</strong>versione” Montecuccoli (ibidem, 54, p. 311 L.) assorbe<br />

anche quella che oggi definiamo “<strong>di</strong>mostrazione”, ossia “sta(re) in marce continue per attrarre l’oste <strong>di</strong> fuora de’ suoi posti<br />

e assalirlo; o per consumarlo nelle marce alle quali egli non è avvezzo; o per abbondar sempre <strong>di</strong> nuove vittovaglie”<br />

(esemplato da Caes., BC, III).<br />

139 Mont., Battaglie, primo, p. 103 L.; Liddell Hart, op. cit., p. 223.<br />

140 Annibal et Scipion ou les grands capitaines, avec les ordres et plans de bataille et les annotations, <strong>di</strong>scours et<br />

remarques politiques et militaires, Den Haag, 1675. Fu apprezzato dal principe <strong>di</strong> Ligne (Jaehns, Gesch. d.<br />

Kriegswissensch., cit., II, pp. 878-9; Hahlweg, Heeresreform, cit., p. 17 nt. 26) e dal cavaliere <strong>di</strong> Folard, il quale tuttavia gli<br />

rimprovera <strong>di</strong> non aver compreso l’importanza decisiva delle colonne formate da Scipione a Zama (Oltre ai Commentaires<br />

86


omani, ma perché li aveva ripetutamente sconfitti e infine quasi annientati. Nel resoconto polibiano <strong>di</strong><br />

Canne (III, 112-116) - assai più chiaro e “<strong>militare</strong>” <strong>di</strong> quello liviano - Luigi <strong>di</strong> Nassau, generale <strong>di</strong><br />

Frisia, si infiammò all’idea <strong>di</strong> aver trovato il segreto della battaglia decisiva. Tre secoli prima del<br />

grande stato maggiore tedesco, pensò infatti <strong>di</strong> ripetere la pugna Cannensis per <strong>di</strong>struggere l’intera<br />

Armata spagnola <strong>di</strong> Fiandra, come accennò in una lettera del 1595 al cugino e conlega maior Maurizio<br />

principe d’Orange (1567-1625), figlio <strong>di</strong> Guglielmo il Taciturno (1533-84) e suo successore quale<br />

stathouder e capitano generale delle Province Unite 141 .<br />

L’idea <strong>di</strong> un piano Schlieffen ante litteram, per giunta applicato quasi al medesimo fronte del 1914, è<br />

talmente ghiotta che si empatizza con la delusione <strong>di</strong> Luigi <strong>di</strong>fronte alla prosaica realtà. Lungi dal<br />

con<strong>di</strong>videre le intemperanze del temerario cugino, risulta che Maurizio citava invece il <strong>di</strong>ctum<br />

(trasmesso da Vegezio a Machiavelli) che si deve dare battaglia solo in caso <strong>di</strong> forza maggiore oppure<br />

<strong>di</strong> schiacciante superiorità sul nemico 142 . Nella primavera del 1593, quando l’ottuagenario comandante<br />

spagnolo Peter von Mansfeld cercò ripetutamente <strong>di</strong> provocarlo a battaglia, il principe si comportò<br />

proprio come Fabio Massimo Verrucosus nei confronti delle sfide <strong>di</strong> Annibale 143 . La grande quantità<br />

ed efficacia delle fortificazioni e la costante insufficienza dei fon<strong>di</strong> (che produceva continui<br />

ammutinamenti delle truppe spagnole per il mancato pagamento del soldo) imponevano senza<br />

alternative la guerra d’usura e ad entrambi gli avversari la delbrueckiana <strong>Ermattung</strong>sstrategie. In una<br />

sola occasione, il 24 gennaio 1597 a Tournhout, Maurizio prese l’iniziativa <strong>di</strong> attaccare una forza<br />

nemica <strong>di</strong> 5.000 uomini: fu però un attacco <strong>di</strong> sorpresa, più un colpo <strong>di</strong> mano che una battaglia, deciso<br />

a favore degli olandesi dalla sola cavalleria sostenuta da 300 moschettieri inglesi (i quali fra l’altro<br />

presero alle spalle il Tercio de Napoles comandato dal marchese <strong>di</strong> Trevico) 144 .<br />

In origine la reputazione <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Maurizio derivava dalle numerose città importanti strappate agli<br />

spagnoli nel 1590-91 (ma con la sorpresa o con mezzi più politici che militari). L’entrata nel pantheon<br />

dei gran<strong>di</strong> capitani gli fu però assicurata dalla battaglia <strong>di</strong> Nieuwpoort del 2 luglio 1600, in cui<br />

<strong>di</strong>strusse il nerbo delle forze mobili spagnole (ma erano pur sempre solo 2.500-4.000 uomini, sia pure<br />

l’aliquota veterana). Guardando da grande <strong>di</strong>stanza, sembra a prima vista proprio la famosa<br />

Kesselschlacht sognata da Schlieffen, perché gli spagnoli, attirati in un terreno frammentato dall’alta<br />

marea e dalle attività agricole, finirono tra il fuoco incrociato della flotta olandese e dei 6 cannoni<br />

piazzati al piede delle dune e serviti da marinai sbarcati dalle navi. Ma la realtà era che l’operazione fu<br />

imposta a Maurizio, contro il suo parere e fra le sue proteste, dagli stati generali olandesi, ai quali non<br />

premeva affatto sloggiare il nemico dalle Fiandre Occidentali, ma soltanto far cessare la devastante<br />

guerra <strong>di</strong> corsa esercitata dagli armatori delle uniche due città costiere in mano spagnola, Nieuwpoort e<br />

Dunquerque.<br />

sur Polybe, cfr. l’Histoire de Scipion l’Africain, pour servir de suite aux Hommes illustres de Plutarque per l’abbé Séran<br />

de La Tour, avec les observations de M. le chevalier de Folard sur la bataille de Zama, A Paris, chez Didot, 1738).<br />

141 Cfr. Werner Hahlweg, “Ludwig von Nassau und <strong>di</strong>e Cannae-problem”, in Nassauische Annalen, 71, 1960, pp. 237-<br />

242. Parker sottolinea che il rapporto <strong>di</strong> forza tra protestanti e spagnoli in Fiandra (40.000 a 70.000) era analogo a quello<br />

dei cartaginesi e dei romani a Canne, ma non tiene conto che le guarnigioni delle numerose piazzeforti e fortezze<br />

riducevano il massimo delle forze mobili a non oltre 10-15.000 uomini per parte.<br />

142 E non solo Maurizio, ma lo stesso Guglielmo Luigi, in una lettera del 1607 al cugino, richiamandosi espressamente a<br />

Quinto Fabio Massimo (cfr. Delbrueck, GdKK, 4, p. 307 R.).<br />

143 Sir Charles Oman, A History of the Art of War in the Sixteenth Century, 1937 (rist. an. Greenhill Books, London -<br />

Presi<strong>di</strong>o Press, California, 1987), pp. 571 e 573. Cornelis Schulten, “Une nouvelle approche de Maurice de Nassau (1567-<br />

1625)”, in Mélanges André Corvisier, Le soldat, la stratégie, la mort, Paris, Economica, 1989, pp. 42-53, rivede molte<br />

interpretazioni tralatizie ma infondate, inclusa la tesi <strong>di</strong> un interesse dello stathouder per gli scrittori militari antichi:<br />

Schulten osserva (pp. 49-50) che questa tesi, <strong>di</strong>ffusa da Hahlweg, si trovava già esposta in un manuale per gli ufficiali<br />

olandesi del 1843.<br />

144 Oman, op. cit., pp. 578-583: cfr. A. Koyen, “De slag op Tielenheide (1597) in het kader van de 80jarige oorlog”, in<br />

Taxandria, 55, n. s., 1983, p. 42 (cit. in Parker, La rivoluzione, cit., p. 74 nt. 47).<br />

87


Convinti che l’ammutinamento dei veterani impe<strong>di</strong>sse all’arciduca Alberto <strong>di</strong> soccorrere la città, gli<br />

stati generali or<strong>di</strong>narono al principe <strong>di</strong> radunare 13.000 uomini nella Zelanda e, traghettato l’estuario<br />

della Schelda, marciare lungo la costa, sostenuto dal supporto logistico e <strong>di</strong> fuoco della flotta. Lo stesso<br />

Maurizio rimase sorpreso apprendendo che in realtà, placati i veterani, l’Arciduca stava marciando in<br />

soccorso della piazza marittima con 10.000 uomini. Il generale inglese Francis Vere, luogotenente del<br />

principe, comandante a Nieuwpoort dell’avanguar<strong>di</strong>a (che subì il grosso delle per<strong>di</strong>te olandesi), autore<br />

<strong>di</strong> commentaries delle guerra fiamminga e fonte principale <strong>di</strong> Oman, <strong>di</strong>pinge un ritratto non proprio<br />

lusinghiero <strong>di</strong> Maurizio.<br />

Invece <strong>di</strong> attendere l’attacco nemico su posizioni pre<strong>di</strong>sposte, oppure <strong>di</strong> marciare decisamente contro<br />

l’arciduca, il principe mandò a sbarrargli il passo appena 2.500 uomini, che furono inutilmente<br />

sacrificati. Essi non impe<strong>di</strong>rono infatti agli spagnoli <strong>di</strong> raggiungere la spiaggia a Nord <strong>di</strong> Nieuwpoort,<br />

tagliando agli olandesi la ritirata su Ostenda e costringendoli a combattere a fronte rovesciato, con le<br />

spalle alla città e stretti fra le dune e la spiaggia. E gli avvenimenti seguenti, con lo spostamento dello<br />

scontro più aspro dalla spiaggia alle dune e il finale collasso della cavalleria spagnola che provocò il<br />

panico e la rotta della fanteria, furono determinati più dall’alta marea che dall’azione <strong>di</strong> comando del<br />

principe. Questi rimase padrone del campo ma non inseguì l’arciduca (neppure il presi<strong>di</strong>o olandese <strong>di</strong><br />

Ostenda mosse un <strong>di</strong>to per catturarlo) e, furioso con gli Stati Generali, rinunciò all’asse<strong>di</strong>o e si ritirò 145 .<br />

L’iniziativa passò allora agli spagnoli, i quali avanzarono lungo la costa e migliorarono la loro linea<br />

<strong>di</strong>fensiva conquistando Ostenda, la “nuova Troia” 146 , al prezzo però <strong>di</strong> un duro asse<strong>di</strong>o (1601-04) che<br />

logorò entrambi gli eserciti portando alla lunga tregua del 1607, rotta nel 1621 quando la guerra dei<br />

Trent’anni <strong>di</strong>vampò dalla Boemia alla Germania e risvegliò anche i vulcani italiano e fiammingo.<br />

10. Precetti greci per la fanteria moderna<br />

Già Turnhout, ma soprattutto Nieuwpoort, misero alla prova nuove tattiche <strong>di</strong> impiego dei<br />

moschettieri. Analoghe a quelle ideate già trent’anni prima in Giappone dal “primo unificatore” Oda<br />

Nobunaga (1534-82) 147 , in Europa furono sviluppate dagli ugonotti durante le guerre civili 148 francesi e<br />

145 Cfr. Oman, op. cit., pp. 584-603 (“Nieuport, July 2, 1600”); B. Cox, Van dem tocht in Vlaenderen. De logistiek van<br />

Nieuwpoort, 1600, Zutpehn, 1986 (cit. in Parker, La rivoluzione, cit., p. 74 nt. 47). Montecuccoli (Battaglie primo e<br />

secondo, pp. 21 e 591 L.) sostiene che il principe fece bruciare le scialuppe per mettere i suoi uomini “in necessità <strong>di</strong><br />

vincere o morire”. E trae dallo schieramento olandese a Nieuwpoort anche la massima “metter tutta la cavalleria da un lato,<br />

se l’altro è assicurato dal sito” (p. 596 L.).<br />

146 Cfr. H. Haestens, La nouvelle Troie, ou mémorable histoire du siège d’Ostende, le plus signalé qu’on ait vu en<br />

l’Europe, Leiden, 1615 (cit. in Parker, La rivoluzione, cit., p. 74 nt. 47).<br />

147 Cfr. Parker, Rivoluzione, cit., pp. 236 e 253-4 nt. 79, in base a D. M. Brown, “The Impact of Firearms on Japanese<br />

Warfare 1543-98”, in The Far East Quarterly, 7, 1948, pp. 236-53. I moschetti giapponesi, derivati da quelli portoghesi<br />

importati nel 1543, erano detti Tanegashima, perché fabbricati nell’omonima Isola, già famosa per la produzione <strong>di</strong> spade<br />

e altre armi bianche. All’opposto degli europei, i giapponesi puntarono a migliorare la precisione a scapito della celerità <strong>di</strong><br />

tiro. Si può ipotizzare che la tattica giapponese <strong>di</strong> impiego dei moschettieri sia derivata da quella degli arcieri e balestrieri,<br />

un tipo <strong>di</strong> fanteria che in Europa era meno frequentemente impiegato. Non risulta (almeno per ora) che la missione<br />

gesuitica in Giappone abbia avuto parte in questo sviluppo dell’arte <strong>militare</strong> giapponese, né che la missione alla corte<br />

papale effettuata nel 1582-90 via Acapulco e la Spagna dai quattro messaggeri dei “tre daymio cristiani” abbia riesportato<br />

in Europa il sistema Nobunaga (che assicurò la sua vittoria nel 1575). Nel 1576-79 Nobunaga costruì inoltre, ad Azuchi, il<br />

primo castello giapponese in grado <strong>di</strong> resistere all’artiglieria, dove i fortini esterni alla cinta <strong>di</strong> pietra supplivano ai bastioni,<br />

rivellini, frecce e opere a corno della trace italienne e il torrione centrale a sette piani fungeva da ru<strong>di</strong>mentale “cavaliere”<br />

(cfr. Duffy, Siege Warfare, cit., pp. 237-46). Bibliografia in Anthony Briant, Sekigahara 1600. The Final Struggle for<br />

Power, Campaign Series No. 40, London, Osprey, 1995, pp. 93-94.<br />

148 E’ l’opinione <strong>di</strong> H. Schwartz, Gefechtsformen der Infanterie in Europa durch 800 Jahre, Muenchen, 1977, p. 149,<br />

adesivamente riportata da Schulten, op. cit., p. 48.<br />

88


perfezionate da Luigi <strong>di</strong> Nassau, i cui regolamenti furono poi riesportati in Francia 149 e nei paesi<br />

protestanti dagli ufficiali <strong>di</strong> quelle nazioni congedati nel 1607 dall’esercito olandese. Ulteriormente<br />

migliorato nel 1630 da Gustavo Adolfo 150 , il nuovo sistema portò alla definitiva abolizione della picca<br />

e all’adozione dello schieramento lineare (ordre mince). La novità stava nel fatto che, accelerando<br />

me<strong>di</strong>ante un accorgimento tattico il ritmo <strong>di</strong> fuoco delle linee <strong>di</strong> moschetteria, queste ultime<br />

<strong>di</strong>venivano finalmente competitive con gli arcieri 151 ed erano in grado <strong>di</strong> affrontare la cavalleria senza<br />

la protezione dei quadrati <strong>di</strong> picchieri 152 .<br />

La circostanza fortuita che spiega l’insolito interesse accademico per questa riforma <strong>militare</strong> è che<br />

l’accorgimento tattico fu suggerito a Luigi <strong>di</strong> Nassau (come scrisse a Maurizio da Groningen l’8<br />

<strong>di</strong>cembre 1594) 153 dalla lettura della tattica <strong>di</strong> Eliano. Frutto <strong>di</strong> un eru<strong>di</strong>to come Lipsio e non <strong>di</strong> un<br />

<strong>militare</strong> come Luigi <strong>di</strong> Nassau, l’opera scritta da Eliano per Traiano non andava a spiegargli quel che<br />

l’imperatore sapeva già e meglio per conto suo, vale a <strong>di</strong>re l’ordo e le manovre (immutationes,<br />

conversiones, inflexiones, evolutiones e restitutiones) delle legioni, ma quel che conosceva solo<br />

vagamente, ossia il modo <strong>di</strong> combattere dei due tipi <strong>di</strong> falange (macedone e lacedemone), incluso il<br />

149 Louis de Montgommery, Seigneur de Corbouson, La milice françoise reduite à l’ancien ordre et <strong>di</strong>scipline militaire<br />

des legions ... à l’imitation des Romains et des Macedoniens, Rouen, 1603; Paris, 1610. Anche il Sieur du Praissac<br />

(Discours et questions militaires, Paris, 1614; 1638; Rouen, 1625; trad. ingl. I. Cruso, The Art of Warre, or military<br />

<strong>di</strong>scourses by the Lord of Praissac, Cambridge, 1639) perorava il ritorno alle legioni (Jaehns, GdKW, 2, pp. 934-5). Il<br />

sistema olandese fu <strong>di</strong>ffuso anche da J. de Billion (Les principes de l’art militaire, Lyon, 1613; trad. ted. Basel 1613;<br />

Instructions militaires, Lyon, 1617). Il padre Gabriel Daniel S. J. (1649-1728), storico ufficiale della Francia (1713) e delle<br />

sue forze armate (Histoire de la milice françoise ... jusqu’à la fin du règne de Louis XIV, 2 voll., Paris, chez Jean Baptiste<br />

Coignard, 1721; Amsterdam, 1724), riteneva che l’or<strong>di</strong>ne moderno fosse in sostanza quello romano (2, p. 601). Cfr.<br />

Hahlweg, HR, cit., pp. 165-72; John A. Lynn, “Tactical Evolution in the French Army 1560-1660”, cit. in Parker,<br />

Rivoluzione, cit., p. 74 nt. 45.<br />

150 Cfr., con ulteriore bibliografia, Hahlweg, HR, pp. 140 ss.; Guenther E. Rothenberg, “Maurice of Nassau, Gustavus<br />

Adolphus, Raimondo Montecuccoli and the ‘Military Revolution’ of the Seventeenth Century”, in Paret (ed.), Makers, cit.,<br />

pp. 32-45; George Mac Munn, Adolphe le Lion du Nord, 1594-1632, Paris, Payot, 1935; Theodor Ayrault Dodge,<br />

Gustavus Adolphus, 1895 (rist. an. Greenhill Books e Stackpole Books, Pennsylvania, 1996). Il suo precettore Jean Skytte<br />

gli fece leggere Cesare, Frontino, Vegezio e Lipsio: suo istruttore <strong>militare</strong> era Jacques de la Gar<strong>di</strong>es, che aveva servito<br />

sotto Maurizio.<br />

151 Delbrueck (GdKK, 4, p. 40 R.) ricorda che l’Institution de la <strong>di</strong>scipline militaire au Royaume de France (Lyon, 1559,<br />

I, 10, p. 46) raccomandava <strong>di</strong> tornare all’arco, che a <strong>di</strong>fferenza del moschetto non <strong>di</strong>pendeva da micce e polvere, si poteva<br />

usare anche sotto la pioggia ed era più rapido ed efficace contro la cavalleria. Tesi analoghe furono sostenute in Inghilterra<br />

nel 1590 da sir John Smythe (aggiungendo che il tiro poteva essere effettuato contemporaneamente da tutte le file <strong>di</strong><br />

arcieri), ma Barwick obiettava che l’arco richiede speciali e rare qualità fisiche, che la fatica rallenta il tiro e indebolisce<br />

l’effetto del colpo e che anche la corda dell’arco teme l’umi<strong>di</strong>tà (Charles Longman, Badmington Archery Book, London,<br />

1894, cit. in Delbrueck). Delbrueck ricorda inoltre che l’arco fu impiegato nel 1616 dai veneziani contro gli austriaci, nel<br />

1627 dagli inglesi sotto La Rochelle e nel 1730 dagli ussari sassoni, nonché dalla cavalleria ausiliaria russa (calmucchi,<br />

baschiri e tungus) ancora nel 1807 e 1813.<br />

152 Per un chiaro inquadramento del problema tecnico, cfr. Delbrueck, HAW, 4, pp. 147-153 (con excursus sulla questione<br />

degli intervalli tra ranghi e file nei quadrati dei picchieri alle pp. 163-68). Sulle riforme olandesi, cfr. pp. 155-163 (dove<br />

riprende Jaehns, su vari punti più illuminante dei successivi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Hahlweg e Parker). Su Gustavo Adofo, v. pp. 173-183.<br />

153 L’Aia, Koninklijke Huisarchef, MS. A22-1XE-79. Riprod. in Hahlweg, HR., pp. 255-264; Parker, Rivoluzione, cit., p.<br />

36. Discussione in Hahlweg, “Aspekte und Probleme der Reform des niederlan<strong>di</strong>sche Kriegswesens unter Prinz Moritz<br />

von Oranien”, in Bijdragen en Mededelingen betrefende de geschiedenis der Nederlanden, 86, 1971, pp. 171-172. Nella<br />

biblioteca <strong>di</strong> Maurizio, comprendente 402 opere in 432 tomi, figuravano due traduzioni <strong>di</strong> Eliano, la francese <strong>di</strong> Nicolaus<br />

Wolkir (Paris, 1536) e la latina <strong>di</strong> Francesco Robertelli (De militaribus or<strong>di</strong>nibus instituen<strong>di</strong>s more Graecorum liber,<br />

Venetiis, 1552), nonchè la traduzione latina <strong>di</strong> Leone de<strong>di</strong>cata a Carlo VIII d’Inghilterra (John Cheke, Leonis imperatoris<br />

De bellico apparatu liber, Basileae, 1554). Scettici sull’effettiva applicazione in battaglia dell’evolutio chorica sono Hale<br />

(War and Society in Renaissance Europe 1450-1620, London, Fontana, 1985 = Guerra e società nell’Europa del<br />

Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. 57-58: “un pieno complemento <strong>di</strong> sottufficiali e formazioni idealmente<br />

lineari furono realizzati probabilmente solo in piazza d’armi”) e Jean Chagniot, Critique du concept, cit., p. 28.<br />

89


cosiddetto choreus (“coreografia”, girotondo) 154 compiuto dalla fanteria leggera 155 attorno ai quadrati<br />

degli opliti per bersagliare il nemico <strong>di</strong> missilia a getto continuo.<br />

Fu proprio il carattere antiquario dell’opera a renderla attuale nei Paesi Bassi <strong>di</strong> fine Cinquecento.<br />

Solo nel 1599 l’e<strong>di</strong>zione completa <strong>di</strong> Casaubon rese noto anche il frammento in cui Polibio, confrontati<br />

i due sistemi, proclama la legione superiore alla falange (XVIII, 28-32). I moderni quadrati <strong>di</strong> picchieri<br />

assomigliavano più alla falange che alla legione, ma nel 1534 il termine “legione” era stato<br />

ufficialmente adottato in Francia per in<strong>di</strong>care le 7 gran<strong>di</strong> unità <strong>di</strong> fanteria provinciale 156 e veniva usato<br />

come equivalente latino del tercio spagnolo 157 . Poter riprendere un elemento tattico <strong>di</strong>rettamente dai<br />

greci, senza passare per la mo<strong>di</strong>fica romana, aveva un duplice vantaggio. Uno pratico, perché<br />

l’armamento moderno assomigliava più a quello dei greci che dei romani 158 ; ma anche uno politico,<br />

perchè, imitando la fanteria greca, i protestanti potevano marcare la loro <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> stile coi “nuovi<br />

romani” papisti e imperialisti 159 .<br />

L’interesse specifico per Eliano stava nell’accurata descrizione dei tre tipi <strong>di</strong> contromarcia greco,<br />

macedone ed ellenistico 160 me<strong>di</strong>ante i quali si poteva assicurare un getto continuo <strong>di</strong> armi da lancio,<br />

funzionalmente analoghe a quelle da sparo. Luigi pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre i moschettieri in file <strong>di</strong> 10 (ridotti<br />

poi a 6 da Gustavo Adolfo) addestrate a sparare una dopo l’altra, sfilando lateralmente dopo lo sparo<br />

per passare in coda, ricaricare l’arma, avanzare e sparare <strong>di</strong> nuovo 161 . Assistito dal segretario van Reyd<br />

154 Detto anche del moto degli astri, ma applicabile anche alle righe <strong>di</strong> ballerine che scendono le scale precedendo o<br />

seguendo la Diva e sfilando ai lati per passare in coda e ricominciare.<br />

155 Secondo Eliano il choreus era detto anche evolutio persica o cretensis (Hahlweg, HR, pp. 70-71). Cfr. J. G. P. Best,<br />

Thracian Peltasts and their Influence on Greek Warfare (Stu<strong>di</strong>es of the Dutch Archaeological and Historical Society, 1),<br />

Groningen, Wolters Noordhoff, 1969.<br />

156 Sulle 7 legioni provinciali <strong>di</strong> 6.000 uomini istituite da Francesco I nel 1534 e sulle proposte <strong>di</strong> riforma esposte nel<br />

1548 da Raymond de Beccarie de Pavie, marchese <strong>di</strong> Fourquevaux (1508-74) e attribuite a Guillaume Du Bellay, v.<br />

Philippe Contamine, “Naissance de l’infanterie française”, in Quatrième centenaire de la bataille de Coutras, Pau, 1988,<br />

pp. 63-88 e Id., “La première modernité”, in André Corvisier (<strong>di</strong>r.), Histoire militaire de la France, I. Des origines à 1715,<br />

Paris, P. U. F., 1992 (Quadrige 1997, pp. 250-56. Sulla Legione Feltria, ossia la milizia <strong>di</strong> 5.000 uomini istituita nel marzo<br />

1533 dal duca d’Urbino nel Montefeltro appena recuperato, cfr. Ilari, “La <strong>di</strong>fesa dello stato e la creazione delle milizie<br />

conta<strong>di</strong>ne nell’Italia del XVI secolo”, in Stu<strong>di</strong> storico-militari 1989, Roma, USSME, 1990, p. 31.<br />

157 Cfr. René Quatrefages, Los Tercios, Coleccion e<strong>di</strong>ciones Ejército, Madrid, SP-EME, 1983: Juan Loménez Martin,<br />

Tercios de Flandes, Madrid, Falcata Ibérica, 1999.<br />

158 Nel suo commento cesariano (Le Parfait Capitaine), il duca <strong>di</strong> Rohan sottolineava che le armi moderne, sia offensive<br />

(spada, picca e moschetto) sia <strong>di</strong>fensive (pot = morione o zuccotto, corazza e tassettes = braccialetti o maniche),<br />

assomigliavano più a quelle dei greci che dei romani. Cfr. Hahlweg, Heeresreform, cit., p. 24 nt. 58.<br />

159 Come ha osservato Loreto (“Il generale e la biblioteca”, cit., p. 563) il frontespizio della prima versione inglese della<br />

traduzione latina <strong>di</strong> Eliano (The Tactiks of Aelian, or art of embattailing an army after ye grecian manner, London, 1616,<br />

<strong>di</strong> John Bingham, ufficiale inglese al servizio olandese) mostra Alessandro, in atto <strong>di</strong> porgere la propria spada a Maurizio<br />

d’Orange. L’emblema suggerisce l’idea <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>tio <strong>di</strong>retta del primato della bellica virtus dai “greci” (includendovi<br />

macedoni e Oriente ellenistico) al comandante supremo dell’Armata protestante.<br />

160 W. Reinhard, “Humanismus und Militarismus. Antike-Rezepption und Kriegshandwerk in der oranischen<br />

Heeresreform”, in Krieg und Frieden im Horizont der Renaissancehumanismus, Waernheim, 1986, pp. 195 ss. (cit. in<br />

Parker, Rivoluzione, cit., p. 72 nt. 38).<br />

161 La formazione ottimale (un battaglione <strong>di</strong> 500 moschetti) aveva pertanto l’effetto <strong>di</strong> una ru<strong>di</strong>mentale mitragliatrice in<br />

grado <strong>di</strong> sparare 50 colpi ogni venti secon<strong>di</strong> (con gittata utile <strong>di</strong> 50-100 metri, percorribili dal nemico in uno o due minuti).<br />

Occorre inoltre aggiungere che i colpi erano <strong>di</strong>luiti su un fronte <strong>di</strong> almeno 30 metri, e che nel corso della battaglia le<br />

raffiche si <strong>di</strong>radavano necessariamente per via delle armi inceppate e dei soldati man mano colpiti dal nemico). Inoltre la<br />

nuova fanteria imponeva oneri economici assai maggiori della vecchia. Non solo perché i moschetti e la polvere costavano<br />

più delle picche ed erano meno resistenti, ma anche perché l’addestramento imponeva <strong>di</strong> arruolare solo mercenari e<br />

mantenerli anche in tempo <strong>di</strong> pace, con l’effetto che all’incremento quantitativo del capitale (costo dei moschetti),<br />

corrispondeva in realtà una maggiore intensità <strong>di</strong> manodopera e una minore intensità <strong>di</strong> capitale, anche per la necessità <strong>di</strong><br />

aumentare il numero dei battaglioni per poter saturare il fronte <strong>di</strong> battaglia (lungo in genere 1 a 3 chilometri) e mantenere<br />

90


e dal colonnello Cornput, il 19 ottobre 1595 Luigi effettuò anche un esperimento pratico, organizzando<br />

un proelium lu<strong>di</strong>cum fra 60 moderni piccheri e 40 pe<strong>di</strong>tes muniti romano scuto ritu antiquo: e secondo<br />

il duca <strong>di</strong> Rohan avrebbe avanzato la proposta, respinta però da Maurizio, <strong>di</strong> adottare lo scudo 162 .<br />

La “coreografia” (choreus, corloghen) dei moschettieri richiedeva una sincronizzazione precisa dei<br />

movimenti e <strong>di</strong> conseguenza un minuzioso regolamento e un continuo addestramento 163 in formazione<br />

<strong>di</strong> 500 uomini (battaglione), fino a rendere automatica l’esecuzione dei movimenti. Tra l’altro questa<br />

pratica fece comprendere meglio la ragione della particolare insistenza dei trattati militari antichi<br />

sull’addestramento continuo non solo dei tyrones ma anche dei veterani 164 . Hahlweg ha repertoriato 28<br />

opere, pubblicate fra il 1600 e il 1691, sul maneggio delle armi e l’addestramento della fanteria (schola<br />

militaris, tyrocinium <strong>militare</strong>, waffenhandlung) secondo il sistema olandese: 16 in tedesco 165 , 4 in<br />

inglese 166 , 3 in olandese 167 , altrettante in francese 168 , una in italiano e una in latino 169 ; più altre 6<br />

relative alla cavalleria in italiano 170 , tedesco 171 , inglese 172 e latino 173 .<br />

riserve e opere fisse d’appoggio (cascinali fortificati, teste <strong>di</strong> ponte ecc.). Senza contare che lo schieramento lineare era<br />

molto più vulnerabile dei vecchi quadrati <strong>di</strong> picchieri all’aggiramento d’ala, per cui riduceva l’autonomia <strong>di</strong> impiego della<br />

cavalleria, occorrendo tenerla a custo<strong>di</strong>a dei fianchi (nonché addestrare uomini e cavalli a combattere in cooperazione con<br />

la fanteria).<br />

162 Cfr. <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Anthonius Duyck (Hahlweg, HR, pp. 132-34) e lettera del 16 luglio 1595 <strong>di</strong> Sandolin a Lipsio (Jaehns,<br />

GdKW, 2, 880: su Rohan, ivi, p. 951). Cfr. Hobhom, op. cit., 2, p. 452 e Delbrueck, HAW, 4, pp. 159 e 169 nt. 12. In ogni<br />

modo quasi tutte le fanterie rinascimentali avevano la specialità dei Rundtartschiere (rondolero, rondachier, rondolier,<br />

rotelliere) armati <strong>di</strong> spada, corsaletto e scudo rotondo (rotella) corrispondente al clipeus romano. Sull’analogo esperimento<br />

<strong>di</strong> Palla<strong>di</strong>o, v. supra, nt. 114.<br />

163 La bozza del regolamento olandese (Kriegsbuch) fu stesa nel 1599 dal fratello <strong>di</strong> Luigi, conte Giovanni <strong>di</strong> Nassau.<br />

Rimaneggiata e migliorata dal Generalquartiermeister, il matematico Simon Stevin (1570-1635), e dal primo <strong>di</strong>rettore<br />

della schola militaris, il capitano Johann Jakob von Wallhausen (1580-1627) <strong>di</strong> Danzica, fu infine pubblicata nel 1607 ad<br />

Amsterdam, e subito seguita da un gran numero <strong>di</strong> rie<strong>di</strong>zioni, traduzioni e parafrasi in Francia, Germania, Inghilterra e<br />

Svizzera (Hahlweg, HR, pp. 54 ss., testi pp. 230-301; Id., Die Heeresreform der Oranien: das ‘Kriegsbuch’ des Grafen<br />

Johann von Nassau Siegen, Wiesbaden, 1973). Cfr. Cornelius Schulten, “Une nouvelle approche de Maurice de Nassau<br />

(1567-1635)”, in Mélanges André Corvisier. Le soldat, la stratégie, la mort, Paris, Economica, 1989.<br />

164 Delbrueck (HAW, 4, p. 159) ricorda che l’accorgimento <strong>di</strong> impartire i coman<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cando anzitutto in quale <strong>di</strong>rezione<br />

effettuare la manovra richiesta (es. “Rechts / Lings um - kertt euch” e non “Kertt euch - um R./L.”) fu ripreso da Eliano<br />

(es. “Ad hastam / ad scutum - immuta).<br />

165 Pubblicate nel 1600 (an. Kassel), 1607 (Wilhelm Dilich, Kassel), 1615 (Jacob von Wallhausen, Oppenheim: 1617,<br />

Hanau), 1616 (Conrad Koeler, Danzica; an. Francoforte), 1618 (A. von Breen, L’Aia), 1620 (P. Isselburg, Norimberga),<br />

1623 (an. Danzica), 1644 (A. Konrad Lavater, Zurigo), 1662 (an.), 1664 (W. Backhausen, Marburg), 1666 (Sigmund<br />

Berndt. Marburg), 1668 (G. A. Boeckler, Francoforte), 1675 (J. Boxel, L’Aia), 1681 (Ch. Klinger, Lipsia) e 1691<br />

(Christian Neubauer, Francoforte). Cfr. Hahlweg, HR, pp. 140-190 e 310-313.<br />

166 E. Davies, Londra 1619; W. Neade, Londra 1625; sir Thomas Kellie, Pallas armata, E<strong>di</strong>nburgo 1627; H. Hexham,<br />

Londra 1637. Hahlweg, HR, pp. 173-83; Jaehns, GdKW, 1, 735 ss. Manca in elenco William Barriffe, Military <strong>di</strong>scipline,<br />

London, 1639.<br />

167 J. de Ghein, L’Aia 1607 (trad. fr. e ted. ivi 1607-08); E. Reyd, Arnehm 1633; L. Paan, Leeuwarden 1682-84.<br />

168 J. de Billon (Lione 1613; 1617; trad. ted. Basilea 1613); L. de Montgommery (Rouen 1603; Parigi 1610); du Praissac<br />

(Parigi, 1614, 1618, 1638; Rouen 1625; trad. ingl. Cambridge, 1639).<br />

169 Flaminio Della Croce milanese, Theatro <strong>militare</strong>, Anversa 1617 e J. Jacob von Wallhausen, Alphabetum pro tyrone<br />

pedestri oder der Soldaten zu Fuss ihr A.B.C., Frankfurt a. M., 1615 (Kuenstliche Picquen-Handlung, Hanau, 1617).<br />

170 Il governo della cavalleria leggera, del generale <strong>di</strong> origine albanese Giorgio Basta (m. 1607), Venezia 1612; Regole<br />

militari sopra il governo e servizio della cavalleria, del maestro <strong>di</strong> campo milanese Lodovico Melzo, Anversa 1611 (trad.<br />

fr. 1615, ted. Francoforte 1643: Simoni, op. cit., pp. 279-85) e Universale instruttione per servitio della cavalleria in tutte<br />

l’occorrenze <strong>di</strong> guerra, del colonnello modenese Bartolomeo Pellicciari, Venezia 1617, 1632; trad. ted. Lucas Jonnis,<br />

Francoforte 1616 (Jaehns, GdKW, 2, p. 1035; Hahlweg, HR, pp. 183-87). Sono omessi il Compen<strong>di</strong>o dell’heroica arte <strong>di</strong><br />

cavalleria (Venezia, 1599) del capitano pontificio Alessandro Massari Tiburtino e De Vantaggi da pigliarsi da capitani in<br />

guerra contra nemici superiori <strong>di</strong> cavalleria (Roma, Carlo Vullietti, 1608) <strong>di</strong> Francesco Serdonati. Fra i trattati <strong>di</strong><br />

cavalleria Naudé cita solo G. Basta, L. Melzo, F. Della Croce e J. Jacob von Wallhausen (Syntagma, cit., p. 538).<br />

91


11. Scholae <strong>militare</strong>s, ratio stu<strong>di</strong>orum e bibliotheca militaris<br />

L’addestramento sistematico degli eserciti moderni fu accompagnato dai primi tentativi <strong>di</strong> accentrare<br />

e regolarizzare la formazione, non solo <strong>militare</strong>, ma anche politica e religiosa, della classe <strong>di</strong>rigente.<br />

Anche in questo campo vi fu un doppio primato italiano. Nella Terraferma veneta e nei Ducati padani<br />

sorsero infatti, per iniziativa civica e/o ducale, le accademie nobiliari <strong>di</strong> Verona (1565), Rovigo (1595),<br />

Padova (Delia: 1600) e Parma (1601), cui seguirono U<strong>di</strong>ne (1609), Treviso (1610), Vicenza e Modena<br />

(1626), Brescia (1632) e infine Venezia (1654) 174 , dove l’educazione umanistica e religiosa era<br />

subor<strong>di</strong>nata all’educazione <strong>di</strong> classe (danza, scherma, equitazione) e <strong>militare</strong> (maneggio delle armi e<br />

ru<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> aritmetica e fortificazione). Il fenomeno fu però bilanciato negli altri paesi cattolici dai<br />

collegi gesuitici, i primi 33 fondati dallo stesso Ignazio <strong>di</strong> Loyola fra il 1545 e il 1556 (anno della sua<br />

morte), saliti a 293 nel 1607, 578 nel 1679 e 669 nel 1749 175 .<br />

Nei Discours politiques et militaires (Basilea, 1587) il condottiero ugonotto François de La Noue<br />

(1531-91) chiese al re <strong>di</strong> prendere a proprio carico l’istruzione <strong>di</strong> 2.000 gentiluomini. Effettivamente<br />

sotto Enrico IV varie accademie militari sorsero nel faubourg Saint-Germain, tra il Pré-aux-Clercs e la<br />

spianata <strong>di</strong> Grenelle adatta agli esercizi militari: ma fu ancora una volta la famiglia d’Orange a<br />

promuovere le iniziative più famose, <strong>di</strong>rette a formare i quadri superiori dell’armata protestante. Nel<br />

1606 Henri de La Tour duca <strong>di</strong> Bouillon (1555-1623), cognato <strong>di</strong> Maurizio <strong>di</strong> Nassau, creò presso<br />

l’accademia protestante <strong>di</strong> Sédan l’académie des exercises e nel 1617 Giovanni VII <strong>di</strong> Nassau Siegen<br />

istituì a Siegen, sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Wallhausen, una Kriegs - und Ritterschule, frequentata nel 1618<br />

anche da Cartesio. Nel 1616 Philippe Duplessis Mornay (1549-1623), governatore <strong>di</strong> Saumur, la<br />

citta<strong>di</strong>na dell’Anjou sede delle assemblee ugonotte del 1595 e 1611, vi aperse l’académie d’équitation,<br />

nazionalizzata nel 1636 da Richelieu (académie royale des exercises de guerre) 176 .<br />

171 J. Jacobi von Wallhausen, Kriegskunst zu Pferd, darinnen gelehren werden <strong>di</strong>e initia et fundamenta der Cavallerie<br />

aller vier Theilen: Als Lantzierers, Kuerassierers, Carbiners und Dragons, Francoforte 1615 (Ritterkunst, Hanau 1617).<br />

Sulla cavalleria olandese cfr. Hahlweg, HR, pp. 101-112. Hahlweg omette per evidenti ragioni cronologiche François de<br />

La Noue (La cavalerie française et italienne, Ginevra, 1643), ma anche i trattati <strong>di</strong> equitazione coevi <strong>di</strong> Loehneys (Della<br />

cavalleria. Bericht von Allem, was zur Reiterei gehoerig, Remlingen, 1624) e Tapia y Salcedo (Exercicios de la gineta,<br />

Madrid, 1643).<br />

172 Capitano J. Cruse, Militarie instructions for the cavallerie or rules and <strong>di</strong>rections for the service of horse, collected<br />

out of <strong>di</strong>vers forrain authors ancient and modern and rectified and supplied accor<strong>di</strong>ng to the present practise of the lowcountries<br />

warres, Cambridge (Jaenhs, GdKW, 2, pp. 871-2). Su Arriano come fonte per l’addestramento della cavalleria,<br />

cfr. Paul Gédéon Joly de Maizeroy, Tableau général de la cavalerie grecque, Paris, 1781 e ora Ann Hyland, Training the<br />

Roman Cavalry: From Arrian’s Ars Tactica, Stroud, Gloucestershire, 1993 (lo stu<strong>di</strong>o, peraltro eccellente, ignora purtroppo<br />

la letteratura anteriore alla metà del Novecento, inclusi L. E. Nolan, Cavalry: Its History and Tactics 3 , London, 1860 e G.<br />

T. Denison, A History of Cavalry from the earliest times 2 , London, 1913).<br />

173 Hermann Hugo S. J., De militia equestri antiqua et nova ad regem Philippum libri quinque, Anversa 1630, forse<br />

complementare alle due opere del compatriota Lipsio (Jaehns, GdKW, 2, pp. 1057 ss.; Hahlweg, HR, p. 187).<br />

174 Cfr. Vittorio Leschi, Gli istituti <strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> formazione per ufficiali negli stati preunitari, Roma, USSME, 1994,<br />

1, pp. 172-182 (Venezia), 320-27 (Modena) e 368-76 (Parma), acribioso lavoro su fonti archivistiche locali che tuttavia (a<br />

significativa testimonianza dell’ignoranza reciproca esistente in Italia tra <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “tecnica” e <strong>storia</strong> sociale delle<br />

istituzioni militari) ignora can<strong>di</strong>damente Hale, “Military Academies on the Venetian Terraferma in the Early Seventeenth<br />

Century”, in Stu<strong>di</strong> Veneziani, 1973, pp. 273-296 e l’intera letteratura sulla formazione della classe <strong>di</strong>rigente.<br />

175 Cfr. Gian Paolo Brizzi, La formazione della classe <strong>di</strong>rigente nel Sei-Settecento, Bologna, Il Mulino, 1976, p. 20; Id. e.<br />

a., Università, principe, gesuiti. La politica farnesiana dell’istruzione a Parma e Piacenza (1545-1622), Centro stu<strong>di</strong><br />

“Europa delle corti”, Roma, Bulzoni, 1980 (a riprova dell’osservazione fatta nella nota precedente per Leschi, invano si<br />

cercherebbe qui menzione delle accademie e scuole militari italiane).<br />

176 Jaehns, GdKW, 2, pp. 563 ss.e 1022 ss.; L. Plathner, Graf Johann von Nassau und <strong>di</strong>e erste Kriegsschule. Ein Beitrag<br />

zur Kenntnis des Kriegswesens um <strong>di</strong>e Wende des 16. Jahrhunderts, Berlin, 1913, pp. 81 ss.; Hahlweg, HR, p. 148; L. J.<br />

Meteyer, L’académie protestante de Saumur, Paris, 1933; Gerhard Oestreich, “Eine Kritik des deutschen Wehrwesens am<br />

92


Roma, nel frattempo, si preparava a modo suo allo scontro globale col mondo protestante, forgiando<br />

i quadri della Militia Christi nei 7 collegi istituiti nel 1552-1603 (germanico, greco, inglese, maronita,<br />

romano, scozzese, gregoriano), completati nel 1627 dal collegio De propaganda fide, e supportati dalle<br />

rispettive biblioteche, dalla Tipografia vaticana (1587) e dalla biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano (1607).<br />

Voluto dal nuovo generale della Compagnia <strong>di</strong> Gesù Clau<strong>di</strong>o Acquaviva (1581-1615) il Collegio<br />

Romano, centro <strong>di</strong> formazione dei quadri superiori gesuiti, fu inaugurato il 28 ottobre 1584 da<br />

Gregorio XIII. La Ratio stu<strong>di</strong>orum del 1599 prevedeva quattro or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> insegnamento <strong>di</strong> base<br />

(grammatica, umanità, retorica e <strong>di</strong>alettica), affiancati da corsi speciali <strong>di</strong> lingue, matematica, teologia<br />

e filosofia 177 .<br />

La Bibliotheca selecta 178 compilata dal gesuita mantovano Antonio Possevino (1533/4-1611)<br />

includeva un elenchus <strong>di</strong> 123 opere de re militari aut ad eam spectantia. Naturalmente era esclusa<br />

l’Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli e compreso il Soldato cristiano, scritto nel 1569 dallo stesso<br />

Possevino per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Pio V in occasione della spe<strong>di</strong>zione in Francia del contingente ausiliario<br />

pontificio. La lista abbondava in opere <strong>di</strong> carattere giuri<strong>di</strong>co e teologico, soprattutto <strong>di</strong> padri e dottori<br />

della Chiesa, mentre quelle <strong>di</strong> carattere tattico, strategico o tecnico erano solo 20:<br />

•2 sezioni <strong>di</strong> enciclope<strong>di</strong>e (Iul. Afr. VII e Isid., Etym. XVIII);<br />

•10 scriptores veteres (Polibio, Cesare, Onasandro, Frontino, Eliano, Polieno, Vegezio,<br />

Maurizio, Leone VI e Urbicio);<br />

•8 scriptores moderni: tre anteriori a Machiavelli (Valturio, Cornazzano e Della Valle) e tre<br />

posteriori (Ferretti 179 , Brancaccio e Fiammelli 180 ), oltre al matematico Tartaglia e al filologo<br />

fiammingo Lipsio<br />

Ciò non toglie che nel corso del Seicento i gesuiti, almeno i francesi, abbiano dato un notevole<br />

contributo alle scienze militari, dall’architettura (padri Gabriel Fournier e Bour<strong>di</strong>n) all’idrografia<br />

(Fournier) all’ingegneria e all’arte <strong>militare</strong> navali (Paul Hoste) alla <strong>storia</strong> delle istituzioni militari<br />

Vorabend des Dreissigjaehrigen Kriegen”, in Nassauische Annalen, 70, 1959, pp. 227-235; Norbert Konrad,<br />

Ritterakademien der fruehen Neuzeit: Bildung als Standesprivileg im 16. und 17. Jahrhundert, Goettingen, 1983; Hale,<br />

War Stu<strong>di</strong>es, capp. 8 e 10; Id., Guerra e società, cit. pp. 156-157 (dove mette in rapporto le scuole militari con la <strong>di</strong>ffusione<br />

dei soldatini e dei giochi <strong>di</strong> guerra); Parker, op. cit., pp. 38 e 74 nt. 45; Corvisier, HMF, I, cit., p. 335; Id., “Formation des<br />

militaires” in Dictionnaire d’art et d’histoire militaire, cit., pp. 318-319. Cfr. E. de la Barre Duparcq, L’art de la guerre<br />

pendant les guerres de religion, Paris, Dumaine, 1864; Robert J. Knecht, The French Civil Wars, Harlow, Essex, Pearson<br />

Education Ltd, 2000. Nelle scuole protestanti Flavio Giuseppe era utilizzato come manuale <strong>di</strong> tattica (Coutau-Bégarie,<br />

Traité, cit., p. 158).<br />

177 Bertelli, Ribelli, cit., pp. 31 e 126-27.<br />

178 Bibliotheca selecta de ratione stu<strong>di</strong>orum, Romae, 1593; Venetiis 1603, tom. I, lib. V, cap. 6, ff. 208-211 (elenchus<br />

aliquorum qui scripsere de re militari aut ad eam spectantia). Bibliografia su Possevino in Bozza, Scrittori, cit., pp. 77-79.<br />

Cfr. A. P. Farrel, The Jesuit Code of Liberal Education. Development and Scope of the Ratio Stu<strong>di</strong>orum, Milwaukee, The<br />

Bruce Publishing Co., 1938 (cit. in Brizzi, Form. cit., p. 57 nt. 35).<br />

179 Francesco Ferretti, Dell’osservanza <strong>militare</strong>, Venezia, 1568; Dialoghi notturni, Ancona, 1608.<br />

180 Sul fiorentino Giovan Francesco Fiammelli cfr. Ilari, L’interpretazione, cit., pp. 215-21. Dotato <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta esperienza<br />

<strong>militare</strong>, si definiva “matematico teorico e pratico” e fu uno dei tramiti tra la scuola galileiana e l’or<strong>di</strong>ne degli Scolopi<br />

fondato da Giuseppe Calasanzio, al quale fu marginalmente affiliato. Scrisse almeno cinque trattati militari, pubblicati a<br />

Roma fra il 1602 e il 1606, i primi 4 da Luigi Zannetti e il quinto da Carlo Vullietti. Il primo (Il Principe cristiano<br />

guerriero) era de<strong>di</strong>cato al car<strong>di</strong>nale Alessandro dei Me<strong>di</strong>ci, legato presso Enrico IV <strong>di</strong> Francia, che nel settembre 1603<br />

ottenne la riapertura dei collegi gesuiti in Francia. Gli altri erano: Modo <strong>di</strong> ben mettere in or<strong>di</strong>nanza gli eserciti; Il principe<br />

<strong>di</strong>feso, nel quale si tratta <strong>di</strong> fortificazione, oppugnazione, e propugnazione, o <strong>di</strong>fesa; La riga matematica; Quesiti militari<br />

fatti all’autore in <strong>di</strong>versi tempo, da <strong>di</strong>versi principi ... e da lui risoluti con esempi ...). Più famoso <strong>di</strong> Fiammelli era il<br />

capitano senese Imperiale Cinuzzi, membro delle Accademie degli Ar<strong>di</strong>ti e degli Intronati (La vera <strong>militare</strong> <strong>di</strong>sciplina<br />

antica e moderna, tre libri, Siena, app. Silvestro Marchetti, 1604; ivi, Bonetti, 1620). Cfr. G. Bargilli, “Il capitano<br />

Imperiale Cinuzzi e l’opera sua”, in Rivista Militare Italiana, 44 (1899), 1, pp. 321-324.<br />

93


(Hermann Hugo, Iohann Anton Waltrin e Gabriel Daniel). Anche lo stile <strong>di</strong> guerra cattolico, che<br />

vedeva la guerra come giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>vino e gestum Dei per homines e perciò subor<strong>di</strong>nava gli aspetti<br />

tecnici e materiali a quelli morali e spirituali, toccò il trionfo l’8 novembre 1620, quando l’ardente<br />

carmelitano spagnolo padre Domingo de Jesus Maria (Ruzola, 1559-1630), ispirato dalla visione<br />

mariana, convinse il riluttante consiglio <strong>di</strong> guerra cattolico a dare battaglia contro l’armata protestante<br />

boema 181 .<br />

Sollecitato dagli amici a completare la sua bibliographia politica con una <strong>militare</strong>, Gabriel Naudé<br />

(1600-53) vi de<strong>di</strong>cò un capitolo del suo syntagma de stu<strong>di</strong>o militari, scritto a Rieti nel 1636 182 . Il<br />

me<strong>di</strong>co ateo e libertino, ammiratore <strong>di</strong> Machiavelli, autore del primo trattato sul colpo <strong>di</strong> stato e<br />

bibliotecario del car<strong>di</strong>nal Mazarino, riconosceva la propria imperizia <strong>militare</strong> 183 , ma si sentiva<br />

legittimato a trattare de recta bellorum administratione in base alla sola lectio dei classici antichi, come<br />

avevano già fatto prima <strong>di</strong> lui altri politografi, in particolare Elia Reusner 184 . Tra i testi rilevanti,<br />

anzitutto la <strong>storia</strong> antica, sorta <strong>di</strong> archivio segreto da cui si poteva secretas cogitationes et imperiorum<br />

arcana ... expiscare 185 . Poi le biografie dei gran<strong>di</strong> condottieri - che imparano spesso l’un l’altro, come<br />

il sultano Selim I Yavuz (1512-20) dai commentari cesariani - e infine gli auctores de re militari,<br />

inclusi greci, romani e 271 recentiores, classificati in sette categorie:<br />

•25 antiqui deper<strong>di</strong>ti, pp. 514-17;<br />

181 Alla vittoria della Montagna Bianca, più “cattolica” <strong>di</strong> Lepanto e più rilevante anche dal punto <strong>di</strong> vista strategico e<br />

storico, furono de<strong>di</strong>cate varie chiese, tra cui quella romana <strong>di</strong> Santa Maria della Vittoria, nella cui sacrestia sono ancor oggi<br />

conservati gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti della battaglia (parziali riproduzioni in Olivier Chaline, La bataille de la Montagne Blanche. Un<br />

mystique chez les guerriers, Paris, E<strong>di</strong>tions Noesis, 1999). La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale consigliò la chiusura della chiesa al<br />

pubblico, rimasta poi definitiva. Quella chiusura, unita alla concessione del patronato dell’Immacolata ai militari americani<br />

cattolici, avvenuta ad istanza del car<strong>di</strong>nale Francis Joseph Spellman l’8 maggio 1942 (lo stesso giorno in cui la U. S. Navy<br />

vinse la battaglia del Mar dei Coralli), sembra quasi simboleggiare una sorta <strong>di</strong> translatio imperii (la terza della <strong>storia</strong>),<br />

compiuta da Pio XII, indubbiamente il più grande stratega cattolico del Novecento (si consideri che il patronato fu<br />

concesso quando gli Stati Uniti erano ancora in guerra con l’Italia, e che la proposta dell’or<strong>di</strong>nario <strong>militare</strong> italiano <strong>di</strong><br />

proclamare la Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, avanzata l’11 novembre 1948, tre mesi dopo la fallita insurrezione<br />

comunista, fu accolta l’11 novembre 1949, sette mesi dopo l’entrata dell’Italia nel Patto Atlantico).<br />

182 Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari ad illustrissimum iuvenem Ludovicum ex comitibus Gui<strong>di</strong>is a Balneo, Romae, ex<br />

Typographia Iacobi Facciotti, 1637, lib. II Ducis Officium, cap. IV, pp. 513-14; Naudaei Bibliographia militaris, Jenae,<br />

1683, inclusa in Thomas Crenius, De eru<strong>di</strong>tione comparanda, Leyden, 1699. Naudé, Bibliographia politica a cura <strong>di</strong> D.<br />

Bianco, Roma, Bulzoni, 1997.<br />

183 Synt., Auctor Benevolo Lectori: “nec acies unquam vi<strong>di</strong>ssem, nec castra, nec hostem, ac ne quidem gla<strong>di</strong>um apte<br />

cingere, aut educere de vagina possem”. Secondo Naudé la scientia belli administran<strong>di</strong> (o militaris) si può acquisire<br />

(comparare) in due soli mo<strong>di</strong>, experientia et lectione (pp. 504 e 507-8). Prestato un lip homage all’autorità <strong>di</strong> Aristotele e<br />

Cicerone (che, in riferimento alla me<strong>di</strong>cina, all’oratoria e all’ars imperatoria anteponevano la pratica alla teoria), Naudé vi<br />

contrapponerva l’opinione <strong>di</strong> Botero, che giu<strong>di</strong>cava la lectio rerum militarium superiore all’esperienza; e,<br />

significativamente, non citava l’exemplum <strong>di</strong> Formione (v. supra, nt. 67). Bisogna però osservare che, nonostante il<br />

carattere tendenzialmente omnicomprensivo attribuito all’administratio belli dalla letteratura politologica, questa in realtà<br />

tratta soltanto le <strong>di</strong>mensioni morali, giuri<strong>di</strong>che e politiche, astenendosi dall’affrontare la condotta tecnica della guerra<br />

(belli geren<strong>di</strong> ratio, Naudé p. 512). Fu invece il maresciallo <strong>di</strong> Puységur (1655-1743), che era stato capo <strong>di</strong> stato maggiore<br />

(maréchal général des logis) del maresciallo <strong>di</strong> Luxembourg, a sostenere la tesi paradossale <strong>di</strong> un’autosufficienza assoluta<br />

dello stu<strong>di</strong>o teorico, proponendosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che “sans guerre, sans troupes, sans armée, sans etre obligé de sortir de<br />

chez soi, par l’étude seule, avec un peu de géometrie et de géographie, on peut apprendre toute la théorie de la guerre de<br />

campagne” (Art de la guerre par principe et règles, Paris, 1748, I, p. 2).<br />

184 Stratagematographia sive Thesaurus Bellicus, docens quomodo Bello justi et legitime suscipi, recte et prudenter<br />

administrari, commode et sapienter confici debeant: ex latissimo et laetissimo Hi<strong>storia</strong>rum campo Herculeo labore erutus<br />

ab Elia Reusnero Leorino, Histor. in Illustri Solana Profess. Pub. Cum ejusdem Synopsi et gemino In<strong>di</strong>ce locupletissimo,<br />

altero Hi<strong>storia</strong>rum, altero Rerum memorabilium, Francofurti, Prestat apud Johannem Andream, et Wolfgangi Endteri<br />

Junioris haeredes (1609) 1661.<br />

185 Synt., cit., p. 509.<br />

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•manoscritti greci, arabi, latini e volgari in bibliothecis latentis, pp. 518-25;<br />

•antiqui e<strong>di</strong>ti, pp. 525-31;<br />

•17 recentiores qui scripserunt de militia antiquorum in se tantummodo spectata 186 , pp. 531-33;<br />

•21 tum de veteri, et nova inter se collatis 187 , pp. 533-35;<br />

•233 ac demum de nostra et eius partibus singulis eo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>spositi quae nos in hoc<br />

syntagmate observavimus 188 , pp. 535-45;<br />

•exqualibus laudantur praesertim a ducibus compositi, pp. 545-50.<br />

12. Lipsio, Casaubon e Salmasio: dal commento all’explicatio storica<br />

Pur essendosi formato al collegio gesuitico <strong>di</strong> Colonia ed aver a lungo soggiornato a Roma, Giusto<br />

Lipsio (1547-1606) aveva avuto una lunga parentesi protestante, come docente <strong>di</strong> lettere latine prima<br />

(1573-75) all’università luterana <strong>di</strong> Iena e poi (1579-90) a quella calvinista <strong>di</strong> Leida, fondata nel 1575<br />

da Guglielmo d’Orange per premiare l’eroica resistenza della città durante l’asse<strong>di</strong>o spagnolo. Qui nel<br />

1583-84 Lipsio ebbe fra i suoi allievi Maurizio <strong>di</strong> Nassau e nel 1589 pubblicò i Politicorum sive civilis<br />

doctrina libri sex, <strong>di</strong> impronta tacitista e neostoica, premiati da una gratifica dagli stati generali. Il libro<br />

V (de militari prudentia) enuncia vari criteri politici <strong>di</strong> organizzazione <strong>militare</strong> (preferenza dei soldati<br />

nazionali sui mercenari e della fanteria sulla cavalleria, or<strong>di</strong>namento misto basato su forze permanenti<br />

<strong>di</strong> mestiere e milizia <strong>di</strong> riserva - milites perpetui e subsi<strong>di</strong>arii) e sostiene che l’arte della guerra va<br />

appresa stu<strong>di</strong>ando gli storici e che la <strong>di</strong>sciplina perfetta si può trovare tornando alla scienza <strong>militare</strong> dei<br />

romani.<br />

Tornato al cattolicesimo nel 1591 e chiamato dall’università cattolica <strong>di</strong> Lovanio (pur mantenendo<br />

contatti epistolari con gli ambienti riformati e con lo stesso stato maggiore olandese), Lipsio vi scrisse<br />

186 1. Petrus Ramus (lib. de moribus vet. Gallorum; comment. ad Caes.); 2. Reinardus Senior comes Solmensis; 3. Samuel<br />

Petitus (lib. VIII legum Acticarum); 4. Nicolaus Cragius (Rep.Laced. III, tab. XII); 5. Meursius (de Cecropia seu Arce<br />

Athen.); 6. Kyrianus Stroza (ad Arist. polit., I); 7. Iacobus Fater Stapenlensis (Hecatonia, leges Socratis et Platonis de<br />

militia retulit); 8. Iustus Lipsius; 9. Franciscus Patricius; 10. Ioannes Antonius Waltrinus S. J. (de re militari veterum<br />

Romanorum lib. VII); 11. Henricus Saviles anglus; 12. Albericus Gentili (de militia Romana, sic); 13. Robertus Valturius;<br />

14. Franciscus Ferretti; 15. Roasius; 16. Clau<strong>di</strong>us Salmasius; 17. Barnaba Brissonius (lib. IV formularum qui totum de<br />

militaribus est).<br />

187 1. Patricius (Paralleli); 2. Hermannus Hugo S.J.; 3. Domenicus Cyllenius; 4. Auctor Florentinus politicae damnatae<br />

(Machiavelli); 5. Ludovicus Regius (lib. IX de vicissitu<strong>di</strong>ne rerum instituit militiae romanae cum moderna); 6. Alexander<br />

Sardus (de moribus et ritis gentium lib. III); 7. Polidorus Vergilius (adagiorum liber de inventoribus rerum seu proverbia);<br />

8. Aegi<strong>di</strong>us card. Columna (sententiarum); 9. Petrus de Gregorius alias Tholosanus (lib. XI Reipublicae qui est de militari<br />

cura; lib. XXV sintaxeos admirabilis); 10. Adamus Contzen (lib. X Politicorum de perfecta Reipublicae forma); 11.<br />

Antonius Zara (Anatomia ingeniorum et scientiarum, Sect. 2a, memb. XV de Militia); 12. M. A. Petilius iur.cons.<br />

Neapolitanus (lib. IX Exarchiae, sive de exteriori principe munere); 13. Carolus Scribanius (Politicus Christianus libri II);<br />

14. Justus Lipsius; 15. Hugo Sempilius (libb. II et V de mathematica <strong>di</strong>sciplina, ubi catalogum ad<strong>di</strong>t, auctorum qui de<br />

militari arte scripserunt; sed tam confuse, negligenterque concinnatum, ut eo non magis lector iuvari possit, quam si<br />

e<strong>di</strong>tus numquam fuisset); 16. Ioannes Baptista Donius (in magno opere suo philologico, titulo de militia fecisse); 17.<br />

Erricus Rohanus (qui nunc in Tellina valle sub Christianissimo Rege castrorum preaefectus); 18. Guillaume du Bellay de<br />

Langey; 19. Imperiale Cinuzzi (de <strong>di</strong>sciplina militari antiqua et moderna); 20. Achille Tarducci; 21. Ruggero de Loria.<br />

188 L’elenco include 42 autori <strong>di</strong> opere a carattere generale (<strong>di</strong> cui 35 veram rationem continentes e 7 literarum<br />

me<strong>di</strong>tationibus similia), 11 <strong>di</strong> miscellanee, 6 <strong>di</strong> trattati sui privilegi dei milites e sulla cavalleria, 10 sul reclutamento, 15<br />

sull’oplomachia e i tornei, 5 sulla milizia equestre, 8 sulla milizia cristiana, 7 sull’addestramento delle reclute, 9 <strong>di</strong> esempi,<br />

2 sull’eloquenza <strong>militare</strong>, 7 <strong>di</strong> matematica, 16 d’artiglieria, 32 <strong>di</strong> architettura <strong>militare</strong>, 6 sugli asse<strong>di</strong>, 10 sulla tattica della<br />

fanteria, 26 <strong>di</strong> teologia e <strong>di</strong>ritto bellico, 11 <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> e 10 <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto amministrativo <strong>militare</strong>. Naudé (p. 545)<br />

giustifica la mancata menzione degli auctores <strong>di</strong> naumachia perché le battaglie navali loco tantum <strong>di</strong>fferunt da quelle<br />

terrestri.<br />

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le prime due opere, entrambe in cinque libri, <strong>di</strong> una prevista trilogia sull’or<strong>di</strong>namento (militia),<br />

l’artiglieria (poliorceticon) e le gran<strong>di</strong> battaglie (triumphi) dei romani, pubblicate ad Anversa nel 1595<br />

e 1596 per i tipi <strong>di</strong> Moretus e Pantin 189 . De<strong>di</strong>cato al futuro Filippo III <strong>di</strong> Spagna, il de militia romana è<br />

un commento a Polibio (VI, 19-42), con un confronto finale in cui si proclama la superiorità del<br />

sistema romano su quello moderno. I primi 4 libri riguardano reclutamento, or<strong>di</strong>namento, armamento,<br />

addestramento e tattica della legione, il quinto (de <strong>di</strong>sciplina) la castrametazione e la vita al campo. Il<br />

Poliorceticon - un <strong>di</strong>alogo tra Lipsio e i consiglieri del vescovo <strong>di</strong> Liegi, ambientato nel giugno 1591 al<br />

castello <strong>di</strong> Seraing sulla Mosa - espone i sistemi antichi <strong>di</strong> blocco e <strong>di</strong> attacco imme<strong>di</strong>ato oppure<br />

regolare delle piazze 190 . I temi trattati da Lipsio erano maturi: nel 1596-1601 furono infatti pubblicati, a<br />

Colonia, Heidelberg e Venezia, altri due saggi analoghi sulla fanteria e uno sull’artiglieria e<br />

castrametazione romane 191 , e lo stesso Lipsio fu completato da saggi giuri<strong>di</strong>co-militari 192 e dal citato<br />

commento ad Arriano sulla cavalleria del gesuita Hermann Hugo (De militia equestri antiqua et nova<br />

ad regem Philippum libri quinque, Anversa, 1630), anch’esso articolato in cinque libri, come la militia<br />

e il poliorcetikon del compatriota Lipsio.<br />

La redazione dei previsti triumphi fu forse sconsigliata dalla recente pubblicazione (Hanau, 1599)<br />

del De Armis Romanis libri duo <strong>di</strong> Alberico Gentili (1552-1608). Docente <strong>di</strong> jus civile a Oxford dal<br />

1581, Gentili vi aveva pubblicato nel 1590 (in margine al primo abbozzo del de jure belli) un’analisi<br />

storico-giuri<strong>di</strong>ca delle causae <strong>di</strong> ciascuna guerra romana, tutte considerate (sulla falsariga <strong>di</strong> Lact.,<br />

Inst., 4, 9) pretestuose e aggressive (De injustitia bellica Romanorum Actio). Il I libro del De Armis<br />

Romanis era appunto l’Actio del 1590, mentre il II conteneva una posteriore Defensio, de justitia<br />

bellica Romanorum, dove, seguendo lo stesso schema, gli argomenti del I libro erano puntualmente<br />

controbattuti e rovesciati a favore dei romani 193 .<br />

189 Terminati il 15 marzo 1594, i De militia Romana libri quinque. Commentarius ad Polybium, ebbero due e<strong>di</strong>zioni,<br />

entrambe <strong>di</strong> 1.500 copie, nel 1595 e 1598 (aucta varie et castigata, con 28 illustrazioni, ristampata in<strong>di</strong>vidualmente nel<br />

1602 e 1616 e nel tomo III dell’opera omnia, 1614; 1637). Il Poliorceticon, sive de machinis, tormentis, telis libri quinque,<br />

ebbe quattro e<strong>di</strong>zioni nel 1596, 1599, 1605-06 e 1625 (tutte riviste, corrette e accresciute). Critiche <strong>di</strong> Hobhom, op. cit., 2,<br />

pp. 401 ss.<br />

190 Cfr. Delbrueck, op. cit., 4, p. 156; Colson, Coll. Moretus-Plantin, cit., pp. 50-56. Su Lipsio v. Gerhard Oestreich,<br />

“Justus Lipsius als theoretischer des neuzeitlichen Machtstaates”, in Historische Zeitschrift, 181, 1956. Bibliografia in M.<br />

Laureys e. a. (Eds.), The World of Justus Lipsius: A Contribution Towards His Intellectual Biography, Bruxelles-Rome,<br />

1998.<br />

191 Iohann Antonius Waltrinus S.J., De re militari Romanorum libri VII, Coloniae, 1597; Henricus Savilius, De militia<br />

romana, Heidelberg, 1601; Achille Tarducci, Delle machine or<strong>di</strong>nate et quartieri antichi et moderni come quelli da questi<br />

possono essere imitati senza punto alterare la soldatesca de’ nostri tempi (aggiuntivi dal medesimo le fattioni occose<br />

nell’Ongaria vicino a Vanice nel 1597 e la battaglia <strong>di</strong> Transilvania contro il Valacio, Venezia, 1601). Le illustrazioni <strong>di</strong><br />

Lipsio oscurarono il precedente Giovanni Franco, Gl’or<strong>di</strong>ni della milizia romana tratti da Polibio in figure <strong>di</strong> rame,<br />

Venezia 1573, ma furono a loro volta soppiantate da quelle <strong>di</strong> Wilhelm Dilich (1571-1655), già topografo e storico<br />

ufficiale del landgravio Maurizio d’Assia, passato nel 1625 al servizio sassone quale ingegnere (Iconismus militiae veteris<br />

et recentioris, 1645; Krieges-Schule, Francoforte, 1689 ; Jaehns, GdKW, pp. 907 ss., 1047 ss., 1047; Colson, Moretus<br />

