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Cantiamo in italiano? - operaitalianetwork.org

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<strong>Cantiamo</strong> <strong>in</strong> <strong>italiano</strong>?<br />

A s s o c i a z i o n e M u s i c a l e<br />

“ A l f r e d o S t r a d a ”<br />

V i a L e o n a r d o d a V i n c i , 5<br />

2 4 0 4 0 M i s a n o G e r a d ’ A d d a ( B G )<br />

0<br />

1 7 / 1 1 / 2 0 1 2<br />

I T A L I A<br />

Simone Angippi<br />

Questo breve saggio vuole essere di supporto pratico per<br />

tutti quelli che, allievi o professionisti, vogliono avvic<strong>in</strong>ar-<br />

si al canto classico <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua italiana. La prospettiva dalla<br />

quale lo esam<strong>in</strong>eremo è quella della parola da cantare e<br />

del testo poetico <strong>in</strong> musica. I suoni della l<strong>in</strong>gua stessa, i<br />

suoi accenti e la direzione della frase alla luce della prati-<br />

ca belcantistica della “messa di voce”, diventano elemen-<br />

ti fondamentali nella costruzione di una prima e imme-<br />

diata idea <strong>in</strong>terpretativa. In un momento storico artistico<br />

dove sono proprio le idee a mancare, dove prevale la<br />

confusione e la crisi della didattica produce un <strong>in</strong>arresta-<br />

bile dilettantismo dilagante, questo scritto si sforza di<br />

presentare un approccio semplice, chiaro e, spero, utile.


CANTIAMO IN ITALIANO?<br />

ORIENTAMENTO AL CANTO IN LINGUA E STILE ITALIANO PER ARTISTI LIRICI


SOMMARIO<br />

Introduzione ....................................................................................................................................................................... 2<br />

Esaltare i diversi colori delle vocali ..................................................................................................................................... 3<br />

Gli accenti della parola e la “messa di voce” ...................................................................................................................... 8<br />

L’espressività del raddoppio consonantico e l’assurdo della vocalizzazione delle consonanti ........................................ 11<br />

Questionario: so cantare? ................................................................................................................................................ 13<br />

Appendice ......................................................................................................................................................................... 15<br />

La "E" aperta - La "E" chiusa ......................................................................................................................................... 15<br />

La "O" aperta - La "O" chiusa ........................................................................................................................................ 18<br />

1


INTRODUZIONE<br />

L’Italia è la patria del melodramma che convenzionalmente è fatto nascere nel sedicesimo<br />

secolo a Firenze presso il circolo culturale del conte Giovanni Bardi, detto “camerata fioren-<br />

t<strong>in</strong>a”. Le caratteristiche della l<strong>in</strong>gua italiana sono tali da renderla particolarmente adatta al<br />

canto e alla recitazione.<br />

Alcune di queste caratteristiche sono:<br />

2<br />

si legge e canta esattamente così come è scritta,<br />

manca di vocali miste e suoni <strong>in</strong>tervocalici (come ad esempio ö ed ü),<br />

perlopiù le parole term<strong>in</strong>ano con una vocale,<br />

è costituita da una maggioranza di parole dal colore chiaro (per la maggiore pre-<br />

senza di vocali chiare o aperte nella formazione delle stesse),<br />

è perlopiù costituita da parole con accento cosiddetto “piano” (sulla penultima sil-<br />

laba),<br />

ha una notevole libertà di s<strong>in</strong>tassi nella costruzione di frasi e periodi.<br />

Poiché il melodramma nasce proprio come “recitar cantando”, dobbiamo tenere sempre<br />

ben presente come, nel cantare <strong>in</strong> <strong>italiano</strong>, sia importante curare la parola e il testo poetico<br />

non solo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di pronuncia e comprensibilità generale ma, anche e soprattutto, <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i di colori vocalici, accentuazioni di parole e direzione di frasi musicali (quello che, nel<br />

canto, si chiama generalmente “fraseggio”). Questo vale per il cantare tanto i recitativi, arie<br />

e cabalette, quanto le forme aperte o <strong>in</strong> divenire tardo romantiche.<br />

Per correggere <strong>in</strong> modo efficace il nostro cantare <strong>in</strong> <strong>italiano</strong> considereremo qu<strong>in</strong>di:<br />

i sette colori vocalici e le consonanti,<br />

i tre accenti, la sillabazione e l’andamento della frase poetica <strong>in</strong> musica,<br />

l’espediente del raddoppio consonantico con funzione espressiva.<br />

Sebbene questo scritto non debba essere considerato né un trattato di l<strong>in</strong>guistica e nem-<br />

meno un succedaneo alla tecnica di canto, mi auguro che possa essere una buona mappa<br />

per orientare coloro che, anche non essendo italiani madrel<strong>in</strong>gua, aspirano a diventare, a<br />

vari livelli, dei buoni <strong>in</strong>terpreti di questo vastissimo repertorio.<br />

Simone Angippi


ESALTARE I DIVERSI COLORI DELLE VOCALI<br />

Penso sia chiaro a tutti come il canto <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua italiana si appoggi sulle vocali. Per questa ra-<br />

gione è fondamentale <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare a conoscerne bene i colori che <strong>in</strong> <strong>italiano</strong> sono sette e<br />

vanno saputi cantare correttamente su tutta l’estensione della voce.<br />

Iscriviamo qu<strong>in</strong>di i sette suoni vocalici <strong>in</strong> un cerchio ideale (figura 1) per rappresentare co-<br />

me, percorrendolo <strong>in</strong> senso orario o anche antiorario, si possa gradualmente passare da un<br />

suono all’altro e da una posizione fonatoria all’altra.<br />

FIGURA 1<br />

I sette suoni vocalici nella l<strong>in</strong>gua italiana, qu<strong>in</strong>di, sono (tra parentesi la scrittura <strong>in</strong> fonetico):<br />

