Lorenzo Natali in Europa

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30.05.2013 Views

71 Se Natali è gradualmente diventato un uomo importante nella Commissione, già nel corso del primo mandato (Chevallard ricorda il lusinghiero articolo sull’Economist che nel 1980 lo definiva uomo forte della Commissione) è stato certamente durante il terzo mandato – con Delors – che è diventato il vero punto di equilibrio della Commissione stessa. L’esperienza acquisita, il rapporto di fiducia con Delors, la passione per la causa dell’Europa gli consentirono un ruolo indispensabile nella Commissione. Perché le Istituzioni sono fatte di uomini e possono funzionare se gli uomini che ne fanno parte si intendono fra di loro. Fu, del resto, quel periodo 1985- 1988 quello di maggior successo per l’integrazione europea. La positiva conclusione dei negoziati per l’allargamento alla Spagna e al Portogallo dette slancio politico alla costruzione europea, permise al Consiglio di Milano, la convocazione della prima Conferenza Intergovernativa dalla firma dei Trattati di Roma, la messa a punto in pochi mesi dell’Atto Unico che, con l’obiettivo del mercato interno, poneva le basi dei successivi sviluppi verso la moneta unica ed i progressi verso l’Unione Politica. Nel terzo mandato, Natali assunse anche l’importante incarico della Cooperazione allo sviluppo, che dagli originari paesi africani, comprendeva oltre sessanta paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. La conclusione dei negoziati di adesione della Spagna e del Portogallo nel primo semestre 1985 era stato essenzialmente un affare tra Stati membri e si tradusse in uno straordinario successo della Presidenza italiana, sotto l’occhio benevolo della Commissione. Natali vi aveva contribuito nei lunghi anni del negoziato (iniziato nel 1977) con la sua appassionata azione nelle regioni più direttamente coinvolte dalla prospettiva dell’ampliamento con aspettative e interessi diversi – soprattutto nella Francia meridionale e in Spagna. La calorosa testimonianza di Manolo Marin ne è una prova eloquente. Ma aveva presenti le preoccupazioni – soprattutto agricole – di altre popolazioni della Comunità (i Programmi integrati mediterranei nacquero a questo scopo) e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Questa azione rese in definitiva possibile il successo finale del negoziato nel 1985. Nella politica per la cooperazione allo sviluppo, con l’autorità ormai acquisita nella Commissione e nella Comunità, poté lanciare delle iniziative anticipatrici, rispetto alle maggiori organizzazioni internazionali, come la lotta all’Aids, l’incoraggiamento al controllo delle nascite e l’aiuto al bilancio, come strumento di cooperazione. Lucio Guerrato illustra bene nel suo contributo questa parte molto importante – ed ancora attuale – dell’azione di Natali a Bruxelles. Ma vi era un altro aspetto della sua attività per la cooperazione allo sviluppo che mi aveva colpito: la sua familiarità con i leader politici dei paesi Acp. Ricordo un episodio significativo, mi pare del 1987. A margine di un Consiglio Cee-Acp, durante un ricevimento, Dieter Frisch, solido Direttore generale della Cooperazione – che pure aveva avuto qualche attrito col commissario – volle dirmi con insolito slancio per un tedesco molto misurato e controllato con i diplomatici: “ho avuto commissa-

72 ri di grande qualità e personalità politica (il riferimento era a Claude Cheysson e a Edgard Pisani), ma nessuno è riuscito a stabilire un clima di fiducia con i governi Acp come Natali. Natali è una carta vincente per la Comunità e se, mi consente di dirlo, per l’Italia”. Guardando i leaders Acp affollarsi intorno a Lorenzo Natali, avevo la conferma dell’esattezza del giudizio di Frisch. Erano la sua semplicità, la sua bonarietà ad ispirare simpatia e fiducia. Riflettevo come un uomo politico italiano – senza particolare esperienza internazionale – era riuscito a trovare, trapiantato a Bruxelles, un’autentica dimensione internazionale. L’aveva certamente aiutato la collaborazione di un diplomatico di carriera – Paolo Pensa – rimasto al suo fianco, come Capo di Gabinetto, per i dodici anni dei tre mandati senza mai cercare di “giocare in proprio”, riservato e leale, ma vi era soprattutto la natura dell’uomo, che aveva voglia di capire e di fare, come dovrebbe essere il vero ruolo dell’uomo politico. E nella missione a Bruxelles, Natali non aveva l’irrequietezza di tanti politici che pensano al “dopo” perché credeva ed amava quello che faceva – ho percepito rapidamente questo suo stato d’animo. Col passare degli anni, era sempre più fiero dei risultati ottenuti e dei riconoscimenti che riceveva, ma non se ne vantava. Quando apparve chiaro che una quarta riconferma era difficile – malgrado l’insistenza di Delors – il suo cruccio principale era che in Italia non ci si fosse resi conto del ruolo che egli aveva ormai nella Commissione e nelle relazioni internazionali della Comunità. Il nostro bel paese è spesso distratto, ma c’erano più banali ragioni politiche per ipotizzare l’avvicendamento. Il male aveva cominciato a tormentarlo – ricordo che non poté venire al Consiglio europeo di Rodi, sotto Presidenza greca, nell’ottobre 1988. E Jacques Delors non lo sostituì con un altro commissario, presentandosi solo alla riunione, con un gesto di amicizia e riguardo nei suoi confronti. Ebbi modo di spiegare il gesto di Delors a Ciriaco De Mita, allora presidente del Consiglio e presente a Rodi con Andreotti. Dopo la dolorosa e immatura scomparsa, i riconoscimenti furono tanti; compreso quello di Giulio Andreotti, allora presidente del Consiglio, alla cerimonia di Bruxelles, un anno dopo la scomparsa. L’iniziativa, dettata da affetto familiare, della moglie Paola e delle figlie Maria Francesca e Elena, ha dimostrato, a distanza di venti anni, come il suo ricordo sia particolarmente vivo tra colleghi, collaboratori, giornalisti, tra tutti coloro che lo hanno conosciuto, e in particolare nelle Istituzioni europee. Tutti si erano resi conto del ruolo di Lorenzo Natali in Europa e lo testimoniano spontaneamente e con amicizia, anche a venti anni dalla scomparsa.