Plantin, cit., pp. 154-57).<br />

192 Vincenzo Contarini (m. 1617), De frumentaria Romanorum largitione liber, in quo ea praecipue, quae sunt a J. Lipsio<br />

cum in electis, tum in admirandos de eadem pro<strong>di</strong>ta examinantur. Ejusdem de militari Romanorum stipen<strong>di</strong>o (Venetiis,<br />

1609; Vesaliae 1669); Tullius Crispol<strong>di</strong>, Casus <strong>militare</strong>s, Romae, 1635; A. Alciatus, De re militari et militaribus officiis,<br />

Parisiis, 1651; van Passenrode, Der Gryken und Romeynen Krygshandel, Lugd. Batavorum, 1656; Olaus Ackermann, De<br />

iure militari ad Suecanas Romanasque leges accommodato, Upsalae 1673.<br />

193 Rist. Hanau 1612; Venezia 1737 (Polienus, Thesaurus Antiquitatum, t. I); Napoli, 1780 (Opera juri<strong>di</strong>ca selectiora, I,<br />

pp. 375-538). Cfr. Ilari, L’interpretazione, cit., pp. 2-3 nt. 3 e 71-72. Il tema fu poi ripreso dal monarchico inglese Arthur<br />

Duck (1580-1648) nel De usu et authoritate iuris civilis Romanorum in dominiis Principum Christianorum (Londra 1648;<br />

1653; Lugduni Batavorum 1654; I, I, 2-11) secondo cui “Romani per socios bellorum causas quaerebant”. L’enfatica<br />

condanna dell’ingiustizia bellica dei romani e in particolare dell’invasione della Bretagna (citando Tac., Agric., 30, dove il<br />

comandante britanno Galgacus chiama i romani raptores orbis terrarum) è però sottilmente strumentale alla <strong>di</strong>fesa del<br />

<strong>di</strong>ritto romano, la cui introduzione in Inghilterra è considerata una ricaduta positiva della conquista. Anche Folard,<br />

96


Se a Lipsio, considerato l’erede <strong>di</strong> Erasmo, fu consentito <strong>di</strong> mettere il frutto della sua eru<strong>di</strong>zione a<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> entrambi i belligeranti delle Fiandre, il contributo <strong>di</strong> altri filologi fiamminghi e francesi<br />

alla restitutio <strong>militare</strong> sembra maggiormente vincolato dalla committenza pubblica. Non se ne hanno<br />

in<strong>di</strong>zi per le prime e<strong>di</strong>zioni critiche <strong>di</strong> Vegezio (Stewech, Anversa 1585) 194 , Polieno (Casaubon, Lione<br />

1589) e Onasandro (Regault, Parigi 1598) 195 . Ma lo stesso Isacco Casaubon (1599-1614) accenna, in<br />

una lettera a Giuseppe Giusto Scaligero 196 , che l’e<strong>di</strong>zione critica <strong>di</strong> Polibio - pubblicata nel 1606-07<br />

assieme ad nuova traduzione latina 197 - gli era stata or<strong>di</strong>nata dall’alto. Non necessariamente dal re<br />

Enrico IV (che non leggeva il greco); piuttosto da Maximilien de Béthune, duca <strong>di</strong> Sully (1559-1641).<br />

Stavolta infatti l’interesse del committente non sembra <strong>di</strong> carattere <strong>militare</strong>, ma politico. Nel Polibio <strong>di</strong><br />

Casaubon (“non quidem integrum, sed qualem tamen nemo adhuc vi<strong>di</strong>t”) si cercavano infatti scientia<br />

civilis e imperatorius stilus: e soprattutto tornavano alla luce gli excerpta polibiani de legationibus,<br />

funzionali alla stesura segreta del grande progetto <strong>di</strong> pax Europaea ideato da Sully 198 .<br />

ammiratore dei greci, considerava ingiuste le guerre dei romani (Commentaires sur Polybe, Paris, 1727, 2, pp. 124-158:<br />

cfr. Jean Chagniot, Le Chevalier de Folard. La stratégie de l’incertitude, Monaco-Paris, E<strong>di</strong>tions du Rocher, 1997, pp.<br />

199-204; Id., in Actes Namur, cit., p. 116).<br />

194 Testo stabilito dall’umanista olandese Godeschanus Steewech (1557-88), pubblicato da Plantin assieme ad un<br />

commento e ad una lettera del filologo fiammingo François de Moulde (1556-96) e a coniectanea <strong>di</strong> Steewech su Frontino.<br />

Il libro fu ripubblicato a Leida nel 1607 da Peter Schrijver, assieme ad un commento <strong>di</strong> Moulde ad Eliano e ad altri testi<br />

(Aulo Gellio, Catone, Polibio, Igino, Modesto, Rufo e il de rebus bellicis) col titolo V. inl. Fl. Vegetii Renati ... aliorumque<br />

aliquot ceterum De re militari liber. Accedunt Frontini stratagematibus eiusdem auctoris alia opuscula / omnia<br />

emendatius, quaedam nunc primum e<strong>di</strong>ta à Petro Scriverio: cum commentarius aut notis God. Stewechii & Fr. Mo<strong>di</strong>i,<br />

Lugduni Batavorum: ex officina Plantiniana Raphelengii, 1606-1607; Lugduni Batavorum, apud Samuelem Luchtmans,<br />

1731 curante Francisco Oudendorpio (cfr. Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 25-27 e 136-38).<br />

195 Nicolaus Rigaltius, Onosandrou Strategikos. Onosandri Strategicus. Sive de imperatoris institutione. Accessit<br />

Ourbikiou Epitédeuma, Paris 1598/9. Nel 1600 e 1604-05 l’opera fu rie<strong>di</strong>ta ad Heidelberg (Commelin) con commentarius<br />

<strong>di</strong> Ianus Gruterus e breves observationes <strong>di</strong> Aemilius Portus. Infine l’umanista liegese Jean Chokier de Surlet (1571-1655),<br />

cattolico, tacitista e sodale <strong>di</strong> Lipsio, incluse l’e<strong>di</strong>zione e la traduzione <strong>di</strong> Regault, corredate <strong>di</strong> proprie “<strong>di</strong>ssertazioni<br />

politiche” su Onasandro, nel Thesaurus politicorum aphorismorum (Romae 1611; Maguntii 1613; 1619; Frankfurt 1615:<br />

senza il testo greco Liegi 1643 e Colonia 1649, 1653 e 1687). L’idea <strong>di</strong> Surlet <strong>di</strong> contrapporre Onasandro a Machiavelli<br />

come maestro <strong>di</strong> scienza strategica si rintraccia anche nella ratio stu<strong>di</strong>orum <strong>di</strong> Possevino. L’accostamento tra i due autori<br />

era del resto già implicito nella pubblicazione congiunta delle traduzioni francesi dell’Arte della guerra e dello Strategikos<br />

<strong>di</strong> Jehan Charrier (Paris, 1546: “oeuvres tres utilz & necessaires a tous Roys, Princes, Republiques, Seigneurs, Capitaines,<br />

gentilz-hommes & autres suivans les armes”). Qyella <strong>di</strong> Regault era la terza traduzione latina dopo quelle <strong>di</strong> Segun<strong>di</strong>nus<br />

(1494) e Camerarius (1595). Le traduzioni cinquecentesche in volgare sono le seguenti: 1524 (o 1538) tedesca (anonima);<br />

1546 <strong>italiana</strong> (Fabio Cotta) e prima francese (Charrier); 1563 inglese (Peter Whythenorn); 1567 spagnola (Diego Gracian);<br />

1593 seconda francese (Blaise de Vigenère, pubblicata nel 1605). Cfr. Oldfather, op. cit., p. 355-58: riserve in Peters, op.<br />

cit, p. 254-55.<br />

196 Lettera a Scaligero n. 466 ed. Th. J. Almemloveen (Rotterdam, 1709) cit. in G. F. Brussich, Isaac Casaubon, Polibio,<br />

Palermo, 1990 (cfr. Dubuisson, Polybe, cit., p. 18).<br />

197 La traduzione katà podas <strong>di</strong> Casaubon, ripubblicata separatamente nel 1610, era più affidabile <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Lipsio, le<br />

cui cognizioni <strong>di</strong> greco erano appena sufficienti per una parafrasi (Dubuisson, Polybe, cit., pp. 19-22). Ciò non toglie che<br />

Scioppio criticasse tutti i tre massimi eru<strong>di</strong>ti dell’epoca sua, rimproverando a Lipsio i solecismi e a Casaubon e Scaligero i<br />

barbarismi (Bertelli, Ribelli, cit., p. 28).<br />

198 Le Grand Dessein fu pubblicato nel 1662, nell’e<strong>di</strong>zione postuma delle Economies Royales <strong>di</strong> Sully, che lo attribuì a<br />

Enrico IV. Il piano era ispirato a tre principi politici: a) prevenzione dei conflitti interni (me<strong>di</strong>ante riequilibrio dei<br />

<strong>di</strong>fferenziali <strong>di</strong> potenza e risoluzione arbitrale delle controversie); b) istituzioni sovranazionali (consiglio anfizionico <strong>di</strong> 40<br />

membri in<strong>di</strong>pendenti, con decisioni a maggioranza e con poteri arbitrali e coercitivi sostenuti da un esercito federale); c)<br />

in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un nemico esterno (ovviamente il Turco). Si prevedeva la ristrutturazione dell’Europa in quin<strong>di</strong>ci Stati<br />

sovrani <strong>di</strong> uguale potenza e ricchezza (sei monarchie ere<strong>di</strong>tarie, cinque elettive e quattro repubbliche). Gli excerpta<br />

polibiani furono tenuti presenti anche nel Nouveau Cynée, ou Discours des Occasions et Moyens d’établir une paix<br />

générale et la liberté du commerce pour toute le monde (1623) <strong>di</strong> Emeryc Crucé (1590-1648) che prevedeva<br />

un’Assemblea permanente degli Stati, non limitata all’Europa ma estesa anche al Gran Mongolo, agli imperatori della Cina<br />

e del Giappone e ai sovrani della Persia e dei Tartari, incaricata <strong>di</strong> far regnare la pace nel mondo me<strong>di</strong>ante l’arbitrato e <strong>di</strong><br />

reprimere ogni turbativa anche con l’uso della forza.<br />

97


Esplicita è la committenza pubblica, da parte <strong>di</strong> Luigi <strong>di</strong> Nassau ai professori <strong>di</strong> greco <strong>di</strong> Leida<br />

(Johannes Meursius Sr.) e Franeker (Sixtus Argerius) delle e<strong>di</strong>zioni critiche <strong>di</strong> Leone ed Eliano, con<br />

traduzione latina, pubblicate a Leiden rispettivamente nel 1612 e 1613. Furono inoltre promosse<br />

traduzioni in volgare dei classici militari antichi: quella francese <strong>di</strong> Vegezio (de la milice romaine,<br />

Francoforte 1616) <strong>di</strong>chiara nel titolo <strong>di</strong> essere stata stampata aux frais <strong>di</strong> Wallhausen. Altrettanto non<br />

si può <strong>di</strong>re per le traduzioni <strong>di</strong> Eliano in inglese (John Bingham, The tactiks of Aelian, 1616) 199 e<br />

francese (la seconda dopo quella del 1536: An., De l’ordonnance des anciennes bandes et armées<br />

grecques conformement à l’ordre estably par Philippe et Alexandre-le-Grand, Paris, 1611).<br />

La successiva traduzione francese <strong>di</strong> Eliano e Polibio è de<strong>di</strong>cata a Luigi XIII (Louis de Machault,<br />

seigneur de Romaincourt, La milice des Grecs et des Romains traduite en français du grec d’Aelian et<br />

de Polybe et de<strong>di</strong>ée au roi, Paris, 1615) 200 . Il duca Enrico <strong>di</strong> Rohan (1579-1638) tornò invece al<br />

commento cesariano (Le parfait capitaine, Paris, 1631; 1636), messo poi a confronto con Leone dal<br />

conte Maiolino Bisaccioni (Sensi civili ... sopra il perfetto capitano <strong>di</strong> H.D.R. e sopra la tactica <strong>di</strong><br />

Leone imperadore, Venezia, 1642; Messina, 1660).<br />

Succeduto nel 1625 al defunto cugino Maurizio d’Orange, il nuovo stathouder Federico Enrico <strong>di</strong><br />

Nassau commissionò al suo protetto Claude Saumaise (1588-1635) un compen<strong>di</strong>o dell’arte <strong>militare</strong><br />

romana, più breve ma più originale della prolissa parafrasi polibiana <strong>di</strong> Lipsio, ad uso pratico e<br />

riservato dello stato maggiore protestante. Borgognone e ugonotto, già allievo <strong>di</strong> Casaubon a Parigi e<br />

avvocato a Digione, Salmasio aveva dovuto espatriare durante l’ultima guerra civile, compensato però<br />

da una prestigiosa cattedra leidense. Benché autore <strong>di</strong> 140 libri (<strong>di</strong> cui 60 ine<strong>di</strong>ti) il “principe dei<br />

commentatori” si trovò <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> passare dal puro commento <strong>di</strong> un testo già costruito<br />

ad un inquadramento sistematico originale e innovativo, nonché <strong>di</strong> prendere in considerazione anche<br />

fonti ine<strong>di</strong>te o trascurate. L’opera, pur non rifinita per la morte dell’autore 201 fu celermente completata<br />

grazie al celebre eru<strong>di</strong>to provenzale Nicolas Claude Fabri de Peiresc (1580-1637), il quale mobilitò a<br />

favore dell’amico la sua vasta rete <strong>di</strong> corrispondenti, procurandogli anche vari manoscritti, considerati<br />

più affidabili delle e<strong>di</strong>zioni a stampa 202 .<br />

E’ importante sottolineare che, nonostante e anzi proprio grazie alla sua finalità pratica, il De re<br />

militari Romanorum <strong>di</strong> Salmasio rappresenta la prima vera indagine storica, e non più soltanto eru<strong>di</strong>ta,<br />

sul sistema <strong>militare</strong> romano. Il continuo ricorso al confronto critico tra fonti molteplici non mira<br />

soltanto a risolvere singoli punti oscuri, ma a impostare un’explicatio generale, basata sullo<br />

“storicizzamento” del sistema <strong>militare</strong> romano. La svolta metodologica è data appunto dall’idea che<br />

per poterlo confrontare (davvero e utilmente) con i moderni sistemi europei bisogna anzitutto cogliere<br />

la sua mutatio interna 203 . Inoltre, indagando le <strong>di</strong>fferenze tra la legione delle guerre puniche e quella<br />

199 Cfr. Hahlweg, HR, pp. 175-78.<br />

200 Cfr. Jaehns, GdKW, 2, p. 871; Hahlweg, HR, pp. 171-2.<br />

201 Segretata per ragioni militari, l’opera fu pubblicata postuma nel 1657 a Leida da Georg Horn (Cl. Salmasii De re<br />

militari Romanorum liber, opus posthumum, Apud Iohannem Elsevirium, Lugduni Batavorum, 1657) e inserita da J. G.<br />

Grevius nel Thesaurus antiquitatum Romanorum, X, 1389 ss. Cfr. Colson, Coll. Moretus-Plantin, cit., pp. 80-85. Cfr. J. H.<br />

Boecler, Comparatio militiae veteris et ho<strong>di</strong>ernae, Dissert. 2, 1670, p. 1245 ss. Bibliographia historico-politicaphilologica<br />

curiosa, Germanopoli, 1677; James Turner, Pallas Armata: Military Essayes of the Ancient Grecian, Roman<br />

and Modern Art of War, London, 1683.<br />

202 Cfr. Agnès Bresson, “Guerre moderne et éru<strong>di</strong>tion: Peiresc et le traité de la milice de Saumaise (1635-37)”, in<br />

Histoire, économie, société, 1992, 2, pp. 187-196: Id., e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Peiresc, Lettres à Claude Saumaise et à son entourage<br />

(1620-37), Firenze, Olschki, 1992 (cit. in Colson, ibidem).<br />

203 Salm., DRMR, 1: “In Explicanda Re Militari Romanorum qui utilem et efficacem ponere operam cupit, curare stu<strong>di</strong>o<br />

intentiore debet ut videat non quid <strong>di</strong>stet ab ho<strong>di</strong>erna populis Europaeis usitata, sed in primis quaerere illum oportet an et<br />

à semetipsa aliquando <strong>di</strong>screpaverit, id est an Romana ipsa à Romana <strong>di</strong>versa fuerit et pro temporibus variaverit”.<br />

98


dell’età cesariana, Salmasio le mette in parallelo, se non in rapporto, con il mutamento costituzionale,<br />

un tema che si innerverà poi da Harrington e Montesquieu sino a John R. Seeley e Otto Hintze 204 .<br />

13. L’arte <strong>militare</strong> nella quérelle des Anciens et des Modernes<br />

Naturalmente anche la letteratura <strong>militare</strong> del Settecento contiene qualche eco della famosa quérelle<br />

des anciens et des modernes iniziata nell’Académie Royale e proseguita e <strong>di</strong>ffusa nei gran<strong>di</strong> salotti<br />

parigini: secondo Chagniot i <strong>di</strong>aloghi folar<strong>di</strong>ani tra Regolo e Tallard e tra Arato e Richelieu sono ad<br />

esempio un calco evidente 205 dai Dialogues des morts <strong>di</strong> Fontenelle, autore dell’intervento più<br />

importante nella <strong>di</strong>sputa, altrimenti marginale, tra Perrault e Boileau 206 . Ma, all’opposto <strong>di</strong> Fontenelle,<br />

come poi anche <strong>di</strong> Montesquieu, in Folard “presque toujours la comparaison tourne au désavantage des<br />

modernes”.<br />

204 Otto Hintze (1861-1940), Staatsverfassung und Heeresverfassung, 1906 (Stato ed Esercito, Palermo, Flaccovio,<br />

1991). Cfr. Luigi Loreto, “SV e HV antiche in Otto Hintze”, in Quaderni <strong>di</strong> <strong>storia</strong>, 39, gennaio-giugno 1994, pp. 127-163;<br />

Id., “Proprietà della terra, costituzione ed esercito a Roma. James Harrington e la fine della Repubblica nella prima metà<br />

del II secolo a. C.”, in Bullettino dell’Istituto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto romano, 96/7 (1995/6), pp. 395-454; Id., Guerra e libertà nella<br />

Repubblica romana. John R. Seeley e le ra<strong>di</strong>ci intellettuali della Roman Revolution, Roma, L’Erma <strong>di</strong> Bretschneider,<br />

1999.<br />

205 Chagniot, Atti Namur, cit., p. 120. Anche Federico II scrisse nel 1773 un <strong>di</strong>alogue des morts tra il principe Eugenio,<br />

Marlborough e il principe <strong>di</strong> Liechtenstein.<br />

206 Com’è noto la quérelle des anciens et des modernes designa in senso stretto soltanto la meschina <strong>di</strong>sputa intercorsa nel<br />

1687-90 tra due cortigiani, il letterato Charles Perrault (1628-1703), alto funzionario delle finanze e membro del comitato<br />

per le pubbliche iscrizioni (in seguito <strong>di</strong>venuto Académie des inscriptions et des Belles Lettres), e Nicolas Boileau<br />

“Despreaux” (1636-1711), insignito nel 1677, assieme con Racine, del titolo ufficiale <strong>di</strong> “storiografo <strong>di</strong> Francia”. La<br />

<strong>di</strong>sputa ebbe origine dalla presentazione all’Académie de France, il 27 gennaio 1687, del Siècle de Louis le Grand, un<br />

poemaccio fin troppo politicamente corretto in cui Perrault paragonava il roi Soleil ad Augusto e che fu attaccato da<br />

Boileau e Racine con l’arma del ri<strong>di</strong>colo. Perrault parò la mici<strong>di</strong>ale stoccata buttando la faccenda sul pedante, con i<br />

Parallèles des Anciens et des Modernes (1688-97). A dare spessore alla <strong>di</strong>sputa fu l’intervento, a sostegno dell’amico<br />

Perrault, <strong>di</strong> un personaggio del calibro <strong>di</strong> Bernard de Boviet de Fontenelle (1657-1757) - futuro segretario (1699)<br />

dell’Accademia reale delle scienze e già celebre per la sua parafrasi (1683) dei Nekrikoì <strong>di</strong>àlogoi <strong>di</strong> Luciano <strong>di</strong> Samosata -<br />

la cui famosa Digression sur les Anciens et les Modernes (1688) indusse Boileau a chiudere formalmente la <strong>di</strong>sputa.<br />

Ovviamente nei salotti letterari, come quelli della marchesa <strong>di</strong> Lambert e delle signore de Tencin, Geoffrin e Dupin, si<br />

continuò a <strong>di</strong>scutere all’infinito <strong>di</strong> parità o superità reciproca tra Antichi e Moderni, ma né la questione né gli argomenti<br />

erano nuovi. La questione del progresso intellettuale per accumulo <strong>di</strong> conoscenze era già presente in Rabelais, Ramo,<br />

Postel; mentre già con Bo<strong>di</strong>n (Methodus ad facilem hi<strong>storia</strong>rum cognitionem, 1572) e soprattutto con Bacone (Novum<br />

Organum, 1620; De <strong>di</strong>gnitate et augmentis scientiarum, 1623) si affaccia l’idea che la superiorità dei moderni risieda in<br />

una <strong>di</strong>fferenza qualitativa nei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, questione approfon<strong>di</strong>ta da Thomas Burnet (Panegyric of Modern<br />

Learning, in Comparison of the Ancient) e William Temple (An Essay upon on the Ancient and Modern Learning) negli<br />

stessi anni della quérelle Perrault-Boileau. Solo più tar<strong>di</strong>, a partire dagli anni 1730, comincia però a prendere corpo una<br />

visione progressista della <strong>storia</strong> universale, dove al progresso scientifico corrisponde quello sociale e della stessa natura<br />

umana: nascono da qui il cosmopolitismo pacifista dell’Abbé de Saint Pierre (Observations sur le progrès continuel de la<br />

raison universelle, 1737), <strong>di</strong> Turgot (Réflexions sur l’histoire des progrès de l’esprit humain, 1749: Des progrès successifs<br />

de l’esprit humain e Avantages que le christianisme a procurés au genre humain, 1750), <strong>di</strong> David Hume (On the Balance<br />

of Power, 1752), l’ottimismo sociale del marchese <strong>di</strong> Chastelloux (De la felicité publique, 1772), <strong>di</strong> Sébastien Mercier<br />

(L’an 2440, Amsterdam, 1770), <strong>di</strong> Adam Smith (Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, 1776), <strong>di</strong><br />

Servan (Discours sur le progrès des connaissances humaines, 1782), cui corrispondono nel pensiero filosofico le tesi <strong>di</strong><br />

Herder (Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit, 1784), Kant (Idee einer Universalgeschichte von den<br />

kosmopolitischen Standpunkt, 1784), Condorcet (Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain, 1793-<br />

94), nuovamente Herder (Briefe zur Befoerderung des Humanitaet, 1793-97). Cfr. Le Goff, op. cit., pp. 684-685. Id., Art.<br />

“Progresso/reazione”, in Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, 1980, pp. 207-209; A. H. Rigault, Histoire de la quérelle des Anciens et<br />

des Modernes, Paris, 1856; Chantal Grell, Le Dix-huitième siècle et l’Antiquité en France 1680-1789, Oxford, Voltaire<br />

Foundation, 1995; Marc Bélissa, Fraternité universelle et intéret national (1713-1795), les cosmopolitiques du droit des<br />

gens, Paris, E<strong>di</strong>tions Kimé, 1998.<br />

99


In realtà non soltanto la letteratura tecnica prodotta dalle “armi dotte” (artiglieria, genio e marina),<br />

ma anche i trattati sull’impiego delle “armi <strong>di</strong> mischia” (fanteria e cavalleria) si erano emancipati, già<br />

dalla metà del Seicento, dall’idea rinascimentale <strong>di</strong> restitutio 207 . Lo si vede bene nelle due opere<br />

militari più importanti prodotte dall’età <strong>di</strong> Luigi XIV, dovute a due importanti collaboratori del<br />

maresciallo <strong>di</strong> Lussemburgo (1628-95). Le memorie <strong>di</strong> Feuquières 208 e il trattato <strong>di</strong> Puységur 209 ,<br />

pubblicati emtrambi postumi nel 1730 e 1748, <strong>di</strong>fferiscono anche per il <strong>di</strong>verso atteggiamento nei<br />

confronti della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica, ignorata da Feuquières e letta invece da Puységur alla maniera <strong>di</strong><br />

Montesquieu 210 , per estrarne principi e regole - in particolare dal raffronto tra Turenne e Cesare e dallo<br />

stu<strong>di</strong>o comparato delle battaglie <strong>di</strong> Noerdlingen (1645) e <strong>di</strong> Farsalo (48 a. C.).<br />

Anche il gesuita padre Daniel, storico ufficiale della Francia e delle sue istituzioni militari 211 , aveva<br />

incluso nel libro II dell’Histoire de la milice françoise una Comparaison de l’art militaire d’autrefois<br />

et de l’ancienne milice, avec l’art militaire et la milice de notre tems. Da buon eru<strong>di</strong>to, il padre<br />

concedeva che erano stati i greci e i romani ad aver ridotto la guerra in arte (II, 595) e che l’or<strong>di</strong>nanza<br />

moderna era in sostanza quella romana (II, 601) ma contestava la tesi <strong>di</strong> Lipsio che gli or<strong>di</strong>namenti<br />

antichi fossero in generale superiori a quelli moderni, sostenendo che le riforme militari <strong>di</strong> Luigi il<br />

Grande avevano parificato la <strong>di</strong>sciplina francese a quella greca e romana.<br />

Ma due cicli trentennali (1618-48 e 1672-1713) <strong>di</strong> guerre mon<strong>di</strong>ali 212 testimoniavano contro<br />

l’efficacia offensiva e dunque risolutiva dei sistemi moderni, basati sul continuo perfezionamento delle<br />

207 Thierry Widemann, “Référence antique et ‘raison stratégique’ au XVIIIe siècle”, in Atti Namur, cit., pp. 147-56.<br />

208 Il briga<strong>di</strong>ere Antoine-Manassès du Pas, marquis de Feuquières (1648-1711), era nipote <strong>di</strong> Manassè du Pas (1590-<br />

1640), il famoso <strong>di</strong>plomatico che aveva negoziato l’alleanza con Gustavo Adolfo <strong>di</strong> Svezia e i principi tedeschi e<br />

accre<strong>di</strong>tato i sospetti <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento dello stesso Wallenstein. Legato al duca <strong>di</strong> Lussemburgo dalla comune ma pericolosa<br />

passione per l’occultismo, che li condusse entrambi a farsi truffare da Le Sage e ad essere implicati, nel 1680, nell’affaire<br />

des poisons, il briga<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> Feuquières fu scagionato dall’inchiesta, ma incontrò nuovi guai a causa del suo carattere<br />

rancoroso: già isolato nell’ambiente <strong>militare</strong> fin dal 1695, nel 1701 cadde in <strong>di</strong>sgrazia per un intrigo <strong>di</strong> corte e alla vigilia<br />

della morte dovette scrivere una lettera <strong>di</strong> sottomissione al re, raccomandandogli il figlio. L’accurato resoconto delle 33<br />

battaglie cui aveva preso parte agli or<strong>di</strong>ni del duca fu pubblicato soltanto nel 1730 dal fratello Jules de Feuquières, col<br />

titolo Mémoires sur la guerre où l’on a rassemblé les maximes les plus nécessaires dans les opérations de l’art militaire<br />

(Mémoires contenant ses maximes sur la guerre et application des exemples aux maximes), 2 voll., Amsterdam, F.<br />

Chauvignon, 1730 (rist. 1731, 1734, 1735 e 1736: nella quinta e<strong>di</strong>zione compare una Notice biografica sull’autore;<br />

Londres, P. Dunoyer, 1736). L’opera è generalmente considerata il primo trattato <strong>militare</strong> veramente importante pubblicato<br />

in Francia, ma proprio per questo suscitò anche notevole imbarazzo (Voltaire, nel Siècle de Louis XIV, riassume il giu<strong>di</strong>zio<br />

ufficiale: “officier consommé dans l’art de la guerre, et excellent guide s’il est critique trop sévère”). Federico II lo faceva<br />

leggere a mensa, durante i pasti dei cadetti (Delbrueck, GdKK, 4, p. 310 R.). Cfr. L. Davigo, L’écriture sur la guerre au<br />

temps de Louis XIV. Le marquis de Feuquière, Mémoire de maitrise, Université de Nantes, ms. 1994. P. Rouillet, Le<br />

maréchal de Luxembourg, tacticien ou stratège?, Mémoire de DEA, Université de Nantes, ms., 1997. Cfr. Pieri, SMI, pp.<br />

113-14, 128 e 214.<br />

209 Jacques François de Chastenet, marchese de Puységur (1655-1743), fu spesso consultato da Luigi XIV nei suoi<br />

consigli <strong>di</strong> guerra e fu capo <strong>di</strong> stato maggiore (maréchal général des logis) del duca <strong>di</strong> Lussemburgo, Il suo trattato (Art de<br />

la guerre par principes et par règles) fu pubblicato postumo dal figlio (Paris 1748; 1749 2 voll.). Il compen<strong>di</strong>o fattone nel<br />

1752 dal barone <strong>di</strong> Traverse fu tradotto in tedesco (Faesch, Leipzig 1753) e italiano (Napoli 1753). Cfr. ; Colson, Collect.<br />

Moretus Plantin, cit., pp. 145-51.<br />

210 Le Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence sono del 1734. Cfr. Francesco<br />

Gentile, L’‘esprit classique’ nel pensiero <strong>di</strong> Montesquieu, Padova, Cedam, 1965.<br />

211 Gabriel Daniel S. J. (1649-1728), Histoire de la milice françoise ... jusqu’à la fin du règne de Louis XIV, 2 voll., Paris,<br />

chez Jean Baptiste Coignard, 1721 (Amsterdam 1724).<br />

212 Sono le prime guerre mon<strong>di</strong>ali moderne non solo e non tanto perché furono combattute anche nelle colonie americane,<br />

ma perché la posta in gioco delle guerre civili, religiose e nazionali europee, al <strong>di</strong> là delle cause e delle motivazioni<br />

particolari, non era una mera supremazia ideologica e materiale in uno spazio geopolitico chiuso (come si trattava per le<br />

guerre asiatiche coeve) ma l’acquisizione <strong>di</strong> quote determinanti nel complessivo assalto europeo alle risorse mon<strong>di</strong>ali e al<br />

governo del processo storico. Cfr. Paul Kennedy, The Rise and Fall of the Great Powers, Random House, 1987.<br />

100


armi da fuoco e su un consumo esponenziale <strong>di</strong> risorse che moltiplicavano i vantaggi della <strong>di</strong>fensiva e<br />

paralizzavano i piani imperialisti. Le guerre <strong>di</strong> Successione, poi quella dei Sette anni, misero sotto<br />

accusa l’“or<strong>di</strong>ne moderno”, o “sottile”, cui né la baionetta, né lo sviluppo della cartografia <strong>militare</strong>,<br />

della logistica, dell’arte ossi<strong>di</strong>onale e della “piccola guerra” parallela alle operazioni principali 213<br />

avevano saputo restituire un carattere decisivo.<br />

Fino al 1793 la questione della guerra decisiva fu impostata nel modo sbagliato, ossia come una<br />

questione puramente tecnica o tecnologica. La prassi del 1756-63 suggerì <strong>di</strong> cercare la decisione non<br />

con la battaglia ma attraverso la grande manovra operativa sull’intero teatro <strong>di</strong> campagna (grande<br />

tactique, partie sublime), ignota alla trattatistica greco-romana e concettualizzata dalla cosiddetta<br />

scuola “geometrica” <strong>di</strong> Henry Lloyd e Georg Tempelhof, sistematizzata ed estremizzata nel 1799 da<br />

Buelow 214 . Ma inizialmente i riformisti cercarono la soluzione ad<strong>di</strong>rittura al mero livello tattico, ossia<br />

mutando il carattere della battaglia da <strong>di</strong>fensivo e statico a offensivo e <strong>di</strong>namico me<strong>di</strong>ante l’attacco su<br />

più colonne cooperanti (or<strong>di</strong>ne profondo) e l’avvolgimento d’ala (or<strong>di</strong>ne obliquo). Un mutamento che<br />

sarebbe stato però in latente contrad<strong>di</strong>zione con le vere determinanti - sociali, economiche e politiche -<br />

della settecentesca guerra d’usura.<br />

A Poltava, nel 1709, la colonna Loewenhaupt aveva sfondato la prima linea russa, ma era stata poi<br />

annientata dall’artiglieria nemica, provocando la catastrofe svedese. Proprio per questo nel 1715 il<br />

cavaliere de Folard, un intrepido capitano delle guerre del Re Sole, scelse il re <strong>di</strong> Svezia quale<br />

de<strong>di</strong>catario <strong>di</strong> un traité sur la colonne che echeggiava il tema eroico della “furia francese”. Fra il 1724<br />

e il 1730 il commento tecnico per la nuova traduzione francese <strong>di</strong> Polibio dell’eru<strong>di</strong>to maurista dom<br />

Thuillier dette modo all’oscuro capitano <strong>di</strong> riprendere e <strong>di</strong>ffondere le idee che gli stavano a cuore,<br />

benché la franchezza dei suoi giu<strong>di</strong>zi, l’invali<strong>di</strong>tà fisica e la bizzarria del carattere finissero per<br />

attirargli crudeli ritorsioni 215 .<br />

213 Come l’ar<strong>di</strong>tismo della guerra 1914-18 e il cosiddetto “terrorismo internazionale” o<strong>di</strong>erno, la piccola guerra <strong>di</strong> pianura,<br />

<strong>di</strong> montagna e <strong>di</strong> frontiera <strong>militare</strong> dei secoli XVI-XVIII era un sottoprodotto compensativo della cunctatio, cioè della<br />

guerra d’usura e del carattere non decisivo del confronto <strong>militare</strong> complessivo. Per questo i principi etici, giuri<strong>di</strong>ci e<br />

operativi della guerra regolare europea erano rovesciati in quella irregolare. Sulla prassi e la teoria della piccola guerra nel<br />

Settecento cfr. Werner Hahlweg, Krieg ohne Fronten, Stuttgart-Berlin, W. Kohlmanner GmbH, 1968 (Storia della<br />

guerriglia, Milano, Feltrinelli, 1973, pp. 29-38).<br />

214 Heinrich Dietrich von Buelow (1757-1807), Geist des neuern Kriegssystem, 1799 (trad. ingl. London 1806); Neue<br />

Taktik der Neuern, wie sie seyn sollte, 1805; Histoire de la campagne de 1800 en Allemagne et en Italie, Paris, 1804; Der<br />

Feldzug von 1805, militaerisch-politisch betrachtet, Leipzig, (auf Kosten des Verfassers), 1806. Cfr. Carl von Clausewitz,<br />

“Bemerkungen ueber <strong>di</strong>e reine und angewandte Strategie des Herrn von Buelow”, in Neue Bellona, 9, 1805; Jaehns,<br />

GdKW, 3, pp. 2133-45; Delbrueck, GdKK, 4, pp. 388 ss. R.; R. Strausz-Hupé, Geopolitics: The Struggle for Space and<br />

Power, New York, 1942, pp. 14-21; R. R. Palmer, “Buelow”, in Makers of Modern Strategy, 1986, pp. 113-19; Azar Gat,<br />

The Origins of Military Thought, from the Enlightenment to Clausewitz, Oxford, Clarendon Press, 1989. Buelow<br />

sottolineava che, a giu<strong>di</strong>care dalla tabula Peutingeriana, le carte <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponevano i generali romani segnavano soltanto<br />

due punti car<strong>di</strong>nali (est ed ovest). Nel saggio del 1806, che gli valse l’internamento a Riga, scrisse che Austerlitz era la<br />

“moderna Azio” perché consegnava a Napoleone l’unione imperiale dell’Europa continentale.<br />

215 Iniziata la carriera <strong>militare</strong> nel 1688 alla testa <strong>di</strong> un reparto irregolare, <strong>di</strong>stintosi in imprese <strong>di</strong>sperate, ferito e mutilato<br />

a Malplaquet, catturato nel 1710, Jean Charles de Folard (1669-1752) ottenne <strong>di</strong> essere ricevuto dal principe Eugenio e <strong>di</strong><br />

conversare con lui <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong>. Decorato della croce <strong>di</strong> San Luigi, nel 1715 in<strong>di</strong>rizzò un manoscritto (Traité de la<br />

colonne, Bibliothèque SHAT, n. 75726) al re Carlo XII <strong>di</strong> Svezia, che nel 1716 volle riceverlo a corte. Dal 1719 Folard si<br />

de<strong>di</strong>cò ai suoi lavori letterari, incoraggiato dalla congregazione benedettina <strong>di</strong> Saint Maur (la quale, come ha osservato lo<br />

storico <strong>militare</strong> svizzero Daniel Reichel, anteponeva i greci ai romani, preferiti invece dai gesuiti). Pur non conoscendo il<br />

greco, Folard aveva inizialmente pensato <strong>di</strong> scrivere un commento <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Senofonte, ma scelse poi Polibio, che gli<br />

consentiva <strong>di</strong> comparare greci e romani (Nouvelles Découvertes sur la guerre dans una <strong>di</strong>ssertation sur Polybe, Bruxelles,<br />

F. Foppeus, 1724). Questo saggio valse a Folard la collaborazione alla nuova traduzione francese <strong>di</strong> Polibio intrapresa dal<br />

maurista Dom Vicent Thuillier, il quale intendeva sostituire quella, insod<strong>di</strong>sfacente, fatta nel 1648 dal regio storiografo<br />

Pierre du Ryer (L’Histoire de Polybe, nouvellement traduite du grec par Dom. Vincent de Thuillier &c., avec un<br />

commentaire ou un corps de science militaires, enrichi de notes critiques, où toutes les grandes parties de la guerre sont<br />

expliquées, demonstrées et representées en figures par M. de Folard, chevalier de l’ordre de Saint Louis, Paris, 6 voll.<br />

101


Nel saggio del 1715 Folard riprese l’idea della restitutio (“les Romains ont tout trouvé, il n’y a<br />

qu’à faire revivre leurs inventions”), fino a proporre <strong>di</strong> trasformare le brigate (raggruppamenti tattici<br />

occasionali) in legioni (unità organiche permanenti). Vi <strong>di</strong>chiarò inoltre che l’idea della colonna gli era<br />

stata suggerita da un lungo stu<strong>di</strong>o dei classici. Ma lo fece solo “pour (s)e mettre au couvert”, come<br />

confessò poi in una lettera del 1725 al principe transilvano Francesco II Racoczy 216 . Aggiunse che solo<br />

dopo aver “imaginées” le sue colonne (peraltro “fort <strong>di</strong>fférentes” dagli or<strong>di</strong>ni greci e romani) si era<br />

accorto che anche Tuci<strong>di</strong>de e Polibio accennavano a qualcosa <strong>di</strong> simile. E ammise <strong>di</strong>vertito <strong>di</strong> aver “le<br />

plus souvent” attribuito a greci e romani “bien des choses qu’ils n’ont jamais pensées ni pratiqueés” e<br />

che invano si cercherebbero nelle fonti classiche.<br />

Secondo Jean Chagniot 217 Folard le usava come una “banca dati”: e Polibio come tela da ricamo.<br />

Nel giugno 1734, rispondendo agli ansiosi quesiti postigli dall’amico Belle-Isle, rinchiuso nel campo<br />

trincerato sotto Philipstadt, gli citava l’infausto esempio <strong>di</strong> Cleomene III sotto Sellasia (222 a. C.)<br />

<strong>di</strong>ssuadendo dal tentare la battaglia su due fronti contro l’esercito <strong>di</strong> soccorso nemico: Cesare c’era<br />

riuscito ad Alesia, ma i galli <strong>di</strong> Vercingetorige erano avversari meno potenti degli imperiali condotti<br />

dal principe Eugenio 218 . Folard stimava infatti che la <strong>di</strong>fesa delle piazze fosse intrinsecamente<br />

superiore all’attacco: e, argomentando dal caso <strong>di</strong> Masada, deduceva una superiorità dei popoli<br />

orientali sui greci e i romani 219 . Per lui, del resto, non ve’era aspetto dell’arte occidentale della guerra<br />

che non fosse stato importato dall’Oriente (Comment., I, préface, p. xxiii).<br />

Sostenitore della colonna, della picca, del combattimento offensivo, Folard intuiva non<strong>di</strong>meno, pur<br />

non avendone concetti precisi, che la manovra era superiore allo scontro <strong>di</strong>retto, come la “manière de<br />

bien établir la guerre” 220 lo era alla pura tattica. Leuttra e Mantinea gli davano lo spunto per celebrare<br />

l’attacco in or<strong>di</strong>ne obliquo <strong>di</strong> Epaminonda: ma, per non dover imputare il <strong>di</strong>sastro romano <strong>di</strong> Canne<br />

all’or<strong>di</strong>ne chiuso adottato da Varrone, era costretto a metterne sotto accusa la strategia e ad elogiare<br />

dunque, con Vegezio, la cunctatio <strong>di</strong> Fabio Massimo. Preferiva i piccoli eserciti ai gran<strong>di</strong>: questi,<br />

proprio per le loro <strong>di</strong>mensioni, non potevano sfuggirsi l’un l’altro ed erano perciò inevitabilmente<br />

1727-30; 8 voll. 1753 e 1774: trad. ted. Vienna 1760). Thuillier pagò un prezzo: non tanto per le critiche eru<strong>di</strong>te del gesuita<br />

Le Jay alle <strong>di</strong>sinvolte interpretazioni lessicali <strong>di</strong> Folard, quanto perché la pubblicazione, prevista in 8 volumi, dovette<br />

interrompersi al sesto a seguito <strong>di</strong> formale <strong>di</strong>ffida del ministero della guerra nei confronti del linguacciuto eroe <strong>di</strong> guerra. I<br />

nemici del cavaliere tentarono <strong>di</strong> triturarlo col “ri<strong>di</strong>colo”, cui l’amico conte <strong>di</strong> Belle Isle-dovette sottrarlo nel 1732<br />

mettendolo sotto chiave nel suo castello <strong>di</strong> Bizy. Benché fortuito e non preor<strong>di</strong>nato, l’impiego delle colonne da parte dei<br />

duchi <strong>di</strong> Coigny e <strong>di</strong> Broglie nelle battaglie <strong>di</strong> Parma e Guastalla (1734) rialzò in parte il cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Folard, le cui pagine su<br />

Zama (Observations sur la bataille de Zama) furono ristampate dall’abate Seran de la Tour nella sua Histoire de Scipion<br />

l’Africain (Paris, chez Didot, 1738).<br />

216 SHAT, Mémoires et Réconnaissances, 2480 (4), fol. 83.<br />

217 Chagniot, “Le mépris du feu, ou le facteur national dans la pensée de Folard et de ses <strong>di</strong>sciples”, in Mélanges<br />

Corvisier, cit., pp. 118-27; Id., Le Chevalier de Folard. La stratégie de l’incertitude, Monaco-Paris, E<strong>di</strong>tions du Rocher,<br />

1997; Id., “L’Apport des Anciens dans l’oeuvre de Folard”, in Atti Namur, cit., pp. 111-24; Lee Kennett, “The Chevalier<br />

de Folard and the Cult of Antiquity”, in Sol<strong>di</strong>ers-Statesmen of the Age of the Enlightenment, Actes du colloque<br />

international d’histoire militaire, Washington, 1982, Manhattan, Kansas, 1984, pp. 17-22. Cfr. Pieri, SMI, pp. 114-15, 121,<br />

128-9, 134, 314; Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 152-62.<br />

218 Più calzante della battaglia <strong>di</strong> Alesia era infatti quella <strong>di</strong> Torino del 1706, dove, in circostanze simili, Eugenio aveva<br />

schiacciato l’esercito gallo-ispano. Ma l’eru<strong>di</strong>to pessimismo <strong>di</strong> Folard fu smentito dalla realtà, perché l’originale sistema <strong>di</strong><br />

circonvallazione adottato da Berwick <strong>di</strong>sorientò Eugenio, almeno a detta del suo ingegnere e architetto Lucas Hildebrand,<br />

inducendolo a temporeggiare. Così il 27 luglio la città si arrese, sotto gli occhi dell’impotente Armata imperiale, al<br />

maresciallo d’Asfeld, subentrato in comando a Berwick, ucciso da una cannonata il 12 giugno 1734.<br />

219 Le formazioni irregolari miste a pie<strong>di</strong> e a cavallo sarebbero mutuate dai galli: i Bastarni ausiliari <strong>di</strong> Perseo, l’esempio<br />

<strong>di</strong> Ariovisto imitato da Cesare a Farsalo.<br />

220 Folard non lo aveva letto <strong>di</strong>rettamente in Frontino (de constituendo statu belli) ma in una citazione <strong>di</strong> Montecuccoli<br />

(Della guerra col Turco in Ungheria, I, 47, 1; 2, p. 304 L.) che gli pareva sospetta, non essendosi accorto che era<br />

semplicemente il titolo <strong>di</strong> un capitolo (I, 3) degli Strategemata: pensava infatti fosse quello <strong>di</strong> un’altra opera <strong>di</strong> Frontino, a<br />

lui sconosciuta, che si era anche messo a cercare ... (cfr. Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., p. 159).<br />

102


costretti a giocarsi la vittoria in un unico scontro brutale, deciso infine dal fato; quelli erano invece fatti<br />

per la vera arte <strong>militare</strong>, come Cesare e Turenne avevano <strong>di</strong>mostrato nelle campagne <strong>di</strong> Ilerda e del<br />

1674-75, già messe a confronto da Puységur.<br />

Non mancava la tipica polemica del profeta inascoltato contro i grossi papaveri dello stato<br />

maggiore. Solo un capo politico come Amilcare Barca poteva davvero capire la guerra, non dei militari<br />

puri come Spen<strong>di</strong>o e Matho, condottieri dei mercenari ribelli 221 . Per la stessa ragione Folard preferiva<br />

gli storici antichi agli scrittori <strong>di</strong> tattica, perché gli uni mettevano le questioni militari in rapporto con la<br />

politica, mentre gli altri, con tutto il loro supponente specialismo, toglievano ai fatti spessore,<br />

concatenazione e significato. Ne <strong>di</strong>pendeva anche il giu<strong>di</strong>zio folar<strong>di</strong>ano su Machiavelli: negativo<br />

sull’Arte della guerra, plagio scadente <strong>di</strong> Vegezio; entusiastico invece sui Discorsi e la Vita <strong>di</strong><br />

Castruccio.<br />

La fama <strong>di</strong> Folard fu postuma e <strong>di</strong> breve durata. Ad assicurargliela non furono le sue opere, troppo<br />

<strong>di</strong>spersive, ma una sintesi purgata fatta estrarre da Federico II e le riflessioni del suo estimatore e<br />

corrispondente Maurizio <strong>di</strong> Sassonia. Queste ultime furono composte in tre<strong>di</strong>ci nottate <strong>di</strong> febbre nel<br />

<strong>di</strong>cembre 1732, riviste nel 1740 e fatte circolare dal conte <strong>di</strong> Friesen dopo la morte dell’autore<br />

(1750) 222 . Tombeur de femmes, il bel “maresciallo generale” ci teneva a far sapere che si portava<br />

appresso la traduzione <strong>di</strong> Onasandro. In realtà <strong>di</strong> classici masticava poco o niente, preferendo ragionare<br />

<strong>di</strong> suo; ma una stampa del 1790 inventa l’eroe <strong>di</strong> Fontenoy a lezione da Folard 223 .<br />

Maurizio gli de<strong>di</strong>cò un eroico colpo <strong>di</strong> mano compiuto a Praga la notte sul 26 novembre 1741, e nel<br />

1742 non smentì <strong>di</strong> aver ispirato un Traité des Légions che proponeva <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>nare la fanteria francese<br />

su 30 “legioni” pluriarma 224 . Ma dal fronte gli scriveva <strong>di</strong> non farsi illusioni sulla fanteria moderna:<br />

anni <strong>di</strong> drill mettevano ufficiali e truppa in grado <strong>di</strong> sostenere la tiroiterie, ma pochissimi avevano il<br />

fegato <strong>di</strong> attaccare in colonna. A Fontenoy fu lui stesso a infliggere un duro colpo a Folard,<br />

<strong>di</strong>sarticolando con la cavalleria e infine annientando con la riserva la <strong>di</strong>sperata colonna angloannoveriana.<br />

E ne trasse anche la lezione, scrivendogli che “les Anglais (avaient) démontré l’inanité de<br />

cette fameuse tactique” (e poi, ancora: “laissons-là la colonne d’Epaminondas et toutes les colonnes du<br />

monde”) 225 . Ma tutto, in battaglia, <strong>di</strong>pende dalle circostanze: l’11 ottobre 1746 a Rocoux, grazie ad una<br />

schiacciante superiorità numerica, l’assalto delle colonne interarma (“<strong>di</strong>visions”) <strong>di</strong> Maurizio travolse<br />

la sottile linea anglo-olandese 226 .<br />

Morto Folard (1752) il re <strong>di</strong> Prussia fece pubblicare, con propria prefazione anonima, la sinossi dei<br />

principi tattici folar<strong>di</strong>ani composta per suo or<strong>di</strong>ne, nel 1740, dal colonnello del genio von Seers,<br />

221 Cfr. Luigi Loreto, La grande insurrezione libica contro Cartagine del 241-237 a. C. Una <strong>storia</strong> politica e <strong>militare</strong>,<br />

Collection de l’Ecole Française de Rome n. 211, 1995.<br />

222 Ma bisognò attendere lo scoppio della nuova guerra per vederle stampate: Hermann-Maurice de Saxe (1696-1750),<br />

Les Reveries ou Mémoires sur la guerre de Maurice, comte de Saxe, duc de Courlande et de Semigalle, par M. de<br />

Bonneville, A La Haye, chez Pierre Gosse junior 1756; La Haye Mannheim, J. Drieux, 1756; Mes Reveries ou Mémoires<br />

sur l’art de la guerre ..., par l’abbé Piron, Amsterdam, Arkstée et Merkus, 1757, 2 voll. in-4°; E<strong>di</strong>tion portative des<br />

Réveries ... éd. par le chevalier de Viols, Dresde, aux dépenses de l’é<strong>di</strong>teur, 1757.<br />

223 par Desfontaines et Moret. V. in Revue internationale d’histoire militaire, 1985, n. 61, cit. in Jean-Pierre Bois,<br />

“Maurice de Saxe. Le reve au service de la guerre”, in Atti Namur, cit., p. 125.<br />

224 A. de Ricouart, conte d’Héronville de Claye, Mémoire sur l’Infanterie ou Traité des Légions, composé (suivant<br />

l’exemple des Romains) par M. le maréchal comte de Saxe, La Haye, A. Gibert, 1753.<br />

225 Gran parte delle lettere del maresciallo furono pubblicate nel 1794 dal conte Philippe Henri de Grimoard (1750-1815),<br />

Lettres et Mémoires choisis parmi les papiers originaux du maréchal de Saxe, Paris, an II, 5 voll. in-8°.<br />

226 Reed Browning, The War of the Austrian Succession, Stroud, Gloucestershire, Alan Sutton Publ. Ltd, 1994, pp. 282-<br />

86.<br />

103


lasciando credere <strong>di</strong> esserne egli stesso l’autore 227 . Seguì nel 1754 il compen<strong>di</strong>o folar<strong>di</strong>ano del<br />

briga<strong>di</strong>ere Chabo(t), esponente della corrente riformista dell’esercito francese 228 come il barone <strong>di</strong><br />

Me(s)nil Durand che nel 1755 pubblicò un progetto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento falangitico 229 . E nel 1756 furono<br />

finalmente stampate le memorie del maresciallo <strong>di</strong> Sassonia 230 .<br />

Perché Federico II fece pubblicare la compilazione folar<strong>di</strong>ana fatta dal suo stato maggiore? Forse<br />

volle far circolare quelle critiche pungenti ai generali francesi, né poteva <strong>di</strong>spiacergli la stroncatura del<br />

Machiavelli <strong>militare</strong>, contro la quale polemizzò più tar<strong>di</strong> il lezioso letterato massone che Voltaire<br />

chiamava “il caro cigno <strong>di</strong> Padova” 231 . Forse pensò <strong>di</strong> approfittarne proprio per pronunciarsi<br />

in<strong>di</strong>rettamente, attraverso la censura, contro la teoria della colonna e l’enfasi sulla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica.<br />

Il re <strong>di</strong> Prussia voleva infatti essere il protagonista <strong>di</strong> quella moderna: insegnò quale superiorità <strong>di</strong>ano<br />

al <strong>di</strong>fensore, se ben sfruttati, la guerra d’attrito, l’artiglieria, l’or<strong>di</strong>ne sottile, la militarizzazione del<br />

paese. L’analogia corrente con Epaminonda, quella postuma (e oggi più famosa) con Pericle, non<br />

implicano che si fosse realmente ispirato al loro esempio. I classici li leggeva, sia pure in francese: ma<br />

apprezzava più la filosofia che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, in particolare il de officiis e Marco Aurelio, suo<br />

compagno inseparabile durante la guerra dei Sette anni. Considerava scorretto usare Cesare come un<br />

maestro della guerra d’usura: sostenne che i suoi commentari aggiungevano ben poco alla lezione tratta<br />

dalla moderna “guerra <strong>di</strong> panduri”.<br />

Per Federico fu comunque controproducente evocare lo spirito <strong>di</strong> Folard, sia pure per emendarlo: finì<br />

infatti per accre<strong>di</strong>tare il personaggio, e, in<strong>di</strong>rettamente, anche l’importanza concettuale della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> antica, fino a far credere ai philosophes <strong>di</strong> poter insegnare ai generali come dovevano<br />

combattere 232 . Scoppiata la guerra, nell’ottobre 1756 anche Voltaire volle mettere al servizio della<br />

227 Esprit du chevalier de Folard, tiré de ses commentaires sur l’Histoire de Polybe par main de maitre (Berlin, Chrétien<br />

Frederic Woss, 8°) (pour l’usage d’un officier, Leipzig, 1761; Berlin, 1764). “Par main de maitre” fu interpretata come una<br />

<strong>di</strong>screta allusione al fatto che il testo fosse stato scritto personalmente da Federico, al quale va comunque attribuita la<br />

responsabilità scientifica dell’operetta. La prefazione affermava che “Folard avait enfoui des <strong>di</strong>amants au milieu du fumier;<br />

nous les avons retiré. On a fait main basse sur le système des colonnes; on n’a conservé que les manoeuvres de guerre,<br />

dont il donne une description juste, la critique sage qu’il emploie sur certains généraux français, certaines règles de<br />

tactique, des exemples de défenses singulières et ingénieuses, et quelques projets qui fournissent matière à des réflexions<br />

plus utiles que ces projets memes”.<br />

228 Briga<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> cavalleria Chabo(t) de La Serre (1715-80), maestro <strong>di</strong> campo dei Volontaires royaux: Abregé des<br />

commentaires de M. de Folard, sur l’histoire de Polybe, par M*** mestre de camp de cavalerie (Paris, chez la veuve<br />

Gandouin, chez Giffart, chez David l’ainé, chez Jombert, chez Durand, 1754, 3 voll.; ill.; in-4°. Index; Paris, 1757).<br />

L’Abrégé include un Traité de la colonne e un Traité de l’attaque et de la défense des places des Anciens. Promosso in<br />

seguito tenente generale, “Chabo le Balafré” <strong>di</strong>venne uno dei più stretti collaboratori del duca <strong>di</strong> Choiseul , ministro della<br />

guerra e redasse varie memorie sulla riorganizzazione dell’esercito (Colson, Collect. Moretus Plantin, cit, p. 153).<br />

229 François-Jean de Graindorge d’Orgeville, baron de Me(s)nil-Durand (1729-99), Projet d’un ordre français en tactique,<br />

ou la phalange coupée et doublée soutenue par le mélange des armes, proposé comme système général, Paris, 1755, in-4°.<br />

230 Primo commentatore e biografo <strong>di</strong> Maurizio fu Jean Baptiste D’Amarzit de Sahuguet baron d’Espagnac, Supplément<br />

aux Reveries, ou Mémoires sur la guerre, de M. le maréchal de Saxe, pubblicato in appen<strong>di</strong>ce alla rie<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un proprio<br />

Essai sur la Science de la guerre, (1751), La Haye, P. Gosse, 1757; Histoire de Maurice comte de Saxe (1773). Altro<br />

commento si deve ad uno dei primi e<strong>di</strong>tori delle Reveries, il bizzarro inventore <strong>militare</strong>, oriundo fiorentino, Zacharie de<br />

Pazzi de Bonneville (1710-71), Esprit des loix de la tactique du maréchal de Saxe, contenant plusieurs nouveaux systèmes<br />

& de nouvelles découvertes sur l’art de la guerre, commenté par Monsieur de Bonneville ... A La Haye: chez Pierre Gosse<br />

junior, 1762, 2 t. en 1 vol.: ill.; in-4°. (Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 170-72).<br />

231 Francesco Algarotti (1712-64, Discorsi militari, Venezia, 1763: Livorno, 1764; Venezia, Palese, 1791-94, tomo V)<br />

polemizza con le critiche <strong>di</strong> Folard all’Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli. Altri tre <strong>di</strong>scorsi sono de<strong>di</strong>cati a temi <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> antica (la scienza <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Virgilio, la battaglia <strong>di</strong> Zama e la progettata spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Giulio Cesare contro i<br />

Parti). Le critiche folar<strong>di</strong>ane furono invece riprese nel 1761 dal marchese Palmieri (Pieri, SMI, p. 121).<br />

232 Ma Diderot e D’Alembert furono comunque più prudenti dell’Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, che ha assegnato le voci Armi e<br />

Guerra a Clemente Ancona. Gli articoli Armée e Guerre dell’Encyclopé<strong>di</strong>e (1751-72) sono opera <strong>di</strong> Guillaume Leblond<br />

(1704-1781), insegnante <strong>di</strong> matematica (Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 205-06 e 209)<br />

104


patria la sua cultura classica. Suggerì infatti a Luigi XV, tramite il duca <strong>di</strong> Richelieu, <strong>di</strong> impiegare<br />

contro i prussiani un moderno carro falcato <strong>di</strong> sua progettazione. Per non sentirsi da meno, lui<br />

“imbattacarte” pacifista, del rozzo monaco che con un po’ <strong>di</strong> zolfo e salnitro aveva “cambiato l’arte<br />

della guerra in tutto questo sporco mondo”, ne costruì anche un modellino, consegnato al “prefetto dei<br />

carri” marchese <strong>di</strong> Florian per sottoporlo al ministro d’Argenson. Voltaire reiterò vanamente i suoi<br />

appelli sino al luglio 1757, non mancando, dopo la sconfitta <strong>di</strong> Rossbach, <strong>di</strong> atteggiarsi a profeta<br />

inascoltato. Rispolverò il progetto dei “carri <strong>di</strong> Tomiride” con la guerra russo-turca: il 26 febbraio 1769<br />

ne inviò il <strong>di</strong>segno alla zarina, che gli assicurò gentilmente <strong>di</strong> volerne far costruire e collaudare in sua<br />

presenza due prototipi, pur trasmettendogli il parere negativo dei suoi generali, secondo i quali i carri<br />

non erano efficaci contro i turchi, dal momento che essi non combattevano in or<strong>di</strong>ne chiuso 233 .<br />

Ma l’entusiasmo postumo per Folard declinò dopo le critiche rivoltegli da Charles Théophile<br />

Guischardt (1724-75). Nato a Magdeburgo da una famiglia <strong>di</strong> rifugiati ugonotti, con un’eccellente<br />

formazione filologica e appassionato <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica ma bocciato ad un concorso universitario<br />

olandese, nel 1758, dopo una modesta e breve esperienza <strong>militare</strong> nell’esercito olandese e poi in un<br />

contingente minore della Reichsarmee, Guischardt aveva finalmente potuto pubblicare all’Aia i suoi<br />

stu<strong>di</strong> sulla tattica e la poliorcetica greco-romane, corredati da un’analisi del bellum Africanum <strong>di</strong> Irzio e<br />

da proprie traduzioni <strong>di</strong> Enea, Onasandro e Arriano (taktika e ektaxis) 234 . De<strong>di</strong>cata allo stathouder<br />

Guglielmo V d’Orange, i cui “glorieux ancetres avaient fait revivre en Europe l’art de la guerre des<br />

Anciens”, l’opera emendava i Commentaires a Polibio degli errori filologici <strong>di</strong> Folard e degli errori<br />

tecnico-militari <strong>di</strong> dom Thuillier, senza però rinunciare al punto <strong>di</strong> vista tecnico e dando inoltre la<br />

preferenza, fra gli autori antichi, a quelli con <strong>di</strong>retta esperienza <strong>militare</strong> (Tuci<strong>di</strong>de, Senofonte, Polibio,<br />

Cesare, Onasandro e Arriano) 235 .<br />

La risonanza dell’opera, e specialmente l’interpretazione antifolar<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> Canne come una vittoria<br />

dell’or<strong>di</strong>ne sottile (la mobile mezzaluna <strong>di</strong> Annibale) sull’or<strong>di</strong>ne profondo (la pesante falange <strong>di</strong><br />

Varrone), gli valse la presentazione al re <strong>di</strong> Prussia, il quale lo accolse fra i suoi aides de camps à la<br />

suite 236 . Terminata la guerra, il colonnello “Quintus Icilius” de<strong>di</strong>cò a Federico II altri 4 volumi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

militari antichi 237 , inclusa un’analisi innovativa - fondata sulle nuove acquisizioni della cartografia<br />

scientifica - della campagna cesariana <strong>di</strong> Spagna, già esaminata da Puységur e considerata come uno<br />

dei capolavori dell’arte <strong>militare</strong>. Ma l’introduzione approfon<strong>di</strong>va, per <strong>di</strong>rla con espressione crociana,<br />

233 Voltaire, Corréspondance, éd. Th Besterman, Paris, IV (1978), V (1980), IX (1985) e X (1986); J. Cazes, “Voltaire<br />

inventeur des tanks”, in Mercure de France, 138, 15 fév.-15 mars 1920, pp. 405-14; G. Hemer<strong>di</strong>nger, “Voltaire et son<br />

chariot de guerre”, in Revue d’Artillerie, 1934, 587-607 (citt. in Giar<strong>di</strong>na, Introduzione al de rebus bellicis, cit., pp. ix-xv).<br />

Sulla scorta <strong>di</strong> Plutarco e Vegezio, Voltaire non si nascondeva che i carri erano assai poco temibili, soprattutto contro i<br />

moderni “cavalli <strong>di</strong> Frisia”: ma sosteneva che almeno la prima volta sarebbero stati efficaci, come “sorpresa tecnologica”.<br />

234 Mémoires militaires sur les Grecs et les Romains avec une <strong>di</strong>ssertation sur l’attaque et la défense des places des<br />

Anciens: la traduction d’Onosander et de la tactique d’Arrien et l’analyse de la campagne de Jules Cesar en Afrique, La<br />

Haye, Pierre de Hondt, 1758, 2 voll. in-8°; Lyon, chez Jean-Marie Bruyset, 1760 (la <strong>di</strong>ssertation e le traduzioni sono<br />

incluse nel vol. II).<br />

235 Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 186-190.<br />

236 Il riconoscimento fu però accompagnato da una punta <strong>di</strong> beffarda cattiveria, perché il sovrano, fattosi <strong>di</strong>re da<br />

Guischardt chi fosse, a suo avviso, “il miglior aide-de-camp <strong>di</strong> Giulio Cesare”, lo ribatezzò ufficialmente con quel nome,<br />

ossia “Quinto Icilio”. Così il re lo usava per porre sé stesso al livello del più grande capitano dell’antichità. Secondo Jean-<br />

Jacques Langendorf (“L’humanisme de l’officier frédéricien et post-frédéricien”, in Atti Namur, cit., pp. 176-80)<br />

Guischardt subì una sorta <strong>di</strong> involuzione morale, non solo per le estorsioni e le fro<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui si macchiò durante la guerra dei<br />

Sette anni, ma anche per aver “cambiato opinione” per compiacere il suo padrone, in cuor suo o<strong>di</strong>ato, se intanto<br />

raccoglieva segretamente documenti che ne offuscavano la gloria guerriera. Fu però meno scaltro della polizia prussiana e<br />

meno longevo <strong>di</strong> Federico, che, alla morte <strong>di</strong> Quinto Icilio, nel 1775, ne fece sequestrare e <strong>di</strong>struggere tutte le carte.<br />

237 “Quintus Icilius”, Mémoires critiques et historiques sur plusieurs points d’histoire militaire (Berlin, 1768, 4 voll.;<br />

Paris e Strasbourg, 1774).<br />

105


“quel ch’era morto” da quel che “era ancora vivo” nell’esperienza <strong>militare</strong> antica, compiacendo la tesi<br />

federiciana che i progressi delle armi da fuoco avevano reso del tutto obsoleto ogni tentativo <strong>di</strong><br />

imitazione della tattica antica. Non però lo stu<strong>di</strong>o critico della complessiva esperienza <strong>militare</strong> classica,<br />

preziosa per la me<strong>di</strong>tazione e la formazione.<br />

Malgrado la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Folard fatta dal fiammingo Robert de Lo-Looz 238 e vari suoi epigoni italiani 239 ,<br />

negli anni 1770 il modello classico non fu più invocato dai sostenitori dell’ordre profond. L’idea <strong>di</strong><br />

Folard fu così sostituita da un preciso modello tattico, esposto nel 1774 da Menil Durand aggiornando<br />

le proprie proposte giovanili del 1755, che si proponeva <strong>di</strong> combinare fuoco e urto, facendo precedere<br />

l’attacco delle colonne da una preparazione d’artiglieria, peraltro <strong>di</strong> breve durata 240 . Grazie<br />

all’appoggio del duca <strong>di</strong> Broglie (1718-1804), che si piccava <strong>di</strong> aver applicato l’attacco in colonna<br />

nella battaglia <strong>di</strong> Bergen del 13 aprile 1759, nel 1778 Menil-Durand ottenne <strong>di</strong> poter “testare” il suo<br />

sistema al campo <strong>di</strong> manovra <strong>di</strong> Vaissieux, presso Bayeux, con l’impiego <strong>di</strong> ben 30.000 uomini. La<br />

valutazione dell’esperimento fu controversa: i sostenitori dell’or<strong>di</strong>ne profondo proposero ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong><br />

sostituire il fucile con la picca, a favore della quale si pronunciarono poi anche il conte <strong>di</strong> Lippe e il suo<br />

giovane scolaro Scharnhorst 241 . Prevalsero però i sostenitori dell’or<strong>di</strong>ne moderno, ben <strong>di</strong>feso dal già<br />

famoso colonnello Guibert 242 .<br />

238 Robert de Lo-Looz, Recherches d’antiquités militaires avec la défense du chevalier de Folard contre les allégations<br />

insérées dans les Mémoires militaires (<strong>di</strong> Guischardt) sur les Grecs et les Romains, Paris, 1770 (Chagniot, in Actes Namur,<br />

cit., p. 124).<br />

239 Sono il marchese Giuseppe Palmieri (1721-93), Riflessioni critiche sull’arte della guerra, 1761; Alonso Sanchez de<br />

Luna duca <strong>di</strong> Sant’Arpino, Della milizia greca, e romana, Napoli, Simoniana, 1763 e il generale Pietro Ignazio Asinari<br />

cavaliere <strong>di</strong> Bernezzo, detto “il marchese <strong>di</strong> Brézé”, Observations historiques et critiques sur les commentaires de Folard<br />

et de la Cavalerie, Torino, 1772. L’intuizione felice <strong>di</strong> Palmieri era <strong>di</strong> reimpostare la questione tattica (“or<strong>di</strong>ni”<br />

sottile/profondo) in termini funzionali (“armi” <strong>di</strong>fensive/offensive ossia <strong>di</strong>struttive/risolutive). Ma proprio tale approccio<br />

gli impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> accorgersi che il potenziamento moderno delle armi <strong>di</strong>struttive era anche un salto <strong>di</strong> qualità, convincendolo<br />

invece che i principi <strong>di</strong> impiego estratti dalla panoplia antica fossero applicabili anche alla moderna. Le due formazioni<br />

tattiche dell’antichità, falange e legione (ossia or<strong>di</strong>ne “chiuso” e “fallato”), erano funzione dei due <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> armi<br />

d’assalto, la picca (sarissa) e la spada (gla<strong>di</strong>o). Convinto erroneamente che anche le legioni cannensi fossero armate <strong>di</strong><br />

spada (anziché <strong>di</strong> lancia) Palmieri riteneva assurda la decisione <strong>di</strong> Varrone <strong>di</strong> combattere in or<strong>di</strong>ne chiuso. Quanto alla<br />

cavalleria moderna, Palmieri considerava positivo aver abbandonato la pistola e la conseguente tattica del “caracollo”<br />

(analogo al chorlogen olandese), ma sbagliato averla dotata <strong>di</strong> lancia. Infatti l’or<strong>di</strong>ne chiuso (falangitico) non era adatto<br />

alle gran<strong>di</strong> formazioni <strong>di</strong> cavalleria, perché veniva presto rotto dalle asperità del terreno: bisognava invece impiegarla in<br />

or<strong>di</strong>ne “fallato”, armandola dunque <strong>di</strong> sciabola. Cfr. Pieri, SMI, pp. 114-129; Rodolfo Guiscardo, “Dal Palmieri al<br />