3<br />

“A” (a),<br />

“Ò” aperta (ɔ) come <strong>in</strong> buòno,<br />

“Ó” chiusa (o) come <strong>in</strong> nóce,<br />

“U” (u),<br />

“I” (i),<br />

“É” chiusa (e) come <strong>in</strong> allégro,<br />

“È” aperta (ɛ) come <strong>in</strong> règgia.<br />

Poiché conoscere la corretta pronuncia di un suono aperto o chiuso è sempre un problema<br />

anche per gli italiani madrel<strong>in</strong>gua, ho <strong>in</strong>serito <strong>in</strong> appendice un breve riassunto di regole che<br />

spiega quando sia corretto usare “E” ed “O” (chiuse o aperte) ed <strong>in</strong>vito comunque tutti ad<br />

approfondire il più possibile la materia non appena si trov<strong>in</strong>o di fronte ad un testo da canta-<br />

re.<br />

Come semplice esercizio, possiamo pronunciare i sette suoni <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e circolare (figura 1)<br />

cercando di notare come la transizione dall’uno all’altro comporti delle piccole modificazio-<br />

ni. La percezione di queste differenze ci dovrebbe aiutare a famigliarizzare con le sette di-<br />

mensioni timbriche con le quali dobbiamo avere a che fare cantando <strong>in</strong> <strong>italiano</strong>, ognuna con<br />

caratteristiche proprie ed uniche da rispettare su tutta l’estensione della propria voce.<br />

Un’importante cosa da sottol<strong>in</strong>eare è che un’emissione tutta uguale e coerente non è la<br />

conseguenza del fatto che alle vocali corrispondano delle posizioni statiche, delle posture<br />

fonatorie fisse. Si deve pensare a tale uguaglianza come un risultato f<strong>in</strong>ale sonoro percepito<br />

per cui una “A” è una “A” (non diventa O), cosa che si ottiene fissando un’immag<strong>in</strong>e uditiva<br />

e lasciando che l’<strong>org</strong>ano della fonazione si adatti ad essa (non il vice versa).


Un altro modo utile per rappresentare i diversi suoni vocalici li vuole <strong>in</strong>vece divisi per colo-<br />

re: scuro (s<strong>in</strong>istra) e chiaro (destra).<br />

FIGURA 2<br />

Sebbene molti ritengano e spiegh<strong>in</strong>o come la “A” sia da dover essere considerata neutra ri-<br />

spetto ai colori chiaro e scuro, notiamo (figura 2) come alla “A”, da me considerata vocale<br />

chiara, io abbia fatto corrispondere arbitrariamente la cosiddetta vocale neutra (detta<br />

“shwa” e rappresentata foneticamente con “ǝ”). In effetti, la vocale neutra <strong>in</strong> <strong>italiano</strong> non<br />

esiste se non come forma di aberrazione quando si fa l’errore grave della vocalizzazione<br />

delle consonanti: ad esempio, c’è chi canta spesso dis<strong>in</strong>voltamente “v<strong>in</strong>-ǝ-cerò” nel tentati-<br />

vo discutibile di fare meglio sentire la enne. Io non mi sento di attribuire tale neutralità alla<br />

“A” che mi pare <strong>in</strong>vece più correttamente ascrivibile alle vocali chiare.<br />

Come ho premesso, quella italiana, se la analizziamo, è una l<strong>in</strong>gua costituita da parole per-<br />

lopiù caratterizzate dal colore chiaro e non è sbagliato di conseguenza pensare che il canto<br />

all’italiana sia orientato ad essere chiaro ed aperto. Questo non significa, d’altra parte, che<br />

le vocali scure debbano essere bandite dalla tavolozza dei colori oppure sbiancate per qual-<br />

che ragione estetica o tecnica.<br />

Allo stesso modo, considerato che negli ultimi anni prolifera la filosofia “affondista” che vi-<br />

ceversa predilige suoni artificialmente scuriti, non si deve fare l’errore opposto: quello di<br />

bandire le vocali aperte e chiare per persistere <strong>in</strong> una sorta di suono costantemente artifi-<br />

cialmente arrotondato spacciato per “nobile”.<br />

Riguardo alla tecnica si deve def<strong>in</strong>itivamente superare l’idea del canto aperto <strong>in</strong> contrappo-<br />

sizione a quello coperto, del colore chiaro <strong>in</strong> contrapposizione a quello scuro, giacché<br />

l’<strong>italiano</strong> li <strong>in</strong>clude comunque entrambi. Per questa ragione è importante esaltare e non an-<br />

nullare tali differenze <strong>in</strong> modo da rendere ancora più <strong>in</strong>teressante la l<strong>in</strong>ea di canto.<br />

Ad esempio, la parola “règgé” è costituita da due “E” opposte tra loro per colore che molti<br />

cantano identiche fondamentalmente per due ragioni: la prima è che può darsi a causa del<br />

loro dialetto non sappiano che la prima “E” è aperta e l’altra è chiusa; la seconda altrettanto<br />

probabile, è che, per motivi squisitamente tecnici, cantano o tutto aperto o, assai più fre-<br />

quentemente, tutto chiuso. Se <strong>in</strong>fatti la parola “regge” dovesse essere cantata <strong>in</strong> quella zo-<br />

na critica della voce che chiamano “passaggio” assisteremmo, nella maggior parte dei casi,<br />

alla chiusura completa ed arbitraria dei suoni (réggé) giustificata dalla dogmatica ma discu-<br />

tibile verità che il suono, <strong>in</strong> quella specifica zona della voce, debba essere per forza raccolto<br />

(o chiuso, o coperto, o girato, o sbadigliato) per poi consentire la transizione al registro acu-<br />

to.<br />

4


La realtà è che tali manovre totalmente artificiose e “lar<strong>in</strong>gocentriche”, poiché basate sulla<br />

posizione del lar<strong>in</strong>ge (basso = colore scuro, alto = colore chiaro), si scontrano con la natura<br />

essenziale del canto all’italiana che deve essere mantenuta libera da forme predef<strong>in</strong>ite e<br />

statiche (specialmente quelle che tendono a preferire esclusivamente il colore scuro) per<br />

manifestare quella d<strong>in</strong>amica morbidezza e quell’adattabilità di tutto l’<strong>org</strong>ano vocale che<br />

consente il giusto fraseggio, comprensibilità, bellezza e naturalezza d’emissione.<br />

