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Lorenzo Natali in Europa

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Ero arrivato a Bruxelles nella primavera 1979, nell’imm<strong>in</strong>enza delle prime elezioni<br />

a suffragio universale del Parlamento europeo. <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong> era vicepresidente<br />

della Commissione europea ed era responsabile, allora, fra l’altro, dell’ambiente<br />

e della sicurezza nucleare: erano i giorni dell’<strong>in</strong>cidente nucleare di Three Mile<br />

Island, negli Stati Uniti, avvisaglia dell’<strong>in</strong>cubo nucleare che la tragedia di Cernobyl<br />

nell’Unione Sovietica avrebbe poi concretizzato a metà anni ottanta.<br />

Capii presto che <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong> era un punto di riferimento per tutta la comunità<br />

giornalistica italiana a Bruxelles: attento, disponibile, affabile. Capii un po’ dopo<br />

che era pure punto di equilibrio all’<strong>in</strong>terno della Commissione, misurato, competente,<br />

politico. E <strong>Natali</strong> cont<strong>in</strong>uò a esserlo, punto di riferimento e di equilibrio, al<br />

succedersi dei presidenti della Commissione, da Roy Jenk<strong>in</strong>s, l’uomo dell’ecu, a Gaston<br />

Thorn, ostaggio della questione britannica di Margareth Thatcher, f<strong>in</strong>almente<br />

a Jacques Delors, di cui divenne braccio destro, confidente e consigliere, sulla via<br />

del rilancio dell’<strong>in</strong>tegrazione con il mercato unico e verso l’Unione europea.<br />

Cambiavano i presidenti, cambiavano spesso i commissari, ma <strong>Natali</strong> restava,<br />

con la sua umanità e la sua competenza profonde e ormai riconosciute da colleghi e<br />

<strong>in</strong>terlocutori, quale che fosse il dossier affidatogli: le relazioni con il Parlamento<br />

che, eletto a suffragio universale, andava man mano acquisendo una diversa statura;<br />

la politica del Mediterraneo; i problemi dell’allargamento, con gli estenuanti, ma<br />

coronati di successo, negoziati per l’adesione di Spagna e Portogallo.<br />

Nei nove anni circa trascorsi <strong>in</strong>sieme a Bruxelles, non feci mai parte della cerchia<br />

di giornalisti più vic<strong>in</strong>i a <strong>Natali</strong>: tutti colleghi già affermati e di grande valore, alcuni<br />

dei quali, come Arturo Guatelli e Francesco Mattioli, sono nel frattempo scomparsi.<br />

Ma io, un junior e cronista d’agenzia, non mi sentii mai escluso o tenuto al marg<strong>in</strong>e o<br />

considerato buono solo a passare comunicati: <strong>Natali</strong> aveva conoscenza e considerazione<br />

dell’Ansa, di cui ero allora corrispondente dalle Istituzioni comunitarie.<br />

Per questo, più che del politico italiano o del commissario europeo, venero il ricordo<br />

dell’uomo, che seppe essere <strong>in</strong>fluente e potente senza mai essere arrogante. E<br />

che perdonò a me e ad Elysa quella ‘fuit<strong>in</strong>a’ del novembre 1981.

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