Marselli: attualità della sociologia <strong>militare</strong> meri<strong>di</strong>onale”, in Atti del convegno su Il pensiero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> cose militari<br />

meri<strong>di</strong>onali in epoca risorgimentale, Società <strong>di</strong> Storia Patria <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> Lavoro, USSME e Rivista Militare, Roma, 1978<br />

(=La sociologia <strong>militare</strong> meri<strong>di</strong>onale 1761-1899, La Buona Stampa, Napoli, 1979, pp. 15-24); Anna Maria Rao, “Esercito<br />

e società a Napoli”, in Stu<strong>di</strong> storici, 28, 1987, n. 3, pp. 623-78.<br />

240 Me(s)nil-Durand., Fragments de Tactique, Paris, 1774, 2 voll. in-4°, planches.<br />

241 Cfr. colonnello dei dragoni Scott, Manuel du citoyen armé de la pique, par un militaire ami de la liberté, Paris, chez<br />

Buisson, 1792, X-73 pages et 2 planches, citato da E. de La Barre du Parcq, Histoire de l’art de la guerre, Paris, 1864, 2,<br />

pp. 341-42 e da Pieri, Scrittori militari italiani, cit., p. 134 nt. 2. Secondo Jahns (GdKW, 3, p. 2588, l’idea <strong>di</strong> Menil Durand<br />

anticipava il tipo <strong>di</strong> combattimento che avrebbe caratterizzato poi le guerre del 1792-1815. Ma Paddy Griffith <strong>di</strong>mostra che<br />

il largo ricorso delle Armate rivoluzionarie al fuoco <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>zione e preparazione e all’attacco in colonna, lungi<br />

dall’essere frutto <strong>di</strong> una nuova concezione generale, fu il risultato della cattiva qualità della fanteria francese, improvvisata<br />

e soggetta al panico, che imponeva <strong>di</strong> evitare una prolungata esposizione alla fucileria nemica (The Art of War of<br />

Revolutionary France 1789-1802, London Greenhill Books - Pennsylvania, Stackpole Books, 1998 pp. 175 ss).<br />

242 Jacques Antoine Hippolythe conte de Guibert (1743-90), Défense su système de guerre moderne, ou refutation<br />

complète du système de M. de Mesnil Durand, Neufchatel, 1779, 2 voll., in-8° (cfr. il suo precedente Essai général de<br />

tactique, precedé d’un Discours sur l’état actuel de la politique & de la science militaire en Europe, à Londres, chez les<br />

libraires associés, 1773; trad. ted. Dresda 1774; ing. Londra 1781). Replica <strong>di</strong> Menil-Durand, Collection de <strong>di</strong>scours,<br />

pièces er mémoires pour achever d’instruire la grande affaire de la tactique et donner les derniers éclaircissements sur<br />

l’ordre français, Amsterdam, 1780, 2 voll. in-8°.<br />

106


Guibert separava la questione della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica dalla quérelle des Anciens et des Modernes.<br />

Non si trattava <strong>di</strong> mettersi contro la moda del momento, esasperata poi nel decennio rivoluzionario: gli<br />

sembrava pacifico che i modelli etico-politici del classicismo fossero superiori alla moderna<br />

senescenza. Ma le questioni militari andavano trattate su un altro piano. Nella sua iconoclastia<br />

antifedericiana, Berenhorst contrapponeva la miseria morale della guerra tecnologica alla virtus della<br />

guerra eroica, ma archiviava il falso problema con un vero giu<strong>di</strong>zio storico, quello appunto della<br />

frattura irrime<strong>di</strong>abile prodotta dalla modernità 243 . Un tema, quello della guerra “posteroica”, che fu<br />

ripreso nel 1813 da Benjamin Constant 244 e tornato <strong>di</strong> moda nel terzo dopoguerra del Novecento 245 .<br />

Ma intanto si era avviata una nuova fase <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o propriamente storico della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica, i<br />

cui protagonisti, <strong>di</strong>versamente dal Seicento, riunivano in sé sia le competenze militari (che erano<br />

mancate a Lipsio e Salmasio) che l’adeguata formazione filologica (<strong>di</strong> cui era privo Folard). Tra<br />

costoro furono il citato Guischardt, Turpin de Crissé 246 e un manipolo <strong>di</strong> altri traduttori 247 e<br />

243 Georg Heinrich von Berenhorst, già aiutante <strong>di</strong> campo <strong>di</strong> Federico II, Betrachtungen ueber <strong>di</strong>e Kriegskunst, ueber ihre<br />

Fortschritte ihre Widersprueche und ihre Zuverlaessigkeit, 2 voll., pubblicate anonime nel 1797-98 (Leipzig, 1827). Cfr.<br />

Langendorf, op. cit., pp. 171-80<br />

244 Henri-Benjamin Constant de Rebecque (1767-1830), De l’esprit de conquete et de l’usurpation dans leurs rapports<br />

avec la civilisation européenne 3 , Paris, Le Normant et H. Nicolle, 1814 (cit. in Colson, Atti Namur, p. 213). Su Constant<br />

cfr. Alessandro Colombo, “Guerra e commercio: alle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> un’utopia”, in Relazioni internazionali, 4 N. S., n. 14,<br />

giugno 1991, pp. 86-94.<br />

245 L’espressione “guerra posteroica” è usata da Luttwak, in esclusivo e ingenuo riferimento alla guerra tecnologica, con<br />

campagne militari simili a quelle <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinfestazione. E’ però merito <strong>di</strong> Martin van Creveld (The Transformation if War.<br />

The Most Ra<strong>di</strong>cal Reinterpretation of Armed Conflict Since Clausewitz, New York-London., The Free Press, 1991) aver<br />

afferrato la questione in modo più penetrante, collegando la guerra posteroica alla “unpolitical war”, che, a suo avviso,<br />

sarebbe combattuta realmente per la (e non solo in nome della) “giustizia”, “religione” e “sopravvivenza”. Ma questa<br />

pretesa guerra “ideologica”, “astratta” dai normali “interessi”, è in realtà la guerra “assoluta” <strong>di</strong> Clausewitz, la Wojnà <strong>di</strong><br />

Lenin: cioè la guerra più “politica” <strong>di</strong> tutte, a patto <strong>di</strong> usare l’aggettivo nel significato forte (schmittiano). Dove la posta in<br />

gioco è talmente ra<strong>di</strong>cale da non poter più essere governata secondo la logica della “politica” in senso debole<br />

(clausewitziano: ossia la Kabinettspolitik). E <strong>di</strong> cui Tolstoi ha afferrato, in modo letterariamente insuperato, il senso<br />

“posteroico”, nella formidabile pagina <strong>di</strong> Guerra e pace sulla guerra partigiana interpretata con la metafora dei duellanti,<br />

uno dei quali all’improvviso si accorge che non si tratta <strong>di</strong> una stupida questione d’onore, ma della pelle: e, gettata la<br />

spada, afferra il bastone e picchia, picchia, picchia ... finché il <strong>di</strong>sgusto e la pietà non prendono in lui il sopravvento<br />

sull’o<strong>di</strong>o e la paura. Vengono in mente i Desastres de la guerra <strong>di</strong> Goya (specialmente Las mujeres dan prueba de valor);<br />

la porcellana tirolese che allude all’insurrezione del 1809 rappresentando le conta<strong>di</strong>ne col cappellone <strong>di</strong> paglia che ridono<br />

mostrando la roncola affilata al soldato francese (o forse bavarese, italico...) legato all’albero; la rozza stampa russa del<br />

1812, con la donna che infierisce a zoccolate sul cranio zampillante del mancato stupratore francese, dalla cui bocca<br />

<strong>di</strong>sperata e morente esce, sfottente, il fumetto “pitié, pitié madame...”.<br />

246 Generale <strong>di</strong> cavalleria Lancelot Turpin conte de Crissé (1716-1795), già autore <strong>di</strong> un fortunato Essai sur l’art de la<br />

guerre (Paris, 1754, 2 voll. in-4°, tradotto in tedesco, inglese e russo: Jaehns, GdKW, 4, pp. 2054-57) e <strong>di</strong> Commentaires<br />

sur les mémoires de Montecuccoli (Paris, 1769, voll. in-4°; Amsterdam, 1770, 3 voll. in-8°), si volse più tar<strong>di</strong> agli stu<strong>di</strong><br />

classici con i Commentaires sur les institutions militaires de Végèce (Montargis, Imprimerie De Lequatre, 1779) e i<br />

Commentaires de César, avec des notes historiques, critiques et militaires (Montargis, 1785, 3 voll. in-8°; Amsterdam,<br />

1787 trad. <strong>di</strong> N. F. de Wailly).<br />

247 Nel Settecento apparvero nuove traduzioni <strong>di</strong> Polieno (Dom Lobineau, 1739), Vegezio (Bourdon de Sigrais, 1743:<br />

cavalier de Bongars, 1772), Onasandro (barone <strong>di</strong> Zur-Lauben 1754, 1757, 1762; Guischardt, 1758), Enea (Beausobre,<br />

1757), Eliano (Bourchaud de Bussy, 1757), Leone (Joly de M. 1770), Frontino (an. 1772), Ipparchico <strong>di</strong> Senofonte (Joly<br />

de M. 1785)<br />

107


commentartori 248 ; ma il più fecondo fu certo Paul Gédéon Joly de Maizeroy (1719-80), fiorito tra il<br />

1763 e membro dell’Académie Royale des Inscriptions et Belles Lettres 249 .<br />

A lui si deve, com’è noto, l’introduzione del termine “strategia” nel moderno vocabolario <strong>militare</strong> 250 .<br />

Nell’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Leone (1770), impiegò per la prima volta l’aggettivo “stratégique” (ricalcato da<br />

“tactique”) invece <strong>di</strong> “tactique supérieure” o “grande tactique” (le “parties sublimes” <strong>di</strong> Maurizio <strong>di</strong><br />

Sassonia). Nella Théorie del 1777, a p. 2, Joly scrisse che “la conduite de la guerre est la science du<br />

général, que les Grecs nommaient stratégie (strategia), science profonde, vaste, sublime, qui en<br />

renferme beaucoup d’autres mais dont la base fondamentale est la tactique”. L’unico vantaggio <strong>di</strong><br />

chiamare “strategia” la condotta delle campagne era <strong>di</strong> accorciare l’analoga titolatura dei trattati a<br />

cavallo tra Cinque e Seicento, ossia “(officium del) perfetto capitano (generale)”. Ma nel tardo<br />

Settecento rifletteva il punto <strong>di</strong> vista dei generali, che si consideravano per definizione gli specialisti<br />

della guerra. Ma il termine era e resta infelice e tautologico, perché oblitera la questione scientifica<br />

(ossia lo statuto epistemologico dell’arte della guerra). E, insinuando che la guerra sia l’officium del<br />

generale, limita in realtà l’officium del sovrano, come se la guerra potesse essere separata e<br />

contrapposta alla politica. Insomma un vero e <strong>di</strong>sastroso regresso, rispetto al concetto cesariano <strong>di</strong> ratio<br />

vincen<strong>di</strong>, al concetto <strong>di</strong> administratio belli coniato dalla politografia secentesca. Ma un regresso che<br />

affondava ra<strong>di</strong>ci sempre più profonde nella proliferazione degli stati maggiori, nell’interventismo<br />

politico delle élites militari, come, d’altra parte, nella crescente smilitarizzazione del pensiero politico e<br />

dei sistemi costituzionali occidentali.<br />

Nella vasta letteratura prodotta dai veterani postnapoleonici non mancò neppure l’ennesima<br />

perorazione a favore della legione, delle armi bianche, della colonna d’assalto, dei reparti celeri <strong>di</strong><br />

cavalleria e fanti leggeri. Di originale, il generale del genio Rogniat vi aggiunse una speciale attenzione<br />

per i campi trincerati, sollecitata sia da Lipsio, che conosceva e criticava, sia da suoi <strong>di</strong>retti rilievi<br />

topografici che ebbe occasione <strong>di</strong> fare durante la guerra Peninsulare (1808-12). Gli piacque spingersi<br />

248 Carlet de la Rozière, Les Stratagèmes de guerre, 1756; Jean-Jacques de Beausobre, Commentaire sur la défense des<br />

places d’Aeneas le Tacticien, Amsterdam, 1757, 2 tomi; Jean-Henry Maubert de Gouvest, Mémoires militaires sur les<br />

Anciens, ou idée précise de tout ce que les Anciens ont écrit relativement à l’art militaire, Bruxelles, s. e., 1762; Andreu de<br />

Bilistein, Institutions militaires pour la France ou le Végèce français, 1779; Volcmar, Histoire de la Tactique des<br />

Romains, Breslau, 1780; Nast e Roesch, Roemische Kriegsalterthuemer, Halle, 1782.<br />

249 Oltre ai tre Mémoires sur la Science Militaire des Anciens pubblicati nei Récueils dell’Académie, la bibliografia<br />

essenziale include <strong>di</strong>eci opere principali: A) Essais militaires, Paris, 1763 in-8°; Nancy 1767 in-8°, trad. ingl. Th, Mant,<br />

1771 in-8°; B) Traité des Stratagèmes permis à la guerre, ou remarques sur Polyen et Frontin, avec des observations sur<br />

les batailles de Pharsale et d’Arbelle, Metz, 1765, in-8°; C) Cours de Tactique théorique, pratique et historique, qui<br />

applique les exemples aux préceptes, développe les maximes des plus habiles généraux et rapporte les faits les plus<br />

intéressants et les plus utiles avec la description de plusieurs batailles anciennes (e moderne), 2 voll., 23 planches, Paris,<br />

1766; 1776 in-8° (trad. ted. del conte <strong>di</strong> Bruehl, Strasburgo, 1771-72, 3 vol. 8°); integrato da altre due opere: Traité de<br />

Tactique pour servir de supplément au Cours (de tactique), 2 voll. on-8°, 15 pl. e La Tactique <strong>di</strong>scutée et réduite à ses<br />

véritables principes, pur servir de suite et de Conclusion au Cours de Tactique &c., Paris, 1773 in-8°. Cfr., nel Journal<br />

Encyclopé<strong>di</strong>que, le observations del cavaliere <strong>di</strong> Chastelloux e la replica <strong>di</strong> Joly. D) Mémoire sur les opinions que<br />

partagent les militaires, suivi du Traité des armes défensives, Nancy, 1767, in-8°, 8 planches. E) Institutions militaires de<br />

l’empereur Léon le Philosophe, trad. en français avec des notes et des observations: suivies d’une Dissertation sur le feu<br />

grégeois, 2 voll.; in-8°, Paris, 1770; 1778; 2 voll.; in-8°; 14 planches. F) Traité des Armes, et de l’Ordonnance de<br />

l’infanterie, Paris, 1776, in-8°. G) Théorie de la guerre, où l’on expose la consititution et la formation de l’infanterie et de<br />

la cavalerie, &c., Nancy e Lausanne, 1777, in-8°. H) Traité sur l’Art des Sièges, et des Machines des Anciens, où l’on<br />

trouvera des comparaisons de leurs méthodes avec celles des modernes, Paris, 1778, in-8°, 6 planches. I) Tableau général<br />

de la cavalerie grecque, précédé d’un Mémoire sur la guerre considérée comme science, Paris, 1781, in-4°. L) Mélanges<br />

concernant <strong>di</strong>fférents Mémoires sur le choix d’un ordre de tactique, la grande manoeuvre &c., et une traduction du Traité<br />

du général de Cavalerie de Xénophon, Paris, 1785, in-8°.<br />

250 Sulla <strong>di</strong>ffusione del termine nella letteratura <strong>militare</strong> europea cfr. ovviamente l’informatissimo Coutau-Bégarie, Traité,<br />

cit., pp. 60 ss.<br />

108


fino ai dettagli, come i nomi romaneggianti che proponeva per le nuove legioni francesi: L’Invincible,<br />

La Vertueuse, La Fidèle ... 251<br />

Ovviamente fu Clausewitz, nel libro II del Vom Kriege, de<strong>di</strong>cato alla “teoria della guerra”, a dar<br />

finalmente uno spessore epistemologico al rapporto tra pensiero strategico e <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica. Nel<br />

capitolo sugli “esempi storici” (VI), in cui citava Scharnhorst e Feuquières, <strong>di</strong>stingueva le funzioni<br />

logiche (deduttiva e induttiva) dell’esempio da quelle puramente retoriche (esplicativa e applicativa) e<br />

impostava una teoria storicista del loro “abuso”, contrapponendo il maggior “valore istruttivo e<br />

pratico” della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> “più moderna” rispetto ai “perio<strong>di</strong> più remoti, apparten(enti) ad un<br />

complesso <strong>di</strong> concezioni sorpassate, e quin<strong>di</strong> ad altra specie <strong>di</strong> condotta <strong>di</strong> guerra” 252 .<br />

14. La Grand Strategy dell’Impero romano<br />

In questa sede sarebbe impossibile (e anche pleonastico) addentrarsi nei successivi sviluppi della <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> come settore specializzato della <strong>storia</strong> antica, che a me pare soprattutto <strong>storia</strong> politica e sociale<br />

delle istituzioni militari, anche quando affronta questioni <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong> antica.<br />

Mi limiterò ad osservare che - conclusa all’inizio del Novecento la fase pionieristica comune, con i<br />

fondamentali contributi specialistici <strong>di</strong> Johannes Kromayer, Georg Veith e Friedrich Lammert - la<br />

crescente <strong>di</strong>versificazione degli interessi e dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca ha generalmente privato la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> comparata della qualificazione o della possibilità pratica <strong>di</strong> acquisire risultati originali nella<br />

ricerca <strong>di</strong> base antichista (ma anche me<strong>di</strong>evista e modernista). Ciò ha riprodotto, in forme nuove, la<br />

duplicità <strong>di</strong> prospettive (filologica e tecnica) secentesca, riunite solo brevemente, nella seconda metà<br />

del Settecento, dalla stagione dei militari eru<strong>di</strong>ti (Guischardt, Joly, Turpin). Per rendersi conto degli<br />

effetti <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>varicazione delle prospettive, basti confrontare Stilicone e The Grand Strategy of the<br />

Roman Empire. Tra le gran<strong>di</strong> opere <strong>di</strong> Mazzarino, Stilicone è quello più irritante per lo storico <strong>militare</strong>,<br />

il quale ben si avvede <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong>fronte ad un contributo fondamentale per la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>. Ma<br />

l’autore non vi bada, abbandonandosi invece alla voluttà filologica, con il tratto “a<strong>militare</strong>”<br />

caratteristico della generazione che ha vissuto la “morte della patria”.<br />

Grand strategy, concetto che Liddell Hart sostituì nel 1967 a quello da lui usato nel 1932 <strong>di</strong> way in<br />

warfare 253 , è un calco, benché forse più istintivo che me<strong>di</strong>tato, da grande tactique; non da Great War.<br />

251 Generale Joseph Rogniat (1776-1840), Considérations sur l’art de la guerre, Paris, 1816; 1817; 1820; Bruxelles, Petit,<br />

1838. Il volume è corredato da 19 lunghe note de<strong>di</strong>cate agli antichi. Ma il senso complessivo dell’opera era una polemica<br />

contro il suo vecchio condottiero. Da Sant’Elena Napoleone si immeschinì a rispondergli puntigliosamente con 28 Notes<br />

sur les ‘Considérations sur l’art de la guerre’ (Correspondance de Napoléon I, publiée par ordre de l’empereur Napoléon<br />

III, Paris, Plon et Dumaine, 31, 1870, pp. 302-42) anche se concordava con Rogniat su alcuni punti <strong>di</strong> <strong>storia</strong> antica, come<br />

ne interpnel suo Précis de guerres de Jules César (Correspondance, 32, pp. 26-31). Rogniat non si fece scappare il suo<br />

quarto d’ora <strong>di</strong> celebrità: replicò subito con una Réponse aux notes critiques de Napoléon, sur l’ouvrage intitulé<br />

Considérations sur l’art de la guerre, Paris, Anselin et Pochard, 1823). Cfr. Bruno Colson, “La place des Anciens dans les<br />

Considérations sur l’Art de la guerre du général Rogniat (1816)”, in Atti Namur, cit., pp. 187-226.<br />

252 “Il modo meraviglioso - aggiungeva - con cui Roma combatté Cartagine nella seconda guerra punica, attaccando in<br />

Spagna ed in Africa mentre Annibale non era ancora vinto in Italia, può <strong>di</strong>venire per noi oggetto <strong>di</strong> considerazioni molto<br />

istruttive, poiché i rapporti generali degli Stati e dei loro eserciti, sui quali si fondava l’efficacia <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fesa in<strong>di</strong>retta,<br />

sono ancora sufficientemente conosciuti. Ma più noi penetriamo nei particolari, allontanandoci dai rapporti generali, tanto<br />

meno possiamo scegliere i modelli e i dati <strong>di</strong> esperienza nei tempi lontani: giacché non ci è possibile apprezzarne<br />

sufficientemente gli avvenimenti, né applicare i risultati <strong>di</strong> questo apprezzamento ai nostri fini, dato il cambiamento<br />

completo avvenuto nei mezzi” (trad. USSME 1942, ed. Mondadori 1990, con Introduzione <strong>di</strong> Carlo Jean, Milano, 1997,<br />

pp. 168-69).<br />

253 Cfr. Loreto, Il piano <strong>di</strong> guerra dei Pompeiani e <strong>di</strong> Cesare dopo Farsalo (giugno-ottobre 48 a. C.). Uno stu<strong>di</strong>o sulla<br />

grande strategia della guerra civile, Amsterdam, Adolf M. Hakkert E<strong>di</strong>tore, 1994, pp. 10-12 e p. 58-59 ntt. 38 e 43 (su<br />

Arther Ferrill, che dopo Luttwak ha applicato il concetto <strong>di</strong> grande strategia all’impero romano). Cfr. Id., “La convenienza<br />

109


La grandezza è dunque riferita, anche in senso figurato, alle <strong>di</strong>mensioni spaziali e al livello gerarchico<br />

delle decisioni strategiche: ma non alla loro portata storica. Perciò l’aggettivo grand aggiunge nuovi<br />

equivoci epistemologici a quelli già impliciti nel sostantivo coniato da Joly de Maizeroy ed entrato,<br />

tramite Jomini, nell’uso moderno (non solo <strong>militare</strong>). Liddell Hart spiega obscurum per obscurium,<br />

chiosando che grand strategy significa “policy in war”. Ma restano più efficaci e pregnanti i classici<br />

concetti <strong>di</strong> Welt- e Machtpolitik, oggi rimessi in circolo da Paul Kennedy.<br />

La mentalità geopolitica del Novecento 254 , che trasuda anche dal concetto <strong>di</strong> grand strategy, induce a<br />

credere che dalla carta dell’Impero (ossia dalla sua rappresentazione) se ne possa inferire la<br />

“psicologia”, l’“inconscio”; e dunque la vera natura e il manifest destiny. Pronostici analoghi sono<br />

propri dell’intelligence operativa, che dalle informazioni sulla situazione operativa, tarate su un<br />

ipotetico tasso <strong>di</strong> errori e inganni ostili, deve scommettere sulle intenzioni del nemico e prevedere gli<br />

sviluppi successivi. Ma l’intelligence operativa è solo una componente dell’intelligence. Per poter<br />

ridurre l’azzardo della scommessa non basta conoscere i mezzi <strong>di</strong> cui il nemico si è dotato o potrebbe<br />

dotarsi: occorre scandagliare il suo animo, penetrare nella sua mente. Difficilmente lo scarto delle<br />

culture lo consente: ma conoscere quel che accade nel praetorium del nemico è più importante che<br />

osservare il deserto dagli avamposti <strong>di</strong> Forte Bastiany.<br />

Se non potessimo applicare categorie moderne alla <strong>storia</strong> antica, sarebbe del tutto insensato<br />

occuparsene. Non è questo il rilievo giusto da muovere al controverso saggio <strong>di</strong> Luttwak Il suo limite<br />

è <strong>di</strong> aver cercato <strong>di</strong> inferire la grande strategia romana me<strong>di</strong>ante la sola archeologia, ossia l’equivalente<br />

storiografico dell’intelligence operativa. Certamente dalla periferia si può dedurre la forma del centro,<br />

mentre non sempre è possibile il contrario. Ma sul centro dell’impero romano abbiamo più<br />

informazioni affidabili <strong>di</strong> quante ne avessero i sovietologi occidentali sul Cremlino (come del resto si<br />

vede dai pronostici <strong>di</strong> Luttwak in The Grand Strategy of the Soviet Union). Accanto, e prima, del limes,<br />

occorreva stu<strong>di</strong>are il praetorium. La sua <strong>storia</strong> istituzionale, il suo modo <strong>di</strong> pensare, <strong>di</strong> funzionare, <strong>di</strong><br />

processare le informazioni e prendere le decisioni.<br />

Va tuttavia riconosciuto che la formula della grand strategy ha consentito <strong>di</strong> reintrodurre la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> antica (almeno nella forma debole <strong>di</strong> “settore <strong>militare</strong> dell’antichistica”) nell’orizzonte della<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> comparata. Ma la con<strong>di</strong>zione perché ciò potesse avvenire é stato il mutamento <strong>di</strong> identità<br />

prodotto in Occidente dalla seconda vittoria sulla Germania, col declinare del sentimento <strong>di</strong><br />

appartenenza nazionale e il riemergere <strong>di</strong> temi apocalittici, come l’analogia tra gli Stati Uniti -<br />

“custo<strong>di</strong>ans of the history” o ennesima quarta monarchia danielina - e l’Impero romano. Il saggio <strong>di</strong><br />

Luttwak prende senso solo dalla premessa: “we, like the Romans ...”<br />

15. Per una <strong>storia</strong> attuale del pensiero strategico classico<br />

Come si è visto, se la storiografia e la letteratura <strong>militare</strong> classica furono all’origine del moderno<br />

pensiero <strong>militare</strong> occidentale, esercitarono in seguito un’influenza sempre più marginale ed episo<strong>di</strong>ca,<br />

venendo in genere richiamate solo per conferire maggiore autorità alle posizioni anticonformiste. Non<br />

si può escludere che in futuro si possa ripetere in forme nuove una qualche rivoluzione <strong>militare</strong><br />

“umanista”, simile a quella verificatasi nell’Europa rinascimentale. Ma in ogni modo la precon<strong>di</strong>zione<br />

necessaria è l’iniziativa <strong>di</strong> un moderno Giano Lascaris che sappia non solo trafugare dalle biblioteche<br />

universitarie lo “spirito” del pensiero strategico classico, ma anche “tradurlo” e “venderlo” nel<br />

linguaggio e nel raggio <strong>di</strong> interessi del pensiero strategico contemporaneo.<br />

<strong>di</strong> perdere una guerra. La continuità della grande strategia cartaginese 290-238 a. C.”, in Yann Le Bohec (Ed.), La<br />

Première Guerre Punique. Autour de l’Oeuvre de M. H. Fantar, Lyon, Diffusion De Boccard (Paris), 2001; Arther Ferrill.<br />

254 Cfr. Ilari, ‘Fortuna’ e genesi della geopolitica (ms. settembre 1994), in corso <strong>di</strong> pubblicazione a cura <strong>di</strong> Marco<br />

Antonsich nei Quaderni del dottorato <strong>di</strong> ricerca in Geografia Politica delle università <strong>di</strong> Trieste (DSP) e Napoli (IGP “F.<br />

Compagna”).<br />

110


La scarsa influenza non è stata infatti determinata dal pregiu<strong>di</strong>zio della rivoluzione <strong>militare</strong>, ossia dal<br />

fatto che lo scarto qualitativo tra il combattimento antico e moderno, determinato dalla polvere da<br />

sparo e complicazioni successive, sia stato considerato una condanna senza appello alla definitiva<br />

archiviazione: al massimo l’argomento è servito a giustificare a posteriori un’esclusione che nasceva<br />

da altre ragioni. Del resto nessuna delle rivoluzioni militari successive, nemmeno quella nucleare e la<br />

RMA, ha segnato cesure epocali nella circolazione e trasmissione della letteratura strategica anteriore:<br />

semmai hanno contribuito a storicizzarla, favorendo la nascita e lo sviluppo <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> critica del<br />

pensiero strategico moderno e contemporaneo.<br />

Determinante è stata invece la <strong>di</strong>fficoltà pratica <strong>di</strong> applicare anche al pensiero strategico, oltre che alle<br />

forme materiali <strong>di</strong> guerra, l’idea <strong>di</strong> una continuità (sviluppo) <strong>militare</strong> dal mondo antico al mondo<br />

occidentale. Nel caso delle forme materiali, infatti, si possono applicare agli eventi del passato gli<br />

schemi interpretativi moderni (in ciò consiste appunto il metodo positivista); mentre nel caso delle<br />

forme intellettuali si registra uno scarto culturale che ormai i moderni scrittori <strong>di</strong> strategia non sono in<br />

grado <strong>di</strong> interpretare.<br />

La riprova sta nella scarsissima circolazione e influenza della grande <strong>storia</strong> comparata delle scienze<br />

militari pubblicata da Max Jaehns nel 1889-91 255 . Si è preferito invece limitare lo stu<strong>di</strong>o comparato del<br />

pensiero strategico agli ultimi due secoli 256 , risalendo al massimo alla rivoluzione <strong>militare</strong><br />

rinascimentale, ma senza approfon<strong>di</strong>re in modo adeguato il suo rapporto con l’uso moderno del<br />

pensiero <strong>militare</strong> antico.<br />

The Making of Strategy, un saggio collettivo sulla <strong>storia</strong> delle strategie nazionali (Rulers, States, and<br />

War) curato da Williamson Murray, MacGregor Knox e Alvin Bernstein (Cambridge U. P., 1994)<br />

sceglie come punto <strong>di</strong> partenza del suo oggetto il 1558. Ma, se non altro, premette ai se<strong>di</strong>ci stu<strong>di</strong><br />

relativi a varie esperienze nazionali europee ed extraeuropee, altri due (<strong>di</strong> Donald Kagan e Alvin H.<br />

Bernstein) sulle strategie nazionali ateniese e romana durante la guerra del Peloponneso e la seconda<br />

guerra Punica.<br />

Makers of Modern Strategy - il famoso contributo delle <strong>di</strong>scipline umanistiche dell’università <strong>di</strong><br />

Princeton allo sforzo bellico degli Stati Uniti, risalente al 1941-43 e curato da Edward Mead Earle -<br />

reca invece come sottotitolo From Machiavelli to Hitler (nel rifacimento curato nel 1986 da Peter<br />

Paret, uno dei maggiori storici <strong>di</strong> Clausewitz, Hitler fu sostituito da Nuclear Age). Può darsi che<br />

sull’esclusione della tra<strong>di</strong>zione classica abbiano influito fattori casuali, ad esempio non aver sottomano<br />

un antichista idoneo o collaborativo 257 . Quanto meno, però, il suo contributo non fu ritenuto<br />

255 Max Jaehns, Geschichte der Kriegswissenschaften vornehmlich in Deutschland, 3 voll., Muenchen e Leipzig, 1889-<br />

91. La sterminata opera fu resa possibile dalla ricchissima biblioteca <strong>militare</strong> raccolta dall’autore. Purtroppo, malgrado la<br />

ristampa anastatica nella Bibliotheca Rerum Militarium della Biblio Verlag <strong>di</strong> Osnabruck, resta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile reperibilità al <strong>di</strong><br />

fuori della Germania. Perfino Raymond Aron (Penser la guerre, Clausewitz. II: L’age planétaire, Paris, E<strong>di</strong>tions<br />

Gallimard, 1976) si limita a citarlo in bibliografia (p. 349). L’opera non è menzionata nella voce “Jahns (Massimiliano)”<br />

dell’Enciclope<strong>di</strong>a <strong>militare</strong> (Milano, Il Popolo d’Italia, 1932, IV, p. 439) né in Makers of Modern Strategy (1943). In<br />

quest’ultima Jaehns compare a p. 95 (ed. 1986), peraltro “muto” e solo in coppia con Delbrueck. Diversamente da<br />

quest’ultimo, Jaehns è ignorato anche dal Dictionnaire d’art et d’histoire militaires <strong>di</strong> André Corvisier (Paris, PUF, 1988),<br />

dal Dictionnaire de stratégie militaire <strong>di</strong> Chaliand e Blin (Paris, Perrin, 1998) e dal Dictionary of Military and Naval<br />

Quotations del colonnello dei marines Robert Debs Heinl, U.S. Naval Institute, Annapolis, Maryland, 1966.<br />

L’International Military and Defense Encyclope<strong>di</strong>a in sei volumi della Brassey’s (1992), curata dal famoso colonnello<br />

americano Trevor N. Dupuy, raddrizza il torto omettendo pure Delbrueck.<br />

256 Cfr. Friedrich Wilhelm Ruestow, Die Feldherrnkunst des 19. Jahrhunderts, 2 vol., 3a ed. Zurigo 1877-78 (trad.<br />

francese Savin de Larclause, L’art militaire au XIXe siècle. Stratégie, histoire militaire); J. L. Wallach, Kriegstheorien.<br />

Ihre Entwicklung im 19. und 20. Jahrhundert, Frankfurt a. Main, 1972.<br />

257 Già nel 1941 gli Stati Uniti avevano però una solida tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> classica. A prescindere dal riferimento<br />

a Caio Duilio (in cui si può forse supporre una certa sfumatura antibritannica) nella prima sala del museo dei marines, si<br />

111


in<strong>di</strong>spensabile in un’opera incentrata non già sulla comparazione storica tra case-stu<strong>di</strong>es ma sulla <strong>storia</strong><br />

<strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione letteraria che comincia - indubbiamente, nonostante due o tre imme<strong>di</strong>ati “precursori”<br />

italiani e francesi - con l’Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli.<br />

Che, dopo Jaehns, non si sia finora sentito il bisogno <strong>di</strong> mettere a fuoco in modo autonomo e specifico<br />

il pensiero strategico classico costituisce la più ultimativa messa in mora delle rozze comparazioni<br />

sociologizzanti tra case stu<strong>di</strong>es estrapolati arbitrariamente da <strong>di</strong>verse epoche storiche. Tale uso<br />

prescientifico del concetto <strong>di</strong> evoluzione <strong>di</strong>mostra in definitiva che si ignora il problema della<br />

continuità perché si ignora quello <strong>di</strong> frattura e “rivoluzione”. Diviene così impossibile render<br />

veramente conto anche <strong>di</strong> evoluzioni semantiche ben conosciute, come quella della famiglia lessicale<br />

<strong>di</strong> strategia. Non è infatti sufficiente il confronto tra l’uso antico e l’uso moderno consolidatosi fra il<br />

1771 e il 1810 258 ; occorre anche rendere conto delle ragioni e delle implicazioni dell’abbandono e della<br />

riscoperta <strong>di</strong> questo contenitore teoretico, indagando le locuzioni moderne surrogate dalla scienza<br />

<strong>militare</strong> del Rinascimento e dell’antico regime (es. politica <strong>militare</strong>, governo della milizia, ufficio del<br />

capitano generale).<br />

La moderna letteratura <strong>militare</strong> e strategica, sviluppatasi tra il XVI e il XVIII secolo, aveva - almeno in<br />

qualche caso - le capacità filologiche per interpretare le fonti classiche; ma non possedeva nei loro<br />

confronti la <strong>di</strong>stanza critica e psicologica richiesta da una “<strong>storia</strong> del pensiero”. Non ne avvertiva<br />

neppure la necessità, perché l’apparente corrispondenza del lessico moderno e classico, combinata con<br />

l’uso moderno del latino, occultava gli scarti semantici e concettuali, ossia proprio gli in<strong>di</strong>zi e le “spie”<br />

che orientano lo storico del pensiero. Questo usus modernus rerum militarium esprimeva certo<br />

un’ideologia della continuità: ma il suo esito paradossale era l’occultamento del problema scientifico e<br />

della questione teorica, rendendo in definitiva inutile e ridondante lo stu<strong>di</strong>o dell’antico.<br />

In seguito, se è aumentata la necessaria <strong>di</strong>stanza critica dalla tra<strong>di</strong>zione, si sono affievolite le capacità<br />

filologiche, mentre l’accumularsi <strong>di</strong> una nuova tra<strong>di</strong>zione moderna, messa alla prova dalle guerre della<br />

Rivoluzione e dell’Impero francese (1792-1815) e già consolidata con Clausewitz (1780-1832) e<br />

Jomini (1779-1869), ha posto compiti più urgenti e fondamentali alla <strong>storia</strong> interna del pensiero<br />

strategico. Non che la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica sia stata del tutto lasciata agli antichisti 259 . Ma le basi<br />

culturali degli scrittori <strong>di</strong> strategia e degli storici militari contemporanei, sufficienti per la<br />

comparazione evenemenziale, non erano in genere adeguate al compito <strong>di</strong> attraversare una <strong>di</strong>versa<br />

costellazione del pensiero.<br />

E’ significativo, ad esempio, che Basil Henry Liddell Hart (1895-1970), pur avendo attinto<br />

correttamente dalla <strong>storia</strong> antica l’esempio <strong>di</strong> Scipione Africano, abbia preferito avventurarsi<br />

nell’interpretazione del Sunzi Bingfa (“i principi della guerra del Maestro Sun”) anziché delle coeve<br />

collezioni greche <strong>di</strong> strategemata. A prima vista sembra paradossale, perché gli antichi stratagemmi<br />

cinesi sono certo più <strong>di</strong>stanti <strong>di</strong> quelli greci dal pensiero strategico occidentale: ma proprio per questo,<br />

all’opposto della filologia classica, la sinologia occidentale non possiede ancora l’autorevolezza sociale<br />

e la <strong>di</strong>ffusione culturale necessarie per scoraggiare le <strong>di</strong>sinvolte incursioni attualizzanti. Il merito<br />

culturale <strong>di</strong> Liddell Hart non va <strong>di</strong>sconosciuto né sottovalutato: sono state la sua prefazione e la sua<br />

revisione della traduzione <strong>di</strong> Samuel B. Griffith a mettere in grado il pensiero strategico occidentale <strong>di</strong><br />

includere tra le sue fonti il thesaurus della scuola cinese <strong>di</strong> strategia (bing jia). Ma il costo è consistito<br />

nell’occidentalizzione e in definitiva nella banalizzazione del pensiero cinese, al quale sono stati<br />

pensi alla traduzione <strong>di</strong> Enea Tattico, Asclepiodoto e Onasandro pubblicata nel 1923 dall’Illinois Greek Club (London-<br />

Cambridge, Massachussets, 1962).<br />

258 Coutau Bégarie, Traité, cit., pp. 55-61.<br />

259 Sulla <strong>di</strong>varicazione delle due tra<strong>di</strong>zioni cfr. Loreto, Art. Krieg, cit., coll. 1110-18.<br />

112


attribuiti molti concetti che si debbono in realtà al pregiu<strong>di</strong>zio del revisore e al suo intento <strong>di</strong> rafforzare<br />

con un tocco <strong>di</strong> esotismo il proprio arsenale argomentativo 260 .<br />

Negli ultimi tre decenni si sono consolidate filologia analitica e storiografia critica del pensiero<br />

strategico moderno e contemporaneo. Altrettanto non si è ancora verificato per quello antico e<br />

me<strong>di</strong>evale, malgrado le ricerche etimologiche e semantiche sul vocabolario <strong>militare</strong> classico 261 e i<br />

recenti tentativi <strong>di</strong> morfologia della trattatistica <strong>militare</strong> 262 e <strong>di</strong> tessitura <strong>di</strong> un <strong>di</strong>gesto sistematico e<br />

finalmente completo delle fonti relative all’arte romana e bizantina della guerra 263 .<br />

260 La migliore <strong>di</strong>vulgazione occidentale dell’arte <strong>militare</strong> cinese restano ancor oggi i due volumi del gesuita tolonese<br />

Joseph Amiot (1718-94). Il primo, pubblicato nel 1772 col titolo L’Art militaire des chinois e poi incluso come VII volume<br />

delle Mémoires concernant l’histoire, les sciences, les moeurs, les usages &c. des chinois (par les missionnaires de Pékin,<br />

Paris, chez Nyon, 1776-91, 15 voll.), contiene la traduzione dei 4 classici cinesi più antichi (Sun Zi, Wu Zi, Sima Fa e<br />

parte <strong>di</strong> Lu Tao) e <strong>di</strong> un’opera sulla condotta delle truppe commissionata dall’imperatore Yong Teheng. Il secondo è un<br />

Supplément (Mémoires, VIII) riccamente illustrato su or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> battaglia, castrametazione, macchine e navi da guerra. Il<br />

tenente generale <strong>di</strong> Puységur, figlio ed e<strong>di</strong>tore postumo del maresciallo, criticò la traduzione <strong>di</strong> vari termini militari cinesi,<br />

proponendo emendamenti razionalizzanti che l’e<strong>di</strong>tore non volle apportare, <strong>di</strong>fendendo il lavoro filologico <strong>di</strong> Amiot. La<br />

passione settecentesca per l’Oriente si ritrova anche nell’e<strong>di</strong>zione lon<strong>di</strong>nese (White, 1783) e nelle traduzioni inglese<br />

(Davy) e francese (Louis Mathieu Langlès, Paris 1787) <strong>di</strong> un trattato persiano <strong>di</strong> Abu Taleb al Hosseini sulle istituzioni<br />

politiche e militari <strong>di</strong> Tamerlano (1336-1405), pretesa traduzione <strong>di</strong> un originale mongolo non altrimenti noto; nonché<br />

negli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Vojeu de Brunem (ripresi da Zaccaria de Pazzi de Bonneville) sulle guerre e gli eserciti cinesi del Seicento e<br />

<strong>di</strong> André de Claustre (ripresi nei Discorsi militari <strong>di</strong> Algarotti) sul re <strong>di</strong> Persia Thamas Kouli Khan (Na<strong>di</strong>r Sha), assassinato<br />

nel 1747 (cfr. Colson, Collect. Moretus Plantin, cit., pp. 172 e 198-203). In armonia con la teoria generale del cammino<br />

solare della civiltà, Folard credeva ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> provare che l’intera scienza <strong>militare</strong> occidentale, dall’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> battaglia<br />

alla cosiddetta “trace italienne”, era un perfezionamento <strong>di</strong> preesistenti sistemi orientali (Commentaires sur Polybe, I,<br />

préf., p. xxiii; III, pp. 2-7; IV, pp. 151-53; Chagniot, in Atti Namur, cit., p. 123). Nel 1860 il Sunzi Bingfa fu tradotto in<br />

russo (seconda e<strong>di</strong>zione nel 1889). Nel 1905 Calthorp stampò a Tokio la prima traduzione inglese. Seguì nel 1910 quella<br />

del sinologo Giles e nel 1911 la traduzione tedesca <strong>di</strong> Bruno Navarra (Das Buch vom Krieg. Der Militaer Klassiker der<br />

Chinesen). Nel 1940 la traduzione <strong>di</strong> Giles fu pubblicata negli Stati Uniti (a cura <strong>di</strong> Thomas R. Phillips, Roats of Strategy,<br />

Westport, Conn., Greenwood Press). Seguì nel 1958 una terza traduzione russa e nel 1962 la Casa Cinese <strong>di</strong> E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

Shangai pubblicò un testo parziale, tradotto in italiano da Huang Jialin col titolo L’Arte della guerra <strong>di</strong> Sun Zi commentata<br />

dagli un<strong>di</strong>ci commentatori della Dinastia Song. Infine, nel 1963 uscì la nuova inglese <strong>di</strong> Griffith con prefazione <strong>di</strong> Liddell<br />

Hart (trad. it. L’arte della guerra, Milano, Il Borghese, 1965). Da incompetente, resto colpito dalla macroscopica<br />

<strong>di</strong>fferenza, al limite dell’irriconoscibilità, fra quest’ultima traduzione e quella <strong>di</strong>retta dal cinese (Renato Padoan, L’arte<br />

della guerra. Tattiche e strategie nell’antica Cina, Milano, Sugarco, 1980). Sono comparse in italiano anche le e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

Thomas Cleary, The Art of War, Boston & Shaftesbury, Shambala, 1988 (L’arte della guerra, Roma, Ubal<strong>di</strong>ni E<strong>di</strong>tore,<br />

1990) e Ralph D. Sawyer, The Complete Art of War, Boulder, Colorado, Westview Press, 1996 (Sun Tzu - Sun Pin, L’arte<br />

della guerra e i meto<strong>di</strong> militari, Vicenza, Neri Pozza, 1999, con un saggio introduttivo <strong>di</strong> Alessandro Corneli). Corneli<br />

aveva in precedenza pubblicato una versione <strong>italiana</strong> della traduzione inglese <strong>di</strong> L. Giles (Sun Tzu on the Art of War,<br />

London, 1910) e <strong>di</strong> un saggio <strong>di</strong> Krzystof Gawlikowski (riunite ne L’arte della guerra, Napoli, Alfredo Guida, 1988:<br />

ristampandolo nel 1998 l’e<strong>di</strong>tore sui è involontariamente dato la zappa sui pie<strong>di</strong>, sottolineando che era “il libro preferito <strong>di</strong><br />

uomini politici come Massimo D’Alema”. Indubbiamente è stato l’ultimo Feldherr italiano nel bellum Kosovaricum, ma<br />

nel trambusto preelettorale sul suo como<strong>di</strong>no dev’essersi verificata qualche confusione tra Sunzi e I Ching). Nel 1995<br />

l’USSME ha ristampato, con prefazione <strong>di</strong> Raimondo Luraghi e titolo abbreviato (Sun Zi, L’Arte della guerra), la<br />

traduzione <strong>di</strong> Huang Jialin (1962). La coeva <strong>di</strong>ffusione francese si deve all’ISC e in particolare a Valérie Niquet, eccellente<br />

traduttrice e acuta commentatrice dei classici cinesi e in particolare <strong>di</strong> Sun Zi (Paris, Economica, 1988, con introduzione <strong>di</strong><br />

Maurice Prestat). Ma un decisivo salto <strong>di</strong> qualità nell’interpretazione <strong>di</strong> Su Zi si deve a Michael I. Handel, Sun Tzu and<br />

Clausewitz: The Art of War and On War Compared, Strategic Stu<strong>di</strong>es Institute, U. S. Army War College, 1991.<br />

Sull’assunto della “contemporaneità” cronologica, Godfrey Hutchinson lo confronta invece con Senofonte (Xenophon and<br />

the Art of Command, London, Greenhill Books - Pennsylvania, Stackpole Books, 2000).<br />

261 Cfr. ad esempio Everett L. Wheeler, “Stratagem and the Vocabulary of Military Trickery”, Leyde, Brill, Mnemosyne<br />

Supplement 108, 1988 (cit. in Couteau Bégarie, Traité, cit., p. 55) sui sostantivi, aggettivi e verbi derivati dalla locuzione<br />

verbale (stratòs agein) che in<strong>di</strong>ca la “condotta dell’esercito” (strategòs, strategikòs, strategikà, stratégema, strategéo),<br />

ossia il piano <strong>di</strong> guerra e la manovra (con enfasi sul principio della “sorpresa”, vista talora come lo scopo essenziale e<br />

caratterizzante dello stratégema) <strong>di</strong>stinta dall’arte (téchne taktiké) dello schieramento (stiches, acies) e del combattimento.<br />

Cfr. comunque già Friedrich Lammert, “Strategémata”, in RE/PW 2. R. 7 Hbbd. 1931, pp. 174 ss.<br />

262 Tale si definisce, giustamente, il saggio <strong>di</strong> Loreto cit. supra a nt. 32, che lo can<strong>di</strong>da oggettivamente, assieme al<br />

complesso dei suoi stu<strong>di</strong> storico-militari, specialmente quelli cesariani, quale potenziale futuro autore del desiderato<br />

113


Ma queste sono, per quanto in<strong>di</strong>spensabili e meritorie, soltanto alcune precon<strong>di</strong>zioni per una <strong>storia</strong><br />

vera e propria (<strong>di</strong>remmo “mazzariniana”, per spessore, per eleganza e dunque per influenza culturale)<br />

del pensiero strategico classico. Quest’ultima, basata non solo sulle fonti letterarie ma anche su quelle<br />

archeologiche e iconografiche, dovrebbe mettere al centro dell’indagine la <strong>storia</strong> interna ed esterna dei<br />

concetti e dei principi, ad esempio:<br />

•il confronto tra la classificazione giuri<strong>di</strong>ca e la classificazione strategica delle forme <strong>di</strong> guerra;<br />

•il rapporto tra victoria, caedes, philanthropia (clementia), debellatio, de<strong>di</strong>tio;<br />

•il rapporto tra imperium e consilium, anche alla luce della <strong>storia</strong> esterna dell’alto comando e dello<br />

stato maggiore (cohors praetoria) nel mondo antico;<br />

•il ruolo delle scienze militari classiche nella tassonomia delle arti liberali e nella teoria della paideia<br />

e la <strong>storia</strong> della redazione dei <strong>di</strong>gesti militari greci e latini, e le corrispondenze ed equivalenze<br />

concettuali tra pensiero classico e pensiero moderno (ad es. quella, già segnalata da Loreto, tra<br />

strategia in senso moderno e nova ratio vincen<strong>di</strong> cesariana 264 );<br />

•il rapporto tra strategika e geographia, in<strong>di</strong>rettamente segnalato dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Liddell Hart e Santo<br />

Mazzarino su Scipione Africano e Stilicone e <strong>di</strong> Edward N. Luttwak sul sistema <strong>di</strong>fensivo<br />

imperiale;<br />

•la decantazione, la circolazione e lo sviluppo delle topiche relative alla tactica, alla strategika,<br />

all’arte navale, alla poliorcetica, all’organica, alla logistica, con l’idea <strong>di</strong> progresso,<br />

perfezionamento e decadenza dell’arte <strong>militare</strong> e delle virtù guerriere;<br />

Pensiero strategico classico. Ma il saggio contiene una “spia” del pregiu<strong>di</strong>zio accademico. Perfino Loreto non sa infatti<br />

negarsi la fatua voluttà <strong>di</strong> citare in exergue da Un generale in biblioteca (1953) <strong>di</strong> Italo Calvino. Ossimoro efficace, non<br />

c’è dubbio: ma efficace da noi, oggi; non ovunque nel mondo né sempre nella <strong>storia</strong>. E rivelatore: ma non della pretesa<br />

incultura dei generali (qui expenden<strong>di</strong> sunt sua lance), bensì della catastrofica incapacità delle biblioteche e dei sapienti <strong>di</strong><br />

creare cultura. E mi includo nella lista, come risulta da questa testimonianza autobiografica, che annoto qui per il futuro<br />

storico del pensiero <strong>militare</strong> italiano <strong>di</strong> fine Novecento. Disperato per lo stato catastrofico delle nostre biblioteche militari<br />

pubbliche, nel 1987 avanzai, tramite il generale Carlo Jean, fondatore e primo <strong>di</strong>rettore del Centro Militare <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong><br />

Strategici del ministero della Difesa (v. Ilari, Gli stu<strong>di</strong> strategici in Italia. Storia, relazione introduttiva per il convegno del<br />

26 settembre 2001 indetto presso il CASD dalla Facoltà “Cesare Alfieri” dell’Università <strong>di</strong> Firenze) la can<strong>di</strong>da proposta <strong>di</strong><br />

mandare regolarmente i nostri addetti militari a Washington (ben quattro) ad acquistare libri nel Military Bookshop del<br />

Pentagono, cui allora si poteva accedere anche dall’esterno, dalla stazione Pentagon della metropolitana. Jean ne parlò col<br />

presidente della Repubblica Francesco Cossiga, cultore <strong>di</strong> intelligence e massimo custode della sapienza strategica della<br />

prima Repubblica (1946-93), il quale se ne mostrò entusiasta ma, ovviamente, non fece nulla <strong>di</strong> concreto. A livelli<br />

gerarchici assai più bassi fui alla fine bruscamente invitato a non rompere, dato che gli addetti militari erano già oberati e<br />

stressati dai ricevimenti <strong>di</strong> gala e non potevano perdere tempo in scemenze. La reprimenda (per non usare il noto termine<br />

da caserma) mi fece bene: improvvisamente mi vi<strong>di</strong> la scena dei nostri addetti militari che si aggiravano nella libreria ed<br />

ebbi la lucida percezione <strong>di</strong> essere davvero Er-mattung (nell’assonanza romanesca). Poi trassi le conseguenze e passai al<br />

fai-da-te, approfittando <strong>di</strong> ogni viaggio a Washington <strong>di</strong> amici e studenti per mandarli a Pentagon con un mandato in<br />

bianco ad acquistare, finché al Pentagono qualcuno altrettanto vispo si accorse del valore aggiunto informativo che aveva<br />

la selezione ed esposizione dei libri militari, e pensò bene <strong>di</strong> chiudere l’accesso esterno alla libreria. Resta per ora libero<br />

quello alla Libreria Militare <strong>italiana</strong>, sita in località segreta in una grande città padana, su un lato del quadrilatero formato<br />

da una famosa basilica, una vecchia casema napoleonica e un convento usato in varie epoche come batteria d’asse<strong>di</strong>o,<br />

ospedale <strong>militare</strong> e infine come università. Naturalmente la soglia non è mai stata varcata, in quattro anni, da alcun<br />

ufficiale italiano in servizio attivo, ad eccezione <strong>di</strong> un capitano dei carabinieri con tendenze culturali anomale.<br />

263 Cfr. Carlo Maria Mazzucchi, Memorie romane <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> 29 a. C. - 1078 d. C., in corso <strong>di</strong> pubblicazione (per<br />

cortese anticipazione dell’A.). Cfr. anche le e<strong>di</strong>zioni tematiche <strong>di</strong> Onasandro (in greco) e Senofonte (in inglese) fatte da<br />

Werner Peters (Untersuchungen zu Onasander, Diss., Phil. Fak. der Rheinischen Friedrich-Wilhelms- Universitaet, Bonn,<br />

Heinr. Trapp oHG, 1972) e Godfrey Hutchinson (Xenophon and the Art of Command, London-Pennsylvania, Greenhille<br />

Books-Stackpole Books, 2000).<br />

264 Loreto, Farsalo, cit., p. 9.<br />

114


•l’uso dell’exemplum strategico, in particolare <strong>di</strong> quello “nazionale” che si ricava dai famosi<br />

“confronti” militari (tra i Romani e Alessandro, tra i Romani e i Cartaginesi ...) la graduatoria dei<br />

“gran<strong>di</strong> capitani”, con l’eccellenza riconosciuta ad Annibale, la topica dell’“addestramento<br />

involontario del nemico più debole” (“imparare dalla sconfitta”).<br />

E l’indagine dovrebbe abbandonare il metodo positivista fin qui seguito dalla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica,<br />

sostituendolo con un atteggiamento più storicista. Non si tratta certo <strong>di</strong> rinunciare ad impiegare le<br />

topiche e i concetti moderni, che vanno messi costantemente a confronto con gli equivalenti funzionali<br />

propri del sistema <strong>di</strong> pensiero esaminato, in modo da far risaltare le eventuali lacune e le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />

approccio. Ma occorre rovesciare l’intento della ricerca, passando dall’enfasi evoluzionista sulla<br />

continuità e sulla struttura comune tra antico e moderno (cioé sulle analogie, corrispondenze ed<br />

equivalenze semantiche) all’in<strong>di</strong>viduazione e interpretazione delle specificità e delle <strong>di</strong>fferenze.<br />

Uno stu<strong>di</strong>o condotto con tale criterio arricchirebbe non soltanto la conoscenza del mondo antico, ma<br />

anche la critica del moderno pensiero strategico occidentale. Bisognerebbe, in altri termini, mettere in<br />

grado il pensiero strategico classico <strong>di</strong> poter svolgere, a vantaggio <strong>di</strong> quello occidentale<br />

contemporaneo, la stessa funzione critica svolta dallo stu<strong>di</strong>o scientifico dei “mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra asiatici”. Il<br />

modo <strong>di</strong> guerra asiatico meglio stu<strong>di</strong>ato e approfon<strong>di</strong>to in occidente fu, <strong>di</strong> volta in volta, il persiano, il<br />

partico, il germanico, il mongolo, l’arabo, l’ottomano e, nel Novecento, il nipponico e il sovietico 265 .<br />

Conclusa la guerra fredda (cioè la terza guerra mon<strong>di</strong>ale del Novecento), l’attenzione si comincia a<br />

spostare - anche per influsso del <strong>di</strong>battito sui “nuovi nemici” dell’Occidente e sul Clash of<br />

Civilizations 266 - sugli altri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra asiatici, anzitutto il cinese 267 e l’islamico 268 , ma senza<br />

rinunciare a tener d’occhio anche quelli ormai occidentalizzati, come il nipponico 269 e l’in<strong>di</strong>ano 270 .<br />

265 Il tema è oggetto <strong>di</strong> una letteratura molto vasta, esauritasi ovviamente con la debellatio geopolitica dell’URSS, ma non<br />

per questo priva <strong>di</strong> interesse storico e <strong>di</strong> attualità, almeno come lezione <strong>di</strong> metodo comparativo e <strong>di</strong> analisi teoretica. I<br />

migliori contributi sul pensiero <strong>militare</strong> marxista sono non a caso <strong>di</strong> Werner Hahlweg, lo storico dell’Oranienreform noto<br />

ovunque tranne che in Italia (dove ci fu bisogno della luttuosa allucinazione guerrigliera <strong>di</strong> Giangiacomo Feltrinelli per<br />

poter conoscere, nel 1973, almeno Krieg ohne Fronten, 1968, da cui <strong>di</strong>pese la scelta <strong>di</strong> Hahlweg per re<strong>di</strong>gere la voce<br />

“Guerriglia” nell’Enciclope<strong>di</strong>a del Novecento, Milano, 1979, 3, pp. 484-493). Tra i suoi lavori ricor<strong>di</strong>amo “Lenin und<br />

Clausewitz”. Ein Beitrag zur politischen Ideengeschichte des 20. Jahrhunderts”, in Archiv fuer Kulturgeschichte, 36, 1954,<br />

pp. 40-59 e 357-387; Lenins Rueckkehr nach Russlands 1917, Leiden, 1957; Der Friede von Brest-Litowsk, Duesseldorf,<br />

1971; “Sozialismus und Militaewissenschaft bei Friedruich Engels”, in Friedrich Engels 1820-1970, Hannover, 1971, pp.<br />

63-71; “Marx und Engels und <strong>di</strong>e Probleme des Militaerwesens”, in Allgemeine Schweizerische Militaerzeitschrift, Jg.<br />

1975, p. 126; “Theoretische Grundlagen der modernen Guerrilla und des Terrorismus”, in R. von Tophoven (Hrsg.),<br />

Politik durch Gewalt. Guerrilla und Terrorismus heute, Bonn, 1976, pp. 13-29. Nel campo della strategia comparata e<br />

<strong>storia</strong> del pensiero strategico sovietico darei però la palma a Julian Lider, analista dell’Istituto Svedese <strong>di</strong> Affari<br />

Internazionali, in particolare per il fondamentale On the Nature of War, Saxon House, 1979 e per Military Force. An<br />

Analysis of Marxist-Leninist Concepts, Swe<strong>di</strong>sh Stu<strong>di</strong>es in International Relations, SIIA, Farnborough, Hants (UK), Gower<br />

Publishing Company, 1981. Da segnalare che il metodo comparativo impiegato da Lider presenta notevoli analogie con<br />

quello applicato da Robert Gilpin agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> international political economy. Cfr. inoltre i due saggi del GERSS (Groupe<br />

d’études et de recherches sur la stratégie soviétique) costituito presso la FEDN, Les Fondements doctrinaux de la stratégie<br />

soviétique e La stratégie soviétique de crise (collection Les Sept Epées, Paris, 1979 e 1986). Cfr. infine Bernard Semmel<br />

(ed.), Marxism and the Science of War, New York, Oxford U. P., 1981; Derek Leebaert (ed.), Soviet Military Thinking,<br />

Center for Science and International Affairs, Harvard University, London, George Allen & Unwin, 1981; Harriet Fast<br />

Scott e William F. Scott (ed.), The Soviet Art of War. Doctrine, Strategy and Tactics, Boulder, Colorado, Westview Press,<br />

1982. In particolare sul ruolo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nel pensiero strategico sovietico, cfr. Kent D. Lee, “Strategy and History:<br />

the Soviet Approach to Military History and Its Implications for Military Strategy”, in Journal of Soviet Military Stu<strong>di</strong>es,<br />

No. 3, September 1990, pp. 409-445. Sulla <strong>storia</strong> del pensiero <strong>militare</strong> marxista cfr. inoltre Martin Berger, Engels, Armies<br />

and Revolution: The Revolutionary Tactics of Classical Marxism, Hamden, Conn., Archon Books, 1977. Sulla “grand<br />

strategy” sovietica, dopo lo sfortunato saggio <strong>di</strong> Luttwak, v. quello splen<strong>di</strong>do <strong>di</strong> Condoleezza Rice, “The Evolution of<br />

Soviet Grand Strategy”, in Paul Kennedy (Ed.), Grand Strategies in War and Peace, New Haven and London, Yale U. P.,<br />

1991, pp. 145-165.<br />

266 Samuel P. Huntington, The Clash of Civilization and the Remaking of World Order, 1996 (Lo scontro delle civiltà e il<br />

nuovo or<strong>di</strong>ne mon<strong>di</strong>ale, Milano, Garzanti, 1997, 2000. Più in concreto, cfr. Zalmay Khalilzad e Ian O. Lesser (eds.),<br />

115


Diversamente dall’epoca <strong>di</strong> Lascaris, oggi lo stu<strong>di</strong>o del “modo <strong>di</strong> guerra” classico non servirebbe a<br />

preparare nuove “crociate” occidentali: a moderare, semmai, quelle che purtroppo si indovinano sotto<br />

il crescente interesse per i “mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra” cinese ed islamico. Nessun uso pratico o “<strong>di</strong>fensivo”,<br />

dunque, della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica. A meno che, a forza <strong>di</strong> sfruculiarli coi nostri film, war-games 271 e<br />

reenactments antico-romani 272 ... una <strong>di</strong> queste notti <strong>di</strong> Halloween falangi e legioni, carri falcati ed<br />

elefanti, catapulte e catafratti non escano davvero dagli inferi per andare a spargere il sale sulle rovine<br />

<strong>di</strong> Hollywood e Cinecittà.<br />

Sources of Conflict in the 21st Century. Regional Futures and U. S. Strategy, RAND, Project Air Force 1998 (50th Year<br />

RAND A National Resource, 1948-1998).<br />

267 Cfr. Scott A. Boormam, The Protracted Game. A Weich’i Interpretation of Maoist Revolutionary Strategy, New York,<br />

Oxford U. P., 1969 (Gli scacchi <strong>di</strong> Mao, a cura <strong>di</strong> Orazio Pugliese, Rimini, Guaral<strong>di</strong>, 1973); Krzystof Gawalikowski (cur.),<br />

Il classico dei mutamenti (Sanshiliu ji) (Giorgio Casacchia, trad. e cur., I 36 stratagemmi. L’arte cinese <strong>di</strong> vincere, Napoli,<br />

Guida e<strong>di</strong>tori, 1990); Ralph D. Sawyer, One Hundred Unorthodox Strategies, Westview Press, 1996 (Cento strategie non<br />

ortodosse. La sintesi definitiva della scienza <strong>militare</strong> cinese, Vicenza, Neri Pozza, 2000); General Tao Hanzhang (1986),<br />

Sun Tzu’s Art of War. The Modern Chinese Interpretation, New York, Sterling Publishing Company, 2000; Thomas<br />

Cleary, The Book of Leadership and Strategy, 1990 (Il libro del comando e della strategia. Le lezioni dei maestri cinesi,<br />

Milano, Mondadori, 1997); Fabio Mini, L’altra strategia. I classici del pensiero <strong>militare</strong> cinese dalla guerra al marketing,<br />

Milano, Franco Angeli, 1998. Arthur Waldron, “Chinese strategy from the fourteenth to the seventeenth centuries”, in The<br />

Making of Strategy, cit. nel testo, pp. 85-114. V. anche “Empire chinois et sa tra<strong>di</strong>tion stratégique (L’)”, in Chaliand et<br />

Blin, Dictionnaire, cit., pp. 199-208.<br />

268 Su quest’ultima cfr. in particolare Jean-Paul Charnay, L’Islam et la guerre, Paris, Fayard, 1986; Valeria F. Piacentini<br />

(cur.), Il pensiero <strong>militare</strong> nel mondo musulmano, CeMiSS, Milano, Franco Angeli, 1996; James Turner Johnson, The<br />

Holy War Idea in Western and Islamic Tra<strong>di</strong>tions, The Pennsylvania State U. P., 1997.<br />

269 Cfr. Jean Esmein, 1/2+ Un demi plus. Etudes sur la défense du Japon hier et aujourd’hui, Les Cahiers de la FEDN, N.<br />

25, Paris, s. d. (ma 1983); Thomas Cleary, The Japanese Art of War, 1991 (L’arte giapponese della guerra) e Miyamoto<br />

Musashi, Gorin-no-sho (Il libro dei Cinque anelli), entrambi pubblicati nel 1993 da Mondadori. L’inconsueta frequenza<br />

delle traduzioni italiane <strong>di</strong> opere sulla strategia cinese e giapponese non <strong>di</strong>pende da una miracolosa illuminazione della<br />

nostra e<strong>di</strong>toria, graniticamente refrattaria al sapere <strong>militare</strong>, ma semplicemente del fatto che alcuni <strong>di</strong> questi testi possono<br />

essere considerati anche come una sorta <strong>di</strong> “tassa” sulla frustrazione e la timidezza, lasciando intendere <strong>di</strong> fornire “chiavi”<br />

sapienziali <strong>di</strong> successo sociale.<br />

270 Cfr. Jean-Alphonse Bernard e Michel Pochoy, L’ambition de l’Inde, FEDN, Paris, 1988.<br />

271 Cfr. ad esempio Mark Healy, Cannae 216 B. C. Hannibal Smashes Rome’s Army, Campaign Series No. 36, London,<br />

Osprey, 1994 (rist. 1997).<br />

272 Cfr. ad esempio I legionari romani nelle fotoricostruzioni <strong>di</strong> Daniel Peterson, Fotografare la <strong>storia</strong>, Parma, Ermanno<br />

Albertelli E<strong>di</strong>tore, 1992, con foto concesse da varie associazioni <strong>di</strong> reenactement, in particolare Legio VI Victrix (Coorte<br />

romana <strong>di</strong> Opladen), Legio X Gemina (Gemina Project), Legio XIII Gemina Martia Victrix (cofondata dall’‘optio’ Steve<br />

Breely), Legio XX Valeria Victrix (Ermine Street Guard), Milites Litoris Saxoni, Legio XXI Rapax e Ala II Flavia. Un forte<br />

romano è stato ricostruito a The Lunt, Baginton, vicino a Coventry, da militari dei Royal Engineers per uno stu<strong>di</strong>o<br />

archeologico relativo al tasso <strong>di</strong> deterioramento <strong>di</strong> queste opere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa (ibidem, p. 42). L’eccellente The Roman War<br />

Machine (Gloucestershire, Alan Sutton Publ. Ltd, 1994, 1997) <strong>di</strong> John Ped<strong>di</strong>e è illustrato da numerose fotoricostruzioni<br />

dell’Ermine Street Guard.<br />

116


5. CLAUSEWITZ IN ITALIA<br />

con Luciano Bozzo e Giampiero Giacomello 273<br />

(Agosto 2010)<br />

117<br />

«Solo la unilaterale e povera cultura degli or<strong>di</strong>nari stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> filosofia, il loro inintelligente<br />

specialismo, il provincialismo, per così <strong>di</strong>re, del costume loro, li tengono in<strong>di</strong>fferenti e lontani da<br />

libri come questo del Clausewitz, che essi stimano <strong>di</strong> argomento a loro estraneo o inferiore,<br />

laddove in effetto contengono indagini che entrano, e in modo così concreto, nel vivo <strong>di</strong> taluni<br />

problemi filosofici e ne promuovono le soluzioni, venendo a rischiarare con ciò gli altri problemi<br />

tutti».<br />

Benedetto Croce, Azione, successo, giu<strong>di</strong>zio, 1934, p. 267.<br />

La letteratura <strong>militare</strong> e gli stu<strong>di</strong> clausewitziani<br />

Per quanto sommari, gli stu<strong>di</strong> sulla prima campagna napoleonica d’Italia (Der Feldzug von 1796<br />

in Italien 274 ) e sulla campagna del 1799 in Italia e in Svizzera, come pure il breve saggio del 1828<br />

su un Piano <strong>di</strong> guerra contro la Francia 275 , <strong>di</strong>mostrano che Clausewitz ha stu<strong>di</strong>ato il problema<br />

strategico italiano in modo più approfon<strong>di</strong>to <strong>di</strong> quanto gli strateghi italiani abbiano stu<strong>di</strong>ato la sua<br />

opera 276 . Secondo il severo ma corretto giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> John Gooch, in sintesi l’Italia “<strong>di</strong>sregarded”<br />