Per le stesse ragioni anche la nasalizzazione (o immascheramento) o l’apertura “a priori” dei<br />

suoni (anche quelli che sono di fatto scuri per natura) sono da sconsigliare.<br />

L’eventuale percezione di <strong>in</strong>conciliabilità dei due colori è transitoria ed è causata dalla man-<br />

canza di pratica o, peggio, dall’accettazione <strong>in</strong>discussa del fatto che certe zone della voce<br />

non possano fisicamente manifestare il colore chiaro (o viceversa).<br />

Term<strong>in</strong>o questa breve disanima dei suoni vocalici suggerendo che questi, nei vocalizzi quo-<br />

tidiani, siano studiati accuratamente com<strong>in</strong>ciando da quelli dal colore chiaro (“È” ed “A”)<br />

per poi passare a quelli dal colore scuro (“U” ed “Ó”). Si noterà come la vocale “A” (comun-<br />

que chiara) può essere usata come collegamento tra i colori parimenti alla “I”. Ad esempio,<br />

le vocali possono essere studiate a coppie: (È-A), (È-É), (I-U), (Ó-A).<br />

La prima e la seconda coppia ci servono per lavorare il colore chiaro su tutta l’estensione<br />

della voce ed aiutano a percepire la cosiddetta proiezione <strong>in</strong> avanti del suono (metafora più<br />

che verità scientifica) favorendo: morbidezza, facilità negli acuti e squillo. Si faccia però at-<br />

tenzione a non cadere nell’errore della nasalizzazione, della sbiancatura o della mancanza<br />

di vibrato: tutti difetti legati a una cattiva coord<strong>in</strong>azione respiratoria.<br />

La coppia (I-U) aiuta ad allenare la dimensione verticale della voce (alto e basso) e ci prepa-<br />

ra allo studio del colore scuro con la coppia (Ó-A) che ha la funzione di conferire al suono<br />

rotondità, cavità e drammaticità. Attenzione, ovviamente, a non f<strong>in</strong>ire nell’affondo con<br />

suono pesante, <strong>in</strong>tubato, fibroso e sfuocato.<br />

L E C O N S O N A N T I<br />

Come ho già detto, per cantare <strong>in</strong> <strong>italiano</strong> ci si appoggia alle vocali, ciononostante è oppor-<br />

tuno considerare anche la giusta pronuncia delle consonanti con particolare attenzione nel<br />

valutare quelle che possono creare dei problemi alla l<strong>in</strong>ea di canto che, fondamentalmente,<br />

deve essere orientata al legato.<br />

5


Com<strong>in</strong>ciamo a prendere <strong>in</strong> esame le consonanti che non creano particolari problemi perché<br />

di fatto, essendo sonore, non <strong>in</strong>terrompono il fluire del suono.<br />

6<br />

m nasale bilabiale sonora mano<br />

n nasale dentale sonora naso<br />

ɲ nasale palatale sonora gnomo<br />

l laterale dentale sonora lana<br />

ʎ laterale palatale sonora foglia<br />

r vibrante dentale sonora motore<br />

v fricativa labiodentale sonora vaso<br />

z fricativa dentale sonora rosa<br />

ʒ fricativa palatale sonora garage<br />

dz affricata dentale sonora zero<br />

dʒ affricata palatale sonora gente<br />

Nonostante siano foneticamente sorde, queste consonanti nel canto non presentano parti-<br />

colari problemi.<br />

s fricativa dentale sorda sano<br />

ʃ fricativa palatale sorda scena<br />

tʃ affricata palatale sorda cenare<br />

f fricativa labiodentale sorda fame<br />

ts affricata dentale sorda stazione<br />

Queste ultime sono quelle che creano problemi perché di fatto <strong>in</strong>terrompono il flusso sono-<br />

ro essendo occlusive.<br />

b occlusiva bilabiale sonora bene<br />

d occlusiva dentale sonora dente<br />

g occlusiva velare sonora gatto<br />

p occlusiva bilabiale sorda pane<br />

k occlusiva velare sorda caro<br />

t occlusiva dentale sorda tana<br />

In generale tutte le consonanti doppie tendono ad <strong>in</strong>terrompere il flusso sonoro e vanno<br />

curate con attenzione.<br />

Quelle che seguono creano meno problemi.<br />

ff affare<br />

ll allora<br />

mm portammo<br />

nn anno<br />

rr arrivo<br />

ss mosso<br />

vv avvio


Queste <strong>in</strong>vece creano moltissimi problemi.<br />

7<br />

bb abbia<br />

cc occhio<br />

dd addio<br />

gg maggio<br />

pp tappo<br />

tt atto<br />

zz mazzo<br />

Sia con le consonanti doppie che l’utilizzo dell’espediente del raddoppio consonantico che<br />

vedremo <strong>in</strong> seguito, la difficoltà nasce dal fatto che la l<strong>in</strong>ea di canto legato è <strong>in</strong>terrotta. Per<br />

il cantante che vuole fraseggiare è importante che questa <strong>in</strong>terruzione forzata non faccia<br />

perdere la cont<strong>in</strong>uità dell’emissione o la posizione fonatoria.<br />

Dato che fisiologicamente è pressoché impossibile risolvere il problema (cosi come è im-<br />

possibile per il pianoforte legare meccanicamente i suoni come può fare ad esempio il violi-<br />

no su una corda) si deve procedere attenuandolo il più possibile, ponendo tutta l’attenzione<br />

al mantenimento della l<strong>in</strong>ea di canto, limitando al massimo l’effetto buco, <strong>in</strong>terruzione o<br />

grad<strong>in</strong>o. Attenzione però a non cadere nell’errore opposto: quello di impoverire la com-<br />

prensibilità generale del testo. La respirazione gioca un ruolo fondamentale <strong>in</strong> tutto questo<br />

e, per come la vedo io, è proprio l’idea banale del fluire cont<strong>in</strong>uo dell’aria ad aiutarci tecni-<br />

camente a superare l’ostacolo.