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Se <strong>Natali</strong> è gradualmente diventato un uomo importante nella Commissione, già<br />

nel corso del primo mandato (Chevallard ricorda il lus<strong>in</strong>ghiero articolo sull’Economist<br />

che nel 1980 lo def<strong>in</strong>iva uomo forte della Commissione) è stato certamente durante<br />

il terzo mandato – con Delors – che è diventato il vero punto di equilibrio della<br />

Commissione stessa. L’esperienza acquisita, il rapporto di fiducia con Delors, la<br />

passione per la causa dell’<strong>Europa</strong> gli consentirono un ruolo <strong>in</strong>dispensabile nella<br />

Commissione. Perché le Istituzioni sono fatte di uom<strong>in</strong>i e possono funzionare se gli<br />

uom<strong>in</strong>i che ne fanno parte si <strong>in</strong>tendono fra di loro. Fu, del resto, quel periodo 1985-<br />

1988 quello di maggior successo per l’<strong>in</strong>tegrazione europea. La positiva conclusione<br />

dei negoziati per l’allargamento alla Spagna e al Portogallo dette slancio politico alla<br />

costruzione europea, permise al Consiglio di Milano, la convocazione della prima<br />

Conferenza Intergovernativa dalla firma dei Trattati di Roma, la messa a punto <strong>in</strong> pochi<br />

mesi dell’Atto Unico che, con l’obiettivo del mercato <strong>in</strong>terno, poneva le basi dei<br />

successivi sviluppi verso la moneta unica ed i progressi verso l’Unione Politica.<br />

Nel terzo mandato, <strong>Natali</strong> assunse anche l’importante <strong>in</strong>carico della Cooperazione<br />

allo sviluppo, che dagli orig<strong>in</strong>ari paesi africani, comprendeva oltre sessanta paesi<br />

dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.<br />

La conclusione dei negoziati di adesione della Spagna e del Portogallo nel primo<br />

semestre 1985 era stato essenzialmente un affare tra Stati membri e si tradusse <strong>in</strong> uno<br />

straord<strong>in</strong>ario successo della Presidenza italiana, sotto l’occhio benevolo della Commissione.<br />

<strong>Natali</strong> vi aveva contribuito nei lunghi anni del negoziato (<strong>in</strong>iziato nel 1977)<br />

con la sua appassionata azione nelle regioni più direttamente co<strong>in</strong>volte dalla prospettiva<br />

dell’ampliamento con aspettative e <strong>in</strong>teressi diversi – soprattutto nella Francia<br />

meridionale e <strong>in</strong> Spagna. La calorosa testimonianza di Manolo Mar<strong>in</strong> ne è una prova<br />

eloquente. Ma aveva presenti le preoccupazioni – soprattutto agricole – di altre popolazioni<br />

della Comunità (i Programmi <strong>in</strong>tegrati mediterranei nacquero a questo<br />

scopo) e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Questa azione rese <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva<br />

possibile il successo f<strong>in</strong>ale del negoziato nel 1985.<br />

Nella politica per la cooperazione allo sviluppo, con l’autorità ormai acquisita<br />

nella Commissione e nella Comunità, poté lanciare delle <strong>in</strong>iziative anticipatrici, rispetto<br />

alle maggiori organizzazioni <strong>in</strong>ternazionali, come la lotta all’Aids, l’<strong>in</strong>coraggiamento<br />

al controllo delle nascite e l’aiuto al bilancio, come strumento di cooperazione.<br />

Lucio Guerrato illustra bene nel suo contributo questa parte molto importante –<br />

ed ancora attuale – dell’azione di <strong>Natali</strong> a Bruxelles.<br />

Ma vi era un altro aspetto della sua attività per la cooperazione allo sviluppo che<br />

mi aveva colpito: la sua familiarità con i leader politici dei paesi Acp. Ricordo un episodio<br />

significativo, mi pare del 1987. A marg<strong>in</strong>e di un Consiglio Cee-Acp, durante<br />

un ricevimento, Dieter Frisch, solido Direttore generale della Cooperazione – che<br />

pure aveva avuto qualche attrito col commissario – volle dirmi con <strong>in</strong>solito slancio<br />

per un tedesco molto misurato e controllato con i diplomatici: “ho avuto commissa-

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