Clausewitz. 277<br />

Secondo Brian Sullivan, l’Italia si è sempre attenuta alla “strategy of decisive weight” 278 ,<br />

tentando <strong>di</strong> far valere il suo potere <strong>di</strong> coalizione tra le vere Gran<strong>di</strong> Potenze. Ciò non significa che il<br />

Vom Kriege sia inutile per governi ben consapevoli <strong>di</strong> essere irrilevanti circa la decisione e gli scopi<br />

273 Questa è la traduzione <strong>italiana</strong>, con ampliamenti e mo<strong>di</strong>fiche, <strong>di</strong> un saggio scritto in inglese nel luglio 2010 per un<br />

volume collettivo (Clausewitz in the 21st Century) curato dal prof. Reiner Pommerin per il Cinquantenario della<br />

Clausewitz Gesellschaft. L’originale inglese è stato <strong>di</strong>scusso con Luigi Loreto, uno dei maggiori storici militari della<br />

nostra generazione, e comunicato in anteprima al prof. Gian Enrico Rusconi, il maggiore specialista italiano <strong>di</strong><br />

Clausewitz, e ai generali Carlo Jean and Fabio Mini, gli scrittori militari provenienti dalla FFAA italiane più famosi<br />

all’inizio del XXI secolo.<br />

274 C. v. Clausewitz, Interlassene Werke, IV, 342. Questo saggio non è stato ancora tradotto in italiano. Trad. francese<br />

<strong>di</strong> Jean Colin, La campagne d’Italie, Paris, 1901 Paris, Pocket, 1999, con prefazione <strong>di</strong> Gérard Chaliand).<br />

275 V. Piero Pieri, Storia <strong>militare</strong> del Risorgimento, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1962, p. 788. Pure Benedetto Croce, nel saggio<br />

<strong>di</strong> cui tratteremo più avanti, sottolineava il giu<strong>di</strong>zio strategico <strong>di</strong> Clausewitz “nei rispetti dell’Italia, il giu<strong>di</strong>carla un<br />

‘antemurale della Germania’, e perciò da avervi sempre una mano sopra” (p. 267: citando il saggio pubblicato in Karl<br />

Schwartz, Leben des Generals Carl von Clausewitz und der Frau Marie von Clausewitz, geb. Gräfin von Brühl mit<br />

Briefen, Aufsätzen, Tagebüchern und anderen Schriftstücken, Berlin, Dümmler, 1878, II, p. 412; rist. Ferd. Dümmlers<br />

Verlags-Buchhandlung, 2008; Biblio Bazaar 2010).<br />

276 Questa fu a sua volta influenzata da Machiavelli, ma pure da Montecuccoli, come sostiene Raimondo Luraghi, “Il<br />

Pensiero e l’Azione <strong>di</strong> Raimondo Montecuccoli” in Andrea Pini (cur.), Raimondo Montecuccoli: Teoria, Pratica<br />

Militare, Politica e Cultura Nell’Europa del Seicento, Atti del Convegno (a cura <strong>di</strong> Andrea Pini), Modena, 4-5 October<br />

2002, pp.19-30.<br />

277 John Gooch, “Clausewitz <strong>di</strong>sregarded: Italian military thought and doctrine, 1815-1943”, in Journal of Strategic<br />

Stu<strong>di</strong>es, Vol. 9, Issue 2&3, June 1986 , p. 303–324.<br />

278 Brian R. Sullivan, “The strategy of the decisive weight: Italy, 1882-1922”, in Williamson Murray, MacGregor<br />

Knox, Alvin Bernstein (Eds.), The Making of Strategy. Rulers, State, War, Cambridge, Cambridge U. P., 1994, pp. 307<br />

ss.


delle guerre ma convinti <strong>di</strong> saper prevedere il campo vincente o almeno <strong>di</strong> sapersi barcamenare per<br />

ottenere il massimo dal potente alleato. Nel Capitolo IX del Libro Ottavo si trova infatti una lezione<br />

profonda e sempre attuale sulle guerre <strong>di</strong> coalizione 279 . Da un altro punto <strong>di</strong> vista, l’esempio italiano<br />

può essere citato a sostegno della teoria clausewitziana dell’importanza del fattore morale,<br />

<strong>di</strong>mostrando “the <strong>di</strong>sastrous consequences that can attend the use of force as the principal tool of<br />

national strategy without the union of people, military and government that Clausewitz described as<br />

necessary for the successful prosecution of war” 280 .<br />

Naturalmente gli statisti e capi militari italiani non sono certo gli unici ad aver pianificato e<br />

combattuto le loro guerre senza tributare al Vom Kriege più <strong>di</strong> un mero omaggio formale. “The<br />

American military experience of the past 25 years clearly demonstrates the need for the senior<br />

military leadership to move away from the concept of war as a problem in management and<br />

organization, back to the study of war on its higher levels as an art and a problem of leadership in<br />

which the role of intuition is paramount” 281 . Michael Handel scriveva queste ingenue parole (riferite<br />

al Vietnam e a McNamara), nel 1986, quando l’ammiraglio William Owens stava “lifting the fog of<br />

war” 282 e preparando la rie<strong>di</strong>zione Americana del Blitzkrieg, cioè del modo <strong>di</strong> imporsi sul nemico<br />

tanto rapidamente da liberarsi da ogni “volontà avversa” e da ogni frizione materiale, politica o<br />

morale.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> un errore. Il compito dei militari, in ogni epoca e in ogni paese, è ovviamente <strong>di</strong><br />

tentare <strong>di</strong> limitare la guerra “ad un’unica soluzioni, o in decisioni sia pur multiple ma simultanee”.<br />

Per quanto <strong>di</strong>fficilmente, un tale obiettivo può effettivamente essere conseguito, sia pure in termini<br />

temporanei e relativi. Tuttavia, come avverte Clausewitz, ridurre la guerra ad un’unica soluzione è<br />

soltanto una delle tre con<strong>di</strong>zioni necessarie per raggiungere la “perfezione in guerra”. Le altre due<br />

sono che “la guerra consista in un atto completamente isolato, improvviso, in alcun modo connesso<br />

con la <strong>storia</strong> precedente degli stati belligeranti”, e che “contenga in sé stessa la soluzione perfetta e<br />

completa, non influenzata dalla previsione della situazione politica che deve succederle” (I, 1, 6).<br />

L’errore è agire come se la prima con<strong>di</strong>zione, tecnicamente possible, possa fare a meno delle altre<br />

due, storicamente impossibili. La forza non può surrogare la politica.<br />

Adattando alla strategia l’acuto principio antistoricista teorizzato da Alberico Gentili circa la<br />

giurisprudenza (hi<strong>storia</strong> non est cur legat juris interpres 283 ), si può <strong>di</strong>re Vom Kriege non est cur<br />

legat miles. In ogni epoca e tempo il compito dei militari è pianificare, combattere e “vincere” le<br />

279 V. V. Ilari, “Guerre <strong>di</strong> coalizione e operazioni combinate”, in N. Ronzitti (Ed.), Comando e controllo nelle Forze<br />

<strong>di</strong> pace e nelle coalizione militari : Contributo alla riforma della Carta delle Nazioni Unite, Milano, Angeli, 1999<br />

(www.scribd.com/doc/10972013/Coalizioni). Questo è uno dei punti del Vom Kriege maggiormente ignorato; per<br />

esempio, secondo Franco Apicella, un generale italiano che pure ha servitor a lungo in coman<strong>di</strong> e stati maggiori<br />

internazionali, Clausewitz non avrebbe mai esaminato la questione dell’unità <strong>di</strong> comando. V. Apicella’s “A proposito<br />

dell’unità <strong>di</strong> comando”, 28 Agosto 2002, in www.pagine<strong>di</strong><strong>di</strong>fesa.it).<br />

280 Sullivan, op. cit., p. 307. D’altra parte, come sostiene tra il serio e il faceto il generale Jean, il “Peacekeeping<br />

all’<strong>italiana</strong>”, così apprezzato (almeno secondo quello che la stampa <strong>italiana</strong> racconta all’opinione pubblica interna) nelle<br />

recenti operazioni internazionali, e che si riallaccia alla tra<strong>di</strong>zione <strong>italiana</strong> della “Comme<strong>di</strong>a dell’arte” e dell’“arte <strong>di</strong><br />

arrangiarsi”, può essere visto come naturaliter Clausewitziano (parafrasando Molière, <strong>di</strong> essere “Clausewitziano senza<br />

saperlo”; o il famoso <strong>di</strong>ctum <strong>di</strong> Antonio Gramsci “l’operaio è filosofo senza saperlo”). Molto <strong>di</strong>versa l’analisi <strong>di</strong> Piero<br />

Ignazi, Giampiero Giacomello e Fabrizio Coticchia. Italy’s Military Operations Abroad: Just Don’t Call It War,<br />

Palgrave, Basingstoke and New York, 2011.<br />

281 Michael I. Handel (Ed.), Clausewitz and Modern strategy, London and New York, Frank Cass, 1986,<br />

Introduction, p. 9.<br />

282 Admiral Bill Owens with Edward Offley, Lifting the Fog of War, Baltimore, Johns Hopkins Press, 2001.<br />

Secondo gli Autori, il Network Centric Warfare, ‘this new revolution [in Military Affairs] challenges the hoary<br />

<strong>di</strong>ctums about the fog and friction of war”.<br />

283 V. il suo V <strong>di</strong>alogus de juris interpretibus.<br />

118


guerre, non <strong>di</strong> comprendere la guerra. Pianificare richiede numeri, non incertezza, combattere e<br />

vincere (almeno per come sono viste da una poltrona) richiede dottrine, non fortuna o genio. Di<br />

fronte al Vom Kriege, gli stati maggiori debbono per forza esclamare “Dio non gioca a da<strong>di</strong>!”, come<br />

fece Einstein <strong>di</strong> fronte al principio <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heinsenberg. La reazione <strong>di</strong> Jomini alla<br />

frizione <strong>di</strong> Clausewitz assomiglia a quella <strong>di</strong> Bertrand Russell ai teoremi <strong>di</strong> incompletezza <strong>di</strong> Kurt<br />

Gödel 284 . La letteratura <strong>militare</strong> occidentale dev’essere per forza jominiana, pensare la guerra come<br />

calcolabile e preve<strong>di</strong>bile, semplicemente perché il suo approccio è necessariamente pratico,<br />

soggettivo e autoreferenziale. La questione non riguarda la guerra, ma il modo <strong>di</strong> farla, l’ “arte della<br />

guerra”, la “strategia”, cioè l’ufficio e l’arte del Capitano Generale, ossia quel che Wilhelm Rüstow<br />

chiamava Feldherrnkunst 285 .<br />

Forse sarebbe stato <strong>di</strong>verso se la letteratura <strong>militare</strong> occidentale si fosse sviluppata muovendo<br />

dall’idea <strong>di</strong> “ratio belli” 286 piuttosto che <strong>di</strong> “ars belli”. In tal caso il concetto occidentale <strong>di</strong> strategia<br />

si sarebbe maggiormente avvicinato a quello cinese <strong>di</strong> Zhan lüe xue (战略学) o celue (战略) 287 . Ma<br />

fatto sta che il Vom Kriege è l’unico libro occidentale che cerca <strong>di</strong> comprendere quella che<br />

Clausewitz chiamava la “natura” della guerra. Alcuni dei suoi detrattori, infatti, credono <strong>di</strong> metterlo<br />

in soffitta sostenendo che la natura della guerra sia “cambiata” 288 . Tuttavia l’idea che la guerra<br />

nucleare o asimmetrica 289 non siano semplici variazioni camaleontiche, ma archetipi completamente<br />

284 Pure Clausewitz applicava al suo campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> un <strong>di</strong>verso approccio logico, basato sulle cosiddette “coppie<br />

filosofiche” (opposizioni concettuali o <strong>di</strong>cotomie). V. Raymond Aron, Clausewitz: Philosopher of War, London,<br />

Routledge & Kegan Paul, 1983 (trad. dall’originale tedesco, 1980), II, pp. 89-173.<br />

285 Per la letteratura sul Perfetto Capitano Generale v. Marcello Fantoni (Ed.), Il "Perfetto Capitano". Immagini e<br />

realtà (secoli XV-XVII), Roma, Bulzoni, 2001.<br />

286 Come osserva Luigi Loreto, l’equivalente del nostro “strategia”, ma pure del nostro “stile <strong>di</strong> guerra”, sono in<br />

Cesare ratio et consilium (BG 1, 40, 8-9; BC 1, 72, 2). Belli ratio significa “condotta delle operazioni”; nova vincen<strong>di</strong><br />

ratio, alia ratio, haec ratio (novus genus pugnae) ”un nuovo modo <strong>di</strong> combattere o <strong>di</strong> vincere” (“Pensare la guerra in<br />

Cesare”, in Diego Poli (Ed.), La cultura in Cesare, Roma, 1993, I, pp. 239-343). Caesar, BC, 1, haec tum ratio<br />

(<strong>di</strong>mican<strong>di</strong>) nostros perturbant, insuetos huius generis pugna). Tuttavia in due passi delle Hi<strong>storia</strong>e <strong>di</strong> Tacito ratio<br />

sembra implicare la “logica” della guerra: obstabat ratio belli (Hist. 4, 63): ulcisci ratio belli (Hist. 3, 51). In Cicerone e<br />

Livio, soprattutto nella forma ratio belli geren<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>ca al tempo stesso la causa (o il pretesto) della guerra e il modo in<br />

cui è combattuta (as ratio belli bene geren<strong>di</strong>, belli administratio). Abbastanza sorprendentemente, questa espressione<br />

non si è sviluppata dalla letteratura sulla “Ragion <strong>di</strong> Stato”, con la ben nota definizione della guerra come ultima ratio<br />

regum. Francesco Guicciar<strong>di</strong>ni la usa nel significato <strong>di</strong> “ragione per fare la guerra”: “Perduto il castello, confesso che<br />

mutata fuit ratio belli geren<strong>di</strong>” (Lettera CLXXXII al Protonotario Gambara, Piacenza, 9 Nov. 1520).<br />

287 Tra i suoi meriti per la cultura <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, il general Fabio Mini, già addetto <strong>militare</strong> a Beijing, ha quello <strong>di</strong><br />

aver importato in Italia gli attuali stu<strong>di</strong> internazionali sul pensiero strategico cinese. V. il suo L'altra strategia. I classici<br />

del pensiero <strong>militare</strong> cinese dalla guerra al marketing, Angeli, Milano, 1998. Id., La Guerra dopo la guerra, Soldati,<br />

burocrati e mercenari nell´epoca della pace virtuale , Torino, Einau<strong>di</strong>, 2003; Id. Guerra senza limiti, (LEG 2001) la<br />

sua traduzione <strong>italiana</strong> del lavoro dei colonnelli cinesi Qiao Liang and Wang Xiangsui che erano così Clausewitziani<br />

nella loro analisi della guerra del Golfo (1991) e così “orientali” nella loro profezia circa la guerra asimmetrica e il<br />

terrorismo.<br />

288 I. Duyvesteyn and J. Angstrom (Eds.), Rethinking the Nature of War, Frank Cass, London 2005. Il più importante<br />

tra I “Kaldoriani” italiani è Nicola Labanca, (Guerre vecchie, guerre nuove. Comprendere I conflitti armati<br />

contemporanei, Pearson Paravia Bruno Mondadori, 2009). Invece, da una prospettiva Schmittiana, il concetto <strong>di</strong> “nuove<br />

guerre” appare una ingénue mistificazione dell’“Imperial peace enforcing”, e la “novità” non riguarda la supposta<br />

“natura” della guerra, ma il sostanziale spostamento degli effettivi e formali Poteri <strong>di</strong> Guerra dagli Stati nazionali al<br />

Presidente degli Stati Uniti, agente quale imperatore universale Romano (V. Ilari, “Debellare superbos”, in Palomar,<br />

VIII, No. 3, july 2008, pp. 6-76, and online in www.scribd.com).<br />

289 Raymond Aron considerava naturaliter Clausewitziana la strategia <strong>di</strong> Mao Zedong nella guerra civile cinese<br />

(Penser la guerre, Clausewitz, Gallimard, Paris, 1976, II, pp. 96-116). Sulla continuità camaleontica v. pure Hew<br />

Strachan e Andreas Herbert-Rothe (Eds), Clausewitz in the twenty-first century, Oxford U. P., 2007 (in particolare gli<br />

articoli <strong>di</strong> Christopher Daase e Antulio J. Echevarria II sulle piccole guerre e la natura della Guerra al Terrore). In<br />

genere gli scrittori italiani sono più cauti circa il “meme” asimmetrico. V. Alessandro Colombo, “Asymmetrical<br />

119


<strong>di</strong>fferenti, è forse meno sostenibile dell’idea <strong>di</strong> Stalin che Clausewitz, in quanto “rappresentante<br />

dell’epoca della guerra industriale”, fosse <strong>di</strong>venuto obsoleto nella nuova era della “guerra <strong>di</strong><br />

macchine” 290 .<br />

La fisica e la matematica non hanno ancora trovato il modo <strong>di</strong> incorporare le complicazioni<br />

introdotte da Heisenberg e Gödel in una “teoria unificata del tutto”, ma esse hanno non<strong>di</strong>meno<br />

rivoluzionato la ricerca e la tecnologia. Nulla <strong>di</strong> analogo è invece avvenuto per Clausewitz; né<br />

poteva avvenire. Il sapere <strong>militare</strong>, “Jominiano” e “geometrico” per definizione, è un’opera<br />

collettiva affascinante e drammatica, un fiume <strong>di</strong> conoscenza che evolve e si rinnova<br />

incessantemente. Ma non è scienza. Non, come scrisse curiosamente Clausewitz, perché la scienza<br />

si eserciterebbe su “material inanimate” e l’arte della guerra “contro una forza viva e reattiva” (II, 3,<br />

4), ma semplicemente perché il sapere <strong>militare</strong> è relativo a particolari con<strong>di</strong>zioni storiche, e non può<br />

generare conoscenza cumulativa al <strong>di</strong> là della sua epoca. Soltanto gli effetti delle guerre particolari<br />

sono cumulative, come sono, su una minore scala <strong>di</strong> tempo, i miglioramenti delle tecnologie militari<br />

(in definitiva perché questi <strong>di</strong>pendono dal progresso scientifico). Cumulativa è la <strong>storia</strong>: le storie<br />

sono soltanto ripetitive.<br />

Sì, la letteratura <strong>militare</strong> ama sfogliare le storie estraendone argomenti per sostenere o abbellire le<br />

dottrine. Sì, l’espressione “rivoluzione negli affari militari” (RMA) coniata dall’ammiraglio Owens<br />

è un imprestito da una famosa interpretazioni dell’arte della guerra del Rinascimento proposta nel<br />

1956 da Michael Roberts, rifiutata da John Rigby Hale e rivista nel 1988 da Geoffrey Parker 291 . Sì,<br />

stu<strong>di</strong>are le esperienza americane contro le guerriglie <strong>di</strong> Aguinaldo and Pancho Villa e imparare dal<br />

film <strong>di</strong> Gillo Pontecorvo sulla battaglia <strong>di</strong> Algeri era parte della preparazione dell’Esercito<br />

americano per la guerra dell’Iraq. Sì, l’ideologia e l’auto-rappresentazione <strong>di</strong> questa guerra sono<br />

state forse in parte influenzate dalle affermazioni <strong>di</strong> Victor Davis Hanson sulle origini ateniesi dello<br />

stile <strong>di</strong> guerra occidentale 292 . Sì, nei Sette Pilastri della Saggezza, Lawrence of Arabia ci<br />

ammonisce che "con 2000 anni <strong>di</strong> esempi <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi non abbiamo scuse se non siamo capaci <strong>di</strong><br />

combattere bene" 293 . Ma nel campo <strong>di</strong> Marte non siamo “nani sulle spalle dei giganti”. Clausewitz<br />

ci ammonisce che gli esempi storici possono essere ingannevoli (II, 6), che principi, regole e<br />

precetti tratti dalla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> dovrebbero essere letti solo per l’auto-educazione (II, 2, 27), che<br />

Warfare or Asymmetrical Society? The Changing Form of War and the Collapse of International Society”, in Gobicchi<br />

A. (cur.), Globalization, Armed Conflicts and Security, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; Stefano Ruzza, “Il rapporto<br />

fra guerra ed asimmetria”, in Walter Coralluzzo e Marina Nuciari (cur.), Conflitti asimmetrici. Un approccio<br />

multi<strong>di</strong>sciplinare, Aracne E<strong>di</strong>trice, Roma 2006, pp. 35-78; Loris Rizzi e Ruggero Cucchini, Asimmetria e<br />

trasformazione della guerra. Spazio, tempo ed energia nel nuovo contesto bellico (in Informazioni della Difesa, n.<br />

5/2007, pp. 32-37: Loris Rizzi, Asymmetric War or post–Westphalian War? War beyond the state, in<br />

www.archive.sgir.eu. Ferruccio Botti, “Clausewitz e la guerra asimmetrica”, in Rivista Militare, n. 5/2004, pp. 12-21.<br />

Id., “Dalla strategia aerea alla strategia spaziale: parte 2a Tra Clausewitz e Jomini: spunti per una teoria della guerra<br />

spaziale”, in Informazioni della Difesa, n. 5, settembre-ottobre, 2000, pp. 42-49,e,più in generale, il suo L'arte <strong>militare</strong><br />

del 2000 - uomini e strategie tra XIX e XX secolo, Roma, Rivista Militare, 1998. Nel film <strong>di</strong> Robert Redford Lions for<br />

Lambs (2007), durante un briefing in Afghanistan, il tenente colonnello Falco (Peter Berg) <strong>di</strong>ce: "Remember your von<br />

Clausewitz: 'Never engage the same enemy for too long or he will ...'", "adapt to your tactics", completes another sol<strong>di</strong>er<br />

(da Wikipe<strong>di</strong>a, “Carl von Clausewitz (…) in popular culture”).<br />

290 J. Stalin, Works, Vol. 16, Red Star Press Ltd., London, 1986 (Risposta alla lettera del 30 gennaio dal Col.-<br />

Professor Rasin on Clausewitz e le questioni della guerra e dell’arte della guerra, 23 febbraio 1946).<br />

291 V. V. Ilari, “Imitatio, restitutio, utopia: la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nel pensiero strategico moderno”, in Marta Sor<strong>di</strong><br />

(cur.), Guerra e <strong>di</strong>ritto nel mondo greco e romano, Milano, Vita e Pensiero, 2002, p. 269-381.<br />

292 Per una penetrante <strong>di</strong>ssezione dell’approccio <strong>di</strong> Hanson, derivato da sir John Keegan, v. Luigi Loreto, Per la<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> del mondo antico. Prospettive retrospettive, Jovene, Napoli, 2006, pp. 191-99.<br />

293 Nel film Lawrence of Arabia (1962), il generale Allenby (Jack Hawkins) rinfaccia a T. E. Lawrence (Peter<br />

O’Toole) che "I fight like Clausewitz, you fight like (Maurice de) Saxe". Al che Lawrence risponde: "We should do<br />

very well indeed, shouldn't we?" (v. Wikipe<strong>di</strong>a, “Carl von Clausewitz (…) in popular culture”).<br />

120


egole avulse dai fattori morali “non sono soltanto fatte per i<strong>di</strong>oti, ma sono i<strong>di</strong>ote <strong>di</strong> per sé” (III, 3).<br />

Sì, Clausewitz fallì la prova sul campo, il giorno dopo Waterloo. Ma Jomini sentenziò che la Russia<br />

avrebbe vinto la guerra <strong>di</strong> Crimea; e, per preservare i suoi eterni principi, avrebbe voluto fermare la<br />

corsa agli armamenti, come Giosuè il carro del sole.<br />

Clausewitz si illudeva <strong>di</strong> essere capace “<strong>di</strong> stirare molte pieghe nel cervello <strong>di</strong> strateghi e statisti”.<br />

In ciò fallì, come Wilhelm Rüstow scriveva già nel 1857 294 . Ma ebbe successo nel suo obiettivo<br />

subor<strong>di</strong>nato, “almeno <strong>di</strong>mostrare l’oggetto dell’azione, e il punto reale che si deve considerare in<br />

guerra” (Introduzione del 1827). Quel che Scharnhorst e Gneisenau chiesero a lui non era <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scutere le loro idee, ma <strong>di</strong> educare alla guerra i philosophes – un compito davvero <strong>di</strong>fficile con<br />

una tribù guerriera e sanguinaria come quella 295 . E ciò fu esattamente quel che Clausewitz fece, sia<br />

pure postumo. Passò dalla sagata alla togata militia, giubilato dai suoi colleghi e ben accolto dai<br />

savants, a cominciare da Johann Wilhelm von Archenholz.<br />

Se i Clausewitziani sembrano, nell’ambito delle dottrine militari, altrettanti Savonarola pugnanti e<br />

pre<strong>di</strong>canti dal pulpito, franc-penseurs senza influenza sugli stati maggiori, essi hanno in compenso<br />

un vantaggio come storici militari. L’outillage intellectuel derivante dal Vom Kriege funziona<br />

meglio per scrivere la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> una guerra che per combatterla. Il punto “culminante” o fatale <strong>di</strong> una<br />

guerra può essere in<strong>di</strong>viduate più facilmente post che ante eventum: Clausewitz comprese forse<br />

subito [ευθίς, eythís] che la vittoria <strong>di</strong> Smolensk era il punto culminante della campagne <strong>di</strong> Russia<br />

del 1812, come Tuci<strong>di</strong>de ci <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver compreso la magnitu<strong>di</strong>ne dell’incipiente guerra del<br />

Peloponneso? Ma questo concetto del punto culminante è una chiave potente nelle mani dello<br />

storico. Trafalgar, ad esempio, può essere interpretata, come genialmente suggerì Alfred Thayer<br />

Mahan, il vero “punto culminante” dell’intera guerra mon<strong>di</strong>ale del 1792-1815 – per quanto a lungo<br />

quest’ultima sia in seguito proseguita. La teoria del punto culminante è uno degli aspetti per cui la<br />

<strong>storia</strong> può essere definita, come ci ha insegnato Santo Mazzarino, il più grande storico italiano del<br />

secolo scorso, “una profezia sul passato” 296 .<br />

In secondo luogo, il Vom Kriege non è solo un capitolo della <strong>storia</strong> del pensiero <strong>militare</strong>, ma pure<br />

un’utile introduzione a questa sofisticata <strong>di</strong>sciplina. Non tanto per il breve passaggio in cui<br />

Clausewitz traccia origine e sviluppo del pensiero <strong>militare</strong> (II, 2, 1-11) 297 , ma soprattutto per le sue<br />

fondamentali lezioni sulla logica della letteratura <strong>militare</strong> e sui suoi limiti intrinseci, specie quelle<br />

che si trovano nel Secondo libro del Vom Kriege, definito da Aron “une sorte de commentaire<br />

méthodologique ou épistémologique de l’oeuvre entière” 298 .<br />

294 Wilhelm Rüstow, Die Feldherrnkunst des neunzehnten Jahrnundents: Zum Selbstu<strong>di</strong>um und für den Unterricht an<br />

höheren Militärschulen, Zürich, Druck und Verlag von Friedrich Schulthess, 1857, p. 507: Clausewitz wird viel<br />

genannt, ist aber wenig gelesen." (“C. is frequently quoted but seldom read”).<br />

295 Come Voltaire, che antagonizza poeticamente Guibert (La Tactique et autres pièces fugitives, Genève, 1774), ma,<br />

geloso della truce gloria <strong>di</strong> Berthold Schwarz nell’arte <strong>di</strong> uccidere, è impaziente <strong>di</strong> travolgere i turchi nelle aperte<br />

pianure ucraine con I carri falcati che ha genialmente richiamato in vita (G. Hemer<strong>di</strong>nger, “Voltaire et son chariot de<br />

guerre”, in Revue d’artillerie, 1934, pp. 587-607, cit. in Andrea Giar<strong>di</strong>na, Introduzione al ‘de rebus bellicis’,<br />

Mondadori Milano, 1989, pp. ix-xv: Ilari, Imitatio, p. 360).<br />

296 S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Laterza, Roma-Bari, 1974, I, p. 5, in riferimento a Epimenide che<br />

“profetava sul passato” (εµαντεύετο περὶ τῶν γεγονότον).<br />

297 Infatti, per quanto acute, le osservazioni <strong>di</strong> Clausewitz a questo proposito non sono nuove. L’influenza reciproca<br />

tra tattica e fortificazione, ad esempio, fu sviluppata in modo ben più ampio e preciso da un contemporaneo francese <strong>di</strong><br />

Clausewitz, il comandante Jean-Baptiste Imbert, in uno stu<strong>di</strong>o su Vauban pubblicato nel 1835 (Communauté de<br />

principes entre la tactique et la fortification, démontrée à l’aide du dessin des « travaux de l’attaque, par le Maréchal<br />

de Vauban », Paris, Anselin, 1835).<br />

298 Raymond Aron, Penser la guerre: Clausewitz, Gallimard, Paris, 1976, I, pp. 285 ss. Secondo Stefano Bernini, “se<br />

la Filosofia della guerra non è ancora una <strong>di</strong>sciplina definita, l’epistemologia della guerra è un terreno completamente<br />

incolto, fatta eccezione del Secondo libro Della Guerra, peraltro il meno noto del trattato” (Filosofia della guerra: un<br />

121


La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e la <strong>storia</strong> del pensiero <strong>militare</strong> non sono gli unici campi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o fertilizzati dal<br />

Vom Kriege. Lo sono pure la filosofia e la teoria politica, la psicanalisi e la germanistica: e queste<br />

sono propriamente le <strong>di</strong>scipline nel cui ambito Clausewitz è stato preso in considerazione in Italia,<br />

compensando la scarsa o nulla attenzione riservatagli dalla nostra letteratura <strong>militare</strong>. Questa è pure<br />

la ragione per cui i saggi italiani su Clausewitz, sorprendentemente numerosi, restano<br />

complessivamente avulsi dalla corrente internazionale degli stu<strong>di</strong> clausewitziani, caratterizzati da<br />

un approccio storico <strong>militare</strong>. Gli stu<strong>di</strong> italiani formano quello che Sesto Empirico chiamava una<br />

αµέθοδος ίλη [améthodos hyle, “una foresta senza sentieri”] 299 . Formano un fiume limaccioso, ma<br />

nel quale si trovano pagliuzze d’oro. I migliori sono “aspetti <strong>di</strong> un altro lavoro, <strong>di</strong> un’altra prassi<br />

intellettuale”, per prendere in prestito la definizione usata da Luciano Canfora per inquadrare dal<br />

punto <strong>di</strong> vista epistemologico la prima letteratura greca sulla <strong>storia</strong> e la geografia 300 . Ciò significa<br />

che essi hanno origine e circolano solo all’interno della propria <strong>di</strong>sciplina, ignorando ed essendo<br />

ignorati dal resto.<br />

Almeno, però, queste sono letture originali. Ma l’améthodos hyle è formato soprattutto da<br />

ingenue escursioni che sforano abbastanza il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libero esame. Alcuni possono valere come<br />

note personali che segnano un progresso nell’auto-educazione, ma spesso l’autore si concede un<br />

intento <strong>di</strong>vulgativo circa il Vom Kriege, convinto, essendo il primo ad occuparsene nella ristretta<br />

cerchia dei suoi amici e colleghi, <strong>di</strong> esserlo pure nel suo proprio paese, se non ad<strong>di</strong>rittura nella sua<br />

generazione.<br />

La recezione <strong>di</strong> Clausewitz in Italia (1875-1942) 301<br />

Non si trova menzione <strong>di</strong> Clausewitz né nella bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> <strong>di</strong> Mariano d’Ayala<br />

(1854) 302 né nel primo importante trattato <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong> pubblicato in Italia solo due anni dopo la<br />

comparsa del Vom Kriege: scritto da Luigi Blanch (1784-1872) 303 , il trattato era influenzato<br />

approccio epistemologico, www.sintesi<strong>di</strong>alettica.it). L’Autore contrappone il razionalismo “assiomatico” <strong>di</strong> Jomini a<br />

quello “empirico” <strong>di</strong> Clausewitz. V. pure V. Ilari, “Il problema epistemologico delle scienze militari. Una presentazione<br />

critica del saggio <strong>di</strong> Benedetto Croce sul ‘Vom Kriege’ <strong>di</strong> Clausewitz”, in Strategia Globale, 1984, n. 2, pp. 171-180.<br />

299 “Ma sarebbe questo, poi, un ‘limite’? La <strong>storia</strong> può apparire, all’uomo classico, come un améthodos hyle; e<br />

tuttavia essa ha un metodo e un senso, per gli storici greci e romani, metodo e senso <strong>di</strong>versi secondo le varie epoche e i<br />

vari autori (…) Il fascino degli storici classici è forse in ciò: ch’essi considerano l’améthodos hyle, dominata dalla<br />

fortuna e dalla virtù, e tuttavia sanno darle, sempre, un significato ed un’anima” (Mazzarino, Il Pensiero, II2, pp. 376-<br />

77).<br />

300 Luciano Canfora, Il viaggio <strong>di</strong> Artemidoro. Vita e avventure <strong>di</strong> un grande esploratore del’antichità, Rizzoli,<br />

Milano, 2010, p. 9.<br />

301 Questo paragrafo si basa su Ferruccio Botti e V. Ilari, Il pensiero <strong>militare</strong> italiano dal primo al secondo<br />

dopoguerra (1919-1949), Rome, USSME, 1985, pp. 289-95. V. pure l’articolo <strong>di</strong> John Gooch citato sopra e Botti, “À la<br />

recherche de Clausewitz en Italie: souvent cité, peu applique”, in Stratégique, n. 78-79, 2-3, 2000, pp. 141-167. Molto<br />

altro sui Clausewitziani italiani del XIX secolo si trova in altre monumentali opere sul pensiero <strong>militare</strong> italiano del<br />

nostro caro amico Botti (Il pensiero <strong>militare</strong> e navale italiano dalla rivoluzione francese alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

(1789-1915), 3 vols., I (1789-1848), II (1848-1870), III (1870-1915), tomo I (la guerra terrestre e i problemi<br />

dell'esercito), tomo II (la guerra marittima), Rome, USSME, 1995, 2000, 2006 and 2010. (pp. 1120 + 1192 + 1120<br />

+908). V. pure le sue “Note sul pensiero <strong>militare</strong> italiano dalla fine del secolo XIX all'inizio della 1a guerra mon<strong>di</strong>ale”,<br />

in Stu<strong>di</strong> storico-militari 1985, pp. 11-124, 1986, pp. 51-208. Id., “Note biografiche e bibliografiche sugli scrittori<br />

militari e navali della prima metà del secolo XIX”, in Stu<strong>di</strong> Storico Militari, 1995, Roma, USSME, 1998, pp. 1-102.<br />

Voce: Italiens (Théoriciens), in Thierry de Montbrial e Jean Klein Dictionnaire de Stratégie, Paris, Presses<br />

Universitaires de France, 2000, pp. 320-323.<br />

302 Mariano d’Ayala, Bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, Torino, Stamperia Reale, 1854.<br />

303 Luigi Blanch (Della scienza <strong>militare</strong> considerata nei suoi rapporti con le altre scienze e col sistema sociale, 1834;<br />

1869; 1939). V. Luigi Parenti, “Luigi Blanch e la sua ‘scienza <strong>militare</strong>’”, in Stu<strong>di</strong> Storici, Anno 35, No. 3 (luglio -<br />

settembre 1994), pp. 705-740. Andrea Zambelli (La guerra, 1839).<br />

122


piuttosto da Jomini, i cui libri cominciarono ad essere tradotti in italiano già dal 1816 304 . E si<br />

osservi che la traduzione non era in<strong>di</strong>spensabile, perché a quell’epoca il francese era ben conosciuto<br />

in tutta Italia, e non solo in Piemonte 305 . Il Vom Kriege era stato tradotto in francese già nel 1849-52<br />

(dal maggiore belga Jean N. Neuens) e nel 1853 era stato stampato il Commentaire sur le traité de<br />

la guerre de Clausewitz da Edouard Nicolas de La Barre Duparcq (il quale pubblicò nel 1860 un<br />

trattato ispirato soprattutto a Blanch 306 , il cui Della scienza fu a sua volta tradotto in francese). Non<br />

<strong>di</strong>pese dunque da una barriera linguistica il fatto che Clausewitz sia stato quasi ignorato in Italia<br />

durante il Risorgimento. Nel 1860 Carlo De Cristoforis (1824-1859), il secondo dopo Blanch tra i<br />

più importanti scrittori militari del Risorgimento, citò Clausewitz <strong>di</strong>ciassette volte, pur senza<br />

includere il Vom Kriege nella lista dei volume consultati (una quarantina). De Cristoforis, tuttavia,<br />

non prese nulla da Clausewitz, essendo in realtà ossessionato dal principio della massa, che era<br />

convinto <strong>di</strong> aver scoperto per primo 307 .<br />

Benché Wilhelm Rüstow abbia comandato una delle <strong>di</strong>visioni garibal<strong>di</strong>ne nel 1860 308 , non<br />

sembra aver esportato il Vom Kriege tra i democratici italiani del Risorgimento. Tuttavia nel 1883 il<br />

generale garibal<strong>di</strong>no Antonio Gandolfi citò il Vom Kriege per respingere le critiche pedanti rivolte<br />

all’Eroe dei Due Mon<strong>di</strong> dagli ufficiali dell’esercito regolare, i quali ne mettevano in dubbio le<br />

qualità militari, svalutando come secondarie e irregolari le operazioni e le truppe da lui<br />

comandate 309 .<br />

Com’è noto, fu la guerra Franco-Prussiana ad assicurare la fortuna del Vom Kriege. Nel 1873 fu<br />

tradotto per la prima volta in inglese, e nel 1875 Niccola Marselli (1832-1899), un ufficiale italiano<br />

educato nei circoli hegeliani <strong>di</strong> Napoli, approfondì le tesi <strong>di</strong> Clausewitz sui fattori morali.<br />

Abbandonate le iniziali posizioni idealiste e convertito al positivismo, Marselli <strong>di</strong>ssentiva dall’idea<br />

304 L'arte della guerra: Estratto <strong>di</strong> una nuova i<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> delle guerre della rivoluzione <strong>di</strong> Francia del Barone<br />

Jomini,. Tenente generale, ajutante <strong>di</strong> campo <strong>di</strong> S. M. l’Imperatore <strong>di</strong> tutte le Russie, Prima e<strong>di</strong>zione <strong>italiana</strong> coll'<br />

originale a fronte, Napoli, 1816. Vita politica e <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Napoleone, raccontata da lui medesimo al tribunale <strong>di</strong><br />

Cesare, Alessandro e Federico, Livorno, tip. Vignozzi, 1829. Sunto dell’arte della guerra o nuovo quadro analitico<br />

delle principali combinazioni della strategia, della grande tattica e della politica <strong>militare</strong>, del Barone de Jomini,<br />

Generale in capo Ajutante Generale <strong>di</strong> S. M. l’Imperatore <strong>di</strong> tutte le Russie, prima traduzione dal francese fatta<br />

sull’ultima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Parigi 1838, considerabilmente accresciuta, C[arlo] B[ertini], Napoli, dalla Stamperia dell’Iride,<br />

1855. Il Précis fu ristampato nel 1864 ad Agrigento, ma bisognò attendere ad<strong>di</strong>rittura il 2008 per una nuova traduzione<br />

(Sommario dell’arte della guerra, 1837/1838, ed. Rivista Militare), interrotta dalla morte del Colonnello Botti, che poté<br />

tradurre e commentare solo i primi tre capitoli.<br />

305 In uno stu<strong>di</strong>o del 1830 sull’Armata sarda. approfon<strong>di</strong>to e piuttosto benevolo, l’anonimo autore francese scriveva:<br />

“toutes les écoles (d’artillerie) sont à l’arsenal, où il y a une Bibliothèque bien dotée et assez fournie d’ouvrages<br />

militaires, mais peu fréquentée” (“Notice sur l’Etat Militaire de la Sardaigne”, in Bulletin des Sciences Militaires, VIII,<br />

janvier-juin 1830, N. 150, p. 372). Il progresso o<strong>di</strong>erno è che le biblioteche militari italiane, non riuscendo ad attirare<br />

lettori, hanno <strong>di</strong>rettamente eliminato i libri (possono farlo legalmente perché i libri in dotazione al ministero della<br />

Difesa non sono considerati “beni culturali”, bensì “materiale <strong>di</strong> consumo” che può dunque essere <strong>di</strong>chiarato “fuori uso”<br />

e venir eliminato chiamando la Croce Rossa, che si finanzia con la carta da macero. Ego te baptizo carpam).<br />

306 Duparcq, Histoire de l’art de la guerre avant l’usage de la poudre, Paris, Ch. Tanera, 1860. The book includes<br />

(pp. 297-307) an essay of Blanch on the works of Duparcq (originally published in the monthly Diorama <strong>di</strong> Napoli) in<br />

which its Commentaire on Clausewitz is obviously mentioned.<br />

307 Carlo De Cristoforis, Che cosa sia la guerra, 1860; 1894; 1925.<br />

308 V. Carlo Moos, “Streiflichter auf Wilhelm Rüstow Beziehungen zu Italien”, in Quellen und Forschungen aus<br />

italienischen Archiven und Bibliotheken, 1985, a. 65, pp. 342-404. “Wilhelm Rüstow, Garibal<strong>di</strong> stratega e l’ambiente<br />

zurighese”, in Garibal<strong>di</strong> Generale della Libertà. Atti del Convegno internazionale (Roma 29-31 maggio 1982),<br />

Ministero della Difesa – Comitato storico per lo stu<strong>di</strong>o della figura e dell’opera <strong>militare</strong> del generale Giuseppe<br />

Garibal<strong>di</strong>, Roma, USSME, 1984, pp. 235-294.<br />

309 A. Gandolfi, “Garibal<strong>di</strong> Generale”, in Nuova Antologia, XXXIX (1883), pp. 385-408. V. Piero Del Negro,<br />

“Garibal<strong>di</strong> e la guerriglia”, in Aldo A. Mola (Ed.), Garibal<strong>di</strong> generale della libertà, USSME, 1984, pp. 103-130.<br />

123


che fosse impossibile creare una completa teoria della guerra e proclamava la sua fede in una<br />

scienza positiva della guerra 310 . Non<strong>di</strong>meno egli criticava il dottrinarismo <strong>di</strong> Jomini e ammirava<br />

Clausewitz al punto <strong>di</strong> volerlo considerare a tutti i costi un inconsapevole precursore del<br />

positivismo.<br />

Malgrado l’influenza prussiana sull’Esercito italiano 311 e la partecipazione <strong>italiana</strong> alla Triplice<br />

Alleanza, il tentativo <strong>di</strong> Marselli <strong>di</strong> introdurre il Vom Kriege nella cultura <strong>militare</strong> nazionale era<br />

troppo forzato e superficiale per avere successo. Neppure i marxisti italiani prestarono la minima<br />

attenzione alle letture clausewitziane <strong>di</strong> Marx ed Engels, suggerite loro da Franz Mehring (1846-<br />

1919). Ci volle mezzo secolo perché una nuova ondata <strong>di</strong> interesse per il Vom Kriege raggiungesse<br />

la cultura <strong>italiana</strong>. E ciò accadde alla vigilia della guerra d’Etiopia e della tragica alleanza con la<br />

Germania nazista.<br />

Nel 1925 il colonnello Emilio Canevari (1892-1966), un brillante ufficiale viterbese caduto in<br />

<strong>di</strong>sgrazia durante la “Riconquista” della Libia, cominciò una nuova vita come pubblicista, curando<br />

assieme a Giuseppe Prezzolini (1882-1982) un’antologia (Marte) <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> capitani e scrittori<br />

militari. In seguito Canevari <strong>di</strong>venne (con lo pseudonimo <strong>di</strong> “Maurizio Claremoris”) il<br />

commentatore <strong>militare</strong> de Il Regime Fascista, il giornale <strong>di</strong> Roberto Farinacci (1892-1945) e nel<br />

1930 pubblicò Clausewitz e la guerra o<strong>di</strong>erna. Ci vollero però quattro anni perché un detenuto<br />

politico come Antonio Gramsci (1891-1937) potesse leggere una recensione del libro. Annotò in<br />

uno dei suoi quaderni, con una punta <strong>di</strong> pedante malignità a proposito della [scarsa] “cultura degli<br />

ufficiali” italiani, che il Vom Kriege non era stato ancora tradotto in italiano 312 , che l’unico libro in<br />

circolazione in Italia era quello <strong>di</strong> Canevari, e che l’ammiraglio Sirianni, in un articolo, aveva<br />

sistematicamente storpiato il cognome del generale prussiano scrivendo «Clausenwitz» 313 .<br />

Non<strong>di</strong>meno la voce “Clausewitz” dell’Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, scritta nel 1931 dal generale Alberto<br />

Bal<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> Esercito e Nazione, è chiara, analitica e sostenute da un’ottima bibliografia<br />

internazionale e <strong>italiana</strong>, inclusi i libri <strong>di</strong> Marselli and Canevari 314 .<br />

Non c’è alcuna prova che il libro <strong>di</strong> Canevari abbia occasionato il breve saggio su Clausewitz<br />

scritto alla fine del 1933 da Benedetto Croce (1866-1952) 315 . Il filosofo, del resto, non cita<br />

310 Niccola Marselli, La guerra e la sua <strong>storia</strong>, 1875.<br />

311 Cfr. Georg Christoph Berger Waldenegg, “Die deutsche ‘Nationale Mentalität’ aus Sicht Italienischer Militärs,<br />

1866-1876. Beschreibung, Rezeption, Schlussfolgerungen”, in Militär-geschichtliche Mitteilungen, 1991, n. 2, pp. 81-<br />

106. Id., Die Neuordnung des Italienischen Heeres zwischen 1866 und 1876: Preussen als Modell, Heidelberg, Winter,<br />

1992. E’ da notare che Clausewitz non è mai citato nell’archivio del capitano <strong>di</strong> stato maggiore e poi generale Giuseppe<br />

Govone, che fu addetto <strong>militare</strong> a Berlino e firmò l’alleanza prusso-<strong>italiana</strong> nel 1866. Marco Scar<strong>di</strong>gli, Lo scrittoio del<br />

generale. La romanzesca epopea risorgimentale del gen. Govone, Torino, Utet, 2006.<br />

312 In realtà l’affermazione non era esatta, considerando gli excerpta dal Vom Kriege scelti e tradotti dal colonnello<br />

Oete Blatto (Della guerra. Pagine scelte, trad. <strong>di</strong> A. Beria e W. Müller, Torino, Schioppo, 1930).<br />

313 Passato e presente, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1954, p. 128. Gramsci citò Clausewitz pure a proposito dell’attacco che si<br />

esaurisce progredendo (Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1955, p. 153). Il<br />

nome è storpiato pure (in “Clausevitz”) nella breve e assai deludente voce de<strong>di</strong>cata al generale prussiano nella semiufficiale<br />

Enciclope<strong>di</strong>a Militare (Il Popolo d’Italia, Roma 1930, III, p. 87).<br />

314 Nell’Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, Treccani, Roma, 1931, X, p. 550. Sulle voci militari dell’Enciclope<strong>di</strong>a Treccani, v.<br />

Botti e Ilari, Il pensiero, cit., pp. 295-305 .<br />

315 Croce, «Azione, successo e giu<strong>di</strong>zio: note in margine al Vom Kriege», in Atti dell’Accademia <strong>di</strong> Scienze morali e<br />

politiche della Società reale <strong>di</strong> Napoli, LVI, 1934, pp. 152-163 (=Revue de Métaphysique et de Morale, XLII, 1935, pp.<br />

247-258). Da una cartolina postale in<strong>di</strong>rizzata a Corrado Chelazzi (ASSR Incarti della biblioteca, 913/1933-34: v.<br />

Benedetto Croce in Senato, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002: Lettere a Giovanni Castellano 1908-1949, Istituto<br />

Italiano <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Storici, 1985. ASR, LVI, 1934, pp. 152-163) risulta che Croce lo scrisse in due giorni (27 e 28<br />

<strong>di</strong>cembre 1933). In seguito lo inserì negli Ultimi Saggi (Bari, Laterza, 1935, pp. 266-279). Il saggio su Clausewitz fu<br />

ristampato nel 1984 in Strategia globale No. 2, con una nota <strong>di</strong> Ilari (“Il problema epistemologico delle scienze<br />

124


Canevari: aveva infatti una conoscenza <strong>di</strong>retta e migliore del Vom Kriege (nella 5a e<strong>di</strong>zione tedesca<br />

del 1905) e della letteratura relativa 316 . Croce concordava con Roques circa l’influenza <strong>di</strong><br />

Machiavelli su Clausewitz, e rifiutava invece il supposto imprinting hegeliano 317 . La<br />

contrapposizione tra l’“eru<strong>di</strong>zione da ufficiale <strong>di</strong> stato maggiore” (“Generalstabs-Gelehrsamkeit”) e<br />

“la forza del pensiero naturale” (“kräftlige natürliche Denken”) tracciata da Clausewitz nel suo<br />

stu<strong>di</strong>o sulla campagne <strong>di</strong> Russia, richiamava alla mente <strong>di</strong> Croce il quadro impareggiabile del<br />

Consiglio <strong>di</strong> guerra alleato alla vigilia <strong>di</strong> Austerlitz, in cui Tolstoi contrappone il sonno dell’Eroe<br />

Kutusov alla fatua esposizione del piano <strong>di</strong> operazioni fatto dal generale austriaco Kalckreuth<br />

(“tutto energico e sicuro nei suoi marschiren, attackiren”). Secondo Croce, “quel che il Clausewitz<br />

viene determinando circa il rapporto <strong>di</strong> teoria e pratica rispetto alla guerra è il medesimo <strong>di</strong> quel che<br />

accade per ogni altro oggetto: poniamo (per prendere un caso lontano) nella poesia”. Ma è<br />

impossibile riassumere un saggio così denso. Croce scrisse inoltre due note sulla citazione <strong>di</strong><br />

Alessandro Manzoni fatta da Clausewitz 318 e sull’influenza dell’estetica kantiana sul Vom Kriege<br />

319 .<br />

Benché Canevari si possa considerare un autore <strong>di</strong> spicco, considerata la modestia del pensiero<br />

<strong>militare</strong> italiano tra le due guerre, non c’era nulla <strong>di</strong> originale nel suo approccio al Vom Kriege, tutto<br />

dominato dallo sfruttamento <strong>di</strong> Clausewitz come l’Eroe Völkisch <strong>di</strong> Tauroggen fatto dalla<br />

pubblicistica <strong>militare</strong> del III Reich; uno schema propagan<strong>di</strong>stico in cui comunque il primato<br />

spettava a Gneisenau [interpretato da Horst Kaspar in Kolberg, il film girato nel 1944 da Veit<br />

Harlan] e il genio <strong>militare</strong> era riferito allo Stato Maggiore tedesco come entità collettiva 320 . Quel<br />

che Hew Strachan scrive <strong>di</strong> Walter Malmsten Schering, “the lea<strong>di</strong>ng academic commentator of<br />

Clausewitz in Nazi Germany”, e del generale Friedrich von Cochenhausen, il principale<br />

propagan<strong>di</strong>sta della Reichswehr e poi della Wehrmacht, può essere detto pure <strong>di</strong> Canevari. Lui pure,<br />

come i due tedeschi, pensava che “absolute war was an ideal construct, not a reality”, e aveva<br />

qualche <strong>di</strong>fficoltà a maneggiare la nuova parola d’or<strong>di</strong>ne della “guerra totale” 321 . Infatti nel numero<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1937 de La Vita Italiana Canevari polemizzò contro il tentativo fatto dal filosofo Julius<br />

militari”, pp. 171 ff.). Aron non cita il saggio <strong>di</strong> Croce nel suo Clausewitz del 1976, ma nei suoi Memories (p. 666<br />

dell’e<strong>di</strong>zione <strong>italiana</strong>) rivela <strong>di</strong> essere stato stimolato a scrivere su Clausewitz dall’aspra osservazione <strong>di</strong> Croce che<br />

abbiamo citato in epigrafe al presente stu<strong>di</strong>o.<br />

316 Nel saggio sono citati solo K. Schwartz, Leben des Generals…, Berlin, Dümmler, 1878, 2 vols. e P. E. A. Roques,<br />

Le général de Clausewitz, Sa vie et sa théorie de la guerre, d’après des documents iné<strong>di</strong>ts, Paris, Berger-Levrault, 1912;<br />

ma nelle cartoline pure E. Palat, La politique de la guerre d’après Clausewitz, Paris, Lavauzelle, 1922, e R. von<br />

Caemmerer, Clausewitz, Berlin, Betet-Narbon, 1905, 2 voll.<br />

317 Supposto dal colonnello Creuzinger, Hegels Einfluss auf Clausewitz, 1911.<br />

318 Un ricordo dei “Promessi sposi” in una lettera del Clausewitz (paragone tra la peste <strong>di</strong> Milano e l’epidemia <strong>di</strong><br />

colera in Polonia), in La Critica, XXXII, N. 5 (III serie a. VIII) 20.9.1934, pp. 399-400 (= Pagine sparse, III, pp. 242-<br />

3),<br />

319 B. Croce, Riscontri tra l'arte della guerra e le arti belle nel Clausewitz, in Quaderni della "Critica", n. 2, agosto<br />

1945, Noterelle <strong>di</strong> estetica, VII, p. 105.<br />

320 V. Canevari, Lo Stato maggiore germanico da Federico il Grande a Hitler, Mondadori, Milano, 1942. Cfr.<br />

Milivoj G. Lazarević, Od Šarnhorsta do Šlifena: sto go<strong>di</strong>na Prusko-Nemačkog đeneralštaba, Geca Kon, 1936 (Serbian<br />

translation of Friedrich von Cochenhausen, Von Scharnhorst zu Schlieffen 1806-1906: 100 Jahre preussisch-deutsche<br />

Generalstab, Auf Veranlassg d. Reichswehrministeriums, Berlin, 1933); Karl fon Klauzevic: O ratu, Geca Kon, 1939;<br />

1940. Clausewitz, Carl von. O Ratu. Trans. Milivoj Lazarevic, ed. Lt Col Zdavko Serucar and Professor Stevan<br />

Menciger. Yugoslav military publishing house, 1951.<br />

321 Hew Strachan, “Clausewitz and the Dialectic of War”, in Strachan and Andreas Herbert-Rothe (Eds), Clausewitz<br />

in the twenty-first century, Oxford U. P., 2007. P. M. Baldwin, “Clausewitz in Nazi-German”, in Journal of<br />

Contemporary History, SAGE, London and Beverly Hills, Vol. 16, 1981, pp. 5-26. Jehuda L. Wallach, “Misperceptions<br />

of Clausewitz' on war by the German military”, in Journal of Strategic Stu<strong>di</strong>es, Vol. 9, Issue 2&3, June 1986 , p. 213 –<br />

239.<br />

125


Evola <strong>di</strong> fondare lo stato totalitario mescolando il Begriff des Politischen <strong>di</strong> Carl Schmitt e la guerra<br />

totale teorizzata da Erich Ludendorff. Secondo il rude colonnello viterbese, questi erano tutti<br />

“Begriffi” <strong>di</strong> professori tedeschi, che Hitler non prendeva sul serio.<br />

Durante la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale la vecchie traduzione inglese del Vom Kriege fu ristampata<br />

im Gran Bretagna, e una nuova fu pubblicata negli Stati Uniti, come pure tre selezioni, un<br />

commentario e uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> West Point su Jomini, Clausewitz and Schlieffen. Inoltre I curatori <strong>di</strong><br />

Makers of Modern Strategy (pubblicato dall’Università <strong>di</strong> Princeton) commissionarono il capitolo<br />

su Clausewitz a un vero specialista, lo storico ebreo tedesco Hans Rothfels (1891-1976) 322 . Questi<br />

embrionali stu<strong>di</strong> su Clausewitz erano parte della mobilitazione intellettuale dell’Occidente contro<br />

l’Asse. Le traduzioni che negli stessi anni uscirono in Italia erano invece solo parte <strong>di</strong> una<br />

superficiale e propagan<strong>di</strong>stica germanizzazione dell’esercito italiano, in contrappunto al mutamento<br />

avvenuto nel 1941 nella politica estera <strong>italiana</strong>, che abbandonava il criterio della “guerra parallela”<br />

per abbracciare quello della “guerra dell’Asse”.<br />

Sospettato <strong>di</strong> aver ispirato la requisitoria <strong>di</strong> Farinacci che nel <strong>di</strong>cembre 1940 costrinse il<br />

maresciallo Badoglio a <strong>di</strong>mettersi, Canevari fu riabilitato dal nuovo capo <strong>di</strong> stato maggiore<br />

generale, maresciallo Cavallero, il quale lo aggiunse al generale e senatore Ambrogio Bollati (1871-<br />

1950), capo dell’Ufficio storico dell’esercito, per tradurre il Vom Kriege. Bollati era esperto nel<br />

campo, avendo già tradotto Hindenburg, von Bernar<strong>di</strong> and Falkenhayn, come pure vari documenti<br />

dell’archivio <strong>di</strong> stato tedesco e dell’Archivio <strong>di</strong> guerra austriaco 323 . Abbastanza paradossalmente,<br />

sembra che nell’archivio dell’Ufficio storico non ci siano documenti circa questa importante<br />

traduzione: secondo la tra<strong>di</strong>zione orale dell’Ufficio storico, il vero traduttore sarebbe stato in realtà<br />

un professore universitario e Bollati e Canevari si sarebbero limitati soltanto a rivedere la<br />

terminologia <strong>militare</strong>. Sorprendentemente, la lista Googlebooks delle e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Clausewitz<br />

pubblicate in tutte le lingue durante la Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale non include la traduzione<br />

dell’Ufficio storico italiano, forse perché non circolò al <strong>di</strong> fuori dello stato maggiore dell’Esercito.<br />

La lista include però altre due traduzioni parziali pubblicate da Le Monnier nel 1942 e da Sansoni<br />

nel 1943 324 . Sono però mere e<strong>di</strong>zioni italiane <strong>di</strong> opuscoli propagan<strong>di</strong>stici pubblicati nel Terzo Reich<br />

(nella lista Google ne sono elencati otto, lunghi da 48 a 199 pagine, con titoli come Brevier,<br />

Kathechismus, Grundgedanken ecc.).<br />

Contributi italiani alla Clausewitz-Renaissance<br />

La <strong>di</strong>sgrazia politica <strong>di</strong> Clausewitz toccò il fondo quando Hitler battezzò col nome del generale<br />

prussiano il piano <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere Berlino. Fu Werner Hahlweg (1912-89), con la sua<br />

e<strong>di</strong>zione critica del 1952 e la sua breve biografia del 1957 325 , a restituirlo alla tranquillità degli stu<strong>di</strong><br />

322 Hans Rothfels, Carl von Clausewitz: Politik und Krieg, Berlin, Dümmlers Verlag, 1920. “Clausewitz” pp. 93–113<br />

in The Makers of Modern Strategy e<strong>di</strong>ted by Edward Mead Earle, Gordon A. Craig & Felix Gilbert, Princeton, N.J.:<br />

Princeton University Press, 1943.<br />

323 Bollati fu pure autore <strong>di</strong> uno dei famosi libri (quello sull’intervento italiano nella guerra civile spagnola)<br />

scomparsi dal catalogo Einau<strong>di</strong> dopo la caduta del fascismo (Vittorio Messori, «Il giallo dei libri scomparsi», Corsera<br />

11 luglio 1998).<br />

324 La guerra (Vom Kriege), pagine scelte, Firenze, Felice Le Monnier, 1942, 190 pp., trad. <strong>di</strong> Luigi Cosenza e<br />

Giuseppe Moscardelli. Pensieri sulla guerra, Firenze, Sansoni, 1943, 107 pp. trad. <strong>di</strong> Giacinto Cardona (rist. da<br />

E<strong>di</strong>toriale Opportunity Book, Milano, 1995). Luigi Cosenza (1905-1984), un ingegnere e architetto napoletano, fu in<br />

seguito esponente del Partito comunista e le sue arringhe in consiglio comunale contro la speculazione e<strong>di</strong>lizia durante<br />

l’amministrazione Laurina sono uno dei pezzi forti del film <strong>di</strong> Francesco Rosi Le mani sulla città. Moscardelli, un<br />

colonnello dell’esercito, fu poi docente <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> all’Accademia <strong>di</strong> Modena.<br />

325 W. Hahlweg, Clausewitz, Soldat–Politiker–Denker, Göttingen, Münsterschmidt Verlag, 1957, 1969.<br />

126


militari. Nel 1954 Gerhard Ritter (1888-1966) ricostruì la genesi del pensiero Clausewitziano in una<br />

prospettiva storica, e nel 1961 il general Ulrich de Maizière (1912-2006), il padre della<br />

Bundeswehr, fondò la Clausewitz-Gesellschaft. Inizialmente, tuttavia, la riattuatizzazione del Vom<br />

Kriege fu limitata agli stu<strong>di</strong>osi tedeschi, come <strong>di</strong>mostra l’applicazione antologica all’era nucleare<br />

fatta da Gerd Stamp, un asso della Luftwaffe che a quell’epoca lavorava per la NATO. Nel 1963,<br />

peraltro, Carl Schmitt (1888-1985) richiamò ancora una volta Clausewitz alla trage<strong>di</strong>a storica<br />

tedesca, col suo mici<strong>di</strong>ale paragone tra la ribellione del generale York a Tauroggen nel 1812 e<br />

quelle <strong>di</strong> de Gaulle nel 1940 e <strong>di</strong> Salan nel 1962 326 e la sua critica del “prussianesimo”<br />

Clausewitziano 327 .<br />

In questo albore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, quando fuori della Germania solo Peter Paret lavorava su Clausewitz in<br />

modo originale 328 , fu Piero Pieri a <strong>di</strong>vulgare <strong>di</strong> nuovo il Vom Kriege nell’Italia postbellica oltre la<br />

cerchia degli stu<strong>di</strong>osi in uniforme. Il suo stu<strong>di</strong>o del 1955 sugli scrittori militari italiani è incentrato<br />

soprattutto sulle connessioni tra guerra e politica, ma nel capitolo su Marselli è <strong>di</strong>scussa pure<br />

l’epistemologia clausewitziana della scienza <strong>militare</strong> 329 . Nella sua Storia <strong>militare</strong> del Risorgimento<br />

(1962) Pieri citava, se non altro, alcuni principi clausewitziani, come “l’attacco si esaurisce<br />

progredendo” o “il risultato è proporzionato al rischio”, a proposito del piani sar<strong>di</strong> del 1848 e della<br />

cautela <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> alla battaglia <strong>di</strong> Velletri. Inoltre riassumeva in quattro pagine (157-160) le idee<br />

fondamentali del Vom Kriege, per criticare Blanch and De Cristoforis 330 .<br />

Clausewitz è citato pure nella <strong>storia</strong> della guerra civile Americana <strong>di</strong> Raimondo Luraghi, uno dei<br />

più importanti contributi italiani alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, pubblicato nel 1966 331 . Per quanto jominiano<br />

fosse il vertice <strong>militare</strong> dell’esercito unionista, e in particolare i generali Mahan e Halleck, secondo<br />

Luraghi l’assetto del comando era “clausewitziano”, considerate la supremazia dell’autorità politica<br />

che lo caratterizzava rispetto all’alto comando su<strong>di</strong>sta. Luraghi riporta tuttavia con riserva la tesi<br />

secondo la quale Lincoln sarebbe stato tra i pochi americani ad aver letto il Vom Kriege 332 .<br />

Non<strong>di</strong>meno l’autore lo tiene presente nel giu<strong>di</strong>care alcuni comandanti, come McClellan (lontano da<br />

Clausewitz per la sua preoccupazione <strong>di</strong> evitare rischi) e Grant (la cui cura per la logistica<br />

rammenta a Luraghi i passi del Vom Kriege in cui si <strong>di</strong>ce che la guerra è un atto del commercio tra<br />

gli uomini e la battaglia è il pagamento in contanti): Grant a Pittsburg Lan<strong>di</strong>ng gli sembra poi<br />

incarnare il genio della guerra clausewitziano.<br />

326 Schmitt’s Theorie des Partisanen. Zwischenbemerkung zum Begriff des Politischen (1963) provoked a passionate<br />

response of Raymond Aron (1905-1983), Penser la guerre, Clausewitz, Gallimard, Paris, 1976, II (“L’âge planétaire”),<br />

pp. 210-222. Ilari, “Riflessioni critiche sulla teoria politica della guerra <strong>di</strong> popolo”, in Memorie storiche militari 1982,<br />

USSME, Rome, 1983, pp. 107-172.<br />

327 Clausewitz als politischer Denker. Bemerkungen und Hinweise. Beck, Munchen, 1967, in "Der Staat", N. 4, anno<br />

1967, pp. 479 – 502.<br />

328 Peter Paret, “Clausewitz. A Bibliographic Survey”, in World Politics, Vol. 17, No. 2, Jan. 1965, pp. 272-285. Id.,<br />

“Education, Politics, and War in the Life of Clausewitz”, in Journal of the History of Ideas, Vol. 29, No. 3 (Jul. - Sep.,<br />

1968), pp. 394-408.<br />

329 Piero Pieri, Guerra e politica negli scrittori italiani, Firenze, Riccardo Riccar<strong>di</strong> E<strong>di</strong>tore, 1955; Milano,<br />

Mondadori, 1975.V. pure Id., “Il rapporto tra guerra e politica dal Clausewitz a noi”, in Relazioni al X Congresso<br />

internazionale <strong>di</strong> scienze storiche, Firenze, 1955, I, pp. 277-339.<br />

330 Piero Pieri, Storia <strong>militare</strong> del Risorgimento, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1962, p. 134 (people’s war), 151, 157-60, 205, 425,<br />

582-85. See also, Pieri, “Orientamenti per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una Storia delle dottrine militari”, in Atti del I Convegno<br />

nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> (Roma 17-19 marzo 1969), Roma, Ministero della Difesa, 1969, pp. 123-171.<br />

331 Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1966. Luraghi, già valoroso<br />

comandante <strong>di</strong> banda partigiana durante la Resistenza, criticava l’azione <strong>di</strong> John Brown ad Harper’s Ferry sulla base dei<br />

precetti <strong>di</strong> Carlo Bianco <strong>di</strong> Saint Jorioz, uno scrittore <strong>militare</strong> del Risorgimento, che Luraghi chiama “il Clausewitz<br />

della guerriglia” (p. 132).<br />

332 On the point see Bassford, Cl. in English, cit., p. 50.<br />

127


Negli anni Sessanta, Ernesto Ragionieri (1926-75) 333 e Clemente Ancona 334 rime<strong>di</strong>arono al<br />

silenzio dei marxisti italiani sulle letture clausewitziane <strong>di</strong> Marx e Lenin, e Filippo Gaja, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong><br />

Maquis, l’unica rivista <strong>militare</strong> della sinistra <strong>italiana</strong>, pubblicò la traduzione integrale delle note <strong>di</strong><br />

Lenin al Vom Kriege 335 . Nel 1966 furono inoltre tradotti in italiano Staatskunst und<br />

Kriegshandwerk <strong>di</strong> Gerard Ritter 336 e Clausewitz im Atomzeitalter <strong>di</strong> Gerd Stamp. Da notare,<br />

peraltro, che sulla copertina <strong>di</strong> quest’ultimo il nome del generale prussiano è storpiato in<br />

“Clausewizt”, un errore che evidentemente l’e<strong>di</strong>tore considerava accettabile da parte del lettore<br />

italiano, se pure fosse stato in grado <strong>di</strong> accorgersene! 337 Non<strong>di</strong>meno fu proprio un mensile <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>vulgazione storica a pubblicare uno splen<strong>di</strong>do bonsai clausewitziano <strong>di</strong> Lucio Ceva 338 . Nel 1969<br />

fu tradotto in italiano Politik und Strategie dell’ammiraglio Ruge (della Bundesmarine) (1894-<br />

1985) 339 , mentre la traduzioni del potpourri <strong>di</strong> André Glucksman 340 e <strong>di</strong> Krieg ohne Fronten <strong>di</strong><br />

Werner Hahlweg 341 furono ricadute estemporanee delle ossessioni rivoluzionarie <strong>di</strong> Giangiacomo<br />

Feltrinelli. Questa prima ondata <strong>di</strong> rinnovata attenzione per Clausewitz nell’Italia postbellica<br />

culminò nel 1970 con la ristampa in e<strong>di</strong>zione economica, da parte <strong>di</strong> una casa e<strong>di</strong>trice importante<br />

come la Mondadori, della traduzione del Vom Kriege fatta dall’Ufficio storico nel 1942, che in tal<br />

modo, per la prima volta, ebbe una vera circolazione in Italia 342 .<br />

Un secolo dopo la guerra franco-prussiana, che assicurò la fama del Vom Kriege, una nuova<br />

<strong>di</strong>sfatta occidentale, quella degli Stati Uniti in Vietnam, assicurò la definitiva fondazione degli stu<strong>di</strong><br />

Clausewitziani. Proprio nel 1976 furono infatti pubblicati la nuova traduzione inglese <strong>di</strong> Paret e<br />

Michael Howard, I due fondamentali saggi <strong>di</strong> Paret e Aron e un novo saggio <strong>di</strong> un allievo <strong>di</strong><br />

