Lorenzo Natali in Europa

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30.05.2013 Views

Marco Pannella, Parlamentare europeo dal 1979 al 1985 L’Africa e la patria europea 73 Marco Pannella in un intervento al Parlamento europeo Conosciutici con Lorenzo in Abruzzo, incontratici poi alcune volte a Roma, il nostro rapporto fu subito cordiale e sincero, ma inizialmente episodico. Nel corso del mio primo mandato di parlamentare europeo (1979-1984) questi contatti occasionali non ebbero particolari salti di qualità. Ci frequentammo – invece – e conquistammo rapporti davvero amichevoli, durante la seconda legislatura europea, quella che ha visto Natali a fianco di Jacques Delors come suo principale “senior minister”, come direbbero gli inglesi, oltre che a capo della politica di sviluppo europea. Sono stati cinque anni di contatti assidui, di dialogo serrato, ma anche di franchi scontri politici, sia sulle scelte europee nei confronti dei paesi in via di sviluppo, sia sul fronte delle riforme istituzionali necessarie per rilanciare il progetto di integrazione del continente. Sul primo terreno, era in pieno svolgimento la campagna radicale contro lo sterminio per fame nel mondo, sulla scia di una storica risoluzione del Parlamento euro-

74 peo per “cinque milioni di vivi subito”, che chiedeva un impegno straordinario dell’Europa e dei suoi Stati membri e che portò, nel 1985, all’adozione in Italia della “Legge Piccoli”, con la creazione di un Fondo straordinario gestito dal Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo. Per quanto riguarda il secondo ambito, erano gli anni dell’approvazione del “progetto Spinelli”, quel Progetto di Trattato per un’Unione europea a forte impronta federale, sul quale noi radicali eravamo schierati in prima linea accanto ad Altiero, a volte lasciato solo dal suo stesso partito. In un contesto cosi propizio, si cementò con Natali una solidarietà, una comunanza di analisi, una complicità cui non era estranea la comune origine abruzzese, che mi portava a salutarlo in dialetto. Una sintonia che vista dall’esterno poteva apparire singolare, fra un “cavallo di razza” democristiano, come allora venivano chiamati gli uomini di punta della Dc, e un radicale come il sottoscritto. Tutto sembrava separarci: Natali con il suo agire a volte felpato, la sua prudenza, la sua operosità non ostentata, la sua convinzione che il procedere per piccoli passi fosse spesso la migliore ricetta per far progredire la causa europea – causa che pure ci univa; e io che davo l’impressione di essere tutto l’opposto: irruento, sanguigno, appassionato, dando letteralmente “corpo” alle battaglie che conducevo in Europa e in Italia, convinto che “domandare l’impossibile” fosse prova di grande realismo (e ne sono convinto tuttora) e potesse facilitare peraltro quei “piccoli passi” cari a Natali – e naturalmente anche a me. Il nostro vero incontro, come dicevo prima, si è realizzato con l’ultimo “portafoglio” europeo di Lorenzo Natali, negli anni 85-89, quello di responsabile della politica con i paesi in via di sviluppo, segnatamente con i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico membri della “Convenzione di Lomé”, che garantiva loro un rapporto privilegiato con l’Europa. Io come membro assiduo della Commissione sviluppo del Parlamento europeo, nonché dell’Assemblea parlamentare che riuniva i deputati dei paesi associati con i parlamentari europei, lui come interlocutore istituzionale privilegiato di questi due organismi. Il suo predecessore, Edgard Pisani, aveva reagito con un atteggiamento di sufficienza alla nostra battaglia, finalizzata a ottenere un aumento significativo delle risorse destinate a sconfiggere fame e malnutrizione nell’Africa sub-sahariana; e a proclamare un vero e proprio “diritto di ingerenza umanitaria” – battaglia peraltro condivisa dalla maggioranza assoluta dei membri del Pe. Pisani aveva risposto con vaghe promesse e con una proposta irrisoria di aumento del bilancio comunitario. Natali invece prese la cosa con ben altro impegno e con lui si sviluppò un dialogo che caratterizzò tutta la legislatura. Per la prima volta i diritti umani, l’aiuto diretto alle popolazioni senza passare necessariamente per i governi, l’importanza di promuovere una cultura democratica presso i nostri interlocutori e altro ancora, divennero oggetto di discussione e di riflessione, direzione di marcia, obiettivi certi. Molti sviluppi futuri della politica dell’Unione in materia, dalla nascita di Echo – la struttu-

