Lorenzo Natali in Europa

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30.05.2013 Views

61 nere le buone relazioni con Madrid e Lisbona in un ambiente politico impossibile. La frustrazione causata dalla posizione francese rendeva molto difficili i contatti. Giscard perse la presidenza e vinse Mitterand. A sua volta Felipe Gonzalez riuscì a vincere le elezioni legislative del 1982 e in poche ore venni nominato Segretario di Stato per le trattative di adesione alle Comunità europee. Un titolo così lungo che sembrava appropriato per un cugino dello zar di Russia. Durante i tre anni successivi ebbi una relazione continua con Lorenzo. Litigammo molte volte, ci riconciliammo molte di più e devo ammettere che Lorenzo, con la sua infinita pazienza, dominava i miei impeti giovanili. Anche le cene che mi offriva nel suo bell’appartamento nei pressi del Bois de Lacambre; allora parlava già lo spagnolo e mi ripeteva sempre: “Manolo, questa è una questione di pazienza”. Ma in quegli anni io avevo un problema, ero impaziente. In effetti fu una questione di pazienza e di visione storica. Poco a poco, passo per passo, compromesso dopo compromesso, si riuscì a superare le difficoltà e nel giugno del 1985 firmammo a Madrid il Trattato di Adesione. Il primo di gennaio del 1986 entrai a fare parte della Commissione europea come commissario responsabile degli Affari sociali, Educazione e Sanità. Jacques Delors era il presidente; Lorenzo il vicepresidente più anziano. Io il più giovane. Mi fecero sedere accanto a loro. La Commissione europea è un mondo assai particolare che comporta per chi vi è appena giunto, di scoprire la vita interna di un’istituzione sui generis. Io pensavo che la mia esperienza come Segretario di Stato sarebbe stata sufficiente per capire rapidamente i suoi misteri più intimi. Ma non fu così. Mi costò molto adattarmi e, ancora una volta, l’aiuto di Lorenzo fu inestimabile. Furono tempi straordinari. La costruzione europea avanzava. Il Mercato unico, l’Unione economica e monetaria si consolidarono definitivamente. Vivemmo momenti drammatici la notte dell’esplosione nucleare di Chernobyl; la caduta del muro di Berlino; il collasso dell’Unione Sovietica; le crisi finanziarie e le svalutazioni; le riforme delle politiche comuni. Tutto si svolse molto velocemente. Sembrava che non potesse accadere niente di nuovo, che tutto fosse sotto controllo e d’improvviso si presentava un nuovo sorprendente evento. Ricordo un’attività febbrile, un grande impegno. Arrivare presto al Berlaymont e tornare a casa quando le mie bambine già dormivano. Seduto accanto a Lorenzo, mi colpiva sempre la sua capacità di intervenire al momento giusto, cercando sempre la formula di compromesso, egli riteneva che il compromesso, il patto, la transazione fossero la vita stessa della Commissione europea. Indubbiamente la sua esperienza nella politica italiana e i posti ministeriali che aveva ricoperto a Roma, lo avevano preparato a questa funzione. Lorenzo mi portò nell’Africa nera per la prima volta in vita mia. Era responsabile della Convenzione degli Acp, della politica di cooperazione allo sviluppo dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Il suo impegno nella lotta contro la povertà era

62 costante. Gli era chiaro che le infrastrutture e lo sviluppo rurale erano due punti di riferimento fondamentali per riuscire a dare una speranza a tutto un continente che subiva l’eredità coloniale e soprattutto era stato lo scenario del confronto tra i due blocchi che caratterizzarono la guerra fredda. Un giorno mi chiamò nel suo ufficio e mi disse: “Manolo non mi sento bene. Ti chiedo un favore. Voglio che tu vada in Botswana e al Sadecc a nome mio”. Ci andai e per la prima volta conobbi l’immensità del continente nero. Sono sempre stato un divoratore del National Geographic, ma alcuni giorni nel deserto del Kalahari e sul delta dell’Okavango mi mostrarono la bellezza e insieme la durezza delle condizioni di vita di quella gente. Il tempo trascorreva e dato che ero sempre seduto accanto a lui, cominciai a rendermi conto che non si sentiva bene. Un giorno me lo confermò confessando che spesso soffriva durante le sedute della Commissione perché aveva la febbre molto alta. Non si lamentò mai e resse fino alla fine del suo mandato. L’ultima volta che ci vedemmo fu all’ospedale Erasmus. Era appena stato operato. Era ottimista. Mi abbracciò. Già sapeva che il nuovo commissario per la Cooperazione allo Sviluppo sarei stato io. “Manolo, l’erede”. Sì. Nella nuova distribuzione dei portafogli della Commissione, Jacques Delors mi suggerì di portare a termine le trattative per il rinnovo della Convenzione di Lomé che Lorenzo aveva iniziato. Accettai. Gli anni successivi furono felici. Lucio Guerrato si trasferì nel mio Gabinetto. Mi aiutò molto. Dicemmo addio a Lorenzo nella piazza Grande dell’Aquila. C’era Giulio Andreotti, primo ministro. Jacques Delors pronunciò brevi parole: “Lorenzo non ti dimenticheremo mai”. Non lo abbiamo dimenticato.