Hahlweg 343 .<br />

333 Ernesto Ragionieri, “Franz Mehring”, in Stu<strong>di</strong> Storici, I, 2 (genn.–marzo 1960), pp. 410-423.<br />

334 Clemente Ancona, “L’influenza del ‘Vom Kriege’ <strong>di</strong> Clausewitz sul pensiero marxista da Marx a Lenin”, in<br />

Rivista storica del socialismo, 1965, pp. 129-154. Benché Hahlweg avesse già <strong>di</strong>scusso questo punto (“Lenin und<br />

Clausewitz”, in Archiv für Kulturgeschichte, XXXVI, 1955, 1 and 3), il saggio <strong>di</strong> Ancona fu ristampato in tedesco<br />

(Günther Dill, Ed., Clausewitz in Perspektive, 1980) e <strong>di</strong>scusso a fondo nel volume <strong>di</strong> Olaf Rose on the Clausewitzian<br />

reception in Russia e Unione Sovietica (1995). Non essendoci evidentemente can<strong>di</strong>dati più qualificati, fu Ancona a<br />

re<strong>di</strong>gere il capitolo <strong>militare</strong> della Storia d’Italia Einau<strong>di</strong> (“Milizie e condottieri”. Storia d’Italia Einau<strong>di</strong>. I documenti.<br />

V. Einau<strong>di</strong>. Torino. 1973) e la voce “Guerra” dell’Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong> (6, 1979, pp. 996-1018, un pastiche <strong>di</strong> teoria<br />

dei giochi e pseudo-marxismo).<br />

335 Lenin, Note al libro <strong>di</strong> Von Clausewitz “Sulla guerra e la condotta della guerra”, E<strong>di</strong>zioni del Maquis, Classici<br />

del Marxismo N. 5, Milano, 1970, integral e<strong>di</strong>tion not included in Opere complete. Ristampa in Lenin, L’arte<br />

dell’insurrezione, Gwynplaine, Camerano (AN), 2010. V. pure Enea Cerquetti, “Le guerre del Risorgimento italiano<br />

negli scritti <strong>di</strong> Marx ed Engels”, in Trimestre, 1984, nn. 1-2, pp. 77-120.<br />

336 Ritter, I militari e la politica nella Germania moderna, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1966, I, pp. 57 ss. .<br />

337 Clausewizt (sic) nell’era atomica, Milano, Longanesi, 1966 (peraltro ristampato nel 1982 in forma corretta dallo<br />

stesso e<strong>di</strong>tore). V. Leonardo Tricarico, “Considerazioni su ‘La guerra’ <strong>di</strong> von Clausewitz”, in Rivista Aeronautica,<br />

1967, n. 11, pp. 1985-89.<br />

338 Lucio Ceva, “Napoleone a Tavolino (Il Grande Clausewitz è ancora attuale?)”, in Storia Illustrata, reprinted in<br />

Scuola <strong>di</strong> Guerra Aerea (Ed.), Letture scelte <strong>di</strong> dottrina e strategia, 2a ed. (128), October 1981, pp. 109-116.<br />

339 Friedrich O. Ruge, Politica e strategia. Pensiero politico e azione politica, Firenze, Sansoni, 1969.<br />

340 André Glucksman, Il <strong>di</strong>scorso della guerra, Milano, Feltrinelli, 1969.<br />

341 Werner Hahlweg, Storia della guerriglia: tattica e strategia della guerra senza fronti, Milano, Feltrinelli, 1973.<br />

342 Clausewitz, Della guerra: con una cronologia della vita dell'autore e dei suoi tempi, un'antologia critica e una<br />

bibliografia / bibliografia a cura <strong>di</strong> Edmondo Arol<strong>di</strong>, Milano, Mondadori, 1970, 441 p.<br />

343 Wilhelm von Schramm, Clausewitz. Leben und Werk, Esslingen, Bechtle, 1976. See Id,, Clausewitz. General und<br />

Philosoph, Heyne, Munich, 1982; Paret, Clausewitz and the State (Princeton U. P.); Aron (Penser la guerre,<br />

Clausewitz, 2 voll., Gallimard: German translation, Propyläen, Frankfurt a. M., 1981). M. Mori, Aron interprete <strong>di</strong><br />

Clausewitz, Torino, Einau<strong>di</strong>, Exc. from Rivista <strong>di</strong> filosofia, No. 6, Oct. 1976. pp. 532-540. Howard Clausewitz, Oxford<br />

128


Già nel 1974, guardando con una certa ammirazione all’educazione <strong>militare</strong> <strong>di</strong> massa della<br />

Germania Est, il colonnello Rodolfo Guiscardo aveva introdotto il culto nazionalista <strong>di</strong><br />

Clausewitz 344 . Nel 1975 un gruppuscolo maoista incluse il capitolo sul Volksbewaffnung in un<br />

“manuale <strong>di</strong> resistenza popolare in caso <strong>di</strong> colpo <strong>di</strong> stato” 345 . Dal 1976 Luigi Bonanate cominciò a<br />

citare il Vom Kriege nei suoi saggi sul sistema internazionale 346 e le riviste militari italiane fecero<br />

eco alla moda clausewitziana che cominciava a <strong>di</strong>ffondersi nei corsi della NATO 347 . Fu però solo<br />

nel 1978 che l’allora tenente colonnello Carlo Jean, grazie alla sua forte personalità, propose<br />

davvero il Vom Kriege all’attenzione della sua coorte <strong>di</strong> colleghi 348 . Fu l’inizio <strong>di</strong> un processo<br />

cultural che nel corso <strong>di</strong> un decennio portò alla nascita del Centro Militare <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Strategici<br />

(CeMiSS). 349 . Jean iniziò pure la sua parallela carriera accademica curando due volumi collettivi (Il<br />

pensiero strategico and La guerra nel pensiero politico), entrambi pubblicati dalla Franco Angeli<br />

nel 1985 e 1987. Nel 1985 il tenente colonnello Ferruccio Botti, inizialmente in coppia con Ilari,<br />

cominciò la sua ricerca per sistematizzare la letteratura <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> 350 . A proposito della<br />

recezione <strong>italiana</strong> del Vom Kriege (pp. 288 ss.), gli autori misero in risalto la sua ambiguità politica,<br />

derivante dal fatto che, pur affermando la supremazia della politica, per la prima volta trapiantava la<br />

teoria della guerra dalla letteratura sulla ragion <strong>di</strong> stato alla letteratura <strong>militare</strong>, fondando così una<br />

nuova visione “strategica”, se non proprio decisamente militarista, della politica, legittimando i<br />

decisori a subor<strong>di</strong>nare la “logica politica” alla “grammatica <strong>militare</strong>” 351 . Nel 1989 la Rivista<br />

Militare, allora <strong>di</strong>retta dal colonnello Piergiorgio Franzosi (un alpino come be Jean!) ristampò<br />

l’e<strong>di</strong>zione Mondadori del Vom Kriege, con il saggio <strong>di</strong> Jean del 1978 come introduzione: e<br />

Mondadori mantenne in seguito questa struttura nelle successive ristampe. Nel 1990-93 Franzosi<br />

U. P., 1983; Paret (Ed.), Makers of Modern Strategy, Princeton U. P., 1986, pp. 186-213; Michael I. Handel (Ed.),<br />

Clausewitz and Modern Strategy, London, Frank Cass, 1986.<br />

344 R. Guiscardo, Forze armate e democrazia: da Clausewitz all'esercito <strong>di</strong> popolo, Bari, De Donato, 1974<br />

345 Vincenzo Calò (Ed.), In caso <strong>di</strong> golpe. Manuale teorico-pratico per il citta<strong>di</strong>no, <strong>di</strong> resistenza totale e <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong><br />

popolo, <strong>di</strong> guerriglia e <strong>di</strong> controguerriglia, “scritti <strong>di</strong> Clausewitz, Mao Tse-tung, il manuale del maggiore von Dach,<br />

testi delle Special Forces”, Stella Rossa, Roma, Savelli, 1975.<br />

346 Luigi Bonanate, Teoria politica e relazioni internazionali, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Comunità, 1976; Id. (ed.), Politica<br />

internazionale, La Nuova Italia, Firenze, 1979; Guerra e pace: due secoli <strong>di</strong> <strong>storia</strong> del pensiero politico, Milano,<br />

Angeli, 1994. La guerra, Roma-Bari, Laterza, 2005. See also S. Martina, La guerra come oggetto scientifico: Karl von<br />

Clausewitz: uno stu<strong>di</strong>o sul pensiero clausewitziano dagli scritti minori al Vom Kriege, tesi <strong>di</strong> laurea, Un. <strong>di</strong> Torino, SP,<br />

rel. Bonanate, a. a. 1989/90.<br />

347 Antonio Pelliccia, Clausewitz e la strategia politico-<strong>militare</strong> sovietica, Roma, Centro Cft A.M., 1976. Ugo<br />

Tarantini, “Clausewitz nell’era nucleare”, in Rivista Militare, 1977, N. 2, pp. 11-16.<br />

348 Carlo Jean, “Teoria della guerra e pensiero strategico del generale Carl von Clausewitz”, in Rivista Militare, 1978,<br />

n. 3, pp. 40-50 (=usato come introduzione a Della Guerra, Rivista Militare, 1989, e successive ristampe Mondadori.<br />

Trad. come Carl von Clausewitz’s Theory of War and Strategic Thought, Roma, Ed. Rivista Militare, 1989).<br />

349 Jean fu sostenuto da qualche giovane accademico, che insaporì queste iniziative con un ingenuo patriottismo, e<br />

un’idea megalomaniaca <strong>di</strong> prussianizzare l’esercito italiano, scimmiottando Scharnhorst & Gneisenau. Il generale Jean<br />

sorrise, lo stato maggiore italiano neppure se ne accorse. V. V. Ilari, “Gli stu<strong>di</strong> strategici in Italia”, in cui si taccia, inter<br />

alia, la <strong>storia</strong> del CeMiSS e dell’inserimento degli stu<strong>di</strong> strategici e della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> nelle università italiane (online<br />

nel suto www.scribd.com col titolo “strategic stu<strong>di</strong>es in Italy”).<br />

350 Botti and Ilari, Il pensiero <strong>militare</strong> italiano dal primo al secondo dopoguerra 1919-1949, USSME, Roma, 1985.<br />

See also Botti, “Da Clausewitz a Douhet alla ricerca dell'arma assoluta. Wells, Ader e Douhet: chi fu il primo?”, in<br />

Rivista Aeronautica, 1985, Nos. 1 (8), 4 (pp. 28), 6 (22); “Clausewitz e la strategia marittima, in Rivista Marittima,<br />

CXVIII, 1985, No. 2, pp. 80-88.<br />

351 Tracciando la <strong>storia</strong> dell’espressione “global strategy”, Ilari sottolineava le sue implicazioni militariste (in Jean,<br />

Ed., Il pensiero strategico, 1985, pp. 21-63).<br />

129


pubblicò inoltre nove articoli su Clausewitzian del colonnello Patrizio Flavio Quinzio 352 , dei<br />

generali Vittorio Bernard 353 e Giulio Primicerj 354 e <strong>di</strong> altri autori 355 . In quegli anni comparvero pure<br />

guide “clausewitziane” per amministratori e uomini d’affari 356 .<br />

La <strong>di</strong>ffusione del pensiero <strong>di</strong> Carl Schmitt nella cultura <strong>di</strong> sinistra <strong>italiana</strong> trainò pure un certo<br />

interesse per Clausewitz nell’ambito degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienza politica e filosofia. L’inizio si può far<br />

risalire al 1981, quando fu tradotta in italiano Theorie des Partisanen 357 . Seguirono poi stu<strong>di</strong><br />

specifici <strong>di</strong> Umberto Curi 358 , Pier Franco Taboni 359 , Luciano Guerzoni 360 , Massimo Mori 361 , Ettore<br />

Passerin d’Entrèves 362 , Michele Barbieri 363 , Loris Rizzi 364 , Anna Loretoni 365 , Gianfranco Frigo 366 ,<br />

352 Patrizio Flavio Quinzio, “Clausewitz: politica e guerra. Per una e<strong>di</strong>zione a fascioli del `Della Guerra”, in Rivista<br />

<strong>militare</strong> 1990, pp.48-55.<br />

353 Bernard, Vittorio. "La preparazione culturale dei capi militari nel pensiero <strong>di</strong> Clausewitz," in Rivista Militare<br />

1990, pp 2-9<br />

354 Giulio Primicerj (lui pure un alpino!), “La vita e le opere <strong>di</strong> Karl von C.”, “C. nel quarantennio <strong>di</strong> pace della<br />

Germania guglielmina”, “C., il piano Schlieffen e la prima guerra mon<strong>di</strong>ale”, “C. negli anni <strong>di</strong> Weimar”, “C.,<br />

Ludendorff e il Fuhrer del Terzo Reich” (in Rivista Militare, 1990, No. 6, pp. 116-129; 1992 No. 1, pp. 81-91; 1992 No.<br />

3, pp. 104-120; 1992, n. 6, pp. 122-134; 1993 No. 1, pp. 98-114).<br />

355 E. Vad, “Commiato da Clausewitz? Il nuovo pensiero nella politica <strong>di</strong> sicurezza” and E. Wagemann, "Ritorno a<br />

Clausewitz!", in Rivisita <strong>militare</strong>, 1991 No. 3, pp.20-36. See also Admiral Falco Accame, “Il Vietnam, Clausewitz,<br />

Freud: appunti per una teoria della strategia”, in Punto critico, No. 10, (11 March b1988), pp. 116-132.<br />

356 Mario Unnia, Della guerra aziendale: Clausewitz riletto dal manager: come sopravvivere e fare carriera nelle<br />

ristrutturazioni aziendali, Milano, E<strong>di</strong>zioni dell'Olifante, 1983; Antonio Bomberini, Lezioni <strong>di</strong> cultura strategica e<br />

psicologica dei mercati per managers e traders: una rilettura critica de L'arte della guerra <strong>di</strong> Sun Tzu e de Il libro dei<br />

cinque anelli <strong>di</strong> Miyamoto Musashi in compagnia del Della guerra <strong>di</strong> Carl Von Clausewitz, Desenzano del Garda,<br />

Borsari, 2003.<br />

357 Teoria del partigiano. Note complementari al concetto <strong>di</strong> politico, Milano, Il Saggiatore, 1981. In 2005, Adelphi<br />

ha pubblicato una nuova e<strong>di</strong>zione della citati traduzione (<strong>di</strong> Antonio De Martinis), con un leggero cambiamento del<br />

titolo (Teoria del partigiano. Integrazione al concetto <strong>di</strong> politico) e con un saggio <strong>di</strong> Franco Volpi (1952-2009), un<br />

importante specialista italiano <strong>di</strong> Heidegger.<br />

358 Umberto Curi, Della guerra, Arsenale E<strong>di</strong>trice, Venezia, 1982; Pensare la guerra, Dedalo, Bari, 1985 (reprinted<br />

with addenda in 1999); Polemos. Filosofia come guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.<br />

359 Pier Franco Taboni, “Filosofia e filosofie della guerra”, in Il Pensiero, N. S. XXIV-XXV, 1983-84; Id., “Violenza<br />

in Clausewitz”, in Hermeneutica, No. 4, 1985. Id., Clausewitz. La filosofia tra guerra e rivoluzione. Urbino,<br />

Quattroventi, 1990.<br />

360 Luciano Guerzoni, “Politica e guerra. In<strong>di</strong>ssolubili?”, in Bozze, (Bari, Dedalo), 1985, n. 1-2, pp. 9-46. Francesco<br />

Lamendola, Clausewitz mostra che per l’Occidente guerra e politica sono inseparabili, www.scribd.com (2010).<br />

361 Mario Mori, La ragione delle armi. Guerra e conflitto nella filosofia classica tedesca (1770-1830), Milano, Il<br />

Saggiatore, 1984.<br />

362 Ettore Passerin d’Entrèves, Guerra e riforme. La Prussia e il problema nazionale tedesco prima del 1848, Il<br />

Mulino, Bologna, 1985, pp. 37-50 (critics to Mori, nt. 20).<br />

363 Michele Barbieri, “Clausewitz. Restaurazione della politica in guerra e politica delle armi”, in Scritti per Mario<br />

Delle Piane, Napoli, ESI, 1986; Id. “La politica in Clausewitz”, in Stu<strong>di</strong> Senesi, C, 1988, Suppl. II, “Il problema<br />

Clausewitz: la letteratura monografica negli ultimi decenni”, in Archivio <strong>di</strong> <strong>storia</strong> della cultura, V, 1992, pp. 261-312.<br />

Id., Per un’estetica della politica: il primo Goethe, 1996.<br />

364 Loris Rizzi, Clausewitz. L’arte <strong>militare</strong> nell’età nucleare, Milano, Rizzoli, 1987, a precise and exhaustive compterendu<br />

of the international Clausewitzian stu<strong>di</strong>es and their impact on the debate about the nuclear <strong>di</strong>ssuasion.<br />

365 A. Loretoni,”C. von C.: La sicurezza dello Stato”, in Quaderni Forum, 1989; “C. von C.: la teoria politica della<br />

guerra moderna”, ne Il Pensiero politico, XXV, 1991, 3, pp. 376-396; Teorie della pace. Teorie della guerra , Pisa,<br />

ETS, 2005. Accor<strong>di</strong>ng to her, the Clausewitzian political realism, insofar as it is based on structure rather than on<br />

experience, <strong>di</strong>ffers from neo-classic realism (as exempled by Morgenthau) and is more congruent with the neo-realism<br />

of Kenneth Waltz and the Rousseauvian internationalism.<br />

130


Federico Dalpane 367 . Nel 1988 Mori, Barbieri, Rizzi, Loretoni, Jean e Luciano Bozzo tennero un<br />

seminario su Clausewitz nelle scienze politiche e filosofiche al Forum sulla Pace e la Guerra <strong>di</strong><br />

Firenze 368 . Altri stu<strong>di</strong>osi italiani scopersero il Vom Kriege attraverso Aron 369 . Nel 1993 Nicola<br />

Labanca curò una traduzione <strong>italiana</strong> (abbreviata per imposizione dell’e<strong>di</strong>tore) del Makers of<br />

Modern Strategy curato nel 1986 da Peter Paret 370 e Angelo Panebianco quella <strong>di</strong> Philosophers of<br />

War and Peace (1978) <strong>di</strong> W. B. Gallie (1912-1998) 371 .<br />

Mentre i filosofi italiani torturavano il Vom Kriege, i saggi <strong>di</strong> Christopher Bassford e Olof Rose<br />

sulla sua recezione in inglese (1994) e russo (1995) 372 ispirarono Andrea Molinari, un can<strong>di</strong>dato<br />

all’effimero dottorato <strong>di</strong> ricerca in <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> promosso dalle università <strong>di</strong> Torino, Padova e<br />

Cattolica <strong>di</strong> Milano, a proporre nel 1996 un progetto <strong>di</strong> ricerca sulla recezione <strong>di</strong> Clausewitz in<br />

Italia. Il consiglio del dottorato lo respinse a maggioranza, con la motivazione che l’argomento<br />

esulava dall’approccio italiano alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, considerata esclusivamente parte della <strong>storia</strong><br />

politica e sociale.<br />

Occasionalmente, qualche reperto del <strong>di</strong>battito internazionale sulla strategia e la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

raggiunge pure l’Italia, ma come relitti gettati dalle onde e raccolti sulla spiaggia dai nativi<br />

indagatori. Quando ciò avviene, gli e<strong>di</strong>tori italiani applicano immancabilmente la legge <strong>di</strong><br />

Gresham 373 . Di conseguenza nessuno dei fondamentali contributi agli stu<strong>di</strong> clausewitziani<br />

pubblicati nell’ultimo decennio del secolo scorso 374 e nel primo del presente 375 è stato pubblicato in<br />

366 Ed. della Lettera su Machiavelli (1809) <strong>di</strong> Clausewitz in appen<strong>di</strong>ce al saggio <strong>di</strong> Fichte, Gallo, Ferrara 1990, pp.<br />

121-8.<br />

367 Federico Dalpane, “C. von C.: osservazioni sugli scritti ‘minori’", in Scienza & Politica, No. 13, 1995, pp. 71-90;<br />

Id. “Incertezza, azione e decisione in C. von C.”, in Teoria politica, XIV,1998, No. 2, pp. 145-157; Id., Guerra e<br />

incertezza, Clueb, Bologna, 2001.<br />

368 «Quaderni Forum» n. 1 (Carl von Clausewitz: lo stato e la guerra ), Seminario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o Villa La Bicocca, 13<br />

febbraio 1988. V. pure Pier Paolo Portinaro, “Carl von Clausewitz”, in Bruno Bongiovanni e Luciano Guerci (Ed.),<br />

L'albero della rivoluzione. Le interpretazioni della Rivoluzione Francese, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1989, pp. 113-116.<br />

369 Rinaldo Falcioni, “Politica e guerra da Clausewitz ad Aron”, in Il Mulino, 1984, n. 4, pp. 577-602. It. transl.<br />

(Mondadori) of the Memoires of Aron (1905-1983), with a preface of Alberto Ronchey. It. Ed. by Carlo Maria Santoro<br />

(1935-2002) of Aron Sur Clausewitz (Bruxelles, 1987: Il Mulino, Bologna 1991). See Jean and Rusconi in A. Campi<br />

(Ed.), Pensare la politica. Saggi su Raymond Aron, Roma, Ideazione, 2005.<br />

370 Nicola Labanca, “I due Makers of modern strategy”, in Peter Paret (cur.), Guerra e strategia nell'età<br />

contemporanea, Genova, Marietti, 1992, pp. 7-32<br />

371 W. B. Gallie, Filosofie <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> guerra. Kant, Clausewitz, Marx, Engels, Tolstoi, Bologna, Il Mulino, 1993<br />

(Cambridge, 1978).<br />

372 Christopher Bassford, Clausewitz in English. The Reception of Clausewitz in Britain and America 1815-1945,<br />

Oxford U. P. 1994; Olaf Rose, Carl von Clausewitz. Zur Wirkungsgeschichte seines Werkes in Russland und den<br />

Sowjetunion 1836 bis 1994, Monaco, Oldenbourg Verlag, 1995. .<br />

373 Naturalmente ci sono eccezioni, come la LEG <strong>di</strong> Gorizia che si è affidata alla consulenza <strong>di</strong> uno specialista come<br />

il generale Mini; ma non abbastanza da colmare la lacuna. Ad esempio, malgrado le sua importanti critiche alla<br />

condotta della War on Terror, James S. Corum è conosciuto in Italia solo per il suo stu<strong>di</strong>o del 1992 sulle origini del<br />

Blitzkrieg, tradotto e prefato da Mini nel 2004 (Le origini del Blitzkrieg: Hans von Seeckt e la riforma <strong>militare</strong> tedesca :<br />

1919-1933, LEG, Gorizia 2004).<br />

374 Azar Gat, The origins of military thought: from enlightenment to Clausewitz, Oxford, Clarendon, 1989. Kurt Guss,<br />

Krieg als Gestalt. Psychologie und Pädagogik bei Carl von Clausewitz, 1990; Dietmar Schössler (Carl von Clausewitz,<br />

Rowohlt, Reinbeck bei Homburg, 1991; Handel, Sun Tzu and Clausewitz: The Art of War and On War Compared,<br />

Strategic Stu<strong>di</strong>es Institute, U. S. Army War College, 1991. Alan Beyerchen, “Clausewitz, Nonlinearity, and the<br />

Unpre<strong>di</strong>ctability of War”, in International Security, Vol. 17, No. 3 (Winter, 1992-1993), pp. 59-90 1991 Martin van<br />

Creveld The Transformation of War (New York, Free Press, 1991). K. M. French, a Marine Officer and former van<br />

Creveld student at Quantico, graduated himself with an interesting commentary (Clausewitz vs the Scholar: Martin van<br />

Creveld’s Expanded Theory of War). Peter Paret, Understan<strong>di</strong>ng war: essays on Clausewitz and the history of military<br />

131


Italia, con le uniche eccezioni <strong>di</strong> alcuni saggi <strong>di</strong> Andreas Herberg-Rothe 376 , della scolastica<br />

biografia <strong>di</strong> Clausewitz scritta da Hew Strachan 377 , e <strong>di</strong> due icone filosofiche come La guerre dans<br />

les sociétés modernes <strong>di</strong> Julien Freund (1923-1993) 378 e Achever Clausewitz <strong>di</strong> René Girard 379 .<br />

I libri italiani dell’ultimo decennio in cui si tratta <strong>di</strong> Clausewitz sono due manuali <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

strategici, <strong>di</strong> Jean 380 e <strong>di</strong> Giacomello-Ba<strong>di</strong>aletti 381 , un trattato sistematico dell’ammiraglio<br />

Sanfelice 382 , un’e<strong>di</strong>zione ulteriormente ridotta del Vom Kriege 383 , ed excerpta in due antologie <strong>di</strong><br />

scrittori politici 384 e militari 385 . Inoltre, Marco Menicocci ha riciclato inconsapevolmente la vecchie<br />

tesi dell’influenza hegeliana sul Vom Kriege che era stata confutata da Roques e Croce 386 ;<br />

Massimiliano Guareschi ha rovesciato la formula della Fortsetzung facendo leva su Foucault e<br />

Guattari 387 ; Gian Mario Bravo ha citato Clausewitz in una breve <strong>storia</strong> del militarismo e del<br />

power, Princeton U. P., 1993. Lt Colonel Barry D. Watts, Clausewitzian Friction and Future War, McNair Paper 52,<br />

Institute for National Strategic Stu<strong>di</strong>es, 1996. Gert de Nooy (Ed.), The Clausewitzian <strong>di</strong>ctum and the future of the<br />

Western military strategy, The Hague, London, Boston, Kluwer International (Nijhoff Law Specials 31), 1997.<br />

Emmanuel Terray, Clausewitz, Paris, Fayard, 1999.<br />

375 V. p. e. Andreas Herberg-Rothe (Das Rätsel Clausewitz. Politische Theorie des Krieges im Widerstreit, Fink<br />

Verlag, 2001; Clausewitz – Strategie denken, Munich, 2003; Herfried Münkler, Clausewitz’ Theorie des Krieges,<br />

Nomos Verlags, 2003; David J. Lonsdale, The nature of war in the Information Age: Clausewitzian future, London and<br />

New York, Frank Cass, 2004. Ralf Kulla (Politische Macht und politische Gewalt. Krieg, Gewaltfreiheit und<br />

Demokratie in Anschluss an Hannah Arendt und Carl von Clausewitz, Homburg, Verlag Dr. Kovač, 2005; Beatrice<br />

Heuser (Clausewitz lesen! Eine Einführung, Oldembourg Verlag 2005; Hew Strachan and Andreas Herberg-Rothe<br />

(Eds.), Clausewitz in the Twenty-First Century (Oxford U. P. 2007.<br />

376 Andreas Herberg-Rothe, “Opposizioni nella teoria politica della guerra <strong>di</strong> Clausewitz”, in Scienza & Politica, 9, n.<br />

19, Trento 1998, pp. 23–45. Of the same Author, “Clausewitz eller Nietzsche”, in Res Publica No. 54, Stockholm,<br />

March 2002, pp. 17–22; Clausewitz oder Nietzsche: Sul mutamento <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma nella teoria politica della guerra, in<br />

Merkur, n. 623, March 2001.<br />

377 Carl von Clausewitz’s On War. A Biography (A Book That Shook the World), Atlantic Monthly Press, 2007, trad.<br />

it. Roma, Newton Compton, 2007.<br />

378 J. Freund, “Guerra e politica da Carl von Clausewitz a Raymond Aron”, in Id., La guerra nelle società moderne<br />

(1991), Lungro <strong>di</strong> Cosenza, Marco Ed., 2007, pp. 81-94.<br />

379 Achever Clausewitz (2007), il cui titolo evoca l’idea <strong>di</strong> dargli il colpo <strong>di</strong> grazia piuttosto che <strong>di</strong> completarlo (Ital.<br />

transl. Girard, Portando Clausewitz all’estremo. Conversazione con Benoît Chantre, a cura <strong>di</strong> Giuseppe Fornari,<br />

Milano, Adelphi, 2008).<br />

380 Carlo Jean, Guerra, strategia e sicurezza, (1997-2000); Id., Manuale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici, (2004, 2008), entrambi<br />

pubblicati da Laterza (Roma-Bari).<br />

381 Giampiero Giacomello and Col. Gianmarco Ba<strong>di</strong>aletti, Manuale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> strategici. Da Sun Tzu alle “nuove<br />

guerre”, Milano, Vita e Pensiero, 2009.<br />

382 Fer<strong>di</strong>nando Sanfelice <strong>di</strong> Monteforte, Il <strong>di</strong>battito strategico, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010.<br />

383 Clausewitz, Della Guerra, Milano, Rizzoli, BUR (“Pillole”), 2009, pp. 121.<br />

384 Carlo Galli, Guerra, Roma-Bari, Laterza, 2004.<br />

385 Gastone Breccia (Ed.); L’arte della guerra da Sun Zu a Clausewitz, Torino, Einau<strong>di</strong>, 2009, pp. cxxxvi-vii. Dopo<br />

averci informati <strong>di</strong> essere stato deluso dal Vom Kriege all’epoca in cui voleva fare un gioco <strong>di</strong> guerra ispirato alla Storia<br />

della guerra civile Americana <strong>di</strong> Raimondo Luraghi, Breccia sostiene che “è senza dubbio sbagliato considerare<br />

(Clausewitz and Jomini) due poli opposti del pensiero <strong>militare</strong> del XIX secolo”.<br />

386 Pubblicato il 20 ottobre 2002 in www.recensionifilosifiche.it.<br />

387 Massimiliano Guareschi, Ribaltare Clausewitz. La guerra in Michel Foucault e Deleuze-Guattari, Roma, Centro<br />

<strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> e Iniziative per la Riforma dello Stato, 2005.<br />

132


pacifismo che culmina nel magistero imperituro <strong>di</strong> Norberto Bobbio 388 e Paolo Ceola in un saggio<br />

sulla guerra contemporanea come “labirinto” 389 . Secondo Antonino Drago e Francesco Pezzullo il<br />

frequente ricorso <strong>di</strong> Clausewitz alla doppia negazione tra<strong>di</strong>sce la debolezza logica delle sue<br />

definizioni 390 . Nel 2010, infine, la Fondazione Farefuturo ha inaugurato la sua nuova rivista<br />

pubblicando il saggio del 1967 <strong>di</strong> Carl Schmitt su Clausewitz come pensatore politico 391 .<br />

I contributi italiani più originali<br />

Come si vede, le interpretazioni italiane <strong>di</strong> Clausewitz riguardano le scienze politiche e<br />

filosofiche piuttosto che gli stu<strong>di</strong> strategici o la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e il loro standard qualitativo ha subito<br />

un declino nell’ultimo decennio. Tuttavia, a nostro giu<strong>di</strong>zio, alcuni contributi meritano attenzione<br />

da parte della comunità internazionale degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> Clausewitz. Il migliore è ancora il saggio <strong>di</strong><br />

Gian Enrico Rusconi sul collasso dell’equilibrio europeo nel 1914, nel quale egli <strong>di</strong>fende, contro<br />

Delbrück and Liddell Hart, la razionalità clausewitziana del Piano Schlieffen, e attribuisce la<br />

responsabilità dello scoppio della guerra più al governo che allo stato maggiore tedesco 392 . Nel<br />

1999 Rusconi ha dato un nuovo e più ampio contributo 393 . Non solo con una biografia <strong>di</strong> Clausewitz<br />

ben più dettagliata e penetrante <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Strachan, ma con una approfon<strong>di</strong>ta analisi del Vom<br />

Kriege, in cui mette in risalto non solo idee e meto<strong>di</strong>, ma le ragioni storiche della sua fortuna e del<br />

suo fato. Correggendo la visione Schmittiana per Prussianesimo <strong>di</strong> Clausewitz, Rusconi analizza la<br />

“sindrome prussiana” che voleva rafforzare la Germania senza minare l’equilibrio europeo, e che<br />

perciò era assolutamente incompatibile col sovversivismo hitleriano. Infine gli dobbiamo una nuova<br />

traduzione delle parti fondamentali del Vom Kriege, con un’ampia ed eccellente introduzione 394 .<br />

Originale è pure il paragone tra i Sette Classici della strategia cinese e il Vom Kriege fatto nel<br />

1998 dal generale Fabio Mini. A suo giu<strong>di</strong>zio, analizzato da un punto <strong>di</strong> vista orientale,<br />

l’opposizione tra le ere<strong>di</strong>tà jominiana e clausewitziana scompare ed è paradossalmente proprio<br />

quest’ultima a caratterizzare il modo occidentale <strong>di</strong> fare la guerra. Mini è infatti convinto che,<br />

malgrado l’apparenza contraria, sia stato proprio Clausewitz ad influenzare l’approccio meccanico,<br />

statico e impersonale che caratterizza lo stile occidentale <strong>di</strong> guerra in contrasto con la tra<strong>di</strong>zione<br />

orientale, più flessibile, <strong>di</strong>namica e attenta al fattore umano. L’autore ne trae riprova dalla <strong>storia</strong><br />

388 Gian Mario Bravo, “Dall'arte della guerra alle armi per la pace: da Machiavelli a Erasmo, ovvero, da Clausewitz a<br />

Bobbio”, in Vincenzo Ferrari (Ed.), Filosofia giuri<strong>di</strong>ca della guerra e della pace. Atti del XXV congresso della Società<br />

<strong>italiana</strong> <strong>di</strong> filosofia del <strong>di</strong>ritto, Milano, Franco Angeli, 2008, pp. 493-510.<br />

389 Paolo Ceola, Il Labirinto. Saggi sulla guerra contemporanea, Napoli, Liguori, 2002. Id., Armi e democrazia. Per<br />

una teoria riformista della guerra, Biella, 2006.<br />

390 Drago Antonino, and Pezzullo Francesco, “Logica e strategia. Analisi della teoria <strong>di</strong> K. von Clausewitz”, Teoria<br />

Politica 16 (2000), pp.164-174.<br />

391 C. Schmitt, “Clausewitz come pensatore politico. Osservazioni e riferimenti”, in Rivista <strong>di</strong> Politica, I, 1, 2010, pp.<br />

93-111, with G. Maschke’s complementary notes (112-19), transl. by Luigi Cimmino (see his “Il limite del Clausewitz<br />

"politico", in L'In<strong>di</strong>pendente, 20 March 2005)<br />

392 Gian Enrico Rusconi, Rischio 1914. Come si decide una guerra, Bologna, Il Mulino, 1987 (v. il capitolo<br />

“Clausewitz è caduto sulla Marna?”, pp. 147-164).<br />

393 Gian Enrico Rusconi, Clausewitz il Prussiano. La politica della guerra nell’equilibrio europeo, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1999.<br />

394 Clausewitz, Della guerra, Einau<strong>di</strong>, Torino, 2009, 250 pp. Newly (but only partially) translated and commented by<br />

Gian Enrico Rusconi.<br />

133


della strategia giapponese, vincente nella guerra del 1904-05 perché ispirata ai classici cinesi e<br />

<strong>di</strong>sastrosa nella seconda guerra mon<strong>di</strong>ale perché <strong>di</strong>venuta “clausewitziana” 395 .<br />

Altri buoni testi italiani includono il paragone (dovuto ad Alessandro Colombo nel 2006) tra le<br />

<strong>di</strong>verse concezioni <strong>di</strong> “guerra limitata” che ricorrono in Grozio e in Clausewitz 396 , e un saggio <strong>di</strong><br />

Jean (2002) che interpreta la guerra al terrore come “confronto <strong>di</strong> forze” e “scontro <strong>di</strong> volontà”, in<br />

cui la posta in gioco è il fattore morale (“conquistare i cuori e le menti”) 397 . Non meno importanti<br />

sono, nel campo della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, le applicazioni <strong>di</strong> categorie clausewitziane fatte da Luigi<br />

Loreto, soprattutto nel suo saggio del 1993 su Cesare, in cui, ad esempio, impiega il concetto <strong>di</strong><br />

frizione per interpretare il VI libro del Bellum Gallicum e il III del Bellum Civile come “i libri del<br />

casus” 398 . Gli dobbiamo, in 2007, un capolavoro della storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> (The Great<br />

Strategy of Rome in the First Punic War) 399 , la cui genialità aggrava il peccato Liddell-Hartiano.<br />

Possa il Cielo perdonarlo!<br />

395 Fabio Mini, L’altra strategia, Franco Angeli, Milano, 1998. Stessa idea in Gastone Breccia, lui pure un<br />

“Sunziista” (“A<strong>di</strong>eu Herr von Clausewitz”, in Limes 6/2006).<br />

396 Alessandro Colombo, La guerra ineguale. Pace e violenza nel tramonto della società internazionale, Bologna, Il<br />

Mulino, 2006.<br />

397 Jean, “Clausewitz and bin Laden”, in Lucia Annunziata and Marta Dassù (Eds.). Conflicts in 21 st Century, Rome,<br />

Aspen Institute Italia, 2002, pp. 151-163. Quoted by Paolo Della Sala, in Guanaca e-book 42<br />

(http://lapulce<strong>di</strong>voltaire.blogosfere.it).<br />

398 Pensare la guerra in Cesare, I, cit., pp. 271-72.<br />

399 Luigi Loreto, La grande strategia <strong>di</strong> Roma nell’età della prima guerra punica. L’inizio <strong>di</strong> un paradosso, Jovene,<br />

Napoli, 2007.<br />

134


6. LOMONACO, FOSCOLO, TIBELL. Storia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> un<br />

suici<strong>di</strong>o filosofico<br />

"Negli ultimi tempi era <strong>di</strong>venuto triste e quasi insocievole. Morì filosoficamente. Si levò all'ora<br />

solita, stamane, 1 settembre 1810: scrisse una lettera al fratello; si vestì degli abiti da festa; uscì <strong>di</strong><br />

casa e si recò al caffè del Barilotto, dove bevve un bicchiere <strong>di</strong> vino, e quando fu su la riva del<br />

Navigliaccio presso San Lanfranco, luogo molto solitario, si tuffò nella corrente, in quel giorno<br />

rapi<strong>di</strong>ssima. Un soldato cercò <strong>di</strong> salvare il suicida, ma lottò invano contro le onde, e per poco non fu<br />

inghiottito anche lui.". Nella lettera spiegava <strong>di</strong> aver voluto così sventare il piano dei suoi nemici <strong>di</strong><br />

svergognarlo durante gli imminenti esami pubblici della scuola <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Pavia, dov'era<br />

professore. E concludeva: "Col fato non lice dar <strong>di</strong> cozzo. Se vissi sempre in<strong>di</strong>pendente e glorioso,<br />

voglio morire più in<strong>di</strong>pendente e gloriosissimo".<br />

Montalbano Jonico, paese natale <strong>di</strong> Francesco Lomonaco, ha da poco celebrato il bicentenario del<br />

suici<strong>di</strong>o del suo più illustre concitta<strong>di</strong>no (dopo il fondatore dell'Alfa Romeo). E John Anthony<br />

Davis, nel suo recente stu<strong>di</strong>o sull'Italia meri<strong>di</strong>onale nelle rivoluzioni europee (Naples and<br />

Napoleon, Oxford U. P., 2006), ha de<strong>di</strong>cato un'acuta analisi (p. 97) all'opera più nota <strong>di</strong> Lomonaco,<br />

il Rapporto al Citta<strong>di</strong>no Carnot sulla catastrofe napoletana, famoso per l’allegato coi nomi dei 122<br />

“martiri repubblicani” [scritto in esilio a Parigi nel 1799 e pubblicato a Milano nell'agosto 1800; poi<br />

Osanna 1990; Lacaita 1999], mettendo in risalto le <strong>di</strong>fferenze col Saggio <strong>di</strong> Vincenzo Cuoco,<br />

pubblicato un anno più tar<strong>di</strong>.<br />

Benché Giuseppe Laterza l'abbia ora incluso tra i "martiri meri<strong>di</strong>onali", in realtà i guai <strong>di</strong> Lomonaco<br />

non venivano dalla politica. Figlio <strong>di</strong> un illuminista, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> un giornale e traduttore <strong>di</strong> Mably,<br />

condannato a morte dai borbonici, rifugiato a Parigi, poi a Ginevra e infine a Milano, era <strong>di</strong>venuto<br />

bibliotecario a Brera e poi me<strong>di</strong>co <strong>militare</strong>. Come tale ebbe occasione <strong>di</strong> curare Ugo Foscolo e più<br />

tar<strong>di</strong> conobbe pure Alessandro Manzoni. Nel 1800 la sua requisitoria contro il Direttorio tra<strong>di</strong>tore<br />

dei patrioti napoletani era cacio sui maccheroni del Primo Console; nel 1801 non era stato toccato<br />

dalla purga contro gli esuli napoletani nella Cisalpina; e nel 1805, con tutto il suo repubblicanesimo,<br />

l'avevano ammesso ad omaggiare Napoleone Imperatore dei Francesi e Re d'Italia. Pure socialmente<br />

non era messo male: il suo saggio sulla Sensibilità, ispirato a Con<strong>di</strong>llac, era trendy nel 1801;<br />

Manzoni <strong>di</strong>ciassettenne, impressionato dalle autocommiserazioni <strong>di</strong> quel cespuglio butterato, gli<br />

de<strong>di</strong>cò un sonetto sulla vita <strong>di</strong> Dante, che Lomonaco, atteggiandosi a novello Ghibellin fuggiasco,<br />

mise poi ad esergo alla sua biografia dell'Alighieri, prima <strong>di</strong> altre 22 "Vite <strong>di</strong> eccellenti italiani"<br />

pubblicate nel 1802. Il posto <strong>di</strong> professore <strong>di</strong> <strong>storia</strong> e geografia (1.920 lire annue, non male) al<br />

Ghislieri, appena trasformato in "scuola <strong>militare</strong>", l'aveva ottenuto nel 1805, tramite Manzoni e<br />

Vincenzo Monti, grazie a una collezione <strong>di</strong> 23 "Vite de' famosi capitani d'Italia" (1804-05), inclusi<br />

7 brevi "paragoni" tra coppie <strong>di</strong> biografati che valsero all'autore il titolo <strong>di</strong> "Plutarco d'Italia", e la<br />

fama <strong>di</strong> "storico <strong>militare</strong>", tanto che nell'e<strong>di</strong>zione postuma delle sue Opere, Lugano 1831-37, fu<br />

pure attribuito a lui il saggio "Della virtù <strong>militare</strong> e delle sue vicende presso le antiche e moderne<br />

nazioni", in realtà <strong>di</strong> un altro esule, il calabrese, Bruno Galiano, lui pure professore (<strong>di</strong> lettere) a<br />

Pavia (ma era stato licenziato nel settembre 1805 a seguito <strong>di</strong> un alterco notturno col capitano<br />

polacco addetto alla <strong>di</strong>sciplina interna).<br />

I guai <strong>di</strong> Lomonaco cominciarono nel marzo 1806, col ritorno a Milano <strong>di</strong> Ugo Foscolo, finalmente<br />

congedato. Incaricato da Napoleone <strong>di</strong> far tradurre in italiano il travagliato commentario del<br />

maresciallo Berthier sulla battaglia <strong>di</strong> Marengo per adottarlo come libro <strong>di</strong> testo alla scuola <strong>militare</strong><br />

<strong>di</strong> Modena, il ministro della guerra Caffarelli colse due piccioni con una fava affidando il compito a<br />

Foscolo. Il 13 luglio il "poeta-soldato" ne accennava enfaticamente a Pindemonte: “il povero Ugo<br />

scrive non iniussa; carte topografiche, evoluzioni <strong>di</strong> battaglie antiche e moderne, passaggi delle<br />

Alpi moderni comparati agli antichi. Però mi sto con Claviero, Gibbon, Polibio e Livio alla mano, e<br />

135


con un libro che vi è ancora ignoto: ‘Commentari <strong>di</strong> Napoleone’; scritti o dettati da lui. Il principe<br />

Eugenio li fa tradurre e mi hanno eletto a ciò, per non uscire <strong>di</strong> letterato e <strong>militare</strong>. Eccomi dunque<br />

traduttore con tutte le potenze dell’anima, per onore della <strong>di</strong>visa Italiana e della lingua nostra<br />

<strong>militare</strong>; ma s’io tradurrò e commenterò totis viribus, avrò pari stu<strong>di</strong>o e pari forza per preservarmi<br />

immacolato <strong>di</strong> adulazioni”. Armamentario fuor <strong>di</strong> luogo per un incarico tanto modesto come la<br />

traduzione <strong>di</strong> qualche pagina <strong>di</strong> propaganda: per non parlare dell’idea balzana <strong>di</strong> poter commentare<br />

in proprio la battaglia su cui, mistificando, lo stesso imperatore aveva costruito la propria<br />

glorificazione. Forse proprio per questo nessuno gli fece fretta e Napoleone, come spesso accadeva,<br />

<strong>di</strong>menticò <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato la traduzione.<br />

Forse Lomonaco lo prese come un torto? Forse fu il risentimento a fargli sbagliare, nel settembre<br />

1806, l'enfasi del suo Discorso inaugurale dei corsi <strong>di</strong> Pavia? Lo giocò infatti tutto su una<br />

rievocazione <strong>di</strong> Machiavelli, Bruno, Campanella e Vico anziché sulla palingenesi napoleonica, il<br />

che spiacque in alto loco, tanto che il governatore della scuola, Psali<strong>di</strong>, fu invitato a richiamare il<br />

professore. Durante il suo soggiorno a Brescia, nel giugno-settembre 1807, Foscolo gliene combinò<br />

poi una peggiore mettendosi in capo <strong>di</strong> commentare le opere <strong>di</strong> Montecuccoli, senza rispettare la<br />

prelazione <strong>di</strong> Lomonaco, il quale aveva incluso la biografia del condottiero nelle Vite <strong>di</strong> Eccellenti e<br />

un suo Elogio (opera <strong>di</strong> Agostino Para<strong>di</strong>si) nelle Vite dei capitani. L'idea del commento gli fu forse<br />

suggerita dal presidente del consiglio legislativo, il conte Estorre Martinengo Colleoni, già ufficiale<br />

del genio prussiano e cultore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> militari (fortificò Brescia, inventò una macchina incen<strong>di</strong>aria<br />

per <strong>di</strong>fesa portuale e nel 1806 pubblicò un opuscolo sulla Milizia equestre). Nella de<strong>di</strong>ca spudorata<br />

del 12 novembre 1807 a Caffarelli, “amico alle lettere ed estimatore degl’ingegni”, Foscolo<br />

scriveva: “Piaccia all’Eccellenza Vostra <strong>di</strong> risguardare questa e<strong>di</strong>zione come una emanazione delle<br />

vostre liberali intenzioni, e come offerta leale <strong>di</strong> un <strong>militare</strong>, che non ha scritto mai, né de<strong>di</strong>cato<br />

verun libro per procacciarsi favore”. Appunto. Il 27 maggio 1808, contestualmente all’uscita del I<br />

volume, Foscolo ottenne infatti il richiamo in servizio sedentario a mezzo stipen<strong>di</strong>o. Che s'ha da fa<br />

pe' campa'. Il 23 luglio scriveva a Mario Pietri: “io m’affretto <strong>di</strong>etro al secondo volume de<br />

Montecuccoli e mi pare mill’anni d’uscirne”.<br />

Nel gennaio 1809 Lomonaco se lo vide arrivare a Pavia, professore <strong>di</strong> eloquenza. “Da gran tempo –<br />

scriveva Foscolo all’amico Naranzi – io tentava <strong>di</strong> scansarmi dalla schiavitù della milizia; non mi<br />

pento <strong>di</strong> aver militato; mi pento bensì grandemente del tempo rapito agli stu<strong>di</strong>. Ho varcati i<br />

trent’anni, e bisogna ormai ch’io pensi più alla quiete ed alle lettere che alle armi e ai ricami delle<br />

<strong>di</strong>vise soldatesche”. Commentare Montecuccoli gli aveva ormai <strong>di</strong>schiuso gli arcani della strategia:<br />

un ingegno come il suo doveva dar ora al mondo la Storia dell’arte della guerra. “Per giungere ai<br />

principi e fissare la loro vali<strong>di</strong>tà” intendeva “risalire per la scala <strong>di</strong> tutti i fatti, <strong>di</strong> tutti i tempi e <strong>di</strong><br />

tutti gli agenti; paragonare il sistema <strong>di</strong> tutti i popoli dominatori ed il genio dei celebri capitani,<br />

onde scoprire le cause generali che influirono alle conquiste; finalmente esaminare sotto quali<br />

apparenze e con quali effetti queste cause generali agiscono ai nostri giorni”. Da tali altezze sublimi<br />

vide acutamente che la sconfitta <strong>di</strong> Sacile del 16 aprile 1809 e la ritirata strategica del viceré non<br />

reclamavano il suo brando. Certo, <strong>di</strong>chiarò più tar<strong>di</strong>, “se le faccende avessero peggiorato, io non<br />

avrei patito <strong>di</strong> starmi tranquillo nella pubblica calamità; e rivestita la <strong>di</strong>visa, avrei militato anche io,<br />

pagato o no, a pie<strong>di</strong> o a cavallo, capitano o soldato”. Ma, dal momento che sulla Raab non c’era<br />

bisogno <strong>di</strong> lui e che le cattedre d’eloquenza furono soppresse, attese finalmente a scrivere il II<br />

volume del Montecuccoli, uscito alla fine dell’anno.<br />

Sarà stato questo trombone che gli passeggiava declamando sui pie<strong>di</strong>, a indurre Lomonaco a<br />

prendere la funesta decisione <strong>di</strong> pubblicare, nel 1809, i Discorsi letterari e filosofici (ora Morano,<br />

Napoli, 1992)? Certo la rovina se l'attirò da solo, col vittimismo moraleggiante e rancoroso del<br />

loser, che, sentendosi incapace <strong>di</strong> competere per le donne e il potere, pretende <strong>di</strong> ottenerli<br />

denunciandoli come vizio. Le donne, il levantino le sfruttava senza scrupoli; il lucano le male<strong>di</strong>ceva<br />

in segreto (Delle Femmine, Calice, Rionero, 2002). Quanto al potere, quello campò <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta sul<br />

suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Jacopo Ortis, l'altro si tolse dai pie<strong>di</strong> da solo. Milano non sarà mai beatamente spudorata<br />

136


come la Roma <strong>di</strong> Onofrio Sor<strong>di</strong> nel Marchese del Grillo, ma livida e ven<strong>di</strong>cativa come Peyton<br />

Place: quel pochissimo che già c'era da bere si legò al <strong>di</strong>to le criptiche allusioni a miserabili storie <strong>di</strong><br />

corna. Dopo un violento attacco del Giornale italiano, il volume fu sequestrato dalla polizia.<br />

Lomonaco fu però <strong>di</strong>feso dal ministro della guerra e un’inchiesta interna tra i suoi allievi si espresse<br />

in termini vivamente elogiativi. In seguito il <strong>di</strong>rettore degli stu<strong>di</strong> propose più volte <strong>di</strong> concedere<br />

gratifiche e riconoscimenti al professore, giu<strong>di</strong>cato il migliore della scuola e l’unico ad averle dato<br />

lustro con le sue pubblicazioni <strong>di</strong> “<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>”.<br />

Il suici<strong>di</strong>o spianò la strada alle ambizioni storico-militari del Vate. Sfumate le nozze con una<br />

facoltosa contessina comasca sorella <strong>di</strong> un caduto, nel 1810 le sue critiche alle moderne traduzioni<br />

<strong>di</strong> Omero provocarono la celebre rottura con Monti e un periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazia. Pose mano, allora,<br />

alla <strong>di</strong>menticata traduzione del commentario <strong>di</strong> Marengo: trenta paginette, pubblicate nel 1811 dalla<br />

Stamperia Reale, che gli valsero l’incarico, datogli dal ministro Fontanelli, <strong>di</strong> compilare la <strong>storia</strong><br />

dell’esercito cisalpino–italiano. “Ma ciò – scrisse poi Zanoli – non sortì effetto, e per essere andato<br />

Foscolo in Toscana nel 1813 (rectius nell’agosto 1812), e poi per aver palesato la strana ambizione<br />

<strong>di</strong> aver titolo d’istoriografo dell’esercito, siccome lo ebbe inutilmente del regno Monti Vincenzo”.<br />

Nell’ottobre 1813, appresa a Firenze la notizia <strong>di</strong> Lipsia, Foscolo tornò a Milano, riprendendo<br />

servizio quale capitano: non però al fronte, ma a <strong>di</strong>sposizione del ministero della guerra, impiegato<br />

per la propaganda a favore dell’arruolamento dei volontari. Re<strong>di</strong>gere proclami era in fondo<br />

l’incarico più confacente al letterato che confondeva la <strong>storia</strong> con l’“esortazione alle storie”.<br />

Il 26 aprile 1814 Pino, nuovo comandante nominale dell’esercito, lo promosse capobattaglione per<br />

aver sottratto il generale Peyri al linciaggio durante i tumulti del 20. Foscolo andò poi a Genova da<br />

Lord Bentinck a portargli una copia del Montecuccoli e un assurdo progetto per far ribellare le<br />

truppe italiane accantonate tra Bergamo e Brescia e chiamare gli inglesi a scacciare gli austriaci. Gli<br />

fu in seguito rimproverato <strong>di</strong> non aver <strong>di</strong>sdegnato le lusinghe del maresciallo Bellegarde che gli<br />

offriva la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una rivista né la speranza, delusa, <strong>di</strong> ottenere la pensione per sé e per il<br />

fratello Giulio, tenente del 3° cacciatori a cavallo. Gli va tuttavia riconosciuto <strong>di</strong> essere infine<br />

partito in esilio il 31 marzo 1815, per non prestare il giuramento all’imperatore Francesco I richiesto<br />

agli ufficiali ex-italiani.<br />

Nel 1816 comparve la prima trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Manzoni, "Il Conte <strong>di</strong> Carmagnola", ispirata dalla biografia<br />

scritta da Lomonaco: mezzo secolo dopo Manzoni de<strong>di</strong>cò all'amico un commosso ricordo,<br />

pubblicato però solo nel 1876 sul Corriere della Sera.<br />

Di Foscolo e Lomonaco, come "storici militari", parliamo oggi solo perché a Milano, per prezioso<br />

contrappunto, ne capitò allora uno vero. Era uno svedese, Gustaf Wilhelm af Tibell (1778-1832),<br />

che aveva fondato l'"Accademia" (nel senso <strong>di</strong> salotto culturale) <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Stoccolma e che fu poi<br />

ministro della guerra del suo paese (il ritratto ricorda il generale del film Il pranzo <strong>di</strong> Babette). A<br />

Milano, nel 1801-02, Tibell fondò sia il Deposito della guerra e il corpo degli ingegneri topografi,<br />

sia un cenacolo analogo a quello svedese e la prima rivista <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> (il Giornale<br />

dell'Accademia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>). Era davvero <strong>di</strong> altissimo livello tecnico-scientifico e perciò fu un<br />

miracolo se tra quegli zulù durò ad<strong>di</strong>rittura più <strong>di</strong> un anno (dall'aprile 1802 al giugno 1803) con 883<br />

copie vendute. Sulla rivista Tibell tracciò in modo chiaro lo statuto epistemologico e il metodo della<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong> professionale e scientifica, nata dalle "memorie militari" allegate alle carte<br />

topografiche e caratterizzata dall'intento <strong>di</strong> "rendere conto in una maniera molto particolareggiata<br />

delle operazioni militari" per servire all'elaborazione e alla critica della scienza e della dottrina<br />

<strong>militare</strong>. Finalmente nel luglio 1803 Tibell comprese che razza <strong>di</strong> gente aveva davanti e se ne tornò<br />

in Svezia. Ovviamente la scuola <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Milano finì intitolata non a lui, l'unico che se lo sarebbe<br />

meritato, ma a Pietro Teulié, un avvocaticchio giacobino con tanto <strong>di</strong> orecchino, <strong>di</strong>sastroso sia come<br />

sindacalista degli antemarcia sia come ministro della guerra cisalpino-italico, che nel 1807 si fece<br />

stupidamente ammazzare da una cannonata mentre, ubriaco come una cucuzza, inveiva a cavalcioni<br />

<strong>di</strong> una batteria contro le mura <strong>di</strong> Kolberg [<strong>di</strong>fesa da Gneisenau, interpretato da Horst Kaspar nel<br />

famoso film <strong>di</strong> Veit Harlan del 1944].<br />

137


Creando un contesto culturale, Tibell poté spremere qualche stilla <strong>di</strong> pensiero <strong>militare</strong> perfino<br />

dagli ufficiali italiani, almeno da qualche giovane più dotato, ma non riuscì a impiantare una scuola<br />

<strong>italiana</strong>, tanto meno a promuovere una storiografia <strong>militare</strong> nazionale. Poteva riuscirci se fosse<br />

rimasto a Milano più a lungo? C’è da dubitarne. Non ne esistevano infatti né i presupposti politici<br />

né le con<strong>di</strong>zioni culturali. Una <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> scientifica presuppone l’in<strong>di</strong>pendenza, la piena<br />

sovranità del Principe. Uno stato semplicemente autonomo, privo del ius belli ac pacis; uno stato<br />

maggiore puramente esecutivo, senza la responsabilità del piano generale <strong>di</strong> campagna, non<br />

producono <strong>storia</strong> scientifica, ma soltanto ideologia e propaganda. La <strong>storia</strong> come istorìa e<br />

intelligence è incompatibile con la <strong>di</strong>pendenza, perché la smaschera, delegittimando l’or<strong>di</strong>ne<br />

costituito.<br />

Una classe <strong>di</strong>rigente selezionata dallo straniero per svolgere un ruolo subalterno e non nazionale,<br />

avverte istintivamente il rischio <strong>di</strong> essere ra<strong>di</strong>calmente delegittimata da una visione scientifica e<br />

oggettiva dei rapporti politico-militari e finisce sempre, senza averne magari piena coscienza, per<br />

respingere ed espellere il corpo estraneo, come avvenne puntualmente con Tibell. Nessuno tentò <strong>di</strong><br />

trattenerlo o <strong>di</strong> proseguire al suo posto l’azione culturale intrapresa e che, solleticando effimere<br />

vanità <strong>di</strong> vedersi pubblicati sul Giornale o ricevuti dall’accademia, dovette suscitare nella massa dei<br />

<strong>di</strong>rigenti militari italiani (traîneurs de sabre, ex-avvocati politicanti o al massimo geometri e<br />

ragionieri in uniforme) rabbiose ansie da confronto. Non stupisce perciò che il suo nome sia stato<br />

cancellato non solo dalla memoria ufficiale, ma perfino dai ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> chi occasionalmente e<br />

<strong>di</strong>strattamente collaborò con lui.<br />

Quanto alla cultura nazionale, essa era ancor più intrinsecamente refrattaria del governo e dello<br />

stato maggiore italiani alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> scientifica. Continuava infatti, come nell’antico regime, a<br />

coniugare universalismo e particolarismo, il mondo commisurato al municipio: dove l’unico tocco<br />

davvero moderno era la sostituzione del cosmopolitismo borghese all’umanesimo. Centrale era<br />

perciò, nella cultura politica <strong>italiana</strong>, la questione costituzionale, non quella della sovranità: non<br />

l’impossibile conquista <strong>di</strong> un potere in<strong>di</strong>pendente, ma la concreta ripartizione <strong>di</strong> quello delegato.<br />

L’esercito nazionale era percepito in modo puramente sociale, da un lato come onere, dall’altro<br />

come parte della classe <strong>di</strong>rigente: non come lo strumento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno politico; che non c’era e non<br />

si voleva. E la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> passava quin<strong>di</strong> da una funzione critica ad una funzione ideologica, dal<br />

reparto operazioni al reparto propaganda. Da Tibell, appunto, a Foscolo.<br />

Opere <strong>di</strong> Lomonaco: Rapporto al citta<strong>di</strong>no Carnot, (1801), Analisi della sensibilità, delle sue<br />

leggi e delle sue <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>ficazioni considerate relativamente alla morale ed alla politica<br />

(1801); Vite degli eccellenti italiani (1802); Vite de'famosi capitani d'Italia coll'aggiunta<br />

dell'"Elogio <strong>di</strong> Raimondo Montecuccoli", scritto da Agostino Para<strong>di</strong>si (1804-05); Discorso<br />

augurale (1805); Discorsi letterarj e filosofici : aggiuntavi la risposta ad una critica anonima<br />

(1809). Queste ristampate in Opere <strong>di</strong> F. L., Tip. Ruggia, Lugano 1831-37, 9 voll. E<strong>di</strong>zioni<br />

recenti: I Condottieri (A. Barion, Milano, 1937); Rapporto (Osanna, Venosa, 1990; P.<br />

Lacaita, Manduria, 1999); Discorsi (Morano, Napoli, 1992); Delle Femmine (Calice, Rionero<br />

in Vulture, 2002).<br />

Bibliografia: Pietro Borraro (cur.), F. L. un giacobino del Sud, atti del 2. Convegno nazionale<br />

<strong>di</strong> storiografia lucana : Montalbano Jonico - Matera, 10-14 settembre 1970, Galatina,<br />

Congedo, 1976. P.A. De Lisio, Per F. L., Napoli, 1975. Nunzio Campagna, Un ideologo<br />

italiano: F. L., Milano, Marzorati, 1986. F. De Vincenzis (cur.), La misura dello sguardo. F.<br />

L. e il pensiero europeo, Napoli, Osanna Venosa, 2002. Michele Giuseppe Scaccuto, "Eresie"<br />

su F. L., Firenze, Atheneum Maremmi, 2004. Antonio Di Chicco, F. L., Patriota, letterato,<br />

filosofo, Giuseppe Laterza, 2010 (Profili <strong>di</strong> martiri meri<strong>di</strong>onali). Leonardo Selvaggi, F. L.,<br />

Prospettiva e<strong>di</strong>trice, 2010.<br />

138


7. GENESI DELA PRIMA BIBLIOGRAFIA MILITARE ITALIANA<br />

(Agosto 2011)<br />

1. La bibliografia <strong>militare</strong> antica e moderna <strong>di</strong> Gabriel Naudé (1637)<br />

A giu<strong>di</strong>care dai repertori redatti nell'Ottocento, si può stimare che nei tre secoli precedenti siano<br />

stati pubblicati in Europa oltre <strong>di</strong>ecimila trattati e monografie <strong>di</strong> arte, <strong>storia</strong> e scienze militari. Forse<br />

la più antica bibliografia <strong>militare</strong> è l'elenchus <strong>di</strong> 123 opere de re militari aut ad eam spectantia<br />

incluso nella Bibliotheca selecta del gesuita mantovano Antonio Possevino (1533/4-1611) 400 .<br />

Naturalmente era esclusa l’Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli e compreso il Soldato cristiano, scritto nel<br />

1569 dallo stesso Possevino per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Pio V in occasione della spe<strong>di</strong>zione in Francia del<br />

contingente ausiliario pontificio. La lista abbondava in opere <strong>di</strong> carattere giuri<strong>di</strong>co e teologico,<br />

soprattutto <strong>di</strong> padri e dottori della Chiesa, mentre quelle <strong>di</strong> carattere tattico, strategico o tecnico erano<br />

solo 20:<br />

• 2 sezioni <strong>di</strong> enciclope<strong>di</strong>e (Iul. Afr. VII e Isid., Etym. XVIII);<br />

• 10 scriptores veteres (Polibio, Cesare, Onasandro, Frontino, Eliano, Polieno, Vegezio, Maurizio, Leone VI e<br />

Urbicio);<br />

• 8 scriptores moderni: tre anteriori a Machiavelli (Valturio, Cornazzano e Della Valle) e tre posteriori (Ferretti,<br />

Brancaccio e Fiammelli), oltre al matematico Tartaglia e al filologo fiammingo Lipsio.<br />

Il primo censimento dei manoscritti e delle opere a stampa <strong>di</strong> argomento <strong>militare</strong> si deve però a<br />

Gabriel Naudé (1600-1653). Sollecitato dagli amici a completare la sua bibliographia politica con una<br />

<strong>militare</strong>, il bibliotecario del car<strong>di</strong>nal Mazzarino vi de<strong>di</strong>cò un capitolo del Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari,<br />

scritto a Rieti nel 1636 e stampato a Roma nel 1637 401 . Il me<strong>di</strong>co ateo e libertino, ammiratore <strong>di</strong><br />

Machiavelli e autore del primo trattato sul colpo <strong>di</strong> stato, preveniva l'obiezione <strong>di</strong> incompetenza,<br />

affrontando nella lettera al benigno lettore 402 il rapporto tra eru<strong>di</strong>zione ed esperienza e sostenendo che<br />

la lectio dei classici antichi dava per sé sola una sufficiente legittimazione a trattare de recta bellorum<br />

administratione, come del resto avevano già fatto prima <strong>di</strong> lui altri politografi, in particolare Elia<br />

400 Bibliotheca selecta de ratione stu<strong>di</strong>orum, Romae, 1593; Venetiis 1603, tom. I, lib. V, cap. 6, ff. 208-211 (elenchus<br />

aliquorum qui scripsere de re militari aut ad eam spectantia). Bibliografia su Possevino in Bozza, Scrittori, cit., pp. 77-79.<br />

Cfr. A. P. Farrel, The Jesuit Code of Liberal Education. Development and Scope of the Ratio Stu<strong>di</strong>orum, Milwaukee, The<br />

Bruce Publishing Co., 1938 (cit. in Gian Paolo Brizzi, La formazione della classe <strong>di</strong>rigente nel Sei-Settecento, Bologna, Il<br />

Mulino, 1976, p. 57 nt. 35).<br />

401 Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari ad illustrissimum iuvenem Ludovicum ex comitibus Gui<strong>di</strong>is a Balneo, Romae, ex<br />

Typographia Iacobi Facciotti, 1637, lib. II Ducis Officium, cap. IV, pp. 513-14; Naudaei Bibliographia militaris, Jenae,<br />

1683, inclusa in Thomas Crenius, De eru<strong>di</strong>tione comparanda, Leyden, 1699. Naudé, Bibliographia politica a cura <strong>di</strong> D.<br />

Bianco, Roma, Bulzoni, 1997.<br />

402 Synt., Auctor Benevolo Lectori: “nec acies unquam vi<strong>di</strong>ssem, nec castra, nec hostem, ac ne quidem gla<strong>di</strong>um apte<br />

cingere, aut educere de vagina possem”. Secondo Naudé la scientia belli administran<strong>di</strong> (o militaris) si può acquisire<br />

(comparare) in due soli mo<strong>di</strong>, experientia et lectione (pp. 504 e 507-8). Prestato un lip homage all’autorità <strong>di</strong> Aristotele e<br />

Cicerone (che, in riferimento alla me<strong>di</strong>cina, all’oratoria e all’ars imperatoria anteponevano la pratica alla teoria), Naudé vi<br />

contrapponeva l’opinione <strong>di</strong> Botero, che giu<strong>di</strong>cava la lectio rerum militarium superiore all’esperienza; e,<br />

significativamente, non citava l’exemplum <strong>di</strong> Formione. Bisogna però osservare che, nonostante il carattere<br />

tendenzialmente omnicomprensivo attribuito all’administratio belli dalla letteratura politologica, questa in realtà tratta<br />

soltanto le <strong>di</strong>mensioni morali, giuri<strong>di</strong>che e politiche, astenendosi dall’affrontare la condotta tecnica della guerra (belli<br />

geren<strong>di</strong> ratio, Naudé p. 512). Fu invece il maresciallo <strong>di</strong> Puységur (1655-1743), che era stato capo <strong>di</strong> stato maggiore<br />

(maréchal général des logis) del maresciallo <strong>di</strong> Luxembourg, a sostenere la tesi paradossale <strong>di</strong> un’autosufficienza assoluta<br />

dello stu<strong>di</strong>o teorico, proponendosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che “sans guerre, sans troupes, sans armée, sans être obligé de sortir de<br />

chez soi, par l’étude seule, avec un peu de géometrie et de géographie, on peut apprendre toute la théorie de la guerre de<br />

campagne” (Art de la guerre par principe et règles, Paris, 1748, I, p. 2).<br />

139


Reusner 403 . Pur non citandola esplicitamente, Naudé evocava qui la "questione <strong>di</strong> Formione" che<br />

percorre in definitiva tutta la <strong>storia</strong> della trattatistica e della storiografia <strong>militare</strong>, dovute in massima<br />

parte ad autori estranei alla milizia (specialmente ecclesiastici), e perciò vulnerabili al paragone col<br />

peripatetico, ri<strong>di</strong>colizzato da Cicerone, che pretendeva <strong>di</strong> dare lezioni de imperatoris officio et de<br />

omni re militari ad Annibale 404 e il cui fantasma popolava i complessi <strong>di</strong> inferiorità <strong>di</strong> Machiavelli<br />

impietosamente sfruculiati da Matteo Bandello 405 .<br />

Tra i testi rilevanti, Naudé includeva anzitutto la <strong>storia</strong> antica, sorta <strong>di</strong> archivio segreto da cui si<br />

poteva secretas cogitationes et imperiorum arcana ... expiscare 406 . Poi le biografie dei gran<strong>di</strong><br />

condottieri - che imparano spesso l’un l’altro, come il sultano Selim I Yavuz (1512-20) dai commentari<br />

cesariani - e infine gli auctores de re militari, inclusi greci, romani e 271 recentiores, classificati in<br />

sette categorie:<br />

• 25 antiqui deper<strong>di</strong>ti, pp. 514-17;<br />

• manoscritti greci, arabi, latini e volgari in bibliothecis latentis, pp. 518-25;<br />