GLI ACCENTI DELLA PAROLA E LA “MESSA DI VOCE”<br />

La l<strong>in</strong>gua italiana è perlopiù costruita su tre accenti: tronco (ultima sillaba), piano (penulti-<br />

ma sillaba) e sdrucciolo (terzultima sillaba). Ai f<strong>in</strong>i del fraseggio si deve considerare che la<br />

chiusura della frase musicale è sempre <strong>in</strong> d<strong>in</strong>amica di piano o pianissimo (salvo che non sia<br />

specificato il contrario) e che, di conseguenza, diventa molto importante r<strong>in</strong>tracciare dove<br />

cade l’accento tonico della parola che term<strong>in</strong>a la frase stessa per produrre il classico effetto<br />

di “chiusa” (da mezzoforte a piano/pianissimo).<br />

Faccio notare, <strong>in</strong>oltre, come nel canto la sillabazione vada pensata un poco diversamente ri-<br />

spetto alla grammatica. Poiché ci si appoggia alle vocali, è corretto pensare che queste sia-<br />

no sempre poste alla f<strong>in</strong>e della sillaba spostando l’eventuale consonante (o consonanti) da-<br />

vanti alla sillaba successiva (esempio: sen-si, diventa se-nsi).<br />

Se siamo di fronte ad una scrittura musicale che ci chiede di modulare la stessa vocale su<br />

più note, come nel caso delle colorature o di certe cadenze, il problema non si pone poiché<br />

si chiuderà la frase alla stregua di uno strumento musicale: cercando di togliere l’ultimo<br />

suono (sempre che non sia specificato il contrario), come da manuale.<br />

Se siamo <strong>in</strong>vece di fronte ad una conduzione <strong>in</strong> cui abbiamo perlopiù a che fare con una sil-<br />

laba per nota, ecco che mettere a fuoco la parola <strong>in</strong>tera e il suo accento è fondamentale.<br />

Come abbiamo visto si configurano tre casi.<br />

FIGURA 3<br />

Nel caso di f<strong>in</strong>ale di frase su parola tronca (figura 3, Norma atto primo), per ottenere la<br />

chiusura dalla stessa con un buon effetto di piano, si tratta qui di pensare di suddividere il<br />

valore della nota della corrispondente sillaba tronca (<strong>in</strong> questo caso il sol) <strong>in</strong> modo da to-<br />

gliere il suono sulla seconda suddivisione. Esempio “orr-o(f)-or(p)”: il sol semim<strong>in</strong>ima è pen-<br />

sato suddiviso <strong>in</strong> due crome e la vocale della sillaba tronca raddoppiata (-f- sta per forte, -p-<br />

sta per piano). Tutto questo processo è pensato ed eseguito arbitrariamente e velocemen-<br />

te.<br />

8


FIGURA 4<br />

Il caso della parola piana (figura 4, Norma atto primo) è quello veramente rappresentativo<br />

della pratica della messa di voce poiché l’accento cade sulla penultima sillaba e dà il tipico<br />

effetto di mettere (f) e togliere (p) il suono: esempio ro(f)-ma(p). In pratica, se notate, con<br />

le parole tronche e le sdrucciole non facciamo altro se non ridurle o pensarle come parole<br />

piane.<br />

Se ricordate, tra le caratteristiche della l<strong>in</strong>gua italiana accennate all’<strong>in</strong>izio, c’è quella di esse-<br />

re perlopiù costituita da parole con accento piano. Non è difficile immag<strong>in</strong>are come l’idea di<br />

messa di voce, fondamentale nel belcanto, nasca dalla l<strong>in</strong>gua stessa, dall’accento piano che<br />

la caratterizza.<br />

Di questa peculiarità dobbiamo fare tesoro tanto da promuoverla a nostra guida per lo stile<br />

di canto all’italiana.<br />

FIGURA 5<br />

L’ultimo caso (figura 5, Norma atto primo) è quello della parola sdrucciola. In questo caso<br />

abbiamo a che fare con due sillabe deboli per chiudere la frase esempio: Ve(f)-nere(p), o<br />

anche Ve(f)-ne(mp)-re(p).<br />

Ciò che si deve mettere bene a fuoco è che la chiusura della frase cade normalmente dopo<br />

la sillaba accentata dell’ultima parola (meta pr<strong>in</strong>cipale della direzione della frase) per poi<br />

trovare subito il piano. Otteniamo cosi la messa di voce che prevede questo tipo di anda-<br />

mento: piano (attacco del suono o della frase), forte (crescendo), piano (chiusura della fra-<br />

se). Questo andamento d<strong>in</strong>amico, che deve essere sobrio o anche esagerato secondo la<br />

temperie emotiva, è il simbolo del respiro stesso, della vitalità, della fluidità d<strong>in</strong>amica<br />

dell’esistere e dello scorrere emozioni. Il cantante che canta pensando alla messa di voce<br />

non solo su una s<strong>in</strong>gola nota (quando è richiesto) ma per tutta la durata della frase o respi-<br />

ro (anche dove non è specificato), ricercandone i punti di massima <strong>in</strong>tensità (che possono<br />

essere anche più di uno) e di espressione, è un cantante che fraseggia e si contrappone de-<br />

cisamente a coloro che si limitano a cantare le note. Non si deve però pensare che io stia<br />

suggerendo di cantare ogni accento di ogni s<strong>in</strong>gola parola, il risultato sarebbe una l<strong>in</strong>ea di<br />

canto che va e viene, cosa che purtroppo spesso si sente. Ho cercato di def<strong>in</strong>ire una sorta di<br />

regola che va però applicata a frasi <strong>in</strong>tere dando loro una direzione verso una o più parole<br />

