Lorenzo Natali in Europa
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L’<strong>in</strong>tervista con il nuovo vice-capo di Gab<strong>in</strong>etto fu brevissima. L’onorevole <strong>Natali</strong>,<br />
mi disse, è una persona molto severa, un gran lavoratore, corretto, <strong>in</strong>faticabile, con<br />
lui non si scherza. Se lei pensa di non sapere tenere il ritmo può chiedere di rientrare<br />
alla direzione generale di sua provenienza.<br />
Avevo due bamb<strong>in</strong>i piccoli, ma mi ero organizzata nel mio privato <strong>in</strong> modo da<br />
non essere mai assente, <strong>in</strong> modo da non rispondere mai di no alle chiamate improvvise<br />
per missioni (le ore straord<strong>in</strong>arie facevano parte del mio ord<strong>in</strong>ario e qu<strong>in</strong>di non<br />
le consideravo nemmeno) e il mio rapporto di servizio era ottimo. Pensai, qu<strong>in</strong>di, che<br />
qualcosa non fosse stato giudicato “conforme” e che la scelta per l’assistente di Gab<strong>in</strong>etto<br />
fosse caduta su un’ altra persona.<br />
Decisi perciò di abbandonare il lavoro che amavo moltissimo (di fatto, lo avrei<br />
poi conservato tutta la mia vita). Chiesi solo di <strong>in</strong>contrare l’onorevole <strong>Natali</strong> per conoscerlo<br />
e r<strong>in</strong>graziarlo se non altro dell’attenzione prestata al mio nome. Con mia<br />
grande sorpresa mi trovai di fronte a una persona che s’era dato la pena di leggere il<br />
mio curriculum, anche se io non ero e non sono mai stata un personaggio importante<br />
o portante: sapeva tutto di me.<br />
Con una gentilezza straord<strong>in</strong>aria mi chiese di parlargli dei miei due figli. Ricordo<br />
che gli dissi: “Mi sento come Cornelia, la madre dei Gracchi: ho due ‘gioielli’. Lui rispose:<br />
“Già!, non si parla mai di un Cornelio padre dei Gracchi, ma anch’io ho due<br />
gioielli, due bimbe: Maria Francesca ed Elena!”. E aggiunse: “Lei cont<strong>in</strong>uerà ad occuparsi<br />
dei tre settori, per me importantissimi, che ha avuto nel passato. Aiutiamo<br />
l’Italia facendo conoscere bene le regole ed evitando le ‘bacchettate’ ricevute f<strong>in</strong> qui.<br />
La mia porta è aperta, sempre”.<br />
Abbassò gli occhiali sulla punta del naso. Fece un sorrisetto sotto i baffi. Mi consegnò<br />
un enorme pacco di lettere di congratulazioni e di auguri: a molte, aveva già<br />
preparato la risposta, il che mi servì per conoscere il suo stile e potermi adeguare.<br />
Imparai ad usare i suoi aggettivi, quelli della cortesia vera, s<strong>in</strong>cera, della gentilezza<br />
sentita che non avrebbe escluso mai niente e nessuno, la pedagogia della speranza,<br />
quella – direi – del f<strong>in</strong>e negoziatore.<br />
Quando cambiava un testo, perché evidentemente non era di suo gradimento,<br />
non esprimeva mai un duro giudizio negativo, cercava di trovare un modo per lodare<br />
la velocità di preparazione o la precisione dei riferimenti e poi diceva “suvvia, suvvia,<br />
qui si cambia…!”<br />
Il mio ricordo va certamente alla competenza, all’attaccamento e all’impegno al servizio<br />
dell’idea europea, al valore ideologico per la sua l’Italia, per il suo Abruzzo, ma anche<br />
alla sua vita di tutti i giorni. Da pochi anni la Commissione disponeva di una vera e propria<br />
Amm<strong>in</strong>istrazione. Il lavoro di Gab<strong>in</strong>etto si svolgeva ad un ritmo forsennato. I servizi<br />
preparavano lunghissimi ord<strong>in</strong>i del giorno. Le riunioni settimanali dei capi Gab<strong>in</strong>etto<br />
servivano a separare le questioni che potevano trovare immediatamente un accordo<br />
“consensuale” da quelle che dovevano poi essere trattate dai membri della Commissione.