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IL DIBATTITO - LietoColle

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Che si tratti di uomini, rane o volatili, è impossibile determinarlo. L‟orizzonte è quello<br />

dell‟ibridazione. Proprio l‟ibridazione (si pensi alla figura della sirena) e la metamorfosi sono<br />

categorie in cui ricade anche la poetica di Laura Pugno. Se però l‟animalità portiana è sempre forza<br />

esterna, alterità assoluta che penetra l‟umano, di norma con violenza, nei versi di questa poetessa si<br />

assiste a qualcosa di differente: non è infatti l‟animale a invadere l‟uomo ma piuttosto il contrario<br />

(«entra nel leopardo», «entra nel lupo», «entra nella scimmia» (22)), per il bisogno di contatto con<br />

una dimensione apparentemente aurorale, originale, piena dell‟essere, che l‟autrice definisce<br />

appunto «colore oro». Di qui, credo, l‟associazione costante tra questo colore e l‟uovo («questo è il<br />

campo di perfezioni: / l‟uovo, il colore oro», «oro fatto uovo»), simbolo appunto di una nascita<br />

continua del soggetto e della sua parola. Nonostante anche in Porta, quello di Invasioni, si ritrovino<br />

«parole che ritornano dentro le uova», l‟universo poetico di Laura Pugno pare procedere in<br />

direzioni differenti e completamente autonome. Qui non sto però cercando figliazioni dirette ma<br />

quelle che ho chiamato “tracce sindoniche”, prove dell‟esistenza di un avvenuto contatto tra<br />

superfici differenti, anche se molto lontano nel tempo, anche se mediato. Si tratta insomma di<br />

ragionare per trasparenze. Si legga allora un testo come Intervento dell‟utopia del racconto,<br />

contenuto in Cara. Ne riporto solo l‟inizio, sufficiente per dare conto del tipo di contatto cui mi<br />

riferisco:<br />

Esiste la sfera d‟oro l‟uovo<br />

cerchio puro immaginato in forma<br />

d‟uovo:<br />

al centro della montagna è il grande uovo<br />

trasparente tutta di cristallo gelatina<br />

medusa.<br />

O ancora, e qui davvero si comprende come Porta sia davvero un‟immagine in trasparenza nel<br />

tessuto poetico di questa poetessa, si legga lo splendido epoca del toro che pur non avendo nulla a<br />

che vedere con Europa cavalca un toro nero pare quasi un improvviso, una variazione su quel titolo<br />

(«e te ne andrai / cavalcando un toro») e sull‟idea di violenza generalizzata che – in maniera<br />

differente – viene espressa in quel testo: «il toro è mondo, / bestia fatta mondo, / ti rovescerai tra le /<br />

sue zampe nere // o toro bianco contro / questo toro, è / guerra». Bisogna davvero leggerla questa<br />

poesia, anche per capire che nell‟animale – a differenza di Porta – la Pugno ritrova non tanto<br />

l‟alterità che mette in crisi l‟umano, ma una forza magica, totemica («hai / protezione, / totem»),<br />

sciamanica («spiriti animali») che permette di raggiungere la pienezza della parola, del colore oro:<br />

«tienti / con le mani nel / traversare il mare, / ti leva il toro più rapidamente / di ogni lingua e<br />

movimento / umano»<br />

/taglio/<br />

5<br />

/giovenale/<br />

prediamo ora un verso in inglese: «water (she/he) kisses (you) burn crystals». Un lettore<br />

madrelingua non potrebbe che trovarlo parecchio strano, quasi incomprensibile. Consideriamo<br />

allora l‟originale italiano: «acqua bacia ardi cristalli». Qui la stranezza, chiamiamola così, è data<br />

non – come per l‟inglese – dall‟enfasi parentetica dei soggetti grammaticali, ma dalla loro<br />

indeterminatezza. Questo verso e la sua traduzione sono ovviamente di Antonio Porta e provengono<br />

dalla serie di brevi poesie intitolata New York. Leggiamo adesso un verso di Marco Giovenale preso<br />

da Il segno meno(23), poi confluito nel recente La casa esposta(24): «vuole e disvuole / lui lei, le<br />

volute e le foglie». Anche qui ci troviamo di fronte a due verbi e due sostantivi e da una particolare<br />

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