significative o importanti con particolare attenzione a quella che chiude la frase e alle sue<br />

sillabe.<br />

9


Chi canta soltanto le note, senza un senso o una logica nell’espressione delle emozioni,<br />

spesso non se ne rende conto. Ritiene che mimare o scimmiottare tali emozioni con s<strong>in</strong>gul-<br />

ti, s<strong>in</strong>ghiozzi e sospiri sia sufficiente per farle passare al pubblico. Succede che l’idea di fra-<br />

seggio superi del tutto la sua sensibilità ed è veramente molto difficile renderlo consapevo-<br />

le di quelli che sono i suoi limiti espressivi e del suo essere talvolta grottesco e ridicolo. Al-<br />

trettanto spesso succede di imbattersi <strong>in</strong> cantanti che affermano di conoscere perfettamen-<br />

te queste semplici teorie di buon senso che ho esposto, eppure, sentendoli cantare, non<br />

emerge nulla. La probabile spiegazione è da ricercare nel fatto che certi effetti (come ad<br />

esempio il piano e il forte) sono pensati con troppa sobrietà. Purtroppo la sobrietà non fun-<br />

ziona, è meglio esagerare all’<strong>in</strong>terno di un’idea <strong>in</strong>terpretativa concreta, credibile, pensata e<br />

sensata, tutt’altro che una pantomima.<br />

1<br />

0


L’ESPRESSIVITÀ DEL RADDOPPIO CONSONANTICO E<br />

L’ASSURDO DELLA VOCALIZZAZIONE DELLE CONSONAN-<br />

TI<br />

Il canto è sostanzialmente testo più musica e l’opera lirica è fatta di testo, musica ed azione<br />

scenica e coreografica (o gesto). Il flusso di comunicazione è qu<strong>in</strong>di assai ricco e procede su<br />

piani paralleli che devono essere perfettamente <strong>in</strong>tegrati e procedere come un tutt’uno. Il<br />

testo svolge la funzione di chiarire immediatamente e direttamente l’emozione che ci è ri-<br />

chiesto di esprimere e per questo merita un’attenzione particolare.<br />

In una frase poetica e musicale accade spesso che l’autore non <strong>in</strong>dichi con accenti musicali<br />

a quale sillaba o parola si debba porre particolare attenzione <strong>in</strong> funzione di espressività e<br />

questo ci consente alcuni marg<strong>in</strong>i di discrezionalità e di creatività, ferma restando l’idea del-<br />

la direzione della chiusura di frase come abbiamo visto nel capitolo precedente.<br />

Ereditiamo qu<strong>in</strong>di dalla pratica attoriale l’espediente del raddoppio consonantico che sfrut-<br />

ta l’onomatopea di certi suoni, raddoppiando o addirittura triplicando i quali, abbiamo la<br />

possibilità di sottol<strong>in</strong>eare con maggiore efficacia certe emozioni.<br />

La parola “grido”, ad esempio, si deve talvolta cantare come se fosse scritta con due o più<br />

erre (grrrido) così da r<strong>in</strong>forzare il suo significato ora di disperazione, ora di dolore, ora di<br />

rabbia eccetera.<br />

FIGURA 6<br />

In figura 6 abbiamo un esempio tratto dalla famosa aria della pr<strong>in</strong>cipessa Turandot. Trovia-<br />

mo esattamente la parola “grido” articolata su una corona accentata. Questo è un caso si-<br />

gnificativo di come il raddoppiare la erre (con gusto, senza esagerare) possa sottol<strong>in</strong>eare ef-<br />

ficacemente la situazione emotiva.<br />

1<br />

1


FIGURA 7<br />

Un altro esempio, <strong>in</strong> figura 7, è la parola “sussurro” (Boheme, atto primo) della quale si<br />

possono enfatizzare tutte le esse e le erre (sssusssurrro) con funzione, anche <strong>in</strong> questo ca-<br />

so, di aumentata espressività qui, <strong>in</strong> particolare, con <strong>in</strong>tenzione comica e caricaturale.<br />

Non è possibile def<strong>in</strong>ire regole precise per <strong>in</strong>dicare quanto e dove è possibile ricorrere a<br />

questo espediente: il tutto deve essere necessariamente affidato alla sensibilità e al gusto<br />

dell’<strong>in</strong>terprete ed è proprio questo il bello! Certamente il mio suggerimento è di usarlo con<br />

parsimonia e con sensatezza per non sconf<strong>in</strong>are <strong>in</strong> un canto esageratamente caricato anche<br />

se talvolta capita sia proprio richiesto e plausibile.<br />

Quella che <strong>in</strong>dubbiamente è di cattivo gusto è <strong>in</strong>vece la pratica della vocalizzazione delle<br />

consonanti già accennata <strong>in</strong> precedenza, ovvero, l’aggiungere una vocale neutra ad una<br />

consonante per renderla cantabile, ad esempio, “v<strong>in</strong>-ɘ-cerò”.<br />

Tale cattiva abitud<strong>in</strong>e è ormai tollerata ed è, dal mio punto di vista, un tentativo pseudo<br />

tecnico di dare alla gola una sorta di sollievo (o di apertura) poco prima di un acuto e che si<br />

rende necessario per via dei limiti tecnici del cantante. Molto probabile è anche che si tratti<br />

di banale pessimo gusto o cattiva abitud<strong>in</strong>e. Le consonanti che sono più afflitte <strong>in</strong> questo<br />

senso sono:<br />

1<br />

2<br />

“N” (v<strong>in</strong>-ɘ-cerò, tan-ɘ-to),<br />

“R” specialmente se è una f<strong>in</strong>ale (lunar-ɘ, amor-ɘ) e per f<strong>in</strong>o<br />

“L” (dal-ɘ, nel-ɘ).<br />

Evidentemente chi percorre con conv<strong>in</strong>zione questa strada non si rende conto di quanto di-<br />

venta ridicolo il suo modo di cantare. Se la grandezza di un cantante non fosse misurata dal-<br />

la quantità di fama o di soldi (risultati che si ottengono facilmente grazie alla propaganda<br />

più che al vero talento) ma si riuscisse ad essere liberi di valutare la prestazione di ciascuno<br />

senza pregiudizi, scopriremmo che molti, considerati dei miti dalle masse acritiche, non lo<br />

sono per niente.


