Lorenzo Natali in Europa

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30.05.2013 Views

Paolo Valentino, Corrispondente del Corriere della Sera da Bruxelles Il compromesso vincente Paolo Valentino 95 “Lorenzo, Lorenzo, que pasa?”. La faccia stravolta di Fernando Moran, ministro degli Esteri spagnolo, me la ricordo ancora in quella notte di giugno di tanti, troppi anni fa. Erano le ore concitate della chiusura del negoziato per l’ingresso della Spagna nella Cee, come allora si chiamava la futura Unione europea. Uno dei primi momenti storici, della mia carriera di giornalista. Qualcosa non stava funzionando più. Non rammento se fosse uno dei soliti intoppi opposti da Margareth Thatcher, o l’ennesima richiesta al rialzo di qualche altro paese, preoccupato che i due nuovi membri, c’era anche il Portogallo in dirittura d’arrivo, costassero troppo in termini di rinunzie a fondi comunitari e posizioni. Lorenzo era Lorenzo Natali, il commissario italiano che aveva gestito e portato avanti tra mille insidie l’intera partita dell’ampliamento dell’Europa a 12, dopo aver concluso con successo quella con la Grecia. La scena si svolgeva al pianterreno del palazzo del Consiglio, vicino alla zona riservata alla stampa. Ricordo la tranquillità rassicurante con cui Natali, il baffo folto, la pipa in bocca, andò incontro a Moran, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. E quello, come ascoltando una formula magica, acquetarsi. Come tante altre volte in quella lunga schermaglia tra lupi, Natali sapeva di avere in mano la soluzione, il compromesso vincente. E così fu. Finì all’alba, con i giornalisti spagnoli che cantavano “Asturias patria querida” e con Moran in la-

96 crime che indicava con la mano Lorenzo Natali, come per dire: “È stato tutto merito suo”. Quanto in alto sia sempre rimasto Natali nella stima e nella gratitudine degli spagnoli, non solo della classe dirigente, ma anche del popolo, me ne accorsi qualche anno dopo a Madrid, nel 1988, durante una conferenza dei cosiddetti Acp, i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico legati all’Europa dall’ormai storica Convenzione di Lomé. Era sempre vicepresidente della Commissione, Natali. Ma ora nel suo portafoglio c’era la politica dello Sviluppo, primo italiano a occuparsene dopo l’eterna gestione francese. Di lui mi colpiva l’approccio umanistico con cui aveva affrontato l’incarico, nel quale rileggeva in chiave moderna la grande tradizione dell’illuminismo cattolico di La Pira, come lui fiorentino sia pur d’adozione. Filosofia a parte, rimasi sorpreso dalla sua immensa popolarità nella capitale iberica. Riconosciuto per strada e nei ristoranti. Salutato con grandi sorrisi. Sembrava che a lui, la nuova Spagna uscita dal franchismo legasse fisicamente il proprio passaggio a nord-ovest, verso l’ancoraggio democratico che l’avrebbe affrancata per sempre dai fantasmi del passato e avviata sulla strada della modernità. A venti anni dalla sua scomparsa, di Lorenzo Natali mi piace ricordare questo ruolo di paziente architetto di ponti nella storia d’Europa. E sono sicuro che lui si sarebbe schermito, col suo sorriso un po’ triste, timido e buono.

Paolo Valent<strong>in</strong>o,<br />

Corrispondente del Corriere della Sera da Bruxelles<br />

Il compromesso v<strong>in</strong>cente<br />

Paolo Valent<strong>in</strong>o<br />

95<br />

“<strong>Lorenzo</strong>, <strong>Lorenzo</strong>, que pasa?”. La faccia stravolta di Fernando Moran, m<strong>in</strong>istro<br />

degli Esteri spagnolo, me la ricordo ancora <strong>in</strong> quella notte di giugno di tanti, troppi<br />

anni fa. Erano le ore concitate della chiusura del negoziato per l’<strong>in</strong>gresso della Spagna<br />

nella Cee, come allora si chiamava la futura Unione europea. Uno dei primi momenti<br />

storici, della mia carriera di giornalista. Qualcosa non stava funzionando più.<br />

Non rammento se fosse uno dei soliti <strong>in</strong>toppi opposti da Margareth Thatcher, o l’ennesima<br />

richiesta al rialzo di qualche altro paese, preoccupato che i due nuovi membri,<br />

c’era anche il Portogallo <strong>in</strong> dirittura d’arrivo, costassero troppo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di r<strong>in</strong>unzie<br />

a fondi comunitari e posizioni.<br />

<strong>Lorenzo</strong> era <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong>, il commissario italiano che aveva gestito e portato<br />

avanti tra mille <strong>in</strong>sidie l’<strong>in</strong>tera partita dell’ampliamento dell’<strong>Europa</strong> a 12, dopo aver<br />

concluso con successo quella con la Grecia. La scena si svolgeva al pianterreno del<br />

palazzo del Consiglio, vic<strong>in</strong>o alla zona riservata alla stampa. Ricordo la tranquillità<br />

rassicurante con cui <strong>Natali</strong>, il baffo folto, la pipa <strong>in</strong> bocca, andò <strong>in</strong>contro a Moran,<br />

sussurrandogli qualcosa all’orecchio. E quello, come ascoltando una formula magica,<br />

acquetarsi. Come tante altre volte <strong>in</strong> quella lunga schermaglia tra lupi, <strong>Natali</strong> sapeva<br />

di avere <strong>in</strong> mano la soluzione, il compromesso v<strong>in</strong>cente. E così fu. F<strong>in</strong>ì all’alba,<br />

con i giornalisti spagnoli che cantavano “Asturias patria querida” e con Moran <strong>in</strong> la-

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