• antiqui e<strong>di</strong>ti, pp. 525-31;<br />

• 17 recentiores qui scripserunt de militia antiquorum in se tantummodo spectata 407 , pp. 531-33;<br />

• 21 tum de veteri, et nova inter se collatis 408 , pp. 533-35;<br />

403 Stratagematographia sive Thesaurus Bellicus, docens quomodo Bello justi et legitime suscipi, recte et prudenter<br />

administrari, commode et sapienter confici debeant: ex latissimo et laetissimo Hi<strong>storia</strong>rum campo Herculeo labore erutus<br />

ab Elia Reusnero Leorino, Histor. in Illustri Solana Profess. Pub. Cum ejusdem Synopsi et gemino In<strong>di</strong>ce locupletissimo,<br />

altero Hi<strong>storia</strong>rum, altero Rerum memorabilium, Francofurti, Prestat apud Johannem Andream, et Wolfgangi Endteri<br />

Junioris haeredes (1609) 1661.<br />

404 Cicero, De oratore, II. 18.75-76 e II. 19.77, 254, 256. L'episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Formione è messo in bocca a Quinto Lutazio<br />

Catulo Cesare (149-87 a. C.), che nel 102 fu console con Mario, al quale dovette cedere la gloria della vittoria <strong>di</strong><br />

Vercelli (commemorata dal Tempio della Dea Fortuna o Monumentum Catuli, presso l'o<strong>di</strong>erno Largo <strong>di</strong> Torre<br />

Argentina). Ricchissimo e <strong>di</strong> cultura greca, fu poeta, oratore e, pare, autore <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> della sua campagna contro i<br />

Cimbri scritta nello stile <strong>di</strong> Senofonte. Geloso <strong>di</strong> Mario e passato perciò con Sulla, già suo luogotenente nella campagna<br />

cimbrica, morì infine suicida come Annibale.<br />

405 Nella lettera del 4 aprile 1526 a Guicciar<strong>di</strong>ni in cui, raccontandogli <strong>di</strong> esser stato richiesto dal papa Clemente VII <strong>di</strong><br />

un parere sulle fortificazioni <strong>di</strong> Firenze, Machiavelli gli esprime il timore <strong>di</strong> far la figura <strong>di</strong> "quel Greco con Annibale".<br />

E proprio quel paragone è richiamato da Matteo Bandello nella Novella I.40, in cui il povero Niccolò fallisce, sotto lo<br />

sguardo ironico <strong>di</strong> Giovanni delle Bande Nere, la <strong>di</strong>mostrazione pratica dell'or<strong>di</strong>nanza teorizzata nell'Arte della Guerra.<br />

Cfr. Frédérique Verrier, "Machiavelli e Fabrizio Colonna nell'arte della guerra: il polemologo sdoppiato", in Jean-<br />

Jacques Marchand (cur.), Machiavelli politico, storico, letterato: Atti del Convegno <strong>di</strong> Losanna, 27-30 settembre 1995,<br />

Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice, 1996, p. 184. Robert Fredona, "Liberate <strong>di</strong>uturna cura Italiam. Hannibal in the Tought of<br />

Niccolò Machiavelli", in David S, Peterson with Daniel E. Bornstein (Eds), Florence and Beyond. Culture, Society and<br />

Politics in Renaissance Italy, Essays in Honour of John M. Najemy, Centre for Reformation and Renaissance Stu<strong>di</strong>es,<br />

Victoria University in the University of Toronto, Toronto, Ontario, 2008, pp. 430-31.<br />

406 Syntagma, cit., p. 509.<br />

407 1. Petrus Ramus (lib. de moribus vet. Gallorum; comment. ad Caes.); 2. Reinardus Senior comes Solmensis; 3. Samuel<br />

Petitus (lib. VIII legum Acticarum); 4. Nicolaus Cragius (Rep.Laced. III, tab. XII); 5. Meursius (de Cecropia seu Arce<br />

Athen.); 6. Kyrianus Stroza (ad Arist. polit., I); 7. Iacobus Fater Stapenlensis (Hecatonia, leges Socratis et Platonis de<br />

militia retulit); 8. Iustus Lipsius; 9. Franciscus Patricius; 10. Ioannes Antonius Waltrinus S. J. (de re militari veterum<br />

Romanorum lib. VII); 11. Henricus Saviles anglus; 12. Albericus Gentili (de militia Romana, sic); 13. Robertus Valturius;<br />

14. Franciscus Ferretti; 15. Roasius; 16. Clau<strong>di</strong>us Salmasius; 17. Barnaba Brissonius (lib. IV formularum qui totum de<br />

militaribus est).<br />

408 1. Patricius (Paralleli); 2. Hermannus Hugo S.J.; 3. Domenicus Cyllenius; 4. Auctor Florentinus politicae damnatae<br />

(Machiavelli); 5. Ludovicus Regius (lib. IX de vicissitu<strong>di</strong>ne rerum instituit militiae romanae cum moderna); 6. Alexander<br />

Sardus (de moribus et ritis gentium lib. III); 7. Polidorus Vergilius (adagiorum liber de inventoribus rerum seu proverbia);<br />

8. Aegi<strong>di</strong>us card. Columna (sententiarum); 9. Petrus de Gregorius alias Tholosanus (lib. XI Reipublicae qui est de militari<br />

cura; lib. XXV sintaxeos admirabilis); 10. Adamus Contzen (lib. X Politicorum de perfecta Reipublicae forma); 11.<br />

Antonius Zara (Anatomia ingeniorum et scientiarum, Sect. 2a, memb. XV de Militia); 12. M. A. Petilius iur.cons.<br />

Neapolitanus (lib. IX Exarchiae, sive de exteriori principe munere); 13. Carolus Scribanius (Politicus Christianus libri II);<br />

14. Justus Lipsius; 15. Hugo Sempilius (libb. II et V de mathematica <strong>di</strong>sciplina, ubi catalogum ad<strong>di</strong>t, auctorum qui de<br />

140


• 233 ac demum de nostra et eius partibus singulis eo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>spositi quae nos in hoc syntagmate observavimus 409 ,<br />

pp. 535-45;<br />

• exqualibus laudantur praesertim a ducibus compositi, pp. 545-50.<br />

2. L'elenco delle bibliografie militari redatto da Petzholdt nel 1857<br />

Quasi in risposta alla perorazione <strong>di</strong> Edouard de la Barre Duparcq (1819-94) per una guida<br />

bibliografica alla letteratura <strong>militare</strong> 410 , il celebre bibliotecario Julius Petzholdt (1812-1891)<br />

pubblicò nel 1857 un elenco delle bibliografie militari, che si apriva con le due <strong>di</strong> Naudé (il<br />

Syntagma del 1637 e la Bibliographia militaris, stampata postuma nel 1683). A parte un opuscolo<br />

<strong>di</strong> sei pagine pubblicato a Londra nel 1659 (Bibliotheca Militum or the Soul<strong>di</strong>ers publick Library),<br />

tutte le altre sono successive al 1703 e, senza tener conto dei supplementi e delle rie<strong>di</strong>zioni, il totale<br />

arriva a 148: 24 a carattere generale, 9 aggiornamenti e il resto a carattere particolare, tra cui 29 <strong>di</strong><br />

artiglieria e genio, 21 <strong>di</strong> geografia e cartografia e 5 <strong>di</strong> marina, più 23 cataloghi <strong>di</strong> biblioteche<br />

militari centrali o reggimentali e 14 <strong>di</strong> librai.<br />

Quelle pubblicate nel Settecento sono 39, <strong>di</strong> cui sette generali, a cominciare dall'Entwurf einer<br />

Soldaten-Bibliothec <strong>di</strong> Johann Tobias Wagner (Lipsia, 1724, <strong>di</strong> 424 pagine). Seguono quelle <strong>di</strong> Jean<br />

Michel de Loen (1743), Fer<strong>di</strong>nand Friedrich von Nicolai (1765) e Johann W. von Bourscheid<br />

(1781-82), il catalogo del libraio Walther (1783) e le due incluse nelle opere enciclope<strong>di</strong>che <strong>di</strong><br />

scienza e arte <strong>militare</strong> pubblicate rispettivamente da Gottfried Erich Rosenthal (Encyclopä<strong>di</strong>e der<br />

Kriegswissenschaften, 1794-1803) e dal futuro generale dell'artiglieria sassone von Hoyer<br />

(Geschichte der Kriegskunst, 1797-1800). Autore <strong>di</strong> innumerevoli opere, Johann Gottfried von<br />

Hoyer (1767-1848) pubblicò nel 1809 una introduzione allo stu<strong>di</strong>o della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> per i giovani<br />

ufficiali 411 e nel 1829-40 una nuova bibliografia aggiornata 412 .<br />

Il catalogo del libraio <strong>di</strong> Dresda Conrad Salomon Walther (1738-1805), aggiornato sino al 1799,<br />

era articolato in se<strong>di</strong>ci rubriche: tattica e arte della guerra; artiglieria; mine; genio; fanteria;<br />

cavalleria; truppe leggere; stratagemmi; regolamenti; <strong>di</strong>ritto <strong>militare</strong>; commissariato; me<strong>di</strong>cina;<br />

marina e idrografia; scherma: <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e miscellanea. I fratelli Walther pubblicarono pure, nel<br />

1803, una rassegna del principe de Ligne <strong>di</strong> 347 opere militari da lui possedute (Catalogue raisonné<br />

de la bibliothèqe du prince de Ligne).<br />

militari arte scripserunt; sed tam confuse, negligenterque concinnatum, ut eo non magis lector iuvari possit, quam si<br />

e<strong>di</strong>tus numquam fuisset); 16. Ioannes Baptista Donius (in magno opere suo philologico, titulo de militia fecisse); 17.<br />

Erricus Rohanus (qui nunc in Tellina valle sub Christianissimo Rege castrorum preaefectus); 18. Guillaume du Bellay de<br />

Langey; 19. Imperiale Cinuzzi (de <strong>di</strong>sciplina militari antiqua et moderna); 20. Achille Tarducci; 21. Ruggero de Loria.<br />

409 L’elenco include 42 autori <strong>di</strong> opere a carattere generale (<strong>di</strong> cui 35 veram rationem continentes e 7 literarum<br />

me<strong>di</strong>tationibus similia), 11 <strong>di</strong> miscellanee, 6 <strong>di</strong> trattati sui privilegi dei milites e sulla cavalleria, 10 sul reclutamento, 15<br />

sull’oplomachia e i tornei, 5 sulla milizia equestre, 8 sulla milizia cristiana, 7 sull’addestramento delle reclute, 9 <strong>di</strong> esempi,<br />

2 sull’eloquenza <strong>militare</strong>, 7 <strong>di</strong> matematica, 16 d’artiglieria, 32 <strong>di</strong> architettura <strong>militare</strong>, 6 sugli asse<strong>di</strong>, 10 sulla tattica della<br />

fanteria, 26 <strong>di</strong> teologia e <strong>di</strong>ritto bellico, 11 <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> e 10 <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto amministrativo <strong>militare</strong>. Naudé (p. 545)<br />

giustifica la mancata menzione degli auctores <strong>di</strong> naumachia perché le battaglie navali loco tantum <strong>di</strong>fferunt da quelle<br />

terrestri.<br />

410 Edouard De La Barre Duparcq, "Des Sources Bibliographiques Militaires", dans le Spectateur Militaire, 2e Série,<br />

31e Année, XV juillet-septembre 1856, pp. 380-408.<br />

411 J. G. Von Hoyer, Versuch junge Offiziers zum Stu<strong>di</strong>um der Kriesgeschichte aufzumuntern, Tübingen, in der F. H.<br />

Cotta'schen Buchhandlung, 1809.<br />

412 J. G. Von Hoyer, "historische Übersicht der Militair-Literatur", in Hermes, oder kritisches Jahrbuch der Literatur.<br />

Leipzig. 33. Band 1829 (Erster Abscnitt), 34. Band 1830 (Zweiter Abschnitt: "Vom Jahre 1740 bis auf <strong>di</strong>e neuesten<br />

Zeiten", pp. 301-51); 35. Band 1831 (Dritter Abschnitt: "Die Kriegsgeschichte seit dem Jahre 1740", pp. 199-261). Id.,<br />

Litteratur der Kriegswissenschaften und Kriegsgeschichte, Berlin, Herbig, 1831; Bd 2, Nebst Fortsetzung von 1831-<br />

1840, Berlin, Herbig, 1840.<br />

141


Delle altre bibliografie settecentesche, due riguardano la letteratura <strong>militare</strong> antica (1708 e<br />

1780) 413 : <strong>di</strong>eci l'architettura <strong>militare</strong> e le fortificazioni (la prima, <strong>di</strong> Leonhard Christian Sturm, nel<br />

1703), sei l'artiglieria, quattro la geografia, tre rispettivamente la matematica <strong>militare</strong> (1754 Le<br />

Blond), la me<strong>di</strong>cina (1764 Bal<strong>di</strong>nger) e la marina (1793 Rö<strong>di</strong>ng) e una la letteratura <strong>militare</strong> degli<br />

ultimi quin<strong>di</strong>ci anni del secolo (Ersch, 1795-1807). Tra le speciali, Petzholdt omette quella degli<br />

scrittori spagnoli pubblicata nel 1760 a Madrid da don Vicente García de la Huerta (1734-87).<br />

Le bibliografie del 1800-1830 sono 55, contro 54 del 1831-57. Rispetto al secolo precedente<br />

aumentano le generali (11 e 6), gli aggiornamenti (1 e 5), le cartografiche (8 e 9), le marittime (2 e<br />

2) e i cataloghi <strong>di</strong> biblioteche (8 e 13) e librerie (6 e 8) specializzate. Compaiono inoltre le nazionali<br />

italiane (2 e 2), mentre <strong>di</strong>minuiscono quelle <strong>di</strong> artiglieria e genio (8 e 3). In compenso troviamo nel<br />

1813 la bibliografia <strong>di</strong> Johann Samuel Ersch (1766-1828) sulle applicazioni militari delle scienze<br />

matematiche, fisiche e meccaniche, aggiornata nel 1828 da Franz Wilhelm Schweigger-Seidl (1795-<br />

1838). E inoltre una bibliografia anonima <strong>di</strong> economia <strong>militare</strong> (Lipsia, 1826), una <strong>di</strong> cavalleria e<br />

ippologia del barone Friedrich Wilhelm von Bismarck (1783-1860) e una sui tornei e la cavalleria<br />

me<strong>di</strong>evale (<strong>di</strong> F. A Frenzel, 1850).<br />

Una delle bibliografie ottocentesche più interessanti è il catalogo sistematico e cronologico <strong>di</strong><br />

10.806 opere redatto dal tenente prussiano Heinrich Friedrich Rumpf (Littérature universelle des<br />

sciences militaires) e pubblicato a Berlino in due volumi nel 1824-25. L'opera, la più ampia apparsa<br />

fino ad allora, era sud<strong>di</strong>visa in otto parti: letteratura delle scienze militari; <strong>storia</strong> delle scienze<br />

militari; autori greci e romani; enciclope<strong>di</strong>e: arte <strong>militare</strong> in generale; armi; amministrazione;<br />

tattica. Nel 1850 un altro ufficiale prussiano, il capitano Arwied von Witzleben, pubblicò una<br />

bibliografia <strong>militare</strong> tedesca dell'"ultimo secolo", cioè successiva al 1750. Petzholdt non cita la<br />

Biblioteca marítima española raccolta in due enormi volumi da don Martín Fernandez de Navarrete<br />

y Ximenez de Tejada (1765-1844), ufficiale <strong>di</strong> marina, storico della nautica e delle esplorazioni<br />

geografiche e infine <strong>di</strong>rettore dell'Accademia <strong>di</strong> <strong>storia</strong>. Quest'opera fu pubblicata postuma nel 1851,<br />

"de real órden".<br />

3. La catalogazione sistematica della letteratura <strong>militare</strong> moderna<br />

Luigi Loreto è l'unico autore che abbia affrontato in modo rigoroso la complessa questione dei<br />

sottogeneri in cui sembra in parte articolarsi la letteratura <strong>militare</strong> antica 414 . Il problema è aggravato<br />

in questo caso dalla scarsità dei testi pervenutici, ma riguarda pure la letteratura <strong>militare</strong> moderna e<br />

contemporanea, perché la formazione e l'evoluzione dei sottogeneri <strong>di</strong>pende da una molteplicità <strong>di</strong><br />

fattori culturali e sociali, come <strong>di</strong>mostrano i primi tentativi <strong>di</strong> ricostruire la genesi del pensiero<br />

<strong>militare</strong> occidentale 415 .<br />

I sottogeneri tralatizi della letteratura <strong>militare</strong> moderna, <strong>di</strong>versi dall'antica e dalla contemporanea,<br />

appaiono già abbastanza stabilizzati nella seconda metà del Cinquecento, con un ripartizione <strong>di</strong><br />

massima fra i trattati <strong>di</strong> arte o <strong>di</strong>sciplina <strong>militare</strong>, i trattati <strong>di</strong> politica ("ragion <strong>di</strong> guerra",<br />

administratio belli e officio del capitano generale), i trattati tecnici e le opere <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>.<br />

413 Ernst Salomon Cyprian (1663-1745), "De claris scriptoribus veteris Rei Militaris" (1708), nei Selecta Programmata,<br />

pp. 21-26. Jeremias Wöl<strong>di</strong>cke (1736-87), Index Bibliothecae militaris Scriptorum veterum graeco-latinorum (Soroe,<br />

1782).<br />

414 Cfr. Luigi Loreto, “Il generale e la biblioteca. La trattatistica <strong>militare</strong> greca da Democrito <strong>di</strong> Abdera ad Alessio I<br />

Comneno”, exc. da Giuseppe Cambiano et all. (cur.), Lo spazio letterario della Grecia antica, II. La ricezione e<br />

l’attualizzazione del testo, Salerno e<strong>di</strong>trice, Roma, s. d. (ma 1997), pp. 563-589.<br />

415 Azar Gat, The development of military thought: the nineteenth century, Oxford University Press, Oxford, 1992. A<br />

history of military thought: from the Enlightenment to the Cold War, Oxford University Press, Oxford, 2001.<br />

Christophe Wasinski, Rendre la guerre possible. La construction du sens commun stratégique, Université Libre de<br />

Bruxelles. Bruxelles, 2010.<br />

142


Queste ultime si articolano a loro volta in <strong>storia</strong> delle guerre, biografie e <strong>storia</strong> delle istituzioni<br />

militari, e solo a cavallo tra Sette e Ottocento si sviluppa la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in senso professionale,<br />

prodotta dagli uffici topografici degli stati maggiori 416 , intesa come stu<strong>di</strong>o sistematico delle<br />

campagne e <strong>di</strong>retta all'elaborazione <strong>di</strong> piani <strong>di</strong> campagna, dottrine d'impiego delle forze e principi<br />

strategici.<br />

La letteratura tecnica era formata da due apporti, <strong>di</strong>stinti ma pure relativamente combinati e<br />

sinergici: quello della pratica <strong>di</strong> guerra e quello della fisica e matematica applicata alla meccanica e<br />

alla chimica <strong>di</strong> uso <strong>militare</strong>. Si sviluppano così i sottogeneri dell'architettura <strong>militare</strong> e della<br />

fortificazione (non del tutto coincidenti), dell'artiglieria (costruzione, balistica e pirotecnica), della<br />

navigazione, della cartografia, della meccanica <strong>di</strong> precisione (compasso, telescopio), che a loro<br />

volta favoriscono un approccio "geometrico" alla tattica 417 . Altri settori specifici, empirici, erano<br />

quelli dell'ippologia (allevamento, ippiatria, equitazione), dell'oplomachia, del <strong>di</strong>ritto <strong>militare</strong> e <strong>di</strong><br />

guerra, dell'eloquenza <strong>militare</strong>, delle scienze cavalleresche (inclusi "emblemi" e "imprese"), della<br />

me<strong>di</strong>cina (e specialmente della cura delle ferite d'arma da fuoco e della profilassi igienica) e infine<br />

dell'"economia" (amministrazione) <strong>militare</strong>.<br />

Buona parte delle opere e più ancora degli autori (che spesso praticano più sottogeneri e li<br />

intrecciano nelle singole opere) è però troppo eclettica per lasciarsi inquadrare senza problemi in<br />

questa embrionale classificazione. Attorno all'alveo centrale degli autori omogenei alle tra<strong>di</strong>zioni<br />

corporative e perciò integrati nei generi letterari definiti, scorre infatti il flusso lutulento degli<br />

irregolari, tra cui talora si incontrano gli innovatori. Per tutti costoro le pur necessarie categorie<br />

sistematiche sono veri e propri letti <strong>di</strong> Procuste.<br />

Stu<strong>di</strong>are la genesi, lo sviluppo, la confluenza e l'esaurimento dei generi e sottogeneri letterari<br />

richiede un approccio filologico. E' tuttavia l'unico modo <strong>di</strong> penetrare davvero a fondo nella intima<br />

coerenza <strong>di</strong> un campo del sapere. L'approccio dogmatico, pur con tutti i suoi meriti <strong>di</strong>dattici, alla<br />

fine si avvita in pseudo questioni (ad esempio se la guerra sia arte o scienza) e concetti inutili (come<br />

i "principi della guerra", che variano da paese a paese, da epoca a epoca e da autore a autore e<br />

servono solo a sgranare il rosario della pedanteria). Del resto la sistematica amatoriale degli<br />

armchair generals non può competere con quella professionale della filosofia tedesca, la quale non<br />

ha infatti mancato <strong>di</strong> sistematizzare pure lo scibile <strong>militare</strong>, rubricandolo sotto il concetto <strong>di</strong><br />

"scienza/e della guerra" (Kriegswissenschaft/en). Nel 1815 il filosofo sassone Wilhelm Traugott<br />

Krug (1770-1842), già autore <strong>di</strong> una famosa Enciclope<strong>di</strong>a sistematica delle scienze, in<strong>di</strong>viduò<br />

do<strong>di</strong>ci scienze militari, a loro volta riunite per tre in sottogruppi. Armamento, addestramento,<br />

logistica, fortificazione, tattica e strategia formavano le scienze militari "principali" (Militärische<br />

Hauptwissenschaften), e i sottogruppi "materiale" e "formale": e le prime quattro venivano<br />

ribattezzate con curiosi neologismi greci (Hopletik, Stratiotik, Paraskeuastik e Periteichistik). Meno<br />

banale è invece la classificazione delle scienze ausiliarie (Militärische Hülfwissenschaften), a loro<br />

volta <strong>di</strong>vise nei sottogruppi, "grafico" e "storico". Il primo include iconografia (Kriegszeichenlehre<br />

o Militärgraphik), geografia e statistica <strong>militare</strong>. Acuta e originale è poi la tripartizione della <strong>storia</strong><br />

416 V. Ilari, "La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> tra topografia e retorica: Gustav Wilhelm af Tibell (1772-1832) e Ugo Foscolo (1778-<br />

1827)", rielaborazione (online su scribd) del capitolo 17 della Storia Militare del Regno Italico 1801-1814, Roma, 2004,<br />

vol. I, tomo I, pp. 407-435. Cfr. pure Id., "Lomonaco, Tibell e Foscolo. Storia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> un suici<strong>di</strong>o filosofico", in Risk,<br />

N. 15, 2010, pp. 64-69. Il modello era la rivista Mémorial topographique et historique ré<strong>di</strong>gé au dépôt de la guerre, e<br />

<strong>di</strong>visa in due sezioni, la I topografica e la II storico-<strong>militare</strong>. Le prime sette annate furono pubblicate tra il 1802 (I) e il<br />

1810 (VII) e le pubblicazioni ripresero solo nel 1825 (VIII), mantenendosi però ancora saltuarie. Nel N. 2 Historique<br />

del 1803 la rivista pubblicò una "Notice sur les principaux Historiens, anciens et modernes, considérés militairement.<br />

Suivie d'un Catalogue alphabétiques des Auteurs cités dans la Notice, Avec in<strong>di</strong>cation des meilleures é<strong>di</strong>tions", pp. 42-<br />

122.<br />

417 Jean-Baptiste Imbert, Communauté de principes entre la tactique et la fortification, démontrée à l’aide du dessin des<br />

« travaux de l’attaque, par le Maréchal de Vauban », Paris, Imeert, 1823; Anselin, 1835.<br />

143


<strong>militare</strong> in <strong>storia</strong> delle guerre, dell'arte della guerra e dei guerrieri (Kriegsgeschichte,<br />

Kriegskunstgeschichte, Kriegergeschichte) 418 .<br />

Diversa è la questione della formazione degli ufficiali, perché qui l'esigenza non è più quella solo<br />

scientifica <strong>di</strong> classificare o rubricare la reale produzione per stu<strong>di</strong>are la genesi del pensiero, bensì<br />

quella pratica <strong>di</strong> stabilire un percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in uno specifico contesto istituzionale e culturale. Il<br />

tema accomuna la ratio stu<strong>di</strong>orum dei gesuiti alla funzione pedagogica dell'enciclope<strong>di</strong>smo<br />

illuminista. Così non stupisce lo spazio de<strong>di</strong>cato nell'Encyclopé<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Diderot e d'Alembert alle voci<br />

"Ecole militaire" (con riferimento alla nuova istituzione francese) e "Etudes Militaires", nel quale è<br />

riprodotto un articolo del celebre artigliere e ingegnere Guillaume Le Blond (1704-81) sulla<br />

formazione matematica degli ufficiali comparso sul Mercure de France dell'agosto 1754 419 .<br />

4. Se mille libri vi sembran pochi ... Tre cataloghi <strong>di</strong> biblioteche militari del primo Ottocento<br />

Dopo la guerra del 1812-15, gli Stati Uniti decisero <strong>di</strong> aggiornare e accrescere la loro cultura<br />

<strong>militare</strong>, e perciò inviarono in Europa, con il compito <strong>di</strong> acquistare i migliori libri militari, il<br />

colonnello brevettato William McRee (1788-1833) e il maggiore brevettato Sylvanus Thayer (1785-<br />

1872), in seguito <strong>di</strong>venuto briga<strong>di</strong>ere e passato alla <strong>storia</strong> come "The Father of West Point". La<br />

missione terminò nel 1817, e il primo catalogo della biblioteca dell'Accademia Militare, redatto<br />

nell'agosto 1822 420 , censiva 909 volumi e 45 carte geografiche, per oltre due terzi in francese. I<br />

volumi strettamente militari erano però solo 443, sud<strong>di</strong>visi in cinque sezioni: Engineering and<br />

Fortification (64), Military Art and Tactics (71), Artillery, Infantry, Cavalry and Military<br />

Regulations (134), Campaigns, Military History and Memoirs (115) e Architecture, Bridges,<br />

Canals, Prospective and Topography (59). Il resto della biblioteca era ripartito in sei sezioni:<br />

Mathematics and Navigation (78), Natural Philosophy (84), Chemistry, Mineralogy, Natural<br />

History and Arts (27), Geography (81), History, Biographies and Travels (123) e Miscellaneous<br />

(128).<br />

Questo apparato, striminzito ma essenziale, funzionò davvero come food for brain. Nel 1856,<br />

trascorsa una generazione, un primo lotto <strong>di</strong> 134 volumi militari pubblicati negli Stati Uniti era in<br />

ven<strong>di</strong>ta in una libreria lon<strong>di</strong>nese, che pubblicava l'annuncio sulla semi-ufficiale rivista Hart's Army<br />

List 421 . Tra questi libri c'erano due traduzioni <strong>di</strong> Jomini, le due riviste militari fondate da Benjamin<br />

Homans, i trattati <strong>di</strong> fortificazione <strong>di</strong> Dennis Hart Mahan (1802-71) e quelli <strong>di</strong> artiglieria <strong>di</strong> Alfred<br />

Mordecai (1804-87), nonché il primo scritto <strong>di</strong> George Brinton McClellan (1826-85), il futuro<br />

comandante dell'Armata del Potomac, che a quell'epoca si trovava in Crimea come osservatore.<br />

418 Ueber <strong>di</strong>e Nothwen<strong>di</strong>gkeit des Stu<strong>di</strong>ums der Kriegswissenschaften aut teutschen Universitäten, Leipzig bei Wilhelm<br />

Rein, 1814. System der Kriegswissenschaften und ihren Literatur enzyklopä<strong>di</strong>sche dargestellt nebst zwei militärischpolitischen<br />

Abhandlungen, Leipzig, bei Wilhelm Rein, 1815. "Versuch einer systematischen Enzyklopä<strong>di</strong>e der<br />

Kriegswissenschaften nebst zwei militärisch-politischen Abhandlungen", in Enzyklopä<strong>di</strong>sche und vermischte Schriften<br />

vom D. Wilhelm Traugott Krug, Leipzig, bei Georg Wigand, 1845, I, pp. 377-428.<br />

419 "Plan des <strong>di</strong>fférentes matières qu'on doit enseigner dans une Ecole de Mathématique Militaire", dans le Mercure de<br />

France, Aôut 1754, pp. 46-60. Rip. dans l'Article "Etudes Militaires", de l'Encyclopé<strong>di</strong>e ou Dictionnaire Universel<br />

raisonné des connaissances humaines, mis en ordre par M. [Fortunato Bartolomeo] De Felice, T. XVII, Yverdon, 1772,<br />

pp. 490-494. V. aussi l'Article "Ecole Militaire, ibidem, XV, pp. 200-212<br />

420 The Earlierst Printed Catalogue of Books in the United States Military Academy Library, (s. l. né a.), foreword by<br />

Dr. Sidney Forman, Librarian, USMA, e ristampa del Catalogue of Books in the Library of the Military Academy,<br />

August 1822, Printed by Ward M. Gazlay, Newburg, N. Y.<br />

421 A List of Books of Military Art and Science Published in the United States of America for sale by Trübner & Co., in<br />

The New Annual Army List and Militia List, for 1856 (being the seventeenth annual volume) by Major Henry G. Hart,<br />

London, John Murray, 1856.<br />

144


Del resto i mille libri <strong>di</strong> West Point non erano poi così pochi a confronto col patrimonio delle<br />

biblioteche militari tedesche. Nel 1834 quella <strong>di</strong> Monaco 422 ne aveva 4.870, <strong>di</strong> cui 2.366 "ausiliari"<br />

e 2.503 propriamente militari. Le sezioni militari erano: Or<strong>di</strong>namento (79), Regolamenti (186),<br />

Tattica (123), Guerriglia (56), Artiglieria (153), Genio, <strong>di</strong>stinto tra "arte delle costruzioni <strong>di</strong> guerra"<br />

(117) e "guerra <strong>di</strong> fortezza" (45), Servizio <strong>di</strong> stato maggiore (30), Geografia <strong>militare</strong>, topografia e<br />

analisi del terreno (54), Arte della guerra e strategia (224), Storia <strong>militare</strong> e biografie (1.100),<br />

Uniformi (15). I settori ausiliari più cospicui erano la <strong>storia</strong> politica (525), la matematica (461), la<br />

geografia (371), la politica (187), la pedagogia (179), il <strong>di</strong>ritto comune e <strong>militare</strong> (108), la <strong>storia</strong> e le<br />

scienze naturali (88), l'ippologia e veterinaria (63), la me<strong>di</strong>cina (42): e inoltre ginnastica (52), atlanti<br />

(50), enciclope<strong>di</strong>e e vocabolari (127), annuari e almanacchi (32) e miscellanee (81). Il pezzo forte<br />

della biblioteca <strong>di</strong> Monaco erano però le riviste: ben 120, <strong>di</strong> cui 31 militari e il resto tecniche,<br />

scientifiche, giuri<strong>di</strong>che e politiche. Nel 1834 Adolph von Gironcourt pubblicò un repertorio<br />

sistematico <strong>di</strong> tutti gli articoli comparsi a partire dall'anno 1800 su 31 riviste militari: 23 tedesche, 6<br />

francesi e 2 inglesi 423 . Il titanico repertorio, che non comprendeva però le riviste militari americane,<br />

ebbe una seconda e<strong>di</strong>zione nel 1837, l'anno in cui uscì, a Napoli, il primo numero della prima rivista<br />

<strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> (l'Antologia Militare, soppressa nel 1845 per motivi politici). Secondo Cesare<br />

Cantù la più antica rivista <strong>militare</strong> era stata quella pubblicata a Breslavia a cura <strong>di</strong> Georg Dietrich<br />

von der Gröben (1725-92) [10 volumi col titolo Versuch einer Kriegsbibliothek dal 175a al 1772 e<br />

altri 10 col titolo Neue Kriegsbibliothek dal 1774 al 1781]: nel 1842, senza contare le russe [né le<br />

americane] gliene risultavano trentadue: 12 francesi, 4 inglesi, 4 prussiane, 2 svedesi, 2 belghe e le<br />

restanti a Napoli e in Sassonia, Hannover, Assia Darmstadt, Danimarca e Svizzera 424 .<br />

Ancora nel 1851, la biblioteca della prestigiosa Scuola generale <strong>di</strong> guerra prussiana possedeva<br />

meno <strong>di</strong> 7.000 volumi 425 , <strong>di</strong> cui solo tremila militari, grosso modo metà <strong>di</strong> <strong>storia</strong> e metà <strong>di</strong> "scienza"<br />

<strong>militare</strong>, quest'ultima ripartita in modo meno convincente dell'analoga sezione bavarese;<br />

Catalogo della Biblioteca della Scuola Generale <strong>di</strong> Guerra prussiana nel 1851<br />

Sezioni ausiliarie Op. Sezioni militari Op<br />

I. Encyclopae<strong>di</strong>e (A.1-15). 15 VIII. Kriegswissenschaften<br />

-<br />

II. Literaturgeschichte (A. 25-163). 72<br />

0. Kriegskunst, Allgemeinen 227<br />

III. Naturwissenschaften (A). 231<br />

1. Organisation u. Adm. 342<br />

IV. Philosophie (A. 800-1220). 159<br />

2. Waffenlehre<br />

38<br />

V. Mathematik (A. 1250-3660). 699<br />

3. Taktik ( 61 Inf., 53 Cav.) 194<br />

VI. Geschichte (B. 1-9320). 1.750 4. Terrainlehre (48 Mil.geogr) 69<br />

VII. Geographie und Reisen . 156 5. Strategie ( 22 Kleiner Krieg) 125<br />

XI. Philologie (G. 1-5340). 620<br />

6 A. Artillerie<br />

234<br />

XII. Theologie. Kirchengeschichte H 44<br />

6 B. Genie<br />

367<br />

XIII. Jurisprudenz. Staatswisse.n 115<br />

6 C. Generalstab<br />

12<br />

XIV. Me<strong>di</strong>cin (K. 1-150) 9<br />

6 D. Marine<br />

33<br />

Miscellen (K. 170-200) 4 IX. Kriegsgeschichte E. 1-6204 1.055<br />

X. Kriegergeschichte F. 1-3860 -<br />

1. Kriegergeschichte 143<br />

2. Armee und Regt geschichte 84<br />

3. Zeitschriften<br />

81<br />

422 Catalog über <strong>di</strong>e im Königlich Bayer'schen Haupt-Conservatorium der Armee befindlichen gedrücken Werke.<br />

München, 1834. I u. II Supplement 1844-55.<br />

423 Repertorium der Militär-Journalistik des 19ten Jahrhuderts bis zum Jahre 1837. Sachlich geordnet vom A. von<br />

Gironcourt, 2. Auflage, Kassel, Krieger, 1837. Gironcourt aveva pubblicato pure un saggio Ueber den Einfluss der<br />

Wissenschaften auf das Militair, Kassel, Bohme, 1827.<br />

424 Cesare Cantù, "Di Cose Militari", in Rivista Europea. Giornale <strong>di</strong> scienze, lettere, arti e varietà, Milano, V, 1842,<br />

III, p. 9.<br />

425 Katalog der Bibliothek und Kartensammlung der königlichen Allgemeinen Kriegsschule, Gedruckt bei A. W.<br />

Schade, Berlin, 1851.<br />

145


Totale delle 11 Sezioni ausiliarie 3.874 Tot. Opere delle Sezioni militari 3.004<br />

Inoltre: 33 Manuscripte, 85 Cartone, 1060 Karte<br />

5. L'apporto italiano alla letteratura <strong>militare</strong> moderna<br />

L'epoca, durata cinque secoli, della competizione globale tra gli Stati nazionali europei, ebbe<br />

inizio con le "horrende guerre d'Italia" del 1494-1559. Il paradosso italiano della decadenza politica<br />

e della supremazia culturale ha un riflesso <strong>militare</strong>: all'ossimoro erasmiano dell'Italum bellacem<br />

(Adagia, 1508) 426 corrisponde l'indubbio primato italiano nell'arte <strong>di</strong> fortificare (tracé italien o à<br />

l'italienne). Quest'epoca, poi interpretata dagli storici militari come "crisi <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>" (Piero<br />

Pieri, 1934) e prima fase della "rivoluzione <strong>militare</strong>" (Michael Roberts, 1956 e Noel Geoffry<br />

Parker, 1988), è stata anche l'incunabolo dei Makers of modern strategy (Princeton, 1942) e della<br />

letteratura <strong>militare</strong> occidentale. E quest'ultima ha avuto in Machiavelli, per la sua interpretazione<br />

attualizzante del canone tralaticio <strong>di</strong> Vegezio, il suo primo nome <strong>di</strong> spicco.<br />

Il primato italiano è evidente pure nel rinnovamento della terminologia <strong>militare</strong> e nella letteratura<br />

<strong>militare</strong> del Cinquecento e del primo Seicento: italiani i primi scrittori (a cominciare da Egi<strong>di</strong>o<br />

Colonna, contemporaneo <strong>di</strong> Dante, e dai quattrocenteschi Caterina da Pizzano, Paride Dal Pozzo,<br />

Roberto Valturio e Mariano <strong>di</strong> Jacopo Taccola); italiane le prime e migliori e<strong>di</strong>zioni e traduzioni in<br />

volgare <strong>di</strong> classici militari greci e latini, italiani i tre quarti dei primi trattati moderni.<br />

Nel 1851, sepolta come voce "Auteurs militaires" del monumentale Dictionnaire de l'Armée de<br />

terre (I, pp. 438-568) del generale Bar<strong>di</strong>n (1774-1841), apparve una curiosa bibliografia universale<br />

dei 550 autori che avevano scritto dell'arte <strong>militare</strong> in genere o particolarmente della fanteria:<br />

l'elenco include 40 italiani e 25 classici, tra cui Cicerone e Niceforo Foca.... Una tabella finale (p.<br />

566) calcolava però un totale <strong>di</strong> 1.005 autori propriamente militari, esclusi storici, memorialisti e<br />

autori <strong>di</strong> trattati collaterali (Bar<strong>di</strong>n menziona espressamente ippologia ed equitazione, ma<br />

probabilmente intendeva escludere pure me<strong>di</strong>cina, scherma, geometria, geografia), così ripartiti per<br />

gran<strong>di</strong> epoche e per lingua:<br />

Lingua Ante 1500 1500-1700 1700-1770 1770-1839 Totale<br />

Tedesco - 81 54 143 278<br />

Inglese - 25 13 51 89<br />

Spagnolo/Port. - 23 9 8 40<br />

Francese 6 75 79 274 434<br />

Greco 9 3 1 2 15<br />

Olandese 2 16 1 5 24<br />

Italiano 3 50 10 17 80<br />

Latino 7 2 - - 9<br />

Russo/Polacco - 1 3 10 14<br />

Svedese/Danese - 1 8 13 22<br />

TOTALI 27 277 178 523 1005<br />

Con 147 e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> trattati moderni e 26 <strong>di</strong> traduzioni <strong>di</strong> classici antichi censite da John Rigby<br />

Hale (1923-1999), l'e<strong>di</strong>toria veneziana del Cinquecento conferma il suo assoluto primato europeo<br />

anche nel campo della letteratura <strong>militare</strong>. Ma con le guerre contro i turchi e gli eretici, e con le<br />

armi dello spirito apprestate dai gesuiti, è Roma ad avere, a cavallo del Seicento, il primato<br />

dell'e<strong>di</strong>toria <strong>militare</strong> e degli avvisi a stampa delle vittorie imperiali, vere "corrispondenze dal fronte<br />

in tempo reale". L'accurata bibliografia <strong>militare</strong> redatta nel 1900 da Maurice James Draffen Cockle<br />

426 Erasmo, Adagiorum Chiliades, s. v. “Myconius calvus”, Venetiis, 1571, p. 325.<br />

146


e relativa alle opere stampate fino al 1642, censisce 245 libri <strong>di</strong> autori italiani su un totale <strong>di</strong> 460<br />

non inglesi; e 12 traduzioni dall'italiano su 166 opere militari in inglese. Da notare che la prevalenza<br />

<strong>italiana</strong> è massima nell'architettura <strong>militare</strong> (50 su 71), assoluta nell'arte <strong>militare</strong> (91 su 157),<br />

nell'artiglieria (23 su 43) e nella scherma (12 su 21) e relativa nella cavalleria e mascalcia (16 su 36;<br />

ma sono comunque italiani 4 dei 5 trattati sull'impiego tattico della cavalleria e mancano dall'elenco<br />

altri 2 trattati italiani <strong>di</strong> mascalcia).<br />

Il repertorio <strong>di</strong> 253 trattati <strong>di</strong> architettura, geometria e meccanica <strong>militare</strong> stampati dal 1473 al<br />

1799, redatto da Jorge Galindo nel 2000, ne in<strong>di</strong>ca 69 italiani contro 76 francesi, 74 spagnoli, 12<br />

tedeschi, 11 olandesi, 6 portoghesi, 4 inglesi e 1 polacco. Con 24 trattati contro due (uno tedesco e<br />

uno francese) l'Italia ha il monopolio assoluto <strong>di</strong> questa produzione fra il 1473 (Valturio) e il 1577<br />

(Marchese). Nell'ultimo ventennio del Cinquecento e nel primo decennio del Seicento, cioè durante<br />

la generazione delle guerre <strong>di</strong> Fiandra e d'Ungheria, produce ancora la maggior parte dei trattati (21<br />

su 38, contro 7 spagnoli, 5 francesi, 4 tedeschi e 1 inglese). Dal 1611 al 1650 scende a un terzo (14<br />

su 34, contro 11 francesi, 10 spagnoli, 4 olandesi, 3 tedeschi, 1 inglese e 1 polacco). Nella seconda<br />

metà del Seicento si riduce a meno <strong>di</strong> un decimo (5 su 55, a parità con l'Olanda, contro 26 spagnoli,<br />

15 francesi, 2 portoghesi e 2 tedeschi). Meno atten<strong>di</strong>bili sono le proporzioni che si ricavano per il<br />

Settecento, perché Galindo include appena due trattati italiani (Capra 1717 e Achielli 1725) contro<br />

42 francesi, 30 spagnoli e 8 <strong>di</strong> altri paesi: tralasciando però autori importanti come Carlo Borgo,<br />

Ignazio Bertola, Giovanni Andrea Bozzolino e Alessandro Papacino d'Antoni, e molti altri minori<br />

come Giovanni Chiappetti, Ercole Corazzi, Angelo Cortenovis, Francesco Cristiani, Giovanni Izzo<br />

ecc.<br />

In realtà resta ancora più utile, per valutare l'incidenza degli italiani nell'architettura <strong>militare</strong>, la<br />

vecchia bibliografia <strong>di</strong> Luigi Marini (1810), la quale include tutti gli autori europei che anche<br />

marginalmente abbiano trattato <strong>di</strong> fortificazione permanente. Anche togliendo Machiavelli, incluso<br />

per reverentiam, restano nel suo elenco 37 autori per il Cinquecento, <strong>di</strong> cui 28 italiani contro 9 <strong>di</strong><br />

altre nazioni (tre apparsi nel 1556, 1580 e 1589 e sei fra il 1594 e il 1598). Nella prima metà del<br />

Seicento il rapporto si riequilibra, con 26 su 70 (sempre in maggioranza relativa rispetto a 18<br />

francesi, 14 tedeschi, 6 olandesi, 5 spagnoli e 1 inglese), ma già nella seconda metà, in cui<br />

compaiono i gran<strong>di</strong> Vauban e Coehorn, gli italiani perdono il primato qualitativo, e la stessa<br />

incidenza quantitativa dei nuovi autori scende a 19 su 108, al terzo posto dopo tedeschi (38) e<br />

francesi (29). Nel Settecento l'Italia conta ancora una ventina <strong>di</strong> nuovi autori, ma nessuno <strong>di</strong> spicco.<br />

Questo primato cinquecentesco si riflette ovviamente sulla genesi del lessico <strong>militare</strong> moderno, il<br />

quale, come ben risulta dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Piero Del Negro 427 , ha in gran parte una matrice <strong>italiana</strong>. Ci<br />

sembra quin<strong>di</strong> quasi naturale che ancora a metà settecento le lingue straniere insegnate nell'Ecole<br />

Royale Militaire <strong>di</strong> Parigi fossero il tedesco e l'italiano. Ma lo scopo non era <strong>di</strong> far leggere in<br />

originale i classici militari del passato: la giustificazione che ne dava l'Encyclopé<strong>di</strong>e era ormai<br />

semplicemente "que les armées françoises se portent le plus souvent en Allemagne ou en Italie" 428 .<br />

La ragione principale <strong>di</strong> questo declino è che dalla seconda metà del Seicento le scienze militari,<br />

e perciò la relativa letteratura, vengono sempre più con<strong>di</strong>zionate dalla committenza sovrana e dalla<br />

creazione <strong>di</strong> centri <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, con annessi archivi e biblioteche, analoghi ai dépôts des cartes et plans<br />

francesi, con l'effetto <strong>di</strong> riequilibrare la produzione francese, inglese, spagnola e tedesca rispetto a<br />

quella <strong>italiana</strong>. Quest'ultima produce però ancora non solo illustri generali e architetti militari al<br />

427 Piero Del Negro, "Una lingua per la guerra: il Rinascimento <strong>militare</strong> italiano", in Walter Barberis (cur.), Storia<br />

d'Italia. Annali 18. Guerra e pace, Torino, Einau<strong>di</strong>, 2002, pp. 299-336. Id., "La rivoluzione <strong>militare</strong> e la lingua <strong>italiana</strong><br />

in Europa tra il basso Me<strong>di</strong>oevo e la prima età moderna", in Furio Brugnolo, Vincenzo Orioles (a cura <strong>di</strong>), Eteroglossia<br />

e plurilinguismo letterario. I. L'Italiano in Europa, Roma, Il Calamo, 2002, pp. 41-49.<br />

428 Encyclopé<strong>di</strong>e, cit., Yverdon, 1771, XVIII, p. 205.<br />

147


servizio delle gran<strong>di</strong> potenze ma anche autori <strong>di</strong> rilievo europeo come Raimondo Montecuccoli e<br />

Luigi Fer<strong>di</strong>nando Marsigli, senza contare il corpus <strong>di</strong> opere de<strong>di</strong>cate allo stu<strong>di</strong>o delle campagne del<br />

principe Eugenio <strong>di</strong> Savoia.<br />

Dai controlli che ho effettuato sul Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane (OPAC SBN) per la<br />

mia nuova bibliografia degli scrittori militari italiani dell'età moderna, risulta che quasi metà delle<br />

seimila opere non si trova in Italia. Quasi tutte sono invece presenti negli Stati Uniti, da dove, grazie<br />

a google books, gran parte <strong>di</strong> quei libri arriva <strong>di</strong>rettamente sui nostri PC. Eppure nel 1822 la West<br />

Point Library possedeva solo sei opere italiane: l'Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli (in inglese), le<br />

Memorie <strong>di</strong> Montecuccoli (in francese), le Réflexions sur les préjugés militaires del marchese <strong>di</strong><br />

Brezé (Giovacchino Argentero <strong>di</strong> Bersezio, 1727-96), la Storia della guerra d'in<strong>di</strong>pendenza<br />

americana (in francese e in inglese) <strong>di</strong> Carlo Botta (1766-1837), il Sistema universale dei principi<br />

del <strong>di</strong>ritto marittimo d’Europa (in inglese) <strong>di</strong> Domenico Alberto Azuni (1749-1827) e la Carta <strong>di</strong><br />

Napoli <strong>di</strong> Giovanni Antonio Rizzi Zannoni (1736-1812). Senza contare l'opera omnia <strong>di</strong><br />

Machiavelli e Guicciar<strong>di</strong>ni e l'ex-sud<strong>di</strong>to sabaudo Pierre Joseph Bourcet (1700-1780), <strong>di</strong> cui West<br />

Point possedeva i Mémoires historiques sur la guerre que les Francais ont contenue en Allemagne<br />

depuis 1757 jusqu'en 1762.<br />

Nel citato catalogo 1837 della biblioteca <strong>militare</strong> centrale bavarese, figurano però 48 scrittori<br />

militari italiani, <strong>di</strong> cui 44 dei secoli precedenti: Basta, Bentivoglio, Bonamici, Bourcet, Brancaccio<br />

(Lelio), Busca, Campana, Capobianco, Caravelli, Cataneo, Centorio, Cicogna, Cinuzzi, Cognazzo<br />

(Jacopo de), Della Croce, Ferrari (Guido), Ferretti, Gentilini, Giovine, Gualdo Priorato,<br />

Guicciar<strong>di</strong>ni, Izzo, Lorini, Machiavelli, Marchi, Marsigli, Marzioli, Melzo, Montecuccoli, Palmieri,<br />

Papacino, Patrizi, Pellicciari, Rocca, Ruscelli, Sanvitale, Sar<strong>di</strong>, Sesti, Silva, Tartaglia, Theti, Ulloa,<br />

Vignola, Wacquier de la Barthe.<br />

6. Le prime bibliografie militari italiane (1797-1854)<br />

I primi stu<strong>di</strong> embrionali sulla letteratura <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> germogliarono nel clima ideologico<br />

dell'Italia giacobina e napoleonica, e il frutto più noto è certamente la splen<strong>di</strong>da e<strong>di</strong>zione foscoliana,<br />

in 170 copie numerate, delle Opere <strong>di</strong> Montecuccoli (1807-08) 429 . Nel 1803 apparve a Torino, nelle<br />

Memorie dell'Accademia Reale delle scienze, una "Notizia de' principali scrittori <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong><br />

italiani" 430 , del conte Galeani Napione, in cui venivano citati i Discorsi Militari <strong>di</strong> Algarotti, le<br />

Memorie <strong>di</strong> Alessandro Maffei, L'Elogio <strong>di</strong> Montecuccoli <strong>di</strong> Para<strong>di</strong>si, i <strong>di</strong>zionari militari del padre<br />

d'Aquino e <strong>di</strong> Antonio Soliani e le opere, <strong>di</strong> fama internazionale, del generale d'artiglieria Papacino<br />

d'Antoni. La biografia <strong>di</strong> quest'ultimo, scritta nel 1791 da Prospero Balbo e ripubblicata nelle citate<br />

Memorie (XV, 1805, p. 345), conteneva in calce una breve bibliografia d'artiglieria.<br />

Nel 1803 fu ristampata Milano la seconda e<strong>di</strong>zione, ampliata, della Breve Biblioteca <strong>di</strong><br />

architettura <strong>militare</strong> pubblicata già nel 1797 da Paolo Emilio Guarnieri (1740), un veneziano<br />

trasferitosi a Milano come impiegato governativo [membro della Società Patriottica e autore <strong>di</strong><br />

429 Opere <strong>di</strong> Raimondo Montecuccoli illlustrate da Ugo Foscolo. Tomo primo (-secondo). Milano, per Luigi Mussi,<br />

1807-1808. 2°, ritr., ed. <strong>di</strong> 170 esemplari, con de<strong>di</strong>ca al generale Augusto Caffarelli, ministro della guerra del Regno<br />

d'Italia. Milano. Ritratto <strong>di</strong> Montecuccoli intagliato da Rosaspina, Il tomo I contiene: Avvertimenti dell'Illustratore,<br />

Elogio del conte Agostino Para<strong>di</strong>si, Aforismi dell'arte bellica e Considerazioni dell'E<strong>di</strong>tore. Il tomo II comprende<br />

Commentari delle Guerre d'Ungheria Libri due; Il sistema dell'arte bellica; Cinque Lettere ine<strong>di</strong>te; Considerazioni<br />

dell'E<strong>di</strong>tore. [BNCF- Pal. 8. 1. 6. 9 Es. XXXIX al signor Domenico Artaria <strong>di</strong> Mannheim, firma autografa <strong>di</strong> Ugo<br />

Foscolo]. Opere <strong>di</strong> Raimondo Montecuccoli annotate da Ugo Foscolo e corrette, accresciute e illustrate da Giuseppe<br />

Grassi, Torino, Tip. Economica, 1852, pp. 591. Ristampa BiblioBazaar, 2010, pp. 594. Contiene l'Elogio <strong>di</strong> Agostino<br />

Para<strong>di</strong>si (pp. 17-61), le Memorie (65-310), gli Aforismi (313-506) e L'Ungheria nell'anno 1673 (pp. 509-65).<br />

430 "Notizia de' principali scrittori <strong>di</strong> arte <strong>militare</strong> italiani", nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Torino, Litt.<br />

et B. Ar., t. XIII, 1803, pp. 446-464.<br />

148


scritti sull'agricoltura e <strong>di</strong> un anonimo Diario milanese, fu in seguito <strong>di</strong>rettore generale delle poste<br />

della Repubblica Italiana e socio dell'Accademia dei Georgofili]. L'opera, de<strong>di</strong>cata a Melzi, elenca<br />

in 120 pagine, in or<strong>di</strong>ne alfabetico, 120 scrittori italiani (inclusi Galileo, Leonardo, Machiavelli e<br />

Montecuccoli) e 189 stranieri (incluso Pietro il Grande, per la sua traduzione in russo del Vignola).<br />

E' inoltre corredata da un in<strong>di</strong>ce delle materie (pp. 121-29) e da un glossario ("Poliglotta", sic: pp.<br />

130-40) e preceduta da una prolissa e involuta introduzione in<strong>di</strong>rizzata in data del 18 aprile 1801 al<br />

figlio Filippo Enea, ingegnere collegiato <strong>di</strong> Milano. Questa contiene un abbozzo <strong>di</strong> bibliografia<br />

<strong>militare</strong> generale, o per meglio <strong>di</strong>re un affastellamento <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> sommarie citazioni rubricate<br />

sotto <strong>di</strong>ciotto etichette, tra cui "opere su vari soggetti militari" e "seguono altre cose".<br />

L'opera <strong>di</strong> Guarnieri ebbe poca fortuna, non tanto per i suoi limiti, quanto perché fu pochi anni<br />

dopo sostituita dalla citata Biblioteca istorico-critica <strong>di</strong> fortificazione permanente dell'architetto<br />

romano Luigi Marini (1768-1838). Quest'ultima fu pubblicata a Roma nel 1810 come seconda parte<br />

dei Prolegomeni alla splen<strong>di</strong>da e<strong>di</strong>zione critica del trattato <strong>di</strong> Francesco De Marchi (1504-76),<br />

definito "principe degli architetti militari italiani". Marini liquida il precursore asserendo che la<br />

bibliografia <strong>di</strong> Guarnieri "non contiene che poche ed inesatte notizie de' semplici titoli", il che non è<br />

poi generalmente vero, anche se certamente Guarnieri si astiene, non avendone la competenza, dai<br />

confronti e dalle <strong>di</strong>scussioni che arricchiscono le voci <strong>di</strong> Marini. Generalmente inviso e<br />

ri<strong>di</strong>colizzato, Guarnieri dovette la sua fortuna alla protezione <strong>di</strong> Melzi d'Eril, vicepresidente della<br />

Repubblica <strong>italiana</strong> e poi cancelliere guardasigilli del regno d'Italia. Pure Marini, però, dovette farsi<br />

raccomandare da Melzi per ottenere che Napoleone accettasse la de<strong>di</strong>ca della Biblioteca, che lo<br />

qualifica "imperatore e re d'Italia, protettore della Polonia e me<strong>di</strong>atore della Svizzera".<br />

Un contributo altrettanto importante è quello del matematico dalmata Simone Stratico (1733-<br />

1824), docente <strong>di</strong> nautica a Padova e poi a Pavia, autore <strong>di</strong> un Vocabolario <strong>di</strong> marina in tre lingue<br />

(pubblicato nel 1813, due anni dopo la prima sconfitta navale <strong>di</strong> Lissa!) e <strong>di</strong> una Bibliografia <strong>di</strong><br />

marina nelle varie lingue dell'Europa (pubblicata, ormai nonagenario!, nel 1823).<br />

Nel 1817, lo stesso anno in cui il "padre <strong>di</strong> West Point" tornava a casa coi preziosi bauli dei libri<br />

militari europei, un analogo elenco <strong>di</strong> libri per la biblioteca del nuovo stato maggiore sabaudo<br />

veniva steso da un "homme d'autrefois". Il catalogo 431 pre<strong>di</strong>sposto da Giuseppe Enrico Costa de<br />

Beauregard (1762-1824), nel suo nuovo ufficio <strong>di</strong> quartiermastro generale e <strong>di</strong>rettore della scuola<br />

dei cadetti, comincia con tre<strong>di</strong>ci scrittori militari greci e latini, tra cui troviamo Quinto Curzio,<br />

Velleio Patercolo, Cornelio Nepote e Plutarco, ma non i pur immancabili Onasandro e Leone il<br />

Filosofo. Seguono 47 storici o memorialisti, 38 tra manuali, regolamenti e trattati tecnico-militari,<br />

33 geografi e 21 carte <strong>di</strong> battaglie e asse<strong>di</strong> avvenuti negli stati sabau<strong>di</strong> <strong>di</strong> Terraferma. Tra gli autori<br />

italiani manca Machiavelli (mentre è citato il plagiario "Dubellai") e gli altri sono due condottieri<br />

(Montecuccoli e il principe Eugenio) e quattro geografi (Borgonio, Boscovich, Bourcet e Rizzi<br />

Zannoni). Se la minestra era quella, si capisce perché gli ufficiali piemontesi avessero fama <strong>di</strong><br />

frequentare le biblioteche meno della me<strong>di</strong>a dei loro colleghi europei. In realtà la colpa non pare<br />

fosse delle scarse dotazioni librarie. Secondo una dettagliata e assai penetrante "Notice sur l'Etat<br />

militaire de la Sardaigne" pubblicata a puntate nel Bulletin des Sciences Militaires del 1830,<br />

all'Arsenale "il y [avait] une bibliothèque bien dotée et assez fournie d'ouvrages militaires, mais peu<br />

fréquentée" 432 .<br />

431 "Catalogue raisonné de livres propres à composer la Bibliothèque de l'Etat-Major Général", nei Mêlanges tirés d'une<br />

portefeuille militaire, Turin, chez Pierre Joseph Pic, 1817, pp. 7-54.<br />

432 "Notice sur l'Etat Militaire de la Sardaigne", Bulletin des Sciences Militaires, 1830, VIII, N. 150, p. 372. L'autore,<br />

che scrive <strong>di</strong> aver prestato servizio a Torino durante l'Impero napoleonico, potrebbe essere forse l'artigliere Gaspard<br />

Herman Cotty (1772-1839).<br />

149


Le guerre napoleoniche spostarono tra l'Esagono e il resto d'Europa pure una gran quantità <strong>di</strong> libri<br />

militari. Non stupisce <strong>di</strong> trovare tra i cataloghi postbellici in ven<strong>di</strong>ta nelle librerie private, anche<br />

quello della maggiore libreria e<strong>di</strong>trice napoletana 433 , sita nella strada del Salvatore, <strong>di</strong> Baldassarre<br />

Borel, nato a Napoli da padre francese e socio <strong>di</strong> Carlo Bompard. Quattro anni dopo, con decreto<br />

del 10 novembre 1822 da Verona, re Fer<strong>di</strong>nando impose un dazio sull'importazione <strong>di</strong> libri e<br />

giornali esteri: i volumi in-8, in-4 e in folio erano gravati da 3, 6 e 9 carlini. A seguito <strong>di</strong> ciò "il<br />

commercio librario morì", i prezzi dei libri esteri raddoppiarono e Borel, "che aveva 160<br />

corrispondenti a Parigi, si ridusse a uno solo" 434 . Malgrado tutto si riformò, nel clima meno<br />

repressivo degli anni Trenta, un piccolo nucleo <strong>di</strong> ufficiali colti, benché auto<strong>di</strong>datti e periferici<br />

rispetto alle reti e ai flussi principali <strong>di</strong> formazione del pensiero <strong>militare</strong>. Abbiamo già accennato<br />

all'Antologia Militare (1835-46) dei fratelli Girolamo e Antonio Calà Ulloa, il primo perio<strong>di</strong>co<br />

<strong>militare</strong> italiano, ispirato all'autorevolissimo Spectateur Militaire fondato a Parigi dal generale Jean<br />

Maximilien Lamarque (1770-1832), che aveva servito nell'Armée de Naples all'epoca <strong>di</strong> Murat e<br />

che non mancò <strong>di</strong> riservare attenzione alla nuova pubblicistica <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> 435 .<br />

Nel 1841 il capitano del genio napoletano Mariano d'Ayala (1808-1877) pubblicò in appen<strong>di</strong>ce ad<br />

un Dizionario <strong>militare</strong> francese-italiano un primo abbozzo <strong>di</strong> bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, sfuggito<br />

al censimento <strong>di</strong> Petzholdt, basato sullo spoglio sistematico delle quattro biblioteche militari <strong>di</strong><br />

Napoli (dell'Officio Topografico, del Collegio Militare, del Genio e dell'Artiglieria), oltre che delle<br />

quattro maggiori (Borbonica, Universitaria, Brancacciana e dei Filippini).<br />

La matrice ideologica <strong>di</strong> questa impresa certosina non era però, come nel resto d'Europa, <strong>di</strong><br />

contribuire allo sviluppo della scienza <strong>militare</strong>, ma solo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l'antica eccellenza nazionale e<br />

perorare la rigenerazione della virtù <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> cominciata da Napoleone. La principale<br />

occupazione dei militari italiani, in gran parte reduci napoleonici, era infatti <strong>di</strong> covare rancori<br />

corporativi nei confronti dei governi reazionari che pure li avevano incautamente amnistiati e<br />

riammessi 436 ; e pure i pochi colti inclinavano al pregiu<strong>di</strong>zio triviale che le guerre napoleoniche<br />

avessero tolto ogni utilità non solo pratica ma pure scientifica a tutta la letteratura <strong>militare</strong> anteriore<br />

agli anni Settanta del Settecento. Proprio a Napoli quest'idea aveva trovato un'argomentazione<br />

"sociologica" in Luigi Blanch (1784-1872), i cui Discorsi della Scienza <strong>militare</strong>, pubblicati nel<br />

1832-34 e ristampati nel 1842 437 , ebbero una certa risonanza europea grazie alla rivista <strong>di</strong><br />

Lamarque. Una nota <strong>militare</strong> dell'autorevolissimo Cesare Cantù (1804-95), pubblicata sulla Rivista<br />

Europea del 1842 438 , esor<strong>di</strong>va con una citazione del conte de Guibert (1743-90): "che, <strong>di</strong> tutte le<br />

scienze ... la <strong>militare</strong> è quella ... su cui più si scrisse, e dove minore è il numero delle opere da<br />

potersi consultare". "Conseguenza - spiegava Cantù - degli essenziali mutamenti e dei rapi<strong>di</strong><br />

progressi <strong>di</strong> essa, nella quale tutta l'esperienza degli antichi andò perduta col primo sparo del<br />

cannone". In tal modo, senza averne coscienza, il pensiero <strong>militare</strong> del Risorgimento<br />

s'incamminava sulla strada opposta a quella seguita tre secoli prima dal Rinascimento italiano e<br />

433 Catalogue de livres militaires (en langues française et italienne), qui se trouvent chez Borel, libraire à Naples, 1818.<br />

434 "Con<strong>di</strong>zione economica delle lettere", in Rivista Europea: Nuova serie del Ricoglitore italiano e straniero, Anno I,<br />

Parte II, vedova <strong>di</strong> A. F. Stella e Giacomo figlio, 1838, p. 149.<br />

435 "Notice Bibliographique des Ouvrages Militaires publiées en Italie de 1822 à 1829", in Bulletin des Sciences<br />

Militaires VII 1829, pp. 340 - 343.<br />

436 V. Ilari, "La storiografia <strong>militare</strong> dell'Italia napoleonica" (2010), per la Rivista Italiana <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> napoleonici.<br />

437 I nove Discorsi della Scienza Militare furono pubblicati nella rivista Il Progresso, e<strong>di</strong>ta a Napoli da Giuseppe<br />

Ricciar<strong>di</strong> (voll. I-III del 1832-33 e V-IX del 1833-34) e poi in volume (Napoli, Tip. Porcelli, 1834), con aggiunti gli<br />

interventi dei maggiori Cianciulli e Ferrari e <strong>di</strong> Emanuele Rocco. Una ristampa con correzioni ebbe luogo nel 1842<br />

(Napoli, Dufrène). Nuova e<strong>di</strong>zione, a cura <strong>di</strong> Amedeo Giannini, nel 1910 (Bari, Giuseppe Laterza e Figli).<br />

438 Cesare Cantù, "Di Cose Militari", in Rivista Europea. Giornale <strong>di</strong> scienze, lettere, arti e varietà, Milano, V, 1842,<br />

III, pp. 5-62.<br />

150


dalla Rivoluzione <strong>militare</strong>, operata proprio attraverso la restitutio filologia dell'arte <strong>militare</strong> greca e<br />

romana e la sua applicazione modernizzante 439 .<br />

Nel romantico 1848, l'anno delle rivoluzioni democratiche e della prima guerra d'in<strong>di</strong>pendenza<br />

<strong>italiana</strong>, fu la rivista dei Royal Engineers a pubblicare una lista <strong>di</strong> trattatisti italiani <strong>di</strong> fortificazione,<br />

attribuita a Elizabeth Holmes, una famosa poetessa, figlia <strong>di</strong> un patriota irlandese, moglie <strong>di</strong> un alto<br />

funzionario amministrativo del Foreign Office e madre <strong>di</strong> un giovane <strong>di</strong>plomatico in servizio alla<br />

legazione a Napoli 440 . La lista era stata comunque inviata alla rivista dal maggiore Joseph Ellison<br />

Portlock (1794-1864), già affermato geologo e futuro generale, che nel 1858 pubblicò una<br />

traduzione inglese delle Lezioni <strong>di</strong> strategia scritte nel 1836 da un altro famoso ufficiale del genio<br />

napoletano, Francesco Sponzilli (1796-1865), che nelle vicende del 1848 si mantenne fedele al re e<br />

<strong>di</strong>venne poi per questo inviso agli ufficiali fedeli alla costituzione che trovarono rifugio a Torino.<br />

Furono proprio due esuli napoletani, i fratelli Carlo e Luigi Mezzacapo, a rivitalizzare la cultura<br />

<strong>militare</strong> piemontese dando vita alla Rivista Militare <strong>italiana</strong>, unico sopravvissuto dei numerosi<br />

perio<strong>di</strong>ci militari del Risorgimento. Tra gli esuli c'era pure d'Ayala, che nel 1854 pubblicò a Torino<br />

(nella Stamperia Reale) la prima e finora unica Bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>. Un'opera imponente<br />

<strong>di</strong> 500 pagine, che rubrica non soltanto trattati e monografie, ma anche un gran numero <strong>di</strong><br />

regolamenti a stampa e <strong>di</strong> manoscritti. Le notizie sono ovviamente tratte in parte dallo spoglio<br />

sistematico delle numerose bibliografie generali e locali <strong>di</strong> scrittori italiani, in primo luogo quelle<br />

del modenese Girolamo Tiraboschi (1731-1794) e del bresciano Giammaria Mazzucchelli (1707-<br />

1765), con gli apporti preziosi del padre somasco Jacopo Maria Paitoni (1710-1774) sulle traduzioni<br />

italiane <strong>di</strong> classici, del padovano Antonio Marsand (1765-1842) sui manoscritti italiani a Parigi. La<br />

parte sui trattati <strong>di</strong> fortificazione è ripresa integralmente dal Marini (con qualche errore e talora in<br />

modo incompleto), tenendo pure conto del Guarnieri e delle prime ricerche dell'architetto torinese<br />

Carlo Promis [ma le più importanti uscirono dopo la pubblicazione della Bibliografia Militare<br />

Italiana: poco aggiunse poi a questi autori la bibliografia degli scrittori italiani <strong>di</strong> fortificazione<br />

pubblicata nel 1866 dal capitano degli zappatori Elia Catanzariti 441 ].<br />

Ma d'Ayala aveva svolto pure ricerche <strong>di</strong>rette nelle principali biblioteche delle città in cui aveva<br />

soggiornato durante l'esilio, e a Torino si era potuto avvalere della raccolta avviata nel 1830, anche<br />

commissionando copie <strong>di</strong> circa 500 manoscritti esistenti in altre città, dal generale Cesare Basilio<br />