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peo per “c<strong>in</strong>que milioni di vivi subito”, che chiedeva un impegno straord<strong>in</strong>ario dell’<strong>Europa</strong><br />

e dei suoi Stati membri e che portò, nel 1985, all’adozione <strong>in</strong> Italia della<br />

“Legge Piccoli”, con la creazione di un Fondo straord<strong>in</strong>ario gestito dal Dipartimento<br />

per la cooperazione allo sviluppo.<br />

Per quanto riguarda il secondo ambito, erano gli anni dell’approvazione del “progetto<br />

Sp<strong>in</strong>elli”, quel Progetto di Trattato per un’Unione europea a forte impronta federale,<br />

sul quale noi radicali eravamo schierati <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea accanto ad Altiero, a<br />

volte lasciato solo dal suo stesso partito.<br />

In un contesto cosi propizio, si cementò con <strong>Natali</strong> una solidarietà, una comunanza<br />

di analisi, una complicità cui non era estranea la comune orig<strong>in</strong>e abruzzese, che mi<br />

portava a salutarlo <strong>in</strong> dialetto. Una s<strong>in</strong>tonia che vista dall’esterno poteva apparire<br />

s<strong>in</strong>golare, fra un “cavallo di razza” democristiano, come allora venivano chiamati gli<br />

uom<strong>in</strong>i di punta della Dc, e un radicale come il sottoscritto.<br />

Tutto sembrava separarci: <strong>Natali</strong> con il suo agire a volte felpato, la sua prudenza,<br />

la sua operosità non ostentata, la sua conv<strong>in</strong>zione che il procedere per piccoli passi<br />

fosse spesso la migliore ricetta per far progredire la causa europea – causa che pure<br />

ci univa; e io che davo l’impressione di essere tutto l’opposto: irruento, sanguigno,<br />

appassionato, dando letteralmente “corpo” alle battaglie che conducevo <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> e<br />

<strong>in</strong> Italia, conv<strong>in</strong>to che “domandare l’impossibile” fosse prova di grande realismo (e<br />

ne sono conv<strong>in</strong>to tuttora) e potesse facilitare peraltro quei “piccoli passi” cari a <strong>Natali</strong><br />

– e naturalmente anche a me.<br />

Il nostro vero <strong>in</strong>contro, come dicevo prima, si è realizzato con l’ultimo “portafoglio”<br />

europeo di <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong>, negli anni 85-89, quello di responsabile della politica<br />

con i paesi <strong>in</strong> via di sviluppo, segnatamente con i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico<br />

membri della “Convenzione di Lomé”, che garantiva loro un rapporto privilegiato<br />

con l’<strong>Europa</strong>. Io come membro assiduo della Commissione sviluppo del Parlamento<br />

europeo, nonché dell’Assemblea parlamentare che riuniva i deputati dei paesi<br />

associati con i parlamentari europei, lui come <strong>in</strong>terlocutore istituzionale privilegiato<br />

di questi due organismi.<br />

Il suo predecessore, Edgard Pisani, aveva reagito con un atteggiamento di sufficienza<br />

alla nostra battaglia, f<strong>in</strong>alizzata a ottenere un aumento significativo delle risorse<br />

dest<strong>in</strong>ate a sconfiggere fame e malnutrizione nell’Africa sub-sahariana; e a proclamare<br />

un vero e proprio “diritto di <strong>in</strong>gerenza umanitaria” – battaglia peraltro condivisa<br />

dalla maggioranza assoluta dei membri del Pe. Pisani aveva risposto con vaghe<br />

promesse e con una proposta irrisoria di aumento del bilancio comunitario.<br />

<strong>Natali</strong> <strong>in</strong>vece prese la cosa con ben altro impegno e con lui si sviluppò un dialogo<br />

che caratterizzò tutta la legislatura. Per la prima volta i diritti umani, l’aiuto diretto<br />

alle popolazioni senza passare necessariamente per i governi, l’importanza di promuovere<br />

una cultura democratica presso i nostri <strong>in</strong>terlocutori e altro ancora, divennero<br />

oggetto di discussione e di riflessione, direzione di marcia, obiettivi certi. Molti<br />

sviluppi futuri della politica dell’Unione <strong>in</strong> materia, dalla nascita di Echo – la struttu-

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