QUESTIONARIO: SO CANTARE?<br />

A conclusione di questo breve scritto, propongo per gioco un questionario per mezzo del<br />

quale possiamo valutare seriamente il nostro attuale livello tecnico artistico secondo un pa-<br />

radigma che non prende per nulla <strong>in</strong> considerazione il timbro come elemento fondamentale<br />

per il giudizio su una voce.<br />

Il ritorno alla valutazione timbrica delle voci deve essere, a mio avviso, rimandato a quando<br />

si possa dire di aver riportato <strong>in</strong> teatro il buon gusto, la musicalità, la professionalità e le<br />

idee.<br />

Per ora ci accontentiamo del fatto che chi ha da lamentarsi di come sia ridotto oggi il mon-<br />

do dell’opera lirica (la maggior parte dei quali sono appassionati e addetti ai lavori), cerchi-<br />

no e trov<strong>in</strong>o spunti per capire esattamente quali siano i problemi così da attivarsi per risol-<br />

verli almeno entro i limiti della loro sfera d’<strong>in</strong>fluenza. Dal mio punto di vista, <strong>in</strong>iziare a fissa-<br />

re qualche criterio che abbia un fondamento logico può essere un primo e decisivo passo<br />

verso la chiarezza.<br />

In generale auguro a tutti di superare posizioni di tipo esageratamente relativistico, valuta-<br />

zioni basate sul gusto personale e op<strong>in</strong>ioni che non siano sostanziate da un’analisi di qual-<br />

che tipo. Anche se non ci sarà mai un tempo <strong>in</strong> cui saremo tutti d’accordo riguardo al modo<br />

di cantare così come non lo saremo praticamente riguardo a tutte le cose della vita, che al-<br />

meno si discuta alla luce di dati condivisibili piuttosto che arroccarsi dietro a pregiudizi e<br />

mode.<br />

S U L L A D I Z I O N E<br />

1<br />

3<br />

Le parole sono sufficientemente comprensibili?<br />

Gli accenti e i colori vocalici della l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> cui stiamo cantando si sentono con chia-<br />

rezza?<br />

Le vocali sono <strong>in</strong>tegre oppure sono trasformate, cambiate, camuffate per qualche<br />

ragione tecnica?<br />

La pronuncia è sillabata, monotona e si perde il senso del legato?<br />

S U L L ’ A T T A C C O D E L S U O N O<br />

Gli attacchi sono morbidi e perlopiù filati su tutta la gamma?<br />

L’<strong>in</strong>tonazione è precisa oppure ci sente il cosiddetto “attacco da sotto”?<br />

L’adduzione delle corde è ottimale e produce un suono puro e pulito oppure si<br />

sente aria prima del suono (tipico di chi usa la “H” per cercare morbidezza)?<br />

Si attacca facilmente su tutta la gamma e con tutte le vocali?


S U L L A Q U A L I T A D E L S U O N O IN G E N E R A L E<br />

1<br />

4<br />

La voce da la sensazione di essere fibrosa, muscolare o legnosa?<br />

Il vibrato è buono e regolare (né troppo largo - oscillazione - né troppo frequente -<br />

voce capr<strong>in</strong>a)?<br />

Il legato è sempre praticato ed udibile (laddove non è espressamente scritto il con-<br />

trario)?<br />

L’emissione è tutta coerente oppure si sentono zone (cosiddette di passaggio) do-<br />

ve l’uguaglianza è palesemente compromessa?<br />

La voce copre <strong>in</strong> estensione la gamma di suoni prevista convenzionalmente per il<br />

timbro di appartenenza?<br />

La voce è squillante (senza sconf<strong>in</strong>are nello stridulo) e timbricamente coerente con<br />

la propria natura (che deve essere desunta dal timbro parlato) pur dando la sensa-<br />

zione di facilità, naturalezza e morbidezza, oppure il timbro è alterato ed esagerato<br />

<strong>in</strong> qualche senso?<br />

S U L L A M U S I C A L I T A<br />

Le differenze tra le varie d<strong>in</strong>amiche (pianissimo, fortissimo) sono nettamente per-<br />

cepibili e si è capaci di controllarle su tutta l’estensione?<br />

La frase cantata è coerente a quella <strong>in</strong>dicata <strong>in</strong> partitura, oppure si aggiungono o<br />

tolgono segni “a piacere”?<br />

La distribuzione dei “respiri” è altrettanto coerente con quanto scritto <strong>in</strong> partitura?<br />

La dose di <strong>in</strong>terpretazione creativa personale è tale da non stravolgere quello che<br />

scrive l’autore?<br />

Si riesce ad avere il controllo creativo del proprio vibrato per poterlo usare come<br />

ulteriore mezzo espressivo?<br />

Si cerca di usare s<strong>in</strong>ghiozzi, sospiri e pianti nel tentativo di rendere <strong>in</strong>teressante il<br />

proprio canto?<br />

Gli abbellimenti (<strong>in</strong> particolare il trillo) sono eseguiti con coscienza e maestria op-<br />

pure con approssimazione e superficialità?<br />

Compatibilmente con le proprie caratteristiche vocali, si riescon a cantare lo stac-<br />

cato e le agilità non <strong>in</strong> modo caricaturale o g<strong>in</strong>nico?<br />

S U L L ’ A T T E G G I A M E N T O<br />

Si canta con la voglia di fare musica o solo per esibire il proprio timbro?<br />

Si canta con fiducia, concentrazione e rilassatezza, oppure con ansia, preoccupa-<br />

zione e tensioni?<br />

Si canta recitando, senza aver il problema di dove o come piazzare i suoni?<br />

Si usa la recitazione per aiutare il canto (il che significa fare delle “caricature” an-<br />

che dove non è previsto) oppure il canto e la recitazione sono egualmente padro-<br />

neggiati?