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nere le buone relazioni con Madrid e Lisbona <strong>in</strong> un ambiente politico impossibile. La<br />

frustrazione causata dalla posizione francese rendeva molto difficili i contatti.<br />

Giscard perse la presidenza e v<strong>in</strong>se Mitterand. A sua volta Felipe Gonzalez riuscì<br />

a v<strong>in</strong>cere le elezioni legislative del 1982 e <strong>in</strong> poche ore venni nom<strong>in</strong>ato Segretario di<br />

Stato per le trattative di adesione alle Comunità europee. Un titolo così lungo che<br />

sembrava appropriato per un cug<strong>in</strong>o dello zar di Russia.<br />

Durante i tre anni successivi ebbi una relazione cont<strong>in</strong>ua con <strong>Lorenzo</strong>. Litigammo<br />

molte volte, ci riconciliammo molte di più e devo ammettere che <strong>Lorenzo</strong>, con la<br />

sua <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita pazienza, dom<strong>in</strong>ava i miei impeti giovanili. Anche le cene che mi offriva<br />

nel suo bell’appartamento nei pressi del Bois de Lacambre; allora parlava già lo spagnolo<br />

e mi ripeteva sempre: “Manolo, questa è una questione di pazienza”. Ma <strong>in</strong><br />

quegli anni io avevo un problema, ero impaziente.<br />

In effetti fu una questione di pazienza e di visione storica. Poco a poco, passo per<br />

passo, compromesso dopo compromesso, si riuscì a superare le difficoltà e nel giugno<br />

del 1985 firmammo a Madrid il Trattato di Adesione. Il primo di gennaio del<br />

1986 entrai a fare parte della Commissione europea come commissario responsabile<br />

degli Affari sociali, Educazione e Sanità. Jacques Delors era il presidente; <strong>Lorenzo</strong> il<br />

vicepresidente più anziano. Io il più giovane. Mi fecero sedere accanto a loro.<br />

La Commissione europea è un mondo assai particolare che comporta per chi vi è<br />

appena giunto, di scoprire la vita <strong>in</strong>terna di un’istituzione sui generis. Io pensavo che<br />

la mia esperienza come Segretario di Stato sarebbe stata sufficiente per capire rapidamente<br />

i suoi misteri più <strong>in</strong>timi. Ma non fu così. Mi costò molto adattarmi e, ancora<br />

una volta, l’aiuto di <strong>Lorenzo</strong> fu <strong>in</strong>estimabile.<br />

Furono tempi straord<strong>in</strong>ari. La costruzione europea avanzava. Il Mercato unico,<br />

l’Unione economica e monetaria si consolidarono def<strong>in</strong>itivamente. Vivemmo momenti<br />

drammatici la notte dell’esplosione nucleare di Chernobyl; la caduta del muro<br />

di Berl<strong>in</strong>o; il collasso dell’Unione Sovietica; le crisi f<strong>in</strong>anziarie e le svalutazioni; le riforme<br />

delle politiche comuni.<br />

Tutto si svolse molto velocemente. Sembrava che non potesse accadere niente di<br />

nuovo, che tutto fosse sotto controllo e d’improvviso si presentava un nuovo sorprendente<br />

evento. Ricordo un’attività febbrile, un grande impegno. Arrivare presto<br />

al Berlaymont e tornare a casa quando le mie bamb<strong>in</strong>e già dormivano.<br />

Seduto accanto a <strong>Lorenzo</strong>, mi colpiva sempre la sua capacità di <strong>in</strong>tervenire al momento<br />

giusto, cercando sempre la formula di compromesso, egli riteneva che il compromesso,<br />

il patto, la transazione fossero la vita stessa della Commissione europea.<br />

Indubbiamente la sua esperienza nella politica italiana e i posti m<strong>in</strong>isteriali che aveva<br />

ricoperto a Roma, lo avevano preparato a questa funzione.<br />

<strong>Lorenzo</strong> mi portò nell’Africa nera per la prima volta <strong>in</strong> vita mia. Era responsabile<br />

della Convenzione degli Acp, della politica di cooperazione allo sviluppo dei paesi<br />

dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Il suo impegno nella lotta contro la povertà era

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