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Lorenzo Natali in Europa

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rilevante perché non ci fosse alcuna ambiguità. Raccontai i miei rapporti con la Spagna<br />

(ero stato per anni il segretario della commissione mista tra questo paese e la Comunità<br />

europea che gestiva un accordo commerciale solo tecnico con l’obiettivo di<br />

tenere aperto il dialogo senza nessuna compromissione politica con l’allora governo<br />

(franchista). Aggiunsi che nei miei viaggi a Madrid, dopo gli <strong>in</strong>contri ufficiali, vedevo<br />

rappresentanti del paese reale. Alcuni di questi furono <strong>in</strong>vitati, con precauzioni<br />

estreme, nelle sedi delle Istituzioni europee. Alcuni commissari, il Segretario generale<br />

Emile Noel ed alti funzionari erano al corrente di questo dialogo alternativo che<br />

sarebbe stato estremamente utile nel futuro.<br />

A Madrid ci riunivamo <strong>in</strong> un appartamento della Gran Via, sotto la veste di una<br />

organizzazione europeistica, con personalità che andavano dalla destra monarchica<br />

alle s<strong>in</strong>istre passando per la democrazia cristiana e i movimenti regionalisti. E non<br />

era quell’acronimo europeo una facciata per coprire i movimenti di opposizione al<br />

franchismo. Per loro era, <strong>in</strong> realtà, la stessa cosa essere democratici ed essere europei.<br />

Un giorno, dopo una riunione ufficiale presieduta dal m<strong>in</strong>istro franchista e dell’Opus<br />

Dei Lopez Bravo, lasciai all’albergo la nostra delegazione per andare al solito<br />

appuntamento al centro di Madrid. Ma alla porta c’erano due “guardia civiles” e io feci<br />

rapidamente dietro-front. A quei tempi non c’era da scherzare. Da quel giorno fu<br />

molto difficile <strong>in</strong>contrarsi, alcuni amici erano stati arrestati, nei locali pubblici non dovevamo<br />

essere più di tre e anche <strong>in</strong> privato non potevamo essere troppo numerosi.<br />

Mentre parlavo <strong>Lorenzo</strong> mi guardava un po’ di traverso, come per studiarmi meglio.<br />

E mi chiese a bruciapelo “Perché vuoi andare a Madrid?” “Per dare qualcosa, se<br />

posso, all’<strong>Europa</strong> e alla Spagna. E alla democrazia” risposi, arrogante, quasi senza<br />

pensare. “Anch’io la penso così” fu la sua risposta e tutto f<strong>in</strong>ì lì. Pochi giorni dopo mi<br />

propose alla Commissione, che accettò, come avamposto <strong>in</strong> un paese che viveva una<br />

difficile transizione dal franchismo alla democrazia. Questo era l’uomo <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong>,<br />

spirito <strong>in</strong>dipendente, che ha <strong>in</strong>fluenzato durante 12 anni l’attività della Commissione<br />

europea f<strong>in</strong>o a diventare braccio destro e anima politica del presidente Delors.<br />

La battaglia per Madrid<br />

Tutto sembrava andare per il meglio. Avevo completato con successo la missione<br />

<strong>in</strong> Turchia durata c<strong>in</strong>que anni. Avevo aperto la nostra prima rappresentanza <strong>in</strong> un<br />

paese complesso, a cavallo tra due cont<strong>in</strong>enti e legato a noi da un accordo d’Associazione.<br />

Stavo per fare le valige quando Paolo Pensa, capo di Gab<strong>in</strong>etto, consigliere e<br />

ombra di <strong>Lorenzo</strong> <strong>Natali</strong>, mi telefonò con aria grave “ci sono grosse difficoltà per<br />

Madrid, il governo si oppone alla tua nom<strong>in</strong>a, lo ha comunicato il m<strong>in</strong>istro per gli affari<br />

europei Calvo Sotelo”. I miei sogni sembrarono morire all’alba. Poi <strong>in</strong>tervenne<br />

<strong>Natali</strong> e mi disse di dare tempo al tempo e lasciarlo lavorare sotto traccia. E concluse<br />

sornione “Non vogliono il candidato che abbiamo scelto, ma <strong>in</strong>sistono perché si<br />

aprano subito i negoziati di adesione. Tutto ciò mi sembra contradditorio”.

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