Girolamo <strong>di</strong> Saluzzo conte <strong>di</strong> Monesiglio e Cervignasco (1778-1853), gran maestro dell'artiglieria,<br />

governatore dei principi reali, presidente della commissione per la pubblica istruzione e soprattutto<br />

miglior bibliotecario che stu<strong>di</strong>oso, a giu<strong>di</strong>care dai Ricor<strong>di</strong> militari degli stati sar<strong>di</strong> (Torino 1853).<br />

La Biblioteca "Saluzziana", accre<strong>di</strong>tata <strong>di</strong> 17.000 opere a stampa o manoscritte, fu ere<strong>di</strong>tata dal<br />

duca <strong>di</strong> Genova, ossia dal principe Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Savoia-Genova (1822-1855), figlio <strong>di</strong> Carlo<br />

Alberto e fratello <strong>di</strong> Vittorio Emanuele II 442 , e fu acquisita un secolo dopo (nel 1952) dalla<br />

Biblioteca Reale <strong>di</strong> Torino.<br />

439 V. Ilari, Imitatio, Restitutio, Utopia: la Storia Militare Antica nel pensiero strategico moderno, in Marta Sor<strong>di</strong> (cur.),<br />

Guerra e <strong>di</strong>ritto nel mondo greco e romano. Contributi dell’Istituto <strong>di</strong> Storia Antica , XXVIII, Milano, Vita e Pensiero,<br />

2002, pp. 269-381.<br />

440 Mrs. G[eorge] Lenox Conyngham [born Elizabeth Holmes, a Romantic poetess], "List of Italian Authors on Military<br />

Science, communicated by Major Portlock R. E., F. R. S.", and published as "Paper 11" in the First Number of the<br />

[Engineers] Corps papers, and memoirs on military subjects: compiled [by Captain John Williams] from contributions<br />

of the officers of the Royal engineers and the East In<strong>di</strong>a Company's engineers, London, John Weale, 1848, pp. 62-67.<br />

441 Elia Catanzariti, Gli scrittori italiani che dettarono sulle fortificazioni dalle origini ai tempi presenti, Torino-<br />

Firenze, G. Cassone, 1866.<br />

442 Cantù, "Biblioteca Saluzzo", in Rivista Europea. Giornale <strong>di</strong> scienze, lettere, arti e varietà, Milano, V, 1842, III, pp.<br />

33-36. Mariano d'Ayala, "Biblioteca Militare del Duca <strong>di</strong> Genova in Torino" [ora Fondo Saluzzo della Biblioteca Reale<br />

<strong>di</strong> Torino], In Rivista Enciclope<strong>di</strong>ca <strong>italiana</strong>, Torino, UTET, 1855, IV, pp. 342-356.<br />

151


La Bibliografia <strong>di</strong> d'Ayala, estesa sino al 1854, è articolata, con criteri abbastanza <strong>di</strong>scutibili, in<br />

sette parti: I "su le arti militari in genere" (p. 1); II "architettura <strong>militare</strong> e asse<strong>di</strong>i" (p. 81); III<br />

"dell'artiglieria e sue or<strong>di</strong>nanze" (p. 135). IV "marineria e sue or<strong>di</strong>nanze" (p. 167), V "me<strong>di</strong>cina<br />

<strong>militare</strong>, arti e or<strong>di</strong>ni cavallereschi" (187). VI "letteratura <strong>militare</strong>" (p. 217) e VII "legislazione,<br />

amministrazione lessicografia e poligrafia <strong>militare</strong>" (p. 368), più "aggiunte" <strong>di</strong> testi avanzati (p.<br />

387) e infine (p. 411) un "in<strong>di</strong>ce generale degli autori" (in cui sono in<strong>di</strong>cate le parti in cui sono<br />

inclusi, spesso più <strong>di</strong> una, ma non le pagine). Ciò complica la ricerca, sia mescolando testi<br />

assolutamente eterogenei come i trattati <strong>di</strong> fortificazione e le narrazioni (non <strong>di</strong> rado in versi!) <strong>di</strong><br />

asse<strong>di</strong>, oppure testi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto bellico con regolamenti amministrativi, trattati <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina e co<strong>di</strong>ci<br />

cavallereschi; sia smembrando la produzione <strong>di</strong> molti autori nell'intento <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>narla "per materia".<br />

Pecche certo irritanti, ma che pure debbono farci riflettere, perché sono in<strong>di</strong>ce non <strong>di</strong> sciatteria o<br />

dell'incapacità <strong>di</strong> pensare le cose fino in fondo, ma <strong>di</strong> una visione escatologica del Risorgimento<br />

come ricapitolazione, compresenza e compimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci secoli <strong>di</strong> <strong>storia</strong> "nazionale".<br />

Non senza sviste e lacune, e al tempo stresso inutilmente ridondante <strong>di</strong> opere decisamente prive <strong>di</strong><br />

interesse storico <strong>militare</strong>, la Bibliografia Militare Italiana resta non<strong>di</strong>meno la prima bibliografia<br />

<strong>militare</strong> nazionale estesa su un periodo <strong>di</strong> quasi quattro secoli. Migliore è certamente la Bibliografía<br />

Militar de España (Madrid 1876) del briga<strong>di</strong>ere del genio José Almirante y Torroella (1823-1894),<br />

più accurata nelle trascrizioni dei frontespizi e soprattutto organizzata per autore in or<strong>di</strong>ne<br />

alfabetico. Gli autori sono poi richiamati in un chiaro e logico "Registro por materias" (pp. 929-<br />

988). Ancor più precisa è la citata bibliografia inglese <strong>di</strong> Cockle, che adotta però il criterio<br />

cronologico per i testi in lingua inglese e lo combina <strong>di</strong>abolicamente col criterio per materia per i<br />

testi in altre lingue.<br />

Altra buona bibliografia <strong>militare</strong> nazionale fu il Diccionario bibliographico militar portuguez<br />

(1891) <strong>di</strong> Francisco Augusto Martins de Carvalho (1844-1921), mentre Nos écrivains <strong>militare</strong>s (Paris<br />

1898-99) <strong>di</strong> Edouard Gullion (1849) è solo un saggio informativo e abbastanza superficiale. Alla fine<br />

dell'Ottocento comparvero infine, entrambe in Germania, le due ultime bibliografie militari<br />

internazionali, la Bibliotheca historico-militaris (Kassel 1887-89) <strong>di</strong> Johann Pohler, oggetto <strong>di</strong> due<br />

ristampe anastatiche parziali americane (Burt Franklin New York 1962 e Kessinger Publishing<br />

Photocopy E<strong>di</strong>tion 2009) e la Geschichte der Kriegswissenschaften <strong>di</strong> Max Jähns (München u.<br />

Leipzig, 1889-91). Quest'ultima, che si ferma all'anno 1800 ed è stata ristampata in anastatica nel<br />

1971, andava alle stesse sul mercato antiquario finché non è stata messa online da google books come<br />

gran parte degli altri volumi citati in questo articolo. Utili complementi sono la citata bibliografia <strong>di</strong><br />

Cockle, limitata però al 1642, e la Bibliography of guns and shooting (London 1896) <strong>di</strong> "Wirt<br />

Gerrare" (William Oliver Greener).<br />

Bibliografia sugli scrittori militari italiani<br />

Almirante [y Torroella], José (1823-1894), Bibliografia militar de España, Imprenta y Fun<strong>di</strong>ción de Manuel Tello,<br />

Madrid, 1876.<br />

Barberis, Walter, Le armi del Principe, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1988.<br />

Bar<strong>di</strong>n, Etienne-Alexandre (1774-1841), s. v. "Auteur militaire", dans Dictionnaire de l'Armée de Terre, ou Recherches<br />

historiques sur l'art et les usages militaires des anciens et des modernes, par le général Bar<strong>di</strong>n, ouvrage terminé<br />

sous la <strong>di</strong>rection du général Ou<strong>di</strong>not de Reggio, Paris, J. Corréard, 1851, I, pp. 438-568<br />

Bargilli, G., articoli sulla trattatistica <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> in genere e su autori particolari del XVI e XVII secolo in Rivista<br />

Militare Italiana 1898, 1-2, pp. 492-513; 1899, 1, pp. 321-334; 1900, 4, pp. 2007-2022, 1902, pp. 293-307.<br />

Berenger, Jean, cur., La révolution militaire en Europe (XVe - XVIIIe siècles). Actes du colloque organisé le 4 avril 1997 à<br />

Saint Cyr Coëtquidan par le Centre de recherches des Ecoles de Coëtquidan, par l'Institut de Recherches sur les<br />

Civilisations de l'Occident Moderne (Université de Paris-Sorbonne) et par l'Institut de Stratégie Comparée, Paris,<br />

Economica, 1998.<br />

152


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870. Vol. III Guerre d'Italia (1528-1559) pp. 1071. Vol. IV Guerre contro i Turchi (1453-1579). Ferrara, ed.<br />

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279.<br />

[Complessivamente Hale ha censito 145 libri militari pubblicati a Venezia da 66 <strong>di</strong>versi e<strong>di</strong>tori, corrispondenti però<br />

soltanto a 67 opere: 53 (<strong>di</strong> 46 autori con 31 e<strong>di</strong>tori) stampate a Venezia per la prima volta, con 48 nuove e<strong>di</strong>zioni o<br />

ristampe e 4 traduzioni veneziane; 14 (incluse 4 traduzioni) apparse per la prima volta altrove, con 26 rie<strong>di</strong>zioni,<br />

nuove e<strong>di</strong>zioni e traduzioni veneziane. I 16 autori delle 17 opere sull’arte della guerra (o <strong>di</strong>sciplina <strong>militare</strong>) o<br />

sull’ufficio del capitano generale stampate a Venezia prima del 1570 sono i seguenti: Antonio Cornazzano 1493,<br />

Egi<strong>di</strong>o Colonna 1498, Battista Della Valle 1524, Iacopo <strong>di</strong> Porcia 1530, Niccolò Machiavelli 1537, “Guillaume du<br />

Bellay” (in realtà Raymond de Fourquevaux) 1550 (ried. 1571), Girolamo Garimberti 1556, Alessandro Farra 1556,<br />

Dominicus Cyllaenius 1559, Ascanio Centorio degli Hortensii 1558-61, Giovacchino da Coniano 1564, “Alfonso<br />

Adriano” (Aurelio Cicuta) 1566, Bernar<strong>di</strong>no Rocca 1566 e 1570, Giovanni Matteo Cicogna 1568, Francesco Ferretti<br />

1568 e Domenico Mora 1569. Altre 9 opere riguardano le fortificazioni e la poliorcetica (Giambattista Zanchi 1554,<br />

154


Pietro Cataneo 1554, Giacomo Lanteri 1557 e 1559, Girolamo Maggi 1564, Giacomo Fusto Castriotto 1564,<br />

Francesco Montemellino 1564, Domenico Mora 1567 e Galasso Alghisi 1570), 4 l’artiglieria (Niccolò Tartaglia 1537<br />

e 1546, Vannuccio Biringucci 1540 e Girolamo Ruscelli 1568) e 1 le piante <strong>di</strong> fortezze e campi <strong>di</strong> battaglia (Giulio<br />

Ballino 1565). Hale include nell’elenco altre 2 opere sull’“indole <strong>militare</strong>” (Antonio Brucioli 1526 e Giovanni Maria<br />

Memmo 1563), 3 <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>militare</strong> (Leonardo Botallo 1564, Bartolomeo Maggio 1566 e Giovanni Rota 1566) e 2<br />

<strong>di</strong> eloquenza <strong>militare</strong> (Remigio Nannini 1557 e Francesco Sansovino 1570), nonché 17 sulle leggi <strong>di</strong> guerra e il co<strong>di</strong>ce<br />

cavalleresco, 9 sui cavalli e l’equitazione e 2 sulla scherma. L’elenco <strong>di</strong> Hale non include però né la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong><br />

antica (v. ad es. Francesco Serdonati), né quella delle guerre moderne 443 e neppure le traduzioni veneziane <strong>di</strong><br />

classici 444 .].<br />

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Minir[kunst], Geschichte der Ingenieur-Korps mit Anhang Militärische Enzyklopä<strong>di</strong>en, -Lexika und -<br />

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technological press 1665-1790, New York, The Scarecrow Press, 1962, p. 60 [<strong>di</strong>mensioni complessive della<br />

produzione libraria europea: 40.000 volumi nella seconda metà del XV secolo, 57.000 nel XVI, 250.000 nel XVII, 2<br />

milioni nel XVIII. In campo <strong>militare</strong> l’impennata si verifica dopo il 1730.].<br />

443 Cfr. ad es. Niccolò degli Agostini sulla battaglia della Gera d’Adda (1521), Luis de Avila y Zuniga sulle campagne<br />

imperiali in Germania (1548), Alessandro Benedetti sulle battaglie <strong>di</strong> Fornovo <strong>di</strong> Taro e Novara (1549) ecc.<br />

444 Questi ultimi sono però menzionati e <strong>di</strong>scussi alle pp. 258-61. A Venezia furono pubblicate traduzioni italiane <strong>di</strong><br />

Vitruvio (1511 fra Giocondo), Cesare (1517 Agostino Lurtica della Porta), Vegezio (1524 Tizzone Gaetano da Pofi),<br />

Polibio de militia romana (1536 anonima, con de<strong>di</strong>ca al duca d’Urbino), Frontino (1543 Comin da Trino; 1574<br />

Marc’Antonio Gan<strong>di</strong>no), Onasandro (1546 Fabio Cotta), Nepote (1550 Nannini), Ammiano Marcellino (1550 Nannini),<br />

Senofonte (1550 Le guerre dei greci, Francesco <strong>di</strong> Soldo Strozzi, de<strong>di</strong>cato a Giovanni dei Me<strong>di</strong>ci, “lume della milizia”;<br />

1588 Pietro Muselli), Polieno (1551 Lelio Carani; 1551 Nicolò Mutoni), Eliano (1551 Francesco Ferrosi; 1552 Francesco<br />

Robertelli), Polibio (1553 Domenichi), Curzio Rufo (1558 Porcacchi), Appiano (1554-59 Dolce; 1584 Alessandro<br />

Braccesi), Leone VI (1561, 1586, 1602 Filippo Pigafetta) e Livio (1562, con de<strong>di</strong>ca al marchese <strong>di</strong> Pescara, capitano<br />

generale della Cesarea Maiestà in Italia). Altre traduzioni italiane apparvero a Firenze (Appiano <strong>di</strong> Alessandro Braccesi,<br />

1519; Eliano <strong>di</strong> Lelio Carani 1552) e Napoli (Leone VI <strong>di</strong> Alessandro Napoletano 1612). Nel 1546 Jean Charrier pubblicò<br />

a Parigi, in uno stesso volume, le traduzioni francesi <strong>di</strong> Machiavelli e Onasandro. Elenco completo <strong>di</strong> tutte le e<strong>di</strong>zioni<br />

europee in Philippe Richardot, “Les é<strong>di</strong>tions d’auteurs militaires antiques au XVe-XVIe siècle”, in Stratégique, 68, 1997,<br />

n. 4.<br />

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Prolegomeni, Roma, da' torchi <strong>di</strong> Mariano de Romanis e figli, 1810. Vol. I <strong>di</strong> Subsi<strong>di</strong>a bibliographica. Libreria<br />

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in seguito continuata e giunta nel 2007 a 112 vol. (L. S. Olschki).<br />

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la notizia delle loro e<strong>di</strong>zioni; nella quale si esamina particolarmente quanto ne hanno scritto i celebri Maffei,<br />

Fontanini, Zeno e Argellato. Infine si dà notizia <strong>di</strong> volgarizzamenti della Bibbia, del Messale e del Breviario, In<br />

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Cesare Saluzzo, Parte Seconda, Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1841.<br />

• Memoria I: Della Vita e delle Opere degl'Italiani scrittori <strong>di</strong> artiglieria, architettura e meccanica <strong>militare</strong> da<br />

Egi<strong>di</strong>o Colonna a Francesco Marchi 1285 - 1560. [Sono 47].<br />

• Memoria II: Dello stato dell'artiglieria circa l'anno Millecinquecento e particolarmente delle <strong>di</strong>eci specie<br />

figurate da Francesco <strong>di</strong> Giorgio Martini, pp. 121- 199.<br />

• Memoria III: dello stato dell'architettura <strong>militare</strong> circa l'anno Millecinquecento e dell'origine delle singole parti<br />

della fortificazione conosciute in quell'epoca, pp. 203-281.<br />

• Memoria IV: Della origine dei moderni baluar<strong>di</strong>, pp. 285-326.<br />

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http://library.nyu.edu/literature/italian/Italian_Books_Before_1601.pdf<br />

Beatrice, Armando, "Le Cinquecentine ed i manoscritti della Biblioteca Militare presi<strong>di</strong>aria <strong>di</strong> Napoli", in Memorie<br />

storiche militari 1977, Roma, USSME, 1977, pp. 199-206.<br />

Biblioteca Italiana ossia Notizia de' libri rari italiani <strong>di</strong>visa in quattro parti, cioè I<strong>storia</strong>, Poesia, Prose, Arti e Scienze<br />

già compilata da Niccola Francesco Haym. E<strong>di</strong>zione corretta, ampliata, e <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zj inytorno alle migliori opere<br />

arricchita. Con Tavole copiosissime e necessarie. Milano, Presso Giovanni Silvestri, 1803, Volume IV, pp. 164-<br />

169 (Arte Militare).<br />

Catalogo della Libreria Floncel, o sia de' libri italiani del fù Signor Alberto-Francesco Floncel, (1697-1773),<br />

Avvocato nel Parlamento <strong>di</strong> Parigi, e Censore Reale; Ascritto a X X I V delle più celebri Accademie d'Italia. Con<br />

Annotazioni da lui medesimo apposte a <strong>di</strong>versi Libri, e In<strong>di</strong>ce Alfabetico degli Autori. Disposto per Giovanni<br />

Gabriello Cressonnier, Librajo Parigino. In Parigi, Presso Giov. Gabriello Cressonnier, M. DCC. LXXIV. T. I, pp.<br />

118-126 (Architettura Militare NN. 1397-1415. Arte Militare NN. 1416-1497).<br />

Catalogue des livres de la bibliothèque de feu Monseigneur le Maréchal Duc d'Estrées (1660-1737), A Paris, Chez<br />

Jacques Guerin, M. DCC. XL, Tome Premier, Hydrographie et Navigaion NN. 8262-8320. Art Militaire NN. 8652-<br />

8757. Fortification NN. 8758-8798. Artillerie et Pyrotechnie NN. 8799-8838.<br />

Catalogue des livres de la Bibliothèque de feu Mr A. M. H. Boulard (1754-1825), Re<strong>di</strong>gée par L. F. Gaudefroy et J. A.<br />

Bleuet, Anciens Libraires, Première Partie, contenant la Théologie, la Jurisprudence, et les Sciences et Arts, Paris,<br />

1828, Marine NN. 4818-4828. Art Militaire NN. 4829-4877.<br />

Colson, Bruno, L’art de la guerre de Machiavel à Clausewitz, P. U. de Namur, 1998 (presentazione analitica dei 111<br />

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160


8. STRATEGIA DELLA STORIA<br />

(Agosto 2011)<br />

1. Storia della strategia.<br />

Storia e strategia sono concetti vaghi, oscuri, inflazionati e variamente associati. La combinazione<br />

più evidente è "<strong>storia</strong> della strategia", che può significare il tentativo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare e inseguire un<br />

concetto universale attraverso le molteplici forme in cui si è manifestato nei vari contesti linguistici<br />

e culturali. Ma anche, in senso più specifico, <strong>storia</strong> del particolare sostantivo, e del corrispondente<br />

genere letterario, in cui si è espressa e sviluppata la specifica cultura occidentale della guerra. In<br />

terzo luogo "<strong>storia</strong> della strategia", integrata da un aggettivo specificativo (ad esempio<br />

"giapponese", "nucleare", "contemporanea") può in<strong>di</strong>care la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> una particolare concatenazione<br />

(nazionale, operativa, epocale) <strong>di</strong> percezioni e decisioni.<br />

Bisogna osservare che queste sarebbero ancora storie <strong>di</strong> primo livello, cioè meramente<br />

ricostruttive e narrative: una base necessaria, ma <strong>di</strong> per sé sola incapace <strong>di</strong> proporre interpretazioni e<br />

giu<strong>di</strong>zi storici in senso compiuto. Per questo occorrerebbe un lavoro ulteriore, e cioè indagare in<br />

quale misura e in quale <strong>di</strong>rezione una determinata idea generale della guerra possa con<strong>di</strong>zionare la<br />

condotta strategica e stabilire col tempo costanti e stili che predeterminano a loro volta le percezioni<br />

e le decisioni.<br />

Pur coi meriti dei manuali delle università <strong>di</strong> Princeton e <strong>di</strong> Cambridge curati dagli americani<br />

Peter Paret (1924) 445 , Williamson Murray 446 e Victor Davis Hanson (1953) 447 , la migliore <strong>storia</strong> del<br />

pensiero strategico resta certo quella dell'israeliano Azar Gat (1959) 448 , Interessante, specie per il<br />

metodo, è tuttavia pure il recente saggio del belga Christophe Wasinski, il quale si è proposto <strong>di</strong><br />

indagare il modo in cui si è costruito "il senso comune strategico", ossia la convinzione sociale e<br />

transnazionale che la politica sia in grado <strong>di</strong> governare la guerra. Malgrado un certo sfoggio <strong>di</strong><br />

eru<strong>di</strong>zione sociologica e l'immancabile minestra riscaldata <strong>di</strong> V. D. Hanson sulla falange oplitica, il<br />

saggio ricostruisce poi abbastanza bene la genesi del pensiero strategico occidentale e i suoi rapporti<br />

con la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> e la geopolitica 449 .<br />

Lo stile <strong>di</strong> guerra occidentale (militarista, soggettivo) è anche il prodotto <strong>di</strong> una accentuata<br />

autonomia istituzionale del <strong>militare</strong> rispetto al politico: ciò ha infatti spinto il pensiero <strong>militare</strong> ad<br />

anteporre la riflessione ("jominiana") sulla condotta delle operazioni (warfare) e dunque<br />

sull'officium e l'arte del capitano generale [in<strong>di</strong>cati dopo il 1771 col vocabolo greco "strategia"] alla<br />

riflessione ("clausewitziana") sulla struttura oggettiva della guerra e dunque sul rapporto <strong>di</strong> polarità<br />

tra gli avversari. Una prospettiva che pure avrebbe potuto essere sviluppata partendo dall'idea <strong>di</strong><br />

445 Peter Paret and Felix Gilbert (Eds), Makers of modern strategy: from Machiavelli to the nuclear age, Princeton<br />

University Press, Princeton, 1986.<br />

446 Williamson Murray, MacGregor Knox, Alvin Bernstein (Eds.), The Making of Strategy. Rulers, State, War,<br />

Cambridge, Cambridge U. P., 1994<br />

447 Victor Davis Hanson (Ed.), Makers of ancient strategy: from the Persian wars to the fall of Rome, Princeton<br />

University Press, Princeton, 2010.<br />

448 Azar Gat, The development of military thought: the nineteenth century, Oxford University Press, Oxford, 1992. A<br />

history of military thought: from the Enlightenment to the Cold War, Oxford University Press, Oxford, 2001.<br />

449 Christophe Wasinski, Rendre la guerre possible. La construction du sens commun stratégique, Université Libre de<br />

Bruxelles. Bruxelles, 2010. Di un certo interesse pure l'antologia <strong>di</strong> otto scrittori militari "minori" dal 1548 al 1816<br />

curata da Beatrice Hauser, The Strategy Makers: Thoughts on War and Society from Machiavelli to Clausewitz, Praeger<br />

Security International, ABC Clio, Greenwood Publisher, 2010<br />

161


atio belli ("misura", "rapporto") che ricorre incidentalmente nella letteratura classica (specie in<br />

Cesare) 450 .<br />

2. La reinterpretazione della <strong>storia</strong> civile da una prospettiva strategica<br />

Storia e strategia possono inoltre venir combinate reciprocamente come aggettivi qualificativi<br />

l'uno dell'altro. In tal modo è possibile mettere a fuoco e confrontare una visione strategica oppure<br />

astrategica della <strong>storia</strong> e una visione storica oppure astorica della strategia.<br />

La prima questione investe il grado <strong>di</strong> consapevolezza, da parte dello storico, del potenziale<br />

bellico della sua ricerca, anche se verte su campi apparentemente lontanissimi dalla guerra, come la<br />

scienza, la religione, l'arte, la filosofia. Un possibile stu<strong>di</strong>o implicato da questa particolare questione<br />

riguarda la genesi della letteratura <strong>militare</strong> e strategica come costola della storiografia, e la graduale<br />

conquista <strong>di</strong> un proprio statuto metodologico e scientifico, anche in contrapposizione con le scienze<br />

storiche e in confronto col parallelo sviluppo della geografia, della politica e dell'economia.<br />

Altro aspetto sono le <strong>di</strong>fferenti deformazioni che la "<strong>storia</strong> civile" subisce a seconda che il<br />

ricercatore tenga conto o meno della latente <strong>di</strong>mensione strategica del suo oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

(un'epopea nazionale come un sistema economico, il progresso scientifico come una visione<br />

artistica o religiosa). Pren<strong>di</strong>amo ad esempio l'interpretazione delle rivoluzioni nazionali e delle<br />

guerre <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong> liberazione: laddove la <strong>storia</strong> nazionale tende a riflettere il punto <strong>di</strong> vista<br />

delle nuove classi <strong>di</strong>rigenti e a interpretarle perciò come autobiografia collettiva, la <strong>storia</strong> strategica<br />

tende a spostare l'enfasi sul contesto internazionale e sui fattori e attori esterni 451 . Il colto lettore<br />

sentirà qui evocata la polemica sul concetto <strong>di</strong> "rivoluzione passiva" (coniato da Vincenzo Cuoco a<br />

proposito della Repubblica Napoletana del 1799, instaurata dalle baionette francesi più che dall'élite<br />

"patriottica"); oppure l'osservazione <strong>di</strong> John Robert Seeley (1834-95) che la grande storiografia<br />

whig (ma poi, in forme <strong>di</strong>verse, anche la successiva storiografia liberal) riduceva la <strong>storia</strong> inglese<br />

alla <strong>storia</strong> del parlamentarismo e della legislazione, <strong>di</strong> fatto ignorando il contemporaneo sviluppo<br />

dell’Impero britannico 452 . Questioni ricorrenti, ad esempio, nell'attuale <strong>di</strong>battito sull'atteggiamento<br />

che l'Occidente dovrebbe osservare <strong>di</strong> fronte alla cosiddetta "primavera araba", dove chi guarda agli<br />

sviluppi interni caldeggia l'"apertura <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to", mentre chi considera gli effetti geopolitici globali<br />

perora un atten<strong>di</strong>smo ostile e pessimista.<br />

3. La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> come "strategoteca" delle strategia.<br />

L'approccio storico alla strategia appare meno problematico; ma solo prima facie. Più da vicino,<br />

infatti, mette in questione la natura, lo scopo e il valore cognitivo (euristico, pre<strong>di</strong>ttivo) della <strong>storia</strong><br />

in genere e della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in particolare e l'incidenza che l'immagine del passato (specie se<br />

rozza e viscerale) esercita sulla percezione e sulla decisione strategica. Ho affrontato questi temi in<br />

vari precedenti stu<strong>di</strong> ai quali rinvio 453 , limitandomi qui a richiamare solo alcune riflessioni generali.<br />

450 V, Ilari, "Imitatio, Restitutio, Utopia: la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nel pensiero strategico moderno", in Marta Sor<strong>di</strong> (cur.),<br />

Guerra e <strong>di</strong>ritto nel mondo greco e romano, Milano, Vita e Pensiero, 2002, p. 269-381. . [online su scribd].<br />

451 Cfr. V. Ilari, v. "Esercito", in Luigi Mascilli Migliorini (cur.), Italia napoleonica. Dizionario critico, UTET, Torino,<br />

2011, pp. 231-32. Id., "La storiografia <strong>militare</strong> dell'Italia napoleonica", in Rivista Italiana <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> napoleonici (in corso<br />

<strong>di</strong> pubblicazione).<br />

452 R. Seeley, "Tendency in English History", in The Expansion of England, Two Courses of Lectures (1883), London,<br />

Macmillan and Co, 1911, pp. 1-18. Luigi Loreto, Guerra e libertà nella Repubblica romana. John R. Seeley e le ra<strong>di</strong>ci<br />

intellettuali della Roman Revolution, Roma, L’Erma <strong>di</strong> Bretschneider, 1999.<br />

453 V. Ilari, “La storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>: riflessioni critiche su strutture, ruolo e prospettive”, in La storiografia<br />

<strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> negli ultimi venti anni, Atti del convegno <strong>di</strong> Lucca, ottobre 1984, Centro interuniversitario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e<br />

162


La prima introduzione critica allo stu<strong>di</strong>o della guerra è il Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari, pubblicato a<br />

Roma el 1637 da Gabriel Naudé, il famoso teorico del colpo <strong>di</strong> stato, nonché bibliotecario del car<strong>di</strong>nal<br />

Mazarino, me<strong>di</strong>co ateo, libertino e cripto-machiavelliano. Sottolineando la propria inesperienza<br />

<strong>militare</strong>, Naudé equiparava experientia e lectio come due mo<strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenti ma equivalenti <strong>di</strong><br />

acquisire (comparare) la scientia belli administran<strong>di</strong> (pp. 504 e 507-8). E, contro l'autorità <strong>di</strong><br />

Aristotele e Cicerone, i quali anteponevano la pratica alla teoria in riferimento alla me<strong>di</strong>cina,<br />

all’oratoria e all’ars imperatoria, opponeva la tesi paradossale <strong>di</strong> Giovanni Botero (1544-1617), il<br />

quale giu<strong>di</strong>cava la lectio rerum militarium superiore all’esperienza 454 . Occorre tuttavia osservare che,<br />

nonostante il carattere tendenzialmente omnicomprensivo attribuito all’administratio belli dalla<br />

letteratura sulla ragion <strong>di</strong> stato e <strong>di</strong> guerra, questa in realtà tratta soltanto delle <strong>di</strong>mensioni morali,<br />

giuri<strong>di</strong>che e politiche, astenendosi dall’affrontare la condotta tecnica della guerra (belli geren<strong>di</strong> ratio,<br />

Naudé p. 512). Fu invece il maresciallo <strong>di</strong> Puységur (1655-1743), già capo <strong>di</strong> stato maggiore<br />

(maréchal général des logis) del maresciallo <strong>di</strong> Luxembourg, sostenitore dell'autosufficienza assoluta<br />

dello stu<strong>di</strong>o teorico, essendosi proposto <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che “sans guerre, sans troupes, sans armée, sans<br />

être obligé de sortir de chez soi, par l’étude seule, avec un peu de géometrie et de géographie, on peut<br />

apprendre toute la théorie de la guerre de campagne” 455 .<br />

Considerando che un buon due terzi della letteratura <strong>militare</strong> sono opera <strong>di</strong> pingui e<br />

(apparentemente) inoffensivi ecclesiastici o professori universitari, che le gran<strong>di</strong> epopee<br />

rivoluzionarie sono state provocate da auto<strong>di</strong>datti in borghese o in tonaca, e - soprattutto - che<br />

l'esperimento sul campo <strong>di</strong>fferisce da quello scientifico perché non è replicabile, o si da ragione a<br />

Puységur oppure si mandano al macero intere biblioteche. La soluzione <strong>di</strong> compromesso, praticata<br />

dagli stati maggiori in tempo <strong>di</strong> pace, è <strong>di</strong> supplire alla non replicabilità degli esperimenti con la<br />

me<strong>di</strong>a delle esperienze, ricavata dallo stu<strong>di</strong>o professionale della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, <strong>di</strong> cui fanno parte<br />

Übung, Kriegsspiele, staff ride e re-enactement 456 .<br />

La strategia, <strong>di</strong>ce Clausewitz, non è scienza deduttiva, ma induttiva; non trova i suoi principi "in<br />

astratto", ma li ricava dall'esperienza. E siccome non può esperire il futuro, esperisce il passato,<br />

ossia la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> 457 , attraverso la ricostruzione <strong>di</strong> eventi e l'in<strong>di</strong>viduazione dei fattori<br />

qualificanti. Altrove Clausewitz sfuma o contrad<strong>di</strong>ce la fiducia sulla possibilità pratica <strong>di</strong> imparare<br />

dalla <strong>storia</strong>: ma qui probabilmente stava pensando alla sua stessa esperienza (la Strategie del 1804,<br />

basata sullo stu<strong>di</strong>o comparato delle campagne) o forse alle memorie <strong>di</strong> stato maggiore che si<br />

ricerche storico-militari, Milano, Franco Angeli, 1985, pp. 158-76: ID., “Guerra e storiografia”, in Carlo Jean (cur.), La<br />

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<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, Roma, Centro Alti Stu<strong>di</strong> Difesa, 28-29 ottobre 1999, Roma, Commissione Italiana <strong>di</strong> Storia Militare,<br />

2001, pp. 47-70. [online su scribd].<br />

454 Auctor Benevolo Lectori: “nec acies unquam vi<strong>di</strong>ssem, nec castra, nec hostem, ac ne quidem gla<strong>di</strong>um apte cingere, aut<br />

educere de vagina possem”. Syntagma de stu<strong>di</strong>o militari ad illustrissimum iuvenem Ludovicum ex comitibus Gui<strong>di</strong>is a<br />

Balneo, Romae, ex Typographia Iacobi Facciotti, 1637, lib. II Ducis Officium, cap. IV, pp. 513-14; Naudaei Bibliographia<br />

militaris, Jenae, 1683, inclusa in Thomas Crenius, De eru<strong>di</strong>tione comparanda, Leyden, 1699. Naudé, Bibliographia<br />

politica a cura <strong>di</strong> D. Bianco, Roma, Bulzoni, 1997.<br />

455 Art de la guerre par principe et règles, Paris, 1748, I, p. 2<br />

456 David Ian Hall, "The Modern Model of the Battlefield Tour and Staff Ride: Post-1815 Prussian and German<br />

Tra<strong>di</strong>tions", in The Quarterly Journal, pp. 93-101. William Glenn Robertson, The Staff Ride, Center of Military<br />

History, U. S. Army, Washington, 1987. [entrambi online].<br />

457 Vom Kriege, II, 2, 37.<br />

163


e<strong>di</strong>gevano all'epoca sua 458 . Jomini (autore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sulle campagne del 1792-1815 più analitici <strong>di</strong><br />

quelli corrispondenti <strong>di</strong> Clausewitz) assevera con enfatica superficialità la funzione scientifica della<br />

<strong>storia</strong> <strong>militare</strong>. Simili banalità abbondano nella letteratura strategica, dove la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> <strong>di</strong>venta<br />

una ghiotta "stratégothèque universelle" 459 , ignorando il caveat clausewitziano sui pericoli degli<br />

exempla historica (II, 6).<br />

In realtà lo stu<strong>di</strong>o critico della <strong>storia</strong>, quale che sia la specializzazione, non nasce ex ante, ma ex<br />

post: non dal successo, ma dalla sconfitta. La con<strong>di</strong>zione, necessaria ma non sufficiente, per "learn<br />

the lesson", è aver perso. «Quando si parte il gioco della zara, colui che perde si riman dolente,<br />

repetendo le volte, e tristo impara» 460 . Beninteso a con<strong>di</strong>zione che la sconfitta non sia definitiva e<br />

senza appello: così si spiega perché dopo il 1945 l'Europa abbia smesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la <strong>storia</strong><br />

<strong>militare</strong> 461 mentre gli Stati Uniti l'hanno scoperta dopo il Vietnam, reagendo con una svolta epocale<br />

della loro cultura <strong>militare</strong>, in precedenza basata sulla tra<strong>di</strong>zione jominiana e sulle teorie manageriali<br />

(analoghe al "meto<strong>di</strong>smo" e all'"elemento geometrico" <strong>di</strong> cui ai capitoli II, 4 e III, 15 del Vom<br />

Kriege). La svolta si è concretizzata nella creazione del Training and Doctrine Command <strong>di</strong> Fort<br />

Leavenworth e nei primi fondamentali stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>storia</strong> comparata dei fattori determinanti (logistica,<br />

comando, tecnologia) commissionati a Martin van Creveld (1946) 462 .<br />

4. Potenziale strategico della <strong>storia</strong><br />

458 V. Ilari, "La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> tra topografia e retorica: Gustav Wilhelm af Tibell (1772-1832) e Ugo Foscolo (1778-<br />

1827)", rielaborazione (online su scribd) del capitolo 17 della Storia Militare del Regno Italico 1801-1814, Roma, 2004,<br />

vol. I, tomo I, pp. 407-435. Id., "Lomonaco, Tibell e Foscolo. Storia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> un suici<strong>di</strong>o filosofico", in Risk, N. 15,<br />

2010, pp. 64-69. Il modello era la rivista Mémorial topographique et historique ré<strong>di</strong>gé au dépôt de la guerre, e <strong>di</strong>visa in<br />

due sezioni, la I topografica e la II storico-<strong>militare</strong>. Le prime sette annate furono pubblicate tra il 1802 (I) e il 1810<br />

(VII) e le pubblicazioni ripresero solo nel 1825 (VIII), mantenendosi però ancora saltuarie. Nel N. 2 Historique del<br />

1803 la rivista pubblicò una "Notice sur les principaux Historiens, anciens et modernes, considérés militairement.<br />

Suivie d'un Catalogue alphabétiques des Auteurs cités dans la Notice, Avec in<strong>di</strong>cation des meilleures é<strong>di</strong>tions", pp. 42-<br />

122.<br />

459 Lucien Poirier (Les voix de la stratégie, Paris, Fayard, 1985, pp. 26 ss.<br />

460 Dante, Purgatorio, VI, 1-3.<br />

461 Con l'eccezione forse della Gran Bretagna, a giu<strong>di</strong>care da uno stu<strong>di</strong>o citato da David Ian Hall (The Role of Military<br />

History in Officer Education in Great Britain, the United States of America and Germany in Twentieth Century. Report<br />

commissioned by the Ministry of Defence, U. K., and produced by the Department of War Stu<strong>di</strong>es, King's College,<br />

London, October 1983-84).<br />

462 Nell'ambio dell'esercito americano lo stu<strong>di</strong>o e l'insegnamento della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> è organizzato su tre livelli; per<br />

scopi generali, a Fort McNair, sede del chief of military history dell'esercito; per scopi professionali (e non solo per la<br />

formazione degli ufficiali ma soprattutto per l'elaborazione della dottrina tattica, organica e logistica) a Fort<br />

Leavenworth, sede del TRADOC; e per scopi strategici alle Carlisle Barracks, sede della scuola <strong>di</strong> guerra. Manuali<br />

regolano le "military history operations" e le specifiche ricerche corrispondenti alle varie funzioni all'esercito. Speciali<br />

centri elaborano i rapporti dal campo ("lessons learned") e la <strong>storia</strong> orale e fanno rivivere, aggiornati e potenziati dalle<br />

nuove capacità tecnologiche, i sistemi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o inventati dallo stato maggiore prussiano, i giochi <strong>di</strong> guerra e i viaggi <strong>di</strong><br />

stato maggiore sui campi <strong>di</strong> battaglia ("staff ride"). Struttura sui generis, senza equivalenti negli eserciti europei, a parte<br />

le sezioni dei reparti propaganda preposte alle commemorazioni ufficiali (larve tra le rovine <strong>di</strong> quelle fervide fucine<br />

della scienza <strong>militare</strong> che furono il Dépôt de la guerre creato da Colbert e i suoi analoghi istituti europei). Il frutto <strong>di</strong><br />

questa poderosa macchina per lo stu<strong>di</strong>o professionale e strategico della <strong>storia</strong> è un'imponente produzione e<strong>di</strong>toriale (in<br />

notevole parte accessibile gratuitamente online) che affronta i tempi più scottanti, con <strong>militare</strong> franchezza, senza<br />

riguar<strong>di</strong> né reticenze. Colpisce ad esempio che l'esercito abbia riassunto il suo punto <strong>di</strong> vista (assai critico e autocritico)<br />

sulle esperienze fatte in Iraq e Afghanistan chiamandole "The Long War" (ossia "La guerra <strong>di</strong> lunga durata"), senza<br />

curarsi che possa essere interpretata come una critica implicita al nome ideologico <strong>di</strong> "War on Terror" scelto dalla Casa<br />

Bianca e ratificato dal Congresso.<br />

164


In terzo luogo, la visione strategica della <strong>storia</strong> rende possibile valutarla come una componente<br />

delle "forze morali" (sotto forma <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione, memoria, identità, costruzione del "nemico"). La<br />

qualificazione legale o giu<strong>di</strong>ziaria <strong>di</strong> eventi passati, da cui derivano responsabilità, <strong>di</strong>ritti soggettivi,<br />

limiti alla libertà <strong>di</strong> espressione, è sempre entrata tra le cause e le modalità delle guerre e tra gli<br />

articoli dei trattati <strong>di</strong> pace.<br />

Il richiamo ai "<strong>di</strong>ritti storici" in merito alle controversie territoriali; la questione delle scuse<br />

ufficiali per i crimini <strong>di</strong> guerra giapponesi 463 ; il riconoscimento formale da parte della Turchia,<br />

come con<strong>di</strong>zione per la sua ammissione nella Comunità Europea, del carattere <strong>di</strong> genoci<strong>di</strong>o dei<br />

massacri degli armeni; la repressione penale del negazionismo; le polemiche sul revisionismo e sul<br />

carattere tendenzioso dei testi scolastici <strong>di</strong> <strong>storia</strong>; sono tutti esempi recenti e attuali del ruolo<br />

politico e perfino <strong>militare</strong> che può essere attribuito alla rappresentazione del passato e del fatto che<br />

quest'ultima <strong>di</strong>venta in misura crescente uno dei fronti principali delle guerre potenziali.<br />

Uno <strong>di</strong> questi fronti, vale a <strong>di</strong>re il contenzioso territoriale tra Giappone e Corea del Sud relativo<br />

all'antico regno <strong>di</strong> Koguryo, è stato oggetto <strong>di</strong> un recente saggio <strong>di</strong> Terence Roherig, professore <strong>di</strong><br />

National Security Affairs all'US Naval War College <strong>di</strong> Newport, che lo ha rubricato sotto il titolo<br />

"History as a Strategic Weapon" 464 .<br />

Polemizzando contro la teoria, ripresa nel 2006 da John Mearsheimer e Steven Walt, che la<br />

politica estera americana sarebbe eccessivamente influenzata dalla "lobby ebraica", una tesi <strong>di</strong><br />

dottorato presso la Naval Postgraduate School <strong>di</strong> Monterey considera invece la <strong>storia</strong> messianica <strong>di</strong><br />

Israele "as a strategic asset to the United States" 465 .<br />

Questo non significa certo che processi complessi, controversi e <strong>di</strong> lungo termine come<br />

l'interpretazione escatologica della Shoa e l'affermazione, nel <strong>di</strong>ritto internazionale, dei principi <strong>di</strong><br />

retroattività e non prescrittibilità dei crimini <strong>di</strong> guerra e contro la pace, l'umanità e la democrazia<br />

possano in alcun modo essere interpretati (magari sul filo <strong>di</strong> Carl Schmitt) come esempi <strong>di</strong><br />

intenzionale "strategia della <strong>storia</strong>". Del resto non solo la Russia, ma neppure gli Stati Uniti hanno<br />

ancora ratificato il trattato <strong>di</strong> Roma del 17 luglio 1998 che istituisce la Corte penale internazionale,<br />

mentre Israele, come la Cina, non l'ha neppure firmato; segno che questa iniziativa, pur essendo uno<br />

sviluppo dei principi giuri<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Norimberga, non asseconda gli interessi americani e israeliani e<br />

risponde piuttosto all'utopia <strong>di</strong> programmatico ripu<strong>di</strong>o della sovranità e della politica che informa<br />

l'or<strong>di</strong>namento antistatuale e pan-amministrativo dell'Europa. Non<strong>di</strong>meno la corte penale<br />

internazionale, se da un lato pone nuovi vincoli alla politica, dall'altro offre un'opportunità alla<br />

strategia, come <strong>di</strong>mostra il caso dell'incriminazione <strong>di</strong> Gheddafi, certo apprezzata da chi si oppone<br />

ad una soluzione negoziata della guerra civile libica e teme lo sganciamento dei partner trascinati<br />

loro malgrado ad un intervento non con<strong>di</strong>viso e con ogni evidenza mal calcolato dagli stessi<br />

promotori.<br />

In definitiva il principio ispiratore della corte criminale dell'Aia è Fiat justitia, et pereat mundus,<br />

che esprime la ribellione idealista contro il cinismo e il relativismo etico dei realisti. Ma la<br />

proclamazione <strong>di</strong> un nuovo principio etico è pur sempre, a suo modo, una strategia <strong>di</strong> guerra. Non a<br />

caso la frase, ignota al mondo classico, compare per la prima volta nei Loci communes <strong>di</strong> Filippo<br />

Melantone (1497-1560), stampati nel 1521, lo stesso anno dell'Arte della guerra <strong>di</strong> Machiavelli.<br />

463 Jane W. Yamazaki, Japanese Apologies for Word War II. A rhetorical study, Routledge Comtemporary Japan series,<br />

New York, Routledge, 2006<br />

464 Terence Roherig, "History as a Strategic Weapon. The Korean and Chinese Struggle over Koguryo", in Seung Ham<br />

Yang, Yeon Sik Choi, and Jong Kun Choi (eds), Korean Stu<strong>di</strong>es in the World: Democracy, Peace, Prosperity, and<br />

Culture, Seoul, Jimoondang, 2008.<br />

465 Keith R. Williams (Captain, U. S. Army), "Moral Support, Strategic Reasoning or Domestic Policy: America's<br />

continua Support to Israel", Thesis, Naval Postgraduate School, Monterey, California, december 2007, online.<br />

165


Processare i <strong>di</strong>ttatori 466 e le guerre può sod<strong>di</strong>sfare, oppure offendere, questo o quel modo <strong>di</strong><br />

intendere la giustizia, ma non sopprime né la politica né la strategia: al contrario offre all'una nuove<br />

opportunità e all'altra un nuovo ambiente operativo, sostituendo la violenza aristocratica della spada<br />

e della scure con quella plebea della gogna e della forca. Portare la <strong>storia</strong> in tribunale trasforma<br />

infatti persone ed eventi in icone morali ben più efficacemente della "<strong>storia</strong> monumentale" 467 . La<br />

serie virtualmente illimitata <strong>di</strong> processi garantita dal sistema allestisce in definitiva un catartico<br />

"teatro della memoria", costruito sul ricordo traumatico, per sua natura resistente a ogni forma <strong>di</strong><br />

significazione 468 . Così il passato <strong>di</strong>laga nel presente; non già nel senso critico del "passatopresente",<br />

ma in quello del "passato che non vuole passare" 469 , e che viene ad<strong>di</strong>rittura proclamato "il<br />

prezzo della colpa" 470 . E così, per parafrasare la famosa esclamazione <strong>di</strong> Marx, "il morto afferra il<br />

vivo!" 471 .<br />

5. La memoria pubblica come arma strategica<br />

Howard Zinn (1922-2010) ha intitolato uno dei suoi ultimi libri History is A Weapon. Autore<br />

della famosa reinterpretazione della <strong>storia</strong> degli Stati Uniti dal punto <strong>di</strong> vista delle masse e delle<br />

minoranze, e attivista della contestazione universitaria, Zinn si riferiva ovviamente alla <strong>storia</strong><br />

critica, che ha avuto un ruolo centrale nelle gran<strong>di</strong> rivoluzioni sociali del Novecento. Considerata<br />

dal punto <strong>di</strong> vista del suo potenziale strategico, la <strong>storia</strong> critica non è però veramente un'arma o un<br />

modo <strong>di</strong> combattere a sé stante, ma solo un tipo speciale <strong>di</strong> munizione da propaganda (oltre tutto<br />

assai costoso, <strong>di</strong>fficile da maneggiare e <strong>di</strong> dubbia efficacia).<br />

466 Sul tema v. un altro interessante contributo <strong>di</strong> T. Roherig, The Prosecution of Former Military Leaders in Newly<br />

Democratic Nations: The Cases of Argentina, Greece, and South Korea, Jefferson, NC: McFarland Press, 2002.<br />

467 Interessante l'interpretazione della memoria della Shoa nella categoria nicciana della "<strong>storia</strong> monumentale" fatta da<br />

Stefano Levi della Torre, "La Shoa tra <strong>storia</strong> e memoria", in David Bidusso, Enrica Collotti Pischel e Raffaella Scar<strong>di</strong><br />

(cur.), Identità e <strong>storia</strong> degli Ebrei, Milano, FrancoAngeli, 2000, pp. 154-55: "La memoria <strong>di</strong> ciò che è accaduto ne<br />

sancisce l'immanenza, la possibilità che si rinnovi oggi, in ogni momento della vita e della <strong>storia</strong>. Qui ve<strong>di</strong>amo la forma<br />

para<strong>di</strong>gmatica: ciò che è stato come para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> ciò che può essere. E' quel tipo <strong>di</strong> memoria che F. Nietzsche in<br />

Sull'utilità e il danno della <strong>storia</strong> per la vita designa come '<strong>storia</strong> monumentale' (...) La memoria para<strong>di</strong>gmatica agisce<br />

per analogia; risponde alla domanda: <strong>di</strong> quale evento fondante (preso a para<strong>di</strong>gma) un evento attuale è 'immagine e<br />

somiglianza'?" [Il riferimento è a Vom Nutzen und Nachteil der Historie für das Leben, 1874, seconda delle<br />

Unzeitgemässe Betrachtungen]. Sulle contrad<strong>di</strong>zioni nella fabbrica della memoria pubblica nell'Italia contemporanea, v.<br />

V. Ilari, Inventarsi una patria, Roma, Ideazione, 1997, e Giovanni de Luna, La Repubblica del Dolore, Milano,<br />

Feltrinelli, 2011.<br />

468 Jean François Lyotard (1924-1998), Le Postmoderne expliqué aux enfants, Paris, Galilée, 1986.<br />

469 Questo il titolo dell'articolo pubblicato da Ernst Nolte sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 6 giugno 1986 e che<br />

dette origine all'Historikerstreit del 1986-89 (Konrad H. Jarausch, "Removing the Nazi stain? The quarrel of the<br />

hi<strong>storia</strong>ns", in German Stu<strong>di</strong>es Review, 1988 May, 11(2), pp. 285-301; Hans-Ulrich Wehler, Entsorgung der deutschen<br />

Vergangenheit? Ein polemischer Essay zum "Historikerstreit", Monaco, C.H. Beck, 1988).<br />

470 Ian Buruma, Il prezzo della colpa. Germania e Giappone: il passato che non passa, Milano, Garzanti, 1994.<br />

471 Si tratta <strong>di</strong> una massima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto successorio sancita da vari statuti me<strong>di</strong>evali in Germania, in Francia e in parte<br />

anche in Italia ("mortuus sasit vivum", "Der Todte erbt den Leben<strong>di</strong>gen"; v. ad es. Le mort saisit le vif, hoc est de<br />

translatione possessionis ex defuncto in superstitem, Venetiis, 1555 del magistrato francese André Tiraqueau, 1488-<br />

1558). Carlo Marx la cita, in francese, nella prefazione alla prima e<strong>di</strong>zione tedesca del Capitale (1867), a chiusura del<br />

passo sulle conseguenze politiche e sociali doppiamente sofferte dall'Europa continentale rispetto all'Inghilterra, non<br />

solo per la rivoluzione capitalista ma pure per essere questa ancora incompleta, e cioè per il persistere <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

produzione obsoleti. L'espressione forma pure il titolo <strong>di</strong> due romanzi francesi, pubblicati nel 1925 da Georges Lecomte<br />

(1867-1958) e nel 1942 da Henri Troyat (1911-2007)<br />

166


Esiste non<strong>di</strong>meno un'"arma storica" 472 vera e propria, <strong>di</strong>stinta e autonoma dalla guerra<br />

psicologica: è la memoria pubblica, che non solo produce i suoi effetti ope legis, ma, a <strong>di</strong>fferenza<br />

della propaganda, produce effetti permanenti e definitivi, <strong>di</strong> modo che il suo impiego è irrevocabile<br />

e a doppio taglio, come quello dell'arma nucleare. La <strong>storia</strong> critica, come la trage<strong>di</strong>a, guarda al<br />

passato per scatenare il futuro, e dunque ha per scopo <strong>di</strong> liberarsi da esso e dalla coazione a ripeterlo<br />

nell'unico modo possibile, che è <strong>di</strong> rendergli ragione, ossia <strong>di</strong> superarlo spiegandolo. All'opposto, la<br />

memoria pubblica, come il processo, guarda al passato per controllare il futuro, e ha dunque per<br />

scopo <strong>di</strong> mantenere il presente inchiodato al passato.<br />

La <strong>di</strong>fferenza tra questi due tipi <strong>di</strong> <strong>storia</strong> non sta tanto nel metodo, ma nelle necessità<br />

contrapposte dei due archetipi del progresso storico. Prometeo bran<strong>di</strong>sce la critica, Urano la<br />

memoria, affrontandosi nel perenne conflitto "tra il vecchio che non vuol morire e il nuovo che vuol<br />

vivere" 473 . Lotta <strong>di</strong>suguale anche sotto il profilo etico, tra la forza naturale e il <strong>di</strong>ritto positivo, tra la<br />

"critica delle armi" 474 e la male<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po. Parentis olim siquis impia manu senile guttur<br />

fregerit 475 ; empia la mano parricida, <strong>di</strong>ce Orazio meglio <strong>di</strong> Freud e <strong>di</strong> Pasolini.<br />

6. Affinità retorica tra strategia e storiografia<br />

Finora il tema dell'arma storica non è emerso nella letteratura strategica. Certo, sulla rete si<br />

incontrano espressioni come "strategia della <strong>storia</strong>" e "uso strategico della <strong>storia</strong>", ma oltre ad essere<br />

assai poco frequenti e quasi solo in inglese, si riferiscono per lo più alle contrad<strong>di</strong>zioni della<br />

teo<strong>di</strong>cea ("<strong>di</strong>scharging God from the strategy of history or reducing His Providence"), ad un<br />

particolare tipo <strong>di</strong> giochi (questo è praticamente l'unico significato in cui ricorre la frase <strong>italiana</strong><br />

"strategia della <strong>storia</strong>"), all'anamnesi me<strong>di</strong>ca ("strategy of me<strong>di</strong>cal history-taking") o alla raccolta<br />

statistica <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori fisici per l'ottimizzazione delle riserve energetiche ("history matching in<br />

reservoir simulation") e le ricerche <strong>di</strong> mercato ("history as a strategic marketing tool", "strategy of<br />

history production simulation"). Per il resto troviamo solo "strategy of history writing / teaching",<br />

"stratégie de l'histoire de l'art" 476 e infine i seminari <strong>di</strong> "Grand Strategy of History" organizzati dai<br />

"Nation Rebuilders".<br />

Questa magra incursione online ci ha un po' allontanato dall'accezione <strong>militare</strong> <strong>di</strong> strategia, non<br />

semplice teoria e prassi dell'azione pianificata, ma pure metodo per imporre la propria volontà ad un<br />

avversario in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> contrapporsi e interagire. Se togliamo il riferimento alla "volontà<br />

avversa", e cioè il carattere <strong>di</strong> "polarità" in<strong>di</strong>viduato da Clausewitz 477 , otteniamo infatti l'accezione<br />

472 Espressione intraducibile in inglese perché "historic(al) warfare" e "historic weapon" in<strong>di</strong>cano correntemente una<br />

perio<strong>di</strong>zzazione, in contrapposizione a "pre-historic" e a "modern" (che significa "attuale, o<strong>di</strong>erno").<br />

473 Antonio Gramsci, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1955, p. 262: "Si<br />

potrebbe aggiungere che, in un certo senso, il conflitto tra "Stato e Chiesa" simbolizza il conflitto tra ogni sistema <strong>di</strong><br />

idee cristallizzate, che rappresentano una fase passata della <strong>storia</strong>, e le necessità pratiche attuali. Lotta tra conservazione<br />

e rivoluzione, ecc., tra il passato e il nuovo pensiero, tra il vecchio che non vuol morire e il nuovo che vuol vivere,<br />

ecc.".<br />

474 "L'arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi" (Carlo Marx, Introduzione a Per la critica<br />

della filosofia del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> Hegel, 1844).<br />

475 Quinto Orazio Flacco, Epodon, Ode III ad Moecenatem, vv . 1.2.<br />

476 Titolo del Tomo 586, 1996, della Revue critique (fondata nel 1946 da Georges Bataille).<br />

477 Più precisamente, Clausewitz (Vom Kriege, II, 3, 3) fa consistere nella "soluzione sanguinosa" la specificità della<br />

guerra rispetto agli altri "conflitti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> interessi" politici e commerciali. E fa consistere la specificità dell'"arte della<br />

guerra" rispetto sia alle "arti meccaniche" che alle "arti liberali" nel fatto che non opera su un oggetto "inerte" (come la<br />

"materia") o almeno "passivo" (come lo "spirito" e i "sentimenti") , ma su un oggetto "vivente e reagente", ossia<br />

l'Antagonista.<br />

167


inflazionata <strong>di</strong> "strategia" che da alcuni decenni è entrata nel vocabolario delle scienze aziendali ed<br />

economiche. Sarebbe utile estenderla per analogia pure alle scienze storiche? Certamente no, perché<br />

la strategia della ricerca storica è già ricompresa nella teoria del metodo storico e nella filosofia<br />

della <strong>storia</strong>.<br />

Prima <strong>di</strong> far ritorno all'aspro campo <strong>di</strong> Marte, indugiamo però ancora un poco sotto le materne<br />

fronde <strong>di</strong> Clio. L'affinità tra strategia e storiografia <strong>di</strong>scende nell'ovvia constatazione che sono<br />

entrambe generi letterari: e pure strettamente imparentati, se si considera la funzione <strong>di</strong> incunabolo<br />

che la storiografia ha avuto nei confronti della strategia, come del resto <strong>di</strong> tutte le altre scienze<br />

umane (<strong>di</strong>ritto, politica, economia) che si sono man mano costituite in autonomi generi letterari<br />

anteriormente alla strategia (il cui statuto epistemologico resta tuttora indefinito, perché si è<br />

incagliato sulla futile quérelle tra "arte" o "scienza" e sulla questione, del tutto fuorviante, dei<br />

cosiddetti "principi della guerra"). In quanto generi letterari, tutte le scienze umane sono dunque<br />

analizzabili con le categorie della retorica.<br />

Questo della retorica è, o almeno dovrebbe essere, un ambiente familiare per il pensiero strategico<br />

occidentale... Fu infatti venticinque secoli fa, quando Victor Davis Hanson, oplita tra gli opliti,<br />

forgiava la democrazia a Salamina, che la locuzione con cui retori e sofisti in<strong>di</strong>cavano l'arte <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre gli argomenti in un <strong>di</strong>scorso (téchne taktiké) fu presa in prestito per in<strong>di</strong>care l'arte <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre gli opliti in falange e la falange sul terreno.<br />

E poi, come <strong>di</strong>menticare quel Formione, il peripatetico che pretendeva <strong>di</strong> dare lezioni de<br />

imperatoris officio et de omni re militari ad Annibale 478 e il cui fantasma popolava i complessi <strong>di</strong><br />

inferiorità <strong>di</strong> Machiavelli 479 e degli o<strong>di</strong>erni armchair generals? Oppure il gesuita tolonese père<br />

Joseph-Marie Amiot (1718-1793), insigne sinologo, astronomo, musicologo e filologo, morto <strong>di</strong><br />

crepacuore alla notizia dell'esecuzione <strong>di</strong> Luigi XVI, e autore, tra l'altro, della prima (e forse ancora<br />

la più affidabile) traduzione occidentale dei classici militari cinesi 480 ?<br />

478 Cicero, De oratore, II. 18.75-76 e II. 19.77, 254, 256. L'episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Formione è messo in bocca a Quinto Lutazio<br />

Catulo Cesare (149-87 a. C.), che nel 102 fu console con Mario, al quale dovette cedere la gloria della vittoria <strong>di</strong><br />

Vercelli (commemorata dal Tempio della Dea Fortuna o Monumentum Catuli, presso l'o<strong>di</strong>erna Largo <strong>di</strong> Torre<br />

Argentina). Ricchissimo e <strong>di</strong> cultura greca, fu poeta, oratore e, pare, autore <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> della sua campagna contro i<br />

Cimbri scritta nello stile <strong>di</strong> Senofonte. Geloso <strong>di</strong> Mario e passato perciò con Sulla, già suo luogotenente nella campagna<br />

cimbrica, morì infine suicida come Annibale.<br />

479 Nella lettera del 4 aprile 1526 a Guicciar<strong>di</strong>ni in cui, raccontandogli <strong>di</strong> esser stato richiesto dal papa Clemente VII <strong>di</strong><br />

un parere sulle fortificazioni <strong>di</strong> Firenze, Machiavelli gli esprime il timore <strong>di</strong> far la figura <strong>di</strong> "quel Greco con Annibale".<br />

E proprio quel paragone è richiamato da Matteo Bandello nella Novella I.40, in cui il povero Niccolò fallisce, sotto lo<br />

sguardo ironico <strong>di</strong> Giovanni delle Bande Nere, la <strong>di</strong>mostrazione pratica dell'or<strong>di</strong>nanza teorizzata nell'Arte della Guerra.<br />

Cfr. Frédérique Verrier, "Machiavelli e Fabrizio Colonna nell'arte della guerra: il polemologo sdoppiato", in Jean-<br />

Jacques Marchand (cur.), Machiavelli politico, storico, letterato: Atti del Convegno <strong>di</strong> Losanna, 27-30 settembre 1995,<br />

Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice, 1996, p. 184. Robert Fredona, "Liberate <strong>di</strong>uturna cura Italiam. Hannibal in the Tought of<br />

Niccolò Machiavelli", in David S, Peterson with Daniel E. Bornstein (Eds), Florence and Beyond. Culture, Society and<br />

Politics in Renaissance Italy, Essays in Honour of John M. Najemy, Centre for Reformation and Renaissance Stu<strong>di</strong>es,<br />

Victoria University in the University of Toronto, Toronto, Ontario, 2008, pp. 430-31.<br />

480 Amiot scrisse in merito due opere. La prima, pubblicata nel 1772 col titolo L’Art militaire des chinois e inclusa come<br />

VII volume delle Mémoires concernant l’histoire, les sciences, les moeurs, les usages &c. des chinois (par les<br />

missionnaires de Pékin, Paris, chez Nyon, 1776-91, 15 voll.), contiene la traduzione dei 4 classici cinesi più antichi (Sun<br />

Zi, Wu Zi, Sima Fa e parte <strong>di</strong> Lu Tao) e <strong>di</strong> un’opera sulla condotta delle truppe commissionata dall’imperatore Yong<br />

Teheng. La seconda opera è un Supplément (Mémoires, VIII) riccamente illustrato su or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> battaglia, castrametazione,<br />

macchine e navi da guerra. Il tenente generale <strong>di</strong> Puységur, figlio ed e<strong>di</strong>tore postumo del maresciallo, criticò la traduzione<br />

<strong>di</strong> vari termini militari cinesi, proponendo emendamenti razionalizzanti che l’e<strong>di</strong>tore non volle apportare, <strong>di</strong>fendendo il<br />

lavoro filologico <strong>di</strong> Amiot. Nel 1860 il Sunzi Bingfa fu tradotto in russo (seconda e<strong>di</strong>zione nel 1889). Nel 1905 Calthorp<br />

stampò a Tokio la prima traduzione inglese. Seguì nel 1910 quella del sinologo Giles e nel 1911 la traduzione tedesca <strong>di</strong><br />

Bruno Navarra (Das Buch vom Krieg. Der Militaer Klassiker der Chinesen). Nel 1940 la traduzione <strong>di</strong> Giles fu pubblicata<br />

negli Stati Uniti (a cura <strong>di</strong> Thomas R. Phillips, Roats of Strategy, Westport, Conn., Greenwood Press). Seguì nel 1958 una<br />

168


De te fabula narratur. Retori e sofisti o<strong>di</strong>erni (comunicatori, psicologi, sociologi, pagati a peso<br />

d'oro) non sbattono forse <strong>di</strong>etro la lavagna, con le orecchie d'asino, i loro scolaretti gallonati, ignari<br />

dei polverosi tomi <strong>di</strong> eloquenza <strong>militare</strong>, a cominciare dalla raccolta <strong>di</strong> Orationi Militari pubblicata<br />

a Venezia nel 1560 dal domenicano Remigio Nannini (1521-1581)? Non si tratta solo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi e<br />

proclami alle truppe e ai civili, o <strong>di</strong> messaggi al nemico (come la troppo ambigua risposta<br />

giapponese alla <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Hiroshima che provocò pure quella <strong>di</strong> Nagasaki). Vi rientra infatti<br />

pure il modo (del resto oggetto <strong>di</strong> minuziose normative) <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere gli or<strong>di</strong>ni e i rapporti, che<br />

riguarda non solo gli effetti imme<strong>di</strong>ati, ma pure e soprattutto gli effetti postumi, che possono essere<br />

anche <strong>di</strong> carattere giu<strong>di</strong>ziario.<br />

A questo proposito Liddell Hart racconta, asserendo l'autenticità dell'episo<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> un generale<br />

francese del 1918, che, avendo dato allo stupefatto capo <strong>di</strong> stato maggiore l'or<strong>di</strong>ne scritto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendere la linea perduta il giorno prima, gli avrebbe spiegato a voce, con un sorriso d'intesa, che<br />

era "pour l'histoire", ossia per precostituirsi una pezza d'appoggio in caso <strong>di</strong> corte marziale 481 .<br />

7. Trappole retoriche della letteratura strategica<br />

Quello della retorica è davvero un campo minato. Gli intrepi<strong>di</strong> lettori che fossero giunti fino a<br />

questo punto, sappiano che adesso faranno un giro sulla ruota panoramica. La vista è splen<strong>di</strong>da, ma<br />

nella tasca del se<strong>di</strong>le anteriore troveranno il sacchetto per il mal <strong>di</strong> mare.<br />

Abbordare la retorica significa infatti oggi dover fare i conti con la "meta<strong>storia</strong>" <strong>di</strong> Hayden White<br />

(1928), secondo la quale il <strong>di</strong>scorso storico è predeterminato dalla struttura retorica, e riducibile a<br />

quattro modelli essenziali. Questi, esemplificati da quattro coppie parallele <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> storici e<br />

filosofi della <strong>storia</strong>, si ricavano dalle "affinità elettive" fra cinque categorie della retorica, ossia i<br />

tropi (metafora, metonimia, sineddoche e ironia), i mo<strong>di</strong>, gli intrecci (romanzo, trage<strong>di</strong>a, comme<strong>di</strong>a,<br />

satira), gli argomenti e infine le implicazioni ideologiche (anarchica, ra<strong>di</strong>cale, conservatrice,<br />

liberale) 482 .<br />

terza traduzione russa e nel 1962 la Casa Cinese <strong>di</strong> E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Shangai pubblicò un testo parziale, tradotto in italiano da<br />

Huang Jialin col titolo L’Arte della guerra <strong>di</strong> Sun Zi commentata dagli un<strong>di</strong>ci commentatori della Dinastia Song. Infine,<br />

nel 1963 uscì la nuova inglese <strong>di</strong> Griffith con prefazione <strong>di</strong> Liddell Hart (trad. it. L’arte della guerra, Milano, Il Borghese,<br />

1965). Da incompetente, resto colpito dalla macroscopica <strong>di</strong>fferenza, al limite dell’irriconoscibilità, fra quest’ultima<br />

traduzione e quella <strong>di</strong>retta dal cinese (Renato Padoan, L’arte della guerra. Tattiche e strategie nell’antica Cina, Milano,<br />

Sugarco, 1980). Sono comparse in italiano anche le e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Thomas Cleary, The Art of War, Boston & Shaftesbury,<br />

Shambala, 1988 (L’arte della guerra, Roma, Ubal<strong>di</strong>ni E<strong>di</strong>tore, 1990) e Ralph D. Sawyer, The Complete Art of War,<br />

Boulder, Colorado, Westview Press, 1996 (Sun Tzu - Sun Pin, L’arte della guerra e i meto<strong>di</strong> militari, Vicenza, Neri Pozza,<br />

1999, con un saggio introduttivo <strong>di</strong> Alessandro Corneli). Corneli aveva in precedenza pubblicato una versione <strong>italiana</strong><br />

della traduzione inglese <strong>di</strong> L. Giles (Sun Tzu on the Art of War, London, 1910) e <strong>di</strong> un saggio <strong>di</strong> Krzystof Gawlikowski<br />

(riunite ne L’arte della guerra, Napoli, Alfredo Guida, 1988: ristampandolo nel 1998 l’e<strong>di</strong>tore sui è involontariamente dato<br />

la zappa sui pie<strong>di</strong>, sottolineando che era “il libro preferito <strong>di</strong> uomini politici come Massimo D’Alema”. Indubbiamente è<br />

stato l’ultimo Feldherr italiano nel bellum Kosovaricum, ma nel trambusto preelettorale sul suo como<strong>di</strong>no dev’essersi<br />

verificata qualche confusione tra Sunzi e I Ching). Nel 1995 l’USSME ha ristampato, con prefazione <strong>di</strong> Raimondo Luraghi<br />

e titolo abbreviato (Sun Zi, L’Arte della guerra), la traduzione <strong>di</strong> Huang Jialin (1962). La coeva <strong>di</strong>ffusione francese si deve<br />

all’ISC e in particolare a Valérie Niquet, eccellente traduttrice e acuta commentatrice dei classici cinesi e in particolare <strong>di</strong><br />