APPENDICE<br />

LA "E" APERTA - LA "E" CHIUSA<br />

L A " E " S I P R O N U N C I A A P E R T A N E I S E G U E N T I C A S I :<br />

IE (Dittongo): ièri, piede, mièle, diètro, <strong>in</strong>sième, pièno, chièsa<br />

1<br />

5<br />

Eccezioni: chiérico, quando la "E" fa parte di un suffisso con "E" chiusa (aténiese, ziétta)<br />

EI - EBBE - EBBERO (Des<strong>in</strong>enze del condizionale): vorrèi, vorrèbbe, vorrèbbero<br />

ETTI - ETTE - ETTERO (Des<strong>in</strong>enze del condizionale): credètti, credètte, credèttero<br />

ERO - ERI - ERA - ERANO (Imperfetto <strong>in</strong>dicativo del verbo essere)<br />

ENDO/A/E/I (Des<strong>in</strong>enza del gerundio e term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): leggèndo, bevèndo, tenèndo,<br />

volèndo, avèndo, ammènda, reverèndo, leggènda, tremèndo, faccènde<br />

Eccezioni: scèndo, vèndo<br />

ELLO/A/E/I (Suffisso di dim<strong>in</strong>utivi o vezzeggiativi): castèllo, battèllo, anèllo, padèlla, campicèlli<br />

ENSO/A/E/I (Suffisso di aggettivi e term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): pènso, sènso, mènsa, forènse<br />

ENTO/A/E/I (Participio con funzione sostantivale e term<strong>in</strong>azione): perdènte, sènto, <strong>in</strong>dulgènte,<br />

polènta, gènte<br />

ESTRO/A/E/I (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): maèstro, canèstro, m<strong>in</strong>èstra, bimèstre, terrèstri<br />

EFICO/A/E/I (Suffisso di aggettivi): benèfico, malèfico<br />

ENZIO - ENZA/E (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): silènzio, partènza, sènza, potènze, cadènze<br />

ENNIO - ENNE/I (Suffisso di sostantivi e aggettivi derivati da numerali): biènnio, millènnio,<br />

decènne, quarantènni<br />

ESIMO/A/E/I (Suffisso di aggettivi numerali ord<strong>in</strong>ali): ventèsimo, c<strong>in</strong>quantèsima, centèsime,<br />

millèsimi<br />

EDINE - ERRIMO - EVOLO - ERNO - ELA - ENO (Suffissi di sostantivi e aggettivi): salsèd<strong>in</strong>e,<br />

p<strong>in</strong>guèd<strong>in</strong>e, <strong>in</strong>tegèrrimo, celebèrrimo, benèvolo, malèvolo, matèrno, etèrno, parentèla,<br />

clientèla, cilèno, slovèno<br />

Quando è seguita da una vocale: colèi, fèudo, idèa, sèi, lèi, assemblèa, marèa<br />

Quando la parola è sdruciola: telèfono, mèdico, telègrafo, famèlico, numèrico<br />

Quando è seguita da consonante e da due vocali: assèdio, critèrio, tènue, sèrio, spècie, règio<br />

Eccezioni: frégio e voci <strong>in</strong> eguo (séguo, diléguo)<br />

In molte parole isolate: vèngo, tèngo, poèta, poèma, apèrto, offèrta, aspètto, bène, sèmpre,<br />

mèglio, pèggio, brève, tèmpo, esèmpio, celèste, cèrto, dèbbo, dèvo, ècco, grèco, èco,<br />

prègo, spèro, primavèra, m<strong>in</strong>istèro, battistèro, règgia, accadèmia, lèva


L A " E " S I P R O N U N C I A C H I U S A N E I S E G U E N T I C A S I :<br />

EMO - ETE (Des<strong>in</strong>enze del futuro): crederémo, crederéte<br />

ESSE - ESSI - ESTE ESSIMO - ESSERO (Des<strong>in</strong>enze dell'imperfetto congiuntivo): volésse, voléssi,<br />

voléste, voléssimo, voléssero<br />

RESTI - REMMO - RESTE (Des<strong>in</strong>enze del condizionale): crederésti, crederémmo, crederéste<br />

EVO - EVI - EVA - EVANO (Des<strong>in</strong>enza del passato remoto): volévo, volévi, voléva, volévano<br />

EI - ESTI - ESTE - EMMO - ERONO - E' (Des<strong>in</strong>enze del passato remoto): credéi, credésti, credéste,<br />

credémmo, crdérono, credé<br />

ERE (Des<strong>in</strong>enza dell'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito dei verbi): tenére, avére, cadére, volére, bére, giacére<br />

MENTE - MENTO/A/E/I (Suffisso di avverbi e term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): s<strong>in</strong>ceraménte, veraménte,<br />

sentiménto, moménto, ménta<br />

ESCO/A/HE/HI (Suffisso di aggettivi e sostentivi): pr<strong>in</strong>cipésco, pazzésco, trésca, frésca, grottésche<br />

ESO/A/E/I - ESIMO (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): paése, tésa, illési, <strong>in</strong>glése, feudalésimo, battésimo<br />

ESSO/A/E/I (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): contéssa, stésso, spésso, dottoréssa, méssi<br />

1<br />

6<br />

Eccezioni: gèsso, rèssa, nèsso, annèsso, connèsso<br />

ETO/A/E/I (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): Agruméto, acéto, séta, discréto, vignéto, leggéte, cométa<br />

Eccezioni: alfabèto, mèta, ripèto, prète, concrèto<br />

ETTO/A/E/I (Suffissodi dim<strong>in</strong>utivi e term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): pezzétto, tétto, bollétta, frétta,<br />

cassétti<br />

Eccezioni: corrètto, lètto, gètta, rètta, sètte, collètta<br />

EZZO/A/E/I (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): debolézza, ribrézzo, tenerézza, dolcézza, freschézza<br />