Sun Zi (Paris, Economica, 1988, con introduzione <strong>di</strong> Maurice Prestat). Ma un decisivo salto <strong>di</strong> qualità nell’interpretazione<br />

<strong>di</strong> Su Zi si deve a Michael I. Handel, Sun Tzu and Clausewitz: The Art of War and On War Compared, Strategic Stu<strong>di</strong>es<br />

Institute, U. S. Army War College, 1991. Sull’assunto della “contemporaneità” cronologica, Godfrey Hutchinson lo<br />

confronta invece con Senofonte (Xenophon and the Art of Command, London, Greenhill Books - Pennsylvania, Stackpole<br />

Books, 2000).<br />

481 nel suo saggio postumo, pubblicato dal figlio, Why dont we learn from history,<br />

482 Hayden White, Metahistory: The Historical Imagination in Nineteenth-Century Europe, Johns Hopkins University,<br />

Baltimore, 1973.<br />

169


Trope Mode<br />

Metapho<br />

r<br />

Metony<br />

my<br />

Synecdo<br />

che<br />

Representatio<br />

nal<br />

Emplotm<br />

ent<br />

Reductionist Tragedy<br />

Argumen<br />

t<br />

Ideology<br />

Hi<strong>storia</strong><br />

n<br />

Philosop<br />

her<br />

Romance Formist Anarchist Michelet Nietzsche<br />

Mechanic<br />

ist<br />

Integrative Comedy Organicist<br />

Irony Negational Satire<br />

Contextua<br />

list<br />

Ra<strong>di</strong>cal<br />

Conservat<br />

ive<br />

Liberal<br />

Tocquev<br />

ille<br />

Marx<br />

Ranke Hegel<br />

Burckha<br />

rdt<br />

Mi imbattei in Metahistory nel 1978, quando fu pubblicato in italiano. Avevo trent'anni, ci scrissi<br />

sopra un saggio per Renovatio <strong>di</strong> Baget-Bozzo ("Tristi Tropi") e più tar<strong>di</strong> provai a riciclarlo in un<br />

grisbi della Banda Jean, ma il giovane e spietato curatore, Luciano Bozzo, tagliò la tabella che ora<br />

ho recuperato da Wikipe<strong>di</strong>a. Liberatomi faticosamente dal tetraedro <strong>di</strong> Jung (Tipi psicologici) mi<br />

lasciai risucchiare in quello <strong>di</strong> White: ripu<strong>di</strong>ai la comme<strong>di</strong>a conservatrice impressa da mio padre<br />

sulla mia adolescenza e tuffai voluttuosamente la mia gioventù nel romance anarchico. Poi la mia<br />

pingue<strong>di</strong>ne nella satira liberale e ora la mia canizie rancorosa nella trage<strong>di</strong>a ra<strong>di</strong>cale.<br />

Per quanto intellettualmente stimolante, la tavola delle affinità elettive ha avuto poca fortuna non<br />

solo nella ricerca storica, ma pure nella <strong>storia</strong> e nella teoria della storiografia. Con ogni probabilità<br />

ciascuna delle altre scienze umane reagirebbe con maggiore veemenza contro un Procuste che<br />

pretendesse <strong>di</strong> friggerle sulla <strong>di</strong>abolica griglia <strong>di</strong> White. Sarebbe però certo possibile raffrontare<br />

quattro coppie parallele <strong>di</strong> strateghi e <strong>di</strong> scrittori <strong>di</strong> strategia, magari ripartendo dai celebri raffronti<br />

tra gran<strong>di</strong> capitani (Annibale e Scipione, Cesare e Alessandro...) o dalle analogie col passato che<br />

con<strong>di</strong>zionano l'auto-rappresentazione della realtà (Schlieffen che stu<strong>di</strong>a Canne, Liddell Hart che<br />

proietta sui Boches lo spettro <strong>di</strong> Napoleone, Hitler che pensa a Cartagine 483 , Patton che si sente la<br />

reincarnazione <strong>di</strong> Annibale, Vittorio Emanuele III che nell'estate del 1943 riflette sul mutamento <strong>di</strong><br />

fronte compiuto dai suoi antenati nel settembre 1703 ... e il miserabile Occidente contemporaneo in<br />

cerca <strong>di</strong> decenza tra Nuova Roma e Nuovi Hitler).<br />

Sono le “historical traps for strategists”, esemplate dalla “Schlieffen’s obsession with Hannibal’s<br />

tactics at the battle of Cannae”, e alle quali alludeva già Napoleone quando parlava <strong>di</strong><br />

"réminiscence" 484 . Nella sua magistrale stroncatura <strong>di</strong> Liddell Hart, John Mearsheimer le definisce<br />

"omnipresent history" 485 , ossia una “forzatura del presente per conformarlo ad una determinata<br />

483 Luigi Loreto, L'idea <strong>di</strong> Cartagine nel pensiero storico tedesco da Weimar allo "Jahr 0", in Stu<strong>di</strong> Storici, 41, 2000, p.<br />

104. Cfr. Id., La grande strategia <strong>di</strong> Roma nell'età della prima guerra punica (ca. 273-ca. 229 a.C.): l'inizio <strong>di</strong> un<br />

paradosso, Napoli, Jovene, 2007.<br />

484 Walter Emil Kaegi, Jr., “The Crisis in Military Historiography”, in Armed Forces and Society, Vol. 7, No. 2, Winter<br />

1981, pp. 299-316<br />

485 John J. Mearsheimer, Liddell Hart and the Weight of History, Cornell University 1988, Oxford, Brassey’s Defence<br />

Publishers, 1988, pp. 218-219. Sull’influenza della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> sul pensiero strategico, per alcuni eccessiva e nefasta, per<br />

altri insufficiente, v., oltre a Kaegi e a Mearsheimer, la famosa lecture tenuta da Michael Howard il 18 ottobre 1961 (“The<br />

Use and Abuse of Military History”, ora in RUSI Journal, February 1993, pp. 26-30). Sul tema, v. anche Ernest R. May,<br />

“Lessons” of the Past: the Use and Misuse of History in American Foreign Policy, New York, Oxford U. P., 1975; Russell<br />

F. Weigley (ed-), New Dimensions in Military History, San Rafael, California, Presi<strong>di</strong>o Press, 1975; Robert Higham,<br />

Robin and Jacob W. Kipp (eds.), International Commission for Military History: Acta No. 2, The Washington Meeting,<br />

August 1975, Manhattan, Kansas, Military Affairs Aerospace Hi<strong>storia</strong>n Publishing, 1977; Jay Luvaas, “Military History: Is<br />

It Still Practicable?” (1982), in Parameters, Summer 1995, pp. 82-98; Manfred Messerschmidt, Klaus A. Maier, Werner<br />

Rahn e Bruno Thoss (cur.), Militaergeschichte. Probleme-Thesen-Wege, Im Auftrag des Militaergeschictlichen<br />

Forschungsamtes aus Anlass seines 25jaehrigen Bestehens, Stuttgart, Deutsche Verlangs-Anstalt, 1982; Martin van<br />

Creveld, “Thoughts on Military History”, in Journal of Contemporary History, Vol. 18 (1983), pp. 549-566: Raimondo<br />

Croce<br />

170


interpretazione del passato”; una delle insi<strong>di</strong>e peggiori, perché neppure sospettate, che con<strong>di</strong>zionano<br />

negativamente il processo decisionale, e specie nella sua fase finale e <strong>di</strong> maggiore responsabilità.<br />

8. Strategia del fine <strong>storia</strong><br />

Oltre che una salutare lezione sull'atten<strong>di</strong>bilità storica delle carte <strong>di</strong> stato maggiore, l'immersione<br />

della strategia nella retorica è però anche un bagno <strong>di</strong> Sigfrido nel sangue <strong>di</strong> drago. Infatti la stessa<br />

strategia <strong>militare</strong> consiste in definitiva nella costruzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso persuasivo o <strong>di</strong>ssuasivo,<br />

anche se questo risultato viene in guerra raggiunto attraverso una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> violenza<br />

e <strong>di</strong>struzione fisica realmente o potenzialmente compulsivi. Il destinatario del messaggio non è solo<br />

l'Altro (il nemico), ma anche e soprattutto il Terzo (la nazione o la coalizione che sostiene lo sforzo<br />

bellico e i neutrali che osservano gli eventi in funzione dei loro interessi).<br />

Come osserva Lucio Caracciolo in America vs America 486 , il doppio impasse in cui si è<br />

impantanata la guerra al terrore intrapresa dagli Stati Uniti dopo l'attacco delle Due Torri, ha dato<br />

cre<strong>di</strong>to all'idea del generale Petreus che in definitiva ciò che conta non è tanto vincere quanto<br />

convincere <strong>di</strong> aver vinto. Raramente le guerre (almeno quelle degli ultimi sei secoli) finiscono<br />

infatti con una vittoria schiacciante e con la damnatio memoriae del vinto. Nella maggior parte dei<br />

casi il risultato consente a entrambe le parti <strong>di</strong> proclamarsi vincitori, ai partner minori <strong>di</strong> una<br />

coalizione perdente <strong>di</strong> passare tra i vincitori, agli sconfitti <strong>di</strong> scrivere sui (propri) monumenti<br />

"mancò la fortuna, non il valore".<br />

Il caso <strong>di</strong> Petreus è però alquanto <strong>di</strong>verso, perché si riferisce alle guerre "asimmetriche". Queste<br />

(come scrive Carlo Jean in questo stesso volume), sono caratterizzate da un Davide destinato<br />

necessariamente a vincere o perire perché si gioca tutto e da un Golia destinato quasi certamente a<br />

perdere perché si gioca solo la faccia. Essendo meno coinvolto, Golia ha in compenso il vantaggio<br />

<strong>di</strong> potersi sganciare in tempo salvando, se non la faccia, almeno la memoria e il giu<strong>di</strong>zio. Non si<br />

tratta <strong>di</strong> una triviale questione <strong>di</strong> propaganda, ma <strong>di</strong> produrre realmente una sequenza complessa e<br />

coerente <strong>di</strong> eventi pensati in funzione del loro futuro e permanente effetto narrativo, tale da<br />

persistere nel tempo e ra<strong>di</strong>care un giu<strong>di</strong>zio storico oggettivo e con<strong>di</strong>viso. Non quin<strong>di</strong> una falsa<br />

<strong>storia</strong>, e nemmeno una <strong>storia</strong> virtuale, o revisionista, o una contro-<strong>storia</strong> dei vinti: ma una <strong>storia</strong><br />

vera, equilibrata e obiettiva, in cui persino una sconfitta definitiva che sia stata lucidamente prevista<br />

e governata con generosità e lungimiranza davvero strategica può col tempo essere riconsiderata<br />

una vittoria morale. Ad esempio la relazione tra Lady Edwina Mountbatten e Jawaharlal Nehru<br />

giova paradossalmente alla memoria dell'Impero Britannico; infatti non a caso è stato il governo<br />

in<strong>di</strong>ano a vietare un film sul famoso triangolo, che nella prospettiva in<strong>di</strong>ana avrebbe infangato non<br />

l'ultimo governatore generale inglese, ma il padre della patria 487 .<br />

Merita ogni onore il patriottico senso <strong>di</strong> responsabilità e <strong>di</strong> rispetto della propria funzione<br />

<strong>di</strong>mostrato dall'esercito americano pubblicando già nel 2011, mentre inizia il controverso ritiro<br />

Luraghi, “Storia <strong>militare</strong> e strategia globale”, in Strategia globale, N. S., n. 2, 1984, pp. 235-242; Richard E. Neustadt,<br />

Thinking in Time: The Uses of History for Decision-Makers, New York Free Press, 1986.<br />

486 Lucio Caracciolo, America vs America, Roma-Bari, Laterza, 2011.<br />

487 Il film In<strong>di</strong>an Summer, tratto dal libro omonimo <strong>di</strong> Alex von Tunzelmann (In<strong>di</strong>an Summer: The Secret History of<br />

The End of an Empire, McClelland and Stewart, Toronto, Ontario, 2007 e con altri e<strong>di</strong>tori nel 2008, 2009 e 2011) e<br />

prodotto dalla Universal, era stato affidato a Joe Wright, già regista <strong>di</strong> Orgoglio e Pregiu<strong>di</strong>zio e Espiazione, il quale<br />

aveva voluto come consulente storico il biografo ufficiale <strong>di</strong> Nehru, MJ Akbar, secondo il quale tra il Pan<strong>di</strong>t e Lady<br />

Edwina vi sarebbe stata solo un'amicizia, <strong>di</strong> cui Lord Mountbatten era orgoglioso.<br />

171


dall'Afghanistan, una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sul modo in cui sono terminate le precedenti guerre degli Stati<br />

Uniti e si cerca <strong>di</strong> por fine a quella in corso 488 .<br />

Il migliore, se non l'unico esempio <strong>di</strong> strategia vincente del fine <strong>storia</strong> è senza dubbio quella<br />

attuata in Marocco dal generale alsaziano Hubert Lyautey (1854-1934). La ragione del successo fu<br />

<strong>di</strong> averla pensata e condotta fin dall'inizio dell'avventura. Nella sua visione del protettorato non<br />

c’era posto per l’immigrazione francese, per l’amministrazione <strong>di</strong>retta, per l’esproprio e<br />

l’umiliazione dei marocchini, per le forzature reclamate dalla politica interna francese. Considerava<br />

il protettorato “affaire de générations”, non per assimilare i marocchini, ma per ra<strong>di</strong>care, sulla prassi<br />

quoti<strong>di</strong>ana dell’interesse comune, un’amicizia durevole tra due popoli <strong>di</strong>versi destinati presto o tar<strong>di</strong><br />

a separarsi. Ragionava come MacArthur: non si trattava solo <strong>di</strong> “rispettare” le istituzioni religiose,<br />

sociali, e politiche, ma <strong>di</strong> fondare proprio su <strong>di</strong> esse il consenso alla politica dell’alto commissario<br />

(e in primo luogo sul sultano, capo politico e religioso come l’imperatore del Giappone). «Quelli<br />

che combattevano ieri contro <strong>di</strong> noi – <strong>di</strong>ceva Lyautey - sono oggi i fondamentali alleati nell’opera <strong>di</strong><br />

pacificazione» 489 .<br />

Non basta però capire l'importanza <strong>di</strong> costruire coi fatti una memoria onorevole del fine <strong>storia</strong>,<br />

bisogna poterci riuscire. Nonostante lo spessore morale e intellettuale e il profondo patriottismo del<br />

Generale de Gaulle, la strategia del fine guerra algerino non ha preservato l'onore della Francia<br />

dalla perenne ignominia della sua sconfitta. La ragione stava nel peccato originale (evitato in<br />

Marocco grazie a Lyautey) <strong>di</strong> aver voluto colonizzare l'Algeria, fino a volerla trasformare in<br />

territorio metropolitano. Nel 2003, in vista dell'intervento in Iraq, l'esercito americano ristu<strong>di</strong>ò le<br />

sue passate controguerriglie, da Aguinaldo a Pancho Villa a San<strong>di</strong>no, e organizzò cineforum sulla<br />

Battaglia <strong>di</strong> Algeri. Ma nessuno pensò <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are MacArthur e Lyautey. Questo significa che, con<br />

tutta la retorica del nation-buil<strong>di</strong>ng, il retropensiero con cui si accingevano a esportare la<br />

democrazia era quello dei pied-noirs e dei coup de torchon.<br />

Anche i nemici dell'America, can<strong>di</strong>dati alla sconfitta come quelli dei Romani, possono, anche da<br />

morti, e per secoli, proseguire la lotta con altri mezzi. In definitiva farsi prendere vivi, come<br />

Aguinaldo, Goering, Mussolini, Saddam, Milosevic, Mla<strong>di</strong>c, scre<strong>di</strong>ta perché manifesta una<br />

mancanza <strong>di</strong> coerenza, una con<strong>di</strong>visione implicita del sistema <strong>di</strong> valori del nemico e un<br />

riconoscimento della sua vittoria. Cadere con le armi in pugno, come Allende e come sembra<br />

tentare Gheddafi, o suicidarsi come Annibale, Hitler e Mishima, è un estremo tentativo, non sempre<br />

e non del tutto illusorio, <strong>di</strong> negare al nemico l'ultima parola e proiettare il proprio spirito sul futuro;<br />

quattro secoli dopo fu Settimio Severo a restaurare la supposta tomba <strong>di</strong> Annibale 490 .<br />

Specularmente, giustiziare chi, senz'essersi arreso, era stato o poteva essere preso vivo, come<br />

488 Col. Matthew Moten (Ed.), Between War and Peace. How America Ends Its Wars, New York, Free Press, A<br />

Division of Simon & Schuster, 2011. Fra i contributi citiamo in particolare: Conrad C. Crane, "Exerting Air Pressure<br />

and Globalizing Containment: War Termination in Korea" (pp. 237-258); Col. Gian P. Gentile, "En<strong>di</strong>ng rthe Lost War",<br />

(pp. 259-280); George C. Herring, "The Cold war: En<strong>di</strong>ng by Inadvertence", (pp. 281-301); Andrew J. Bacevich,<br />

"United States in Iraq: Terminating an Interminable War", (pp. 302-322). Gli altri articoli riguardano le vittorie <strong>di</strong><br />

Yorktown, Plattsburg 1814, guerra coi Seminole, col Messico, Civile, "300 years War", Batangas Philippine war,<br />

Offensiva Mosa Argonne, fine guerra in Europa e in Asia<br />

489 Gen. Durosoy, Lyautey 1854-1934, Maréchal de France, Paris, Lavauzelle, 1984.<br />

490 Anche se Livio nega implicitamente al suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Annibale il carattere strategico <strong>di</strong> una prosecuzione della guerra<br />

con altri mezzi [tentata un secolo dopo da Mitriate], mettendogli in bocca banali parole stoiche: "Liberiamo il popolo<br />

romano dalla sua angustia, se esso trova che duri troppo l'attesa della morte <strong>di</strong> un vecchio. Né grande né gloriosa è la<br />

vittoria che riporterà Flaminino su un uomo inerme e tra<strong>di</strong>to. Basterà questo giorno a <strong>di</strong>mostrare quanto sia mutata<br />

l'indole dei Romani. I loro avi misero sull'avviso il re Pirro, loro nemico inse<strong>di</strong>ato con un esercito in Italia, che si<br />

guardasse dal veleno. Questi <strong>di</strong> oggi, invece, istigano... a uccidere a tra<strong>di</strong>mento un ospite". Poi, "dopo avere imprecato<br />

contro la vita... e invocato gli dei ospitali a testimoni della fiducia violata dal re, vuotò la tazza".<br />

172


Andreas Hofer, Omar al Mukhtar, Che Guevara e Usama bin La<strong>di</strong>n, è un segno <strong>di</strong> timore e <strong>di</strong><br />

rispetto, e implicitamente certifica la rinuncia del vincitore all'ultima parola.<br />

La memoria del fine guerra è infatti la prosecuzione della guerra con altri mezzi, e qui l'arma<br />

decisiva è l'arte, tanto quella oggettiva dell'evento, quanto quella soggettiva della sua<br />

rappresentazione. La vittoria <strong>di</strong> Golia può sopravvivere, come quella <strong>di</strong> Tito e Vespasiano<br />

sopravvisse per secoli a Masada grazie a Flavio Giuseppe; ma la vittoria <strong>di</strong> Davide buca le<br />

generazioni attraverso capolavori come il Primo Libro <strong>di</strong> Samuele o La Battaglia <strong>di</strong> Algeri. Come<br />

<strong>di</strong>ce Lucio Caracciolo, Petreus ha posto le con<strong>di</strong>zioni tattiche <strong>di</strong> un decente fine <strong>storia</strong>: per quelle<br />

strategiche ci vorrebbe un nuovo Flavio Giuseppe. Perché non scegliere un italiano, purché del<br />

calibro <strong>di</strong> Gillo Pontecorvo o della mezza dozzina <strong>di</strong> geniali "avventurieri della penna" che nel<br />

tardo Seicento costruirono con raffinata abilità non solo le danze ma pure la <strong>storia</strong> del Re Sole,<br />

ultima ratio regum più potente e permanente dell'artiglieria?<br />

9. Strategia della <strong>storia</strong> speculativa<br />

E' dunque possibile una "strategia della <strong>storia</strong>"? E come negarlo? Forse che le guerre non si fanno<br />

per incidere sui processi storici, accelerandoli, frenandoli o mo<strong>di</strong>ficandoli? Forse che non sono una<br />

combinazione <strong>di</strong> interpretazioni del presente e <strong>di</strong> previsioni e scommesse probabilistiche sul futuro?<br />

E' <strong>di</strong> tutta evidenza che tutte le guerre sono "inutili stragi": ma è <strong>di</strong> altrettanto irrefutabile evidenza<br />

che contribuiscono a determinare il "processo storico" - come abbiamo battezzato il segmento a noi<br />

più familiare dell'evoluzione biologica (cinquemila anni terrestri su tre miliar<strong>di</strong>, a quanto pare). Vi<br />

sono state e vi sono varie interpretazioni sulla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> questo processo: religiose e scientifiche,<br />

apocalittiche e utopiche, ottimiste e pessimiste, reazionarie e progressiste. Oggi sono i bibliotecari a<br />

fregiarsi del titolo <strong>di</strong> "custo<strong>di</strong>ans of history": ma fu pure il titolo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso, a suo tempo<br />

famoso, pronunciato il 20 settembre 1962 da Adlai Stevenson (1900-1965) alle Nazioni Unite, per<br />

richiamarle alla responsabilità <strong>di</strong> preservare la pace e promuovere la giustizia 491 .<br />

In polemica con Benedetto Croce, che [in una "Postilla" comparsa nella Critica del 20 marzo<br />

1933] s'in<strong>di</strong>gnava per la "vile" acquiescenza alle presunte tendenze del mondo (che allora sembrava,<br />

come adesso, "andare a destra"), Antonio Gramsci fece un'osservazione più acuta, ossia che la<br />

formula "il mondo va verso ..." è "essenzialmente una formula politica, <strong>di</strong> azione politica" per<br />

"convincere della ineluttabilità della propria azione e ottenere il consenso passivo per la sua<br />

esplicazione". Sintomo <strong>di</strong> "demoralizzazione", la formula "in sé non significa nulla" ma "intanto è<br />

comoda l'espressione del mondo corpulento che va in qualche parte. Si tratta <strong>di</strong> una previsione che<br />

non è altro che un giu<strong>di</strong>zio sul presente, interpretato nel modo più facilonesco, per rafforzare un<br />

determinato programma d'azione con la suggestione degli imbecilli e dei pavi<strong>di</strong>" 492 .<br />

I rivoluzionari temono l'effetto tutt'altro che energetico, ma paralizzante che in genere viene<br />

indotto dalla convinzione <strong>di</strong> conoscere la <strong>di</strong>rezione della <strong>storia</strong>. Se il destino è manifesto, perché<br />

prendere d'assalto il cielo? E' così che le nazioni, come la gente, vivono la loro primavera e la loro<br />

estate, leggendo <strong>di</strong>vertite, senza pensare che le riguar<strong>di</strong>, l'agghiacciante lampo finale <strong>di</strong> Macbeth e<br />

Santa Teresa <strong>di</strong> Lisieux sulla "favola senza senso, raccontata da un i<strong>di</strong>ota" 493 . Forse i rivoluzionari<br />

sono appunto i pochi che si accorgono in anticipo dell'insensatezza, in una stagione della vita in cui<br />

hanno ancora le forze vitali per reagire. Come reagire, allora, se non forzando volontaristicamente<br />

491 Adlai Ewing Stevenson II (1900-1962), "Custo<strong>di</strong>ans of History: Devotion to Peace and Justice", Speech at the<br />

United Nations, 20 September 1962. Vital Speeches of the Day; 10/15/62, Vol. 29 Issue 1, p10.<br />

492 Antonio Gramsci, Passato e presente, Einau<strong>di</strong>, 1954, pp. 27-28.<br />

493 "It is a tale Told by an i<strong>di</strong>ot, full of sound and fury, Signifying nothing". Shakespeare, Macbeth Atto V, Scena 5, vv.<br />

19-28.<br />

173


la razionalità della <strong>storia</strong> e la "viltade" dei contemporanei? Se non col pari, la scommessa, la scala<br />

<strong>di</strong> Giacobbe, il superomismo, il titanismo, l'inferno qui e subito se non dev'essere para<strong>di</strong>so? Se la<br />

<strong>storia</strong> è razionale o provvidenziale, deve avere non solo un fine, ma pure una fine.<br />

Per la generazione <strong>di</strong> Flavio Giuseppe il fine e la fine si incarnarono in Tito Flavio Vespasiano.<br />

Conforme all'antica profezia, veniva dalla Giudea, risanava i ciechi e gli storpi, e dopo il quasi<br />

contemporaneo incen<strong>di</strong>o del Campidoglio e del Tempio <strong>di</strong> Gerusalemme chiuse il Tempio <strong>di</strong> Giano.<br />

La generazione precedente aveva visto con Virgilio che il fine e la fine delle guerre e della <strong>storia</strong><br />

erano l'imperium sine fine, nello spazio come nel tempo 494 . Come dunque stupirsi se per i funesti<br />

trotzkisti del Sessantotto americano, sciaguratamente arrivati al potere negli anni Novanta, il fine e<br />

la fine hanno potuto incarnarsi in un "santo bevitore", poi taumaturgo <strong>di</strong> sé stesso e "cristiano<br />

rinato"?<br />

L'analogia tra i due imperatori del 69-79 e del 2001-2008 è ovviamente solo un artificio letterario<br />

per trattenere l'annoiato lettore e certo nulla toglie al ragionato scetticismo <strong>di</strong> Lucio Caracciolo circa<br />

il preteso carattere imperiale della vittoria conseguita dalla potenza anglo-americana contro il suo<br />

ultimo antagonista globale dopo la Spagna, la Francia e la Germania. Inoltre, a <strong>di</strong>fferenza delle tre<br />

precedenti, la quarta vittoria non è stata inclusiva del vinto e non è detto che possa <strong>di</strong>ventarlo in<br />

futuro. Volendo però ancora arpeggiare un momento sull'analogia tra Romani e Americani, si può<br />

aggiungere che la trasformazione da impero territoriale e relativo a impero globale e universale è<br />

appena agli inizi e potrebbe essere arrestata se la Cina fosse infine costretta a trasformarsi, contro il<br />

proprio interesse e la propria volontà, in ennesimo antagonista globale dell'Occidente.<br />

D'altra parte l'implosione non basta da sola a determinare la fine <strong>di</strong> un sistema, finché non ci sono<br />

altri attori in grado <strong>di</strong> approfittarne. Se è per questo i <strong>di</strong>eci secoli <strong>di</strong> Roma sono stati una serie <strong>di</strong><br />

continue crisi e implosioni senza alternative, rispetto alle quali l'attuale crisi strategica e finanziaria<br />

degli Stati Uniti pare davvero secondaria. Anzi, proprio la crisi può <strong>di</strong>ventare un'assicurazione sulla<br />

vita. Come insegnano Paperino e la <strong>storia</strong> dell'Inghilterra dal 1914 al 1947, il modo migliore in cui<br />

un debitore può costringere i cre<strong>di</strong>tori a mantenerlo, è <strong>di</strong>ventare il loro maggior debitore insolvibile.<br />

Certo, se il cre<strong>di</strong>tore è unico e potente, come Zio Paperone o Zio Sam, il debitore insolvibile subisce<br />

l'esproprio (come John Maynard Keynes previde fin dal 1916 a proposito della successione<br />

americana nell'Impero britannico, esito inevitabile della "guerra civile" europea, "la plus<br />

monumentale ânerie que le monde ait jamais faite" come Lyautey la giu<strong>di</strong>cava nel 1914). Però se i<br />

cre<strong>di</strong>tori sono una folla e il più grosso al dunque può essere preso a pugni (come è il caso della<br />

Cina), non sarà il debitore a trascorrere le sue notti rigirandosi nel letto.<br />

Quanto alle guerre, poi, pure i romani, vinte quelle mon<strong>di</strong>ali, non solo hanno intensificato le<br />

civili, ma hanno perso la maggior parte delle regionali, insieme con un bel po' <strong>di</strong> aquile e perfino un<br />

paio d'imperatori, da Carre a Teutoburgo a Ctesifonte ad Adrianopoli. E, a parte il sale e le lacrime<br />

<strong>di</strong> Scipione sulle rovine <strong>di</strong> Cartagine, non le hanno neppure chiuse con un fine <strong>storia</strong> decente, se nel<br />

Libro I de Armis Romanis (1599) Alberico Gentili (1552-1608) poteva esercitarsi a <strong>di</strong>mostrare che<br />

erano state tutte ingiuste (salvo confutarlo nel Libro II, de iustitia bellica Romanorum) 495 .<br />

494 V. Ilari, s. v. "Imperium", in Enciclope<strong>di</strong>a Virgiliana, Istituto dell'Enciclope<strong>di</strong>a Italiana Treccani, Roma, 1991, pp.<br />

927-28.<br />

495 Alberici Gentilis J. C. Clarissimi, Professoris regii, De Armis Romanis libri duo, Nunc primum in lucem e<strong>di</strong>ti, ad<br />

Illustrissimum Comitem Essexie, Archimaresciallum Angliae [<strong>di</strong>scussione della "justitia" <strong>di</strong> ciascuna guerra dell'Antica<br />

Roma, riunendo gli argomenti a favore e quelli contrari in due Actiones separate, corrispondenti ai due libri dell'opera].<br />

Hanoviae, apud Guilielmum Antonium, 1599. Hanoviae, apud haeredes Guilielmi Antonii, 1612, in-8, pp. 284. [Ayala,<br />

p. 283. Cockle N. 586]. Bene<strong>di</strong>ct Kingsbury, Benjamin Straumann and David Lupher, The Wars of the Romans: A<br />

Critical E<strong>di</strong>tion and Translation of de Armis Romanis, Oxford U. P. 2011. Diego Panizza, "Alberico Gentili's de Armis<br />

Romanis: the Roman Model of the Just Empire", in The Roman Foundations, cit., pp. 53-84. David Lupher, "The De<br />

174


D'accordo, ma a che serve in pratica questa lettura imperiale del destino americano se non a dar<br />

modo allo scozzese Niall Ferguson (1964) <strong>di</strong> montare in cattedra 496 ? (ripetendo la lezione impartita<br />

nel 1898 da Rudyard Kipling quando, arrotando i denti, dette agli ex-Ribelli il benvenuto nel club<br />

dei portatori bianchi <strong>di</strong> fardelli neri). Beh, l'analogia tra la pax Romana e la pax Americana qualche<br />

spunto <strong>di</strong> riflessione lo fornisce, se non altro sulla posizione e sul destino dell'Europa, che evoca sul<br />

piano politico il giu<strong>di</strong>zio sallustiano sui Greci ["essi nella loro patria perdettero la libertà; come<br />

possono dare precetti d’impero?"] e sul piano <strong>militare</strong> la con<strong>di</strong>zione giuri<strong>di</strong>ca dei Socii italici<br />

[quibus milites in terra Italia Romani imperare solent] 497 .<br />

Come i soldati americani varcarono due volte l'Atlantico per liberare l'Europa dal giogo tedesco e<br />

ci restarono per preservarla da quello sovietico, così i legionari romani varcarono due volte lo Ionio<br />

per liberare la Grecia dal giogo macedone. Nel 196 a. C., durante i giochi istmici <strong>di</strong> Corinto de<strong>di</strong>cati<br />

a Poseidone, Tito Quinzio Flaminino, il filellenico vincitore <strong>di</strong> Cinocefale, restituì solennemente la<br />

libertà ai Greci. Nel successivo mezzo secolo, fino alla <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Corinto e alla trasformazione<br />

in provincia romana (146), la Grecia dovette scegliere tra la strategia <strong>di</strong> Licorta, lo stratega della<br />

Lega Achea che appoggiò la <strong>di</strong>sastrosa revanche macedone, e quella del figlio Polibio, l'ipparco<br />

della Lega mandato in ostaggio a Roma dopo la sconfitta <strong>di</strong> Pidna (168): il quale, spiegando ai<br />

Greci le istituzioni dei Romani, dette a questi ultimi, con concetti greci, la coscienza e l'ideologia<br />

del loro sistema costituzionale e del loro ruolo geopolitico. Forse la Grecia del 2011 non sarà la<br />

Pidna dell'Euro, ma certo non basta un Niall Ferguson a fare un Polibio. Davvero non si potrà <strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong> noi Graecia capta ferum victorem cepit, et artes intulit agresti Latio (Orazio, Epist.. Il, 1, 156).<br />

In realtà le leggi del processo storico, le tendenze del mondo, i destini manifesti e le analogie coi<br />

Romani non riguardano la strategia, ma la filosofia della <strong>storia</strong>, o, per essere più precisi, la filosofia<br />

"speculativa" della <strong>storia</strong>, che indaga l'eventuale significato della <strong>storia</strong> umana (e che si <strong>di</strong>stingue<br />

dalla filosofia "critica" della <strong>storia</strong>, ossia la teoria della storiografia). Tuttavia la strategia è sempre<br />

con<strong>di</strong>zionata dalla filosofia della <strong>storia</strong>. Quella sovietica, ad esempio, era dedotta "scientificamente"<br />

dai principi del marxismo-leninismo, e l'equivalente accade <strong>di</strong> fatto per le implicazioni militari del<br />

messianismo americano. Lucio Caracciolo bolla come "astrategico" l'"uso della forza" da parte<br />

degli Stati Uniti in quanto funzionale a "fini politico-ideologici" anziché "strategico-geopolitici" 498 ,<br />

ma questa <strong>di</strong>stinzione non persuade, perché la strategia non può essere, per definizione, fine a sé se<br />

stessa e la geopolitica scientifica (come quella <strong>di</strong> Limes e Heartland, le riviste <strong>di</strong>rette da Caracciolo)<br />

non è meno ideologica del marxismo-leninismo e del messianismo. (Detto questo, l'unica idea su<br />

cui tutti gli europei concordano è che gli americani sembrano elefanti in un negozio <strong>di</strong> cristalleria;<br />

in ciò confermando <strong>di</strong> ragionare come i Greci rispetto ai Romani e come Venere rispetto a Marte).<br />

10. Strategia della <strong>storia</strong> critica.<br />

Armis Romanis and the Exemplum of Roman Imperialism", pp. 85-100. Il I libro è costituito dalla <strong>di</strong>ssertazione De<br />

iniustitia bellica Romanorum actio, già pubblicata nel 1590(Oxonii, Josephus Barnesius Typographus, pp. 17)<br />

496 Niall Ferguson, Colossus: the price of America's empire, The Penguin Press, New York, 2004, p. 301: "American<br />

neoimperialists like to quote Kipling's "White Mans Burden," written in 1899 to encourage President McKinley's<br />

empire-buil<strong>di</strong>ng efforts in the Philippines. But its language — indeed the entire nineteenth- century lexicon of<br />

imperialism - is irrevocably the language of a bygone age. Though I have warned against the dangers of imperial denial,<br />

I do not mean to say that the existence of an American empire should instead be proclaimed from the rooftop of the<br />

Capitol (...) The United States has good reasons to play the role of liberal empire".<br />

497 V. Ilari, Gli Italici nelle strutture militari romane, Milano, Giuffré, 1974. Id., "Debellare superbos", In Massimo de<br />

Leonar<strong>di</strong>s (cur.), La NATO e le nuove sfide per la forza <strong>militare</strong> e la <strong>di</strong>plomazia, Atti del convegno <strong>di</strong> Milano, 18-19<br />

ottobre 2006, UCSC, Bologna, Monduzzi, 2007, ora in Debellare superbos, raccolta <strong>di</strong> scritti 2003-2008 online su<br />

scribd.<br />

498 Caracciolo, America, cit., pp. 92 ss.<br />

175


L'altro aspetto comune alla strategia e alla filosofia della <strong>storia</strong> riguarda la pre<strong>di</strong>zione del futuro.<br />

In definitiva cos'altro ci aspettiamo dall'esercizio <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>scipline se non <strong>di</strong> farci conoscere quel<br />

che accadrà o che potrebbe accadere, per limitare i danni e sfruttare i vantaggi? E la <strong>storia</strong> non è<br />

forse un "viaggio nel tempo"?<br />

Il lettore più benevolo si è accorto fin dal secondo capoverso che tutto questo scritto è una futile<br />

passeggiata fra le nuvole: e nel caso improbabile che abbia avuto la pazienza <strong>di</strong> arrivare fin qui,<br />

vede ora spalancarsi un abisso <strong>di</strong> quanti, superstringhe, orologi cosmici e frecce del tempo. Nella<br />

vana speranza <strong>di</strong> trattenere il mio Dante, lo condurrò su un altro balcone, apparentemente più solido<br />

e rassicurante, mostrandogli nell'infinito firmamento <strong>di</strong> google i 2,2 milioni <strong>di</strong> citazioni che si<br />

ottengono cercando "forecasting methods and applications", i 14,5 milioni corrispondenti a<br />

"strategic forecasting" e i 23,3 evocati da "intelligence forecasting corp". D'accordo, sarà il caso <strong>di</strong><br />

restringere, e va meglio (64.500) con "forecasting theory": ma "historic forecasting", "forecasting in<br />

history", "forecasting in strategy", "forecasting in intelligence" fruttano quattro miseri pugni <strong>di</strong><br />

mosche (rispettivamente 260, 254, 35 e 27).<br />

La voce "Forecasting" <strong>di</strong> Wikipe<strong>di</strong>a elenca ventuno meto<strong>di</strong> o gruppi <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> matematici <strong>di</strong><br />

previsione, <strong>di</strong> cui nove basati su statistiche storiche e sei su stime soggettive <strong>di</strong> probabilità, che a<br />

loro volta riflettono l'esperienza storica <strong>di</strong> chi viene consultato. La strategia <strong>militare</strong>, come quella<br />

finanziaria, aziendale, ecc., non può prescindere dalla previsione matematica, e quest'ultima si<br />

fonda in misura crescente sull'interazione tra informatica e ricerca "storica", intesa come raccolta<br />

statistica <strong>di</strong> dati seriali, inclusi quelli relativi al comportamento umano, ora tracciabile e analizzabile<br />

in estensioni apparentemente illimitate.<br />

Albert-László Barabási ha de<strong>di</strong>cato uno splen<strong>di</strong>do libro (Lampi) 499 alla per<strong>di</strong>ta della privacy e al<br />

Panopticon liberaldemocratico, che è anche un inno alla mancanza <strong>di</strong> preve<strong>di</strong>bilità su cui poggiano<br />

in definitiva la libertà e la responsabilità umana. In filigrana Barabási racconta la grande jacquerie<br />

ungherese del 1514 scatenata dalla decisione <strong>di</strong> un papa italiano <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>re una crociata per<br />

allontanare da Roma un pericoloso rivale. Esito paradossale <strong>di</strong> una concatenazione casuale e<br />

assolutamente impreve<strong>di</strong>bile; eppure presagito da un saggio Laocoonte ungherese che si era invano<br />

opposto alla pessima idea <strong>di</strong> riconquistare Costantinopoli con un esercito reclutato tra le vittime<br />

dell'ingiustizia feudale.<br />

Il <strong>di</strong>scorso pronunciato da István Teleg<strong>di</strong> nel palazzo reale <strong>di</strong> Buda il 24 marzo 1514, ricorda il<br />

sonno, presago dell'imminente sconfitta, dell'eroe Kutusov mentre, la vigilia <strong>di</strong> Austerlitz, fingeva<br />

<strong>di</strong> ascoltare la brillante esposizione del piano <strong>di</strong> battaglia fatto dal generale austriaco Kalkreuth.<br />

Anche questo, forse, soltanto un artificio letterario <strong>di</strong> chi, come Tolstoi e i gran<strong>di</strong> italiani che si<br />

compiacquero <strong>di</strong> questo passo (Croce 500 e Sciascia 501 ), ama contrapporre <strong>di</strong>mostrazione e<br />

intuizione. Sopprimere l'incertezza non è più il sogno, ma il pomo luccicante ora alla portata della<br />

strategia; il trionfo postumo e definitivo del barone Jomini sul would-be prussiano. Ma assieme alle<br />

nebbie, svanisce il genio della guerra. Quanto più accuratamente pianifica il futuro, tanto più la<br />

strategia <strong>di</strong>viene rigida e <strong>di</strong>mentica il <strong>di</strong>ctum <strong>di</strong> von Moltke il vecchio (1800-1891), il vincitore <strong>di</strong><br />

Sadowa e Sedan, che "nessun piano sopravvive al contatto col nemico" e "la strategia è un sistema<br />

<strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti" 502 . Osservazione più profonda <strong>di</strong> quanto appaia. Sopprimere l'incertezza - in origine<br />

me<strong>di</strong>ante la sola superiorità schiacciante dele forze, poi me<strong>di</strong>ante anche la contrazione dei tempi<br />

499 Albert-László Barabási, Lampi. La trama nascosta che guida la nostra vita, Einau<strong>di</strong>,Torino, 2011.<br />

500 Croce, «Azione, successo e giu<strong>di</strong>zio: note in margine al Vom Kriege», in Atti dell’Accademia <strong>di</strong> Scienze morali e politiche della<br />

Società reale <strong>di</strong> Napoli, LVI, 1934, pp. 152-163 (=Revue de Métaphysique et de Morale, XLII, 1935, pp. 247-258).<br />

501 Leonardo Sciascia, L'Affaire Moro, Sellerio, Palermo, 1978.<br />

502 Helmuth Graf von Moltke, Militärische Werke. vol. 2, part 2., pp. 33-40. Hughes, Daniel J. (ed.) Moltke on the Art of<br />

War: selected writings. (1993). Presi<strong>di</strong>o Press: New York, New York, pp. 45-47.<br />

176


combinata con la previsione matematica - significa infatti sopprimere la guerra, perché un nemico<br />

incapace <strong>di</strong> reagire e contrapporsi può essere un reo oppure un capro espiatorio, ma non certo un<br />

nemico.<br />

Se la guerra è collisione d'imperi, l'unico modo <strong>di</strong> sopprimerla è l'impero universale. Avrebbe una<br />

sua logica che oggi, dopo cinque secoli <strong>di</strong> collisioni, riappaiano in forme nuove e a scala globale<br />

Pax Augusta e Tōngtiān dìguó (Celeste Impero). Nel Proemio dello Strategikos (§. 4) Onasandro<br />

suggerisce che in tempo <strong>di</strong> pace imperiale <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> arte del comando sia più un passatempo per<br />

vecchi generali a riposo che una scuola per bravi comandanti 503 .<br />

Niente più guerra, niente più strategia, niente più soldati. Le parole restano, per tra<strong>di</strong>zione e per<br />

inerzia, ma in contesto imperiale significano altro: repressione, previsione, gendarmi. Di strategia, e<br />

non <strong>di</strong> semplice statistica pre<strong>di</strong>ttiva, ha bisogno chi si prepara ad evocare e affrontare un vero<br />

nemico. Non chi teme l'imprevisto e l'incertezza, ma chi vi confida. Non chi ha occupato tutto lo<br />

spazio, ma chi l'ha ceduto per guadagnare tempo. Non chi ha vinto la posta, ma chi vuole rimetterla<br />

in gioco. Colui che decide davvero la guerra è in definitiva chi si sente messo con le spalle al muro<br />

e, pur riluttante, sceglie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi. Non è il caso <strong>di</strong> antiglobalismo e fondamentalismo islamico,<br />

movimenti intra-imperiali <strong>di</strong> testimonianza identitaria o messianica, come lo furono verso Roma il<br />

cristianesimo e le guerre giudaiche. L'unico can<strong>di</strong>dato virtuale al ruolo strategico <strong>di</strong> <strong>di</strong>fensore resta<br />

la Cina. E' il virtuale antagonismo della Cina (ancora ben lontano però dal <strong>di</strong>ventare effettivamente<br />

potenziale) a mantenere socchiusa la porta del Tempio <strong>di</strong> Giano, a giustificare una riflessione<br />

attuale sulla strategia.<br />

Come abbiamo visto, una strategia della <strong>storia</strong> speculativa finisce per subor<strong>di</strong>narsi o meglio<br />

confondersi con la filosofia della <strong>storia</strong> e ridursi così a previsione statistica. Il paradosso<br />

clausewitziano che la forma originaria e più forte <strong>di</strong> guerra è la <strong>di</strong>fesa, vale pure per la <strong>storia</strong>. La<br />

<strong>storia</strong> critica è infatti anzitutto una <strong>di</strong>fesa e una liberazione dalla <strong>storia</strong> speculativa e dalle forme più<br />

pericolose e devastanti <strong>di</strong> <strong>storia</strong>, ossia l'archetipo, lo stereotipo, la memoria. L'unica strategia della<br />

<strong>storia</strong> possibile è dunque non una profezia sul futuro, ma sul passato, come matrice del presente. E<br />

cioè un uso critico della <strong>storia</strong> non per prevedere il futuro, ma per intendere il presente.<br />

503 V. da ultimo l'ottima e<strong>di</strong>zione con testo a fronte <strong>di</strong> Corrado Petrocelli, Il generale. Manuale per l'esercizio del<br />

comando, Bari, E<strong>di</strong>zioni Dedalo, 2008, p. 22-25.<br />

177


Agosto 2011<br />

178


Virgilio Ilari<br />

Da Wikipe<strong>di</strong>a, l'enciclope<strong>di</strong>a libera.<br />

Virgilio Ilari (Roma, 2 novembre 1948) è uno storico e accademico italiano. Laureato in<br />

giurisprudenza. Autore <strong>di</strong> volumi, saggi e articoli <strong>di</strong> carattere politico-giuri<strong>di</strong>co e storico-<strong>militare</strong>.<br />

Assistente incaricato dal 1972, è stato poi assistente or<strong>di</strong>nario e infine professore associato <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />

del <strong>di</strong>ritto romano presso le università <strong>di</strong> Siena, Roma ("La Sapienza") e Macerata. Dal 1989 al<br />

2010 è stato professore associato <strong>di</strong> <strong>storia</strong> delle istituzioni militari e dei sistemi <strong>di</strong> sicurezza<br />

all'Università Cattolica del Sacro Cuore <strong>di</strong> Milano. Ha collaborato con l'Ufficio Storico dello Stato<br />

Maggiore dell'Esercito, con l'Istituto Affari Internazionali e con varie riviste come Renovatio <strong>di</strong>retta<br />

da Gianni Baget Bozzo, L'Europa <strong>di</strong>retta da Angelo Magliano, la Rivista Militare durante la<br />

<strong>di</strong>rezione del colonnello Piergiorgio Franzosi, Politica Militare e Strategia Globale <strong>di</strong>rette da<br />

Edgardo Sogno, e infine Limes, Ideazione, Palomar e Liberal/Risk, nonché con il Centro Militare <strong>di</strong><br />

Stu<strong>di</strong> Strategici (CeMiSS) e con il Centro Alti Stu<strong>di</strong> Difesa (CASD) durante la <strong>di</strong>rezione e la<br />

presidenza del generale Carlo Jean e ha firmato numerosi lavori insieme a insigni storici militari<br />

come Ferruccio Botti, Antonio Sema e Piero Crociani. Dal 1997 al 2001 è stato consulente della<br />

Commissione bicamerale <strong>di</strong> inchiesta sul terrorismo e le stragi durante la presidenza del senatore<br />

Giovanni Pellegrino. È stato presidente della Società Italiana <strong>di</strong> Storia Militare dal 2004 al 2008 e <strong>di</strong><br />

nuovo per il triennio 2010-12, nonché presidente dell'Associazione Amici della Biblioteca Militare<br />

Italiana dal 2008 al 2010.<br />

179


Monografie<br />

• Gli Italici nelle strutture militari romane, Milano, Giuffré, 1974<br />

• Le Forze Armate tra politica e potere, Firenze, Vallecchi, 1979<br />

• Guerra e <strong>di</strong>ritto nel mondo antico, Milano, Giuffré, 1980<br />

• L'interpretazione storica del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> guerra romano fra tra<strong>di</strong>zione romanistica e<br />

giusnaturalismo, Milano, Giuffré, 1981.<br />

• La Comunità <strong>di</strong> Roccagiovine dal XVII secolo alla Repubblica Romana del 1849 nei<br />

documenti dell'Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Roma, Comune <strong>di</strong> Roccagiovine, 1985.<br />

• Il pensiero <strong>militare</strong> italiano dal primo al secondo dopoguerra 1919-49, USSME, Roma,<br />

1985 (con Ferruccio Botti).<br />

• L'Esercito pontificio nel 18º secolo fino alle riforme del 1792-93, USSME, Roma, 1986.<br />

• Marte in Orbace. Guerra, esercito e milizia nella concezione fascista della nazione,<br />

Ancona, Nuove Ricerche, 1988 (con Antonio Sema).<br />

• Stu<strong>di</strong> strategici e militari nelle università italiane (con R. Luraghi, M. Nones e P. Ungari),<br />

Centro Militare <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Strategici (CeMiSS), Roma, ed. Rivista Militare, 1990.<br />

• Storia del servizio <strong>militare</strong> in Italia, Roma, CeMiSS-Rivista Militare, 1989-92.<br />

• Storia <strong>militare</strong> della Prima Repubblica 1943-93, Ancona, Nuove Ricerche, 1994 (ora<br />

Invorio, Widerholdt Frères, 2009),<br />

• Il generale col monocolo. Giovanni de Lorenzo 1907-1973, Ancona, Nuove Ricerche, 1995.<br />

• Tra i Borbone e gli Asburgo. Eserciti e marine nelle guerre italiane del primo settecento<br />

(1701-32), Ancona, Nuove Ricerche, 1996 (con Giancarlo Boeri e Ciro Paoletti).<br />

• Clausewitz 1780-1832, Nuove ricerche, Ancona, 1997.<br />

• La Corona <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a. Guerre ed eserciti nell'Italia del me<strong>di</strong>o Settecento (1733-63),<br />

Ancona, Nuove Ricerche, 1997 (con Giancarlo Boeri e Ciro Paoletti)<br />

• Inventarsi una patria, Ideazione, Roma, 1997.<br />

• La guerra delle Alpi 1792-96, USSME, Roma, 2000 (con Piero Crociani e Ciro Paoletti).<br />

• Bella Italia Militar. Eserciti e Marine nell'Italia prenapoleonica 1748-96, USSME, Roma,<br />

2000 (con Piero Crociani e Ciro Paoletti).<br />

• Guerra civile, Roma, Ideazione, 2001.<br />

• Storia <strong>militare</strong> dell'Italia giacobina 1796-1802, Roma, USSME, 2001 (con Piero Crociani e<br />

Ciro Paoletti).<br />

• Lineamenti storici dell'Or<strong>di</strong>ne Militare d'Italia (con Flavio Carbone), Roma, Gruppo<br />

Decorati dell'OMI, 2003.<br />

• Storia <strong>militare</strong> del Regno Italico 1802-1814, Roma, USSME, 2004 (con Piero Crociani e<br />

Ciro Paoletti).<br />

• Storia <strong>militare</strong> del Regno murattiano (1806-1815), Invorio, Widerholdt Frères, 2008 (con<br />

Piero Crociani e Giancarlo Boeri)<br />

• Il Regno <strong>di</strong> Sardegna nelle guerre napoleoniche e le legioni anglo-italiane: (1799-1815),<br />

Invorio, Widerholdt Freres, 2008 (con Piero Crociani e Stefano Ales)<br />

• Dizionario biografico dell'Armata sarda. Seimila biografie (1799-1821) con la <strong>storia</strong><br />

dell'or<strong>di</strong>ne <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Savoia e l'elenco dei primi decorati, Invorio, Widerholdt Frères, 2008<br />

(con Davide Shamà)<br />

• Le Due Sicilie nelle guerre napoleoniche (1800-1815), Roma, USSME, 2008 (con Piero<br />

Crociani e Giancarlo Boeri).<br />

• Scrittori Militari Italiani del XV-XVIII Secolo, Roma, Litos 2011 (pure integralmente online<br />

su scribd e internet archive).<br />

180


Principali Articoli e saggi<br />

• "Tristi tropi. Verso un nuovo storicismo", in Renovatio, XIII, 3, 1978, pp. 382-417.<br />

• "Riflessioni sul rapporto fra strategia e politica", in Rivista Militare, 1980, N. 1, p. 92-99.<br />

• "La strategia", in Rivista Militare, 1980, N. 6; p. 2-9.<br />

• "Ius civile" e "ius extra rempublicam" nel "de iure belli" <strong>di</strong> Alberico Gentili, in 'Stu<strong>di</strong><br />

Sassaresi, vol. VIII Serie III, 1980, p. 1-20.<br />

• "Il campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della politica <strong>militare</strong> e il suo sviluppo in Italia", in ‘'Politica Militare,<br />

vol. III N. 8, 1981, p. 25-34.<br />

• "Military Stu<strong>di</strong>es in Italy: A Historical Introduction to the Problem". In Trend in Strategic<br />

Stu<strong>di</strong>es, Turin, 9-12 December, Centro Manlio Brosio, Torino, Vallar<strong>di</strong>, 1982, p. 41-45.<br />

• Gli stu<strong>di</strong> militari in Italia, in ‘'Rivista Militare, 1982, N. 2; p. 13-24.<br />

• "Riflessioni critiche sulla teoria politica della guerra <strong>di</strong> popolo", in Memorie storiche<br />

militari 1982, Roma, USSME, 1983, p. 107-172.<br />

• "Stu<strong>di</strong>, seminari e convegni. Rassegna", rubrica in La Rivista Italiana <strong>di</strong> Strategia Globale,<br />

vol. 1-5 del 1984-85; 1983 (N. 1 pp. 113-131). 1º trimestre 1984 (N. 2, pp. 151-165). 2º<br />

trimestre 1984 (N. 3, pp. 209-220). 3º trimestre 1984 (N. 4, pp. 209-222). 4º trimestre 1984<br />

(N. 5 - pp. 231-248).<br />

• "Libri e articoli pubblicati in Italia nel 1983-84", rubrica in La Rivista Italiana <strong>di</strong> Strategia<br />

Globale, vol. 1-5 del 1984-85;N. 1 (pp. 132-142), N. 2 (p. 166). N. 3 (pp. 221-228). N. 4<br />

(pp. 223-237). N. 5 (pp. 259-268).<br />

• "Il problema epistemologico delle scienze militari. Una presentazione critica del saggio <strong>di</strong><br />

Benedetto Croce sul "Vom Kriege" <strong>di</strong> Clausewitz", in La Rivista Italiana <strong>di</strong> Strategia<br />

Globale, vol. 2, 1984, p. 171-179.<br />

• "Cultura universitaria e cultura <strong>militare</strong>", in Rivista Militare, 1984, p. 96-108.<br />

• "Gli stu<strong>di</strong> strategici in Italia. Bilancio <strong>di</strong> un triennio", in ‘'La Rivista Italiana <strong>di</strong> Strategia<br />

Globale, vol. 5, 1985, p. 259-268.<br />

• "Operazioni belliche (<strong>storia</strong>)", in Enciclope<strong>di</strong>a del Diritto, Milano, Giuffré, 1985, vol. XXX,<br />

p. 253-268.<br />

• voce "imperium", in Enciclope<strong>di</strong>a Virgiliana, Istituto della Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, Roma,<br />

1985, II, pp. 927-28.<br />

• "Politica e strategia globale", in Carlo Jean (cur.), Il pensiero strategico, Milano, Angeli,<br />

1985, p. 21-63.<br />

• "Italy", in Luc Reychler e R. Rudney (eds), ‘'Directory Guide of European Security and<br />

Defense Research, Leuven U. P. - Pergamon Brassey's, 1985, p. 181-205.<br />

• "Ius belli - tou polémou nomos": étude sémantique de la terminologie du droit de la guerre,<br />

in Bullettino dell'Istituto <strong>di</strong> Diritto Romano Vittorio Scialoja, vol. LXXXVIII (3ª S. XXVII),<br />

1985, p. 159-179.<br />

• "Concetto <strong>di</strong>fensivo e dottrina <strong>militare</strong> dell'Italia nel dopoguerra", in Maurizio Cremasco<br />

(cur.), Lo strumento <strong>militare</strong> italiano. Problemi e Prospettive, Milano, Franco Angeli, 1986,<br />

p. 73-124.<br />

• Notizie bibliografiche, in Rivista Militare 1985, N. 1 pp. 156-8. N. 2 pp. 158-160. N. 6 pp.<br />

153-4.<br />

• "Guerra e storiografia", in Carlo Jean (cur.), La guerra nel pensiero politico, Milano, Franco<br />

Angeli, 1987, p. 223-255.<br />

• "La storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>. Riflessioni critiche su strutture, ruolo e prospettive", in<br />

Giorgio Rochat (cur.), La storiografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong> negli ultimi venti anni, Milano,<br />

Franco Angeli, 1987. p. 158-176.<br />

• "Trattato internazionale (<strong>di</strong>ritto romano)", in Enciclope<strong>di</strong>a del <strong>di</strong>ritto, Milano, Giuffré,<br />

1987, vol. XLIV, p. 1335-1350.<br />

181


• "Cultura <strong>militare</strong> e cultura universitaria per gli ufficiali italiani dal dopoguerra a oggi", in<br />

Giuseppe Caforio e Piero Del Negro (cur.), Ufficiali e società, Milano, Franco Angeli, 1988,<br />

p. 465-502.<br />

• "La <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>: <strong>di</strong>sciplina specialistica o specifica?", in Michele Nones (cur.).<br />

L'insegnamento della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> in Italia (atti del seminario tenutosi a Roma il 4<br />

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• "Interior and exterior lines of operations". In T. N. Dupuy (ed.), ‘'International Military and<br />

Defense Encyclope<strong>di</strong>a, London, Brassey's Defence Publishers, 1992, vol. 3, p. 1330-1335.<br />

• "Initiative in War", in T. N. Dupuy (ed.), International Military and Defense Encyclope<strong>di</strong>a,<br />

London, Brassey's Defence Publishers, 1992, vol. 3, p. 1265-1267.<br />

• "Aspetti militari e sociali dell'espansione e del dominio romano nelle province orientali"<br />

(recensione <strong>di</strong> Benjamin Isaac, The Limits of Empire. The Roman Army and the East,<br />

Oxford, Clarendon Press, 1990), in Index. Quaderni Camerti <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> romanistici, vol. 20,<br />

1992, p. 520-526.<br />

• "Das Ende eines Mythos. Interpretationen und politische Praxis des italienischen<br />

Widerstands in der Debatte der fruehen neunziger Jahre", in P. Bettelheim, R. Streibel (Hg),<br />

Tabu und Geschichte. Zur Kultur des kollektiven Erinnerns, Wien, Picus Verlag, 1994, p.<br />

129-174.(in italiano online su scribd)<br />

• "Fortuna e genesi della geopolitica", in Marco Antonsich e M. Pagnini (cur), Quaderni del<br />

dottorato <strong>di</strong> ricerca in geografia politica, Università <strong>di</strong> Trieste e <strong>di</strong> Napoli, 1995, p. 1-40.<br />

(online su scribd)<br />

• "Storia del pensiero, delle istituzioni e della storiografia <strong>militare</strong>", in Piero Del Negro (cur.),<br />

Guida alla <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>, Napoli, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, 1997, pp. 7-66.<br />

• "Guerre <strong>di</strong> coalizione e operazioni combinate", in Natalino Ronzitti (cur.), Comando e<br />

controllo nelle Forze <strong>di</strong> pace e nelle coalizione militari : Contributo alla riforma della<br />

Carta delle Nazioni Unite, Milano, Angeli. (online su scribd)<br />

• "La parata del 2 giugno. L'omaggio repubblicano all'esercito", in Sergio Bertelli (cur.), Il<br />

Teatro del Potere. Scenari e rappresentazioni del politico fra Otto e Novecento, Roma,<br />

Carocci, 2000, p. 195-222. (online su scribd)<br />

• "La cultura della guerra", in Palomar<br />

• L'Italia un alleato "fedele". In Massimo De Leonar<strong>di</strong>s (cur.), La nuova NATO: i membri, le<br />

strutture, i compiti, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 111-120.<br />

• Epistemologia della <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>, in Acta del II convegno nazionale <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>militare</strong>,<br />

Roma, Centro Alti Stu<strong>di</strong> Difesa, 28-29 ottobre 1999, Roma, Commissione Italiana <strong>di</strong> Storia<br />

Militare, 2001, p. 47-70. (online su scribd)<br />

• Imitatio, restitutio, utopia: la <strong>storia</strong> <strong>militare</strong> antica nel pensiero strategico moderno, in<br />

Marta Sor<strong>di</strong> (cur.), ‘'Guerra e <strong>di</strong>ritto nel mondo greco e romano, Milano, Vita e Pensiero,<br />

2002, p. 269-381. (online su scribd)<br />

• "La virtù <strong>militare</strong> degli italiani", in Ideazione, 2002, N. 6 ("L'Italia globale"), pp. 140-157.<br />

• Gli italiani in Spagna (analisi della memorialistica), in Vittorio Scotti Douglas (cur.), Gli<br />

italiani in Spagna nella guerra napoleonica (1807-1813). I fatti, i testoimoni, l'ere<strong>di</strong>tà, Novi<br />

Ligure, 22-24 ottobre 2004, Alessandria, E<strong>di</strong>zioni dell'Orso, 2006, p. 161-190. (online su<br />

scribd)<br />

• Le Truppe italiane in Spagna, in Vittorio Scotti Douglas (cur.), Gli italiani in Spagna nella<br />

guerra napoleonica (1807-1813). I fatti, i testoimoni, l'ere<strong>di</strong>tà, Novi Ligure, 22-24 ottobre<br />

2004, Alessandria, E<strong>di</strong>zioni dell'Orso, 2006, p. 449-481.<br />

• Guerra universale, in Massimo De Leonar<strong>di</strong>s e Gianluca Pastori (cur.), Le nuove sfide per la<br />

forza <strong>militare</strong> e la <strong>di</strong>plomazia: il ruolo della NATO, Bologna, Monduzzi, 2008, p. 49-66.<br />

(pure in Palomar 2008 e online su scribd in Debellare superbos)<br />

• "Il Gouerno della caualleria leggera", in Rivista <strong>di</strong> Cavalleria, maggio 2011.<br />

182


• "Esercito", in Luigi Mascilli Migliorini (cur.), Italia napoleonica. Dizionario critico, Torino<br />

UTET, 2011, pp. 233-250. .<br />

• Clausewitz in Italy, (con Luciano Bozzo e Giampiero Giacomello), in Reiner Pommerin<br />

(Hsg), Clausewitz goes global. Carl von Clausewitz in the 21st Century, Clausewitz<br />

Gesellschaft, Berlin, Carola Hartmann Miles Verlag, 2011, pp. 173-202.<br />

Recenti articoli per Risk (2010-2011)<br />

• La festa <strong>di</strong> San Napoleone (2010)<br />

• San Fyodor Fyodorovich Ushakov, patrono delle forze nucleari russe (2010)<br />

• Lomonaco, Foscolo, Tibell: Storia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> un suici<strong>di</strong>o filosofico (2010)<br />

• La bibliografia <strong>militare</strong> <strong>di</strong> Mariano d'Ayala (2011)<br />

• Gabriel de Luez Barone <strong>di</strong> Aramon (2011)<br />

• Fulminati dal Giove gallico (2011)<br />

Pubblicazioni solo online (scribd, internet archive)<br />

• Il 31° leggero (con Bruno Pauvert e Piero Crociani) 2011<br />

• 27e et 28e Division Militaire (con Piero Crociani) 2010<br />

• La Marina Ligure <strong>di</strong> Napoleone (con Piero Crociani) 2011<br />

• I Carabinieri<br />

Raccolte <strong>di</strong> scritti online (scribd e archive)<br />

• Debellare superbos (scritti 2001-2010) su Risk<br />

• <strong>Ermattung</strong>. Combat pour l'histoire militaire dans un pays réfractaire (2011)<br />

Online, In attesa <strong>di</strong> pubblicazione<br />

• "La storiografia <strong>militare</strong> dell'Italia napoleonica" (2010), per la Rivista Italiana <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> napoleonici<br />

• "Roman Seapower", per la Rivista Marittima<br />

• "Genesi della prima bibliografia <strong>militare</strong> <strong>italiana</strong>", per Giovanni Brizzi (2011)<br />

• "Strategia della <strong>storia</strong>" (in un volume collettivo curato da Luciano Bozzo) (1011)<br />

COLLEGAMENTO col sito scribd Collezioni <strong>di</strong> Virgilio Ilari<br />

====Letteratura Militare XVI-XX secolo====<br />

* ''Francesco Algarotti Military Speeches"<br />

http://www.scribd.com/my_document_collections/2759502<br />

* ''Raimondo Montecuccoli's Works<br />

http://www.scribd.com/my_document_collections/2750149<br />

* ''Italian military writers of 16th and 17th Centuries<br />

183


http://www.scribd.com/my_document_collections/2741977 ''<br />

* ''Antologia Militare. The First Italian Military Review. Naples 1835-1846<br />

http://www.scribd.com/my_document_collections/2741571''<br />

* ''Military Bibliographies up to 1850 collected by Virgilio Ilari<br />

http://www.scribd.com/my_document_collections/2741356''<br />

====Storia Militare <strong>italiana</strong>====<br />

* "The Royal Army and Navy of the Two Siciles"<br />

http://www.scribd.com/my_document_collections/2750147<br />

*''Virgilio Ilari and Piero Crociani - Military History of the Napoleonic Italy''<br />

* ''Virgilio Ilari's 2000-2010 Works''<br />

* ''Italian Society for Military History - Quaderni SISM''<br />

====Uniformi e <strong>di</strong>stintivi italiani====<br />

* ''Uniforms of the Sicilian Army 1745 http://www.scribd.com/document_collections/2628008''<br />

* ''Quinto Cenni Italian Jacobine Republics Legions 1796-97<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2628006''<br />

* ''Quinto Cenni's Modenese Troops in 18th and 19th Century<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2628003''<br />

* ''PAPAL ARMY UNIFORMS FROM VINKHUIJZEN COLLECTION<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2478208''<br />

* ''Quinto Cenni's Military History of Republic of Genoa<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2478207''<br />

====Forze Armate Estere – Russia, ex-URSS, Germania est====<br />

* ''Soviet Army http://www.scribd.com/document_collections/2491012''<br />

* ''Russian Armed Forces 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491007''<br />

* ''Ukraina Armed Forces 2010 http://www.scribd.com/document_collections/2490202''<br />

* ''Baltic States Military History http://www.scribd.com/document_collections/2490200''<br />

* ''East German Military http://www.scribd.com/document_collections/2490193''<br />

====Forze Armate Estere – Me<strong>di</strong>o Oriente, Caucaso e Asia Centrale====<br />

* ''Egyptian Armed Forces 2010 http://www.scribd.com/document_collections/2676700''<br />

* ''Israel Defense Forces Tsahal 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491021''<br />

* ''Caucasian Armies 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491006''<br />

* ''Turkish Armed Forces http://www.scribd.com/document_collections/2491004''<br />

* ''Central Asia Armies 2010 http://www.scribd.com/document_collections/2644701''<br />

* ''Gulf Arab Armies 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491043''<br />

* ''Pakistan Defense 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491037''<br />

* ''Iran Armed Forces 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491030''<br />

* ''Iraq Armed Forces 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491027''<br />

====Forze Armate Estere – Estremo Oriente, Asia del Sud-Est e Pacifico====<br />

* ''People's Liberation Army http://www.scribd.com/document_collections/2598723''<br />

* ''Republic of China Defense and Military History<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2592518''<br />

* ''Japanese Military History http://www.scribd.com/document_collections/2499999''<br />

* ''Sri Lanka Armed Forces 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491034''<br />

* ''Royal Thai Armed Forces 2009 http://www.scribd.com/document_collections/2491032''<br />

* ''South Vietnam Armed Forces http://www.scribd.com/document_collections/2490198''<br />

====Forze Armate Estere – Africa====<br />

* ''Virgilio Ilari's African Military History http://www.scribd.com/document_collections/2478200''<br />

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====Forze Armate estere – America Latina====<br />

* ''Military History of Mexico http://www.scribd.com/document_collections/2481493''<br />

* ''Armed Forces Central America Caribbean<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2481504''<br />

* ''Armed Forces of Honduras http://www.scribd.com/document_collections/2481497''<br />

* ''Armed Forces of Ecuador http://www.scribd.com/document_collections/2481500''<br />

* ''Military History of Venezuela http://www.scribd.com/document_collections/2481495''<br />

* ''Military History of Peru http://www.scribd.com/document_collections/2481492''<br />

* ''Armed Forces of Chile 2010 http://www.scribd.com/document_collections/2480612''<br />

* ''Brazilian Military History http://www.scribd.com/document_collections/2479848''<br />

* ''Virgilio Ilaris's Argentina Military History<br />

http://www.scribd.com/document_collections/2478202''<br />

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