Eccezioni: pèzzo, mèzzo, prèzzo<br />

EVOLE - EFICE (Suffisso di sostantivi e aggettivi): amichévole, piacévole, artéfice, oréfice,<br />

pontéfice<br />

ECCIO/A/E/I - EGGIO/A (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): tréccia, fréccia, campéggio, parchéggio,<br />

manéggio<br />

Eccezioni: règgia<br />

ECCHIO (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): orécchio, parécchio, sécchio<br />

Eccezioni: vècchio, spècchio<br />

Quando è seguita da GN - GA - GO – GU: régno, ségno, léga, négo, diléguo, séguo<br />

Quando è f<strong>in</strong>ale di parola tronca: perché, f<strong>in</strong>ché, poiché, scimpanzé<br />

Eccezioni: ahimè, cioè, Mosè, Noè, caffè e alcune parole di orig<strong>in</strong>e straniera<br />

Nei monosillabi e nei pronomi dimostrativi: ré, tré, ché, mé, té, sé, lé, vé, né, quésto, codésto,<br />

quéllo, quéi, quélli


In molte parole isolate: allégro, capéllo, cérco, déntro, diméntico, férmo, fréddo, schérmo,<br />

sémbro, svéglio, vérde, béstia, schérmo, égli, élla, éssa, éssi, bistécca, lécco, bécco, vendémmia,<br />

anténna, baléna, méno, séno, méntre, séra, néro, stélla, Réggio, vénne<br />

1<br />

7


LA "O" APERTA - LA "O" CHIUSA<br />

L A " O " S I P R O N U N C I A A P E R T A N E I S E G U E N T I C A S I :<br />

UO (Dittongo): buòno, cuòre, fuòco, fuòri, suòi, tuòi, vuòi, puòi, anche quando la "U" sia<br />

caduta (còre, figliòlo, giòco)<br />

1<br />

8<br />

Eccezioni: quando la "O" fa parte di un suffisso con "O" chiusa (affettuóso, languóre, liquóre)<br />

Parole tronche: però, falò, mangerò, comò, tornerò<br />

OCCIO/A - OCCO/A (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): ròccia, còccio, bòcce, cartòccio, appròccio,<br />

baròcco<br />

Eccezioni: dóccia, móccio<br />

OIDE - OSI - OLDO - OLFO (Suffisso di aggettivi e sostantivi, di term<strong>in</strong>i medici e term<strong>in</strong>azione<br />

<strong>in</strong> genere): tiròide, cellulòide, Aròldo, Leopòldo, Adòlfo, artròsi, scleròsi<br />

OTTO/A - OTTOLO/A (Suffisso di aggettivi e sostantivi): bambolòtto, risòtto, pianeròttolo,<br />

naneròttola<br />

EZZO/A - OCCHIO/A (Suffisso di sostantivi e dim<strong>in</strong>utivi): g<strong>in</strong>òcchio, P<strong>in</strong>òcchio, ranòcchio, tavolòzza,<br />

t<strong>in</strong>òzza<br />

ORIO - OTICO - OTA (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): parlatòrio, refettòrio, cervellòtico, patriòta<br />

OLO/A - UOLO/A - AIOLO/A - AIUOLA (Suffisso di aggettivi e sostantivi): capriòla, ghiacciòlo,<br />

barcaiòlo, museruòla, aiuòla<br />

Nei monosillabe e nelle parole che term<strong>in</strong>ano con consonante: dò, stò, ciò, sò, hò, nò,<br />

nòrd, stòp, factòtum<br />

Quando è seguita da consonante scritta scempia (non doppia) seguita a sua volta da due<br />

vocali e quando la parola è sdruciola: custòdia, negòzio, mògio, melòdico, termòmetro,<br />

pedagògico, tubercolòtico<br />

In molte parole isolate: còtto, mòtto, nòstro, vòstro, còsa, accòrgersi, mòdo, cògliere, còpro,<br />

dònna, giòia, òdo, gròsso, gòdo, pòi, pòco, piottòsto, pòsso, scòpro, scòrgere, tròppo,<br />

spòsa, ròsa, dòse, dimòra, spòsta, còsta, sòsta, òrco, dòrso, mòrso, òlio, nòrma, chiòsco,<br />

mòrto, gròtta, rògo, bòsco (è accettata anche la pronuncia con "O" chiusa)


L A " O " S I P R O N U N C I A C H I U S A N E I S E G U E N T I C A S I :<br />

OCE (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): nóce, atróce, feróce<br />

1<br />

9<br />

Eccezioni: precòce<br />

OGNOLO - ONZOLO (è accettata anche la pronuncia con "O" aperta) Suffisso di aggettivi e<br />

sostantivi: amarógnolo, verdógnolo, medicónzolo, lattónzolo, girónzolo<br />

OIO/A - ONDO/A (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): corridóio, lavatóio, feritóia, scorciatóia, fóndo,<br />

móndo<br />

ORE - FORME (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): amóre, coltivatóre, dolóre, rumóre, attóre, filifórme<br />

Eccezioni: mòra (<strong>in</strong> tutti i casi) Dòra (nome proprio e di fiume)<br />

OSO/A/E/I (Term<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> genere): afóso, misteriósa, noióse, fallósi<br />

Quando è seguita da GN ed <strong>in</strong> molti casi d<strong>in</strong>anzi a M e N seguite da consonante: Bológna,<br />

sógno, ógni, bisógno, ómbra, rónd<strong>in</strong>e, tómba<br />

Eccezioni: còmpito, pòndero, recòndito, cònsono<br />

In molte parole isolate: sóno, abbandóno, dópo, allóra, ancóra, pósto, rispósta, propósta,<br />

aragósta, órma, mósca, lóro, nói, vói, dólce, giórno, <strong>in</strong>tórno, móglie, nóme, enórme, fóga,<br />

<strong>org</strong>óglio

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